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Online e offline nelle strategie di e-commerce nel lusso: il caso Salvatore Ferragamo

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Academic year: 2021

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“Ai miei genitori, alla mia sorella, al mio Amore e alla mia famiglia tutta, grazie ai quali sono la persona che sono e ai quali posso dire solo un sincero grazie”

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INDICE

Introduzione………7

Capitolo 1 1.1 Evoluzione storica: il fenomeno e-commerce………...………10

1.2 Tipologie di e-commerce……….12

1.3 Esperienza di “unified commerce”………..15

1.4 Fenomeno in espansione………...20

1.5 Fenomeno in espansione in Italia ………...24

1.6 La moda nell’e-commerce………...29

1.7 Il lusso nell’e-commerce……….31

Capitolo 2 2.1 La storia del lusso e la sua dimensione industriale……….37

2.2 Un nuovo concetto di lusso……….40

2.3 Un nuovo consumatore………44

2.4 Il mercato del lusso………..51

Capitolo 3 3.1 Salvatore Ferragamo………58

3.2 Struttura, strategia e fattori critici di successo del Gruppo Salvatore Ferragamo...64

3.3 Attività e dati aziendali del Gruppo……….71

3.4 Sistema distributivo……….77

Capitolo 4 4.1 E-commerce di Salvatore Ferragamo………..80

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4.3 Integrazione negozio online e offline di Salvatore Ferragamo………...93

Conclusioni………..102

Bibliografia………..105

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Introduzione

Il presente lavoro ha come oggetto l’analisi della possibile integrazione tra il fenomeno e-commerce, un nuovo modo di vendere e acquistare che ha rivoluzionato il business, e il negozio offline, cioè quello fisico.

Con lo studio del canale online e del canale offline (cioè il negozio fisico) nel mercato del lusso, abbiamo visto come è cambiato il commercio negli anni e ci siamo

domandati se fosse mai possibile che tra il canale online e il canale offline nel mercato del lusso ci potesse essere un punto di integrazione oppure qualche ragione di

potenziale conflitto.

Con l’e-commerce i negozi sono andati online; a partire dagli anni 2000, ci sono stati grandi cambiamenti da parte del consumatore finale, che ha trainato di conseguenza scelte, da parte delle aziende, diverse nella modalità di distribuzione di prodotti e servizi.

Nella prima parte della tesi è stato analizzato il fenomeno del commercio elettronico, in particolar modo: le varie tipologie di e-commerce che si sono sviluppate, la crescita che ha avuto nel mondo e in Italia e quali categorie di prodotti sono state acquistate fino al 2017.

Il fatturato nel mercato "e-commerce" ammonta a 1.449 miliardi di dollari nel 2017 e prevede un tasso di crescita annuale del 10,5%, con un volume di mercato di 2.391 miliardi di dollari nel 2022.

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Nel mercato del lusso c’è stata una vera e proprio rivoluzione digitale negli anni, nel 2016 sono stati raggiunti i 20 miliardi di euro e inoltre è prevista una crescita nel 2020 fino a 37 miliardi di euro con una crescita pari al 12%.

Possiamo sicuramente affermare che il mercato del lusso oggi ha sviluppato un nuovo concetto di lusso e tante varie tipologie nuove di consumatori, che sono cambiate negli anni.

In questa tesi, inoltre, è stato analizzato il caso di Salvatore Ferragamo, le cui origini possono essere fatte risalire al 1927. Oggi Ferragamo è sicuramente uno dei principali player del settore lusso, attivo principalmente nella creazione, produzione e vendita di calzature, pelletteria, abbigliamento, prodotti in seta e altri accessori, nonché profumi, per uomo e donna tutti rigorosamente Made in Italy. Per capire come il Gruppo è riuscito ad arrivare ad essere una potenza nel mercato del lusso è stato opportuno analizzare la struttura, la strategia, i fattori critici di successo, le varie attività per cui il Gruppo si contraddistingue, i dati aziendali e il sistema di distribuzione dei vari negozi DOS1 e TPOS2. La vera forza della società e del gruppo che dirige sta nei valori

cardine in cui crede: qualità, artigianalità, creatività; il tutto rigorosamente “Made in Italy”.

Infine, il nucleo della tesi la troviamo nell’ultimo capitolo, dove è stato studiato il sito e-commerce del Gruppo Salvatore Ferragamo (www.ferragamo.com), strutturato in sette lingue: italiano, francese, spagnolo, inglese, cinese, coreano e giapponese, direttamente gestito dal Gruppo per numerosi Paesi europei area Euro e Regno Unito, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Messico e Repubblica Popolare Cinese.

1 una rete di negozi monomarca direttamente gestiti

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Grazie alle ricerche condotte da Contactlab, abbiamo visto come il commercio elettronico di Salvatore Ferragamo è cresciuto negli anni e qual è il suo

posizionamento a confronto con i migliori marchi del mercato del lusso.

Ci siamo soffermati sui futuri piani che il Gruppo Salvatore Ferragamo svilupperà e grazie ai dati aziendali, alle interviste rilasciate da Eraldo Poletto3 è stato possibile capire che tipo di interazione sono riusciti a creare nel mercato del lusso tra il canale online e offline. Integrazione ormai divenuta indispensabile per la sopravvivenza del Gruppo Salvatore Ferragamo e dei marchi del lusso.

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Capitolo 1

1.1 Evoluzione storica: il fenomeno e-commerce

L’e-commerce è un fenomeno che negli ultimi anni ha caratterizzato la vita di tutti noi, arrivando ad una vera e propria rivoluzione digitale. Possiamo definire il mercato dell’e-commerce come la vendita di beni fisici o immateriali tramite canali digitali ad utenti finali privati; incorporati in questa definizione ci sono gli acquisti tramite computer desktop (compresi notebook e computer portatili), nonché gli acquisti tramite dispositivi mobili come smartphone e tablet4. La parola “e-commerce” deriva

dall’inglese che significa “commercio elettronico”. La prima definizione che occorre specificare è quella di commercio elettronico online distinto da quello offline.

Il commercio elettronico online, chiamato anche negozio online, si riferisce a una tipologia di commercio elettronico nella quale il mezzo di realizzazione dell'acquisto è il sito web, e in cui la transazione economica si svolge, appunto, interamente via

internet. Invece il commercio elettronico offline o negozio offline è ciò che intendiamo per il negozio fisico in senso stretto. A sua volta il commercio online può essere diretto e indiretto. Nel primo caso s’intende una transazione avvenuta online dove l’oggetto dell’acquisto è un bene immateriale ovvero un bene che non necessita di un supporto fisico per essere trasferito, ad esempio nei casi in cui si può usufruire del bene tramite il download, come un software o un e-book. Il commercio online indiretto fa

riferimento alle operazioni di vendita di beni materiali; la transazione commerciale

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avviene per via telematica e il cliente riceve fisicamente la merce a domicilio secondo i canali tradizionali, ossia tramite vettore o spedizioniere.

Lo sviluppo dell’e-commerce inizia negli anni ’70 con il sistema EDI (Electronic Data Interchange) utilizzato dalle grandi imprese attraverso reti di telecomunicazione

private, che permetteva alle aziende di scambiare e produrre documenti in maniera automatizzata; l’integrazione di questo sistema EDI con internet ha permesso lo sviluppo dell’e-commerce come lo conosciamo noi.

Il passo successivo si ebbe nel 1994 quando Netscape lanciò il primo browser dotato di protocollo crittografico Secure Socket Layer (SSL) in grado di permettere transazioni sicure online. Questo permise l’entrata in questo mercato, nel 1995, dei due colossi Amazon ed E-bay. Nel 1999, la diffusione della linea ADSL ad alta velocità ha dato il definitivo slancio allo shopping online. Tra il 1997 e il 2000 crebbe il numero di utenti in rete, ma anche quello delle aziende, che furono sempre più interessate all’ambiente del commercio elettronico; tuttavia nel 2000, con la bolla speculativa, si innescarono alcune reazioni a catena che cancellarono molte aziende ritenute emergenti.

Nonostante questo, l’e-commerce non scomparì, anzi si rinforzò e da questo momento in poi la crescita di questo fenomeno è stata continua e crescente.

In Italia, invece, la storia del commercio online risale a un comunicato stampa del 19 febbraio 1996, in cui Olivetti Telemedia annunciava l’apertura del Cybermercato. Venne aperto, così, il primo negozio virtuale italiano e uno dei primi in tutta Europa. I casi più eclatanti, e che oggi sono diventati delle vere e proprie potenze economiche mondiali sono: Amazon, E-bay e Alibaba.

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1.2 Tipologie di e-commerce

Esistono diversi tipi di commercio elettronico a seconda della modalità di transazione; infatti la classificazione delle varie tipologie di e-commerce può essere rappresentata nella seguente figura.

Fig. 1: tipologie di e-commerce

In particolare, le principali caratteristiche delle tipologie evidenziate sono:

• B2B (Business to Business): in italiano commercio interaziendale, è una

transazione commerciale svolta tra imprese al fine di scambiarsi in tempo reale informazioni aggiornate su prodotti e listini, ordinare beni e servizi e pagare elettronicamente, quindi non interessa il consumatore finale di beni e servizi.

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Più specificamente, il B2B indica le relazioni che un'impresa detiene con i propri fornitori per attività di approvvigionamento, di pianificazione e monitoraggio della produzione, o di sussidio nelle attività di sviluppo del

prodotto, oppure le relazioni che l'impresa detiene con clienti professionali, cioè altre imprese, collocate in punti diversi della filiera produttiva. Il più grande volume d’affari è prodotto dal business-to-business.

• B2C (Business to Consumer): una transazione commerciale svolta tra l’azienda e il cliente finale, che è in grado di poter scegliere e confrontare, attraverso siti multimediali e interattivi, cataloghi e listini corredati da informazioni sempre più dettagliate e aggiornate. Possiamo affermare che è il modello più noto di commercio elettronico, che riguarda l’acquisto di beni e servizi da parte del consumatore finale. Inoltre, di questa categoria di tipologia fanno parte come intermediari online i brokers che offrono un tipo di facilitazioni per gli scambi e gli infomediari, che sono siti specializzati che offrono servizi ai potenziali clienti.

• C2C (Consumer to Consumer): si indicano le transazioni che avvengono tra singoli soggetti per via telematica attraverso appositi siti internet (che fungono da intermediari). Le modalità di transazione sono gestite dal venditore e

dall’acquirente. Il classico esempio di questa categoria di commercio sono le aste online.

E-Bay è il sito che ha creato questo tipo di mercato, dove compratori e venditori si incontrano per prendere parte a un’asta che può riguardare qualsiasi tipo di prodotto.

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E-Bay è una delle poche società leader in Internet che oltre a essersi affermata come brand, ottiene anche un profitto economico. Fondata nel 1995, ha

raggiunto uno dei migliori risultati nel settore delle aste online. La sede californiana ha catturato circa l’85% del mercato americano e ha sette siti in lingue differenti. Assieme ad Amazon è considerato uno dei barometri di borsa dell’e-commerce.

• C2B (Consumer to Business): questo tipo di commercio elettronico è nato solo recentemente e non è ancora sviluppato come le tre forme viste

precedentemente.

In questa ultima particolare forma di transazione, ancora in via di sviluppo, i consumatori stabiliscono il prezzo che sono disposti a pagare per un prodotto o servizio e allo stesso tempo le imprese possono decidere se accettare o meno l’offerta. In questa tipologia il ruolo dell’intermediario è fondamentale.

Alle ormai classiche tipologie descritte, infine, si possono aggiungere altre due categorie:

• B2G (Business to Government): detto anche B2A, cioè Business to

Administration: riguarda tutte le transazioni effettuabili tra imprese e Pubblica Amministrazione. Un tipo di commercio elettronico si realizza, nel campo degli approvvigionamenti pubblici, con l'E-procurement, ovvero con gli acquisti pubblici effettuati tramite piattaforme telematiche. Possiamo affermare che questa categoria, in Italia è ancora poco sviluppata e in fase di lancio per problemi riguardanti i ritardi da parte della Pubblica Amministrazione.

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• G2B (Government to Business) riguarda le transazioni tra cittadino e Pubblica Amministrazione, quest’ultima diventa come uno sportello telematico dove è possibile richiedere documenti, pagare le tasse, compilare modulistica.

• P2P (Peer-to-peer) o rete paritaria o paritetica, in informatica, è un'espressione che indica un modello di architettura logica di rete informatica in cui i nodi non sono gerarchizzati unicamente sotto forma di client o server fissi (clienti e serventi), ma sotto forma di nodi equivalenti o paritari (in inglese peer) che possono cioè fungere sia da cliente che da servente verso gli altri nodi terminali (host) della rete.

1.3 Esperienza di “unified commerce”

Con l’e-commerce i negozi sono andati online. A partire dagli anni 2000, ci sono stati grandi cambiamenti da parte del consumatore finale, che ha causato di conseguenza scelte, da parte delle aziende, diverse nella modalità di distribuzione di prodotti e servizi. Tutto questo è dovuto al cambiamento da parte del consumatore; infatti i consumatori sono sempre più indipendenti, esigenti, meno fidelizzati e sempre più orientati all’esperienza online. Il mercato dell’online ha ampliato i propri orizzonti, inglobando settori molto diversi tra loro: abbigliamento, design, food, editoria e tanti altri; e questo ha permesso di rivoluzionare l’idea stessa di commercio tradizionale, abbattendo barriere e ponendo al centro dell’attenzione il cliente. Il cliente oggi si aspetta un servizio sempre di più in tempi rapidi, può scegliere tra prodotti

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geolocalizzati e servizi sempre più vicini per soddisfare le sue aspettative e i suoi bisogni. La chiave del successo competitivo è creare un’esperienza di

“unified commerce”, dove il negozio online e offline e i diversi device si mescolano in un nuovo ecosistema esperienziale. I grandi gruppi internazionali hanno già una

struttura organizzativa e una cultura aziendale orientata a soddisfare i bisogni del nuovo consumatore digitale, che percepisce sempre meno la differenza tra acquistare online o in negozio. Tutto questo ha portato grossi cambiamenti nei comportamenti e nelle modalità di acquisto delle persone. Oggi, il cliente è al centro di tutto, possiamo dire che è il punto di partenza di tutte le aziende che vogliono intraprendere il mondo dell’e-commerce. In un mercato sempre più concorrenziale, una strada importante che serve per attirare l’attenzione e rispondere alle intenzioni del cliente, è quella di

offrire, oltre al prodotto, un servizio, un’esperienza coinvolgente. Così nasce lo “unified commerce” che può essere definito come l’abilità di fornire ai clienti una brand experience univoca e indipendente dal canale utilizzato per l’acquisto, che sia in grado di fornire ai clienti quello che vogliono, quando vogliono, come lo vogliono e consegnato ovunque decidano.

Circa l’89%5 delle aziende presto si aspetteranno di competere soprattutto

sull'esperienza del cliente. L'esperienza del cliente sta diventando un differenziante chiave di marca, oltre il prezzo e il prodotto. Tuttavia, poiché i dettaglianti aggiungono più canali di vendita, la loro esperienza dei clienti diventa più difficile da gestire per ogni contatto di cliente. Il cliente normalmente, quando si avvicina all’acquisto di un prodotto, desidera essenzialmente questo:

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- Soddisfare il bisogno di possedere quel prodotto e tutto ciò che rappresenta, - Non avere frustrazioni durante il processo di acquisto,

- Essere coccolato e “seguito” durante il processo di acquisto, - Fidarsi del sito.

In questo caso la parola fiducia ricorre spesso:

- Fiducia nella spedizione: è fondamentale che si rispettino le date di consegna pattuite.

- Fiducia nel prodotto o servizio che si ha acquistato: il prodotto deve possedere le qualità descritte, e se presenta difetti dovuti anche al viaggio di trasporto, il cliente deve poterlo sostituire. Il prodotto o servizio deve essere conforme a quanto riportato nella descrizione sul sito.

Il cliente deve essere inteso dalle aziende come un’innovazione esperienziale, come l'insieme di tecniche e strategie volte alla massimizzazione della soddisfazione della clientela e il tutto inteso come innovazione emozionale, che prevede nuovi tipi di dati e nuovi metodi di monitoraggio che ci consentono di conoscere l'impatto delle

campagne, e dei relativi asset, a livello emotivo da parte del cliente; tutto questo accompagnato dall’innovazioni di processo e dall’innovazione funzionale. Queste innovazioni sono la conseguenza di nuove opportunità di vantaggio competitivo aziendale dovute a:

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18 - Sostenibilità economica - Soddisfazione e accessibilità - Fattibilità tecnica 6 Fig. 2: Innovazione

Nel processo di acquisto tradizionale (negozio offline) una parte importante è legata all’esperienza tattile, la sensazione che hai toccando con mano i capi che vuoi acquistare. Per sopperire a questa mancanza nell’online è fondamentale avere, nella scheda prodotto, foto ad alta risoluzione in modo che zoomandole si possano vedere tutti i dettagli, come la tipologia di tessuto/materiale, la trama, le cuciture, le asole, gli orli, i colori e le altre caratteristiche. La descrizione del capo o accessorio deve essere dettagliata, il trucco sta nel descrivere accuratamente il prodotto come se lo stessi

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vendendo al telefono. È necessario pensare a un processo che porti il digitale nei negozi e riproduca nel fisico lo stile di acquisto che gli acquirenti via internet sono abituati a vivere offline. L’acquirente digitale potrebbe voler essere riconosciuto quando entra in un negozio, avere uno scaffale virtuale con i propri interessi,

individuati sulla base degli acquisti precedenti, sapere come i propri contatti social li recensiscono, godere di promozioni personalizzate, essere invitato a navigare nel negozio da strumenti di micro-localizzazione. Altre idee stanno prendendo sempre più campo nell’e-commerce online: potremmo avere molto di più, grazie a una tecnologia sempre più sofisticata, interattiva e mirata: i prodotti possono essere ingranditi, girati, osservati in 3D; si possono leggere informazioni dettagliate sul capo o sulla

composizione del tessuto (più difficile da decifrare su minuscole etichette); si possono visualizzare tutte le varianti di colore e di taglia; si possono avere suggerimenti stilistici su come indossare un capo, e si possono fare anche prove d’indosso con il camerino virtuale in 3-D7. L'idea è di Fitle, una start-up parigina nata

nel 2013, che ha sviluppato una soluzione di sizing per i siti e-commerce di moda. In buona sostanza la start-up ha creato lo strumento di guida alle taglie più avanzato sul mercato, che permette ai clienti di trovare la taglia più adatta a loro in pochi semplici clic e di poter provare gli indumenti in tempo reale, grazie alla tecnologia 3D.

Risultano di fondamentale importanza, gli strumenti di CRM (Customer Relationship Manager), che aiutano nella raccolta e nell’analisi di dati quantitativi e qualitativi, permettendo di profilare l’utente in modo da comprendere le scelte di consumo, le preferenze di acquisto e i comportamenti. I dati così raccolti permettono di mappare i

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comportamenti d’acquisto dei propri clienti e individuare meglio le loro esigenze, consentendo all’impresa di sfruttare queste informazioni per targettizzare l’offerta e l’assistenza post vendita.

A proposito dell’”unified commerce” è stato pensato di creare un’unica piattaforma, centralizzata e in real time, con l’obiettivo di far convergere tutti i canali: click & collect, store to home, gestione dei programmi di loyalty. Per seguire e interagire con i clienti su tutto il percorso d’acquisto i retailer devono ripensare ai modelli

organizzativi, ai processi commerciali e tecnologici. Questo tipo di piattaforma di unified commerce non è solamente il futuro per i punti vendita ma è la combinazione perfetta che integra il mobile, il web e tutti i servizi al cliente8.

In conclusione, i maggiori vantaggi legati al fenomeno dell’e-commerce sono:

visibilità dello stock, le diverse opzioni di riassortimento, la digitalizzazione del punto vendita e un altro fattore chiave di successo è il reso gratuito.

Sicuramente, la tecnologia guiderà sempre di più l’approccio allo shopping, le aziende vincenti dovranno integrarla anche nei negozi fisici, sfruttando i dispositivi mobile per migliorare la relazione con il cliente, anticiparne i bisogni ed ottimizzare la sua

esperienza in negozio.

1.4 Fenomeno in espansione

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Il B2C sembra non conoscere alcuna crisi, anzi negli ultimi anni ha avuto un trend sempre più crescente. Attualmente nel mondo ci sono più di 1 miliardo di siti internet, dove è possibile acquistare prodotti online. Il fatturato nel mercato "e-Commerce" ammonta a 1.449 miliardi di dollari nel 20179 e prevede un tasso di crescita annuale del 10,5%, con un volume di mercato di 2.391 miliardi di dollari nel 2022, come riportato nel grafico seguente.

Fig. 3: Fenomeno in espansione

9 I dati inseriti provengono da: https://www.statista.com/outlook/digital-markets. Incorporati in questi dati ci

sono gli acquisti tramite computer desktop (compresi notebook e computer portatili), smartphone e tablet; invece non sono inclusi nel mercato del commercio elettronico: i servizi digitalmente distribuiti (vedi invece: eServices), i download digitali oi flussi, le merci digitalmente distribuite nei mercati B2B, né l'acquisto o la rivendita di merci usate, difettose o riparate (re-Commerce e C2C). Tutte le cifre monetarie si riferiscono alle entrate lorde annue e non fanno parte dei costi di spedizione.

500.00 1,000.00 1,500.00 2,000.00 2,500.00 2017 2022

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I dati riportati nel grafico si riferiscono a: nord America che comprende Stati Uniti di America e Canada; Europa che comprende Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia,

Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituana, Lettonia, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito;

Asia che comprende Cina, Hong Kong, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Filippine, Singapore, Corea del sud, Thailandia, Vietnam; America Latina che comprende

Argentina, Brasile, Messico; Australia che comprende l’Australia stessa; Africa e Medio Oriente che comprendono Israele, Arabia Saudita, Sudafrica e Turchia. I due Paesi che dominano la classifica mondiale continuano ad essere Cina e Stati Uniti. La Cina occupa la prima posizione con un fatturato delle vendite nel mercato e-commerce di 499,150 miliardi di dollari nel 2017 e raggiungerà nel 2022 un fatturato di 956,488 miliardi di dollari, è quasi la metà del mercato globale ed è destinata a rimanere il più grande mercato e-commerce mondiale, inoltre il segmento di mercato più servito è quello della moda, guidato dalle filiali del gruppo Alibaba.

In Cina con 413, 3 milioni di e-shoppers, si acquistano maggiormente cose per la casa e il giardino, vestiti, oggetti personali e strumenti tecnologici; mentre per quanto riguarda il settore dei servizi si spende in biglietti per viaggi.

Gli Stati Uniti mantengono e rimangono al secondo posto con un fatturato di 351,908 miliardi di dollari nel 2017 e si prevede nel 2022 una crescita del 8.3% con un

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Nello specifico, nel Nord America il 77% della popolazione usa internet e 208 milioni di persone possono essere considerate dei veri e propri e-shopper. I prodotti più

venduti appartengono alla categoria dell’abbigliamento, dell’elettronica, dei giochi online e delle cose per la casa e il giardino.

Fig. 4: Percentuali vendite online

In Europa il valore dell’e-commerce è stimato a 310,461 miliardi di dollari nel 2017 con una crescita fino al 2022 di 457,247 miliardi di dollari. Oggi il 57% degli utenti di internet europei fa acquisti online, ma solo il 16% delle piccole e medie imprese vende online, e meno della metà di queste vende online oltre confine. Gli europei acquistano maggiormente abbigliamento, calzature, elettronica e libri. I tre Paesi europei con un fatturato e-commerce più elevato sono: Regno Unito, con un ricavo di 82,112 miliardi di dollari nel 2017 e si prevede una crescita pari a 6.7% nel 2022; Germania con un

5 7 9 10 12 13 15 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Anni

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ricavo di 63,520 miliardi di dollari e con una crescita fino al 2022 del 7.4%; Francia, con un ricavo di 37,901 miliardi di dollari e con una crescita pari a 9.2% fino al 2022. In Europa gli aspetti normativi svolgono un ruolo chiave nel mercato e-commerce europeo e in particolare nelle operazioni internazionali. A tal proposito è giusto ricordare le ultime vicende con Apple in Europa, dove nell'agosto del 2016 la

Commissione Europa aveva concluso che le agevolazioni fiscali concesse dall'Irlanda a Apple erano illegali, perché avevano sostanzialmente consentito al gruppo di pagare meno tasse rispetto ad altre imprese. Le regole Ue richiedevano il recupero di queste cifre da parte dell’Irlanda. Simili considerazioni per il caso di Amazon in Europa dove il Lussemburgo ha dato ad Amazon vantaggi fiscali non dovuti per 250 milioni di euro. Questo è stato ritenuto un comportamento illegale perché ha consentito

all'azienda di pagare molte meno tasse di altre. In pratica tre quarti dei suoi profitti non sono stati tassati grazie a un accordo fiscale (tax ruling) stretto nel 2003. Lo scrive la Commissione Ue al termine della sua indagine partita ad ottobre 2014, e chiede al Granducato di recuperare gli aiuti da Amazon. Ancora oggi, però il recupero di quelle cifre non c’è stato.10

1.5 Fenomeno in espansione in Italia

Anche in Italia come nel resto del mondo, il fenomeno dell’e-commerce non accenna a rallentare o diminuire, anzi nei prossimi anni dovrebbe aumentare esponenzialmente.

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L’e-commerce italiano nel 2017 è destinato a crescere. I settori che maggiormente vengono acquistati nel commercio online sono riportati nel grafico.

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Fig. 5: Settori e-commerce in Italia

Si stima che il valore dell’e-commerce italiano nel 2017 arriverà a 23.4 miliardi di euro e che a incoraggiare la crescita sono i settori dell’alimentare con un incremento del 37%, dell’arredamento con un incremento del 27%, dell’informatica ed elettronica di consumo con un incremento del 26%, dell’abbigliamento con un +25% e

dell’editoria con un +18%. La crescita dell'e-commerce è trainata, nel turismo, dall’acquisto di biglietti per i trasporti, soprattutto ferroviari, e dalla prenotazione di alloggi, non solo hotel, ma anche affitti temporanei gestiti dai principali operatori della

11 Dati: Osservatorio Ecommerce B2C Netcomm

27%

26%

25% 37%

18%

Settori e-commerce in Italia

arredamento&home Living informatica & elettronica di consumo abbigliamento food&grocery

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“sharing economy”. Nell’informatica ed elettronica, l'apporto arriva principalmente dagli acquisti di smartphone e televisori, a seguire si trovano gli elettrodomestici bianchi e gli accessori (questi ultimi acquistati principalmente dai “big” del settore). L’altro caposaldo dell’e-commerce sono le assicurazioni, la cui crescita ha subito nell’ultimo anno una battuta di arresto.

I trend che alimentano questa crescita continua sono riassumibili in cinque punti:

1. Crescente familiarità con i servizi online da parte di oltre la metà della popolazione italiana maggiorenne. Infatti sono stati effettuati alcuni studi sui “consumatori digitali” in Italia12 ed è stato notato che la dimensione dell’utenza

in Italia è di 31.2 milioni di individui di almeno 15 anni di età che accedono regolarmente alla rete almeno una volta alla settimana, da ogni luogo e

utilizzando qualsiasi dispositivo in loro possesso; invece individui che almeno una volta nella vita acquistano online sono 26.4 milioni; inoltre sono pari a 20.9 milioni gli italiani che hanno acquistato online negli ultimi 3 mesi ed infine sono 15.6 milioni gli individui che sono acquirenti abituali.

2. L’aumento di banda;

3. La diffusione dei dispositivi mobili connessi alla rete, poiché l’accesso alla rete da parte dei PC è in forte calo, mentre aumenta il numero di utenti che

utilizzano il dispositivo mobile. Infatti sono stati effettuati alcuni studi riguardanti l’uso dei dispositivi mobili e dal 2012 al 2017 c’è stato un

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incremento del 17.4% nell’utilizzo dello smartphone e un incremento del 8.5% nell’utilizzo del tablet;

4. L’offerta di merchant dell’online, sia in termini di varietà che di qualità del servizio offerto;

5. La qualità del sistema di trasporto e consegna dei prodotti fisici acquistati in Rete.

La popolazione online in Italia accede al web per la maggior parte quotidianamente con il 79%, settimanalmente con il 15% e con il restante 6% mensilmente.

La distribuzione di genere degli shopper italiani vede la donna al 50%, l’uomo al 40% e il bambino al restante 10%. Una puntualizzazione sul sistema italiano deve essere fatta, perché il “sistema Italia”, dal punto di vista del commercio elettronico, non ha ancora raggiunto un presidio capillare del mercato digitale nel mondo, dovuto anche al fatto che le Pmi13 stentano ad avvicinarsi all’e-commerce mentre per competere a

livello globale dovrebbero sviluppare competenze digitali e creare iniziative consortili. In Italia esiste, quindi, un paradosso, perché nel Paese esistono tutte le condizioni potenziali perché quei 23 miliardi possano raddoppiare. Mentre gli e-shopper italiani sono raddoppiati, passando da 9 a oltre 18 milioni, le imprese non si sono digitalizzate con lo stesso ritmo. In Italia sono state censite appena 40mila imprese che vendono online, contro le 800mila a livello europeo di cui 200mila solo in Francia: 5 volte le nostre. In questo modo le aziende italiane non solo perdono quote di mercato sugli acquirenti italiani, ma rischiano di perdere fatturato anche da e-shopper esteri.14

13 Piccole Medie Imprese 14 Fonte: Netcomm

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Fig. 6: Posizionamento dell’e-commerce in Italia

Allo tempo stesso, molti retailer o produttori tradizionali vanno online attraverso i marketplace15, come Amazon, eBay, per affiancare un ulteriore canale al proprio sito

di e-commerce. I marketplace inoltre sono utilizzati sia dai piccoli operatori che non hanno i mezzi per investire adeguatamente nello sviluppo di un sito proprio sia da alcuni grandi operatori in ottica multicanale. Un altro vantaggio degli aggregatori è che favoriscono il cross-border e-commerce. Ad esempio per una PMI italiana che vuole vendere in USA è ragionevolmente semplice utilizzare il marketplace di E-Bay o il marketplace di Amazon, piuttosto che attivarsi con un’iniziativa sviluppata in casa. I principali cambiamenti che dello sviluppo e-commerce delle aziende italiane

consistono: nello sviluppo di una cultura digitale nelle aziende stesse, nella diffusione della fiducia e delle competenze digitali presso i consumatori, nello sviluppo delle

15 Sono in generale il luogo reale o metaforico in cui avvengono degli scambi commerciali; di solito servono ad

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infrastrutture e in un’adeguata armonizzazione delle regolamentazioni con gli altri paesi europei.

1.6 La moda nell’e-commerce

Il settore del commercio elettronico "Moda" include il commercio online di articoli di abbigliamento, scarpe e prodotti per la cura della scarpa (ad esempio prodotti per la pulizia) nonché accessori e borse (ad esempio cappelli, sciarpe, guanti e borse in pelle, valigie, borse e valigette) per uomini, donne e bambini.

Il mondo del fashion è in forte crescita, infatti, in Europa c’è stato un incremento dei ricavi partendo dal 2014 con 72,1 miliardi di euro, per salire nel 2015 a 80 miliardi di euro, con un incremento dell’11% rispetto al 2014, arrivando al 2017 con ricavi stimati a 84,7 miliardi di euro e ipotizzando che nel 2022 si arriverà a un volume di mercato di 128.3 miliardi di euro, con una crescita annua stimata a 8,8%.

In Italia, il tasso di crescita medio negli ultimi anni del comparto abbigliamento online si aggira sul 25%. Nel 2015 gli acquisti web degli italiani sono stati di 2.4 miliardi di euro; nel 2016 le vendite di abbigliamento da siti italiani a consumatori italiani e stranieri sfiorano i 3 miliardi di euro, in crescita del 35% rispetto al 2015. Inoltre, le entrate di e-commerce moda in Italia dovrebbero crescere fino a circa 4,6 miliardi nel 2021.16

16 Fonte: https://www.statista.com/outlook/digital-markets. I dati non si riferiscono ad abbigliamento esterno e

sportivo, scarpe da esterno e sportive, nonché vestiti per bambini sono parte di altre categorie.

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Fig. 7: Crescita e-commerce nella moda

Il dato è che il 95%17 delle persone, in Italia, usano un dispositivo mobile o uno

smartphone per navigare, lavorare, socializzare, acquistare o semplicemente rilassarsi. Nell’abbigliamento continuano a essere determinanti gli acquisti high fashion, con un contributo crescente di abbigliamento sportivo e mass market. La tipologia dei prodotti acquistati online in Italia vede in prima posizione, con il 55% i vestiti, seguiti dal 25% delle scarpe e dal restante 25% delle borse e degli accessori. Le ragioni per cui il fashion in Italia sono i settori merceologici più dinamici sono le seguenti:

- una crescita media annua superiore a quella dell’e-commerce in generale, - un’offerta eterogenea e un approccio integrale,

17 Fonte: ricerche di mercato di Google e IAB Europe

2015 2016 2021 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022

2,4 miliardi 3 miliardi 4,6 miliardi

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- una forte propensione all’innovazione.

Inoltre, il fashion risulta essere, nel 2016, il primo settore per ricerca di informazione online prima dell’acquisto tradizionale (in negozio fisico).

Sempre più imprese tradizionali, sia commerciali che produttrici, stanno cogliendo l'opportunità di avviare una strategia multicanale per consentire ai propri clienti di proseguire l'esperienza d'acquisto online, attivando un sito di e-commerce.

Molte le ritroviamo nell’abbigliamento e negli accessori, comparto in cui la sensibilità nei confronti dell’e-commerce è ormai particolarmente elevata. Chi vuole attivare un servizio di e-commerce di successo, tuttavia, si dovrà preoccupare soprattutto di ottenere credibilità e visibilità nel web, costruendo per i propri clienti un’esperienza positiva, non solo durante la fase di acquisto, ma anche durante tutto il processo di scelta, per far sì che l’utente la recepisca come una vera esperienza di shopping, ne desideri ripetere l’esperienza e la consigli ad altri utenti.

1.7 Il lusso nell’e-commerce

Da Valentino ad Armani, i più importanti brand per affrontare la crisi hanno fatto ricorso all' e-commerce, uno dei rari settori che invece di soffrire, cresce di mese in mese. Nel mercato di lusso c’è stata una vera e proprio rivoluzione digitale negli anni. Infatti, prima del 2000 c’era un vero e proprio “digital skepticism” quasi un rifiuto del digitale, e il lusso era quasi immune dal mercato digitale; dal 2005 al 2010 siamo

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passati alla fase di “digital segregation” con un primo approccio al digitale, ma ancora limitato nell’organizzazione e nella diffusione del mezzo; una terza fase

“omnichannel” dal 2011 al 2015, con una crescita del canale digitale notevole, e una quarta fase denominata “reverse omnichannel” che dovrebbe andare dal 2016 al 2020, con scelte educative digitali sulla vendita al dettaglio, assortimento e comunicazione e con un’organizzazione sempre più digitale18.

Secondo le rilevazioni dello studio19, nel 46% dei casi i web shopper italiani effettuano

acquisti mass market sui siti dei grandi retailer italiani e internazionali e sui marketplace generalisti; seguono, con un peso del 36%, gli acquisti del “lusso” realizzati sui siti delle grandi Dot Com, delle vendite private, dei produttori high fashion del Made in Italy e delle boutiques multi-brand. Infine conquistano una quota del 18% gli acquisti di abbigliamento e accessori sportivi dai siti dei retailer

specializzati, dei produttori e delle Dot Com generaliste.20

I migliori negozi di shopping online del lusso sono: Yoox & Net-a-porter, è il risultato della rivoluzionaria fusione tra Yoox Group e The Net-a-porter; Mytheresa era una lussuosa boutique nel cuore di Monaco di Baviera, oggi è un termine di riferimento per le ultime tendenze dalle passerelle; Forzieri, oggi è un’eccellenza dello shopping online esclusivamente di accessori.

L’etichetta più sfoggiata online dai marchi del lusso internazionale è il

“made in Italy”: l’85% dei prodotti di altagamma dei quali viene segnalata l’origine sul Web è infatti prodotto in Italia. Il tutto emerge da uno studio 21 che ha analizzato il

18 Fonte: McKinsey & Company

19 Fonte: Digital Luxury Experience 2017, Fondazione Altagamma 20 http://www.ilsole24ore.com/

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livello di trasparenza online di 29 brand del lusso ed è stato rilevato che solo il 30% dei prodotti di lusso online è corredato dalla dichiarazione “Made In” ed inoltre, ha rilevato che oggi più del 50% delle aziende indica, totalmente o parzialmente, dove vengono realizzati i propri prodotti, ma la trasparenza totale è ancora un miraggio. L’analisi evidenzia un importante presupposto che spinge le aziende a non tralasciare la voce “Made In” nelle informazioni fornite online che è di fondamentale importanza perché il cliente finale cerca molto la provenienza del prodotto che vuole acquistare. Come il “Made in Italy” è la dichiarazione di provenienza più comune in tutti i segmenti e per tutte le categorie di prodotto, la quale porta ad una riconoscenza immediata del prodotto da parte del cliente; un altro esempio sono gli orologi e il beauty, dove vince troviamo lo “Made in Swisse”.

Parliamo un po' di numeri,anche qui abbiamo una crescita costante del mercato, il grafico seguente mostra proprio questo.

Fig. 8: negozio online nel lusso

20 miliardi 37 milairdi 74 miliardi Anni 2016 2020 2025

2016

2020

2025

Negozio online nel lusso

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Come notiamo, il mercato del lusso online nel 2014 valeva 14 miliardi di euro con una crescita negli ultimi cinque anni (2009-2014) del 27%. Nel 2016 sono stati raggiunti i 20 miliardi di euro nel mercato del lusso online ed è sempre nel mercato online l’8% totale dei beni di lusso22; inoltre è prevista una crescita nel 2020 fino a 37 miliardi di euro con una crescita del 12% rispetto al 2016 e nel 2025 un fatturato di 74 miliardi di euro, con una crescita pari 19% rispetto al 202023. Nel grafico seguente sono riportati i dati citati.

Stanno avvenendo grandi cambiamenti nel mercato online del lusso; ma stanno avvenendo grandi cambiamenti anche nel mercato offline del lusso (negozio fisico).

24

Fig. 9: negozio offline nel lusso

22 Per beni di lusso si intende: Abbigliamento, Calzature, Accessori, Gioielli e Orologi, Pelletteria, Bellezza e

Profumi

23 Fonte: Digital Luxury Experience 2017 24 Fonte: Digital Luxury Experience 2017

234 miliardi 275 miliardi 309 miliardi Anni 2016 2020 2025

Negozio offline nel lusso

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Il grafico riporta la notevole crescita del negozio offline nel mercato del lusso, partendo da dati certi nel 2016 con 234 miliardi di euro e con una prospettiva di

crescita al 2020 fino a 275 miliardi di euro e un incremento continuo fino al 2025, con 309 miliardi di euro.

Poi ci siamo domandati che tipo di crescita poteva esserci in Italia, che tipo di

penetrazione nell’e-commerce nel lusso e come si nota nel grafico sottostante quanto dal 2014 al 2020 l’e-commerce italiano del lusso crescerà; ma notiamo che non solo l’Italia crescerà ma anche gli altri paesi come la Korea, il Giappone, l’Australia, la Germania, la Francia e il Regno Unito.

25

Fig. 10: Posizionamento Italia nel 2020

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A conclusione di questo capitolo la relazione tra negozio online e offline è sempre più presente nel mondo di oggi, quindi ci domandiamo: ma gli e-commerce di moda nel lusso compromettono il business di negozi e boutique di abbigliamento? Oppure si possono completare reciprocamente? A questa questione cercheremo di rispondere nei prossimi capitoli.

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Capitolo 2

2.1 La storia del lusso e la sua dimensione industriale

“Lusso s.m. [dal lat. luxus-us «sovrabbondanza, eccesso nel modo di vivere»] a. Sfoggio di ricchezza, di sfarzo, di magnificenza; tendenza (anche abituale, come tenore di vita) a spese superflue, incontrollate, per l’acquisto e l’uso di oggetti che, o per la qualità o per l’ornamentazione, non hanno una utilità corrispondente al loro prezzo, e sono volti a soddisfare l’ambizione e la vanità più che un reale bisogno; b. La cosa stessa, o la spesa, che si ritiene superflua o comunque eccessiva (con questo significato è spesso usato al plurale).”

Questa è la definizione che si può ritrovare nel vocabolario online Treccani.it alla voce “lusso”.26

Nell’antica Roma il lusso indicava uno sfoggio ai limiti dell’ostentazione di oggetti sfarzosi e costosi, non connessi ad alcuna funzionalità intrinseca. Per il suo carattere effimero e inutile, in netta contrapposizione con i mores maiorum romani, il lusso diventa presto oggetto di leggi di carattere restrittivo dette “leggi suntuarie”, da

sumpntus (spesa). La prima, in ordine cronologico, è la legge Oppia, del 215 a.C., con la quale vengono imposti dei limiti sull’abbigliamento femminile. La Roma

repubblicana non accettava che si potessero sperperare ricchezze per acquistare oggetti

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od organizzare eventi senza alcuna finalità pratica; dopo la conquista della Grecia (146 a.C.) l’atteggiamento a Roma nei confronti del lusso cambia profondamente.

Successivamente, il mondo cristiano considererà il lusso in termini non solo negativi, ma addirittura peccaminosi. Esso era associato alla lussuria, annoverata tra i vizi, sottolineandone così la valenza negativa. Possiamo affermare che fino al Medioevo il lusso poteva essere associato al concetto di inopportunità. Il trionfo del lusso coincide sicuramente con l’intera Età Moderna: nel Rinascimento, complice una maggiore laicizzazione del pensiero, il concetto di lusso diventa funzionale al potenziamento del potere ufficiale. In questo periodo il lusso comincia a essere accomunato a un valore profano, senza però la controparte dei sensi di colpa, o di condanna sociale e/o morale, che vi era in precedenza. L’Italia divenne patria del lusso nel Rinascimento,

imponendo in tutta Europa stili, tecniche, arte e gusti. Nel XVII secolo,i cambiamenti furono “drastici”, perché il lusso venne accostato a uno stile di vita con una maggiore possibilità di spesa, ma piuttosto sobrio e attento al dettaglio. Verso il XIX secolo inizia a diffondersi l’idea che il lusso sia qualcosa di non-necessario, superfluo e

aggiuntivo rispetto alla vita di tutti i giorni. Progressivamente esso viene abbinato a ciò che è costoso, sontuoso e raffinato, un modo per ricercare emozioni positive e

gratificazioni, e diventa anche un mezzo per far valere la propria identità personale attraverso vari comportamenti, tra cui l’ostentazione. Nel tempo si è quindi creato un panorama di significati complesso, motivo per cui è diventato impossibile dare una definizione univoca del concetto (Mattia, 2003).27 Il mercato dei beni di lusso era, in

passato, un mercato specialistico e per pochi, oggi è invece un mercato trasversale,

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globale e molto più accessibile; i confini di questo settore si stanno allargando e

aumentano le competenze e le conoscenze delle aziende coinvolte soprattutto grazie ai nuovi paesi emergenti con enormi potenziali di spesa e ai mercati maturi con rinnovati bisogni da soddisfare. Si comprende quindi come il concetto di privilegio, di non essenzialità, legato al lusso sia rimasto costante nel corso della Storia, sono invece cambiati i singoli oggetti o servizi ritenuti di lusso.

Dopo questa breve introduzione storica su che cos’è il lusso e dov’è nato il lusso, è opportuno dare anche una definizione alle aziende che compongono il settore: i marchi del lusso.

Il marchio del lusso potrebbe essere sintetizzato come “un sistema coerente di

eccellenze”, con delle caratteristiche distintive e il possesso di tutte queste insieme, di modo da differenziarsi dal mass market.

Le caratteristiche che un marchio di lusso deve possedere sono:

• associazione con un immaginario forte, quasi mitologico; • prezzo elevato;

• originalità legata a creatività ed innovazione; • qualità senza compromessi;

• distribuzione selettiva; • servizio qualificato; • comunicazione d’élite.

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Le prime quattro proprietà si ritrovano anche nei beni di lusso, le ultime tre invece sono peculiari delle aziende, dei punti vendita e delle strategie comunicative e distributive di questo settore28.

Ma da che cosa è dato il valore della marca? Dal punto di vista teorico si tratta di un concetto molto semplice: il valore del brand è dato dalla differenza di prezzo che il consumatore è disposto a pagare per avere prodotti differenziati attraverso l’utilizzo di una determinata marca, rispetto a quanto pagherebbe per quelli stessi prodotti senza marca. L’obiettivo è quello di generare quella che viene definita una brand knowledge, l’insieme di pensieri, sensazioni, immagini, esperienze e convincimenti associati al brand che si traduce in maggiore fedeltà alla marca, in minore sensibilità ad eventuali aumenti del prezzo dell’offerta del brand, così come a riduzioni del prezzo dell’offerta del brand, e a riduzioni del prezzo della concorrenza, e in una maggiore efficacia delle comunicazioni29.

2.2 Un nuovo concetto di lusso

Se quelle descritte nel paragrafo precedente sono le motivazioni oggi alla base degli acquisti dei prodotti di lusso, è chiaro che il concetto di “bene di lusso” che soddisfa tali bisogni è molto distante dalla visione tradizionale secondo la quale prodotto di lusso significava essenzialmente un bene molto costoso e anche in un certo senso

28 Corbellini, Saviolo 2007: 25

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esclusivo in quanto difficile da acquistare per via del suo prezzo elevato. In questa visione tra le motivazioni che spingevano all’acquisto era prevalente il desiderio di ostentare l’appartenenza a una classe sociale o di reddito. Oggi invece l’ostentazione non solo non è più una motivazione importante, ma appare per alcuni versi

decisamente poco allineata ai valori predominanti nella società. Questa compresenza negli stessi consumatori di comportamenti di trading down e di trading up, è l’essenza di quello che è stato etichettato come “il nuovo lusso”, che si differenzia dal lusso “tradizionale” per tre caratteristiche fondamentali:

La prima grande differenza riguarda le caratteristiche del prodotto di lusso. Lussuoso non vuol dire costoso, ma soprattutto eccellente. Il prezzo alto da solo respinge il consumatore a caccia di occasioni; per portare all’acquisto il prezzo deve invece essere giustificato da una superiorità del prodotto sul piano tecnico e funzionale o sul piano estetico e del design, oltre che dalla capacità del bene di entrare in sintonia con il consumatore sul piano emotivo. Il consumatore acquista i prodotti di lusso perché riflettono un processo creativo radicato in uno stile, ad esempio quello italiano, perché i prodotti sono confortevoli, ma anche perché sono il risultato di un processo produttivo accurato, in parte anche artigianale, direttamente controllato dalle aziende, che coinvolge lavoratori ai quali viene chiesto di bilanciare la ricerca di produttività con una costante attenzione alla qualità.

La seconda grande differenza è chi riesce a spuntare il prezzo migliore per prodotti di qualità, e la ricerca dell’affare, una vera propria caccia al tesoro, è

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diventata uno dei passatempi preferiti anche dei consumatori più abbienti. Mai come in questi anni il consumatore è sensibile al prezzo dei beni che acquista. Ciò non significa però che non sia disposto a spendere per beni costosi, anzi: a prescindere dall’appartenenza a una classe di reddito elevata, sulla spinta delle motivazioni descritte sopra i consumatori sono disposti a “fare follie” per procurarsi i prodotti che ritengono superiori nelle categorie per loro

significative. Lo stesso consumatore è quindi alla ricerca dei prezzi più bassi, comprando magari prodotti in versioni più povere, nelle categorie di beni che non lo coinvolgono emotivamente, ma è disposto a pagare prezzi anche due o tre volte più elevati rispetto alle alternative disponibili, quando l’acquisto riguarda uno degli “spazi emozionali”, come nella piramide di Maslow (cfr. il paragrafo successivo).

La terza grande differenza è che si amplia notevolmente il numero delle

categorie di prodotti e servizi coinvolti: i beni del nuovo lusso sono basati sulle emozioni che riescono a trasmettere, sulla capacità di esprimere uno stile. Beni di lusso sono tutti quelli che riescono a dare una risposta su questo versante: lo possono essere automobili, vestiti, scarpe, cosmetici…

Fabris (2003) utilizza un acronimo per sintetizzare il nuovo status del lusso, CRESO che sta per Cultura, Ricerca, Esperienza, Soggettività e Olismo. Il prodotto di lusso deve attingere al mondo della cultura del design, deve essere il momento di arrivo di un processo di ricerca della qualità valorizzato e spiegato al consumatore, deve essere

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rivolto al piacere del soggetto che lo acquista e deve fondere elevate performance con un mix di dimensioni simboliche, di valori e di immagine30.

I dati degli ultimi anni mostrano una forte crescita delle vendite online di moda e lusso, non tanto come alternativa al cosiddetto canale brick-and-mortar (mattoni e calce), fatto di negozi “reali”, ma anche come canale complementare. I consumatori in un primo momento hanno cominciato a utilizzare i siti web per acquisire informazioni sui prodotti e sui brand; in un secondo tempo sono passati ad acquistare prodotti dei quali conoscono le caratteristiche, e infine si sono spinti a fare un vero e proprio shopping virtuale. Il fenomeno ha cominciato ad essere evidente in una realtà come quella americana nella quale la vendita su catalogo è sempre stata molto importante anche per le aziende del lusso; poi gli stessi segnali si sono visti anche nel mercato italiano, tanto è vero che il numero del 31 marzo 2008 del quindicinale

“Pambiancoweek”, una delle più diffuse riviste italiane del settore, ha dedicato a questo tema la storia di copertina. Lo scenario che emerge dai casi analizzati sembra indicare non solo un’accelerazione di internet come canale per incrementare le vendite, consentendo ulteriori occasioni di acquisto ai clienti abituali e anche raggiungendo nuovi consumatori, ma l’importanza dei negozi virtuali per completare l’esperienza di marca offerta. Sotto questo aspetto, decisiva è stata la diffusione della banda larga e delle applicazioni dinamiche per la realizzazione dei siti web, che hanno aumentato il potenziale di comunicazione dei siti stessi. Internet ha anche favorito la nascita di nuovi modelli di business, diverse aziende sfruttano il web come opportunità per

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44

stabilire un dialogo diretto con il consumatore consentendo una personalizzazione del prodotto o presentando offerte particolari disponibili solo online.31

2.3 Un nuovo consumatore

Volendo utilizzare la piramide dei bisogni di Maslow, la quale afferma che i bisogni espressi da un individuo possono essere collocati in cinque diverse categorie ordinate gerarchicamente, dalla più semplice (di tipo fisiologico) alla più complessa (legata all’autorealizzazione) possiamo dire che c’è un ordine di priorità dei bisogni, nel senso che le persone cercano innanzitutto di soddisfare i bisogni prioritari, posti alla base della piramide, prima di passare ai successivi. Volendo calare il lusso nella piramide dei bisogni di Maslow, esso è centrato su almeno due dei cinque livelli e cioè sui bisogni sociali (senso di appartenenza, amore) e sui bisogni di stima (autostima, riconoscimento, status e stile); come riportato nella figura seguente.32

31 Fonte: Romano Cappellari, (2008) “Il marketing della moda e del lusso”, p. 113-114 32 G. Aiello, N. Buratti, G. Cozzi, G. Ferrero, G.L. Gregori, S. Guercini (2013) p. 104-105

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45

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Fig. 11: Piramide di Maslow

Il più famoso contributo alla comprensione del cambiamento intervenuto sul mercato del lusso negli ultimi anni è certamente la ricerca della società di consulenza The Boston Consulting Group (BCG) sintetizzata in modo molto efficace da Michael Silverstein e Neil Fiske (2004) e poi ripresa da Silverstein (2006). Molte delle riflessioni sviluppate dai due autori americani erano peraltro già state colte

lucidamente, con riferimento soprattutto al mercato italiano, dall’analisi di Giampaolo Fabris (2003). Punto di partenza di questi lavori è la constatazione che molte delle categorie di analisi impiegate tradizionalmente per classificare i consumatori e per progettare di conseguenza le strategie di marketing sono da considerare superate, a partire dal ruolo giocato dal reddito familiare. Tutto il pensiero economico che pone il reddito alla base delle teorie del consumatore è, secondo Fabris, “un approccio adesso

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46

miope, anacronistico, inadeguato” a descrivere le scelte di consumo in un periodo in cui (almeno nei paesi ricchi) non si consuma più sotto la coazione dei bisogni. Il nuovo consumatore non segue infatti più un modello di consumo lineare condizionato da variabili come il reddito disponibile o la classe sociale di

appartenenza, ma è invece eclettico e pragmatico e i suoi modelli di consumo che sono assimilabili a un patchwork costantemente cangiante. L’idea di classificare in modo rigido le persone in base agli stili di vita si rileva inadeguato perché ogni individuo declina il proprio stile di vita in modo personale e flessibile.34

Ciò è confermato da uno studio Bain & Company, società leader nella consulenza agli operatori del settore moda-lusso a livello mondiale, condotto in collaborazione con Redburn Partners, il più grande equity broker in Europa e Millward Brown, agenzia leader nelle ricerche sul consumatore: lo studio nominato “Lens on the Worldwide Luxury Consumer”, analizza l’eterogeneità del consumatore con “7 profili del consumatore globale di lusso” e delle loro differenze in termini di preferenze e comportamenti d’acquisto tra regioni e generazioni. Secondo la ricerca, ogni anno la base di consumatori di lusso è destinata a crescere di circa 10 milioni, raggiungendo 400 milioni di consumatori a livello mondiale nel 2020 e 500 milioni entro il 2030. Partendo da uno studio su 10.000 consumatori di lusso a livello mondiale, il rapporto identifica differenze sostanziali all’interno del mercato e della relativa base di

consumatori.

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Lo studio ha identificato ben sette categorie di consumatori; le caratteristiche utilizzate per identificare queste categorie sono:

- il brand;

- l’esclusività del prodotto;

- lo status sociale di appartenenza che il prodotto di lusso ti può portare; - la qualità e la durabilità del prodotto;

- il logo visibile;

- product/market fit: ciò significa essere in un buon mercato con un prodotto in grado di soddisfare quel mercato; l'adattamento al prodotto e al mercato è stato identificato come un primo passo per costruire un'impresa di successo in cui l'azienda incontra i primi utenti, raccoglie feedback e misura l'interesse nei propri prodotti.

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1. Omnivore: consumatore curioso e compulsivo, è il segmento più

giovane, tra i 30 e i 40 anni. È composto

prevalentemente da donne che hanno la maggior curiosità di sperimentare

prodotti e brand; Fig. 12

non sono sensibili alla pubblicità ma sono influenzati dai social network. Nella figura sono riportati i driver di acquisto del consumatore, per loro lo status e il brand sono determinati nella scelta dell’acquisto.

2. Opinionated: consumatore “educato” e di lusso; questi sono consumatori molto consapevoli, appartenenti

alla generazione X e Y35.

Per loro sono determinanti l’esclusività del prodotto, la qualità e la durabilità del tempo del prodotto.

Fig. 13

35 Dobbiamo fare una precisazione, sono presenti 4 tipi di generazione: 1. Generazione dei baby boomers: data

di nascita 1946-1964; 2. La Generazione X: data di nascita 1965-1980; 3. La Generazione Y (Millennials): data di nascita 1980-2000; 4. Generazione Z abbraccia i nati dopo il 2000.

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49

La comunicazione in negozio per questa categoria è cruciale e sono molto influenzati dai social network.

3. Conservative: consumatore molto maturo, il segmento di età sono coloro che hanno 50 anni. Questi

sono consumatori maturi, sia uomini che donne. Acquistano

prevalentemente in

negozi multimarca e sono

molto influenzati dalle Fig. 14

raccomandazioni di amici e parenti; non sono influenzati dai social network.

4. Investor: sono i consumatori più razionali nel mercato del lusso. Questi consumatori sono

quelli più attenti a tutte e sei le caratteristiche dei prodotti. Preferiscono prodotti che possano durare nel tempo.

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50

Valutano attentamente ogni acquisto tramite ricerche, pubblicità e

raccomandazioni di altri consumatori; non sono influenzati dai social network.

5. Hedonist: consumatore che ama il lusso e desidera mostrarlo. Questo tipo di consumatore si trova in

modo bilanciato in tutte le aree geografiche.

Apprezzano il brand e acquistano soprattutto per accedere a uno status.

Questi consumatori adorano Fig.16

ostentare; sono particolarmente influenzati dalla pubblicità e dai social network.

6. Disillusioned: Questi sono principalmente baby boomer, cercano prodotti durevoli che superino la

singola stagione e non sono influenzati dalla pubblicità. Comprano di rado; questi consumatori puntano molto sulla

qualità e sono soddisfatti Fig. 17

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7.

Wannabe: Questi consumatori, prevalentemente donne, tendono a mescolare prodotti di lusso con altri

prodotti non di lusso. Acquistano d’impulso e dimostrano una limitata fedeltà ai brand, allo status e all’esclusività.

Sono consumatori

che non hanno una spiccata Fig. 18

preferenza per nessuna delle caratteristiche riportate nella figura. Sono influenzati soprattutto dall’opinione degli amici e da ciò che vedono nelle riviste specializzate.36

2.4 Il mercato del lusso

Analizzare il settore dei beni di lusso dal punto di vista della struttura e delle dimensioni del mercato non è cosa semplice poiché le aziende operano in molte categorie merceologiche con diversi marchi e diversi modelli di business, tra cui abbigliamento, accessori, cosmetica, alcolici, turismo, nautica, auto, gioielli e orologi ecc.; altre complessità derivano dalla struttura dei canali distributivi (indiretto, diretto e transnazionale), dalle tipologie di clienti (domestici, turisti, affluenti, aspirazionali),

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52

dai mercati (sviluppati e emergenti) e infine dal fatto che molte aziende private diffondono i dati aggregati per divisione/gruppo e ciò non consente di stimare l’andamento e la composizione del fatturato dei marchi/business specifici del lusso. Esistono però delle associazioni/comitati nazionali che si occupano del comparto del lusso a livello nazionale e internazionale come Comité Colbert in Francia, Fondazione Altagamma37 in Italia e Walpole in Inghilterra; questi enti forniscono periodicamente relazioni e analisi approfondite, dalle quali è possibile estrapolare molteplici

informazioni, soprattutto riguardo all’andamento del mercato del lusso.

Fondazione Altagamma, ad esempio, fornisce una definizione di mercato di lusso molto ampia, che si articola in 10 categorie: beni personali di lusso (personal luxury): pelletteria, abbigliamento, eyewear, profumi; auto di lusso (luxury cars), hotel di lusso (luxury hotellerie); alcolici di lusso (luxury wines and spirits); arredamento di design (design furniture); aeromobili di lusso (luxury private jet); crociere (luxury cruisers); mercato dell’arte (fine arts) ed infine imbarcazioni di lusso (luxury yachts).

Pambianco38 ogni anno pubblica la ricerca “Le Quotabili”, che misura con un rating

quantitativo (un valore numerico), le caratteristiche che una società presenta per essere quotata nel giro di 3-5 anni. Le categorie Moda&Lusso e Arredo&Design, risultano più pronte per una quotazione in borsa. La categoria Moda&Lusso è composta esclusivamente dalle seguenti categorie: Eyewear, Abbigliamento, Calzature,

Pelletteria, Gioielli/Orologi, Profumi/Cosmetica. Affine alla categoria Moda&Lusso,

37 Fondazione Altagamma riunisce dal 1992 le maggiori imprese dell’alta industria culturale e creativa che

promuovono nel mondo l’eccellenza, l’unicità e lo stile di vita italiano. Tra i numerosi soci compaiono Bottega Veneta, Brioni, Cucinelli, Bulgari, Ferrari, Gucci e Versace. Ogni anno analizza il mercato del lusso mondiale con un particolare focus sulle imprese associate.

38 Pambianco è una delle più importanti società italiane di consulenza nell’ambito della moda e del lusso in

genere. Da anni analizza il mercato del lusso per i propri clienti e pubblica articoli e ricerche sul portale di proprietà Pambianco news

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secondo Pambianco, vi è la categoria Arredo&Design (composta da Mobili, Divani, Cucine, Illuminazione, Arredo bagno), la quale pur non essendo parte strettamente del settore lusso ne costituisce idealmente un’estensione tanto che viene analizzata

all’interno dello stesso rapporto. Indirettamente Pambianco fornisce quindi una definizione di mercato del lusso molto restrittiva (categoria Moda&Lusso), riconoscendo solo la categoria Arredo&Design come potenziale estensione del mercato del lusso tradizionalmente inteso.

La situazione della produzione e dei mercati del lusso è emersa dagli studi

“Altagamma Worldwide Market Monitor 2017”39, “Consumo Tax-Free nell’Unione

Europea 2016”40 e “Altagamma Consensus 2018”41; analizzremo questi tre studi uno

alla volta.

Nello studio “Altagamma Worldwide Market Monitor 2017” si afferma che il mercato globale dei beni di lusso è tornato a una crescita sostenuta e sana; il mercato del lusso42 supera un 2016 di assestamento dovuto soprattutto a incertezze congiunturali e crisi geopolitiche e si attesta quest’anno su un valore di mercato totale intorno ai 1.160 miliardi di Euro, con una crescita del 5% a cambi costanti. Stesso tasso di crescita per i consumi del comparto Personal Luxury (pelletteria, abbigliamento, eyewear,

profumi…), che registra un valore complessivo di 262 miliardi di Euro.

Anche le previsioni per il 2018 parlano di una crescita dei consumi dei beni di lusso per la persona, con una media di incremento stimata intorno al +5%, e punta a

raggiungere, a livello globale nel 2017, l’1,2 mila miliardi di Euro; e inoltre si prevede

39 Presentato da Claudia D’Arpizio e Federica Levato, Bain & Company 40 Presentato da Pierfrancesco Nervini, Global Blue

41 Presentato da Armando Branchini, Fondazione Altagamma 42 comprende sia i beni di lusso che le esperienze ad esso correlate

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che questo incremento positivo continui a un tasso di crescita annuo costante stimato dal 4 al 5% per i prossimi 3 anni, con il mercato dei beni personali di lusso in grado di raggiungere i 295-305 miliardi di euro entro il 2020.

Nell’anno in corso, l'Europa continua la sua ripresa, crescendo del 6% a tassi di cambio correnti e raggiungendo 87 miliardi di Euro di vendite al dettaglio, riconquistando così il suo ruolo di regione centrale per le vendite di lusso. La Cina ha aumentato le vendite del 15% a tassi di cambio attuali nel 2017, per arrivare a una dimensione di mercato di 20 miliardi di Euro. Il Giappone ha portato una crescita pari al 2% a tassi di cambio attuali, con il mercato che è previsto attestarsi a 22 miliardi di euro. Il resto dell'Asia43 ha registrato una crescita del 6%, sostenuta

dalla ripresa di Hong Kong e Macao; quest’area raggiunge quest'anno i 36 miliardi di euro. Per il Nord America e il Sud America è prevista una crescita del 2%, con una dimensione di mercato pari a 84 miliardi di Euro, con Canada e Messico che sono state le zone più in evoluzione del 2017. Ultima regione il Medio Oriente, con una crescita ferma al 1%, dovuta all’incertezza economica e politica.

Nello studio il “Consumo Tax-Free nell’Unione Europea 2016” vengono analizzati altri dati interessanti sulla salute del settore del lusso, e dello shopping in generale.

Nel vecchio continente vengono offerti da Global Blue, la principale società per la gestione del tax free shopping in Europa. Nei primi nove mesi del 2017 il tax free shopping, ossia gli acquisti fatti da persone non residenti nell’Unione Europea e quindi esentate dal pagamento dell’IVA, è cresciuto del +11% con circa l’84% delle vendite

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tax free concentrate in soli cinque Paesi europei: Francia (circa il 22%), Regno Unito (circa il 20%), Italia (circa il 16%), Germania (circa il 15%) e Spagna (circa l’11%). Questa tendenza non si dovrebbe arrestare. Le previsioni Global Blue, infatti,

evidenziano dati con il segno positivo anche negli ultimi tre mesi del 2017 in particolare in Spagna (+16%), Italia (+7%) e Francia (+2%). In controtendenza, il Regno Unito (-3%) e la Germania (-2%), sia per effetto del post-Brexit, che del recente rafforzamento dell’Euro nei confronti delle altre principali valute. Per quanto riguarda la nazionalità dei consumatori, i cinesi si confermano la prima nazionalità (28%), seguiti dai turisti russi (9% del mercato) che hanno incrementato gli acquisti tax free del 24% rispetto al medesimo periodo del 2016. Ciò è dovuto principalmente alla ripresa del prezzo del greggio, che ha influito positivamente sul rublo; mentre sono in forte calo gli acquisti provenienti dal Medio Oriente (-13%), principalmente a causa di fattori economici e politici; di contro in ascesa sono i clienti americani, che hanno aumentato gli acquisti tax free del 19%.

Nell’ultimo studio “Altagamma Consensus 2018”, viene evidenziata la crescita della produzione e del mercato per il 2018. I dati sono riportati nelle tabelle seguenti.

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Fig. 19: Prodotti nel 2018

Nel grafico sono riportati i prodotti: abbigliamento; porcellane; gioielli, orologi, penne e accendini; pelle, scarpe e accessori; profumi e cosmetici.

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In questo grafico notiamo la crescita costante dei mercati in Europa, Nord America, Sud America, Giappone, Asia, Medio Oriente e del resto del Mondo.

“I consumi sono previsti in crescita anche nel 2018, soprattutto grazie alla mutata strategia delle imprese, che pongono al centro il prodotto: la creazione è tornata ad essere la leva strategica decisiva, con prodotti che esprimono con coraggio la value proposition di ciascun brand.44”

Un ruolo molto importante esercita il canale online, che continua con una forte crescita, che registra un salto del 24% nel 2017. Il mercato americano rappresenta quasi la metà delle vendite online - che valgono 23 miliardi di Euro in totale - ma le aree a maggiore crescita sono state Europa e Asia.

Gli accessori rimangono la categoria maggiormente venduta online; beauty e hard luxury (gioielli e orologi) risultano in aumento. I brand stanno accelerando la loro presenza diretta in questo canale tramite i propri siti web, che ora rappresentano il 31% delle vendite.

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