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Effetti a lungo termine della ablazione tiroidea sulla oftalmopatia basedowiana

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Academic year: 2021

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INDICE

Riassunto

pag. 3

Introduzione

pag. 6

Scopo della tesi

pag. 16

Pazienti e metodi

pag. 17

Risultati

pag. 26

Discussione

pag. 34

(2)

Legenda delle figure

pag. 47

Ringraziamenti

pag. 50

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RIASSUNTO

Benché siano state formulate varie ipotesi, la patogenesi dell’oftalmopatia basedowiana (OB) non è nota. L’ipotesi più accreditata è che vi sia una reazione autoimmunitaria contro antigeni presenti sia nella tiroide che nei tessuti orbitari. In base a questa ipotesi è ragionevole ipotizzare che la rimozione degli antigeni tiroidei possa determinare un miglioramento della OB. La eliminazione del tessuto tiroideo può essere ottenuta mediante tiroidectomia quasi totale seguita da terapia radiometabolica con I¹³¹. In passato diversi studi retrospettivi hanno dimostrato un effetto benefico dell’ablazione tiroidea totale sull’andamento della OB. L’unico studio prospettico, randomizzato e controllato è stato eseguito presso questo Dipartimento. Lo studio è stato condotto su 60 pazienti affetti da morbo di Basedow con ipertiroidismo e oftalmopatia di grado medio di recente insorgenza. I pazienti venivano randomizzati in due gruppi di terapia tiroidea: i) tiroidectomia

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quasi totale (TX); e ii) ablazione tiroidea totale [tiroidectomia quasi totale seguita da terapia radiometabolica con I¹³¹ (TTA)]. Tutti i pazienti venivano sottoposti a terapia con glucocorticoidi ev (GC) e valutati a distanza di 3 e 9 mesi dal termine della terapia. La valutazione della OB a 3 e a 9 mesi dal termine della terapia con GC mostrava una migliore risposta alla terapia con GC nel gruppo TTA rispetto al gruppo TX, sia in termini di miglioramento dei singoli parametri, che di risposta complessiva della OB alla terapia.

Nella presente tesi sono stati valutati gli effetti dell’ablazione tiroidea sull’oftalmopatia negli stessi pazienti su un piu’ lungo periodo di follow-up (88.0 ±17.7 mesi).

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INTRODUZIONE

La oftalmopatia basedowiana (OB) è la principale manifestazione extratiroidea delle tireopatie autoimmuni. E’ comunemente associata alla malattia di Graves-Basedow [Morbo di Basedow (MB)], raramente alla tiroidite cronica autoimmune o non associata a tireopatie clinicamente evidenti (Euthyroid Graves’ Ophthalmopathy) (1). Tuttavia anche nella Euthyroid Graves’ Ophthalmopathy sono presenti quasi invariabilmente alterazioni tiroidee subcliniche, in particolare la positività degli autoanticorpi anti-tiroide (1).

Cenni sulla OB Epidemiologia

La OB ha un picco di incidenza tra i 30 e i 50 anni e colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile, con un rapporto femmine/maschi di 3:1 (1, 2). I sintomi e i segni clinici della OB sono presenti in circa il 50% dei pazienti con

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MB (1-3). Nella maggioranza dei casi la OB è di grado lieve e non necessita di terapie maggiori (3). Tuttavia, nel 2-5% dei casi il quadro clinico è rilevante per cui sono necessarie terapie di tipo medico, radiante o chirurgico (3).

Patogenesi

Nonostante gli sforzi di molti ricercatori, la patogenesi della OB non è ancora nota, anche se la maggioranza degli autori concorda sul fatto che verosimilmente si tratti di una sindrome autoimmune (1, 2, 4, 5). Ciò è stato avvalorato da evidenze cliniche, istopatologiche e sierologiche, quali l’associazione con l’autoimmunità tiroidea, la presenza di una infiltrazione linfocitaria nei tessuti orbitari e la buona risposta ai trattamenti immunosoppressivi con glucocorticoidi (3, 4, 6). Tuttavia la natura dell’antigene(i) responsabile(i) rimane ancora sconosciuta e i meccanismi molecolari che conducono ai cambiamenti istologici dei tessuti orbitari sono stati spiegati solo in parte (4, 7). Tra le varie ipotesi avanzate nel corso degli

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anni quella maggiormente accreditata prevede che antigeni espressi costitutivamente dalle cellule epiteliali della tiroide e dai tessuti orbitari siano il bersaglio del sistema immunitario (1, 2, 4, 5). Il principale antigene candidato è il recettore dell’ormone tireotropo (TSH) (1, 2, 4, 5). Secondo un’altra ipotesi antigeni tiroidei solubili, in particolare la tireoglobulina (Tg), raggiungerebbero i tessuti orbitari, divenendo in tale sede il bersaglio di una reazione autoimmune (8-10).

Anatomia Patologica

Nella OB si osserva un aumento del volume del tessuto connettivo retroorbitario e dei muscoli extraoculari per diverse ragioni, tra cui i) l’infiltrato infiammatorio in sede retroorbitaria da parte di cellule mononucleate, soprattutto linfociti T; ii) l’edema infiammatorio e la tumefazione dei muscoli extraoculari; iii) l’accumulo di componenti della matrice extracellulare, in particolare di glicosaminoglicani idrofili (GAG) come l’acido ialuronico e il condroitin solfato,

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prodotti dai fibroblasti orbitari; e iv) l’aumentato numero di adipociti (infiltrazione grassa) (2). Nelle fasi tardive della malattia è in genere presente fibrosi.

L’ispessimento del grasso orbitario e dei muscoli è responsabile della proptosi (protrusione dei bulbi oculari) (1, 2, 4). Inoltre l’ispessimento dei muscoli extraoculari può determinare limitazione della loro motilità, con conseguente strabismo e diplopia. In casi particolarmente gravi, l’ispessimento dei ventri muscolari e del grasso orbitario può determinare la compressione del nervo ottico con conseguenze funzionali di grado variabile.

Principali manifestazioni cliniche

Le manifestazioni cliniche della OB riflettono le alterazioni anatomo-patologiche dei tessuti orbitari (1, 2, 4). L’interessamento degli occhi può essere mono- o bilaterale; più frequentemente vengono colpiti entrambi gli occhi, a volte in tempi diversi.

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I sintomi e i segni principali sono: i) esoftalmo (anche definito proptosi); ii) riduzione della motilità oculare; iii) diplopia; e iv) retrazione palpebrale con possibile lagoftalmo (incompleta chiusura delle palpebre), che può essere responsabile dell’insorgenza di ulcere corneali. Sono presenti inoltre numerose manifestazioni infiammatorie, quali i) dolore; ii) edema palpebrale e periorbitario; iii) edema congiuntivale (chemosi); iv) edema della caruncola; e v) iperemia palpebrale. L’attività della malattia viene definita mediante un punteggio chiamato Clinical Activity Score (CAS) che si riferisce esclusivamente alle manifestazioni infiammatorie (11). Nei casi più gravi può essere presente compressione dei nervi ottici con conseguente comparsa di alterazioni varie dell’acuità visiva fino alla completa cecità.

Storia naturale

La OB può precedere l’ipertiroidismo del MB, seguirlo o insorgere contemporaneamente ad esso (12). In circa l’85% dei

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casi il tempo che intercorre tra l’esordio della OB e quello dell’ipertiroidismo non è superiore a 12 mesi (2). La OB presenta un andamento particolare che prevede una suddivisione in tre fasi: i) una fase iniziale di progressione e attività, caratterizzata dalla presenza di segni e sintomi infiammatori; ii) una fase intermedia di relativa stabilità; e iii) una fase tardiva in cui la sindrome tende a migliorare spontaneamente per poi mantenersi stabile nel tempo, verosimilmente a causa della fibrosi dei tessuti orbitari (13).

Terapia

Nella OB i trattamenti aggressivi sono necessari solo nel 3-5% dei casi (forme gravi) (3). La terapia è per lo più medica, a base di glucocorticoidi (GC) ad alte dosi somministrati per via endovenosa ad intervalli settimanali o bisettimanali fino ad arrivare ad una dose cumulativa di 4-8 g di metilprednisolone. L’associazione degli steroidi con la radioterapia esterna orbitaria (RT) consente di ottenere risultati migliori rispetto ai

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singoli trattamenti (17). Nei casi particolarmente gravi, soprattutto in presenza di neuropatia ottica e mancata risposta al trattamento medico e/o radiante, è indicata la terapia chirurgica [orbitotomia decompressiva (OTD)]. La OTD viene comunque utilizzata anche a scopo riabilitativo/estetico. Spesso, quando la OB è ormai inattiva, sono necessari interventi di chirurgia muscolare per correggere l’eventuale diplopia residua e/o di chirurgia palpebrale per correggere la retrazione palpebrale (6, 14-16). Nelle forme lievi è in genere sufficiente la terapia locale con lubrificanti oculari e, in caso di lagoftalmo, il bendaggio oculare notturno (3). Inoltre, in uno studio recente multicentrico randomizzato, i cui risultati sono stati oggetto di una pubblicazione su una rivista di rilevanza mondiale, il selenio si è dimostrato efficace del determinare un miglioramento dell’oftalmopatia basedowiana di grado lieve rispetto al placebo (4).

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Ablazione tiroidea

Come riportato precedentemente, la patogenesi della OB non è nota, benché siano state formulate varie ipotesi. In base all’ipotesi che alla base di tale sindrome vi sia una reazione autoimmunitaria contro antigeni presenti sia nella tiroide sia nei tessuti orbitari, è ragionevole ipotizzare che la rimozione degli antigeni tiroidei e dei linfociti T autoreattivi intratiroidei possa determinare un miglioramento della OB. In un recente studio, Chiovato e coll. (18), hanno dimostrato che in pazienti affetti da carcinoma differenziato della tiroide con autoanticorpi dosabili nel siero contro gli antigeni tiroidei, la terapia ablativa mediante tiroidectomia quasi totale seguita dalla somministrazione di I¹³¹ si associa alla scomparsa degli autoanticorpi sierici contro la tireoglobulina (Tg) e la tireoperossidasi (TPO) in 3-5 anni. Questo indica che la rimozione degli antigeni della tiroide è effettivamente seguita da un’attenuazione della risposta autoimmunitaria. L’ipotesi che l’ablazione tiroidea completa possa essere di beneficio per

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la OB era stata formulata da Catz e Perzik negli anni ’60 (19), ma tale approccio terapeutico fu messo presto in discussione da altri e perciò abbandonato (20). Nel 1996 De Groot e Benjasuratwong, dalla valutazione retrospettiva di un gruppo relativamente piccolo di pazienti con OB, dimostrarono un miglioramento della OB dopo l’ablazione tiroidea (21). Più recentemente, un altro studio retrospettivo condotto in Italia da Moleti e coll., su un numero leggermente più grande di pazienti, ha evidenziato alcuni effetti benefici dell’ablazione tiroidea totale sull’andamento della OB (22).

Tra il 1998 e il 2004 veniva condotto presso il Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’Università di Pisa uno studio prospettico, randomizzato, controllato, in singolo cieco, nel quale venivano valutati gli effetti dell’ablazione tiroidea totale sulla OB. Lo scopo era di chiarire se l’ablazione tiroidea totale fosse di beneficio per la OB e di favorirne l’eventuale applicazione clinica. Lo studio veniva condotto su 60 pazienti affetti da morbo di Basedow con

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ipertiroidismo e oftalmopatia basedowiana di recente insorgenza, di grado medio, attiva, non trattata (eccetto che con terapie locali). I pazienti venivano randomizzati in due gruppi di terapia tiroidea: i) tiroidectomia quasi totale (TX); e ii) ablazione tiroidea totale [tiroidectomia quasi totale più terapia radiometabolica con I¹³¹ (TTA)]. Tutti i pazienti venivano sottoposti a terapia con GC ev e valutati a distanza di 3 e 9 mesi dal termine della terapia stessa. Nella valutazione finale della OB a 3 e a 9 mesi emergeva che il gruppo TTA mostrava una migliore risposta alla terapia con GC rispetto al gruppo TX, sia in termini di miglioramento dei singoli parametri oculari, che di risposta complessiva della OB alla terapia. Veniva concluso che la TTA ha un effetto benefico sull’andamento della OB a breve termine rispetto alla TX, e che pertanto dovrebbe essere il trattamento di scelta in tutti i pazienti con OB candidati alla terapia chirurgica.

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SCOPO E DISEGNO DELLA TESI

Lo studio prospettico, randomizzato e controllato in singolo cieco condotto tra il 1998 e il 2004 in questo Dipartimento ha valutato se e come l’ablazione tiroidea totale possa influenzare la risposta della OB alla terapia con GC. Nello studio originale i risultati ottenuti erano limitati agli effetti a breve termine dalla ablazione tiroidea, poiché i pazienti sono stati seguiti per un periodo di 9 mesi dal termine della terapia con GC. Lo scopo del presente studio era di valutare gli effetti dell’ablazione tiroidea totale a più lungo termine. Nel 2010 e’ stato proposto a tutti i pazienti dello studio originale di sottoporsi ad una rivalutazione. Cinquantadue pazienti (25 TX, 27 TTA) hanno accettato. Tra di essi 22 pazienti del gruppo TX e 25 del gruppo TTA avevano effettuato regolari controlli presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa nel periodo tra 9 mesi e il2010. Non trattandosi di uno studio “ongoing”, le visite del

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follow-up non hanno seguito una tempistica standardizzata, ma sono state programmate individualmente, a seconda della decisione del medico endocrinologo e della disponibilità del paziente.

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PAZIENTI E METODI

Pazienti e randomizzazione secondo il disegno originale dello studio Menoconi et all.

Dal 1998 al 2004 venivano arruolati 60 pazienti con morbo di Basedow, con ipertiroidismo di recente insorgenza ed oftalmopatia di grado medio non trattata precedentemente. I pazienti venivano casualmente assegnati ad uno dei due gruppi di terapia tiroidea: i) TX (9 maschi, 21 femmine, età 37.9 ± 8.9 anni, range di età: 21-57 anni); e ii) TTA (10 maschi, 20 femmine, età 38.6 ± 11.0 anni, range di età: 20-57 anni). I gruppi di randomizzazione comprendevano 15 pazienti ciascuno, per un numero totale di quattro blocchi di randomizzazione.

Criteri di inclusione ed esclusione secondo il disegno originale dello studio Menoconi et all.

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I criteri di inclusione comprendevano: i) ipertiroidismo insorto nei 6 mesi precedenti al reclutamento e trattato esclusivamente con farmaci anti-tiroidei di sintesi (metimazolo in tutti i casi); ii) volume tiroideo misurato mediante ecografia ≥ 15 ml; questo criterio veniva applicato per giustificare l’intervento chirurgico di tiroidectomia come richiesto dal Comitato Etico Locale; e iii) OB insorta nei 6 mesi precedenti e non trattata (eccetto che con le terapie locali). In merito alle caratteristiche specifiche della OB, i criteri di inclusione venivano soddisfatti quando erano presenti almeno due delle seguenti caratteristiche: i) CAS ≥ 3/7; ii) proptosi ≥ 21 mm, in almeno un occhio, misurata con esoftalmometro Inami; iii) ampiezza della rima palpebrale ≥ 9 mm, in almeno un occhio; e iv) diplopia costante (nello sguardo primario) o incostante (sempre presente nello sguardo periferico).

I criteri di esclusione comprendevano: i) ipertiroidismo insorto da più di 6 mesi, o trattato con terapia radiometabolica

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con I¹³¹ e/o con tiroidectomia; ii) OB insorta da più di 6 mesi, o trattata con GC, RT o OTD; e iii) controindicazioni maggiori alla terapia con GC. I pazienti con neuropatia ottica venivano esclusi dallo studio per la possibile necessità di ulteriori trattamenti per la OB (OTD o RT). La neuropatia ottica veniva definita come la presenza di alterazioni del visus (riduzione dell’acuità visiva, anomalie del campo visivo, alterata percezione dei colori), associata ad evidenza di compressione dei nervi ottici alla TAC delle orbite (apical crowding). I pazienti arruolati che presentavano un aggravamento della OB durante il follow-up tale da richiedere altre terapie (OTD o RT) venivano comunque inclusi nell’analisi dei dati secondo un criterio dell’intention-to-treat.

Valutazione della OB

I pazienti venivano sottoposti ad una valutazione oculare completa al momento dell’arruolamento, a 3 e a 9 mesi dopo il termine della terapia con GC. La valutazione oculare

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comprendeva: i) misurazione della proptosi mediante esoftalmometro Imani; ii) misurazione dell’ampiezza della rima palpebrale; iii) valutazione del CAS; iv) valutazione della motilità oculare e della diplopia; v) misurazione dell’acuità visiva; vi) campimetria computerizzata; e vii) test dei colori. I pazienti venivano esaminati sempre dallo stesso oculista che non era a conoscenza del tipo di trattamento tiroideo al quale ciascun paziente era stato sottoposto.

Dosaggi sierici e valutazione clinica tiroidea

I seguenti dosaggi sierici venivano effettuati in tutti i pazienti al momento dell’arruolamento, a 3 e a 9 mesi dopo la terapia con GC: FT4 (Lysophase, Sesto S. Giovanni, Italia);

FT3 (Lysophase, Sesto S. Giovanni, Italia); TSH (Delfia,

Wallac, Gaithersburg, MD); Tg (Diagnostic Prodicts Corporation, Euro/DPC, Gwynedd, UK); anticorpi anti-tireoglobulina (AbTg) (Sorin Biomedica, Saluggia, Italy); anticorpi anti-tireoperossidasi (AbTPO) (Sorin Biomedica,

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Saluggia, Italy); anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb) (Brahams, Berlin, Germany). Inoltre, nei pazienti dei gruppi TX e TTA che venivano sottoposti a dosaggio della Tg sierica e a test di captazione tiroidea del I¹³¹ dopo sospensione della terapia con L-tiroxina (L-T4) (vedi dopo), tali dosaggi venivano

effettuati anche prima della somministrazione della dose tracciante di I¹³¹. Al momento dell’arruolamento tutti i pazienti venivano sottoposti ad ecografia tiroidea con misurazione del volume tiroideo mediante la formula dell’ellissoide.

Terapia tiroidea

i) Gruppo TX. Una volta raggiunta la condizione di eutiroidismo da almeno 10 settimane, i pazienti venivano sottoposti a tiroidectomia quasi totale seguita dalla somministrazione della terapia sostitutiva con L-T4, alla dose

di 1.5 µg/kg. La terapia con GC veniva iniziata circa 2 settimane dopo la tiroidectomia.

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ii) Gruppo TTA. Una volta raggiunta la condizione di eutiroidismo da almeno 10 settimane, i pazienti venivano sottoposti a tiroidectomia quasi totale, seguita dopo 45 giorni dalla terapia radiometabolica con 30mCi di I¹³¹. Dopo l’intervento chirurgico veniva intrapresa la terapia con triiodotironina (T3) alla dose di 40 µg/die, che veniva sospesa 2

settimane prima della terapia radiometabolica. Immediatamente dopo la terapia radiometabolica i pazienti intraprendevano la terapia sostitutiva con L-T4 (1.5 µg/kg) associata a T3 (40

µg/die). Quest’ultima veniva sospesa dopo 2 settimane, quando i pazienti iniziavano la terapia con GC.

Valutazione dell’avvenuta ablazione

Per valutare l’efficacia dell’ablazione, al termine dello studio di Menconi e coll. (24) un campione casuale di pazienti aveva sospeso la terapia con LT4 ed era stato sottoposto a

dosaggio della Tg sierica e al RAIU test (test di captazione tiroidea del I¹³¹). Al momento dell’ablazione veniva osservato

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che i valori mediani del TSH erano 67.9 mU/l [Interquartile Range (IQR) 53.4-75) nel gruppo TX e 66.3 mU/l (IQR 47.1-75) nel gruppo TTA (P = 0.79 mediante Mann-Whitney). Come mostrato in Fig. 1a, soltanto 2 di 8 (25%) pazienti nel gruppo TX avevano valori di Tg < 0.5 µg/l, mentre questo veniva osservato in 13 di 14 (93%) pazienti nel gruppo TTA (P = 0.0049 mediante Fisher exact test), indicando che nella quasi totalità dei pazienti del gruppo TTA l’ablazione tiroidea era stata ottenuta secondo questo criterio. Inoltre, soltanto 4 di 18 (22.2%) pazienti nel gruppo TX avevano una captazione tiroidea del ¹³¹I (RAIU) alla 3ª ora < 1.0% rispetto ai 14 di 18 (77.7%) pazienti nel gruppo TTA (P = 0.002 mediante Fisher exact test) (Fig. 1b), ad ulteriore dimostrazione che la maggior parte dei pazienti del gruppo TTA aveva ottenuto l’ablazione completa..

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Terapia della OB

Tutti i pazienti venivano sottoposti a terapia con metilprednisolone acetato ev, per un numero totale di 12 infusioni (due infusioni a giorni alterni, ogni 2 settimane). La dose era di 15 mg/kg nelle prime quattro infusioni (dose massima consentita: 1g), e 7.5 mg/kg nelle successive otto infusioni.

Consenso informato

Lo studio era stato approvato dal Comitato Etico Locale. Tutti i pazienti avevano firmato il consenso informato.

Risposta dell’oftalmopatia a 9 mesi dalla terapia con GC

Nella valutazione finale della OB nello studio Monconi et all, a 3 e a 9 mesi emergeva che il gruppo TTA mostrava una migliore risposta alla terapia con GC rispetto al gruppo TX, sia in termini di miglioramento dei singoli parametri oculari, che di risposta complessiva della OB alla terapia (11).

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Rivalutazione

Nel 2010 e’ stato proposto a tutti i pazienti dello studio originale di sottoporsi ad una rivalutazione. Cinquantadue pazienti (25 TX, 27 TTA) hanno accettato. Tra di essi 22 pazienti del gruppo TX e 25 del gruppo TTA avevano effettuato regolari controlli presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa nel periodo tra 9 mesi e 2010. [numero di visite: TX, media 4.7±2.3, intervallo 1–8, mediana 5, intervallo interquartile (IQR) 2.7–7; TTA, media 4.6±1.5, intervallo 1–7, mediana 5, IQR 4–5.2; intervallo di tempo tra le visite: TX, media 1.8 ±0.8 anni, intervallo 0.9 – 3.4; mediana 1.6 anni, IQR 1.2–2.3; TTA, media 1.9±0.9 anni, intervallo 0.9–4.3, mediana 1.5 anni, IQR 1.2–2.7]. Non trattandosi di uno studio “ongoing”, le visite del follow-up non hanno seguito una tempistica standardizzata, ma sono state programmate individualmente, a seconda della decisione del medico endocrinologo e della disponibilità del paziente.

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Tutti i pazienti venivano sottoposti ad una valutazione completa che comprendeva: i) valutazione oculistica: 1)

esoftalmometria secondo Inami; 2) ampiezza della rima palpebrale 3) clinical activity score (CAS); 4) diplopia; and 5) acuità visiva. I pazienti che non hanno accettato di andare incontro ad una rivalutazione, non avevano un regolare follow-up presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa, ed erano stati seguiti presso altri centri, pertanto non disponevamo della documentazione clinica necessaria a valutare lo stato dell’oftalmopatia; ii) valutazione endocrinologica comprendeva i dosaggi sierici di F-T4 (Lysophase; Sesto S. Giovanni, Italia), F-T3 (Lysophase),e TSH (Delfia Wallac, Gaithersburg, MD) che venivano effettuati approssimativamente ogni 6 mesi. L’ipotiroidismo veniva evitato mediante correzione della posologia della L-tiroxina. Gli anticorpi contro il recettore del TSH (TRAb; Brahms, Berlino, Germania) che erano stati misurati al tempo

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zero e a 9 mesi nello studio originale, erano inoltre stati dosati alle visite intermedie e nel 2010.

Obiettivo primario

Gli obiettivi primari di questo studio erano: 1) la risposta complessiva dell’ OB, valutata secondo i criteri precedentemente riportati (11); 2) il tempo necessario per raggiungere la migliore risposta dell’OB/ o il miglioramento dell’OB e 3) la necessità di trattamenti aggiuntivi.

Il tempo necessario a raggiungere la migliore risposta dell’OB era definito come il tempo piu’ precoce nel follow-up di un paziente nel quale veniva osservato lo stesso outcome ritrovato nel 2010. Il tempo necessario a raggiungere il miglioramento dell’OB era il tempo piu’ precoce durante il follow-up di quel paziente in cui osservavamo un miglioramento dell’OB.

Per valutare l’andamento complessivo della OB venivano utilizzati i criteri proposti da EUropean Group On Graves’

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Orbitopathy (EUGOGO). La OB veniva considerata migliorata qualora fossero soddisfatti almeno due dei seguenti criteri: i) riduzione della proptosi di almeno 2 mm in almeno un occhio senza incremento ≥ 2 mm nell’occhio controlaterale; ii) riduzione del CAS di almeno 2/7 punti; iii) riduzione dell’ampiezza della rima palpebrale ≥ 2 mm in almeno un occhio senza incremento ≥ 2 mm nell’occhio controlaterale; e iv) scomparsa o miglioramento della diplopia [cambiamento del grado da costante ad incostante, da incostante ad intermittente (nello sguardo periferico) o da intermittente ad assente].

La OB veniva considerata peggiorata qualora almeno due dei suddetti criteri venissero soddisfatti al contrario: i) aumento della proptosi ≥ 2 mm in almeno un occhio; ii) aumento del CAS di almeno 2/7 punti; iii) aumento dell’ampiezza della rima palpebrale ≥ 2 mm in almeno un occhio; e iv) nuova comparsa o progressione della diplopia (cambiamento del

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grado da intermittente ad incostante e da incostante a costante). In tutti gli altri casi la OB veniva considerata stazionaria.

Obiettivi secondari

Gli obiettivi secondari erano: 1) l’andamento e la scomparsa dei TRAb; e 2) la qualità della vita valutata mediante la somministrazione del questionario dell’EUGOGO qualità of life.

Presentazione dei dati e analisi statistica

I dati venivano presentati come media ± SD o prevalenza percentuale, se non altrimenti specificato. L’analisi statistica veniva effettuata mediante t-test per dati appaiati o non appaiati, Mann-Withney, Fisher exact test, regressione lineare o Chi quadrato (χ² test), utilizzando il programma Stat-View (SAS Intitute Inc, Cary, NC).

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data: Mann Whitney U test; prevalences: 2 or Fisher exact test when appropriate; and multiple testing: repeated measures ANOVA.

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RISULTATI

Caratteristiche dei due gruppi di studio al momento dell’arruolamento e alla valutazione finale

Le caratteristiche cliniche, biochimiche e oftalmologiche dei due gruppi di studio al momento dell’arruolamento sono illustrate nella Tabella 1. Nessuno dei parametri differiva statisticamente fra i due gruppi. Alla rivalutazione non vi erano differenze statisticamente significative fra i due gruppi in termine di sesso (TX: 5 uomini, 20 donne; TTA: 9 uomini, 18 donne) ed età (TX: 45.7 ± 8.8 anni; TTA: 46.4±11.2 anni). La durata media del follow-up era 88.0± 7.7 mesi, senza differenze (P=0.3391) tra il gruppo TX (90.5 ± 21.0, intervallo 49–129) e TTA (85.8 ± 13.9, intervallo 55–115).

Outcome complessivo dell’OB e tempo necessario per il raggiungimneto del migliore aoutcome

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Come riportato nello studio originale (11), a 9 mesi dalla terapia con GC, la risposta dell’OB era migliore nel gruppo TTA rispetto al gruppo TX (P = 0.0019), al contrario non vi era differenza al termine del follow-up (P =0.3081) (Fig. 1A). Infatti nel 2010 non vi erano differenze significative in termini di miglioramento/peggioramento dell’OB, anche quando i singoli parametri veniva considerati individualmente.

Il tempo necessario a raggiungere il miglior outcome possibile dell’OB era piu’ lungo nel gruppo TX (media 24 mesi; IQR 3– 84) che nel gruppo TTA (media 3 mesi; IQR 3–9, P = 0.0436) (Fig. 1, B and C). Allo stesso modo, il tempo necessario ad osservare un miglioramento dell’OB nei pazienti in cui la malattia era migliorata, era piu’ lungo nel gruppo TX (media 60 mesi; IQR 3–84) che TTA (media 3 mesi; IQR 3–9, P = 0.0344) (Fig. 1, D and E). La differenza al termine del follow-up (96 mesi mesi) non risultava significativa (Fig. 1E) (P = 0.398).

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A seconda del grado e delle caratteristiche dell’OB, al termine dello studio originale, venivano proposti ai pazienti trattamenti aggiuntivi per il miglioramento dell’OB e questi comprendevano un ulteriore ciclo di terapia medica con GC per os o ev, RT orbitaria, orbitotomia decompressiva, chirurgia muscolare e/o chirurgia palpebrale.

A 9 mesi 12 pazienti del gruppo TTA and 22 pazienti del gruppo TX erano classificati, secondo i criteri sopra riportati, come stabili o peggiorati. Tra questi 7 TTA e 13 TX avevano caratteristiche dell’OB tali da suggerire trattamenti aggiuntivi che furono accettati rispettivamente da 5 e 7 pazienti.

Due pazienti del gruppo TTA che erano classificati a 9 mesi come migliorati, furono sottoposti comunque ad ulteriori trattamenti per motivi estetici. Complessivamente, non vi erano differenze statisticamente significative in termini di numero di pazienti per ogni gruppo sottoposti ad ulteriori trattamenti.

I trattamenti effettuati sono stati i seguenti: TX: due radioterapia orbitaria + glucocorticoidi, uno radioterapia

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orbitaria, uno orbitotomia decompressiva + chirurgia muscolare, uno radioterapia orbitaria + glucocorticoidi + orbitotomia decompressiva, tre orbitotomia decompressiva; TTA, uno radioterapia orbitaria + glucocorticoidi + orbitotomia decompressiva + chirurgia muscolare e chirurgia palpebrale, due orbitotomia decompressiva + chirurgia palpebrale, tre orbitotomia decompressiva e uno chirurgia muscolare. Pur migliorando lo stato della malattia e il benessere del paziente, questi trattamenti aggiuntivi non sempre sono stati sufficienti a migliorare l’outcome dell’OB secondo i criteri dello studio (11). Infatti un miglioramento secondo i suddetti criteri è stato osservato in 8 di 14 pazienti sottoposti ad ulteriori terapie (57%). Considerando il numero totale di pazienti, I trattamenti addizionali hanno determinato un miglioramento dell’OB rispetto a 9 mesi di follow-up, nel 28% (sette di 25) del gruppo TX ma solo nel 3.7% del gruppo TTA (uno di 27) (P=0.0412).

Per verificare se i trattamenti aggiuntivi avessero influenzato i nostri risultati, abbiamo considerato solo i pazienti che non li

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avevano ricevuti. Anche in questo sottogruppo di pazienti non vi erano differenze in termini di outcome dell’OB tra i due gruppi (P = 0.1802) (Fig. 2A), tuttavia il tempo necessario ad osservare un miglioramento dell’OB era ancora piu’ breve nel gruppo TTA (P = 0.0299) (Fig. 2B).

Andamento dei TRAb

Al termine del follow-up i TRAb erano indosabili in 18 pazienti del gruppo TX (72%) ed in 21 pazienti del gruppo TTA (77.7%), senza differenze statisticamente significative fra i due gruppi (P=0.8727). Allo stesso modo, il tempo necessario per la scomparsa dei TRAb era simile fra i due gruppi (TX: media 16.5 mesi, IQR 9–96; TTA: media 9 mesi; IQR 9–12.7; P = 0.0769). Il titolo dei TRAb si è ridotto gradualmente durante il follow-up in entrambi i gruppi (P = 0.0001), senza differenze (not shown).

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La valutazione della qualità della vita è stata eseguita mediante somministrazione del questionario dell’EUGOGO (14). Il punteggio sia in termini di apparenza dell’OB che di funzionalità è stato buono in entrambi i gruppi (80% di risposte positive) senza differenze tra essi (not shown).

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DISCUSSIONE

Il trattamento dell’ipertiroidismo in pazienti affetti da aftalmopatia basedowiana è tuttora controverso in letteratura. Alcune scuole suggeriscono l’utilizzo di una terapia conservativa con antitiroidei di sintesi, altre propongono una terapia ablativa della tiroide, in virtu’ del legame patogenetico tra le due malattie. Dopo la tiroidectomia o il radioiodio da solo, l’ablazione tiroidea è solo raramente completa. Pertanto è stata proposta l’ablazione tiroidea completa ottenuta tramite tiroidectomia subtotale seguita da terapia radiometabolica con 131-I. In passato alcuni studi retrospettivi avevano suggerito che l’ablazione tiroidea completa poteva avere un impatto favorevole sul decorso dell’OB (9, 10 lavoro mio). Questo dato è stato confermato da uno studio prospettico randomizzato eseguito presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa: l’ablazione con 131-I dopo tiroidectomia portava ad un migliore outcome dell’OB trattata

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con glucocorticoidi, rispetto alla sola tiroidectomia (11 lavoro mio). Va sottolineato che nel gruppo TTA l’ablazione era effettivamente avvenuta, come dimostrato dalla presenza di Tg indosabile nel siero e dalla assente captazione tiroidea del ¹³¹I (RAIU dopo sospensione della L-T4 ) nella maggior parte dei

casi, a differenza di quanto osservato nel gruppo TX. Basandosi su queste osservazioni, date le identiche condizioni di partenza e il trattamento per la OB, i differenti outcome nei gruppi TX e TTA non erano da ritenersi casuali ma attribuibili alle diverse metodiche di trattamento utilizzate. Pertanto, i risultati ottenuti erano perfettamente in accordo con quelli dei precedenti studi retrospettivi (19, 21, 22), e dimostravano che l’ablazione tiroidea si associava ad un più marcato miglioramento della OB dopo terapia con GC.

In questo studio abbiamo rivalutato dopo un piu’ lungo follow-up gli stessi pazienti, per verificare se gli effetti benefici dell’ablazione completa sull’oftalmopatia persistessero anche a lungo termine. La maggior parte dei pazienti sono stati

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rivalutati a distanza di circa 7 anni dal termine della terapia con glucocorticoidi, quando è stato visto che, nonostante la diversa terapia tiroidea, i due gruppi erano simili in termini di oftalmoaptia. Nonostante questo risultato questo studio dimostra che l’ablazione tiroidea completa puo’ avere ancora alcuni vantaggi: il periodo necessario a raggiungere il migliore outcome dell’OB osservato nella storia di un paziente o il miglioramento dell’OB era piu’ breve nel gruppo TTA. Infatti, mentre i pazienti del gruppo TX necessitavano approssimativamente di 2 anni per raggiungere il migliore outcome e di 5 anni per raggiungere il miglioramento dell’OB, i pazienti del gruppo TTA richiedevano solo 3 mesi per entrambi.

I TRAb riflettono la gravità e l’attività dell’OB (15 lavoro mio). Per questo ci saremmo aspettati che nel gruppo TTA la scomparsa dei TRAb fosse piu’ rapida, tuttavia non vi erano differenze tra i due gruppi. Inoltre al termine del follow-up, circa 25% dei pazienti in entrambi i gruppi, aveva TRAb

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ancora dosabili, sebbene il titolo fosse calato. Questo potrebbe suggerire che in realtà, i vantaggi della TTA sull’OB, non riflettano un processo di piu’ rapida e completa attenuazione della risposta immune, ma altri fenomeni ad oggi sconosciuti. Tuttavia a nostro giudizio, questo studio suggerisce che l’ablazione tiroidea completa ha avere ancora dei vantaggi sul decorso dell’OB e che questi potrebbero avere implicazioni cliniche.

I risultati a lungo termine riflettono anche i trattamenti addizionali che i pazienti hanno ricevuto e che sono stati eseguiti in ugual misura in entrambi i gruppi ma che hanno influenzato piu favorevolmente il gruppo TX. Comunque i trattamenti aggiuntivi non hanno influenzato le nostre conclusioni, poiché l’outcome dell’OB ed il tempo necessario al miglioramento dell’OB non mostra differenze quando andiamo a considerare nell’analisi dei risultati solo il sottogruppo di pazienti che non hanno ricevuto ulteriori trattamenti.

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Concordemente con l’outcome dell’OB, la qualità della vita valutatta mediante somministarzione di questionario, alla fine del follow-up, era buona in entrambi i gruppi senza differenze statisticamente significative. Sarebbe stato molto interessante avere a disposizione dati sulla qualità della vita durante il periodo intermedio di follow-up, per confermare se la percezione della malattia da parte del paziente avesse avuto lo stesso andamento dell’OB clinicamente valutata, ma purtroppo non sono stati somministrati sistematicamente i questionari.

Questo studio presenta alcuni limiti. Primo, non è possibile rispondere alla domanda se una strategia ablative sia preferibile ad una terapia conservative. Secondo nello studio originale veniva somministrata terapia con GC, che certamente influenzano di per sé il decorso dell’OB, e non è possibile stabilire se l’ablazione tiroidea completa possa avere un effetto sull’OB in pazienti che non ricevano GC.

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Da sottolineare inoltre che questa valutazione non era parte di un disegno dello studio originale e certamente la frequenza delle visite è stata dettata dalla gravità dell’OB.

In conclusione, l’ablazione tiroidea completa potrebbe essere una possible strategia per la cura dell’OB. I vantaggi sono rappresentati da un miglioramento dell’OB nel breve termine e dal un minor tempo necessario per il miglioramento dell’OB che, visto l’impatto che questa malattia ha sulla qualità della vita, è un dato molto rilevante.

Comunque se sia sufficiente offrire l’ablazione tiroidea completa per la cura dell’OB, indipendentemente dalla terapia con GC, rimane un punto di discussione. Attualmente noi proponiamo l’ablazione tiroidea completa per la cura dell’OB ai pazienti che trovano indicazione alla tiroidectomia per le dimensioni del gozzo, visto anche i rapporti costo/beneficio, in considerazione degli effetti favorevoli nel breve termine e del piu’ rapido miglioramento della malattia oculare.

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