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Da Valentino ad Armani, i più importanti brand per affrontare la crisi hanno fatto ricorso all' e-commerce, uno dei rari settori che invece di soffrire, cresce di mese in mese. Nel mercato di lusso c’è stata una vera e proprio rivoluzione digitale negli anni. Infatti, prima del 2000 c’era un vero e proprio “digital skepticism” quasi un rifiuto del digitale, e il lusso era quasi immune dal mercato digitale; dal 2005 al 2010 siamo

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passati alla fase di “digital segregation” con un primo approccio al digitale, ma ancora limitato nell’organizzazione e nella diffusione del mezzo; una terza fase

“omnichannel” dal 2011 al 2015, con una crescita del canale digitale notevole, e una quarta fase denominata “reverse omnichannel” che dovrebbe andare dal 2016 al 2020, con scelte educative digitali sulla vendita al dettaglio, assortimento e comunicazione e con un’organizzazione sempre più digitale18.

Secondo le rilevazioni dello studio19, nel 46% dei casi i web shopper italiani effettuano

acquisti mass market sui siti dei grandi retailer italiani e internazionali e sui marketplace generalisti; seguono, con un peso del 36%, gli acquisti del “lusso” realizzati sui siti delle grandi Dot Com, delle vendite private, dei produttori high fashion del Made in Italy e delle boutiques multi-brand. Infine conquistano una quota del 18% gli acquisti di abbigliamento e accessori sportivi dai siti dei retailer

specializzati, dei produttori e delle Dot Com generaliste.20

I migliori negozi di shopping online del lusso sono: Yoox & Net-a-porter, è il risultato della rivoluzionaria fusione tra Yoox Group e The Net-a-porter; Mytheresa era una lussuosa boutique nel cuore di Monaco di Baviera, oggi è un termine di riferimento per le ultime tendenze dalle passerelle; Forzieri, oggi è un’eccellenza dello shopping online esclusivamente di accessori.

L’etichetta più sfoggiata online dai marchi del lusso internazionale è il

“made in Italy”: l’85% dei prodotti di altagamma dei quali viene segnalata l’origine sul Web è infatti prodotto in Italia. Il tutto emerge da uno studio 21 che ha analizzato il

18 Fonte: McKinsey & Company

19 Fonte: Digital Luxury Experience 2017, Fondazione Altagamma 20 http://www.ilsole24ore.com/

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livello di trasparenza online di 29 brand del lusso ed è stato rilevato che solo il 30% dei prodotti di lusso online è corredato dalla dichiarazione “Made In” ed inoltre, ha rilevato che oggi più del 50% delle aziende indica, totalmente o parzialmente, dove vengono realizzati i propri prodotti, ma la trasparenza totale è ancora un miraggio. L’analisi evidenzia un importante presupposto che spinge le aziende a non tralasciare la voce “Made In” nelle informazioni fornite online che è di fondamentale importanza perché il cliente finale cerca molto la provenienza del prodotto che vuole acquistare. Come il “Made in Italy” è la dichiarazione di provenienza più comune in tutti i segmenti e per tutte le categorie di prodotto, la quale porta ad una riconoscenza immediata del prodotto da parte del cliente; un altro esempio sono gli orologi e il beauty, dove vince troviamo lo “Made in Swisse”.

Parliamo un po' di numeri,anche qui abbiamo una crescita costante del mercato, il grafico seguente mostra proprio questo.

Fig. 8: negozio online nel lusso

20 miliardi 37 milairdi 74 miliardi Anni 2016 2020 2025

2016

2020

2025

Negozio online nel lusso

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Come notiamo, il mercato del lusso online nel 2014 valeva 14 miliardi di euro con una crescita negli ultimi cinque anni (2009-2014) del 27%. Nel 2016 sono stati raggiunti i 20 miliardi di euro nel mercato del lusso online ed è sempre nel mercato online l’8% totale dei beni di lusso22; inoltre è prevista una crescita nel 2020 fino a 37 miliardi di euro con una crescita del 12% rispetto al 2016 e nel 2025 un fatturato di 74 miliardi di euro, con una crescita pari 19% rispetto al 202023. Nel grafico seguente sono riportati i dati citati.

Stanno avvenendo grandi cambiamenti nel mercato online del lusso; ma stanno avvenendo grandi cambiamenti anche nel mercato offline del lusso (negozio fisico).

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Fig. 9: negozio offline nel lusso

22 Per beni di lusso si intende: Abbigliamento, Calzature, Accessori, Gioielli e Orologi, Pelletteria, Bellezza e

Profumi

23 Fonte: Digital Luxury Experience 2017 24 Fonte: Digital Luxury Experience 2017

234 miliardi 275 miliardi 309 miliardi Anni 2016 2020 2025

Negozio offline nel lusso

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Il grafico riporta la notevole crescita del negozio offline nel mercato del lusso, partendo da dati certi nel 2016 con 234 miliardi di euro e con una prospettiva di

crescita al 2020 fino a 275 miliardi di euro e un incremento continuo fino al 2025, con 309 miliardi di euro.

Poi ci siamo domandati che tipo di crescita poteva esserci in Italia, che tipo di

penetrazione nell’e-commerce nel lusso e come si nota nel grafico sottostante quanto dal 2014 al 2020 l’e-commerce italiano del lusso crescerà; ma notiamo che non solo l’Italia crescerà ma anche gli altri paesi come la Korea, il Giappone, l’Australia, la Germania, la Francia e il Regno Unito.

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Fig. 10: Posizionamento Italia nel 2020

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A conclusione di questo capitolo la relazione tra negozio online e offline è sempre più presente nel mondo di oggi, quindi ci domandiamo: ma gli e-commerce di moda nel lusso compromettono il business di negozi e boutique di abbigliamento? Oppure si possono completare reciprocamente? A questa questione cercheremo di rispondere nei prossimi capitoli.

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Capitolo 2

2.1 La storia del lusso e la sua dimensione industriale

“Lusso s.m. [dal lat. luxus-us «sovrabbondanza, eccesso nel modo di vivere»] a. Sfoggio di ricchezza, di sfarzo, di magnificenza; tendenza (anche abituale, come tenore di vita) a spese superflue, incontrollate, per l’acquisto e l’uso di oggetti che, o per la qualità o per l’ornamentazione, non hanno una utilità corrispondente al loro prezzo, e sono volti a soddisfare l’ambizione e la vanità più che un reale bisogno; b. La cosa stessa, o la spesa, che si ritiene superflua o comunque eccessiva (con questo significato è spesso usato al plurale).”

Questa è la definizione che si può ritrovare nel vocabolario online Treccani.it alla voce “lusso”.26

Nell’antica Roma il lusso indicava uno sfoggio ai limiti dell’ostentazione di oggetti sfarzosi e costosi, non connessi ad alcuna funzionalità intrinseca. Per il suo carattere effimero e inutile, in netta contrapposizione con i mores maiorum romani, il lusso diventa presto oggetto di leggi di carattere restrittivo dette “leggi suntuarie”, da

sumpntus (spesa). La prima, in ordine cronologico, è la legge Oppia, del 215 a.C., con la quale vengono imposti dei limiti sull’abbigliamento femminile. La Roma

repubblicana non accettava che si potessero sperperare ricchezze per acquistare oggetti

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od organizzare eventi senza alcuna finalità pratica; dopo la conquista della Grecia (146 a.C.) l’atteggiamento a Roma nei confronti del lusso cambia profondamente.

Successivamente, il mondo cristiano considererà il lusso in termini non solo negativi, ma addirittura peccaminosi. Esso era associato alla lussuria, annoverata tra i vizi, sottolineandone così la valenza negativa. Possiamo affermare che fino al Medioevo il lusso poteva essere associato al concetto di inopportunità. Il trionfo del lusso coincide sicuramente con l’intera Età Moderna: nel Rinascimento, complice una maggiore laicizzazione del pensiero, il concetto di lusso diventa funzionale al potenziamento del potere ufficiale. In questo periodo il lusso comincia a essere accomunato a un valore profano, senza però la controparte dei sensi di colpa, o di condanna sociale e/o morale, che vi era in precedenza. L’Italia divenne patria del lusso nel Rinascimento,

imponendo in tutta Europa stili, tecniche, arte e gusti. Nel XVII secolo,i cambiamenti furono “drastici”, perché il lusso venne accostato a uno stile di vita con una maggiore possibilità di spesa, ma piuttosto sobrio e attento al dettaglio. Verso il XIX secolo inizia a diffondersi l’idea che il lusso sia qualcosa di non-necessario, superfluo e

aggiuntivo rispetto alla vita di tutti i giorni. Progressivamente esso viene abbinato a ciò che è costoso, sontuoso e raffinato, un modo per ricercare emozioni positive e

gratificazioni, e diventa anche un mezzo per far valere la propria identità personale attraverso vari comportamenti, tra cui l’ostentazione. Nel tempo si è quindi creato un panorama di significati complesso, motivo per cui è diventato impossibile dare una definizione univoca del concetto (Mattia, 2003).27 Il mercato dei beni di lusso era, in

passato, un mercato specialistico e per pochi, oggi è invece un mercato trasversale,

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globale e molto più accessibile; i confini di questo settore si stanno allargando e

aumentano le competenze e le conoscenze delle aziende coinvolte soprattutto grazie ai nuovi paesi emergenti con enormi potenziali di spesa e ai mercati maturi con rinnovati bisogni da soddisfare. Si comprende quindi come il concetto di privilegio, di non essenzialità, legato al lusso sia rimasto costante nel corso della Storia, sono invece cambiati i singoli oggetti o servizi ritenuti di lusso.

Dopo questa breve introduzione storica su che cos’è il lusso e dov’è nato il lusso, è opportuno dare anche una definizione alle aziende che compongono il settore: i marchi del lusso.

Il marchio del lusso potrebbe essere sintetizzato come “un sistema coerente di

eccellenze”, con delle caratteristiche distintive e il possesso di tutte queste insieme, di modo da differenziarsi dal mass market.

Le caratteristiche che un marchio di lusso deve possedere sono:

• associazione con un immaginario forte, quasi mitologico; • prezzo elevato;

• originalità legata a creatività ed innovazione; • qualità senza compromessi;

• distribuzione selettiva; • servizio qualificato; • comunicazione d’élite.

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Le prime quattro proprietà si ritrovano anche nei beni di lusso, le ultime tre invece sono peculiari delle aziende, dei punti vendita e delle strategie comunicative e distributive di questo settore28.

Ma da che cosa è dato il valore della marca? Dal punto di vista teorico si tratta di un concetto molto semplice: il valore del brand è dato dalla differenza di prezzo che il consumatore è disposto a pagare per avere prodotti differenziati attraverso l’utilizzo di una determinata marca, rispetto a quanto pagherebbe per quelli stessi prodotti senza marca. L’obiettivo è quello di generare quella che viene definita una brand knowledge, l’insieme di pensieri, sensazioni, immagini, esperienze e convincimenti associati al brand che si traduce in maggiore fedeltà alla marca, in minore sensibilità ad eventuali aumenti del prezzo dell’offerta del brand, così come a riduzioni del prezzo dell’offerta del brand, e a riduzioni del prezzo della concorrenza, e in una maggiore efficacia delle comunicazioni29.