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Bail-in come strumento di risoluzione

Nel documento Le crisi bancarie (pagine 50-69)

DI GOING CONCERN

2.1 Bail-in come strumento di risoluzione

Il bail-in operativo in Italia dal 1° gennaio 2016, costituisce “il meccanismo per l’esercizio,

da parte di un’Autorità di risoluzione, dei poteri di svalutazione e di conversione in relazione alle passività di un ente soggetto a risoluzione, secondo quanto disposto dall’art. 43”. Si

realizza mediante la cancellazione (wipe-out) degli strumenti di capitale e la svalutazione (write-down) o conversione in capitale di rischio (bail-in in senso stretto) di tutte o parte delle passività non garantite della banca in crisi, al fine di ristabilire la compatibilità fra la dotazione patrimoniale ed i requisiti imposti.

La proposta di introdurre il bail-in come strumento di risoluzione parte dalla considerazione che l’applicazione di una riduzione di valore (haircut) del 15% ai crediti senior non garantiti

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di Lehman Brothers avrebbe evitato il dissesto della banca e consentito di ricapitalizzarla, evitando le perdite maggiori sofferte dai creditori a seguito della liquidazione69.

Il bail-in è uno strumento che consente di imporre perdite ai creditori al di fuori e prima dell’avvio di una procedura di liquidazione, permette di preservare il going concern e, quindi, di evitare la distruzione delle relazioni di clientela e dei rapporti con le controparti di mercato, generando perdite, a carico dei creditori, minori di quelle che questi subirebbero nel caso di avvio di una liquidazione. Si tratta quindi di anticipare la perdita che gli azionisti e i creditori subirebbero in una liquidazione, senza attenderne l’esito al termine del lungo periodo di tempo necessario per realizzare le attività e distribuire il ricavato ai creditori.

In quanto strumento di risoluzione il bail-in presuppone che sia aperta una procedura di risoluzione, ciò è possibile solo se sussistono tre condizioni ben precise elencate nell’art.32 BRRD, e deve rispettarne i principi generali così elencati dall’art. 34, BRRD:

a) gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sopportano per primi le perdite;

b) i creditori dell’ente soggetto a risoluzione sostengono le perdite dopo gli azionisti, secondo l’ordine di priorità delle loro pretese con procedura ordinaria di insolvenza, salvo espresse disposizioni contrarie;

c) l’organo di amministrazione e l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione sono sostituiti (dal c.d. amministratore speciale art. 35, BRRD), salvo il caso in cui il mantenimento della totalità o di parte dell’organo di amministrazione e dell’alta dirigenza sia considerato necessario per conseguire gli obiettivi della risoluzione;

69 Cfr. P. Calello e W. Erwin, From Bail-Out to Bail-In, in «The Economist», 28 gennaio 2010. Gli autori

stimano che, nel caso del dissesto Lehman, le perdite iniziali di $ 25 mld su attività illiquide sono cresciute fino a $ 150 mld per effetto della liquidazione e che un haircut del 15% sui creditori chirografari avrebbe consentito una ricapitalizzazione sufficiente a evitare la liquidazione.

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d) l’organo di amministrazione e l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione fornisce tutta l’assistenza necessaria per conseguire gli obiettivi della risoluzione;

e) le persone fisiche e giuridiche sono tenute a rispondere civilmente e penalmente delle loro responsabilità secondo il diritto dello Stato membro;

f) salvo disposizione contraria, i creditori di una stessa classe ricevono pari trattamento;

g) nessun creditore (o azionista) sostiene perdite maggiori di quelle che avrebbe subito se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza conformemente alle salvaguardie previste dall’art. 73-75 BRRD, c.d. principio del no-creditor-worse-off (NCWO principle);

h) i depositi protetti, cioè quelli fino al limite di € 100.000, sono interamente salvaguardati;

i) l’azione di risoluzione è adottata conformemente alle salvaguardie previste nella direttiva; La BRRD all’art 43, riconosce alle autorità incaricate della gestione della crisi, il potere di applicare lo strumento del bail-in70 per i seguenti fini:

- Ricapitalizzare un ente se, con l’applicazione dello strumento, vengono ripristinate le condizioni di autorizzazione a svolgere l’attività bancaria ai sensi della direttiva 2013/36/UE. La direttiva impone espressamente che se si applica lo strumento del

bail-in, oltre ad essere garantite le finalità della risoluzione, deve essere assicurato,

con ragionevole certezza, che l’utilizzo del bail-in porti al risanamento e alla stabilità finanziaria dell’ente.

70 Onde rispettare gli obiettivi di risoluzione previsti dall’art. 31 e i principi di risoluzione di cui all’Art. 34,

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- Convertire in capitale o svalutare il valore nominale dei crediti o dei titoli di debito ceduti: a un ente-ponte al fine di fornirgli capitale; oppure nell’ambito dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa o dello strumento della separazione delle attività.

«Al fine di garantire che le autorità di risoluzione dispongano della necessaria flessibilità

per ripartire le perdite tra i creditori in una serie di circostanze, è opportuno che esse possano applicare lo strumento del bail-in sia quando l’obiettivo è procedere alla risoluzione dell’ente in dissesto mantenendo l’impresa attiva – purché se ne possa ragionevolmente prospettare il ripristino della sostenibilità economica –, sia quando servizi importanti a livello sistemico sono trasferiti a un ente-ponte e la parte residua dell’ente cessa di operare ed è liquidata71». Il paragrafo 3 Art. 43 della BRRD, specifica come lo strumento del bail-in può essere applicato solo qualora sia ragionevole pensare che la sua utilizzazione, anche legata ad altre misure, possa permettere il raggiungimento degli obiettivi della risoluzione ed il risanamento dell’ente, ripristinandone la stabilità finanziaria.

71 Considerando n. 68, BRRD

54 2.1.1 Funzionamento del bail-in

Il grafico che segue illustra in modo semplificato l’applicazione del bail-in al bilancio di una banca in dissesto.

Fonte: E. Eliasson, E. Jansson e T. Jansson, The Bail-In Tool from a Swedish Perspective,

in «Sveriges Riksbank Economic Review», 2014, n. 2.

Nella situazione iniziale a sinistra (banca in normalità), la banca dispone dal lato del passivo di capitale, di passività che possono essere sottoposte a bail-in, c.d passività bail-inable, e passività escluse dal bail in, c.d passività non bail-inable. Nella fase di dissesto, a seguito di perdite che eccedono il capitale, il valore delle attività si riduce e il capitale è azzerato. Nella fase finale (nuova banca), il bail-in disposto dall’autorità permette di assorbire le perdite e ricostituire il capitale attraverso la svalutazione e la conversione di parte delle passività ammissibili in azioni. Dato che l’ammontare delle perdite eccede il valore del capitale, i creditori subiscono una riduzione di valore del proprio credito, necessaria per riequilibrare

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il valore delle attività e delle passività. Inoltre, parte dei crediti viene convertita in azioni fino a ripristinare il capitale minimo regolamentare; i creditori diventano così, nuovi azionisti della banca.

Il bail-in pertanto consente alla banca di continuare a operare e a offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività; dato che le risorse finanziarie per la stabilizzazione provengono da azionisti e creditori, non comporta costi per i contribuenti.

2.1.2 Passività bail-inable

Il concetto sottostante il bail-in è, nella sua struttura, abbastanza semplice: si effettua una valutazione delle perdite subite e di quanto l’intermediario difetta di capitale, e quel capitale che manca viene “trovato” presso coloro che già hanno investito nella banca, anche se sotto forma di prestito e non sotto forma di capitale di rischio. A questo fine, l’istituzione dovrà sempre avere un certo ammontare di passività bail-inable, “passività ammissibili”72, che appunto possono in caso di necessità essere utilizzate allo scopo di effettuare una ricapitalizzazione forzata, che la direttiva consente in deroga al diritto societario.

Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni73. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa a quella successiva.

72 Cioè tutte quelle non indicate dall’art. 44 par. 2 punti a) e ss.

73 F. Capriglione, A. Troisi, L'ordinamento finanziario dell'Ue dopo la crisi. La difficile conquista di una

dimensione europea, Torino, p. 106, secondo i quali il regolatore europeo ha <<preferito limitare gli effetti di

una probabile mala gestio a coloro i quali (in primis) avrebbero dovuto identificare (rectius: minimizzare) le eventuali distorsioni operative che, per solito, precedono il manifestarsi della crisi dell'intermediario>>.

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Le passività “ammissibili” sono oggetto di conversione in capitale secondo un ordine precisamente delineato dall’art. 48 della direttiva BRRD, così strutturato:

1. Capitale primario di classe 1 (Common Equity Tier 1);

2. Capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier 1);

3. Capitale di classe 2 (Tier 2) incluse le obbligazioni subordinate;

4. Svalutazione del valore nominale dei debiti subordinati, che non rientrano nel capitale aggiuntivo di classe 1 e 2, secondo la gerarchia dei crediti nelle ordinarie procedure di insolvenza.

5. Svalutazione delle altre passività ammissibili, secondo l’ordine stabilito dalla normativa fallimentare.

Fonte: Banca D’Italia, Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie,

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Il grafico mostra la gerarchia secondo la quale le Autorità di risoluzione procedono all’applicazione dello strumento in esame.

• In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia gli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni e i detentori di strumenti di capitale;

• In secondo luogo, se la categoria di cui sopra non assorbe le perdite, intervengono i detentori di titoli di debito subordinati74 non ricompresi nel capitale;

• In terzo luogo, se le categorie di cui sopra non assorbono le perdite, intervengono i crediti chirografari75 (obbligazioni non subordinate e non garantite, derivati non esclusi, depositi di grandi imprese superiori ai 100.000 euro, depositi interbancari con scadenza superiore a 7 giorni, partecipazioni a sistemi di pagamento con una durata residua superiore a 7 giorni) non oggetto di esclusione facoltativa;

• Infine assorbono le perdite i depositi, per la parte eccedente i 100.000€, di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese;

• In ultima istanza contribuisce al bail-in il fondo di garanzia dei depositi il quale partecipa ai costi della risoluzione versando un ammontare equivalente all’haircut che i depositanti avrebbero subito qualora fossero stati soggetti a bail-in.;

Tale gerarchia-che ha introdotto la c.d depositor preference- dovrà valere anche nel caso di ricorso alle procedure di insolvenza applicabili (in Italia la liquidazione coatta amministrativa).

74Noto anche come debito junior, è un debito che in caso di liquidazione di un’impresa concorre alla

distribuzione del patrimonio netto in via subordinata rispetto agli altri crediti (previlegiati e ordinari).

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Gli Stati membri provvedono a che gli enti soddisfino in qualsiasi momento un requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili in modo che, in ogni momento, la risoluzione dell’ente risulti fattibile e efficace. Tale requisito prende il nome di MREL- minimum

requirement of eligible liabilities76.

Il legislatore europeo ha adottato il cosiddetto “approccio legale” al bail-in, per cui queste misure si applicano anche agli strumenti già emessi e già in possesso degli investitori.

I derivati meritano una trattazione separata che si ritrova nell’art. 49 della BRRD.

Le passività risultanti da derivati non sono escluse dai poteri di svalutazione o conversione, ma all’avvio della procedura di risoluzione le Autorità hanno il potere di sciogliere i contratti derivati77. Qualora, invece, rientrino in una delle fattispecie individuabili dall’art.44, par. 3, le Autorità non sono obbligate a risolvere o sciogliere il contratto per close-out. Il close-out è lo scioglimento del contratto in caso di fallimento di una delle due parti ed è regolato, in Italia, dall’art. 203 del d. lgs. 58/98, che rimanda all’art. 76 della legge fallimentare. La Direttiva78 e l’ABE stabiliscono delle norme per determinare il valore delle passività risultanti da derivato, comprese le transazioni in base agli accordi di netting, che consentono di compensare eventuali flussi debitori di una controparte con flussi creditori derivati da altri contratti.

76 Vedi Paragrafo 2.3.

77 “Le autorità di risoluzione esercitano i poteri di svalutazione e di conversione in relazione a una passività

risultante da un derivato solo al momento della liquidazione dei derivati o successivamente ad essa.

All’avvio della procedura di risoluzione, le autorità di risoluzione hanno il potere di risolvere e liquidare per close-out qualsiasi contratto derivato a tal fine”, Art. 49, par. 2, BRRD.

78 “Le autorità di risoluzione determinano il valore delle passività risultanti da derivati secondo:

a) metodologie appropriate per determinare il valore delle classi di derivati, comprese le transazioni soggette ad accordi di netting;

b) principi per stabilire il momento appropriato in cui determinare il valore di una posizione su derivati; c) metodologie adeguate per confrontare la distruzione di valore che deriverebbe dalla liquidazione per close-out e dal bail-in di derivati con l’importo delle perdite che sarebbero sostenute da derivati in un bail- in” BRRD, art. 49, par. 4.

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Per accordo di netting (netting arrangement) si intende un accordo in virtù del quale determinati crediti o obbligazioni possono essere convertiti in un unico credito netto, compresi gli accordi di netting per close-out per cui, al verificarsi di un evento che determini l’escussione della garanzia, le obbligazioni delle parti sono anticipate di modo che tali obbligazioni diventano immediatamente esigibili, oppure sono estinte, e in entrambi i casi sono convertite in un unico credito netto o da esso sostituite. Le condizioni stabilite dall’ABE devono essere soddisfatte da tutti gli accordi di netting, al fine di determinare il valore delle passività. Se l'ente ha concluso un accordo di netting con la controparte che crea un'unica obbligazione, questa fa sì che in caso di default della controparte, questa avrebbe il diritto di ricevere o l'obbligo di pagare solo la somma netta dei valori positivi e negativi ai prezzi correnti di mercato, in nessun caso si può prevedere la clausola di walk away, che consente l’azzeramento del credito da parte del “fallito”79.

2.1.3 Passività non bail-inable

Non tutti i crediti sono soggetti al bail-in. L’articolo 44 della BRRD, riformulato rispetto a quanto contenuto nella bozza del giugno del 2013, individua ben due tipologie di passività esenti; le esclusioni permanenti e le esclusioni facoltative di passività “ammissibili”.

Esclusioni permanenti80

Le autorità di risoluzione non esercitano i poteri di svalutazione o di conversione in relazione alle passività seguenti:

79 EBA, Interactive Single Rulebook, in https://www.eba.europa.eu/regulation-and-policy/single-

rulebook/interactivesingle-rulebook/-/interactive-single-rulebook/article-id/1894.

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a) I depositi protetti81;

b) Le passività garantite, inclusi i covered bond ovvero obbligazioni bancarie caratterizzate da un profilo di rischio molto basso e da un’elevata liquidità, e altri strumenti garantiti da specifiche garanzie (collateral), e le passività sotto forma di strumenti finanziari utilizzati a fini di copertura;

c) Le passività derivanti dalla detenzione di beni (attività o liquidità) della clientela; d) Passività sorta in virtù di un rapporto fiduciario tra l’ente e un’altra persona, a

condizione che quest’ultima, detta beneficiario, sia protetta dal diritto fallimentare o dal diritto civile in vigore;

e) Passività nei confronti di enti creditizi o imprese di investimento (a esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;

f) Passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;

g) Passività nei confronti:

i) Un dipendente, per quanto riguarda la retribuzione, i benefici pensionistici o altra remunerazione fissa dovute, ad eccezione della componente variabile della retribuzione che non è disciplinata da un contratto collettivo;

ii) Un creditore, sia esso fornitore o impresa commerciale, che ha fornito all’ente beni o servizi essenziali per il funzionamento quotidiano delle sue operazioni, compresi i servizi informatici, le utenze e la locazione, riparazione e manutenzione dei locali;

81 Ovvero i depositi tutelati dal Deposit Guarantee Scheme fino ad un massimo di 100.000 Euro Art. 6

Direttiva UE n. 49 del 2014. Poiché i depositi sotto i 100.000€ sono esenti dall’applicazione del bail-in, il Fondo di garanzia è chiamato a contribuire in sostituzione dei depositi protetti.

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iii) Autorità tributarie e previdenziali, a condizione che si tratti di passività privilegiate ai sensi del diritto applicabile;

iv) Sistemi di garanzia dei depositi derivanti dai contributi dovuti a norma della direttiva 2014/49/UE.

Esclusione significa che questi crediti non possono essere né svalutati né assoggettati a conversione forzosa in strumenti di capitale: essi debbono essere in ogni caso soddisfatti giacché fine del bail-in è quello di assicurare il going concern dell’attività.

In queste ipotesi si hanno deroghe ex lege alla par condicio creditorum giacché crediti che, per sé, in una procedura ordinaria di insolvenza sarebbero trattati nello stesso modo, qui invece sono sottoposti a regimi completamente diversi: taluni sottoposti al bail-in, altri no. In prima approssimazione può dirsi che, oltre a speciali protezioni per i depositi inferiori a € 100.000, per le passività garantite e per le attività dei clienti che in regime ordinario sarebbero soggette a separazione (lett. a, b, c e d), sono soggetti al bail-in solo quei crediti che hanno in senso lato natura di investimento finanziario nonché quelli che, pur essendo di natura operativa, non sono essenziali ai fini del going concern. In tal modo si spiegano le eccezioni delle lett. e, f e g: sostanzialmente, da un lato, le operazioni di mercato interbancario (con durata originaria inferiore a sette giorni) e quelle inerenti al sistema dei pagamenti (con durata residua inferiore a sette giorni), ciò anche per limitare il rischio di un contagio sistemico; dall’altro, i debiti dell’ente nei confronti dei dipendenti, dei fornitori essenziali, del Fisco, degli enti previdenziali e dei sistemi di garanzia dei depositi82.

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Esclusioni facoltative83

In circostanze eccezionali che, secondo l’ABE, possono essere sia condizioni di mercato, sia il livello eccezionale delle perdite dell’ente, sia le circostanze del dissesto, quando è applicato lo strumento del bail-in, l’autorità di risoluzione può escludere, integralmente o parzialmente84, talune passività “ammissibili” dall’applicazione dei poteri di svalutazione o

di conversione sulla base di una decisione discrezionale85.

Tale discrezionalità è concessa alle autorità quando, e solo quado, ricorra una delle seguenti condizioni:

• Non è possibile sottoporre a bail-in tale passività entro un tempo ragionevole nonostante gli sforzi in buona fede dell’autorità di risoluzione;

• L’esclusione è strettamente necessaria e proporzionata per conseguire la continuità delle funzioni essenziali86 e delle linee di business principali87 in modo tale da preservare la capacità dell’ente soggetto a risoluzione di proseguire le operazioni e i servizi chiave

83 BRRD, art. 44 par. 3.

84 “Le esclusioni di cui al paragrafo 3 possono essere applicate per escludere completamente una passività

dalla svalutazione oppure per limitare la portata della svalutazione applicata a tale passività”, BRRD, art.

44 par. 10.

85 “Gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni più rigorose o aggiuntive rispetto a quelle

della presente direttiva e degli atti delegati e di esecuzione adottati sulla base della stessa, a condizione che siano di applicabilità generale e non siano in contrasto con la presente direttiva e i relativi atti delegati e di esecuzione”, BRRD, art. 1 par. 2.

86 Le “funzioni essenziali” sono definite dall’art. 2, par. 1, n. 35 BRRD come le attività, servizi o operazioni

la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni; l’ABE evidenzia che può trattarsi sia di servizi ricevuti dalla banca sia di servizi da essa erogati.

87 Le “linee di business principali” sono definite dall’art. 2, par. 1, n. 36 BRRD come le linee di business e

servizi connessi che rappresentano fonti significative di entrate, utili o di valore di avviamento (franchise

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• L’esclusione è strettamente necessaria e proporzionata per evitare di provocare un ampio contagio, in particolare per quanto riguarda depositi ammissibili detenuti da persone fisiche e da micro, piccole e medie imprese, che perturberebbe gravemente il funzionamento dei mercati finanziari, incluse le infrastrutture di tali mercati, in un modo che potrebbe determinare una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro o dell’Unione; oppure

• L’applicazione dello strumento del bail-in a tali passività determinerebbe una distruzione di valore tale che le perdite sostenute da altri creditori sarebbero più elevate che nel caso in cui tali passività fossero escluse dal bail-in;

Se un’autorità di risoluzione decide di escludere una passività “ammissibile” o una classe di passività “ammissibili”, il livello di svalutazione o di conversione applicato ad altre passività “ammissibili” può essere aumentato per tenere conto di tali esclusioni, purché tale livello sia

Nel documento Le crisi bancarie (pagine 50-69)