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Studio delle modificazioni del flusso ematico cerebrale durante la fase d'induzione dell'anestesia

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

Studio delle modificazioni del flusso ematico cerebrale

durante la fase di induzione dell’anestesia

RELATORE

Chiar.

mo

Prof. Carlo PALOMBO

Candidato

Mario MORCIANO

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(3)

1

INDICE

ABSTRACT ... 3

1. PARTE GENERALE ... 8

1.1. ANATOMIAEFISIOLOGIADELCIRCOLO1CEREBROVASCOLARE .... 8

1.1.1. PRINCÌPI GENERALI E ANATOMIA CEREBROVASCOLARE... 8

1.2. MECCANISMIDIAUTOREGOLAZIONECEREBROVASCOLARE ... 13

1.2.1. AUTOREGOLAZIONE ... 13

1.2.2. REGOLAZIONE CHIMICA E RISPOSTA ALLA CO2 E ALLA PaO2 . 16 1.2.3. REGOLAZIONE METABOLICA ... 17

1.2.4. REGOLAZIONE NEUROGENA ... 19

2. ANESTESIA GENERALE E FARMACI ANESTETICI ... 21

2.1. L’ANESTESIAGENERALE ... 21

2.1.1. LE FASI DELL’ANESTESIA ... 21

2.2. ANESTETICIGENERALI ... 26

2.2.1. EFFETTO DEGLI ANESTETICI SUL FEC E SUL CMR ... 32

3. IL DOPPLER TRANSCRANICO (TCD) ... 34

3.1 LOSTRUMENTO ... 34

3.2 STORIA ... 35

3.3 PRINCÌPI ... 36

3.3.2 VOLUME CAMPIONE ... 40

3.3.3 PROFILI DI VELOCITA’ E SPETTRO DOPPLER ... 42

3.4 ANATOMIAETECNICHEDIMISURAZIONE[12] ... 44

3.4.2 LE FINESTRE CRANICHE NATURALI ... 44

3.4.3 IDENTIFICAZIONE DEI VASI ... 46

3.5 CONSIDERAZIONISULTCD ... 47

4. PROTOCOLLO SPERIMENTALE ... 48

4.1 RAZIONALEESCOPODELLOSTUDIO ... 48

4.1.1. DOPPLER TRANSCRANICO ... 50

4.2 OBIETTIVIDELLOSTUDIO ... 52

4.3 PAZIENTIEMETODI ... 52

4.3.2 SELEZIONE DEI PAZIENTI ... 52

4.3.3 DISEGNO DELLO STUDIO ... 54

4.4 ANALISISTATISTICADEIDATI ... 58

5. RISULTATI ... 58

5.1 PAZIENTI ... 58

5.2 GENERALITA’ ... 59

5.3 ANALISIDELLAVARIANZA(ANOVA) ... 61

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2

6. DISCUSSIONE ... 74

6.1 LIMITIDELLOSTUDIO ... 76

7. MODELLO DI STUDIO DELL’AUTOREGOLAZIONE DINAMICA ... 78

7.1 REGISTRAZIONECONTINUADIVELOCITA’DIFLUSSOEPRESSIONE ARTERIOSANONINVASIVA ... 78

7.1.2 PROTOCOLLO ... 80

7.1.3 ANALISI DEI DATI ... 82

8. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE ... 86

BIBLIOGRAFIA ... 88

(5)

3

ABSTRACT

OBIETTIVO

Lo scopo del nostro studio è quello di valutare le variazioni della velocità del flusso ematico cerebrale in soggetti esenti da malattie cerebrovascolari, candidati alla chirurgia e stabilire se, a fronte delle modificazioni emodinamiche sistemiche che si verificano durante la fase di induzione dell’anestesia, intervengano, in maniera più o meno efficiente, i meccanismi di autoregolazione cerebrale.

METODI

Abbiamo registrato le velocità di flusso in Arteria Cerebrale Media, bilateralmente, tramite doppler transcranico e i dati di pressione arteriosa prima, durante e subito dopo la fase di induzione dell’anestesia generale, fino alla fase di intubazione, escludendo l’avvio della fase di ventilazione meccanica a pressioni positive. Data la natura osservazionale dello studio, ai medici anestesisti dell’unità operativa in cui è stato svolto lo studio non è stato richiesto di attenersi ad uno schema prestabilito per ciò che riguardava le modalità di somministrazione degli anestetici e dei farmaci da utilizzare durante le fasi di premedicazione e di induzione.

Ogni anestesista è stato quindi libero di adottare l’approccio anestesiologico che ha ritenuto essere più opportuno a seconda delle caratteristiche del paziente e del tipo di intervento chirurgico a cui quest’ultimo sarebbe stato sottoposto.

Ai fini dell’analisi statistica sono stati, perciò, considerati i dati acquisiti da 18 pazienti, sottoposti ad un’anestesia totalmente intravenosa, secondo uno schema farmacologico per lo più sovrapponibile durante la fase di premedicazione e identico, invece, nelle fasi di induzione e curarizzazione. La posologia dei

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4

medicinali utilizzati variava a seconda delle caratteristiche fisiche del paziente, sempre in accordo con le schede tecniche dei farmaci e le attuali linee guida.

RISUTATI

Dal livello di significatività emerso dell’analisi della varianza dei singoli parametri TCD e pressori, acquisiti nel corso del nostro studio, si evince come, rispetto al dato acquisito durante la registrazione basale, valori quali pressione sistolica, pressione arteriosa media, velocità di picco sistolico, diastolico e velocità media mostrino una riduzione statisticamente significativa compatibilmente con il procedere delle fasi di premedicazione ed induzione. In particolare, il valore più basso è stato registrato in corrispondenza del 3° minuto post-infusione di propofol, dimostrando come questo decremento, significativo, possa essere attribuito principalmente al farmaco ipnoinduttore utilizzato in questa fase. Il solo indice che mostra, al contrario, un incremento rispetto al suo valore basale è l’indice di pulsatilità. La riduzione delle velocità di flusso si rende evidente già dal 1° minuto post infusione di propofol, risultando quindi più precoce rispetto alla riduzione dei valori di pressione arteriosa.

Come si evince dall’analisi di correlazione tra le pressioni arteriose sistemiche e le velocità di flusso cerebrale, esiste una relazione diretta tra la riduzione della pressione arteriosa e il rallentamento delle velocità di flusso. Nonostante nessuno dei pazienti sottoposti allo studio sia uscito dal range di 50 mmHg<PAM>150 mmHg, possiamo quindi pensare che durante la fase d’induzione i meccanismi di autoregolazione statica non abbiano garantito un adeguamento del flusso.

L’importante diminuzione della velocità di flusso, in rapporto così diretto alla pressione arteriosa è un dato sicuramente da non sottovalutare, poiché,

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5

considerando che la letteratura in merito ci autorizza ad assumere che, in assenza di patologia intracranica, il calibro dell’arteria cerebrale media non si modifica, un calo della velocità di flusso, registrata dal TCD, può ragionevolmente intendersi come una riduzione del flusso ematico cerebrale.

Tuttavia, in accordo con l'aumento dell’indice di pulsatilità, che si palesa fin dal secondo minuto post-infusione di propofol, la pressione di perfusione cerebrale viene comunque mantenuta attraverso un aumento delle resistenze a valle della arteria cerebrale media. Questo è testimoniato dal fatto che nessuno dei nostri pazienti abbia manifestato deficit neurologici in fase post-operatoria, tenendo anche in considerazione che già precedenti studi hanno dimostrato come, in pazienti sani, durante la fase d’induzione con propofol, non siano stati registrati insufficienti valori di saturazione cerebrale d’ossigeno (rSO2).

L’aumento delle resistenze a valle dell’arteria cerebrale media, escludendo i meccanismi di mantenimento del flusso ematico cerebrale dipendenti dall'autoregolazione statica, potrebbe essere attribuito ad un non chiarito meccanismo compensatorio di tipo neurovascolare o pH dipendente, considerando che il propofol non risulta, in alcun modo, modificare la risposta

cerebrovascolare alla CO2.

Si potrebbe anche pensare che il mantenimento della pressione di perfusione cerebrale sia da considerarsi uno dei meccanismi intervenuti a protezione del circolo cerebrale dipendenti dall’autoregolazione dinamica.

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6

CONCLUSIONI

Dai risultati del nostro studio si deduce che, durante la fase di induzione dell'anestesia con propofol, la brusca discesa della pressione arteriosa comporti una consensuale riduzione delle velocità di flusso.

Così come riportato dalla letteratura in merito, a fronte della non variabilità del diametro dell’arteria cerebrale media durante le manovre a cui i nostri pazienti sono stati sottoposti, possiamo ragionevolmente parlare di una riduzione del flusso ematico cerebrale.

Secondo quanto emerge dall’analisi statistica, durante la fase d’induzione anestesiologica, la diretta relazione tra flusso e pressioni sistemiche fa pensare ad una incapacità dei meccanismi di autoregolazione statica cerebrale di intervenire. Come dimostrato dall’aumento dell’indice di pulsatilità, a partire già dal secondo minuto post-infusione di propofol ci è consentito supporre che il mantenimento della pressione di perfusione cerebrale, necessaria agli scambi a livello capillare, durante l'induzione dell'anestesia sia affidato all'aumento delle resistenze cerebrovascolari. Tale fenomeno potrebbe essere attribuito ad un non chiarito meccanismo adattativo di tipo neurovascolare o pH dipendente ma non ai meccanismi di mantenimento del flusso ematico cerebrale dipendenti dall'autoregolazione statica cerebrale.

È inoltre lecito pensare che durante l'induzione dell'anestesia si verifichi una disregolazione dinamica cerebrale simile a quella che si realizza durante brusche variazioni della pressione arteriosa, indotte, ad esempio, dall'ortostatismo prolungato. Da qui la necessità di implementare la nostra ricerca, giungendo all'analisi contemporanea con TCD e finometer, al fine di studiare l'autoregolazione dinamica cerebrale secondo gli standard di ricerca sul campo.

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7

Queste sono le valutazioni emerse dal nostro studio realizzato su soggetti sani,

senza ipertensione endocranica, stenosi carotidee emodinamicamente

significative o patologie a carico del sistema cardiovascolare, sia acute che croniche quali diabete mellito o ipertensione arteriosa. Sarebbe dunque interessante estendere questo tipo di valutazione anche a questa categoria di pazienti, magari implementando il monitoraggio cerebrale intraoperatorio anche con altre metodiche, con lo scopo di rilevare un’ipoperfusione del tessuto encefalici e prevenire la sofferenza ischemica cerebrale.

Questo potrebbe consentire, nel paziente più a rischio, la revisione degli approcci farmacologici utilizzati durante la fase d’induzione e la messa in atto di opportune manovre di protezione cerebrale.

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8

1. PARTE GENERALE

1.1. ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CIRCOLO 1CEREBROVASCOLARE

1.1.1. PRINCÌPI GENERALI E ANATOMIA CEREBROVASCOLARE

La principale funzione della circolazione cerebrale è quella di mantenere un apporto costante di ossigeno all’encefalo. Il circolo cerebrale deve inoltre essere in grado di modulare il flusso locoregionale per adeguarlo alle esigenze funzionali delle diverse aree cerebrali.[1]

La perfusione cerebrale è garantita da due coppie di arterie, le arterie carotidi interne e le arterie vertebrali, che, entrando nel cranio e anastomizzandosi fra loro, formano un anello vascolare, il poligono di Willis. Esso è composto dalle due arterie cerebrali anteriori, unite dall’arteria comunicante anteriore, e dalle due arterie comunicanti posteriori, che collegano le arterie carotidi interne alle arterie cerebrali posteriori.

Il poligono di Willis, grazie alla sua peculiare conformazione, permette la comunicazione e la possibilità di una supplenza tra i due emisferi cerebrali e tra il sistema carotideo e quello vertebro-basilare (fig. 1.1). Peraltro, questo importante sistema anastomotico della circolazione cerebrale è frequentemente sede di varianti anatomiche che ne riducono l’efficienza: comunicante anteriore sottile, origine delle due arterie cerebrali anteriori da una sola carotide, arteria comunicante posteriore filiforme, origine di una o entrambe le arterie cerebrali posteriori dal sistema carotideo.

Il sangue refluo viene invece accolto nei seni venosi presenti nello spessore della dura madre; in particolare: le convessità cerebrali scaricano soprattutto in alto

(11)

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verso il seno sagittale superiore, la faccia interemisferica verso i due seni sagittali (superiore e inferiore), e la faccia inferiore nei seni cavernosi, petrosi e trasversi. Il sangue venoso dei corpi striati, della capsula interna, delle pareti ventricolari e di una parte del centro semiovale, oltre a quello dei plessi corioidei, è raccolto da un grande tronco venoso impari e mediano, la grande vena di Galeno. Essa si unisce al seno longitudinale inferiore per formare il seno retto, che si butta nel torculare di Erofilo (confluente dei seni: sagittale superiore, retto, trasversi e occipitale). Il sangue venoso della base dell’encefalo è raccolto dalle vene basilari che si gettano nella grande vena di Galeno. Infine tutto il sangue venoso intracranico è convogliato dai due seni trasversi, che danno origine alle vene giugulari interne destra e sinistra [2]

Figura 1.1 - Il poligono di Willis [Netter].

Per lo scopo del nostro studio è particolarmente importante il decorso dell’arteria cerebrale media che è quella che normalmente viene valutata negli studi di

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emodinamica tramite Doppler Transcranico. Tale arteria decorre nella scissura laterale del Silvio, fino a raggiungere la superficie dell‘ insula dove inizia a fornire i suoi rami corticali superficiali.

Nel suo tratto iniziale il suo decorso è piuttosto rettilineo e questo ci permette il più delle volte di insonorizzarla abbastanza facilmente con il doppler transcranico. Ricordiamo che nel sistema di autoregolazione cerebrale la vasocostrizione e la vasodilatazione riguardano i piccoli rami terminali e non il tronco principale dell’arteria.

Per comprendere a fondo la fisiologia del circolo cerebrale, è fondamentale analizzare il flusso ematico cerebrale e i suoi determinanti.

Il tessuto cerebrale costituisce ≈2% della massa corporea e assorbe ≈14% della gittata cardiaca, che corrisponde a ≈ 750 ml/min. Il consumo di ossigeno della sostanza grigia, peraltro più vascolarizzata di quella bianca (100 ml/min/100 g di tessuto), è di circa 7 ml/min/100 g di tessuto, che rappresenta il 20% del consumo totale a riposo, con un coefficiente di estrazione del 35%.[3]

In condizioni fisiologiche il flusso ematico cerebrale è compreso fra 45 e 65 ml/100g/min. Il livello critico, invece, si aggira intorno a 18 ml/100g/min nel soggetto cosciente con consumo metabolico cerebrale di ossigeno normale

(CMRO2).

Il tessuto cerebrale a differenza di altri tessuti costituenti risulta essere il più vulnerabile agli insulti ischemici. Per tale motivo (per consentire un costante apporto di ossigeno, glucosio ed una continua rimozione dei cataboliti) il flusso ematico deve essere regolarmente mantenuto.

Il glucosio costituisce il substrato primario per la generazione di energia ma nel cervello non esistono zone di storaggio per cui risulta, quindi, evidente come sia

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fondamentale per il metabolismo di quest’organo mantenere costante il flusso

ematico.

Per soddisfare il fabbisogno metabolico sono necessari ogni minuto circa 60g di glucosio.

E’ stato visto che, in assenza di ipoglicemia grave, il Consumo Metabolico

Cerebrale di Ossigeno (CMRO2) è un indicatore alquanto sensibile del

metabolismo cerebrale.

Il cervello umano è l’organo a più alta richiesta energetica (ATP) e per mantenere la sua integrità funzionale e strutturale dipende quasi completamente dal metabolismo aerobio del glucosio: attraverso la via glicolitica, il ciclo di Krebs e la catena ossidativa, per ogni mole di glucosio metabolizzato sono prodotti 38 moli di ATP.

In mancanza di glucosio il cervello può temporaneamente preservare la produzione di ATP utilizzando vie metaboliche diverse come quella della fosfocreatina, di cui è ricco.

Nonostante la funzione cerebrale sia temporaneamente alterata, se l’ipoglicemia non persiste troppo a lungo, al ristabilirsi della glicemia normale si assiste ad un recupero completo. In mancanza di ossigeno, invece, il metabolismo del glucosio diventa anaerobio e produce come metabolita finale l’acido lattico e solo 2 moli di ATP.

Di conseguenza la glicolisi è ulteriormente accelerata, precipitando la deplezione di glucosio e di fosfocreatina (estremamente sensibile alla privazione di O2).

Privando il cervello delle sue due maggior sorgenti di ATP, questo va rapidamente incontro a danni funzionali e, se l’ipossia persiste, strutturali.

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12

CMRO2= CBF x (CaO2CjvO2)

dove: CaO2 = contenuto arterioso di O2, CjO2= contenuto venoso giugulare di O2.

In condizioni fisiologiche Il CBF = 50 ml/100g/min, CaO2 = 14 ml/dl, CjvO2 = 7,7

ml/dl.

E’ stato dimostrato che il CMRO2 è stabile (3-3.8 ml/100g/min) sia durante il sonno

normale che durante la più intensa attività mentale: questo significa che al variare

della differenza di CaO2 – CjvO2 varia il CBF; quindi questo vuol dire che flusso e

metabolismo sono strettamente accoppiati e infatti, misurazioni regionali del Consumo e del Flusso, indicano che le zone del cervello attivate consumano di più e ricevono più sangue, con un bilancio globale immodificato.

Quando Consumo e Flusso sono disaccoppiati, come può succedere in fase acuta

a seguito di trauma cranico grave, la differenza CaO2 – CjvO2 diventa un

indicatore dell’adeguatezza del CBF alle necessità metaboliche cerebrali: una

riduzione di questa differenza indica lo stato di iperemia, il suo aumento lo stato di ischemia.

CBF

Global

Cortical (materia grigia)

Subcortical (materia bianca)

45 – 55 ml/100 g/min 75 – 80 ml/100 g/min 20 ml/100 g/min CMRO2 3 – 3.5 ml/100 g/min CVR 1.5 – 2.1 mmHg/100 g/min/ml Cerebral Venous PO2 55% - 70% ICP (supino) 8 – 12 mmHg

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13

1.2. MECCANISMI DI AUTOREGOLAZIONE

CEREBROVASCOLARE

Il circolo cerebrale è in grado di adattarsi ad ogni variazione del metabolismo cerebrale e, nello stesso tempo, di prevenire o limitare tutti quei fattori che ne possano compromettere il regolare funzionamento.

Nei casi di un rapido crollo della pressione arteriosa, il circolo cerebrale metterà in atto una serie di strategie per garantire un adeguato flusso ematico, altresì di fronte ad un eccessivo aumento della pressione intracranica.

Tutto è garantito dai meccanismi di regolazione del CBF, di cui i più importanti sono:

I. Autoregolazione

II. Regolazione chimica, risposta alla CO2 e alla PaO2

III. Regolazione metabolica IV. Regolazione Neurogena.

1.2.1. AUTOREGOLAZIONE

Questa garantisce un CBF costante entro ampi limiti di variazione della Pressione di Perfusione Cerebrale (CPP). Il CBF ubbidisce alla legge di Poiselle che mette in relazione il flusso direttamente con il gradiente di pressione nei vasi (la quarta potenza del raggio), e indirettamente con la viscosità ematica e la lunghezza dei vasi.

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14

Dove: k= costante, r = raggio del vaso , n= viscosità ematica , l = lunghezza dei

vasi .

Questa formula può essere tradotta come segue:

CBF = PPC / RVC

Dove: PPC = Pressione di perfusione cerebrale, RVC = Resistenze vascolari

Cerebrali

Lo stimolo all’autoregolazione è quindi la PPC, non la pressione arteriosa sistemica in senso assoluto. La PPC è uguale alla Pressione Arteriosa Sistemica Media (PAM) meno la Pressione Intracranica (PIC) che, in condizioni fisiologiche, essendo compresa tra 1 e 12 mmHg rende la differenza fra PAM e PPC irrilevante; ma diventa di estrema importanza nei casi di ipertensione endocranica, per esempio post-traumatica.

Per quanto non definitivamente dimostrato, si ritiene che alla base del meccanismo di autoregolazione del CBF vi sia un fenomeno miogeno. Numerosi fattori metabolici e neurali (con particolare riferimento al sistema nervoso autonomo) possono contribuire a questo processo. Numerose sono le teorie avanzate al riguardo. La maggior parte di queste sono centrate sul ruolo dell’endotelio e della muscolatura liscia vascolare. Il ruolo dell’endotelio nel meccanismo della regolazione miogena sembra comprendere da una parte la produzione di molteplici molecole ad azione vasodilatatoria e dall’altra le sue

proprietà meccanocettrici. Due sembrano essere i principali meccanismi: lo shear

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15

E’ stato dimostrato che l’aumentata velocità del flusso (shear stress) e l’aumento della pressione transmurale determinano vasocostrizione in modo indipendente l’uno dall’altro. Lo shear stress determina dunque vasocostrizione anche in assenza di un’aumentata pressione transmurale e viceversa.

La cosiddetta ipotesi miogena sostiene invece che variazioni della CPP siano in

grado di modificare direttamente il tono della muscolatura liscia vascolare attraverso un meccanismo passivo che consegue allo stiramento delle miocellule, con conseguente stimolazione di queste e successiva attivazione di numerosi canali ionici del calcio (Ca2+).

Più importanti ai fini dell’autoregolazione sono le arterie di piccolo calibro, in particolar modo le piali, che riescono a modificare il loro diametro del 200 – 300 % e sono quindi responsabili della componente arteriolare delle resistenze vascolari cerebrali, che possono raggiungere l’85% di tutte le resistenze vascolari cerebrali.

Nel 1959 Lassen [4] ha stabilito che il CBF nell'uomo è indipendente da cambiamenti nella pressione arteriosa media (MAP),se questa è mantenuta in un intervallo compreso tra 50 a 150 mmHg: al di sopra di questo livello compare l’encefalopatia ipertensiva secondaria a rottura della barriera ematoencefalica, edema e ischemia. In questo caso il flusso aumento passivamente. A pressioni inferiori a 50 mmHg si ha una vasodilatazione massimale, e un danno ischemico da ipoafflusso; il flusso diventa pressione dipendente.

La regolazione miogena è influenzata da vari processi patologici e dalla rapidità

con la quale si verificano i cambiamenti della CPP; anche nell’ambito della

normale regolazione un improvviso cambiamento della pressione arteriosa darà luogo ad un’alterazione transitoria (da 3 a 4 minuti) del CBF.

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Esistono due tipi di autoregolazione:

-la regolazione statica, che mantiene il flusso costante in risposta ad alterazioni graduali e progressive della perfusione cerebrale. Il valore normale è stato descritto essere corrispondente ad una modificazione compresa tra lo 0.5% - 4% del CBF per variazioni di ogni mmHg della CPP.[5]

-la regolazione dinamica, che consiste in una rapida regolazione del CBF in risposta a variazioni di pressioni improvvise, che avvengano in un arco temporale molto ristretto (<5 secondi).[6]

1.2.2. REGOLAZIONE CHIMICA E RISPOSTA ALLA CO2 E ALLA PaO2

La capacità di risposta dei vasi cerebrali ai cambiamenti della PaCO2 è

impressionante: il raddoppio della PaCO2 a 80 mmHg è capace di raddoppiare il

CBF per effetto di una vasodilatazione massimale.

Il dimezzamento della PaCO2 a 20 mmHg dimezza il CBF, come effetto di una

vasocostrizione massimale. Il cervello sano sembra tollerare questa riduzione del CBF senza subirne conseguenze ischemiche; è anche vero, però, che la grave alcalosi provocata da una simile ipocapnia può indurre un ipossia cerebrale secondaria per effetto dello shift della curva di dissociazione dell’Hb verso sinistra, che limita la disponibilità di O2 a livello capillare.

Sembra ormai definitivamente dimostrato che il meccanismo alla base della risposta vascolare alla CO2 sia di natura chimica, legato alle variazione di Ph

indotte dalla CO2: la molecola di CO2 è priva di qualunque effetto sulla parete

vascolare , ma diffonde rapidamente attraverso la barriera ematoencefalica e si dissocia producendo idrogenioni che fanno variare il ph perivascolare.

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17

La vasocostrizione indotta dall’ipocapnia è di breve durata: rapidamente i vasi si adattano al nuovo ph e tendono a riportare i loro diametro ai valori di partenza. Di questo fenomeno occorre tenere conto quando si utilizza l’ipocapnia indotta artificialmente per ridurre l’ipertensione intracranica, per es. post-traumatica (iperventilazione meccanica). Inoltre molte condizioni patologiche attenuano o

aboliscono la reattività dei vasi alla CO2, in modo globale o regionale: un esempio

è dato dall’ipotensione grave, al limite inferiore dell’autoregolazione. In questo caso i meccanismi di autoregolazione hanno già imposto una vasodilatazione massimale per mantenere il CBF e i vasi cerebrali non sono più capaci di rispondere all’ipocapnia indotta.

L’ipossia è lo stimolo più potente alla vasodilatazione cerebrale, ma soltanto per valori critici , inferiori a 50 mmHg.

1.2.3. REGOLAZIONE METABOLICA

I dati disponibili documentano l’importanza di sostanze derivate dalla degradazione locale dei prodotti del metabolismo o coinvolte nel processo stesso della trasmissione sinaptica: potassio ( K+), idrogeno ( H+), lattato, adenosina, glutammato e ossido nitrico (NO).

 Gli ioni potassio ed idrogeno sono prodotti dalla trasmissione sinaptica ed è

stato dimostrato che il loro aumento stimola la vasodilatazione. A dimostrazione di ciò, nelle miocellule dei vasi cerebrali sono stati riscontrati canali per il potassio implicati nell’aumento di entrambi gli ioni: K+ e H+. Inoltre a questo livello è stata riscontrata la presenza di canali K+

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ATP-18

dipendenti che suggeriscono un collegamento diretto tra attività neuronale e flusso sanguigno cerebrale. La reattività del flusso ematico cerebrale alla

CO2 è mediata dall’azione dell’idrogeno sulle arterie cerebrali. Il

meccanismo d’azione attraverso cui l’idrogeno induce vasodilatazione non è ancora ben compreso. Tuttavia studi recenti hanno dimostrato come l’ossido nitrico sia implicato nella risposta vasodilatatoria all’ipercapnia. A sostegno di questa tesi vi è l’evidenza clinica che gli inibitori dell’ NO sintasi attenuano l’acidosi.

 Per quanto riguarda l’adenosina, sappiamo che i suoi livelli extracellulari

aumentano rapidamente con l’attività neuronale inducendo una

vasodilatazione. Poiché la sua liberazione è stimolata dal glutammato, la sua azione è direttamente proporzionale alla concentrazione di quest’ultimo. Studi sperimentali, dove si induceva un blocco dei recettori purinergici, hanno dimostrato una attenuazione della vasodilatazione in risposta alla somministrazione di glutammato ma non hanno registrato alcun effetto sul diametro del vaso a riposo o sulla reattività alla CO2. Tutto

questo ha sottolineato l’importanza dell’adenosina sulla dilatazione delle

arteriole indotta dal glutammato.

 Il glutammato, rilasciato a seguito di un incremento dell’attività neuronale, è

responsabile della sintesi e della liberazione dell’ossido nitrico (potente vasodilatatore ). Prende sempre più credito la convinzione che l’ossido nitrico giochi un ruolo centrale nella regolazione del flusso cerebrale. Esso

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19

interagisce con numerose altre vie di segnale coinvolte nel controllo vascolare.

 Dati recenti hanno evidenziato il ruolo della glia nel rapporto tra flusso e metabolismo. La ricaptazione del glutammato rilasciato dai neuroni provoca un aumento del metabolismo gliale e della produzione di acido lattico. Le terminazioni gliali, che come sappiamo creano un contatto tra i neuroni e i

capillari, fanno della glia un tramite per l’accoppiamento fra l’aumento

dell’attività neuronale, del consumo di glucosio e del flusso ematico regionale. Le fibre nervose che innervano i vasi cerebrali rilasciano inoltre

peptidi ad azione neurotrasmettitrice coinvolti nell’accoppiamento

neurovascolare.

Quindi l’accoppiamento tra flusso e metabolismo cerebrale rappresenta un complesso processo fisiologico regolato non da un singolo meccanismo, ma da una combinazione di fattori metabolici, gliali, neurali e vascolari.

1.2.4. REGOLAZIONE NEUROGENA

L’innervazione autonoma influenza prevalentemente i grossi vasi con vasodilatazione indotta dal stimolo sui recettori b1 - adrenergici e vasocostrizione indotta dallo stimolo sui recettori α1-adrenergici.

Da sottolineare la possibilità di una vasocostrizione significativa, con riduzione critica del CBF, per valori estremamente elevati di catecolamine endogene circolanti, come negli stati di shock emorragico.

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20

Esiste viceversa una tendenza al mantenimento del tono vasomotorio di base e

quindi un freno alla vasodilatazione massimale indotta , per es. dall‘ipossia,

dall’ipercapnia e dall’ipotensione.

CAUSE DI DISACCOPPIAMENTO

1. Perdita dell’autoregolazione

2. PPC minore di 50 mmHg

3. PPC maggiore di 150 mmHg

4. Danno cerebrale acuto, trauma cranico, ischemia cerebrale

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21

2. ANESTESIA GENERALE E FARMACI ANESTETICI

2.1. L’ANESTESIA GENERALE

Per anestesia generale si intende una condizione temporaneamente indotta e reversibile, il cui intento è quello di conseguire i seguenti scopi:

1. Abolizione della coscienza (ipnosi);

2. Perdita della memoria (amnesia) della fase intra-operatoria;

3. Miorisoluzione, abolizione, cioè, della contrattilità e del tono della muscolatura

scheletrica;

4. Areflessia, abolizione, cioè, di quei riflessi, principalmente vagali, che, se innescati, potrebbero produrre turbe cardiovascolari (bradicardia fino all’arresto cardiaco, ipotensione arteriosa da vaso paralisi), respiratorie (broncostenosi, aumento delle secrezioni bronchiali) e metaboliche (ipoglicemia);

5. Analgesia, abolizione, cioè, della percezione degli stimoli dolorosi

2.1.1. LE FASI DELL’ANESTESIA

I. PREMEDICAZIONE

II. INDUZIONE

III. MANTENIMENTO

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22

Poiché lo studio che è stato condotto si propone di studiare le modificazioni del flusso ematico cerebrale limitatamente alla fase di induzione verranno di seguito illustrate le procedure attuate fino alla fase di mantenimento, esclusa.

PREANESTESIA

Si tratta di una procedura finalizzata a:

1. Attenuare l’attività vagale riflessa, potenzialmente responsabile di:

a. Bradicardia

b. Ipotensione arteriosa

c. Aumento delle secrezioni bronchiali e salivari

2. Elevazione della soglia dolorifica

3. Sedazione psichica

4. Prevenzione del vomito

La somministrazione della preanestesia avviene, nell’adulto, generalmente per via endovenosa; nel bambino, per via orale o rettale.

ELEVAZIONE DELLA SOGLIA DOLORIFICA

Si ottiene mediante analgesici, di cui i più impiegati sono gli OPPIOIDI.

Dotati di grande liposolubilità, diffondono facilmente a livello del SNC dove, attivando gli specifici recettori, producono analgesia.

Si conoscono 3 recettori: μ (Mu), k (Kappa) e δ (Delta). Il loro meccanismo è legato alla modificazione dell'elettrofisiologia del potassio e del calcio e più precisamente: recettori μ e δ aumentano la conduttanza al potassio mentre i

(25)

23

recettori k riducono la conduttanza al calcio. Si riscontrano soprattutto nella sostanza grigia periacqueduttale e nelle corna posteriori del midollo spinale. In particolare, l’effetto analgesico si verifica per:

 Blocco della trasmissione degli stimoli dolorifici dalle fibre sensitive primarie

ai neuroni sensitivi di II ordine, nelle corna grigie dorsali del midollo spinale;

 Inibizione degli interneuroni GABAergici che modulano negativamente

l’attività della via ascendente nocicettiva endogena.

Gli effetti avversi legati alla somministrazione di oppiodi sono molteplici, per cui è necessario mantenere un costante monitoraggio del paziente, già durante le primissime fasi dell’anestesia. Tra questi ricordiamo:

 Depressione respiratoria

 Bradicardia senza diminuzione dell’inotropismo

 Ipotensione arteriosa per vasodilatazione diretta ed istamino-dipendente

(qualora l’oppioide agisca da istamino-liberatore, caso della morfina ma non del fentanil e congeneri)

 Nausea e vomito

 Rallentamento dello svuotamento gastrico e della peristalsi intestinale

 Ipertensione biliare, per spasmo dello sfintere di Oddi

 Miosi

Il capostipite è rappresentato dalla morfina, poco utilizzata in preanestesia, poiché il picco dell’effetto analgesico si manifesta piuttosto tardivamente nonostante la somministrazione avvenga per via endovenosa.

(26)

24

La morfina, inoltre, determina liberazione di istamina con conseguente instabilità cardiovascolare.

Preferibile è l’impiego del fentanil, oppioide sintetico, 50 volte più potente della morfina come analgesico, il cui effetto, dopo somministrazione endovenosa, compare entro 5 minuti, per l’elevata liposolubilità.

Non determina, a differenza della morfina, liberazione di istamina e, quindi, ipotensione arteriosa, garantendo stabilità emodinamica.

Viene metabolizzato dal fegato ed eliminato attraverso il rene. La sua farmacocinetica è condizionata dall’età: a parità di dose, la concentrazione di fentanil risulta doppia nell’anziano.

SEDAZIONE PSICHICA

Viene ottenuta mediante l’utilizzo di benzodiazepine. Questi farmaci esercitano effetti ansiolitici, ipnotici, amnesici, miorilassanti ed anticonvulsivanti fungendo da

modulatori allosterici positivi del recettore GABAa . Aumentano, cioè, la frequenza

di apertura del canale del Cl- ad esso associato, in presenza di GABA. Ne deriva

un potenziamento della neurotrasmissione GABAergica inibitoria. In preanestesia, il midazolam ha sostituito il diazepam per:

 Onset più rapido (e.v.: 30”-1’, i.m.: 15’)

 Minori reazioni locali

 Maggiore effetto amnesico

 Maggiore potenza sedativa (3-4 volte)

(27)

25

Viene somministrato per via e.v. alla dose di 1-2 mg, la formulazione orale è invece particolarmente utile per la preanestesia dei bambini, al dosaggio di 0,25 mg/Kg.

Gli effetti indesiderati comprendono:

 Depressione respiratoria, per diminuzione della sensibilità del centro del

respiro alle modifiche della pCO2. Tale effetto è correlato alla dose ed alla

velocità di somministrazione del farmaco. L’apnea insorge nel 25% dei pazienti. La prevalenza è aumentata da: contemporaneo uso di oppioidi, età avanzata, malattie dell’apparato respiratorio;

 Ipotensione arteriosa

 Reazioni paradosse (euforia, agitazione, iperattività)

In caso di overdose è indicato l’utilizzo del flumazenil, antagonista competitivo del

sito di legame per le benzodiazepine, sul recettore GABAa del GABA.

INDUZIONE

È la fase compresa tra l’inizio della somministrazione degli anestetici e la perdita di coscienza.

Attualmente l’induzione si effettua soprattutto per via endovenosa, perché più rapida e confortevole.

Solo in particolari categorie di pazienti, quali bambini, si ricorre ad un’induzione per via inalatoria.

(28)

26

Come anestetici inalatori vengono generalmente utilizzati agenti alogenati quali enflurano e sevoflurano, che possiedono capacità induttiva soprattutto su neonati e bambini, minore negli adulti.

2.2. ANESTETICI GENERALI

Gli anestetici generali sono una eterogenea classe di farmaci che, con diverso meccanismo d'azione (in alcuni casi non ancora ben chiarito), sono in grado di deprimere il sistema nervoso centrale privandolo dello stato di coscienza

Sono suddivisibili in:

 INALATORI  Alotano  Desflurano  Enflurano  Isoflurano  Protossido d’azoto  Sevoflurano  ENDOVENOSI  Barbiturici  Benzodiazepine  Etomidato  Ketamina  Oppiacei  Propofol

(29)

27

PROPOFOL

Questo farmaco rientra nel gruppo degli alchifenoli. Si tratta di oli a temperatura ambiente, quindi insolubili in acqua, ma altamente liposolubili.

Il propofol ha un pH di 7 ed appare come una sostanza leggermente vischiosa, di colore bianco latte.

È un potente GABA-mimetico: potenzia il tono GABA-ergico nel SNC, interagendo con i recettori GABAa a livello di un sito di legame diverso da quello per GABA,

BDZ e barbiturici.

 FARMACOCINETICA

Dopo somministrazione e.v. la concentrazione plasmatica del farmaco si equilibra rapidamente con quella del SNC, inducendo ipnosi in 30-60 secondi.

Le concentrazioni ematiche e cerebrali conoscono un rapido declino a causa di:

 Ridistribuzione verso organi meno vascolarizzati

 Metabolismo epatico ed extraepatico, con formazione di

metaboliti idrosolubili che vengono eliminati attraverso i reni

Ciò giustifica la cessazione degli effetti terapeutici dopo 4-8 minuti dalla somministrazione in bolo. La clearance avviene mediante processi metabolici, prevalentemente epatici, e porta alla formazione di glucuronidi di propofol e glucoronidi solfati coniugati da corrispondente chinolo. Tutti i metaboliti sono inattivi.

(30)

28

 EFFETTI SUL SNC

 Comparsa di onde delta e teta all’EEG

 Riduzione del consumo cerebrale di O2

 Riduzione della pressione endo-oculare

 Riduzione del flusso ematico cerebrale e della pressione

endocranica

Il propofol determina una riduzione dose-dipendente del FEC e del CMR. Tre studi sull’uomo hanno evidenziato una riduzione media del FEC e del CMR rispettivamente del 51% e del 36%. Sembra che il propofol determini una riduzione del CMR ed in secondo luogo del FEC e della ICP. Sia la

risposta alla CO2 sia l’autoregolazione sembrano mantenute durante la sua

somministrazione. Probabilmente ciò è dovuto alla riduzione del CMR indotta dalla vasodilatazione cerebrale, tale da limitare ulteriormente la vasocostrizione indotta dall’ipocapnia.

 EFFETTI SULL’APPARATO RESPIRATORIO

Si verifica una depressione del centro del respiro dose-dipendente. Ciò determina:

 Nel 25-30% apnea

 Nei restanti casi si verifica una riduzione della frequenza

respiratoria e del volume corrente con conseguente riduzione del

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29

 EFFETTI SULL’APPARATO CARDIOVASCOLARE

Gli effetti sono dose-dipendenti e si palesano in:

 Riduzione delle resistenze vascolari periferiche e della contrattilità

miocardica con conseguente caduta della PA

Il propofol possiede inoltre proprietà antiemetiche che assicurano una più bassa incidenza di vomito dopo anestesia.

È indicato sia per l’induzione che per il mantenimento dell’anestesia. La dose di induzione varia da 1,5-2,5 mg/Kg. L’uso di un oppioide in preanestesia consente l’impiego di dosi più basse.

Posologie inferiori sono raccomandate nei soggetti anziani e nei pazienti con problemi emodinamici, verso i quali il farmaco propone maggiormente i suoi effetti collaterali più rilevanti. Ai fini del mantenimento dello stato anestetico è consigliata la somministrazione per infusione continua, piuttosto che in boli intermittenti.

Gli effetti avversi sono rappresentati da dolore in sede d’iniezione, mioclonia, apnea, ipotensione arteriosa, reazioni allergiche.

CURARIZZAZIONE

Al momento dell’induzione dell’anestesia viene somministrato un miorilassante per facilitare le manovre di intubazione tracheale.

I farmaci miorilassanti, anche noti come bloccanti neuro-muscolari o curari, a seconda del meccanismo d’azione, vengono distinti in:

(32)

30

Sono così definiti perché attivano i recettori nicotinici post-sinaptici muscolari dell’acetilcolina, determinando depolarizzazione delle fibre muscolari, che si manifesta, inizialmente, con la comparsa di fascicolazioni

 Competitivi o non depolarizzanti

Agiscono da antagonisti competitivi dei recettori nicotinici post-sinaptici muscolari dell’acetilcolina

Dal punto di vista chimico distinguiamo:

Alcaloidi naturali - D-tubocurarina Ammoniosteroidi - Pancuronio - Rocuronio - Vecuronio Benzilisochinoline - Atracurio - Cis-atracurio - Mivacurio

Azioni addizionali al blocco neuromuscolare sono rappresentate da: - Rilascio di istamina

(33)

31

 FARMACOCINETICA

Gli ammonio-steroidi vengono metabolizzati a livello epatico con formazione di metaboliti meno attivi, eliminati attraverso le urine.

Le benzilisochinoline, atracurio e cis-atracurio, vengono metabolizzati attraverso esterasi plasmatiche e per eliminazione non enzimatica di Hoffmann. I loro livelli plasmatici sono quindi indipendenti dalla funzionalità epatica e renale.

Gli effetti indesiderati sono rappresentati da:

- Apnea prolungata

- Collasso cardio-circolatorio

- Reazioni istamino-dipendenti

Il loro utilizzo è essenziale per facilitare le manovre di intubazione tracheale,in fase di induzione e per favorire le procedure chirurgiche, per rilassamento della muscolatura scheletrica, in fase di mantenimento.

All’induzione ed alla miorisoluzione fa seguito l’INTUBAZIONE TRACHEALE. Essa consiste nell’inserimento di un tubo in trachea al fine di garantire l’assistenza respiratoria.

 EFFETTI SUL SNC

L'unico effetto riconosciuto dei farmaci rilassanti non depolarizzanti sul sistema vascolare cerebrale avviene tramite il rilascio di istamina. L'istamina può

provocare una riduzione della CPP a causa del contemporaneo aumento della ICP (causata da vasodilatazione cerebrale) e una diminuzione della MAP. Non è

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32

del tutto chiaro, quando la BBB è intatta, se l'istamina provochi direttamente vasodilatazione cerebrale o se si tratti di un risposta secondaria (autoregolazione) dovuta ad una riduzione della MAP.

Le azioni indirette dei miorilassanti possono anche avere effetti sulla fisiologia cerebrale. Il Pancuronio somministrato in bolo ad alte dosi può provocare un brusco aumento della pressione arteriosa. Questo potrebbe elevare l’ ICP in pazienti con una ridotta compliance intracranica e sistemi di autoregolazione deficitari; tuttavia,non è mai stato riportato alcun caso clinico significativo.

I curari, comunque, di massima, riducono l’ICP perché sono impediti la tosse e la tensione muscolare e questo si traduce in un abbassamento della pressione venosa centrale con una concomitante riduzione dell’impedenza al deflusso venoso cerebrale.

2.2.1. EFFETTO DEGLI ANESTETICI SUL FEC E SUL CMR

In ambito anestesiologico, ed in particolare in neuroanestesia viene posta una discreta enfasi sul modo in cui i farmaci anestetici possano influenzare il CBF. Il motivo è duplice:

1. Da un lato, la distribuzione dei substrati energetici è strettamente

dipendente dal CBF;

2. Dall’altro, il controllo del CBF è correlato alle variazioni di ICP perché come

il CBF varia in risposta alle influenze vasocostrittrici o vasodilatatrici, il CBV (cerebral blood volume) varia con esso.

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33

È probabile che i cambiamenti di CBF indotti dai farmaci anestetici somministrati per via endovenosa siano in gran parte il risultato dell’effetto delle variazioni del CMR e, parallelamente, del CBF. Se fosse sempre così, però, la CBF/CMR ratio sarebbe la stessa per tutti gli anestetici. Invece così non è. Sono infatti documentati effetti diretti, esercitati sulla parete muscolare dei vasi cerebrali, che possono contribuire a modificare la risposta attesa.

Il FEC varia proporzionalmente alle variazioni di PaCO2 soprattutto all’interno del

range fisiologico. La risposta del FEC alle variazioni di PaCO2 si riduce quando

quest’ultima scende sotto 25 mmHg.

Gli anestetici in grado di modificare il FEC modificano la reattività del circolo cerebrale alla CO2. L’entità della riduzione del FEC determinata dall’ipocapnia è

maggiore quando il FEC è elevato. Al contrario sarà minore quando il FEC è basso in partenza.

Va però osservato che la reattività alla CO2 nel cervello normale durante anestesia

è sempre mantenuta, indipendentemente dall’anestetico. Variazioni della PaO2 da

60 ad oltre 300 mmHg hanno scarsa influenza sul FEC. Al di sotto di una PaO2 di

60 mmHg tuttavia il FEC aumenta rapidamente.[7]

L’uso del Doppler transcranico per la valutazione non invasiva del CBF durante le profonde modificazioni, farmaco-indotte, della pressione arteriosa media è stato già ampiamente validato nel passato.[8]

Data l’importanza rivestita da questo strumento per la raccolta dei dati necessari al nostro studio, la sua trattazione viene rimandata in un paragrafo ad hoc.

(36)

34

3. IL DOPPLER TRANSCRANICO (TCD)

3.1 LO STRUMENTO

La sonografia Doppler transcranica è una tecnica non invasiva che utilizza un trasduttore Doppler pulsato a 2 MHz per valutare la velocità del flusso ematico sanguigno all’interno del poligono di Willis e nel sistema vertebro-basilare attraverso la regione ossea temporale, o meno frequentemente l’orbita ed il Forame Magno. Questa metodica è non invasiva, non irraggiante, portatile e sicura, può inoltre essere utilizzata sia per esami estemporanei che prolungati. L’accuratezza diagnostica dipende da conoscenze, competenze ed esperienza dell’esaminatore, che deve essere familiare all’anatomia e alla fisiologia dell’albero vascolare intracranico, oltre che alla fisiopatologia dello stroke e altre malattie neurovascolari.

(37)

35

3.2 STORIA

Nel 1979, basandosi sui lavori precedenti di Satomura e Kaneko [9] [10], Nornes

et al. descrissero l’utilizzo della sonografia Doppler effettuata in ambito

intraoperatorio col fine di studiare l’emodinamica cerebrale [11]. Tre anni dopo,

Aaslid et al. introdussero sulla scena neurorianimatoria lo strumento con

tecnologia PEDOF 2-MHz prodotto dalla Vingmed, “Horton”[12], il quale ha reso possibile la misurazione non invasiva delle velocità di flusso delle grandi arterie intracraniche. Nel 1984, Eden Medical Electronic (“EME”) mise in commercio il TC2-64 Scanner: un piccolo strumento portatile controllato da un microprocessore che ha reso possibile la trasformazione da analogico a digitale dell’output dell’onda di velocità. Due anni dopo, in collaborazione con Aaslid, la stessa società ha sviluppato il Trans-Scan: uno strumento in grado di generare una mappa di flusso in multiproiezione, con un codice colore standardizzato per la velocità di flusso e la direzione del flusso stesso[3]. Nel 1988, EME introdusse il TC2000 Scanner: un’evoluzione delle versioni precedenti dotato di fini funzioni di

postprocessing e display. Tra le evoluzioni più recenti, si annovera l’introduzione

di agenti di contrasto sonografico intravascolari, e lo sviluppo di una tecnologia

multi-channel che permette l’analisi contemporanea di due vasi intracranici,

(38)

36

3.3 PRINCÌPI

Per comprendere il funzionamento del Doppler si deve procedere in 2 step per arrivare alla relazione matematica tra la velocità (V) dell’oggetto e la variazione della frequenza (f) dell’onda riflessa.

Per prima cosa, si deve determinare la frequenza f1 da una cellula ematica che si muove con una velocità V (fig. 3.1); in secondo luogo, si deve determinare la frequenza f2 ricevuta dal trasduttore (fig. 3.2).

Figura 3.2. Doppler effect “perceived” by a red blood cell moving with velocity (V) head-on against

a soung wave of lenght 0 propagating at the velocity of sound (c). The blood cell meets the sound

wave with the combined velocity of the two movements (V + c) and therefore at an increased frequency. TX, transmitter.

(39)

37

Figura 3.3. Doppler shift received at the transducer from a moving red blood cell reflecting a sound

wave. If the cell had been stationary, a wavelenght of 1 would have been recerived as shown in

the upper half. The cell movement at velocity (V) in the same direction as the propagation of the sound wave at velocity c “compresses” the wave to a lenght of λ2 because the transmitter movers a

distance (λ1 x V/c) during the production of one wavelenght of sound. RX, receiver.

Nel primo caso (fig. 3.1) vediamo che la cellula ematica incontra il fronte d’onda

con una velocità pari a V + c, dove c è la velocità di propagazione degli ultrasuoni.

La frequenza ricevuta è proporzionale a questa somma e alla frequenza f0

dell’onda trasmessa:

1= 0( + ) = 0 ( 1 + V )

c c

Nel secondo caso (fig. 3.2), f1 è trasmesso dalla cellula ematica in movimento; però, questa cellula si muove a una distanza di V/f1 mentre trasmette un’intera

onda. Perciò, la lunghezza d’onda sarà più piccola. Per ottenere la lunghezza d’onda λ2 vista dal trasduttore, la distanza percorsa deve essere sottratta dalla

(40)

38

lunghezza d’onda λ1 = c/f1 che sarebbe stata trovata se la particella non fosse in

movimento.

Se la velocità V è molto più piccola della velocità di propagazione c (V = massimo

4 m/s, mentre c = 1.540 ms/s), l’espressione di f2 diventa:

Lo shift del Doppler f è la differenza in frequenza fra il segnale riflesso ricevuto e la frequenza trasmessa:

Questo shift del Doppler diventa il suono e l’immagine prodotti dallo strumento

Doppler.

Una velocità di 1 m/s produrrà uno shift di ≈ 2,5 kHz con un f0 di 2 MHz e 5 kHz se

la frequenza degli ultrasuoni del Doppler è di 4 MHz.

L’esempio mostrato nelle figure precedenti è una semplificazione nella quale la

velocità è parallela alla linea di insonazione. Normalmente esiste un angolo

φ

fra

queste 2 componenti e questo deve essere tenuto in considerazione quando si interpreta lo shift di un segnale Doppler. La velocità che produce lo shift è la componente della velocità parallela alla linea d’insonazione, come illustrato in

(41)

39

figura 3.3. Questa componente è proporzionale al coseno dell’angolo

φ

. E’

importante durante le misurazioni Doppler provare a ridurre al minimo l’angolo d’insonazione. Per esempio, una variazione nell’angolo di ± 30° dà un errore massimo del 13,5%, mentre una variazione di ± 60° aumenta l’errore al 50%. La componente della velocità misurata col principio del Doppler è sempre minore o uguale alla velocità reale del flusso. Se l’angolo è conosciuto, questo effetto può essere corretto usando questa formula:

Sfortunatamente, questo non è sempre possibile durante le acquisizioni con TCD perché le arterie studiate sono corte, a decorso tortuoso e difficili da mappare accuratamente.

Figura 3.4. Dipendenza dello spostamento del Doppler sull’angolo di insonazione

(42)

40

3.3.2 VOLUME CAMPIONE

Gli shift sono determinati a partire da una regione spaziale che in sonologia viene chiamato “volume campione”, come illustrato in figura 3.4.

Figura 3.5. Il “volume campione” di uno strumento Doppler è determinato da tre fattori: (a) la

messa a fuoco laterale della sonda, (b) la lunghezza del burst trasmesso, e (c) la durata dell’apertura del range-gate.

I limiti laterali di questo campione sono dati dalla focalizzazione del fascio ultrasonoro. Dovrebbe essere ricordato che la maggior parte dei trasduttori TCD ha una focalizzazione fissata a ≈ 5 cm e che il volume campione risulterà più ampio a distanze maggiori. Il fascio al punto focale non è definito precisamente, cosicché il segnale diventerà gradualmente più debole procedendo dal centro del fascio verso la periferia. Nelle applicazioni TCD, il punto focale ha generalmente un diametro laterale di ≈ 3-4 mm, che si avvicina molto a quello delle arterie che studia.

Nella direzione assiale, il volume campione è definito attraverso una tecnica chiamata “range-gating”. Il principio del range-gating è illustrato in figura 3.5.

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41

Figura 3.6. Principi di funzionamento. Idonee scariche di energia a ultrasuoni(Tb) vengono inviai

con una frequenza di ripetizione predeterminata (PFR). La frequenza degli echi di ritorno dal sangue in movimento sono campionati in u tempo(Td) corrispondente all’impostazione della

profondità dello strumento. Il campionamento si basa tipicamente su un intervallo di tempo(Ts)

necessario alla scarica per ottimizzare il rapporto segnale-rumore e per raggiungere un campione di lunghezza ben definito.

Raffiche di onde ultrasonore sono inviate dal trasduttore periodicamente. Il valore

di ripetizione di queste raffiche è chiamato “pulse repetition frequency” (PRF). Le

raffiche vengono riflesse dalle strutture anatomiche all’interno del fascio e ritornano al trasduttore con un tempo che dipende dalla profondità (la loro distanza

dal trasduttore). Il range-gating fa una media dei segnali ricevuti in un determinato

intervallo di tempo (Ts in figura) dopo la trasmissione. Solo i segnali ricevuti all’interno di questo intervallo, corrispondenti a un intervallo di profondità, sono utilizzati per determinare lo shift. E’ possibile variare l’ampiezza del campione di

volume sia cambiando l’ampiezza delle raffiche ultrasonore (Tb), sia quella di Ts.

La maggior parte degli strumenti utilizza Ts = Tb, ed è comune nelle applicazioni

TCD prendere in esame campioni di volume piuttosto grandi (≈ 5-12 mm) col fine di ottenere un miglioramento del rapporto segnale/rumore. Come nella direzione

(44)

42

laterale, il campione di volume è definito assialmente da una graduale transizione; questo potrebbe far pensare che l’ampiezza del campione di volume cambi col guadagno dello strumento.

3.3.3 PROFILI DI VELOCITA’ E SPETTRO DOPPLER

L’equazione del Doppler che è stata descritta precedentemente deriva dall’assunzione che un singolo oggetto stava riflettendo l’onda ultrasonora. In

questo modo si è ottenuta una frequenza di shift singola e pura. Nelle applicazioni

pratiche del TCD, questa situazione si verifica quando un embolo (particolato o gassoso) passa attraverso il volume campione. Viene udito un breve (5-10 ms) “beep”. Per quanto riguarda il flusso sanguigno in un’arteria cerebrale maggiore, la situazione è più complicata a causa del relativamente grande volume campione del TCD. In questo ricadranno sezioni dell’arteria, rami secondari e segmenti tortuosi prossimali e/o distali. Ogni porzione in movimento del sangue all’interno

del volume campione contribuisce alla somma di shift con molte frequenze

diverse. Utilizzando una tecnica chiamata analisi di spettro, possiamo determinare la potenza del segnale di ogni componente di velocità, la quale viene codificata in una scala di colore o di grigio sul display di un computer, come mostrato in figura 2.6.

(45)

43

Figura 3.7. Esempio di analisi di spettro tipica quando il volume campione è centrato su un

segmento dritto dell’arteria cerebrale media.

Il profilo di velocità (cioè la distribuzione spaziale delle velocità all’interno del lume vascolare) tipicamente è parabolico o piatto, con la maggior parte delle cellule ematiche che scorre con velocità all’interno della metà superiore dello spettro. Idealmente, la potenza del segnale di una particolare frequenza Doppler è proporzionale al numero di cellule ematiche che hanno questa componente di velocità. Facendo una media di ogni componente dello spettro Doppler, è possibile

determinare la velocità media di flusso (Vmean) nel vaso insonato. Questo

approccio, però, è valido solo in determinate condizioni:

1. assenza di soffi vascolari o movimenti delle pareti dei vasi; 2. il segnale è più forte del rumore;

(46)

44

4. assenza di rami o di piccoli vasi adiacenti all’interno del volume campione.

Queste condizioni possono essere soddisfatte in caso di registrazioni a livello dell’arteria cerebrale media (MCA) in soggetti giovani e sani e quando si utilizzino particolari tecniche per fissare il trasduttore e posizionare il volume campione. Nelle acquisizioni effettuate normalmente in clinica la maggior parte di queste

condizioni non viene rispettata. La Vmean calcolata dallo spettro non è la strategia

consigliata per semplificare la somma delle informazioni in uno spettro Doppler.

3.4 ANATOMIA E TECNICHE DI MISURAZIONE[12]

3.4.2 LE FINESTRE CRANICHE NATURALI

Il TCD sfrutta specifiche aree del cranio che hanno la tendenza a essere relativamente sottili e forami naturali per avere accesso alle strutture vascolari intracraniche. Esistono tre regioni del cranio attraverso le quali il fascio ultrasonoro riesce a passare (fig. 2.7).

Queste regioni vengono chiamate “finestre acustiche” e sono:

 finestra transtemporale,

 finestra transorbitale,

 finestra transforaminale

Figura 3.8. Rappresentazione delle finestre

(47)

45

Fondamentale per eseguire un esame TCD è acquisire l’abilità nel manovrare il trasduttore in modo che il segnale Doppler con maggior intensità e forza (cioè con velocità e ampiezza maggiori) venga identificato. Per ottenere le velocità più alte, si deve cercare di allineare il fascio ultrasonoro assialmente col vaso sanguigno, col più basso angolo di insonazione possibile.

La finestra transtemporale (quella più utilizzata e facilmente accessibile) è localizzata al di sopra dell’osso temporale, subito sopra l’arcata zigomatica. Studi radiologici descrivono quest’area come la più radiotrasparente del cranio a causa del piccolo spessore della squama del temporale. Nonostante la relativa sottigliezza dell’osso temporale, a livello di questa interfaccia si verifica una considerevole attenuazione del segnale, la cui intensità è direttamente proporzionale allo spessore osseo. Per ridurre questo effetto sono state apportate molte modifiche alle strumentazioni anche se ad oggi rimane l’inabilità da parte degli ultrasuoni di superare l’osso temporale in ≈ 10% dei pazienti.

I vasi insonati attraverso la finestra transtemporale sono (fig. 3.8):

 il tratto terminare dell’arteria carotide interna (t-ICA),

 l’arteria cerebrale anteriore (ACA),

 l’arteria cerebrale media (MCA),

 l’arteria cerebrale posteriore (PCA).

Figura 3.9. Rappresentazione dei vasi

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46

3.4.3 IDENTIFICAZIONE DEI VASI

Ci sono sei criteri utilizzati per identificare i vasi intracranici. Più alto è il numero dei criteri soddisfatto, più alta è l’accuratezza nell’identificazione di ciascun vaso.

1. Finestra cranica utilizzata, ognuna delle quali permette l’accesso a uno

specifico e limitato numero di vasi intracranici.

2. Profondità del volume campione. Il volume campione è definito come l’area

dalla quale ha origine il segnale Doppler. La profondità del volume campione è registrata in millimetri e rappresenta la distanza dalla superficie del trasduttore. Le dimensioni del campione sono relativamente grandi in relazione a quelle dei vasi, perciò una porzione significativa di diverse arterie può essere simultaneamente insonata. La profondità di registrazione della maggior parte degli strumenti è presa al centro del volume campione; conseguentemente il campionamento avviene alcuni millimetri di fronte e dietro alla profondità prestabilita.

3. Direzione del flusso in relazione al trasduttore. Il flusso sanguigno si

differenzia in base al movimento in avvicinamento o in allontanamento rispetto alla sonda o in entrambe le direzioni allo stesso tempo (bidirezionale).

4. Relazione spaziale dei vasi in studio in riferimento alla biforcazione dell’ICA

in ACA e MCA, che serve da punto di repere intracranico. 5. Velocità relativa di flusso.

6. Risposta a manovre di compressione e/o oscillazione dell’arteria carotide

comune. Quando l’arteria carotide comune viene compressa manualmente nella porzione inferiore del collo, si determina una caduta di pressione a

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47

livello intracranico, con cambiamento della velocità di flusso, della pulsatilità e potenzialmente della direzione di flusso.

[Prima di effettuare la compressione dell’arteria carotide comune è preferibile conoscere lo stato della biforcazione. Controindicazioni alla compressione includono stenosi di alto grado dell’ICA o sua occlusione e ateroma complicato nell’arteria carotide comune di qualsiasi grado.]

Nella tabella 3.1 si riportano le principali caratteristiche dei vasi studiabili attraverso la finestra transtemporale.

Tabella 3.1. Caratteristiche dei principali vasi studiabili col TCD attraverso la finestra

transtemporale.

3.5 CONSIDERAZIONI SUL TCD

Circa il 10% dei pazienti non può essere esaminato attraverso la finestra transtemporale a causa di un aumentato spessore o di una diminuita densità ossea riferibile legati a età, sesso e razza.

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48

Attraverso il Doppler, è possibile la rilevazione in tempo reale di alcuni parametri importanti dal punto di vista clinico e terapeutico: l’elaborazione della riflessione dell’onda in unità frequenza/tempo, che sul piano grafico permette allo strumento di costruire l’immagine dell’onda di pulsazione arteriosa, consente ulteriormente in maniera automatica il calcolo di velocità sistolica di picco (PSV), velocità telediastolica di flusso (EDV) e velocità media di flusso (MFV). Oltre a questi dati grezzi, sono inoltre calcolati automaticamente due indici importanti nella valutazione delle resistenze intracraniche, ovvero pulsatility index (PI) e resistivity index (RI), identificati dalle seguenti formule:

4. PROTOCOLLO SPERIMENTALE

4.1 RAZIONALE E SCOPO DELLO STUDIO

Gran parte dei farmaci utilizzati nell’ambito dell’anestesia generale sono causa di modificazioni emodinamiche più o meno acute, dipendenti da una discreta variabilità interfarmacologica e interindividuale.

Il tipo di risposta del flusso ematico cerebrale a variazioni della pressione arteriosa sistemica può essere modificato da diverse manovre.

Diversi gradi di attivazione del sistema nervoso simpatico, che derivano da manovre che modificano la pressione arteriosa, non si riflettono in variazioni della

(51)

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risposta autoregolatoria cerebrale, se queste avvengono nell’ambito del range fisiologico. In soggetti normali, infatti, la relazione tra il flusso ematico cerebrale e la pressione arteriosa media è dominata da un meccanismo di autoregolazione che, come già detto, tende a mantenere un CBF relativamente costante, in un range di PAM che vada tra i 50 e i 150 mmHg.[13] [14]

Studi sul flusso ematico cerebrale, condotti durante la fase di mantenimento dell’anestesia, hanno mostrato come gli anestetici somministrati per via endovenosa tendano a garantire il mantenimento della risposta autoregolatoria cerebrale più dei gas inalatori, vedi isoflurano o sevoflurano.

Pur determinando una riduzione della velocità del flusso ematico cerebrale, gli anestetici endovenosi e tra questi in particolare il propofol, consentirebbero, nel corso di un’anestesia generale, il mantenimento dell’autoregolazione e dell’accoppiamento tra flusso ematico e metabolismo cerebrale.[15]

L’interrogativo che ci siamo posti e che riflette l’obiettivo di questo studio riguarda, nello specifico, cosa avvenga durante la fase di induzione dell’anestesia.

L’induzione, infatti, è la fase in cui la variazione di pressione arteriosa si rende più

marcata, sia rispetto alla condizione basale (precedente, cioè, alla

somministrazione di qualsiasi farmaco) sia rispetto alla fase di mantenimento, in cui il circolo sistemico, grazie anche al supporto farmacologico fornito, si assesta su valori più o meno stazionari.

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4.1.1. DOPPLER TRANSCRANICO

Le tecniche per il monitoraggio dell’emodinamica cerebrale attraverso l’uso del TCD sono state introdotte da Aaslid et al. nel 1982[16]. Utilizzando un Doppler a bassa frequenza pulsata di 2 MHz, attraverso le finestre acustiche (dove le ossa craniche sono più sottili) o attraverso il forame magno è possibile misurare le velocità di flusso delle arterie cerebrali maggiori.

E’ stato proposto un vasto spettro di scenari di utilizzo del TCD, compresi il riscontro di vasospasmo nella SAH, il rilevamento di embolizzazione cerebrale e di malattia steno-occlusiva, valutazione dei circoli collaterali, valutazione della ricanalizzazione, evidenza dell’arresto del circolo cerebrale, misurazione dell’ICP [17, 18], studio dell’autoregolazione cerebrovascolare.

L’American Society of Neuroimaging’s Practice Guidelines Committee ha sviluppato linee guida standardizzate per l’utilizzo del TCD [19, 20].

Attraverso l’analisi dei parametri diretti o indiretti ottenuti dallo strumento è possibile ottenere numerose informazioni relative al circolo cerebrale e, i unitamente all’acquisizione della pressione arteriosa sistemica, stabilire se i meccanismi di autoregolazione cerebrale siano o meno attivi.

Il TCD produce informazione sul flusso sia in forma acustica, la cui intensità riflette le caratteristiche del flusso, che in forma visiva. La curva è velocemente elaborata dal software e ci restituisce i valori di :

 velocità massima,

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