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Dagli edifici esistenti agli nZEBs: analisi critica di interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche su base tecnico-economica

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Academic year: 2021

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Sommario

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Riassunto analitico ... i

1

Introduzione ... 1

2

Nearly Zero Energy Buildings (nZEBs) e patrimonio edilizio

esistente ... 6

2.1 Definizione ... 8 2.2 Le Direttive europee... 9 2.2.1 La Direttiva 2010/31/UE ... 12 2.2.2 La Direttiva 2012/27/UE ... 15 2.3 La normativa italiana ... 17

2.3.1 Il Decreto Legislativo 3 Marzo 2011 n.28 ... 19

2.3.2 Il Decreto Interministeriale 26/06/2015 ... 21

2.3.3 Il sistema di incentivazione all’efficienza energetica ... 25

2.4 Il patrimonio edilizio esistente ... 28

2.4.1 La situazione europea ... 28

2.4.2 La situazione italiana ... 29

3

Life-Cycle Cost Analysis (LCCA) ... 31

3.1 Origine e definizione... 32

3.2 Il Regolamento Delegato UE 244/2012 ... 34

3.3 La metodologia LCCA ... 36

3.3.1 Analisi dei costi ... 36

3.3.2 Il valore attuale netto (VAN) ... 37

(2)

ii

4

Prestazione energetica degli edifici... 41

4.1 L’involucro edilizio ... 42

4.1.1 Dispersioni termiche per trasmissione ... 42

4.1.2 Dispersioni termiche per ventilazione ... 46

4.1.3 Fabbisogno di energia termica utile ... 46

4.2 L’impianto termico ... 48

4.2.1 Rendimenti ... 48

4.2.2 Perdite dei sottosistemi ... 50

4.2.3 Il funzionamento delle pompe di calore ... 52

4.3 L’impianto di ventilazione meccanica controllata ... 58

4.4 L’impianto fotovoltaico ... 62

4.5 L’indice di prestazione energetica ... 65

4.5.1 Fabbisogno di energia primaria ... 65

5

Metodologia d’analisi ... 67

5.1 Zona climatica di riferimento ... 69

5.2 Individuazione delle tipologie edilizie e costruttive di riferimento ... 72

5.2.1 Lo stock edilizio italiano ... 72

5.2.2 Campo d’indagine ... 74

5.2.3 Casi studio ... 75

5.3 Diagnosi energetica dello stato di fatto ... 77

5.4 Interventi di riqualificazione energetica secondo i parametri nZEB ... 78

5.4.1 Interventi sugli elementi edilizi ... 78

5.4.2 Interventi sugli impianti tecnologici ... 83

5.4.3 Verifiche di legge ... 86

5.5 Definizione dei diversi pacchetti di riqualificazione energetica ... 88

5.6 Calcolo dell’indice di prestazione energetica dell’edificio per ogni combinazione di intervento ... 89

5.7 Applicazione della metodologia LCCA ... 90

5.7.1 Costi di investimento ... 91

5.7.2 Costi di gestione ... 92

5.7.3 Costi di manutenzione ... 94

(3)

5.7.5 Valore residuo ... 99

5.7.6 Calcolo del LCC ... 99

5.8 Analisi comparativa ... 100

6

Caso di studio: edificio monofamiliare ... 102

6.1 Epoca di costruzione: anni ’77-‘90 ... 107

6.1.1 Stato di fatto ... 107

6.1.2 Diagnosi energetica dello stato di fatto ... 110

6.1.3 Interventi di riqualificazione energetica ... 117

6.1.4 Calcolo dell’ indice di prestazione energetica e verifiche di legge per l’edifico nZEB ... 120

6.1.5 Calcolo dell’indice di prestazione energetica per ogni combinazione di intervento ... 127

6.1.6 Applicazione della metodologia LCC ... 139

6.1.7 Analisi comparativa ... 153

6.2 Epoca di costruzione: 2013 ... 167

6.2.1 Stato di fatto ... 167

6.2.2 Diagnosi energetica dello stato di fatto ... 168

6.2.3 Interventi di riqualificazione energetica ... 169

6.2.4 Indice di prestazione energetica e verifiche di legge per l’edificio nZEB 170 6.2.5 Risultati dell’analisi energetica per ogni combinazione di intervento ... 171

6.2.6 Calcolo del LCC ... 173

6.2.7 Analisi comparativa ... 176

7

Caso di studio: piccolo condominio... 183

7.1 Epoca di costruzione: anni ’77-‘90 ... 188

7.1.1 Stato di fatto ... 188

7.1.2 Diagnosi energetica dello stato di fatto ... 189

7.1.3 Interventi di riqualificazione energetica ... 190

7.1.4 Indice di prestazione energetica e verifiche di legge per l’edificio nZEB 192 7.1.5 Risultati dell’analisi energetica per ogni combinazione di intervento ... 193

7.1.6 Calcolo del LCC ... 195

7.1.7 Analisi comparativa ... 198

(4)

iv

7.2.1 Stato di fatto ... 204

7.2.2 Diagnosi energetica dello stato di fatto ... 205

7.2.3 Interventi di riqualificazione energetica ... 206

7.2.4 Indice di prestazione energetica e verifiche di legge per l’edificio nZEB 207 7.2.5 Risultati dell’analisi energetica per ogni combinazione di intervento ... 208

7.2.6 Calcolo del LCC ... 210

7.2.7 Analisi comparativa ... 213

8

Conclusioni ... 218

Appendice A - “Edificio monofamiliare costruito nel periodo

’77-‘90” ... 221

Appendice B - “Edificio monofamiliare di recente costruzione” 254

Appendice C - “Piccolo condominio costruito nel periodo ’77-’90”

... 298

Appendice D - “Piccolo condominio di recente costruzione” .... 301

9

Bibliografia ... 304

9.1 Pubblicazioni scientifiche ... 304

9.2 Riferimenti normativi e legislativi ... 306

9.2.1 Direttive Europee ... 306

9.2.2 Legislazione nazionale ... 306

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i

0 Riassunto analitico

Il presente studio di Tesi ha l’obiettivo di analizzare, nell’ambito delle riqualificazioni energetiche dell’edilizia residenziale, la convenienza o meno, in funzione del rapporto costi - benefici, della realizzazione di un edificio ad energia quasi zero. A tale scopo, dopo un’attenta analisi dei requisiti minimi introdotti dal DM 26/06/15 per la realizzazione di edifici sostenibili ad energia quasi zero, è stato definito un piano di riqualificazione energetica in grado di soddisfarli.

Tale piano è stato suddiviso in cinque categorie di interventi principali riguardanti rispettivamente gli interventi sui componenti opachi, sui componenti trasparenti, sull’impianto termico, sull’impianto di ventilazione e sull’impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tali categorie sono state poi progressivamente combinate tra loro (ottenendo diversi pacchetti di riqualificazione energetica) e successivamente confrontate con l’edificio nZEB in termini sia energetici che economici al fine di stabilire quale presenti il miglior rapporto costi – benefici. L’analisi non si è limitata ad un confronto fra le diverse soluzioni applicabili al solito edificio, ma si è estesa anche ad un raffronto tra edifici di diversa tipologia edilizia e costruttiva. Per poter fare queste diverse comparazioni è stato necessario applicare a tutti gli edifici le medesime soluzioni tecnologiche, in quanto, se si fosse proceduto diversamente, l’analisi non sarebbe risultata equa. Lo scopo dello studio, infatti, non è quello di valutare quale sia, ad esempio, la migliore soluzione impiantistica per le diverse categorie edilizie, ma quello di valutare, nel processo di riqualificazione necessario a definire un edificio ad energia quasi zero, dove si collochi il miglior rapporto costi – benefici.

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1

1 Introduzione

I cambiamenti climatici hanno influenzato il nostro pianeta in modi senza precedenti, modificando la nostra economia, la nostra salute ed il modo in cui viviamo.

Sulla base di studi che hanno dimostrato che le emissioni di gas serra (GHG) sono i principali responsabili dei cambiamenti climatici, nel 1997 è stato redatto il “Protocollo di Kyoto” al fine di stabilizzare le emissioni di tali gas, la cui formazione è da attribuirsi principalmente all’uso ed alla produzione di energia, sulla quale la società moderna fa fin troppo affidamento.

A fronte di stime che attestano la domanda mondiale di energia primaria in crescita con un tasso medio annuo del 2,1% e di un conseguente aumento dei prezzi delle materie prime destinato a continuare per l’affacciarsi ogni anno sul mercato di decine di milioni di nuovi consumatori, occorre migliorare drasticamente l’utilizzo dell’energia; questo vuol dire aumentare la diffusione delle fonti rinnovabili e l’efficienza nel consumo delle fonti energetiche, espandere la quota di riciclo e riuso dei materiali ed abbandonare un modello che pianifica l’obsolescenza dei prodotti, ma vuol dire anche rimettere in discussione il nostro stile di vita.

La concatenazione tra le tematiche relative all’uso indiscriminato delle risorse, al costo delle fonti energetiche fossili e alle variazioni climatiche in atto, porta a constatare che c’è un legame a circuito chiuso che collega la crisi economica a quelle energetica e climatica, mettendo così a nudo i problemi di fondo legati al modello di sviluppo utilizzato fino ad oggi, che ha riposto fin troppa fiducia nei confronti delle risorse energetiche, considerate dall’uomo illimitate.

La riflessione su queste problematiche, ha portato molti Paesi a guardare alla “Green Economy”: uno strumento di sviluppo sostenibile basato sulla valorizzazione di tre tipi di capitale. Non solo il capitale economico, sul quale è basato il modello economico ritenuto valido fino ad oggi, la cosiddetta “Brown Economy”, ma anche sulla valorizzazione del capitale naturale e del capitale sociale.

Per cercare di mitigare i cambiamenti climatici e onorare l'impegno assunto nel Protocollo di Kyoto, la Commissione Europea ha creato strategie energetiche con

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2

obiettivi da raggiungere entro il 2020, inoltre il Consiglio Europeo ha assunto un impegno a lungo termine per ridurre le emissioni di carbonio dell'80-95% entro il 2050.

Per raggiungere questi obiettivi è necessario agire in settori con consumi energetici elevati, facilitare l'aumento dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili e ridurre la domanda di energia attraverso una migliore efficienza energetica.

La Cina e gli Stati Uniti, i primi due emettitori globali, hanno compiuto un passo fondamentale nell'azione globale per mitigare il cambiamento climatico quando, nel novembre 2014, durante l'incontro dei leader dell'APEC1 a Beijing, hanno annunciato misure per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030. Significativamente, la Cina ha accettato di rallentare e ridurre le emissioni entro il 2030, mentre gli Stati Uniti hanno concordato di ridurre le emissioni fino al 20% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005.

In Europa gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici finali e del 33% delle emissioni di carbonio, con tendenza crescente. La maggior parte del fabbricato esistente presenta scarse prestazioni energetiche, pertanto essi costituiscono il principale target su cui intervenire per la riduzione del consumo di energia e delle conseguenti emissioni di carbonio. Il settore edile, infatti, presenta un grande potenziale di risparmio energetico, ottenibile attraverso l'implementazione di misure atte a migliorare le caratteristiche termiche ed igrometriche dell'edificio e ad implementare l'utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Misure come il miglioramento dell'involucro edilizio, l'impiego di una ventilazione meccanica efficiente, l'installazione di impianti tecnici adeguatamente dimensionati e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, possono contribuire a realizzare risparmi energetici del 40-70%. Tuttavia, questa opportunità è spesso persa a causa dell'elevato investimento iniziale necessario per la realizzazione degli interventi sopra citati, ma soprattutto a causa dell’inconsapevolezza comune dell'efficacia del miglioramento delle prestazioni energetiche e dei benefici supplementari che possono derivare da tali interventi.

Per promuovere l'efficienza energetica degli edifici, la Commissione Europea ha introdotto e rivisto alcune normative, di cui la più importante è sicuramente rappresentata dall'EPBD Recast2, riguardante le prestazioni energetiche degli edifici, che ha introdotto il livello di prestazione energetica ottimale in funzione dei costi e i concetti di nZEB.

1 L'Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), ossia Cooperazione Economica Asiatico-Pacifica, è un organismo

nato nel 1989 allo scopo di favorire la cooperazione economica, il libero scambio e gli investimenti nell'area asiatico-pacifica.

2 Energy Performance Building Directive Recast del Parlamento Europeo e del Consiglio, emanata il 19 Maggio

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3 Il livello ottimale dal punto di vista del rendimento energetico minimo è correlato al livello di prestazione energetica che porta al costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato; dall'altro lato, nZEB si riferisce ad un edificio che ha prestazioni energetiche elevate, dove la bassa quantità d'energia necessaria al suo utilizzo, è per lo più coperta da energia prodotta da fonti rinnovabili.

Gli obiettivi posti dalla Commissione Europea riguardo alla riduzione del 20% delle emissioni di gas serra e dei consumi energetici rispetto ai livelli del 1990 ed al soddisfacimento del 20% del fabbisogno energetico europeo con le energie rinnovabili entro il 2020, saranno raggiunti solo se il numero di edifici che vanno oltre i requisiti energetici minimi aumenta significativamente. Per questo motivo, sebbene il concetto di edificio a energia zero (ZEB) manchi di consensi sulla sua definizione, il concetto nZEB ha acquisito sempre più rilevanza nelle normative locali.

La maggior parte della popolazione mondiale non è a conoscenza delle misure di rinnovamento disponibili per migliorare le prestazioni energetiche dell'edificio e i benefici aggiuntivi che essi possono portare. Elevati investimenti iniziali, analisi costi-benefici basati su tempi di ammortamento brevi e barriere finanziarie, così come gli incentivi dilazionati, sono identificati come cause della mancata opportunità di miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici quando si verifica un processo di ristrutturazione atto a risolvere le patologie degli edifici. In questo senso, è fondamentale adottare, per l’analisi costi-benefici, un approccio basato sull’analisi dei costi dell’intero ciclo di vita dell’edificio (Life Cycle Cost).

L'utilizzo del Life Cycle Cost (LCC) per stabilire i livelli ottimali di costo per i requisiti di prestazione energetica degli edifici, siano essi nuovi o esistenti, è un argomento ampiamente trattato dai ricercatori di tutto il mondo. Morrissey e Horne3, applicando un approccio basato sul LCC ad un ampio campione di edifici residenziali tipici di Melboune, in Australia, hanno notato che la progettazione economicamente più vantaggiosa è sempre più efficiente rispetto agli attuali requisiti del codice energetico australiano. Negli Stati Uniti, Kneifel4 ha utilizzato il LCC per determinare il risparmio energetico e l'efficacia in termini di costi dei miglioramenti relativi all’efficienza energetica nei nuovi edifici commerciali, dimostrando che l’utilizzo delle tecnologie convenzionali può ridurre il consumo di energia, in media, del 20-30%.

In Europa, dal momento della pubblicazione dell’EPBD Recast, l’utilizzo del LCC per l'identificazione dei livelli ottimali di prestazione energetica in funzione dei costi è

3 J. Morrissey, R.E. Horne, Life cycle cost implications of energy efficiency measures in new residential buildings,

Energy and Buildings 43 pp. 915–924, 2011.

4 J. Kneifel, Life-cycle carbon and cost analysis of energy efficiency measures in new commercial buildings, Energy

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4

diventato un argomento molto comune. De Angelis, Pansa e Serra5 si sono incentrati sulla sostenibilità economica di diverse strategie progettuali di ammodernamento di un distretto di edilizia popolare italiana, indagando su diversi piani di ristrutturazione ed analizzando diversi sistemi di finanziamento e incentivi, identificando lo scenario di ristrutturazione ottimale con il metodo “Discounted Cash Flow Analysis”6 per calcolare il valore attuale netto dell'investimento su un periodo di riferimento pari a 20 anni. Pikas, Thalfeldt e Kurnitski7 hanno analizzato le possibili soluzioni progettuali per edifici adibiti ad uffici prendendo in considerazione sia l'efficienza energetica che l'ottimalità dei costi (comprese le misure alternative per raggiungere il livello nZEB) ed hanno osservato che, per il clima freddo estoniano, un involucro costituito da finestre con triplo vetro e pareti con isolamento di spessore 200 mm, è efficiente dal punto di vista energetico e ha un costo ottimale in un periodo di studio pari a 20 anni, mentre le soluzioni nZEB non presentano attualmente un costo ottimale e richiedono inoltre l’utilizzo di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Neroutsou e Croxford8 si sono chiesti se fosse più conveniente effettuare una ristrutturazione completa oppure scegliere una strategia di retrofit energetico con costi di investimento più bassi e a minore fabbisogno energetico, affrontando il problema con la metodologia LCC, per una casa vittoriana esistente a Londra, concludendo che il retrofit energetico basato sugli standard Passive House è un'opzione interessante solo nel caso di aumento dei prezzi del gas e a bassi tassi di sconto.

In Portogallo, Silva, Mateus, Marques, Ramos e Almeida 9 hanno studiato quattro progetti di ristrutturazione per un edificio multifamiliare situato nella periferia di Porto, concludendo che la riqualificazione energetica in ottica edifici ad energia quasi zero può essere raggiunta con tempi di ritorno dell'investimento che oscillano tra i 13 e i 15 anni.

Da diversi studi è emerso che la maggior parte delle volte, per gli edifici esistenti, nonostante i requisiti minimi dei diversi elementi edilizi siano fissati per legge, l'ottimalità dei costi viene raggiunta per livelli di prestazione energetica lontani dal livello quasi zero, questo perché una ristrutturazione che miri a raggiungere il livello

5 E. De Angelis, G. Pansa, E. Serra, Research of economic sustainability ofdifferent energy refurbishment strategies

for an apartment block building, Energy Procedia 48 pp. 1449–1458, 2014.

6 La “Discounted Cash Flow Analysis” determina il valore di un edificio sulla base del valore attuale dei flussi di

cassa che il medesima si presume possa generare negli esercizi futuri.

7 E. Pikas, M. Thalfeldt, J. Kurnitski, Cost optimal and nearly zero energy building solutions for office buildings,

Energy and Buildings 74 pp. 30–42, 2014.

8 T. Neroutsou, B. Croxford, Lifecycle costing of low energy housing refurbishment: A case study of a 7 year retrofit

in Chester Road London,Energy and Buildings 128 pp. 178–189, 2016.

9 S. Silva, R. Mateus, L. Marques, M. Ramos, M. Almeida, Contribution of the solar systems to the nZEB and

ZEB design concept in Portugal −Energy, economics and environmental life cycle analysis, Sol. Energy Mater. Sol. Cells 156, pp. 59–74, 2016.

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5 ottimale dei costi assicura il miglior equilibrio tra energia e costi, ma non consente di ottenere un'efficace riduzione del fabbisogno energetico degli edifici e conseguentemente delle emissioni di carbonio. A questo punto, le fonti di produzione di energia rinnovabile assumono un ruolo di primo piano, infatti il loro utilizzo contribuisce a ridurre le emissioni di carbonio in modo più efficace rispetto alle sole misure di efficienza energetica.

Questo non significa che le fonti di produzione di energia rinnovabile possano essere utilizzate al posto delle misure di efficienza energetica, ma che debbano essere sfruttate le sinergie. Se eseguiti complessivamente, gli investimenti sull'involucro edilizio determinano un risparmio sui costi di investimento per il sistema di produzione di energia da fonti rinnovabili, poiché, più un edificio è efficiente dal punto di vista energetico, tanto minore sarà la potenza dei sistemi tecnici da dover installare per soddisfare il suo fabbisogno energetico.

Tenendo presente questi concetti e concentrandosi sulle costruzioni esistenti, lo scopo di questo studio è quello di analizzare nel processo di riqualificazione energetica che porta alla realizzazione di un nZEB, secondo i requisiti minimi stabiliti dai decreti italiani, quale livello di prestazione risulti ottimale in funzione dei costi per il patrimonio edilizio italiano.

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2 Nearly Zero Energy Buildings (nZEBs) e

patrimonio edilizio esistente

In questo capitolo verrà analizzato l’iter normativo, intrapreso dall’Unione Europea, in collaborazione con gli Stati membri, che ha portato all’introduzione del concetto di nZEBs per poi approfondire come tale concetto sia stato recepito nel contesto italiano. Verranno approfondite maggiormente le normative riguardanti la “nuova” categoria di edifici ad energia quasi zero, argomento centrale del presente lavoro di Tesi. Il percorso che porta alla definizione di edifici nZEBs ha origine con l’obbligo posto dal “Protocollo di Kyoto”10 di diminuire le emissioni dei gas a effetto serra. L’Unione Europea per rispondere a tali esigenze, non potendo influire sull’offerta, che dipende sempre di più da fonti esterne di produzione di energia, interviene sulla domanda imponendo una riduzione del consumo di energia tramite un miglioramento dell’efficienza energetica.

Il problema dell’efficienza energetica può essere esteso a più settori, quali l’agricoltura, l’industria, i trasporti, il terziario ed il residenziale.

Dalle numerose analisi svolte negli ultimi anni è emerso come sia proprio il settore delle costruzioni ad avere un maggiore impatto ambientale e che, in Europa, la quota più elevata del consumo finale di energia è costituita da quella utilizzata per alimentare tutte le utenze di case, uffici pubblici e privati, negozi ed altri edifici, quota che si attesta sul 40% del consumo finale totale. Le nuove forme di sviluppo sostenibile devono quindi prevedere nuovi modelli architettonici, che garantiscano l’efficienza energetica e un limitato impatto ambientale del settore delle costruzioni,

10 Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre

160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Il trattato, come stipulato originariamente, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle nazioni individuali; era quindi legalmente non vincolante. Invece, esso includeva previsioni di aggiornamenti (denominati “protocolli”) che avrebbero successivamente posto i limiti obbligatori di emissioni.

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7 dal residenziale al terziario, garantendo comunque le condizioni di confort richieste dagli utenti.

Le Direttive emanate, e successivamente attuate all’interno di ogni singolo Stato membro, sotto forma di Decreti e Leggi, forniscono “istruzioni” per il controllo dei fabbisogni energetici e la loro ottimizzazione. In particolare, per il campo edilizio, le Direttive Europee hanno l’obiettivo di ridurre in modo significativo il fabbisogno energetico degli edifici, promuovere l’utilizzo dell’energia derivante dalle fonti rinnovabili e l’impiego di tecnologie avanzate per raggiungere l’ambizioso progetto relativo alla realizzazione di Edifici ad Energia Zero11 ed alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

11 Net Zero Energy Building (Net ZEB o NZEB). La differenzia tra Nearly ZEB e Net ZEB è che il primo impone

condizioni meno stringenti. Infatti, il primo impone di avere un bilancio energetico annuale almeno prossimo allo zero, il secondo invece deve averlo tassativamente nullo.

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2.1 Definizione

Il termine nZEB è stato introdotto per la prima volta dall’EPBD Recast del Maggio 2010 sull’efficienza energetica, che ne dà una definizione di riferimento:

“Nearly zero-energy building (nZEB) means a building that has a very high energy performance, as determined in accordance with Annex I. The nearly zero or very low amount of energy required should be covered to a very significant extent by energy from renewable sources, including energy from renewable sources produced on-site or nearby”12.

Tuttavia questa non rappresenta una definizione univoca in quanto l’UE non precisa quali siano i parametri esatti richiesti da un edificio affinché lo si possa considerare un nZEB, né chiarisce in che misura le fonti rinnovabili debbano contribuire a soddisfare il suo fabbisogno energetico. Il compito di applicare nella pratica la definizione di edifici a energia quasi zero viene attribuito agli Stati Membri, nel rispetto delle specificità locali (secondo quanto riportato all’Art. 9 della direttiva: “tenuto conto delle rispettive condizioni nazionali, regionali o locali”).

In Italia la definizione di nZEB viene data con il DM 26/06/2015:

“Sono “edifici a energia quasi zero” tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti, per cui sono contemporaneamente rispettati:

a) tutti i requisiti previsti dalla lettera b), del comma 2, del paragrafo 3.3, determinati con i valori vigenti dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per tutti gli altri edifici;

b) gli obblighi di integrazione delle fonti rinnovabili nel rispetto dei principi minimi di cui all’Allegato 3, paragrafo 1, lettera c), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28”

Il limite per la classificazione energetica di un edificio nZEB in Italia non è quindi vincolato ad un determinato valore limite del fabbisogno energetico annuo, ma al rispetto di determinati parametri limite relativi al fabbricato, agli impianti tecnici ed alle integrazioni di energia da fonti rinnovabili.

Il significato di cosa sia un edificio quasi nullo può essere desunto da due delle più stringenti certificazioni: PassivHaus e CasaClima. L’istituto tedesco richiede per una casa passiva un fabbisogno energetico annuo per il riscaldamento inferiore a 15 kWh/m2anno. CasaClima al suo livello più alto (Gold) richiede standard ancora più stringenti, con consumi inferiori a 10 kWh/m2anno. Si tratta di valori nettamente inferiori rispetto alla media degli edifici standard, che varia in genere dai 150 ai 250 kWh/m2anno in caso di edifici non coibentati, e tra 80 e 120 kWh/m2anno per gli edifici standard realizzati negli anni Novanta.

12 Tratto da EPBD Recast art.2 - Traduzione: «edificio a energia quasi zero»: edificio ad altissima prestazione

energetica, determinata conformemente all’allegato I. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabil.”

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2.2 Le Direttive europee

L’esigenza per l’Unione Europea di iniziare a regolamentare l’efficienza energetica degli edifici è una diretta conseguenza del “Protocollo di Kyoto” con il quale, per la prima volta vengono definiti obiettivi di natura quantitativa.

Oggetto del protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra. Il suo obiettivo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas13, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta, primo tra tutti l’anidride carbonica. Il “Protocollo di Kyoto”, diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 200514, ha impegnato i Paesi industrializzati e i Paesi con economia in transizione15 a ridurre del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del Pianeta, entro il 2012.

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:  il miglioramento dell’efficienza energetica;

 la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi);

 la promozione dell’agricoltura sostenibile;

 la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti;

 l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese attraverso “comunicazioni nazionali”.

Per l’UE è stata prevista, nell’ambito degli obiettivi di riduzione del Protocollo, un taglio alle emissioni dell’8%, a sua volta ripartito tra gli Stati membri dell’Unione (che ha provveduto a ratificare il Protocollo in data 31 maggio 2002) con la decisione politica nota come “Accordo sulla ripartizione degli oneri”16 che ha fissato per l’Italia un obiettivo di riduzione del 6,5%17.

13 I sei gas interessati sono: anidride carbonica, metano, ossido di azoto, esafluoruro di zolfo, idrofluorocarburi e

perfluorocarburi.

14 È diventato vincolante in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia, infatti l’art. 24 del

Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I (Paesi industrializzati) a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990.

15 Paesi di passaggio da un’economia pianificata a un’economia di mercato. 16 “Burden Sharing Agreement”, accordo raggiunto nel 1998 dagli Stati membri.

17Dai dati che emergono dal “Dossier Kyoto 2013” l’Italia ha raggiunto l’obiettivo, con una riduzione superiore

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La risposta europea a tali obietti avviene con l’emanazione nel 2002 della direttiva 2002/91/CE (nota come EPBD18), che promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne nonché delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni e dell’efficacia sotto il profilo dei costi.

La direttiva impone agli Stati membri di dotarsi di un apparato legislativo che comprenda quattro principi cardine19:

 un metodo comune di calcolo integrato20 del rendimento energetico degli edifici;

 norme minime sul rendimento energetico degli edifici di nuova costruzione e degli edifici già esistenti ma in ristrutturazione;

 un sistema di certificazione degli edifici di nuova costruzione ed esistenti e l'esposizione negli edifici pubblici degli attestati di rendimento energetico e di altre informazioni pertinenti. Gli attestati devono essere stati rilasciati nel corso degli ultimi cinque anni.

 L'ispezione regolare delle caldaie e degli impianti di aria condizionata negli edifici e la valutazione degli impianti di riscaldamento dotati di caldaie che abbiano più di 15 anni.

Tale direttiva sarà sostituita nel 2010 dalla direttiva 2010/31/UE (EPBD Recast), che ha l’obiettivo di introdurre gradualmente negli Stati membri l’nZEB come standard a partire dal 1° gennaio 2019 per il settore pubblico e a partire dal 1° gennaio 2021 per il settore privato.

Quest’ultimo provvedimento sarà poi modificato nel 2012 tramite la direttiva 2012/27/UE (nota come EED21). Per un’analisi più approfondita delle due direttive si rimanda ai paragrafi successivi.

18 Energy Performance Building Directive del Parlamento Europeo e del Consiglio, emanata il 16 dicembre 2002. 19 Tali principi sono un sottoinsieme di quelli che l’Italia aveva già sancito nel 1991, quindi non vanno ad

aggiungere molto all’impianto complessivo su cui si dovrebbe basare il quadro normativo dell’efficienza energetica in Italia.

20 La metodologia di calcolo del rendimento energetico integrato degli edifici rappresenta un metodo analitico che

deve tener conto di tutti gli elementi che determinano l'efficacia energetica, e non più esclusivamente la qualità dell'isolamento termico dell'edificio. Tale approccio integrato deve tenere conto di fattori quali gli impianti di riscaldamento e di raffreddamento, gli impianti di illuminazione, la posizione e l'orientazione dell'edificio, il recupero di calore, ecc.

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11 Un altro passo importante a livello europeo si ha nel 2008 con l’entrata in vigore dell’Action Plan “An Energy Policy for Europe”, da cui è poi scaturito il “Pacchetto Clima ed Energia 20-20-20”22 ed il successivo “Pacchetto Clima ed Energia 40-27-27”23. Con questo piano vengono introdotte delle misure da adottare per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ( gli enti pubblici dovranno riqualificare energeticamente ogni anno il 3% del proprio patrimonio edilizio, incrementando del 10% l’efficienza degli edifici riqualificati o ristrutturati), l’edilizia privata (gli Stati membri dovranno agire sul settore privato in maniera da incoraggiare l’introduzione di misure atte a dividere equamente i costi e i vantaggi degli interventi di efficienza energetica tra proprietari e inquilini) e l’industria (alle aziende da un lato è demandato l’obbligo di sottoporsi ad audit energetici globali ed indipendenti, dall’altro di condividere e scambiare tra loro le buone pratiche).

Con il “Pacchetto 20-20-20” gli Stati membri dimostrano la volontà di continuare ad impegnarsi nel processo per la lotta al cambiamento climatico anche dopo il 2012. Vengono definiti nuovi obiettivi da raggiungere entro il 2020:

 ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990;  ridurre i consumi energetici del 20% aumentando l’efficienza energetica;  soddisfare il 20% del fabbisogno energetico europeo con le energie

rinnovabili.

A questo è seguito il “Pacchetto 40-27-27”, a conferma del continuo impegno dell’UE, riguardante gli obiettivi al 2030:

 ridurre le emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990;  ridurre i consumi energetici del 27% aumentando l’efficienza energetica;  soddisfare il 27% del fabbisogno energetico europeo con le energie

rinnovabili.

L’interesse europeo si concentra quindi sull’obiettivo di efficienza energetica e sulla riduzione delle importazioni. È interessante a tale proposito riportare la dichiarazione del Vicepresidente della Commissione responsabile per l’energia sull’obiettivo della riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030:

“è il motore che propulserà l’UE verso una maggiore sicurezza di approvvigionamento, verso l’innovazione e verso la sostenibilità a costi accettabili […]. Il nostro intento è di dare il giusto segnale al mercato incoraggiando ulteriori investimenti nelle tecnologie di risparmio energetico a vantaggio delle imprese, dei consumatori e dell’ambiente”24.

22 Il pacchetto 20-20-20 costituisce l’insieme di norme vincolanti volte a garantire che l’UE raggiunga i suoi

obiettivi in materia di clima ed energia entro il 2020.

23 Il pacchetto 40-27-27 costituisce l’insieme di norme vincolanti volte a garantire che l’UE raggiunga i suoi

obiettivi in materia di clima ed energia entro il 2030.

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L’Unione Europea nel 200925 ha prefigurato anche scenari più lungimiranti con la “Road Map 2050”, ponendosi l’obiettivo di totale, o quasi, decarbonizzazione26, stimando una riduzione di emissioni di gas serra fino al 95% entro la metà del secolo. I cardini principali del piano riguardano:

 la priorità dell’efficienza energetica;

 l’aumento della quota elettrica sulla domanda finale prevedendo un aumento della generazione elettrica del 30%;

 il 100% di fonti rinnovabili al 2050 nella generazione elettrica.

2.2.1 La Direttiva 2010/31/UE

La Direttiva 2002/91/CE, ufficialmente abrogata dal 1° febbraio 2012, viene riformulata quasi interamente nella Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD recast). Risale al novembre 2008 la decisione, da parte della Commissione Europea, di adottare le proposte per un recast dell’EPBD evidenziando come gli edifici abbiano un notevole potenziale non sfruttato in termini di risparmio economico sull’energia “che, se realizzato, significherebbe che, nel 2020, l’Unione Europea avrà un consumo finale di energia minore di circa l’11%”27. La direttiva si pone l’ambizioso obiettivo di implementare il numero di edifici ad energia quasi zero presenti sul territorio europeo introducendo, tra gli altri, due concetti fondamentali:

 il requisito nZEB, definito come un edificio ad altissima prestazione energetica

il cui fabbisogno energetico sia coperto in maniera significativa da energia proveniente da fonti rinnovabili28;

 il calcolo dei livelli ottimali in funzione dei costi per i requisiti minimi di

prestazione energetica29, ossia il livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato. Tale costo deve essere determinato tenendo conto dei costi di manutenzione e funzionamento ed eventuali costi di smaltimento.

I temi affrontati dall’EPBD recast riguardano sostanzialmente:  La metodologia di calcolo della prestazione energetica.

25 Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo (15265/1/09), 29-30 ottobre 2009.

26 Per decarbonizzazione si intende il processo di cambiamento del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia. 27 “which, if realized, would mean that in 2020 the EU will consume 11% less final energy”, tratto dalla

Comunicazione della Commissione Europea del Novembre 2008.

28 Per una definizione più accurata si rimanda al cap. 2.1. 29 Direttiva 2010/31/UE, art.5.

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13 Viene previsto lo sviluppo di una metodologia di calcolo della prestazione energetica, prendendo in considerazione l’energia primaria30, il più possibile oggettiva, univoca ed oggetto di applicazione da parte di esperti adeguatamente formati e certificati. Il calcolo deve basarsi sulla prestazione energetica relativa ad un anno solare. La metodologia deve tener conto sia della tipologia di edificio, sia delle caratteristiche termiche della costruzione e delle sue divisione interne e deve prendere in considerazione la quantità di energia necessaria a soddisfare il fabbisogno energetico connesso ad un uso normale dell’edificio, ossia che includa l’energia utilizzata per il riscaldamento, raffrescamento, ventilazione, acqua calda sanitari e illuminazione. È inoltre necessario definire indicatori numerici del consumo di energia primaria che evidenzino in maniera chiara la prestazione energetica dell’edificio considerato.

 Il sistema di certificazione energetica.

Viene prevista l’istituzione di una procedura più dettagliata e rigorosa per il rilascio delle certificazioni energetiche, le quali possono comprendere anche informazioni riguardanti il consumo energetico dell’edificio ed indicazioni per il miglioramento in funzione dei costi. La certificazione deve essere effettuata da esperti accreditati che dovranno risultare in elenchi periodicamente aggiornati e messi a disposizione del pubblico. Viene inoltre imposta una scadenza alla certificazione, la quale potrà avere una validità massima di 10 anni e sarà obbligatoria nel caso di vendita o locazione di edifici immobiliari, siano essi esistenti o di nuova costruzione. L’importanza sempre più crescente di tali certificati viene confermata con l’obbligo di esposizione, in luogo chiaramente visibile, dell’indicatore di prestazione energetica per gli edifici destinati ad uso pubblico, con una metratura superiore a 500m2 (soglia ridotta successivamente, il 9 luglio 2015, a 250 m2).

 L’introduzione di requisiti minimi in materia di prestazione energetica. Viene prevista l’adozione di requisiti minimi sia per edifici di nuova costruzione che per edifici esistenti soggetti a ristrutturazione che dovranno essere aggiornati a scadenze regolari, non superiori a cinque anni. Tali requisiti dovranno essere definiti facendo un’analisi costi-benefici. Dovranno inoltre essere fissati dei requisiti minimi di impianto nei casi di nuova installazione, sostituzione o miglioramento degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda sanitaria, di raffrescamento e di ventilazione, che dovranno essere applicati relativamente al rendimento energetico globale, alla corretta installazione, alla regolazione ed al controllo degli impianti.

30 “[…] primary energy means energy from renewable and non- renewable sources which has not undergone any

conversion or transformation process […] including a numerical indicator of primary energy use expressed in kWh/m²y. Primary energy factors used for the determination of the primary energy use may be based on national or regional yearly average values […]”.

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 Gli edifici ad energia quasi zero.

Gli Stati membri sono tenuti ad attuare piani nazionali comprendenti misure politiche e finanziarie che incentivino la riqualificazione energetica degli edifici ristrutturati in ottica edifici ad energia quasi zero. Ciò significa trasformare, dal punto di vista energetico, gli edifici esistenti in edifici ad altissima prestazione. Per tali edifici deve essere indicato il consumo di energia primaria espresso in kWh/m2 anno. I piani nazionali per l’aumento del numero degli nZEBs devono comprendere: la definizione che lo Stato membro applica la definizione di nZEB; gli obiettivi intermedi di miglioramento della prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione entro il 2015; informazioni sulle misure adottate per promuovere il miglioramento della prestazione energetica. Per quanto riguarda gli edifici di nuova costruzione, gli Stati membri devono far sì che:

- a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi devono essere edifici ad energia quasi zero;

- a partire dal 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione devono essere edifici ad energia quasi zero.

La Commissione infine si impone l’obbligo di pubblicare, a partire dal 31 dicembre 2012 e ciclicamente ogni tre anni, un report sul progressivo stato dei lavori da parte degli Stati membri nell’aumentare il numero degli nZEBs. Sulla base di tale report la Commissione dovrà sviluppare un piano d’azione e porre misure, se necessario, per aumentare ulteriormente il numero di edifici di questa categoria.

 L’ispezione periodica degli impianti di riscaldamento e condizionamento dell’aria.

Viene imposto l’obbligo di condurre ispezioni degli impianti di condizionamento dell’aria con frequenze diverse a seconda della tipologia e della potenza nominale utile dell’impianto, dopo ogni ispezione deve essere trasmessa al proprietario o al locatario dell’edificio un rapporto di ispezione, contenente i risultati dell’ispezione effettuata e delle raccomandazioni atte a migliorare il rendimento energetico dell’impianto in modo economicamente conveniente.

 Il sistema di controllo indipendente per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione.

È necessario istituire un sistema di verifica degli attestati di prestazione energetica e dei rapporti di ispezione che controlli la validità dei dati e ne verifichi i risultati riportati, comprese le raccomandazioni formulate.

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15 Per poter comprendere meglio quali siano le scadenze imposte dalla nuova EPBD viene riportata di seguito una timeline in cui vengono evidenziati gli anni chiave della direttiva.

Ciò che emerge dall’EPBD Recast del 2010 sono alcune indicazioni essenziali che permettono agli Stati membri di implementare gli nZEBs sul territorio nazionale. Non vengono imposte regole vincolanti perché, da un lato si vuole preservare la cultura di un paese, dall’altro si vuole adattare le definizioni a caratteristiche climatiche differenti, il tutto mantenendo sempre costi ottimali rispetto ai livelli di performance che si vogliono ottenere.

2.2.2 La Direttiva 2012/27/UE

Il 14 novembre 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale L315 dell’Unione Europea, la nuova Direttiva Europea 2012/27/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sull’Efficienza Energetica che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/31/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.

In riferimento agli obiettivi previsti dal cosiddetto “Pacchetto Clima-Energia 20/20/20” la nuova direttiva stabilisce un quadro comune di misure per la promozione dell’efficienza energetica nell’Unione al fine di garantire il conseguimento dell’obiettivo principale di ridurre del 20% i consumi energetici entro il 2020 e di gettare le basi per ulteriori miglioramenti dell’efficienza energetica al di là di tale data. Viene chiesto agli Stati membri di risparmiare energia fissando obiettivi nazionali indicativi di efficienza energetica.

La grande novità introdotta dalla direttiva riguarda il ruolo esemplare del settore pubblico. Viene infatti individuata proprio in questo settore una fonte di risorse importante in prospettiva di un miglioramento dell’efficienza energetica. Dato che gli edifici di proprietà degli enti pubblici rappresentano una quota considerevole del parco immobiliare e godono di notevole visibilità all’interno della vita pubblica nazionale, regionale e locale, una loro riqualificazione permetterebbe loro di avere nuove risorse risparmiate da destinare ad altri fini, nonché di stimolare la trasformazione del mercato verso edifici e servizi più efficienti. Più precisamente per

Figura 1 - Time line per gli nZEBs secondo l'EPBD Recast. Fonte: EPISCOPE Synthesis Report No. 1, 2014.

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gli edifici dotati di impianti di climatizzazione di proprietà del governo centrale e da essi occupati, con aree calpestabili superiori ai 500 m2 (quota che nel 2015 è stata ridotta a 250 m2), scatta l’obbligo di riqualificare energeticamente ogni anno almeno il 3% della superficie coperta utile totale.

Viene inoltre fissato l’obbligo per le grandi imprese come le Pubbliche Amministrazioni di assoggettarsi ad audit energetico entro il 5 novembre 2015 e di rinnovare le diagnosi energetiche31 ogni quattro anni.

I principali argomenti trattati dalla normativa sono:

 La qualità degli audit energetici, svolti da tecnici qualificati e accreditati;  Il sistema di controllo annuali atti a garantire la qualità degli audit energetici;  Forme di incentivazione all’efficienza energetica;

 Disposizioni finalizzate alla rimozione degli ostacoli presenti sul mercato dell’energia ed al superamento delle carenze del mercato che frenano l’efficienza nella fornitura e negli usi finali dell’energia.

La direttiva rappresenta quindi uno strumento strategico nello scenario europeo che affronta sfide quali: la riduzione delle emissioni di gas serra, la sostenibilità delle fonti energetiche primarie, la limitazione dei cambiamenti climatici, il rilancio della crescita economica, la creazione di nuovi posti di lavoro e l’aumento della competitività delle aziende.

31 La regolamentazione della diagnosi energetica, strumento principale per lo studio e la risoluzione dei problemi

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17

2.3 La normativa italiana

L’Italia è stato il primo Paese ad intervenire sul tema della riduzione dei consumi energetici tramite l’azione legislativa, tema salito alla ribalta in Europa da dopo il Protocollo di Kyoto.

Risale infatti al 1976 l’introduzione del concetto di isolamento termico minimo necessario al fine di ridurre i consumi energetici degli edifici32, concetto poi concretizzato con l’emanazione della Legge n. 10 del 1991 “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”33.

Le principali novità presenti nel piano sono:

 l’introduzione del principio della certificazione energetica degli edifici, con lo scopo di controllare a livello qualitativo le prestazioni del patrimonio edilizio del Paese;

 l’obbligo per le Province ed i Comuni con più di 40.000 abitanti di effettuare periodicamente controlli sul rendimento di combustione degli impianti termici;

 l’obbligo per gli edifici, pubblici e privati, di essere progettati e messi in opera per contenere al massimo i consumi di energia termica ed elettrica;

 l’obbligo di realizzazione degli impianti di riscaldamento per edifici di nuova costruzione con sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare;

 l’obbligo, salvo impedimenti di natura tecnica, per la Pubblica Amministrazione di utilizzare fonti rinnovabili per soddisfare il fabbisogno energetico degli edifici di cui è proprietaria, attribuendole il ruolo di promotore nell’utilizzo di tali fonti.

Tuttavia, nonostante i buoni propositi del Legislatore, dopo questa partenza molto promettente ed anticipativa, in Italia seguì un periodo di forte stallo, al quale invece corrispose in Europa un periodo di forte fermento che portò alla redazione della già citata EPBD del 2002.

Il recepimento di quest’ultima direttiva avviene con il D.lgs. 192 del 19 agosto 2005, successivamente modificato con l’emanazione del D.lgs. 311 del 29 dicembre 200634, il cui obiettivo è quello di stabilire i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare

32 Legge 373/76 “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici.

33 La legge si pone di regolamentare il settore termotecnico: il legislatore comincia a dividere il territorio italiano in

aree geografiche e in zone climatiche classificandole con periodi precisi di esercizio (A, B, C, D, E, F). Propone un percorso per la valutazione del bilancio energetico invernale di un edificio in cui vi sono apporti di calore e dispersioni di calore: la somma algebrica rappresenta il bilancio energetico.

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18

le prestazioni energetiche, prevedendo l’emanazione dei seguenti provvedimenti normativi:

 un regolamento delle metodologie di calcolo e dei requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici per la climatizzazione invernale e la produzione dell’ACS da applicarsi dalla fase di progettazione dell’edificio (approvato con tre anni di ritardo);

 un Decreto Ministeriale per l’emanazione delle Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici (pubblicate solo con il D.M. 26/06/09);  un regolamento con i criteri di riconoscimento per assicurare la qualificazione

e l’indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e le ispezioni degli impianti di climatizzazione. Il provvedimento che assume maggior rilevanza è il primo dei tre, il quale ha come obiettivo la valutazione della prestazione energetica degli edifici. Le norme tecniche di riferimento per la stima delle prestazioni energetiche degli edifici sono le UNI/TS 11300, nate con l'obiettivo di definire una metodologia di calcolo univoca per la determinazione delle prestazioni energetiche degli edifici. Il meccanismo di calcolo, che sarà analizzato nel prossimo capitolo, è piuttosto complesso e richiede di considerare tutti gli apporti di energia e le perdite per dispersione.

Per quanto riguarda invece la certificazione dell’efficienza energetica viene introdotto l’Attestato di Certificazione Energetica (ACE), il quale riporta come informazione chiave l’indice di prestazione energetica globale (EPgl), ovvero la quantità annua di energia effettivamente consumata per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard dell’edificio. È possibile individuare quattro specifiche problematiche relative a tale certificazione, ovvero la mancanza di qualificazione dei certificatori, l’assenza di sensibilizzazione delle Regioni a cui si associa dunque una difformità normativa a livello regionale e il fatto che solamente per la climatizzazione invernale e la produzione di ACS si usano veri e propri indici quantitativi (EPi ed EPacs), mentre per la climatizzazione estiva viene effettuata solo una valutazione qualitativa. Per queste ragioni, nel 2013, con il D.L. del 4 giugno 2013, l’ACE è stato sostituito dall’Attestato di Prestazione Energetica (APE), il quale dovrà tenere in considerazione:

 la prestazione energetica globale dell’edificio sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile;

 la classe energetica determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale;

 la qualità energetica del fabbricato;  le emissioni di CO2.

In seguito alla pubblicazione della direttiva europea 2006/32/CE l’Italia ha pubblicato un ulteriore Decreto, il D. lgs. 115/2008, in attuazione della stessa (relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia), che ha promosso la diffusione dell'efficienza energetica in tutti i settori e definisce, per quanto concerne il settore

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19 dell’edilizia, nuove regole per la certificazione energetica degli edifici e deroghe alle distanze minime tra edifici in caso di maggiori spessori per le ristrutturazioni energetiche di edifici esistenti.

Di fondamentale importanza sono i decreti introdotti nella normativa italiana per il recepimento delle ultime due Direttive europee (2010/31/UE e 2012/27/UE). Il primo, il D. L. 4 giugno 2013 in recepimento della Direttiva del 2010, mira a favorire la riqualificazione e l’efficienza energetica del patrimonio edilizio italiano promuovendo l’integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici. Con il secondo, il D.lgs. 4 luglio 2014, in attuazione della Direttiva del 2012, integrato poi con il D.lgs 18 luglio 2016, n. 141 vengono introdotte misure finalizzate a promuovere l’efficienza energetica nella pubblica amministrazione, nelle imprese e nelle famiglie secondo gli obiettivi posti dall’Unione Europea precedentemente descritti.

Ai fini del presente studio e della comprensione delle caratteristiche che deve avere un edificio per poter essere considerato nZEB in Italia e quindi le caratteristiche che dovranno possedere gli edifici oggetto di studio, risulta necessario analizzare nel dettaglio i seguenti due decreti:

 il D.lgs. 3/03/2011 n.28, che definisce l’obbligo per edifici nZEB di integrazione

attraverso fonti rinnovabili per una determinata quota del consumo di energia primaria per i servizi di riscaldamento e produzione di ACS, inoltre gli edifici devono essere muniti di un impianto di produzione dell’energia elettrica;

 il DM 26/06/2015, comprendente tre decreti interministeriali:

 “Decreto Requisiti Minimi”;  “Linee guida nuovo APE 2015”;

 “Decreto sulla relazione tecnica di progetto”.

2.3.1 Il Decreto Legislativo 3 Marzo 2011 n.28

Il Decreto Legislativo 3 marzo 2011 n.28, noto anche come “Decreto Rinnovabili”, in attuazione della direttiva europea 2009/28/UE, entrato in vigore il 29 marzo 2011, abroga la precedente normativa in tema di rinnovabili in edilizia e ridefinisce completamente i suoi criteri ed i tempi di integrazione negli edifici ed introduce per la prima volta nella normativa il concetto di “edificio sottoposto a ristrutturazione rilevante”35.

35 Si tratta di un edificio che ricade in una delle due seguenti categorie: a) edificio esistente avente superficie utile

superiore a 1000 m2, soggetto a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro; b) edificio

esistente soggetto a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria. Il decreto cambia anche la definizione di “edificio di nuova costruzione”, che è da intendere come un “edificio per il quale la richiesta del pertinente titolo edilizio, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

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20

Gli obblighi contenuti nel decreto sono relativi ai due servizi energetici che, statisticamente, incidono di più nel bilancio energetico globale di un edificio, e dall’altro che risultano in maggior misura integrabili attraverso le fonti di energia rinnovabile, dunque il servizio di riscaldamento e quello di produzione di acqua calda sanitaria. In merito a questi due servizi, il decreto ha previsto i seguenti obblighi:

 Produzione di ACS: il 50% dei consumi di energia primaria per la produzione di acqua calda sanitaria negli edifici residenziali e non, deve essere garantito attraverso soluzioni tecnologiche basate sullo sfruttamento di energie rinnovabili;

 Servizio globale36: anche in questo caso è necessario garantire che una quota del fabbisogno complessivamente calcolato per la generazione di calore, finalizzata al riscaldamento degli ambienti e alla produzione di acqua calda sanitaria, venga ottenuta dall’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. La percentuale di energia primaria che la norma impone debba essere coperto da fonti energetiche rinnovabili risulta variabile a seconda della tempistica delle relative costruzioni:

 20% se la richiesta del titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013;

 35% se la richiesta del titolo edilizio è presentata dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2016;

 50% se la richiesta del titolo edilizio è presentata dal 1 gennaio 2017.

In aggiunta agli obblighi relativi alla quota di energia primaria prodotta da fonti rinnovabili, il decreto inserisce un ulteriore obbligo, relativo però all’energia elettrica prodotta in-situ, per la quale si impone che gli edifici siano muniti di un impianto di produzione dell’energia elettrica, quali ad esempio gli impianti fotovoltaici, che risultino in grado di coprire una potenza elettrica determinata in funzione di due parametri, superficie dell’edificio a livello del suolo (S), e della data di presentazione del titolo edilizio (k)37, secondo la relazione di seguito riportata:

𝑃 = 1

𝑘 ∙ 𝑆 [𝑘𝑊]

Nonostante i presupposti lodevoli sui quali è stata basata la stesura del “Decreto Rinnovabili” e l’individuazione dei limiti precedentemente elencati, esso non è stato

36 Comprende il servizio di riscaldamento, raffrescamento ed il servizio di produzione di acqua calda sanitaria. 37 Il coefficiente k assume i seguenti valori: k=80, se la richiesta del titolo edilizio è presentata entro il 31 dicembre

2013; k=65, se la richiesta del titolo edilizio è presentata entro il 31 dicembre 2016; k=50, se la richiesta del titolo edilizio è presentata entro il 1 gennaio 2017.

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21 esente da critiche riguardo alle soglie imposte ed alla metodologia di calcolo imposta. Gli esperti nel settore hanno individuato nella richiesta di garantire almeno il 50% del consumo di energia primaria per la produzione di ACS fornito da fonti rinnovabili nel 2017, un limite difficilmente raggiungibile, risultando anche maggiore di quello richiesto dall’Unione Europea nella Direttiva del 2009, oltre a risultare poco congruo il fatto di porre lo stesso limite per tutta l’Italia.

Il D.lgs. n.28/2011 viene richiamato dai decreti interministeriali 26/06/2015 e si applica in caso di nuovo edificio e di edificio sottoposto a ristrutturazione importante di 1° livello.

2.3.2 Il Decreto Interministeriale 26/06/2015

Il 25 marzo 2015 è stato approvato, durante la conferenza unificata, il “Decreto Ministeriale Requisiti Minimi”, consistente in un decreto attuativo del precedente D.L. n. 63 del 4 giugno 2013, che va ad implementare la Legge n.90 del 2013, emanata in recepimento dell’EPBD Recast del 2010, andando così ad abrogare integralmente il D.P.R. 59/09, a partire dalla sua entrata in vigore, corrispondente con il 1° ottobre 2015.

In generale, il D.M. Requisiti Minimi introduce il concetto di fabbisogno globale di energia e di energia primaria e definisce i nuovi fattori di conversione dell’energia termica in energia primaria, sia rinnovabile sia non rinnovabile. Vengono inoltre introdotte alcune regole di compensazione tra i fabbisogni energetici ed energia da fonte rinnovabile, vengono definiti i requisiti e le verifiche da effettuare in funzione della categoria dell’edificio e della tipologia di intervento e, soprattutto, introduce il concetto di “edificio di riferimento” eliminando così i limiti di energia primaria assoluti presenti nel D.P.R. 59/09. Dopo di che fornisce una definizione “tecnica” di edifici ad energia quasi zero.

In realtà, l’attuazione della direttiva 2010/31/UE avviene mediante tre decreti, tutti datati 26 giugno 2015:

 Il decreto sui requisiti minimi.

Con il decreto “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici” vengono rivisti tutti gli attuali requisiti minimi sulla prestazione energetica degli edifici, introducendone di nuovi.

 Il decreto sulla relazione tecnica.

Il decreto “Schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell’applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici” riporta gli schemi di relazione tecnica contenenti le informazioni minime necessarie per accertare

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22

l’osservanza delle norme vigenti da parte degli organismi pubblici competenti.

 Il decreto sulle linee guida nazionali per la certificazione energetica.

Il decreto “Adeguamento linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici” nasce con l’intento di favorire l’applicazione omogenea e coordinata dell’attestazione di prestazione energetica degli edifici sull’intero territorio nazionale, garantendo la promozione di adeguati livelli di qualità e assicurando la fruibilità, la diffusione e una crescente comparabilità degli APE stessi, introducendo così un’unica metodologia di calcolo, un unico formato APE, uno schema di annuncio di vendita o locazione ed un sistema nformativo sugli APE comune a tutto il territorio nazionale. Inoltre, questo terzo decreto, modifica la classificazione degli edifici, portando le classi energetiche da 8 (A+, A, B, C, D, E, F, G) a 10 (A4, A3, A2, A1, B, C, D, E, F, G). Dei tre decreti, quello che apporta le maggiori variazioni rispetto al precedente D.P.R. 59/09 è senza dubbio il primo, poiché introduce una metodologia di valutazione basata sull’edificio di riferimento, ossia un edificio identico a quello di progetto o reale in termini di geometria (sagoma, volumi, superficie calpestabile, superfici degli elementi costruttivi e dei componenti), orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d’uso e situazione al contorno, avente però caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati, conformemente ai valori riportati in appendice del decreto stesso.

Prima di parlare dei requisiti minimi, è opportuno spiegare cosa sia l’edificio di riferimento; la necessità per la nuova normativa di introdurre tale edificio è nata dalle criticità riscontrate con la vecchia impostazione “a classi fisse” e nella volontà di valutare, e quindi classificare, l’edificio indipendentemente dalle proprie peculiarità, ma solamente in funzione della qualità energetica della progettazione. L’obiettivo è quello di dare una giusta classificazione per tutte le tipologie di edifici, che non penalizzi gli edifici con un numero maggiore di servizi, ad esempio edifici con anche la climatizzazione estiva rispetto a quelli senza) e che, come succedeva anche nella vecchia impostazione, tenga in debita considerazione la zona climatica e il rapporto S/V (indicatore, se così possiamo dire, di quanto un edificio sia favorito o sfavorito in termini di forma). Per tali motivi, il legislatore ha scelto di adottare il meccanismo dell’edificio di riferimento sia per l'impostazione di alcuni limiti di legge sul fabbricato (EPH,nd, EPC,nd) e sull’energia primaria totale EPgl,tot, sia per la costruzione della scala di classificazione (EPgl,nren,limite(2019/21)). In questo modo, infatti, ogni edificio viene rapportato non a valori di prestazione assoluti, ma a valori relativi rispetto a quello che la buona tecnica e la buona progettazione consentono attualmente di ottenere in quella determinata situazione. Il Decreto “Requisiti Minimi” fornisce quindi una serie di parametri energetici (ad es. trasmittanze termiche dei componenti, efficienze medie stagionali per tipologia di impianto), con i quali “vestire” l’edificio di riferimento al fine di calcolare il limite di legge. Geometria, orientamento,

(29)

23 ubicazione territoriale, destinazione d’uso e situazione al contorno rimangono invece gli stessi dell’edificio reale.

Per quanto riguarda le caratteristiche dell’involucro dell’edificio di riferimento il decreto attuativo presenta una tabella in cui sono riportati i valori di trasmittanza, comprensivi di ponti termici, per i componenti opachi e trasparenti. Tali valori sono distinti in due gruppi, i primi da considerare dal 1 ottobre 2015 al 31 dicembre 2018 (per gli edifici pubblici) e al 31 dicembre 2020 (per gli altri edifici), i secondi dal 2019/2021.

Per gli impianti vengono forniti i valori di efficienza di riferimento, riferiti alla reale situazione impiantistica, più precisamente vengono indicati i valori di efficienza media dei sottosistemi di utilizzazione per i servizi di riscaldamento (H), raffrescamento (C) e produzione di ACS (W), i valori di efficienza media dei sottosistemi di generazione per la produzione di energia termica per i servizi H, C e W e per la produzione di energia elettrica in situ ed il fabbisogno specifico di energia elettrica per m3 di aria movimentata.

Come già accennato precedentemente, il Decreto, in funzione dell’ambito di intervento38 e della categoria di edificio indicata stabilisce determinate prescrizioni da rispettare. In funzione di queste potremmo distinguere due ambiti di applicazione principali:

 Nuova costruzione, demolizione e ricostruzione, ampliamente volumetrici e ristrutturazioni importanti di primo livello;

 Ristrutturazioni importanti di secondo livello e riqualificazioni energetiche. Non andrò ad analizzare nello specifico quali siano queste prescrizioni, ma concentrò la trattazione su quelle riguardanti gli nZEBs. Nel Decreto vengono infatti precisate le caratteristiche necessarie che un edificio deve possedere al fine di poter essere considerato ad energia quasi zero.

Riprendendo la definizione di nZEB fornita dal D.M. possiamo affermare che saranno edifici a energia quasi zero tutti gli edifici, siano essi di nuova costruzione o esistenti,

38 Il decreto definisce le seguenti categorie di intervento. Edificio di nuova costruzione: edificio il cui titolo abilitativo

sia stato richiesto dopo l’entrata in vigore del decreto, ad esso vengono assimilati i casi di demolizione e ricostruzione e i casi di ampliamento quando la nuova porzione ha un volume lordo climatizzato superiore al 15% di quello esistente o comunque superiore a 500 mq. Ristrutturazioni importanti di primo livello: casi in cui gli interventi di ristrutturazione interessano più del 50% della superficie disperdente esterna e l’eventuale rifacimento dell’impianto termico invernale e/o estivo. Ristrutturazioni importanti di secondo livello: casi in cui gli interventi di ristrutturazione interessano dal 25% al 50% della superficie disperdente esterna e l’eventuale rifacimento dell’impianto termico invernale e/o estivo. Riqualificazione energetica: casi in cui gli interventi di riqualificazione interessano una superficie inferiore o uguale al 25% della superficie disperdente esterna e/o consistono nella nuova installazione, nella ristrutturazione di un impianto termico asservito all’edificio o di altri interventi parziali, compresa la sostituzione del generatore.

(30)

24

per cui sono contemporaneamente rispettati tutti i requisiti previsti per i seguenti parametri:

 Il coefficiente medio globale di scambio termico H’T, calcolato come:

𝐻′ =𝐻′ ,

∑ 𝐴 [𝑊 𝑚 𝐾⁄ ]

Dove 𝐻′ , è il coefficiente globale di scambio per trasmissione

dell’involucro, calcolato con la UNI/TS 11300 – 1; 𝐴 è la superficie del k-esimo componente costituente l’involucro.

Il valore di 𝐻′ deve essere minore del valore massimo ammissibile, tabellato in funzione della zona climatica e del rapporto superficie-volume (S/V). Per maggiore chiarezza si riporta la tabella del decreto relativa a tale parametro.

 L’area solare equivalente estiva 𝐴 , , calcolata come:

𝐴 , = 𝐹 , × 𝑔 × (1 −𝐹 ) × 𝐴 , × 𝐹 , [𝑚 ]

Dove, per ogni componente trasparente dell’involucro: 𝐹 , è il fattore di

riduzione per ombreggiatura; 𝑔 è la trasmittanza di energia solare totale della finestra calcolata nel mese di luglio, quando la schermatura solare è utilizzata; 𝐹 è la frazione di area relativa al telaio, rapporto tra l’area proiettata del telaio e l’area proiettata totale del componente finestrato; 𝐴 ,

è l’area proiettata totale del componente vetrato; 𝐹 , è il fattore di

correzione per l’irraggiamento incidente, ricavato come rapporto tra l’irradianza media nel mese di luglio, nella località e sull’esposizione considerata, e l’irradianza media annuale di Roma, sul piano orizzontale. Il valore di ,

, deve essere minore di 0,03 per gli edifici residenziali, minore di 0,04 per gli altri casi.

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