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Studio e caratterizzazione di un sensore giroscopico per le piattaforme inerziali di VIRGO

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(1)

Universit`

a di Pisa

FACOLT `

A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E

NATURALI

Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Anno Accademico 2015/2016

Tesi di Laurea

Studio e caratterizzazione di un

sensore giroscopico per le piattaforme

inerziali di VIRGO

Candidato

Relatori

Ludovica Santuccione

Prof. Diego Passuello

(2)

Indice

1 Introduzione 1

I

Le onde gravitazionali e Advanced VIRGO

2

2 Le onde gravitazionali 3

2.1 Relativit`a generale . . . 3

2.2 Onde gravitazionali . . . 4

2.2.1 Sorgenti di onde gravitazionali . . . 6

2.3 Ricerca delle onde gravitazionali . . . 6

2.4 Osservazione delle onde gravitazionali . . . 7

3 L’esperimento VIRGO 10 3.1 L’interferometro . . . 11

3.2 I superattenuatori . . . 11

3.3 Necessit`a dei giroscopi . . . 13

II

Studio del modello

15

4 Apparato di misura 16 4.1 Attuatore . . . 16 4.2 LVDT . . . 19 4.2.1 Avvolgimenti primario-secondario . . . 19 4.2.2 Rumore strumentale . . . 19 4.3 Impedenze . . . 19 5 Modello 22 5.1 Funzioni di trasferimento per moto forzato . . . 23

5.1.1 Misura diretta delle frequenze di risonanza del sistema 24 5.1.2 Calcolo matrice correttiva . . . 25

5.2 Funzioni di trasferimento del rumore sismico . . . 26

5.2.1 Simulazione del rumore sismico . . . 27 i

(3)

INDICE ii

5.3 Verifica del modello . . . 28

6 Realizzazione del feedback di controllo 30 6.1 Controllo con traiettoria nulla . . . 30

6.1.1 Errore sul controllo . . . 34

6.2 Tracking . . . 34

6.3 Noise budeget . . . 35

6.4 Inserimento del giroscopio . . . 36

III

Giroscopio

39

7 Hemispherical Resonator Gyro (HRG) 40 7.1 Introduzione ai giroscopi . . . 40

7.2 Funzionamento HRG . . . 41

7.2.1 Effetto Bryan . . . 41

7.2.2 Principio di funzionamento . . . 42

7.3 Sistema di controllo interno . . . 43

8 Verifica specifiche tecniche giroscopio 45 8.1 Fattore di scala . . . 45

8.2 Linearit`a della risposta . . . 47

8.3 Spettri di rumore . . . 49

9 Risultati misure 51 9.1 Sensibilit`a in accelerazione . . . 51

9.1.1 Spettri . . . 52

9.1.2 Limiti di accelerazione . . . 53

9.2 Rotazione del giroscopio e misura della terza componente di velocit`a . . . 55

9.2.1 Spettri . . . 55

10 Evidenze ambientali 58 10.1 Rotazione terrestre e misura della latitudine . . . 58

10.2 Misura dei terremoti . . . 59

11 Conclusioni 61

Appendice A: Noise budget 62

Appendice B: Funzioni di trasferimento 64 Appendice C: Conferma linearit`a 66

(4)

Introduzione

Le onde gravitazionali vennero teorizzate da Einstein all’interno della teo-ria della Relativit`a Generale. Proprio per questo la loro recente rivelazione diretta rappresenta uno dei maggiori risultati scientifici degli ultimi anni. Un ruolo importante nella ricerca delle onde gravitazionali `e stato rivestito dall’esperimento VIRGO in cui per primi vennero sviluppati i superattenua-tori: complessi sistemi meccanici che filtrano passa-basso il rumore sismico in modo da renderlo trascurabile nella banda di rivelazione che va da qual-che Hz fino a 10kHz.

Uno degli aspetti operativi fondamentali `e il controllo della struttura del superattenuatore a cui sono appesi gli specchi del rivelatore interferometri-co necessario per eliminare il rumore presente a bassa frequenza.

La mia tesi, svolta nell’ambito dell’esperimento VIRGO, ha avuto co-me finalit`a quella di studiare le caratteristiche ed i limiti di utilizzo di un sensore giroscopico biassiale ai fini di capire se si trattasse o meno di un buon candidato per la misura della velocit`a angolare del terreno in modo da essere posizionato alla base del superattenuatore.

La caratterizzazione del giroscopio `e avvenuta a seguito dell’implemen-tazione e realizzazione di un sistema di controllo in grado di guidare il moto di una tavola utilizzata come apparato di test.

Lo studio della funzionalit`a del giroscopio ha visto una prima parte del la-voro diretta a testare le specifiche tecniche del sensore: la sensibilit`a, la linearit`a e il rumore.

La seconda parte del lavoro `e stata volta a verificare il corretto funziona-mento del sensore, il disaccoppiafunziona-mento degli assi di sensibilit`a e la sensibilit`a ad accelerazioni longitudinali. Ulteriori conferme del funzionamento sono state infine trovate da evidenze ambientali come la rilevazione di terremoti e la misura della velocit`a di rotazione della terra.

(5)

Parte I

Le onde gravitazionali e

Advanced VIRGO

(6)

Le onde gravitazionali

2.1

Relativit`

a generale

Una delle quattro interazioni fondamentali conosciute in fisica `e l’interazione gravitazionale che in termini classici `e espressa dalla legge di Newton

F12 = −G

m1m2

r2 12

(2.1) dove G = 6.67 · 10−11m3kg−1s−2. Questa relazione, seppur valida per la spiegazione della maggior parte dei fenomeni gravitazionali del sistema so-lare, presenta dei punti critici che vennero risolti da Einstein grazie alla formulazione delle teorie relativistiche.

Un primo aspetto della gravitazione newtoniana, concernente la concezione di spazio e tempo assoluti, venne contraddetto nell’ambito della relativit`a speciale dove il concetto di forza trasmissibile istantaneamente venne sosti-tuito dalla trasmissione dell’interazione mediante un campo con variazioni propagabili con velocit`a finita e limitata dal valore della velocit`a della luce c e dove il concetto di simultaneit`a fra eventi pass`o da propriet`a assoluta ad essere una propriet`a del singolo osservatore.

La formulazione di una teoria che descrivesse la gravitazione in modo coerente con la relativit`a ristretta venne realizzata da Einstein nel 1916 con la pubblicazione della teoria della relativit`a generale.

Il punto di partenza di tale teoria `e il principio di equivalenza secondo cui in ogni punto di un campo gravitazionale arbitrario `e sempre possibile scegliere un sistema di coordinate inerziali in cui si annullano gli effetti della gravit`a e valgono le leggi della relativit`a ristretta. Conseguenza diretta di questo principio `e la curvatura della luce in presenza di campo gravitazionale.

Differentemente da quanto accade in relativit`a ristretta in cui la distanza spazio-temporale tra due eventi viene definita mediante il tensore metrico costante ηµν dalla relazione

ds2 = c2dt2− (dx2+ dy2+ dz2) = ηµνdxµdxν (2.2)

(7)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 4 in relativit`a generale l’intervallo `e definito in forma analoga

ds2 = gµνdxµdxν (2.3)

ma utilizzando il tensore gµν che non sar`a pi`u costante in quanto lo spazio

tempo non sar`a necessariamente piatto.

La formalizzazione del campo gravitazionale venne completata con le equazioni di Einstein

Rµν −

1

2gµνR = 8πGTµν + Λgµν (2.4) in cui Tµν `e il tensore energia impulso, Rµν = gσρRσµρν `e il tensore di Ricci

che definisce la curvatura dello spazio-tempo, R = Rµνgµν e Λ `e la costante

cosmologica.

Queste equazioni legano le propriet`a metriche della curvatura dello spazio tempo alla densit`a di energia-massa, sorgente del campo gravitazionale.

2.2

Onde gravitazionali

La soluzione delle equazioni di Einstein [1] `e particolarmente complessa ma si pu`o semplificare assumendo piccole curvature in modo da scrivere la metrica

gµν = ηµν+ hµν (2.5)

con hµν << 1. In questo modo ci si riconduce alla forma, tipica delle

equazioni d’onda,

2hµν = −16πGSµν (2.6)

con Sµν ≡ Tµν− 12ηµνTλλ.

la cui soluzione, analogamente al caso elettrodinamico, pu`o essere espres-sa dal potenziale ritardato

hµν = 4G

Z

d3x0Sµν(x

0, t − |x − x0|)

|x − x0| (2.7)

dove Sµν rappresenta la sorgente dell’onda e, considerandola confinata,

mettendosi a grande distanza |x − x0| → ∞, l’equazione 2.6 si riduce a 2hµν = 0 (2.8)

che avr`a come soluzioni funzioni d’onda piana di forma hµν = eµνeikλx

λ

+ e∗µνe−ikλxλ (2.9)

in cui il tensore di polarizzazione simmetrico eµν, grazie all’invarianza di

(8)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 5 le due polarizzazioni e+ µν =     0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 0     e e×µν =     0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0    

per cui le soluzioni risultano essere onde piane scrivibili come composizioni lineari degli stati:

h+

µν = A+e+µνcos (ωt − kz)

µν = A×e×µνcos (ωt − kz + φ)

Il passaggio di un’onda gravitazionale porter`a quindi una variazione della distanza tra due oggetti nel piano perpendicolare alla direzione di propaga-zione dell’onda. L’effetto del passaggio e la conseguente deformapropaga-zione dello spazio tempo `e visibile in figura 2.1.

Figura 2.1. Effetto di deformazione dello spazio tempo dovuto al passaggio di onde gravitazionali

Dalle analogie formali con il caso elettrodinamico anche l’emissione di onde gravitazionali pu`o essere sviluppata mediante l’espansione in multipoli. In particolare Einstein present`o la formula di quadrupolo

Qij = Z d3xρ  xixj − 1 2δijxkxk  (2.10) per cui risulta hij = Rc2G4

h ¨ Qij

i .

Le sorgenti di onde gravitazionali devono quindi avere masse grandi e dimensioni compatte per avere effetti di deformazioni visibili.

Ad esempio infatti se si considerano due stelle di neutroni di massa 1.4 mas-se solari che orbitano a 1000 km l’una dall’altra queste avranno, a distanza

(9)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 6 di 1Mpc, un effetto di deformazione pari a |h| ≈ 10−23.

2.2.1

Sorgenti di onde gravitazionali

Le sorgenti di onde gravitazionali possono essere molteplici e i segnali che ne conseguono avranno caratteristiche differenti. Le sorgenti pi`u comuni sono rappresentate dai sistemi binari con orbite strette di oggetti astrofisici compatti come le stelle di neutroni o i buchi neri. Ci sono poi le pulsar, gli eventi legati al collasso stellare ed infine le onde gravitazionali presenti nel fondo stocastico. Al variare della massa della sorgente le frequenze del segnale dell’onda saranno differenti (2.2) e ci`o porta ad avere una larghissima banda esplorabile che rende necessaria l’esistenza di diverse tecnologie di ricerca che vanno dagli esperimenti a terra come VIRGO e LIGO a quelli nello spazio come il futuro esperimento LISA.

Figura 2.2. Spettro in frequenza delle sorgenti di onde gravitazionali e relativi esperimenti

2.3

Ricerca delle onde gravitazionali

Gli effetti di deformazione a seguito del passaggio di un’onda sono estrema-mente piccoli quindi trovare un modo per rivelarli `e stato uno dei grandi obiettivi della ricerca in questo campo. Prove indirette erano state infatti osservate fin dagli anni 70 dall’osservazione della contrazione dell’orbita del pulsar binario 1913 + 16 che risultava essere compatibile con la perdita di energia dovuta all’emissione di onde gravitazionali.

Per poter effettuare misure dirette delle onde vennero realizzati i pri-mi apparati interferometrici sulla base della tecnologia sviluppata a fine

(10)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 7 ottocento dal fisico americano Michelson il cui schema generale di funziona-mento `e visibile in figura 2.3. Quello che viene fatto `e misurare la differenza di cammino ottico nei due bracci perpendicolari scelti tali in quanto, nel pia-no perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda, la contrazione in una direzione corrisponde alla dilatazione nell’altra per cui masse dispo-ste a 90 gradi saranno sensibili, in termini di cammino ottico, al massimo spostamento possibile.

Vengono quindi inviati raggi laser che risulteranno avere, in presenza di passaggio dell’onda, una variazione di fase data dalla relazione

∆φ = 4πL

λ h (2.11)

dove L `e la lunghezza del braccio, λ `e la lunghezza d’onda della luce e h `e l’ampiezza dell’onda gravitazionale. La misura dello sfasamento viene effettuata misurando l’interferenza tra i fasci.

Essendo h un valore estremamente piccolo la misura deve essere effettuata il pi`u precisamente possibile.

Un primo passo `e rendere il pi`u lungo possibile il cammino percorso dai fasci di luce e per far questo vengono utilizzate cavit`a risonanti di Fabry-Perot in cui i fasci effettuano riflessioni multiple. Altra cosa importante `e cercare di ridurre al minimo i rumori che producono spostamenti residui tra gli specchi posizionati alle estremit`a dei bracci migliorando la sensibilit`a alla deformazione (strain sensibility).

Figura 2.3. Schema generale di un rivelatore interferometrico per onde gravitazionali

2.4

Osservazione delle onde gravitazionali

La prima osservazione [3] diretta di onde gravitazionali `e stata ottenuta il 14 settembre 2015 quando i due interferometri dell’esperimento americano LIGO hanno rivelato simultaneamente un segnale di onda gravitazionale,

(11)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 8 chiamato GW150914, visibile in figura 2.4.

Figura 2.4. Segnale dell’evento di onda gravitazionale osservato dai detector di Hanford ( H1, colonna a sinistra) e Livingston (L1, colonna a destra). Nelle prime due righe sono visibili i segnali di deformazione misurati (prima riga) e quelli simulati (seconda riga). Nella terza riga si osserva il residuo tra segnale misurato e simula-to numerical relativity e nell’ultima riga una rappresentazione tempo-frequenza del segnale[3]

Il segnale misurato ha caratteristiche che corrispondono ad un’onda gra-vitazionale generata da un sistema binario di buchi neri, di 36 e 29 masse solari, che si sono fusi dopo aver ruotato, spiraleggiando a una frequenza di 75 Hz, in un unico buco nero di massa totale di 62 masse solari. Ci`o `

e confermato dal segnale residuo ottenuto dalla traccia rivelata sottraendo il segnale simulato dell’evento che risulta essere compatibile con il rumore statistico di sottofondo.

La simulazione dell’evento `e osservabile nei grafici in figura 2.5.

Un secondo evento `e stato osservato, sempre presso gli interferometri di LIGO, il giorno 26 dicembre 2015. Anche questo segnale `e risultato essere prodotto dalla fusione di due buchi neri,rispettivamente di 14 e 8 masse so-lari, in un processo avvenuto 1.4 miliardi di anni fa. Questo secondo evento, a differenza del primo, `e risultato essere pi`u debole in quanto prodotto da buchi neri pi`u leggeri che hanno formato un unico buco nero di massa di

(12)

CAPITOLO 2. LE ONDE GRAVITAZIONALI 9

Figura 2.5. Nel grafico superiore si osserva la simulazione dell’ampiezza della deformazione in corrispondenza delle diverse fasi del sistema binario. Nel grafico inferiore la velocit`a relativa e la separazione in unit`a di angolo di Schwarzschild Rs [3]

circa 21 masse solari. Essendo stato un segnale pi`u lungo nel tempo `e per`o stato possibile allungare la durata dell’osservazione.

(13)

L’esperimento VIRGO

L’interferometro VIRGO `e un rivelatore di onde gravitazionali realizzato nel comune di Cascina (Pi) grazie ad una collaborazione italo-francese. Scopo principale dell’esperimento `e la rivelazione di onde gravitazionali nello spet-tro di frequenze tra qualche Hz a 10kHz.

Figura 3.1. Immagine panoramica del sito dell’esperimento VIRGO

`

E un esperimento gemello dell’americano LIGO ma non `e stato in grado di rivelare le onde in quanto nel momento del loro passaggio era in fase di upgrade in Advanced VIRGO.

Seppur la struttura generale dell’interferometro non abbia subito variazioni, sono state apportate diverse migliorie ai fini di migliorare la stabilit`a degli specchi in modo da aumentare la sensibilit`a al passaggio dell’onda. In figura

(14)

CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO VIRGO 11 3.2 `e possibile vedere i contributi dei rumori sulla precisione di misura e come `

e atteso il miglioramento nella sensibilit`a alle distorsioni per i prossimi anni con Advanced VIRGO.

Figura 3.2. A sinistra i contributi dei rumori sulla sensibilit`a alla distrorsione, a destra l’attesa di miglioramento di tale sensibilit`a per i prossimi anni

3.1

L’interferometro

L’interferometro (il cui schema `e visibile in figura 3.3) si compone di due bracci lunghi 3km in cui i fasci vengono inviati all’interno di cavit`a risonanti di Fabry-Perot. All’interno di questi bracci si ha il vuoto che `e attualmente il pi`u grande in Europa.

Si tratta di fasci laser ad alta potenza la cui stabilit`a `e stata migliorata. I fasci, subendo riflessioni multiple nei bracci, massimizzano il percorso com-piuto e vengono riflessi dagli specchi posti alle estremit`a la cui riflettivit`a `e stata migliorata.

I due fasci provenienti dai bracci vengono ricombinati sul rivelatore di luce in opposizione di fase in modo che normalmente ci sia buio mentre un’alte-razione della distanza tra gli specchi, dovuta al passaggio dell’onda, provoca uno sfasamento e quindi un segnale di interferenza.

3.2

I superattenuatori

Una parte fondamentale del rivelatore di onde `e il superattenuatore, un complesso sistema meccanico la cui funzione `e quella di ridurre il moto re-siduo dello specchio isolandolo dal moto sismico del terreno. Si tratta di un sistema meccanico composto da una catena di filtri attivi e passivi schema-tizzabile come pendolo invertito. In figura 3.4 `e rappresentato uno schema della struttura del superattenuatore e del filtro 0.

(15)

CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO VIRGO 12

Figura 3.3. Rappresentazione dello schema ottico dell’interferometro di VIRGO

un fattore 1015 a 10 Hz (figura 3.5).

Figura 3.4. A sinistra schema del superattenuatore, a destra il filtro 0

Sul filtro 0 sono posizionati degli accelerometri che permettono di mi-surare l’accelerazione lineare e, mediante un sistema di controllo, lavorare sulla posizione dello specchio per mantenere fissa la distanza tra gli specchi dell’intero rivelatore. Questo in virt`u del fatto che per avere la massima precisione nelle misure `e necessario che tutti i dispositivi ottici siano in un

(16)

CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO VIRGO 13

Figura 3.5. Attenuazione del rumore sismico tra la terra e lo specchio

sistema di riferimento inerziale.

Il miglioramento di questo sistema `e stato uno degli aspetti fondamentali dell’upgrade del rivelatore.

3.3

Necessit`

a dei giroscopi

Dalla spiegazione del funzionamento del superattenuatore risulta evidente l’importanza del sistema di controllo in particolare per fare in modo che si mantenga fissa la distanza tra gli specchi in modo da essere sensibili al passaggio di un’onda gravitazionale. Le misure delle posizioni di lavoro dei superattenuatori vengono effettuate mediante Linear Variable Displacement Transducer (LVDT) e accelerometri posizionati sul filtro 0. Il problema fondamentale deriva dall’impossibilit`a degli accelerometri di distinguere tra accelerazioni lineari e tilt come si pu`o capire osservando la figura 3.6. Si pu`o infatti osservare che l’inclinazione del sistema in una direzione porta uno spostamento della massa che `e analogo a quello che si avrebbe nel caso in cui fosse presente un’accelerazione lineare diretta nel verso opposto. Per cui quello che accade in presenza di tilt `e che il sistema di controllo, dimen-sionato per correggere solo traslazioni nel piano orizzontale e verticale e le sole rotazioni attorno all’asse verticale, risponde all’input dell’accelerometro portando verso una maggior instabilit`a in quanto mander`a un segnale tale da muovere il sistema ancor pi`u verso la direzione provocata dal tilt.

(17)

CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO VIRGO 14

Figura 3.6. Rappresentazione della lettura dell’accelerometro ad accelerazioni lineari e tilt

Risulta quindi necessario trovare una soluzione quando sono presenti tilt che portano un contributo al rumore non trascurabile.

Una possibile soluzione `e stata quella di considerare l’utilizzo di sensori giroscopici che permettano di ottenere una misura della velocit`a angola-re alla base del pendolo invertito. In questo modo infatti il segnale di tilt potrebbe essere utilizzato per capire quando il tilt del terreno diven-ta troppo elevato e modificare di conseguenza le strategie di controllo dei superattenuatori aumentando il duty-cicle dell’interferometro.

Un possibile candidato a questa funzione `e il giroscopio HRG GI-CVG-U2210A della ditta Innalabs la cui caratteristiche tecniche sono state veri-ficate in questo lavoro di tesi.

(18)

Parte II

Studio del modello

(19)

Apparato di misura

Lo studio delle caratteristiche tecniche e dei limiti di utilizzo del giroscopio `

e stato realizzato costruendo uno specifico apparato in grado di produrre moti controllati in modo da verificare la risposta del giroscopio alle solleci-tazioni.

Il giroscopio `e stato posizionato su una tavola metallica tenuta in sospensio-ne da tre tiranti in configuraziosospensio-ne trapezoidale in modo da poter trattare il sistema con la meccanica del pendolo. Questa configurazione `e stata scelta perch`e in questo modo, quando viene eccitata una direzione, la tavola `e soggetta a moti di tilt.

Per valutare gli spostamenti della tavola e nello stesso tempo forzare il moto della stessa `e stato necessario organizzare un apparato di rivelatori di posi-zione LVDT ed attuatori. `E stato quindi progettato un supporto, mostrato in figura 4.1, realizzato in modo tale che gli LVDT e gli attuatori fossero posizionati nello stesso punto per avere cos`ı tre sistemi come mostrato in figura 4.2. I magneti degli attuatori e gli avvolgimenti secondari degli LVDT sono stati montati sulla tavola in sospensione.

In questo modo si realizza un sistema che permette di generare un moto controllato della tavola sospesa e di valutare quindi la reale efficienza del giroscopio.

Una volta realizzata la tavola `e stato necessario procedere con la cali-brazione degli elementi per ciascuno dei quali sono state effettuate misure preliminari di calibrazione.

4.1

Attuatore

L’attuatore `e formato da una bobina e da un magnete che viene tenuto at-taccato all’avvolgimento secondario dell’LVDT mediante una staffetta me-tallica. Alla bobina viene inviata corrente e ci`o provoca una forza che agisce sul magnete e lo porter`a a muoversi. Variando la corrente che scorre nella bobina attuatrice `e stato valutato il coefficiente di proporzionalit`a tra

(20)

CAPITOLO 4. APPARATO DI MISURA 17

Figura 4.1. Progetto 3D del sistema di attuatori e rivelatori di posizione

(21)

CAPITOLO 4. APPARATO DI MISURA 18 tensit`a (espressa in Ampere) della stessa e la forza (in Newton) agente sul magnete.

Questa misura `e stata effettuata utilizzando una bilancia di precisione su cui `e stato posizionato il magnete mentre la bobina `e stata tenuta sospesa ad una certa distanza dal piano della bilancia; variando la corrente nella bobina `e stata acquisita la misura della bilancia. Essa misura `e il valore della forza ¯m in grammi peso tale che:

¯

mg = F = αI (4.1) con g accelerazione gravitazionale, I corrente nella bobina e α valore del coefficiente di proporzionalit`a che `e stato trovato fittando i dati relativi a diverse coppie di valori ( ¯m , I). La misura `e stata poi riprodotta per diversi valori della distanza relativa tra bobina e magnete. A questo punto `e stato realizzato un fit lineare,valido nella regione investigata, dei coefficienti α in funzione della distanza tra magnete e bobina come `e possibile osservare in figura 4.3 dove sono anche riportati i risultati del fit. Il valore di α [N/A] `e dato da:

α = p0 + p1 ∗ distanza [mm] (4.2) e nel caso in esame essendo la distanza pari a 30mm si ha:

α = 0.263 ± 0.019 [N/A] (4.3)

(22)

CAPITOLO 4. APPARATO DI MISURA 19

4.2

LVDT

Gli LVDT ( Linear Variable Displacement Transducer ) sono dei dispositi-vi elettronici utilizzati per la misura di piccoli spostamenti. Si tratta di sistemi formati da un avvolgimento primario e da una coppia di avvolgi-menti uguali e opposti che rappresentano il secondario. Nel primario viene inviata corrente alternata mentre dal secondario si misura la somma delle tensioni indotte sui due avvolgimenti. Se il secondario `e centrato rispetto al primario le tensioni indotte sui suoi avvolgimenti sono uguali ma di segno opposto quindi il segnale totale misurato alle sue estremit`a `e nullo. Quan-do il secondario `e spostato, sui due avvolgimenti le tensioni indotte sono diverse e dalla misura della loro somma `e possibile ricavare il valore dello spostamento. Il segnale in uscita varia quindi in modo proporzionale allo spostamento relativo delle due componenti (primario-secondario) mediante un coefficiente di calibrazione che verr`a valutato nel prossimo paragrafo.

4.2.1

Avvolgimenti primario-secondario

Sull’avvolgimento primario si invia corrente che induce tensione sul secon-dario che a sua volta `e formato da due avvolgimenti uguali e opposti dei quali si misura la somma delle tensioni in uscita. A seconda della posizio-ne del secondario rispetto al primario la misura della somma delle tensioni `

e differente. Pilotando con una sinusoide l’avvolgimento primario `e stata effettuata la misura della tensione indotta sul secondario variando in mo-do regolare la posizione relativa dei due. I risultati sono stati poi fittati, escludendo i punti pi`u esterni dove non valeva la linearit`a tra le misure, e in figura 4.4 sono riportati i coefficienti del fit lineare tale che:

V [V olt] = a ∗ distanza [mm] + b (4.4) per cui il coefficiente di proporzionalit`a tra gli spostamenti e e le tensioni misurate `e 0.2196 ± 0.0026V /mm.

4.2.2

Rumore strumentale

In questa fase `e stato anche misurato l’errore dovuto al rumore della stru-mentazione (misure effettuate ponendo il secondario il pi`u possibile centrato rispetto al primario in modo da avere minimo il rumore). Sono state effet-tuate due misure: una del rumore rilevato spegnendo il segnale di eccitazione ed una del rumore a collegamenti staccati. I due risultati sono riportati in figura 4.5 e si vede che a collegamenti staccati il rumore `e minore.

4.3

Impedenze

I tre LVDT sono stati considerati uguali tra di loro per cui le misure dei coefficienti di calibrazione sono state effettuate solo una volta. `E possibile

(23)

CAPITOLO 4. APPARATO DI MISURA 20

Figura 4.4. Linearit`a tra tensione indotta sull’avvolgimento primario e somma delle tensioni indotte sul secondario

(24)

CAPITOLO 4. APPARATO DI MISURA 21 fare questa approssimazione anche in seguito alle misure di impedenza dei singoli componenti che risultano analoghe per i tre LVDT.

Le misure di impedenza resistiva effettuate sono: • impedenza della bobina attuatrice 6.5 ± 0.2Ω; • impedenza del primario 1.0 ± 0.2Ω;

• impedenza del secondario 32.5 ± 0.2Ω.

Si deve inoltre considerare che l’impedenza totale dell’attuatore `e Rtot =

Rcoil + Rop dove Rcoil `e l’impedenza della bobina attuatrice e Rop ≈ 100Ω

`

e l’impedenza di uscita dell’amplificatore. `E stata considerata solo la parte resistiva delle impedenze mentre la parte induttiva `e stata trascurata in quanto alle frequenze a cui si lavora non gioca alcun ruolo.

(25)

Modello

Fatte le dovute calibrazione degli strumenti dell’apparato, prima di proce-dere con le misure `e stato necessario realizzare un modello teorico del moto del sistema per capire come realizzare poi il controllo ed il tracking della tavola. Il modello realizzato tiene conto del fatto che la tavola su cui `e posizionato il giroscopio `e un pendolo tenuto in sospensione da tre tiranti configurati in posizione trapezoidale.

Per realizzare il modello del sistema si parte delle equazioni del moto pren-dendo in considerazione quelle relative ai modi x,y,θ:

   Fx= m¨x + γ( ˙x − ˙x0) + (x − x0)kx Fy = m¨y + γ( ˙y − ˙y0) + (y − y0)ky Mθ = I ¨θ + γ( ˙θ − ˙θ0) + (θ − θ0)kθ

Gli ingressi del sistema sono di 2 tipi: le forze e le coordinate x0,y0,θ0.

Le prime rappresentano un ingresso libero del sistema e possono essere va-riate applicando segnali di intensit`a arbitraria e variabile sui tre attuatori; le seconde invece rappresentano l’ingresso del disturbo e non sono un ingresso libero.

Per vedere la risposta in frequenza del sistema, data la linearit`a del modello adottato, si assume valido il principio di sovrapposizione degli effetti dei due diversi tipi di ingresso: in un primo caso si considera il moto forzato ponen-do nulli i valori delle coordinate del punto di sospensione x0 = y0 = θ0 = 0

e poi si considerano gli effetti del rumore sismico ponendo nulli i valori delle forze esterne agenti sul sistema.

In entrambi i casi le funzioni di trasferimento vengono espresse mediante la trasformata di Laplace.

Cosa importante da considerare `e che il sistema di LVDT misura gli spo-stamenti relativi (x − x0), (y − y0) e (θ − θ0).

(26)

CAPITOLO 5. MODELLO 23

5.1

Funzioni di trasferimento per moto

for-zato

Le funzioni di trasferimento forza-spostamento del sistema in condizione di moto forzato sono state calcolate ponendo x0 = y0 = θ0 = 0 per cui si

ottiene:                T Fx = Fxx = 1 kx s2 ω2 0x +Qω0xs +1 T Fy = Fy y = 1 ky s2 ω2 0y +Qω0ys +1 T Fθ = RθFθ = R kθ s2 ω2 0θ +Qω0θs +1

con frequenze di risonanza ω0x,y =

q kx,y m ; ω0θ = q kθ I e momento di

inerzia I = 12M R2 con R raggio della tavola.

Queste funzioni di trasferimento rappresenteranno gli elementi diagonali della matrice: T =   T Fx 0 0 0 T Fy 0 0 0 T Fθ   (5.1)

La matrice T rappresenta la matrice delle funzioni di trasferimento tra le forze e gli spostamenti lungo le tre coordinate x,y e θ ma nel caso speci-fico del sistema in esame le forze vengono applicate lungo le direzioni degli attuatori e le misure vengono effettuate nella direzione di sensibilit`a dei tre LVDT. Quindi per ottenere la funzione di trasferimento tra le forze appli-cate dagli attuatori (F1, F2, F3) e gli spostamenti misurati sugli LVDT (l1,

l2, l3) `e necessario introdurre due matrici numeriche, di Sensing e Driving,

i cui coefficienti tengano conto della geometria del sistema. La matrice di Driving M `e definita in modo tale che, applicata alle forze esercitate lungo le direzioni di sensibilit`a dei tre attuatori, dia la forza lungo le direzioni x, y e θ. La matrice di Sensing `e invece tale che, applicata alle misure lungo le direzioni x, y e θ, rende le misure l1, l2 e l3. Essendo gli LVDT e gli

attuatori posizionati negli stessi punti la matrice di Sensing sar`a l’inversa della matrice di Driving.

M =   −1 1 2 1 2 0 √ 3 2 − √ 3 2 1 1 1   (5.2)

Si ottiene che la funzione di trasferimento tra le forze applicate e gli spo-stamenti misurati sui 3 LVDT pu`o essere modellizzata dalla relazione ma-triciale:

(27)

CAPITOLO 5. MODELLO 24   l1 l2 l3  = 103[M −1 ][T ][M ]   F1 F2 F3   (5.3)

dove il fattore numerico 103 `e stato inserito in modo da avere il risultato in

millimetri .

In realt`a il sistema non prende in input direttamente i valori delle for-ze ma i valori di tensione con cui sono alimentate le bobine dell’attuatore e, ugualmente, misura in uscita le tensioni indotte sugli avvolgimenti dei secondari. I coefficienti di calibrazione del sistema sono stati misurati in fase di calibrazione come spiegato nel capitolo precedente e tenendo conto di tutti i contributi si ottiene la matrice delle funzioni di trasferimento tra le tensioni applicate alle bobine attuatrici e gli spostamenti misurati dai tre sensori:   l1 l2 l3  = 0.2196 · 2.6[M −1 ][T ][M ]   V1 V2 V3   (5.4)

5.1.1

Misura diretta delle frequenze di risonanza del

sistema

Nel modello realizzato sono presenti le frequenze di risonanza dei tre modi. Teoricamente per x ed y le frequenze sono date dalla relazione del pendolo semplice ω0x,y = pg/l mentre per θ vale ω0θ =

2ω0x,y. Per avere valori

pi`u precisi si procede con la misura diretta delle frequenze di risonanza del sistema.

Si inviano segnali alle bobine attuatrici cercando di isolare il pi`u possibile i modi x, y, θ. Per ciascun modo si invia un segnale random e si prende lo spettro di risposta in uscita in cui si noter`a un picco corrispondente al valore della frequenza di risonanza di quel dato modo. In questo modo si ottengono i valori di ω0x, ω0y, ω0θ senza dover conoscere i valori dei coefficienti di

richiamo k.

I valori cos`ı trovati sono:

• ω0x= 2π(0.377 ± 0.004)rad/s

• ω0y = 2π(0.378 ± 0.004)rad/s

• ω0θ = 2π(0.464 ± 0.004)rad/s

Si osserva che le frequenze di risonanza dei moti in x e y hanno lo stesso valore come ci si aspettava data la simmetria cilindrica del sistema mentre differisce quella del moto in θ che risulta inferiore a quanto atteso

(28)

CAPITOLO 5. MODELLO 25 ω0θ =

2ω0x,y. Ci`o pu`o essere dovuto a diversi fattori come ad esempio la

presenza di componenti aggiuntive di massa come le viti o gli LVDT che portano una variazione al tensore di inerzia della tavola.

5.1.2

Calcolo matrice correttiva

Prima di procedere con le misure `e necessario controllare l’effettiva preci-sione del modello realizzato e calcolare una matrice correttiva che permetta di avere la giusta corrispondenza tra modello e sistema reale.

Per questa misura si pilota una bobina alla volta con una sinusoide a 200 mHz e si misura quanto vale il guadagno in corrispondenza di que-sta frequenza per i tre modi del sistema tenendo per`o conto che nel caso del moto lungo θ il valore deve essere diviso per un fattore 3 in quanto il se-gnale `e somma dei tre LVDT. Essendo la funzione di trasferimento un filtro passa basso, per frequenze al di sotto della frequenza di risonanza il guada-gno `e costante. I valori di queste misure sono gli elementi della matrice di trasferimento tra tensioni applicate e spostamenti per f = 200 mHz.

M is =   0.0356 ± 0.0020 0.0131 ± 0.0020 0.01 ± 0.0020 0.0071 ± 0.0020 0.0404 ± 0.0020 0.0060 ± 0.0020 0.0073 ± 0.0020 0.0097 ± 0.0020 0.0352 ± 0.0020   (5.5) A questo punto `e possibile calcolare la matrice correttiva che, molti-plicata per la matrice di trasferimento, d`a effettivamente i valori misura-ti. Per calcolare questa matrice si calcola numericamente la matrice di trasferimento

T0 = 2.6 · 0.2196[M−1][T ][M ] (5.6) in cui il fattore 0.2196 rappresenta il coefficiente di conversione, calcolato in fase di calibrazione, tra millimetri e V olt per f = 200mHZ e si calcola la matrice di correzione Corr = M · M is · M−1· (T0−1200mHZ) (5.7) ottenendo: Corr =   2.9624 0.0873 −0.2211 0.0614 3.3544 0.0426 0.5376 0.7760 6.2145   (5.8)

Per cui il modello definitivo usato `e:   l1 l2 l3  = 0.2196 · 2.6[Corr][M−1][T ][M ]   V1 V2 V3  = [T F ]   V1 V2 V3   (5.9) Dove [T F ] `e la matrice di trasferimento del sistema nel caso di for-ze esterne. La figura 5.1 mostra i diagrammi di Bode delle funzioni di trasferimento della matrice [T F ].

(29)

CAPITOLO 5. MODELLO 26

Figura 5.1. Diagrammi di Bode (modulo) delle funzioni di trasferimento del sistema nel solo caso di moto forzato. Nei grafici `e ben visibile l’andamento del filtro passa basso che ci aspettavamo. Sono inoltre visibili in tutti i diagrammi i picchi di risonanza relativi ai modi x, y, θ

5.2

Funzioni di trasferimento del rumore

si-smico

Le considerazioni fatte finora non tengono conto del rumore sismico e il modello `e stato realizzato ponendo x0 = y0 = θ0 = 0 ovvero facendo

l’as-sunzione che i punti di sospensione siano fermi. A questo punto `e necessario considerare che il sistema `e soggetto all’effetto del moto sismico dovuto a diversi fattori: sismicit`a del terreno, moto dovuto a eventi meteorologici, fattori ambientali dovuti al non isolamento dell’apparato di misura.

Per considerare questo effetto si parte dalle equazioni del moto calcolate precedentemente ma questa volta si pongono nulle le forze esterne agenti sul sistema:    0 = m¨x + γ( ˙x − ˙x0) + (x − x0)kx 0 = m¨y + γ( ˙y − ˙y0) + (y − y0)ky 0 = I ¨θ + γ( ˙θ − ˙θ0) + (θ − θ0)kθ

Passando in trasformate di Laplace si ottengono le funzioni di trasferimento tra gli spostamenti dei punti x0, y0 ,θ0 dovuti all’effetto sismico e (x − x0),

(30)

CAPITOLO 5. MODELLO 27                    Sisx = x−xx00 = − s2 ω2 0x s2 ω20x+ s Qω0x+1 Sisy = y−yy 0 0 = − s2 ω 0y2 s2 ω2 0y +Qω0ys +1 Sisθ = θ−θθ00 = − s2 ω0θ s2 ω2 0θ + s Qω0θ+1

Per il rumore sismico valgono ragionamenti analoghi a quelli fatti nel caso di risposta del sistema a forze esterne. Se si vuole vedere la matrice di trasferimento tra gli spostamenti dei punti di sospensione x0, y0, θ0 e il

segnale misurato si devono considerare la matrice diagonale delle funzioni di trasferimento: Sis =   Sisx 0 0 0 Sisy 0 0 0 Sisθ   (5.10)

la matrice geometrica di Sensing per vedere gli effetti sui tre LVDT e il fattore 103 per coerenza di unit`a di misura. Ne risulta che la matrice di

trasferimento del rumore sismico `e:   l1 l2 l3  = 103[M −1 ][Sis]   x0 y0 θ0   (5.11)

5.2.1

Simulazione del rumore sismico

Per verificare il modello `e necessario avere un segnale che simuli il rumore sismico. Per poter fare ci`o si invia un segnale random ad un filtro che lo formi producendo in uscita un segnale avente la densit`a spettrale di potenza richiesta. La scelta della funzione di trasferimento `e stata effettuata tenendo in considerazione gli studi sul rumore sismico e le modellizzazioni realizzate [7], [8] nel corso di precedenti studi presso il sito di VIRGO.

Nello specifico si utilizza la funzione di trasferimento: LP = 10 −4 s2 (2π0.1)2 + s 2π0.1 + 1 (5.12) che verr`a inserita nella matrice diagonale LPsis di trasferimento.

LPsis =   LP 0 0 0 LP 0 0 0 LP   (5.13)

(31)

CAPITOLO 5. MODELLO 28 Questa matrice verr`a moltiplicata a destra della matrice Sis.

Per il rumore sismico vale quindi la relazione: e   l1 l2 l3  = 103[M−1][Sis][LPsis]   x0 y0 θ0  = [H]   x0 y0 θ0  

dove [H] rappresenta la matrice delle funzioni di trasferimento per il rumore sismico.

5.3

Verifica del modello

Viene controllato che il modello realizzato rappresenti bene l’andamento ef-fettivo del segnale. Per fare questo controllo vengono confrontate le risposte in frequenza del modello teorico e quelle prese dalla misura dei tre LVDT. Vengono fatte tre misure indipendenti, una per ciascun modo del sistema. Vengono quindi inviati separatamente segnali che inducano un moto lun-go x, y, θ e si analizzano le risposte in frequenza nei tre casi. Il risultato viene confrontato sovrapponendo gli andamenti delle risposte in frequenza ottenute dal modello teorico con quello fisico. I risultati sono mostrati nei grafici in figura 5.2, 5.3, 5.4.

Figura 5.2. Moto lungo la coordinata x. In nero `e rappresentato l’andamento previsto dal modello teorico e in rosso i valori ottenuti dalla misura diretta

Gli andamenti visibili nei grafici risultano in buon accordo come ci si aspettava. Le curve infatti si sovrappongono bene e si hanno dei discosta-menti del modello dai dati solo ad alte frequenze dove il modello non `e pi`u valido.

C’`e inoltre da notare la presenza di piccoli picchi in corrispondenza delle frequenze di risonanza dei modi non eccitati dovuti alla effettiva impossibi-lit`a a isolare del tutto i modi del sistema.

(32)

CAPITOLO 5. MODELLO 29

Figura 5.3. Moto lungo la coordinata y. In nero `e rappresentato l’andamento previsto dal modello teorico e in rosso i valori ottenuti dalla misura diretta

Figura 5.4. Moto lungo la coordinata θ. In nero `e rappresentato l’andamento previsto dal modello teorico e in rosso i valori ottenuti dalla misura diretta. Per la coordinata θ i valori delle misure vengono divisi per un fattore 3 dovuto al fatto che si sommano gli spostamenti dei tre LVDT

(33)

Realizzazione del feedback di controllo

La realizzazione del modello `e stata effettuata in modo da poter realizzare un sistema di feedback che, applicato alla tavola di sospensione del girosco-pio, permetta di controllarne il movimento.

Avere il controllo del moto della tavola `e fondamentale per poter studiare le caratteristiche e i limiti di utilizzo del giroscopio anche grazie alla con-figurazione trapezoidale, visibile in figura 6.1, dei fili di sospensione della tavola di tester.

Con questa configurazione infatti indurre il moto lungo una delle direzioni x ed y porta la tavola ad oscillare con l’andamento tipico del pendolo semplice inclinandosi di un angolo che vale ∆φ ≈ 60µrad · ∆s[mm] in risposta ad uno spostamento lineare ∆s. Si riesce quindi a produrre un moto angolare in modo da testare la risposta del giroscopio alle velocit`a angolari.

L’implementazione del sistema di controllo [9] ha visto una prima parte dello studio volta a realizzare un sistema di feedback tale da eliminare gli effetti del moto sismico sulla tavola mantenendola il pi`u possibile ferma. Nella seconda parte `e stato invece implementato un sistema di tracking per fare in modo che la tavola segua la traiettoria inviata come input.

Lo schema generale di un sistema di controllo `e osservabile in figura 6.2 dove G `e la funzione di trasferimento del sistema, C `e il controllore da realizzare e D `e il modello del rumore. Il segnale r `e detto segnale di riferi-mento dell’input, u `e il segnale di controllo, y `e l’output del modello a cui si somma il rumore di misura n ottenendo il segnale misurabile yn.

Vediamo di seguito nello specifico le due fasi dell’implementazione del sistema di controllo.

6.1

Controllo con traiettoria nulla

Il sistema `e stato modellizzato con l’aiuto del tool di matlab simulink come mostrato in figura 6.3.

Il controllore `e stato realizzato usando particolari funzioni di matlab per le

(34)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO31

Figura 6.1. Rappresentazione (non in scala) della configurazione trapezoidale dei fili di sospensione della tavola. La linea tratteggiata rappresenta il prolungamento teorico dei fili di sospensione

(35)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO32 quali si `e imposto che i segnali di rumore sismico siano scorrelati l’uno dagli altri.

Figura 6.3. Schema del feedback di controllo. TF ed H sono rispettivamente le funzioni di trasferimento del sistema e del rumore. Gli n sono segnali di rumore e REG `e il controllore

Per verificare la funzionalit`a del sistema di feedback `e possibile fare del-le prove qualitative a loop chiuso e a loop aperto confrontando i risultati. Quello che si vuole vedere `e che, chiudendo il feedback, la tavola sospesa venga mantenuta il pi`u possibile ferma ovvero che il sistema risponda con segnali di tensione che inducano spostamenti tali da annullare quelli dovuti al moto sismico della tavola.

La verifica della funzionalit`a del feedback pu`o essere effettuata in due di-versi modi: sia utilizzando le funzioni di trasferimento, sia effettuando una simulazione del comportamento del sistema mediante appositi programmi di simulazione.

Funzioni di trasferimento

Una prima verifica effettuata ha valutato come varia la risposta in frequenza del sistema prendendo in considerazione i diagrammi di Bode relativi alle funzioni di trasferimento a loop aperto e chiuso. Dal confronto si vede che i picchi di risonanza, molto accentuati nel caso di feedback aperto, vengono eliminati nelle funzioni di trasferimento del sistema a feedback chiuso come `

e possibile vedere nei diagrammi in figura 6.4.

In questo senso il sistema di controllo funziona bene eliminando la zona della frequenza di risonanza.

(36)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO33

Figura 6.4. Funzioni di trasferimento a loop aperto (segnale nero) e chiuso (segnale rosso) con in ingresso il segnale del rumore sismico

Figura 6.5. Confronto di simulazioni di segnali in uscita. A sinistra il segnale nel caso di feedback aperto, a destra segnale in uscita dopo la chiusura del feedack

Segnali in uscita

Una ulteriore prova del corretto funzionamento del feedback pu`o essere effet-tuata confrontando i segnali in uscita in funzione del tempo a loop chiuso e aperto. Questo confronto viene fatto utilizzando il tool di matlab simulink con cui vengono simulati i comportamenti dei circuiti.

Si vede quindi quanto vale lo spostamento della tavola sia in condizione di tavola libera sia in condizione di tavola con moto controllato.

Per far questo vengono simulati i segnali in uscita al circuito con e senza feedback ed i risultati sono riportati in figura 6.5 dove si osserva bene come la presenza del feedback con sistema di controllo riduca consistentemente l’ampiezza delle uscite, esattamente come ci si aspettava.

(37)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO34

6.1.1

Errore sul controllo

Una misura di errore `e stata effettuata per valutare il moto della tavola con il feedback di controllo acceso in modo da ottenere i valori degli spostamenti nelle tre direzioni privilegiate.

Chiudendo il feedback si ottengono i seguenti valori degli LVDT: • l1 = 0.68 µm

• l2 = 0.60 µm

• l3 = 0.62 µm

Questi valori rappresentano un buon risultato se confrontati con quelli mi-surati a loop aperto dagli LVDT che risultano essere dell’ordine di

≈ 10 µm.

6.2

Tracking

Il passaggio successivo `e stato realizzare il tracking ovvero inserire nel siste-ma elementi che permettano di controllare la traiettoria della tavola facen-do in mofacen-do che questa segua un percorso ben definito. La realizzazione di questa fase avviene modificando il controllore del circuito e inserendo un in-tegratore che faccia in modo di mantenere il pi`u possibile nulla la differenza tra la traiettoria di riferimento inviata in ingresso e quella effettivamente realizzata dal sistema.

Analogamente a quanto fatto precedentemente va verificato l’effettivo funzionamento del tracking e lo si fa analizzando le funzioni di trasferimen-to e le simulazioni dei segnali in uscita nel caso di feedback apertrasferimen-to e chiuso. Funzioni di trasferimento

Analogamente a quanto visto precedentemente si confrontano le funzioni di trasferimento a feedback aperto e chiuso. Si vuole verificare che i picchi della funzione di trasferimento relativi alle frequenze di risonanza vengano eliminati quando viene chiuso feedback. In figura 6.6 si osserva che la fun-zione di trasferimento `e la stessa per feedback aperto e chiuso ma intorno alla frequenza di risonanza la presenza del tracking elimina il picco.

Segnali in uscita

Oltre al confronto delle funzioni di trasferimento si effettua una simulazione dei segnali in uscita in modo da verificare che l’andamento del moto appli-cato alla tavola dal sistema sia coerente con quello della traiettoria inviata in ingresso. Si impone una traiettoria che faccia compiere alla tavola una

(38)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO35

Figura 6.6. Funzioni di trasferimento a loop aperto (segnale nero) e chiuso (segnale rosso) con in ingresso il segnale del rumore sismico

Figura 6.7. Confronto di simulazioni di segnali in uscita. A sinistra il segnale nel caso di feedback aperto, a destra segnale in uscita dopo la chiusura del feedback

rotazione intorno al proprio asse di simmetria. In figura 6.7 si osservano gli andamenti simulati dei segnali in uscita in caso di loop chiuso e aperto. Si nota che in mancanza del tracking la tavola si muove di moto random sotto l’effetto del rumore sismico mentre quando viene applicato il tracking la tavola segue il moto della traiettoria inviata.

6.3

Noise budeget

La trattazione fatta fino a questo momento ha tenuto conto del solo errore sismico trascurando le altre sorgenti di rumore. Questa approssimazione `e giustificata dal fatto che, almeno nelle bande di frequenza di interesse, il rumore sismico `e quello predominante. In figura 6.8 si osserva lo schema dei contributi dei rumori del sistema.

(39)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO36

Figura 6.8. Schema circuitale dei contributi dei rumori

• s `e il segnale del rumore sismico;

• d `e il rumore di attuazione la cui potenza spettrale vale 100nV /√Hz • m `e il rumore di misura a cui potenza spettrale vale 35nV /√Hz Per verificare il contributo dei singoli rumori si guardano le funzioni di trasferimento. I segnali di rumore sono applicati ai tre LVDT ed il loro contributo `e uguale in ciascun canale. Una verifica di questo fatto `e stata effettuata vedendo in appendice A.

Per cui `e bastato verificare un solo LVDT e generalizzare il risultato anche per gli altri.

Ogni sorgente di rumore ha tre diversi ingressi per cui il contributo sul singolo canale di misura sar`a la somma quadratica dei tre ingressi che `e esattamente quanto riportato in figura 6.9.

Per calcolare la funzione di trasferimento di ciascun rumore si utilizza la formula generale per i sistemi a loop:

OU T = direct f unction

1 + loop IN (6.1) e nel grafico in figura 6.9 `e possibile osservare gli andamenti dei tre diversi rumori. Per le frequenze di interesse, ovvero al di sopra dei 10−2Hz, il contributo dell’errore sismico `e molto maggiore rispetto agli altri per cui l’assunzione di trascurare gli altri rumori del sistema `e giustificata.

6.4

Inserimento del giroscopio

Dopo aver studiato il modello di moto della tavola e aver implementato un sistema di feedback in grado di farla muovere seguendo traiettorie presta-bilite il giroscopio `e stato posizionato e fissato sulla tavola mobile e sono state effettuate nuove misure per verificare il funzionamento del sistema di

(40)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO37

Figura 6.9. Andamento degli spettri dei rumori del sistema

controllo ed apportare le eventuali modifiche dovute alla variazione delle caratteristiche del sistema fisico dovute alla presenza della nuova compo-nente.

Per prima cosa sono state misurate le nuove frequenze di risonanza del sistema:

• ω0x= 2π(0.374 ± 0.004)rad/s

• ω0y = 2π(0.374 ± 0.004)rad/s

• ω0θ = 2π(0.480 ± 0.004)rad/s

e da questi valori si osserva che rispetto alla misura precedente i modi x e y non hanno subito variazioni mentre la frequenza di risonanza di rota-zione `e cambiata a causa del diverso momento d’inerzia del sistema.

I nuovi valori sono stati sostituiti nel modello ed `e stato verificato, sia da simulazione che mediante misure dirette, che il modello `e ancora valido an-che dopo il posizionamento del giroscopio come si pu`o osservare nel grafico in figura6.10 dove sono riportate le funzioni di trasferimento del rumore si-smico. Altre funzioni di traferimento relative al comportamento del sistema dopo il posizionamento del giroscopio sono visibili in appendice B.

(41)

CAPITOLO 6. REALIZZAZIONE DEL FEEDBACK DI CONTROLLO38

Figura 6.10. Funzioni di trasferimento della componente di rumore sismico. In nero la funzione in assenza di sistema di controllo e in rosso con feedback chiuso

(42)

Parte III

Giroscopio

(43)

Hemispherical Resonator Gyro (HRG)

7.1

Introduzione ai giroscopi

Il giroscopio `e un sensore di precisione che misura la velocit`a angolare del sistema su cui `e montato il cui funzionamento `e basato, come suggerito dal nome, sull’effetto giroscopico. Di giroscopi ne esistono di svariate tipologie che sfruttano tecnologie diverse di misura.

• Giroscopi ottici basati sul fenomeno dell’interferenza. Sfruttano fasci di luce inviati su due diversi percorsi che hanno tempi di percorrenza diversi nel momento in cui il sistema subisce una rotazione intorno all’asse di sensibilit`a. Si parla di ring laser gyroscope quando i fasci vengono inviati lungo un anello e di fiber optic gyroscope se i fasci passano lungo un cammino di fibre ottiche.

• Giroscopi a cristalli piezoelettrici che utilizzano sensori a cristalli piezoelettrici disposti lungo le tre direzioni cartesiane in modo da misurare le minime variazioni dell’orientamento del sistema.

• Giroscopio dynamically tuned (DTG) che funziona meccanicamente ed `e formato da un motore alla cui sommit`a `e collegato un rotore con giunti elastici soggetti a momento di torsione in presenza di una rotazione intorno all’asse di sensibilit`a. Dalla misura degli angoli di torsione `e possibile risalire alla velocit`a angolare del sistema.

Il giroscopio preso in esame in questo lavoro di tesi `e invece del tipo Hemispherical Resonator Gyroscope (HRG ), una tipologia molto utilizzata nei campi in cui `e richiesta grande precisione, poco rumore e nello stesso tempo ridotte dimensioni dello strumento. In particolare giroscopi di questo tipo sono utilizzati in campo aereospaziale, nei satelliti di comunicazione e in molte missioni spaziali.

Il giroscopio HRG `e un sensore di tipo CVG (Coriolis Vibratory Gyro-scope) ovvero appartenete alla classe di sensori vibranti la cui sensibilit`a al moto rotazionale dipende dalla presenza della forza di Coriolis.

(44)

CAPITOLO 7. HEMISPHERICAL RESONATOR GYRO (HRG) 41 L’idea di giroscopi di questo tipo fu possibile dopo il 1890, anno in cui il fisico inglese George H. Bryan scopr`ı un importante effetto riguardante le vibrazione in strutture rotanti che prese in seguito il suo nome [13]. Ma fu solo con il contributo del gruppo di ricerca della compagnia statunitense Delco, capeggiato dal dottor David Lynch, che fu possibile iniziare la rea-lizzazione di giroscopi di questo tipo.

Vediamo di seguito i principi di funzionamento di questo sensore.

7.2

Funzionamento HRG

7.2.1

Effetto Bryan

Il funzionamento del giroscopio HRG `e basato sull’effetto Bryan in strutture cilindriche rotanti. Questo effetto prende il nome dal fisico che per primo lo studi`o nel 1890 a seguito dell’osservazione dei bicchieri di vetro che messi in vibrazione producono un suono continuo ma che se fatti ruotare lasciano percepire dei battimenti nel suono emesso. Ci`o `e dovuto al fatto che in una struttura vibrazionale messa in rotazione i nodi ruotano con una velocit`a angolare Ω0 diversa ma proporzionale alla velocit`a angolare Ω della struttura stessa.

La velocit`a di rotazione dei modi nel sistema rotante `e data dalla relazione: Ω0 = η · Ω (7.1) dove η `e il fattore di Bryan e dipende dal numero m di nodi di vibrazione .

Figura 7.1. Schematizzazione del comportamento della struttura vibrazionale nel caso m = 2. In nero la circonferenza non deformata. In rosso la struttura che sotto effetto vibrazionale si deforma passando dalla configurazione a linea piena a quella a linea tratteggiata

Questo effetto `e valido per tutti i sistemi rotanti sottoposti a vibrazione ed `e stato utilizzato come principio su cui basare il funzionamento dei

(45)

giro-CAPITOLO 7. HEMISPHERICAL RESONATOR GYRO (HRG) 42

Figura 7.2. Giroscopio HRG GI-CVG-U2210A della ditta Innalabs, oggetto di studio della tesi

scopi.

7.2.2

Principio di funzionamento

La caratterizzazione in esame in questo lavoro di tesi `e stata effettuata su un giroscopio biassiale realizzato dalla ditta Innalabs visibile in figura 7.2.

Si tratta di un giroscopio biassiale, sensibile quindi alla rotazione lun-go due assi di rotazione tra loro perpendicolari grazie alla presenza di due diversi elementi sensibili del tutto equivalenti che operano alla stessa fre-quenza di risonanza vibrazionale ed il cui comportamento `e lo stesso, come verr`a verificato nel capitolo successivo dove verranno testati entrambi. Ciascun elemento sensibile ha struttura cilindrica con simmetria intorno al proprio asse di sensibilit`a alla rotazione ed opera usando due modi vibra-zionali decomponibili come mostrato in figura 7.3. Nel momento in cui il sistema `e soggetto ad una rotazione intorno all’asse di sensibilit`a, a cau-sa della forza di Coriolis, avviene un pascau-saggio di energie tra i due modi vibrazionali per cui i nodi del sistema iniziano a ruotare con velocit`a pro-porzionale a quella a cui si muove il sistema stesso.

Un sistema di controllo interno provvede ad effettuare una misura della ro-tazione dei nodi e da questa a ricavare la roro-tazione dell’intero sistema. Il sistema di controllo pu`o essere scelto a seconda della tipologia di misure che vanno effettuate. In particolare i due modi operativi fondamentali sono il Whole angle mode che pur avendo un pi`u ampio range di lavoro ha rumore molto grande e il Force-rebalance mode che ha molto meno rumore, `e sog-getto a minori errori ma a causa delle limitazioni nelle tensioni di lavoro ha un range pi`u piccolo.

(46)

CAPITOLO 7. HEMISPHERICAL RESONATOR GYRO (HRG) 43

Figura 7.3. Modi vibrazionali del giroscopio. A sinistra `e visibile il modo primario e a destra quello secondario

7.3

Sistema di controllo interno

L’HRG preso in esame opera usando un sistema a bilanciamento di forze in cui la misura della rotazione avviene mediante la misura della forza che il sistema di controllo interno deve applicare alla struttura vibrazionale per fare in modo che i nodi (e gli antinodi) siano stazionari nel sistema rotante del giroscopio.

Vediamo nello specifico quali sono le componenti del sistema di controllo interno del sensore, schematizzate in figura 7.4.

Figura 7.4. Schematizzazione dell’elettronica del sistema di controllo interno del giroscopio

Come si osserva dallo schema, in corrispondenza dei nodi e degli anti-nodi vengono posti degli elettrodi. Gli elettrodi corrispondenti ad un nodo (ND ) ed un antinodo (AD ) vengono collegati alla componente attuatrice del circuito (Driving Circuitry) mentre i restanti nodo (NP ) ed antinodo (AP ) vengono collegati alla parte di misura del circuito (Pickoff Circuitry). Sono

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CAPITOLO 7. HEMISPHERICAL RESONATOR GYRO (HRG) 44 proprio i circuiti di Drive e Pickoff che formano, insieme all’elettronica del Digital Signal Processor (DSP ) il sistema di controllo interno al giroscopio. Il circuito di Drive induce sull’ antinodo a cui `e collegato una tensione che genera una vibrazione di ampiezza ad essa proporzionale. Se il giro-scopio non `e in rotazione sui punti nodali non si ha oscillazione per cui il sistema di Pickoff collegato all’elettrodo nodale rivela segnale nullo. Nel momento in cui il giroscopio `e soggetto ad una rotazione i nodi ruotano e si spostano per cui sull’elettrodo corrispondente si ha segnale non nullo e proporzionale allo spostamento del nodo dal suo punto di equilibrio. Nel momento in cui il segnale misurato dal circuito di Pickoff sull’elettrodo nodale `e non nullo, ovvero `e presente una rotazione, entra in funzione il sistema di Amplitude control che forza il moto su questi elettrodi facendo in modo che su di essi l’oscillazione sia nulla. Dal valore di tensione forzante `e possibile risalire al valore dello spostamento e quindi a quello della velocit`a angolare che `e ad esso proporzionale.

Alcune componenti del sistema di controllo servono a mantenere la giu-sta vibrazione della struttura cilindrica in modo da ridurre al minimo gli errori di misura. Il frequency control controlla la frequenza della tensione forzante applicata e la porta il pi`u possibile vicino al valore di quella di ri-sonanza per avere la massima vibrazione possibile ed ottendere la massima precisione nella misura. Il quadrature control invece, lavora sempre sulle frequenza ma serve ad eliminare i problemi legati alle differenze di frequen-ze di risonanza dei due nodi della struttura vibrante. Il rate control fa s`ı che, in assenza di rotazione del sistema, in corrispondenza dei nodi non ci siano vibrazioni ed il segnale sia effettivamente nullo. Il phase lock lavora sulle fasi dei segnali per fare in modo che non ci siano segnali in quadratura.

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Verifica specifiche tecniche giroscopio

Per valutare l’effettiva funzionalit`a del giroscopio sono state effettuate mi-sure atte a verificare le caratteristiche come da specifiche e a trovare i limiti di utilizzo dello stesso all’interno dell’esperimento.

Per raggiungere tale scopo il giroscopio viene posizionato sulla tavola mobile in modo da misurare le risposte dello stesso alle sollecitazioni controllate e verificare quindi il corretto comportamento. Prima di procedere si ricorda che il giroscopio in esame `e biassiale e gli assi di rotazione x e y sono quelli riportati in figura 8.1

Figura 8.1. Assi di rotazione del giroscopio

8.1

Fattore di scala

Come visto nel capitolo relativo alla descrizione del funzionamento del gi-roscopio, la quantit`a che viene misurata in sensori di questo tipo `e una tensione. In uscita si ha quindi il valore della tensione applicata dal si-stema di controllo per mantenere nulla la tensione sugli elettrodi nodali di

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CAPITOLO 8. VERIFICA SPECIFICHE TECNICHE GIROSCOPIO 46 driving. Tra questo valore di tensione e la velocit`a angolare esiste una corri-spondenza lineare mediante il fattore di scala. Per ottenere misure corrette va quindi verificata l’esattezza del fattore di scala specificato dal produttore. Nelle specifiche tecniche `e stato dichiarato che nel modo non differenziale i fattori di scala sono equivalenti nelle due direzioni e valgono:

SCx = 200mV /(deg/s) ± 3%

SCy = 200mV /(deg/s) ± 3% (8.1) Per verificare il fattore di scala il giroscopio `e stato posizionato sulla tavola in modo che gli assi di sensibilit`a siano diretti lungo le rispettive direzioni di moto della tavola stessa.

Le misure sono state fatte confrontando la misura in V olt del giroscopio con lo spostamento misurato dagli LVDT.

Per la verifica del valore SCy `e stato inviato un segnale sinusoidale lungo la

direzione x portando gli LVDT a misurare un segnale del tipo:

x (t) = A · sin (ω t + φ) (8.2) Questo spostamento lineare, con la configurazione trapezoidale dei fili porta un tilt di angolo δ variabile nel tempo secondo la relazione:

δx =

x (t) [mm] 13890 [mm] =

A [mm]

13890 [mm] · sin (ω t + φ) (8.3) a cui corrisponde una velocit`a angolare, diretta lungo l’asse y, pari alla sua derivata: Ωy = ˙δx= A [mm] 13890 mmω cos (ω t + φ) = = A [mm] 13890 mm ω sin  ω t + φ + π 2  (8.4)

Il valore 13890 `e la lunghezza del pendolo ottenuto prolungano virtual-mente i fili di sospensione della tavola.

Confrontando le relazioni 8.2 e 8.4 ne segue che i segnali che misurano spostamento lineare e velocit`a angolare hanno la stessa forma ma il segna-le misurato dagli LVDT deve essere sfasato di π/2 rispetto al segnasegna-le di risposta del giroscopio e le ampiezze dei due devono essere proporzionali mediante il fattore ω

13890.

Queste caratteristiche si possono osservare qualitativamente nei grafici in figura 8.2 nel dominio del tempo.

Discorso analogo vale per il moto lungo la direzione y e la corrispondente velocit`a angolare Ωx.

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CAPITOLO 8. VERIFICA SPECIFICHE TECNICHE GIROSCOPIO 47

Figura 8.2. Valutazione qualitativa: in rosso `e evidenziato lo sfasamento di π/2 e in blu l’ampiezza della sinusoide

Dalle misure effettuate risulta che i fattore di scala sono: SCxmeas = 187 mV /(deg/s) ± 10%

SCymeas = 186 mV /(deg/s) ± 10%

(8.5) che sono in accordo con quanto dichiarato nelle specifiche.

8.2

Linearit`

a della risposta

Una caratteristica importante richiesta per il corretto funzionamento del giroscopio `e che la sua risposta agli spostamenti sia lineare. Ci`o `e diret-tamente collegato a quanto espresso dalla equazione 8.4 in cui l’ampiezza dello spostamento `e un fattore di proporzionalit`a.

La verifica di questo aspetto `e stata effettuata utilizzando due differenti metodi di approccio che hanno portato, in accordo a quanto previsto, allo stesso risultato finale.

In entrambe le misure il punto di partenza del lavoro `e muovere la tavola lungo una singola direzione e valutare la funzione di trasferimento tra lo spostamento della tavola e la velocit`a angolare misurata.

La differenziazione tra le due strategia di verifica riguarda la tipologia dei segnali inviati.

• Segnale random La tavola viene messa in moto utilizzando un segnale di rumore bianco. Viene presa quindi la funzione di trasferimento considerando il range di frequenze di funzionamento [0.1; 1]Hz. • Segnale sinusoidale Viene inviato alla tavola un segnale sinusoidale

e viene misurata l’ampiezza della funzione di trasferimento in corri-spondenza della frequenza della sinusoide. Si ripete la misura per varie

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CAPITOLO 8. VERIFICA SPECIFICHE TECNICHE GIROSCOPIO 48 frequenze della sinusoide di ingresso. I valori cos`ı ottenuti sono stati riportati su un grafico in scala logaritmica.

La misura `e stata analogamente ripetuta anche per la seconda direzione. I risultati della verifica sono riportati nei grafici in figure 8.3 e 8.4 da cui si pu`o osservare la giusta linearit`a a conferma di quanto richiesto.

Figura 8.3. Verifica del comportamento lineare della risposta della velocit`a ango-lare ωy del giroscopio al moto lungo la direzione x. In blu `e riportata la funzione di trasferimento ottenuta con rumore bianco come segnale di ingresso, in rosso sono riportati i risultati delle misure fatte con segnale sinusoidale

Figura 8.4. Verifica del comportamento lineare della risposta della velocit`a ango-lare ωx del giroscopio al moto lungo la direzione y. In blu `e riportata la funzione di trasferimento ottenuta con rumore bianco come segnale di ingresso, in rosso sono riportati i risultati delle misure fatte con segnale sinusoidale

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CAPITOLO 8. VERIFICA SPECIFICHE TECNICHE GIROSCOPIO 49

8.3

Spettri di rumore

Vedremo in questo paragrafo lo studio della P owerSpectralDensity (PSD) di rumore del giroscopio partendo dalla sua misura confrontando poi il ri-sultato con quanto riportato nelle specifiche tecniche del sensore.

La PSD di rumore `e un parametro molto importante in elettronica in quan-to definisce la quantit`a di potenza di rumore per unit`a di banda in funzione della frequenza ed `e proprio dalla PSD che `e possibile definire la qualit`a delle misure di un sensore.

Matematicamente, per un segnale x(t), la PDS `e data dalla relazione: P SD = F {Rx(τ )} (8.6)

dove

Rx(τ ) = E[x(t)x(t + τ )] → (τ = 0) → E[x2(t)] (8.7)

`

e la funzione di autocorrelazione.

La misura della densit`a spettrale di rumore del giroscopio `e stata ef-fettuata a seguito di un’intera nottata di presa dati in modo da avere un lungo intervallo temporale e una situazione il pi`u possibile calma dal punto di vista dei fattori esterni. Si deve considerare infatti che l’apparato di test ed il giroscopio, essendo all’interno dei laboratori, durante le prove hanno risentito del rumore dovuto alle quotidiane attivit`a del centro di ricerca che, come verificato, influiscono sulla misura.

Il controllo della tavola `e stato acceso in modo che questa venga mantenuta il pi`u possibile ferma.

I risultati ottenuti, sono riportati nelle figure 8.5 e 8.6.

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CAPITOLO 8. VERIFICA SPECIFICHE TECNICHE GIROSCOPIO 50

Figura 8.6. Power Spectral Density per asse y del giroscopio

Figura 8.7. Confronto tra densit`a spettrale dichiarata nelle specifiche del sensore (a sinistra) e verificata nella presa dati (a destra)

I risultati ottenuti sono stati confrontati con quanto previsto dalle spe-cifiche tecniche del giroscopio e risultano in accordo come si pu`o vedere in figura 8.7.

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Risultati misure

Nel capitolo precedente sono state descritte le misure effettuate per verifi-care le specifiche tecniche del giroscopio e sono stati riportati i risultati che si confermano coerenti con quanto dichiarato dai costruttori.

A questo punto si `e reso necessario realizzare prove volte a studiare il cor-retto funzionamento del sensore e i suoi limiti di utilizzo mediante la misura della sua sensibilit`a.

Infine, in virt`u del fatto che il sensore `e biassiale e quindi sensibile solo a due direzioni di velocit`a angolare, le misure sono state ripetute modificando la posizione del giroscopio sulla tavola di test in modo da realizzare misure lungo la terza componente spaziale della velocit`a angolare.

9.1

Sensibilit`

a in accelerazione

Lo studio del giroscopio HRG portato avanti in questo lavoro ha come scopo quello di verificare un possibile utilizzo come sensore tiltmetrico da mettere alla base del pendolo invertito del superattenuatore di VIRGO in modo da ottenere la misura di spostamento angolare senza essere sensibile alla accelerazione lineare.

In linea di principio il giroscopio `e sensibile solo a velocit`a angolari ma nella pratica c’`e una risposta anche all’accelerazione lineare dovuta al fatto che questa pu`o provocare traslazioni della campana vibrante per cui sugli elettrodi si misurer`a un segnale anche in assenza di rotazione. `E un effetto lineare in quanto genera un segnale di velocit`a angolare ∆ω = gsa dove gs,

chiamato parametro di g-sensitivity tipicamente si misura in (deg/h)/g con g accelerazione gravitazionale. Si richiede che gs sia il pi`u piccolo possibile.

Nei prossimi paragrafi `e riportato il lavoro operativo volto a definire dei limiti nella sensibilit`a in accelerazione.

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