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La crisi bancaria alla luce del D. Lgs. 180/2015

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Tesi di Laurea

LA CRISI BANCARIA ALLA LUCE DEL D.LGS. 180/2015

Relatore

ILL.MO PROF. CECCHELLA CLAUDIO

Candidato

PERAZZO ANDREA

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I miei ringraziamenti più sinceri sono per la Dye, Mante e la Ste per esserci stati.

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LA CRISI BANCARIA ALLA LUCE DEL D.LGS.

180\2015

Introduzione generale ... 9

CAPITOLO 1

LA GESTIONE DELLA CRISI BANCARIA NELLA DISCIPLINA FALLIMENTARE NAZIONALE

1.1 La specialità del settore ... 14 1.2 La crisi nella legge fallimentare italiana ... 19 1.3 Una procedura particolare: la liquidazione coatta amministrativa………25 1.4 Effetti della liquidazione coatta amministrativa verso le società ………...32

CAPITOLO 2

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA

Introduzione ... 35 2.1 Presupposti che hanno portato al Meccanismo di vigilanza unico (SSM) ... 36

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6

2.2 Regolamento n. 1024-2013: il Meccanismo di vigilanza unico

(SSM) ... 39

2.3.1 Single Resolution Mechanism (SRM) ... 47

2.3.2 Il Fondo di risoluzione unico ... 53

2.3.3 Funzionamento del meccanismo di risoluzione unico ... 58

CAPITOLO 3 BRRD Introduzione ... 64

3.1 La direttiva 2014/59/UE, c.d. BRRD (Banking Recovery and Resolution Directive) ... 65

3.2 I piani di risanamento ... 68

3.3 I piani di risoluzione ... 73

3.4 I mezzi della risoluzione ... 79

3.4.1 La vendita ... 84

3.4.2 L’ente ponte ... 87

3.4.3.1 La separazione di attività ... 90

3.4.3.2 La separazione di attività in Italia ... 94

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7

CAPITOLO 4

BAIL IN NELLA BRRD

Introduzione ... 100

4.1 Le finalità del bail in ... 102

4.2 Dodd Frank Act e la Direttiva 2014/59/UE ... 106

4.3.1 Minimum requirement for eligible liabilities (MREL) ... 108

4.3.2 L’importo del bail in ... 112

4.4.1 Passività a cui non è applicabile il bail in ... 114

4.4.2 Derivati e bail in ... 118

4.5 Sistemi di garanzia dei depositi ... 122

CAPITOLO 5 Creditori, azionisti e bail in Introduzione 5.1 Principio no creditors worse off ... 128

5.2.1 Ordine di svalutazione o conversione ... 131

5.2.2 Rischi per obbligazionisti ... 135

5.3.1 Effetti del bail in ... 140

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8

CAPITOLO 6

Compatibilità del bail in con la Costituzione italiana

6.1 contesto normativo ... 146

6.2 ragioni a favore ... 148

6.3 argomentazioni non convincenti ... 150

6.4 motivazioni contrarie……….152

CAPITOLO 7 conclusioni………158

BIBLIOGRAFIA

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IL FALLIMENTO BANCARIO ALLA LUCE DEL D.LGS.

180\2015

INTRODUZIONE GENERALE

La crisi scaturit a dal dissesto della Lehman Brothers aveva già mostrato come strutture di funding non equilibrate esponessero le banche a rischi difficilmente controllabili. La crisi finanziaria ha seriamente posto in discussione le modalità con cui le banche, anche su im pulso della regolamentazione, misuravano e gestivano i rischi. I numerosi rapporti che negli ultimi tra anni hanno analizzato il fenomeno hanno tutti posto in evidenza una forte relazione tra risk management e performance aziendale durante la crisi.

Ciò che tuttavia ha mostrato le maggiori criticità è il ruolo che la gestione dei rischi ha ricoperto nel processo decisionale all’interno delle banche. In alcuni casi, il top management non ha saputo, o voluto, interpretare correttamente i risultati dei modelli . In altri casi, si è fatto eccessivo affidamento sulla componente quantitativa, togliendo il giusto spazio al giudizio individuale.

Le banche che hanno meglio tenuto durante la crisi non sono necessariamente quelle che avevano i modelli più

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sofisticati ma quelle che li hanno meglio utilizzati e il cui senior management è stato più coinvolto nella definizione del risk appetite e nella valutazione complessiva dei rischi aziendali.

La capacità degli intermediari di misurare e gestire correttamente i rischi è, da tempo, alla base dell’impianto regolamentare di vigilanza e della stessa attività di supervisione. L’Accordo sul capitale di Basilea 2 ha introdotto obblighi patrimoniali a carico delle singole banche commisurati ai rischi. L’accordo di Basilea 3 ha sancito l’inasprimento dei requisiti patrimoniali a fronte delle esposizioni bancarie detenute nel trading book: la situazione così evolutasi va letta alla luce della volontà di molti paesi di difendere i propri “campioni nazionali” avevano alimentato nel co rso del tempo un processo di competition in laxity, svincolando il riconoscimento a fini di vigilanza dei singoli strumenti di capitale dalla loro effettiva capacità di assorbire le perdite.

Si sono introdotti presidi regolamentari, comuni su scala globale, a fronte di rischi dapprima trascurati o per nulla considerati nella regolamentazione internazionale: in primis, quello di liquidità (imponendo alle banche di mantenere sia un ammontare di attività liquide sufficiente a far fronte ai deflussi di cassa in condizioni di stress sia un sostanziale equilibrio di scadenze nel medio -lungo termine) e quello di prociclicità (richiedendo agli intermediari di costituire buffer aggiuntivi di capitale nelle fasi positive del ciclo per poterli utilizzare nelle fasi avverse).

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Basilea 3 interviene con maggiore incisività sui modelli di business più orientati alla finanza in senso stretto; dunque in termini relativi subiscono un aggravio minore quelli più basati sull’intermediazione tradizionale.

Negli USA la legge Dodd -Frank1, che su molti aspetti già contiene i principi alla base di Basilea 3, necessiterà di un elevato numero di regolamenti per una sua completa attuazione. In Europa le sfide non sono minori: l’obiettivo di realizzare per la prima volta un single rulebook, direttamente applicabile agli intermediari di tutti i paesi europei.

Nel Regno Unito ha preso sempre più credito la proposta Vickers2, dal nome del presidente della commissione nominata dal governo per lo studio della riforma della regolamentazione sulla finanza, a fondamento di questo elaborato vi è il principio secondo il quale è necessario proteggere in ogni situazione il sistema bancario, il quale deve ricevere sostanze continue data la non alternatività del servizio fornito.

La BRRD è il passo conclusivo, almeno fino a oggi, di questo sistema: Fabio Panetta a tal proposito si pronuncia dicendo che <<la BRRD introduce il principio in base al quale i costi della crisi dovranno ricadere in primo luogo su azionisti e creditori delle banche, secondo la gerarchia

1Si veda capitolo 4

2Lavori della commissione “Vikers” per l’aggiornamento della disciplina bancaria, Regno Unito, aprile 2010

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fallimentare. Solo al ricorrere di presupposti specifici sarà possibile l’intervento di un

“Fondo di risoluzione” finanziato dallo stesso sistema bancario, a integrazione delle risorse di azionisti e creditori. Il ruolo dell’intervento pubblico sa rà residuale.>>3

E’ dunque chiaro l’obbiettivo: evitare un nuovo processo di “competition in laxity”.4

3 Fabio Panetta, Indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea in riferimento all’esame degli Atti del Governo n. 208 e n. 209 relativi al risanamento e risoluzione degli enti creditizi e imprese di investimento, Audizione del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia Fabio Panetta, Senato della Repubblica 6a Commissione permanente, Roma, 29 ottobre 2015

4 Convention APB 2011 “La gestione dei rischi bancari tra crisi finanziaria e sviluppi regolamentari” - Intervento di Stefano Mieli – San Casciano Val di Pesa 21 ottobre 2011

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CAPITOLO 1

LA GESTIONE DELLA CRISI BANCARIA NELLA

DISCIPLINA FALLIMENTARE NAZIONALE

1.1 La specialità del settore

1.2 La crisi nella legge fallimen tare italiana

1.3 Una procedura particolare: la liquidazione

coatta amministrativa

1.4

Effetti

della

liquidazione

coatta

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1.1 LA SPECIALITA’ DEL SETTORE

La prima vera regolamentazione dell’attività bancaria avviene nel 1936 come conseguenza della crisi economica del 1929. Il tratto tipico di quella disciplina era l’idea di Fondo che il regime bancario non fosse un qualunque mondo in cui si contraevano obbligazioni civili ma era necessaria una legge “speciale” per questo settor e5 in cui si fece sempre più massiccio l’intervento statale6: la legge bancaria del’36 legittimò un forte controllo pubblico sull’operatività delle banche che caratterizzò il nostro Paese sostanzialmente fino al emanazione del d.lgs. n. 385/93.

Non serve spiegare ora quanto il panorama sia evoluto7 in quanto lo scopo primario di tutto il susseguirsi delle regolamentazioni resta lo stesso: la convinzione che il sistema bancario necessiti di una particolare forma di

5 CAPRIGLIONE F., Evoluzione della disciplina di settore, Padova, 2010.

6 CAPRIGLIONE F., op. cit le vicende economiche degli anni 1929-1930 svolgono un’azione catalizzatrice nella ricerca di nuove formule volte ad assicurare la stabilità del sistema bancario […] La grande crisi induce a ravvisare nel ricorso alla concezione interventistica pubblica in economia il fondamento di un nuovo modello organizzativo bancario, non solo in grado di prevenire situazioni del genere all’epoca tristemente sperimentate, ma soprattutto idoneo a supportare un adeguato sviluppo economico.

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supervisione rispetto alla maggior parte de lle altre tipologie di imprese e che ciò risulti ancor più evidente quando si va ad analizzare il tema della crisi e delle patologie. Tale “specialità” è giustificata in dottrina da una serie di ragioni. Prima fra tutte è la natura stessa dell’attività ban caria e le modalità con cui essa viene svolta. L’attività ba ncaria si caratterizza da un lato per la funzione assicurativa svolta nei confronti dei risparmiatori/depositanti e per l’inalienabilità degli impieghi, ed entrambe queste peculiarità fanno sì che il tema della stabilità debba essere affrontato con maggiore attenzione rispetto a quanto si è abituati a fare con riferimento ad altri tipi di imprese che non assumono gli stessi rischi cui è soggetta, invece, un’impresa bancaria . Ciò risulta, inoltre, a ncora più evidente qualora si tenga presente che le passività delle banche sono utilizzate come moneta, il che rende ancora più delicato il problema della stabilità di tali intermediari8. L’elevato leverage9 che caratterizza la struttura del passivo bancar io fa sì che la banca dipenda fortemente dalla scelte di gestione

8 Basti pensare che quando si paga con carta di credito la valuta scambiata non è il denaro ma il credito che ha il cedente ha verso la banca.

9 In italiano “Leva finanziaria”. <<Sfruttare la leva finanziaria, in sostanza, vuol dire prendere in prestito dei capitali confidando nella propria capacità di investirli ottenendo un rendimento maggiore del tasso di interesse richiesto dal prestatore.>> definizione data da www.Borsaitaliana.it

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effettuate in merito alla coerenza di scadenze tra attivi e passivi10.

Il secondo11 elemento di “specialità” riguarda la numerosità degli interessi coinvolti . Nell’analizzare un soggetto peculiare come gli istituti di credito è necessario tenere bene a mente che l’attività quotidiana da questi svolta è assai particolare. L’essenza stessa di una banca è il ruolo che svolge (o che dovrebbe svolgere) ossia quello di “fare da cinghia di trasmission e del denaro da chi lo possiede a chi ha bisogno di esso per realizzare un progetto”12. Il guadagno della banca sta nel rischio che questa accetta nel sovvenzionare un opera del cui risultato positivo non è certa.

I c.d. costi indiretti, ovvero quelli che si riferiscono alle conseguenze economiche negative che si riverberano sull’impresa13, possono variamente colpire la proprietà, in termini di perdita di controllo e governo dell’impresa, oppure di diminuzione dei profitti o, addirittura, di perdita dell’int ero capitale investito ; gli altri azionisti, per la perdita di valore dell’investimento ; i creditori, nei casi in cui le passività superino il valore delle attività; i

10 C.d. asset liability management.

11 Il primo era natura stessa dell’attività bancaria.

12 Guido Maria Brera, I Diavoli, Rizzoli, 2015

13 Per la distinzione tra costi diretti e costi indiretti si veda BOCCUZZI, I caratteri delle crisi bancarie: cause, interventi e soluzioni, Milano, 1998

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lavoratori dipendenti, per il rischio di perdita del posto di lavoro o, comunque, di ri negoziazioni dello stesso su basi meno favorevoli. Di fatto, però, ciò che distingue l’azienda bancaria dalle altre, è la necessità di tutelare le ragioni dei depositanti ed è proprio – anche se non esclusivamente – sulla base di tale necessità che si giustifica la disciplina di controllo speciale cui è sottoposto l’intermediario bancario.

Con gli sviluppi dell’attività bancaria, e la compenetrazione di istituti di nazionalità diverse in schemi societari unici, questa si è arricchita di strumenti tecnici sempre più complessi e si è così diversificato anche l’insieme di rischi “bancari” in cui l’istituto può incorrere.

Essi possono essere raggruppati in alcune categorie principali: rischio economico, che attiene all’equilibrio tra costi e ricavi di gestione; rischio finanziario, relativo all’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie; rischio patrimoniale, riferito alla condizione di solvibilità del ente.

Le banche sono soggette anche al cosiddetto rischio sistemico, ossia al rischio che la crisi di un’istit uzione creditizia si propaghi all’interno del sistema. La diffusione del panico fra i risparmiatori – anche se irrazionale in quanto non giustificata da informazioni attendibili – può causare la corsa al ritiro dei depositi presso l’intero sistema bancario14 e provocarne un crollo. L’aspetto del

14 Fenomeno c.d. del bank run.

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rischio sistemico, quindi, riveste da sempre grande importanza all’interno del tema delle crisi bancarie: il già citato Boccuzzi a tal proposito dice : “è importante contenere gli effetti dannosi dei dissesti, nella m isura in cui essi possono compromettere la fiducia e indurre crisi sistemiche. Questa è una convinzione non solo italiana ma di tutti i paesi ad economia evoluta […]. Questa è la motivazione di Fondo da cui deriva l’esistenza di una rete di sicurezza nel s ettore bancario, che comprende oltre agli strumenti di intervento nei casi di crisi, i controlli di stabilità.”15.

Si rende necessario, pertanto, poter disporre di strumenti in grado non solo di prevenire o gestire la crisi di un singolo intermediario, ma anche di evitare che le fuoriuscite negative della crisi del singolo si diffondano velocemente all’intero sistema, con il rischio che ne venga compromessa la stabilità complessiva, “trasformandosi da crisi nel sistema a crisi del sistema ”16: con questo epit affio si intende spiegare l’allargamento a macchia d’olio del singolo fenomeno patologico tale che, da essere confinato a un unico istituto di credito, il virus diventa pandemico e contagia tutto il sistema bancario e finanziario diventando

15 BOCCUZZI, Gli obiettivi di vigilanza e gli strumenti per la prevenzione e la gestione delle situazioni di anomalia, Milano, 1998.

16 BOCCUZZI, L’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa: i presupposti oggettivi per l’attivazione delle procedure, in MORERA NUZZO, La nuova disciplina dell’impresa bancaria III, Milano, 1996

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così una malatt ia dell’intero sistema. Per capire meglio questo concetto si pensi al caso del fallimento del gruppo Lehman Brothers. A ciò si ri collega il tema della dottrina c.d. “too big to fail ” ovvero la tendenza delle Autorità ad evitare il fallimento delle grandi b anche, o delle grandi Istituzioni finanziarie, dati i gravi effetti che ne potrebbero derivare sul sistema finanziario e sull’economia reale nel suo complesso.

1.2 La crisi nella legge fallimentare italiana

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Il concetto base nella disciplina falliment are è, senza dubbio, quello di “crisi” come disciplinato da quanto emerge dal combinato disposto dalla legge fallimentare agli articoli 518 e 16019 della legge fallimentare .

17 Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267

18 Articolo 5. Stato d'insolvenza: l'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

19Articolo160. L'imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo […] Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.

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Dal primo si trae non tanto un concetto di crisi quanto quello di insolvenza: si trova in questo stato l’imprenditore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Ma questo non è tutto: è possibile ravvisare tale situazione anche quando vi sono fattori esteriori20 che consentono di percepire delle anomalie: su tutti spicca la fuga o la latitanza del soggetto passivo dell’obbligazione così da evitare di adempiere, ma vanno inoltre citate la chiusura dei locali dell’impresa e il trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo.

L’idea di insolvenza come da articolo 5 L. fall. è stata creata anche da delle pronunce della Suprema Corte; ricordiamo in particolare la sentenza n. 9856/2006 da cui emerge che ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabi le anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le propri e obbligazioni a realizzare quello stato, secondo la previsione dell' articolo5 legge fallimentare, quali che siano gli "inadempimenti" in cui si concretizza e i "fatti esteriori" con cui si manifesta.

Punto controver so sino al 2005 riguardava l l'imputabilità all'imprenditore delle cause del dissesto; parte di

20 Articolo 7 legge fallimentare

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giurisprudenza e dottrina utilizzava l’argomentazione della non volontarietà delle conseguenze per escludere la fallibilità dell’imprenditor e. Nell’anno sopra indicato la Cassazione con la sentenza n. 4789 ha indicato parere contrario argomentando che la finalità ultima della disciplina fallimentare è la salvaguardi a degli interessi dei creditori e non è la tutela del soggetto passivo, tutela che tuttavia può essere concessa solo incidentalmente allo schema principale. Div iene così “irrilevante ogni indagine sull'imputabilità o non all'imprenditore medesimo delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all'impresa, come sull'effettiva esistenza ed entità dei crediti fatti valere nei suoi confronti.”21.

La tesi sopra esposta è la naturale conseguenza di una sentenza dell’anno precedente22 che fa da “rompighiaccio”. L'insolvenza della società non può desumersi da uno squilibrio patrimoniale, che può essere eliminato o ridotto dal favorevole andamento dei mercati o da eventuali ricapitalizzazioni, e non è invocabile quando la società stessa è in liquidazione23 con la conseguenza che in tale ipotesi la valutazione del giudice, ai fini dell'accertamento delle condizioni richieste per

21 Cassazione civile n. 4789/2005

22 Cassazione n. 18927/2004

23Quando l'impresa non si propone di restare sul mercato, ma ha come suo unico obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali e alla distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i soci

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l'applicazione dell'artic olo 5 della legge fallimentare non può essere rivolta a stimare, in una prospettiva di continuazione dell'attività sociale, l'attitudine dell'impresa a disporre economicamente della liquidità necessaria per fare fronte ai cost i determinati dallo svolgimento della gestione aziendale, ma deve essere unicamente diretta, invece, ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentono di assicurare l'eguale e integrale soddisfacimento dei crediti sociali . Concludendo sull’art 5 il riassunto perfetto viene fatto dalla sentenza 9253 del 2012 della Corte di Cassazione : “Lo stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale deve essere accertato, ai fini della dichiarazione di fallimento, attraverso una valutazione globale, sia quantitativa che qualitativa, dei suoi debiti e dei suoi crediti ed a prescindere dalle cause che l'hanno determinato.”

Tirando le fila del ragionamento sull’articolo 5 allora è possibile dare una de finizione precisa di insolvenza : è una situazione obiettiva dipendente da impotenza economica, sussistente quando l'imprenditore stesso non sia in grado di adempiere regolarmente, tempestivamente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, essendo venute meno le condizioni di liquidità e di credito nelle qu ali un'impresa deve operare24.

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Dello stato di insolvenza si è già detto, mentre il legislatore non ha mai definito lo stato di crisi, che, quindi, è stato individuato dalla giurisprudenza in vari modi, ritenendolo a volte una sorta di insolvenza minore, cioè una situazione di dissesto temporaneo che potrebbe portare all'insolvenza, ma che può ancora essere sanata, mentre altre volte ha fatto coincide re lo stato di crisi con quello d’insolvenza.

È certo, però, che stato di crisi e d'insolvenza non possono essere lo stesso fatto, per due motivazioni: perché lo stesso articolo 160 L. fall. li distingue (v. ultimo comma dell'articolo160) e anche perché se la richiesta dovesse provenire solo da imprenditori in stato di crisi -insolvenza, troppo alti sarebbero i ri schi di trasformare la richiesta di concordato in un passaggio per il fallimento. A conferma di tale differenza è doveroso citare la sentenza della Cassazione 18437 del 2010 nella cui motivazione si legge: “[…] Qualora venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto l'ammissione al concordato preventivo era in rea ltà uno stato di insolvenza […]”25 e ciò non lascia adito a dubbi riguardo la

25 Qualora, a seguito di una verifica "a posteriori", venga accertato, con la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore, che lo stato di crisi in base al quale ha chiesto l'ammissione al concordato preventivo era in realtà uno stato di insolvenza, l'efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento, intervenuta a seguito della declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, deve essere retrodatata alla data di presentazione di tale domanda, atteso che la ritenuta definitività anche dell'insolvenza che è alla base della procedura minore, come

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alterità del concetto di insolvenza rispetto a quello di crisi.

Il rapporto tra questi due articoli è di genus - species in quanto l’articolo 160 da un concetto di crisi generico che viene ristretto dall’articolo 5, comma 2, coniando la nozione di insolvenza : lo stato di insolvenza comprende anche il concetto di stato di crisi, ma non vale il contrario: la crisi non può evidenziare di per sé la totale insolvenza dell'imprenditore, casomai può farne emergere il rischio.

L’elemento di differenziazione tra queste due accezioni sta nella irreversibilità dello stato di difficoltà , in quanto, nell’idea dell’art.160 questa è presente , mentre non si può dire lo stesso nell’ articolo 5 ove si può prendere anche in considerazion e un temporaneo stato di difficoltà . Lo stato di dissesto p uò colpire non solo un sogge tto come unità atomica ma può altresì colpirlo come elemento di uno schema societario più complesso , come viene dimostrato dal la sentenza della Corte di Cassazione 23344/2010 riguardante il dissesto in gruppo societario, dalla quale si evince che ai fini d ella dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un'unica società "holding", l'accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con

comprovata, "ex post", dalla sopravvenienza del fallimento, e, quindi, l'identità del presupposto, porta a escludere la possibilità di ammettere, in tal caso, l'autonomia delle due procedure.

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esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poiché, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti.

1.3 Una procedura particolare: la liquidazione

coatta amministrativa

Alla luce di questo inquadramento generale del concetto è necessario subito chiarire che a particolari categorie di soggetti, come nel nostro caso la banca, non si applica tout court la disciplina generale ma vi sono significative varianti che portano all ’applicazione di regime diverso: quello della liquidazione coatta amministrativa.

La liquidazione coatta amministrativa è una procedura simile a quella fallimentare , ma se ne differenzia per l'organo competente a disporla ( Autorità amministrativa al posto del tribunale), e per i presupposti necessari per l'adozione del provvedimento di liquidazione. In questo caso, infatti, è necessario che si verifichino alcuni pre supposti previsti dalla leggi speciali.

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La valvola di sfogo verso queste procedure è l’art 2 , 1° comma L. fall che recita:” La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrat iva può essere disposta e l'Autorità competente a disporla”. Si tratta per lo più di imprese pubbliche o private sottoposte a controllo pubblico per il rilievo economico e sociale della loro attività.

La liquidazione coatta amministrativa è prevista per le imprese bancarie e per le società facenti pa rte di un gruppo bancario, dagli artt. 8026, 9927 e 10128 del TUB29.

26Articolo 80 tub: Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, può disporre con decreto la revoca dell'autorizzazione all'attività' bancaria e la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l'amministrazione straordinaria ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie, qualora le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall'articolo 70 siano di eccezionale gravità .La liquidazione coatta può essere disposta, con il medesimo procedimento indicato nel comma 1, su istanza motivata degli organi amministrativi, dell'assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori.

27Articolo 99 tub: Salvo quanto previsto nel presente articolo, alla capogruppo si applicano le norme del presente titolo, capo I, sezione III. La liquidazione coatta amministrativa della capogruppo, oltre che nei casi previsti dall’articolo 80, può essere disposta quando le inadempienze nell'esercizio dell'attività prevista dall’articolo 61, comma 4, siano di eccezionale gravità.

28Articolo 101 tub: Salvo quanto previsto nel presente articolo, quando la capogruppo sia sottoposta ad amministrazione straordinaria o a liquidazione coatta amministrativa, alle società del gruppo si applicano, qualora ne sia stato accertato giudizialmente lo stato di insolvenza, le norme del presente titolo, capo I, sezione III.

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Condizioni per disporre di questa procedura sono non solo lo stato di insolvenza, che evolve ora verso una nuova idea di dissesto diventando << un a nuova categoria che si differenzia da quella più generica di crisi, né coincide con quella della insolvenza che si manifesta in una banca solo in presenza di un dissesto particolarmente grave>>30, ma anche gravi irregolarità di gestione o per violazione d i norme di legge o regolamentari. In alcuni casi può essere determinata anche da ragioni di pubblico interesse che giustifichino la soppressione dell’ente.

Importante diventa allora l’ articolo19431 L. fall. Grazie al quale si inserisce nel sistema un ulteriore punto di elasticità32 in quanto la legge fallimentare diviene uno schema generale, applicabile in assenza di diverse disposizioni provenienti delle numerose leggi speciali in materia.

Per le banche del gruppo resta ferma comunque la disciplina della sezione III. La liquidazione coatta può essere richiesta alla Banca d'Italia anche dai commissari straordinari e dai commissari liquidatori della capogruppo.

29 Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385

30BRUNO INZITARI, Bail in, risoluzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite, 13 maggio 2016, in ildirittodegliaffari.it

31 La liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni del presente titolo, salvo che le leggi speciali dispongano diversamente.

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Resta però di competenza esclusiva dell’Autorità giudiziaria l’accer tamento dell’eventuale stato di insolvenza; accertamento che per le sole imprese private può precedere o seguire il provvedimento amministrativo di apertura della liquidazione coatta. L’accertamento preventivo può essere richiesto d a uno o più creditori, dallo stesso imprenditore o da ll’Autorità governativa che ha vigilanza sull’impresa ex articolo195 L. fall33. L’accertamento dello stato di insolvenza di un’ impresa che già si trova in liquidazione coatta amministrativa può essere invece richiesto al T ribunale solo dal commissario liquidatore o dal pubblico ministero .

Una recente sentenza34 ha stabilito che, la dichiarazione di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa può giungere anche solo a seguito dell’analisi del bilancio st raordinario formato dal commissario straordinario, che << Gli accertamenti eseguiti da Banca d’Italia e dal commissario straordinario sono stati utilizzati dal Tribunale, ai fini della decisione, “senza la necessita di accertamenti ulteriori”. Il Tribunale , inoltre, ha ribadito che lo stato di insolvenza di una Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa deve

33 Se un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell'Autorità che ha la vigilanza sull'impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza. Il trasferimento della sede principale dell'impresa intervenuto nell'anno antecedente l'apertura del procedimento, non rileva ai fini della competenza.

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essere riferito” al momento dell’ema nazione del provvedimento di liquidazione” e sono ininfluenti eventuali fatti sopravvenuti che possano a vere determinato la capienza successiva del patrimonio.>>35 Gli effetti della liquidazione coatta amministrativa sono diversi a seconda che s ia stato accertato, o meno, lo s tato di insolvenza dal tribunale. Si parla, infatti, di effetti generali della liqui dazione coatta amministra tiva3637e di effetti provocati dalla dichiara zione dello stato di insolvenza38; bisogna poi distinguere il caso in cui si tratti

35 Giuseppe Bertolino, Dichiarazione stato di insolvenza della banca in liquidazione coatta amministrativa: efficacia probatoria degli accertamenti di Banca d’Italia e del commissario straordinario, 9 maggio 2016, in Legal euroconference.

36Articolo 200. Effetti del provvedimento di liquidazione per l'impresa. Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli articolo 42, 44, 45, 46 e 47 e se l'impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall'articolo 214. Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell'impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore

37 Articolo 201. Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti. Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le disposizioni dell'articolo 66. Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'Autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.

38Articolo 203. Effetti dell'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza

Accertato giudizialmente lo stato d'insolvenza a norma degli articolo 195 o 202, sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata. L'esercizio delle azioni di revoca degli atti compiuti in frode

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di impresa o di società; in generale quando un'impresa è posta in liquidazione coatta si verificano effet ti simili a quelli del fallimento, e ciò per gli espressi richiami contenuti negli articolo 200 e 201 L. fall.

La liquidazione coatta amministrativa produce un nucleo che si ravvisano sia nel caso in cui è dichia rata anche l’insolvenza sia nel caso in cui questa non è ravvisata dal giudice.

Gli effetti della liquidazione coatta amministrativa dove non sia stata accertata anche l'insolvenza sono:

 spossessamento del debitore (articolo42 L. fall.);  sostituzione nelle controversie in corso relativi a

diritti patrimoniali del soggetto debitore a favore del commissario liquidatore;

 inefficacia degli atti compiuti dal debitore il provvedimento di liquidazione coatta (articolo44 L. fall.);

 inefficacia delle formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, compiute dopo la data del provvedimento di liquidazione (articolo45 L. fall.);  individuazione dei beni non compresi nella

liquidazione ( articolo 46 L. fall.);

 divieto di azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori (articolo51 L. fall.);

dei creditori compete al commissario liquidatore. Il commissario liquidatore presenta al procuratore della Repubblica una relazione in conformità di quanto è disposto dall'articolo 33, primo comma.

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 si apre il concorso dei creditori secondo le regole previste per il falli mento (artt. 52 -63 L. fall.);  si hanno gli stessi effetti del fallimento

relativamente ai rapporti giuridici pen denti (artt. 72 -83 L. fall.);

 vi è esercizio dell'azione revocatoria o rdinaria da parte del commissario liquidatore ( articolo66 L. fall.);

Quando è anche dichiarata l'insolvenza dell'ente si applica inoltre l'intera disciplina prevista in caso di revocatoria fallimentare, il cui potere di attivazione è dato al commissario liquidatore.

Se la liquidazione riguarda una società cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione .

Interessante è la questione relativa all'ingresso del commissario liquidatore nelle cause pendenti ex articolo200 2° comma39; qui non si prevede anche l'interruzione dei processi, come invece accade nel fallimento, perché non si è richiamato l' articolo43 L. fall. che all'ultimo comma prevede questo caso . Il continuo rinvio alla normativa sul fallimento, ha costretto il legislatore a preci sare le "sostituzioni di funzioni" tra

39 Alla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli articoli 42, 44, 45, 46 e 47 e se l'impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall'articolo 214. Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell'impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.

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organi del fallimento e organi della liquidazione coatta; fa chiarezza in proposito l'articolo201 comma 2 L. fall. secondo il quale i compiti del tribunale f allimentare e giudice delegato sono svolti dalla Autorità che vigila sulla liquidazione; quelli del curatore e Comitato dei creditori sono affidati al commissario liquidatore. Ritengo opportuno sottolineare che la tecnica in commento affronta la crisi dell’ente in un momento in cui è già patologia, e di conseguenza molto più difficile da gestire per la rilevanza sistemica del dissesto che si può venire a creare40.

1.4 Effetti della liquidazione coatta verso le società

Chiudiamo il discorso parlando degli effetti della liquidazione coatta amministrativa nei conf ronti delle società, effetti che si aggiungono a quelli previsti per le imprese.

Poiché lo schema direttivo di una società è più complesso di una semplice impresa è necessario andare a sospendere tutte le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione.

40 Per approfondire l’argomento e il rapporto tra LCA e le nuove procedure Si veda Fabio Civale, La BRRD e l’impatto nei rapporti banca - cliente: prime note, dicembre 2015, in dirittobancario.it

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La liquidazione non si estende in nessun caso ai soci illimitatamente responsabili, ma il commissario liquidatore può chiedere loro il versamento delle somme che ritiene necessarie per l'estinzione delle passività . Nei confronti dei soci illimita tamente responsabili è possibile agire con la revocatoria fallimentare per gli atti compiuti prima della liquidazione ; si amplia così il lasso temporale soggetto a l potere della revocatoria rispetto a quello della liquidazione coatta amministrativa dell’impresa non societaria.41

Se si tratta società a responsabilità limitata il presidente del tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere con decreto ai soci e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni , di eseguire i versamenti ancora dovuti anche se non sia scaduto il termine per il pagamento.

In entrambi i casi di accertamento si applica l’art.202 L. fall. volto a concludere il procedimento con sentenza sia che sia dichiarata anche l’insolvenza sia in caso contrario .

41 L’azione revocatoria fallimentare dell’impresa non societaria è utilizzabile solo per atti compiuti successivamente alla dichiarazione di insolvenza

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34

CAPITOLO 2

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA

2 INTRODUZIONE

2.1 Presupposti che hanno portato al Meccanismo

di vigilanza unico (SSM)

2.2 Regolamento n. 1024-2013: il Meccanismo di

vigilanza unico (SSM)

2.3.1 Single Resolution Mechanism, SRM

2.3.2 Il Fondo di risoluzione unico

2.3.3

Funzionamento

del

meccanismo

di

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35

2 Introduzione

Il processo che si conclude con la formazione dell’ Unione Bancaria ha inizio nel giugno 2012 con il vertice del Consiglio Europeo .

Sul punto si era apertamente espresso l’a llora presidente della commissione de lla commissione Barroso dicendo : “Completing the Banking Union in particular is the one most significant and important advance we can make to end the unfair distortions of lendingc onditions in financial markets”42.

Questo traguardo si basa su 3 pilastri43: il Meccanismo di vigilanza unico (SSM Single Supervisory Mechanism), il Meccanismo di risoluzione unico (SRM Single resolution Mechanism) e la disciplina armonizzata per i sistemi di garanzia dei depositi (DGS Deposite G uarantee Scheme)44.

42Si veda BARROSO J.M.D., Speech by President Barroso at the European Parliament Plenary Debate on the European Council 28 – 29 June, Strasbourg, giugno 2012

43 Il termine pilastro è utilizzato volutamente per richiamare l’attenzione su quello che erano stati i lavori di Basilea: in particolare si richiamano gli accordi denominati Basilea 1, Basilea 2 e Basilea 3

44 TRUCCHI M., Verso l’Unione bancaria in “Eurolandia”: un percorso ad ostacoli, in Mondo bancario, 2012

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2.1 Presupposti che hanno portato a l Meccanismo

di vigilanza unico (SSM)

Il punto di partenza per la nostra analisi lo identifichiamo nel lavoro svolto da Alexander Lamfalussy .

Lo scopo ultimo di tutti i lavori dell’economista era quello di creare nuovi istituti e concetti per agevolare lo scambio tra il mondo economico e le Istituzioni europee. Il progetto era perseguito articolandosi dai seguenti concetti chiave: la unificazione normativa, migliorando i processi legislativi come codifica ti dalle fonti sovranazionali. La manifestazione più nota di questo concetto è il meccanismo denominato “codecisione” messa in opera dal binomio formato da Parlamento e Consiglio sui progetti elaborati dalla Commissione. Secondo dei punti elaborati dallo s tudio belga è rivolto aumentare e coadiuvare gli svariati meccanismi di controllo che erano tipizzati da un forte carattere nazionalistico.

Ultimo aspetto da analizzare riguarda la volontà di Lamfalussy di rendere ancor di più esplicita la doverosità della circolazione delle informazioni, che doveva avvenire tramite gruppi di specialisti, che oggi sono evoluti nelle moderne Autorità.

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Parallelamente a tale teoria sono stati sviluppati altri due approcci che sono meritevoli di analisi.

La prima è detta home country control: riguarda i modi e tempi per sorvegliare l’operato delle banche nazionali e in particolare delle filiali distaccate presso i paesi aderenti ai trattati; secondo meccanismo di cui si diceva sopra, è quello denominato host country control pe r le filiazioni delle banche extracomunitarie45.

In questo contesto era fondamentale il lavoro prodotto dal Comitato di Basilea46 che aveva prodotto nel 2008 gli accordi “Basilea 2”47: frutto di questo pool di tec nici fu la formulazione di principi giuridici, economici e contabili per aumentare i controlli incrociati tra le varie banche dati nazionali e raccordare le moltitudini di Autorità e meccanismi di controllo che così venivano messi in azione. Si giunse così a riconoscere la primazia del ruolo che veniva a svolgere la supervisione consolidata.L ’Autorità finanziaria europea (European Financial Authority, EFA) è

45 L’home e l’host country control prevedevano –rispettivamente –che il controllo e la vigilanza venisse svolta dall’Autorità nazionale in sinergia con quella straniera

46 Prima del 1988 ciascun Paese stabiliva in modo autonomo la sufficienza del proprio capitale all’interno del sistema economico: ciò comportava un trattamento non paritario tra gli enti bancari dei vari Paesi in termini di competitività e stabilità. Nel 1974, i governatori delle tredici banche centrali dei Paesi più sviluppati istituirono il Comitato di Basilea il quale però aveva solo funzione di consulenza internazionale.

47Si veda anche Montanaro, Regole di Basilea e modelli di vigilanza: quale convergenza?, in «Moneta e Credito», voL. 66, n. 264, 2013

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stata creata proprio per concretizzare i concetti pocanzi esplicitati. Elemento distintivo di ess a era la scelta di meccanismi di controllo di sta mpo federativo, al fine di supervisionare e monitorare i vari intermediari finanziari, “lasciando alle Autorità nazionali la supervisione di quelli della Nazione di appartenenza secondo un modello tipicamente dualistico ”48.

Altro momento degno di menzione c oincide con la creazione del SEVIF , tramite il Regolamento UE 24 novembre 2010, n. 1092 , che, a sua volta, istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico (European Sistemic Risk Board, ESRB). L’ articolo 1 del Regolamento fa propria la nozione di “perturbazione del sistema finanziario che può avere gravi conseguenze negative per il mercato interno e l’economia reale”49 per indicare il rischio sistemico.

L’ammodernamento del sistema non finiva per qui: venne istituito anche il Comitato Congiunto formato dalle Autorità nazionali di controllo , dando anche a esso il ruolo di controllo e scambio di informazioni tra i punti nevralgici della struttura europea.

48 Boccuzzi, L’Unione bancaria europea. Nuove Istituzioni e regole di vigilanza e di gestione delle crisi bancarie, Bancaria Editrice, Roma, 2015.

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2.2 Single Supervisory Mechanism (SSM)

La vigilanza bancaria continentale è necessaria per rispondere ai rischi di contagio transnazionale in caso di crisi bancarie nell'UE. Come è chiaro il rischio è implementato maggiori che siano le attività finanziarie transfrontaliere. La crisi scoppiata negli USA , e trasportata dal mercato nel nostro sistema , ha reso noto come il solo coordinarsi tra le Istituzioni non bastava a arginare la crisi che era venuta a esistenza: “ era necessario un sistema di vigilanza bancaria unico ” così recita il sito del consiglio europeo .

Il Meccanismo di vigilanza unico (SSM) istituisce un meccanismo di controllo prudenziale sugli istituti bancari. Questi controlli sono svolti mediante una intelaiatura che raccorda la Banca centrale europea con le Autorità nazionali50.

Al fine di arrivare alla massima trasparenza e controllo possibile, all’interno di questo algoritmo istituzionale di controllo sono stati inserititi i Joint Supervisory Teams, composti da personale della BCE e delle Autorità

50Per approfondire Si veda

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nazionali, che hanno compito di raccordo tra le Autorità e gli intermediari finanziari5152.

I compiti del Meccanismo di vigilanza unico traggono linfa anche dal Meccanismo di risoluzione unico, che, a sua volta, è composto da un Comitato unitario di risoluzione e dal Fondo di risoluzione che costituisce il “portafoglio” da cui attingere per ripara re la crisi ed il dissesto53 del soggetto.

Il Single Supervisory Mechanism ha le segu eiti funzioni principali: “analisi sulla conformità degli enti creditizi ai requisiti prudenziali, individuazione carenze in fase embrionale o non ancora compiutamente svil uppata ed assicurare che si intervenga per superare tali carenze al fine di evitare che la situazione si trasformi in una minaccia per la stabilità finanziaria globale dell’intero sistema finanziario ”54.

Il Meccanismo di vigilanza unico , dunque, è formato dalla Banca centrale europea (BCE) e dalle Autorità nazionali di vigilanza degli Stati membri dell'UE partecipanti.

51 BARBAGALLO C., L’Unione Bancaria Europea, in Mondo bancario, 2014

52 Si veda articolo 4 Regolamento 468/2014/UE.

53Si veda paragrafo 2.3.2

54Si riporta un virgolettato del sito precedentemente citato per non alterare la completezza dell’esposizione. http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-supervisory-mechanism/

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Punto di forza del Meccanismo di vigilanza unico è l’operazione svolta dell’EBA: l’Autorità bancaria europea55 ha la facoltà e il dovere di creazione di un asseto di regole e principi. Questi devono venire alla luce dalla armonizzazione delle esperienze nazionali tramite procedimenti detti peer rev iew, ossia concedendo ai vari elementi sopracitati la possibilità di svolgere analisi paritarie nei confronti degli enti creditizi; la dinamica che si è così creata è detta comply or explain (adeguati o spiega), che porta le banche a doversi conformare a tutte le azioni prescritte dalle Autorità in tutti i casi in cui l’ente non sia in grado di motivar e sufficientemente le azioni svolte.

Nello specifico l’EBA, nell’assetto di vigilanza che si è così delineato, ha il dovere di supervisione degli enti bancari, svolgere stress test, assicurare una “risposta coordinata in situazioni di crisi, col potere di porre in essere azioni in casi di emergenza, coordinando le risposte dei supervisori nazionali”56. Le vie concrete di cooperazione tra la Banca centrale europea e le Autorità nazionali di vigilanza sono codificate dal "Regolamento quadro sull'SSM"57 fatto, appunto, dalla BCE stessa .

55 Istituita con il regolamento UE 1093/2010 e successive modifiche ad esso.

56 BOCCUZZI, L’Unione bancaria europea. Nuove Istituzioni e regole di vigilanza e di gestione delle crisi bancarie, Bancaria Editrice, Roma, 2015

57 Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che crea principi con funzione di cornice per la cooperazione nell’ambito del

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Altro punto di svolta per l’evoluzione della disciplina del SSM è rappresentato dal Regolamento n. 1024 del 2013 , il quale conferisce alla Banca centrale europea il compito di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e è respon sabile del funzionamento complessivo del Meccanismo di vigilanza unico: controlla ogni istituto bancario europeo che sia classificato come "significativo ",con attenzione specifica rivolta a alle banche di importanza sistemica58,in sinergia con i meccanismi di vigilanza azionati da altre Autorità. La vigilanza implica la conduzione di controlli periodici volti ad assicurare che le banche siano idonee ad operare, incluso l'esame delle modalità di concessione dei prestiti, di acquisizione dei prestiti e di inve stimento o, più in generale, della conformità al codice unico europeo. La BCE ha avuto pienezza dei poteri di vigilanza nel novembre del 2014.

Prima di tale momento, la stabilit à delle banche è stata analizzata tramite valutazioni anche invasive , come ad esempio gli esami dei bilanci, con particolare attenzione alla veridicità di quanto riportato e alla sua solvibilità

Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le Autorità nazionali competenti e con le Autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17)

58 “Sono soggette a vigilanza diretta le banche con attivi superiori a 30 miliardi di EUR oppure che rappresentino almeno il 20% del PIL del loro Paese. Attualmente nella zona euro sono circa 120 le banche con queste caratteristiche e rappresentano pressoché l'85% degli attivi bancari totali”. Per approfondire si veda

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futura, non meno importanti sono le "prove di stress", volte a stabilire se le banche siano pronte a resistere alle crisi59.

“Il coordinamento tra Autorità di vigilanza è essenziale, ma la crisi ha dimostrato che il solo coordinamento non è sufficiente, in particolare nel contesto della moneta unica”60 questo è quanto riportato in modo lapalissiano dal considerando numero 5 del documento del 20 13. Spostando la analisi al corpus vero e proprio del Regolamento si nota che alla Banca centrale europea vengono dati “ compiti e strumenti macroprudenziali ”61 anche con facoltà di agire al posto delle Autorità nazionali; nello stesso solco lasciato dalla d isciplina in analisi, alle Autorità nazionali sostituite è data la possibilità di chiedere alla Banca centrale Europea di attivarsi per stabilire requisiti maggiormente consoni riguardo le riserve di capitale degli Stati. Incipit tipico e doveroso di ogni azione è la notificazione, ad opera della BCE alle Autorità nazionali interessate, almeno dieci giorni prima che le fonti analizzate confluiscano in documenti definitivi ; i soggetti destinatari hanno cinque giorni per fare delle contro deduzioni e sollevare obiezioni su ciò che gli è stato reso noto .

59Qualità definita resilienza economica.

60 Regolamento n. 1024 del 2013 5° considerando

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Si nota che lo schema della ripartizione di analisi e controlli è tipicamente dualista.

La Banca centrale europea ha il ruolo di chiave di volta del sistema , che a sua volta non può sorreggersi da sola e quindi recuperano importanza le singole Autorità nazionali ed europee.

Più nel dettaglio l a BCE rilascia e revoca l’autorizzazione all’esercizio d ell’attività bancaria; controlla la rispondenza dei requisiti prudenziali in riferimento ai rischi, solvibilità e leva finanziaria e liquidità; stabilisce parametri sul capitale, anche più gravosi rispetto a quelli enucleati dalla normativa di vigilanza, monitora la vigilanza sugli istituti di dimensioni più piccole effettuata , in prima battuta, dalle Autorità nazionali di vigilanza. Può decidere di esercitare la vigilanza diretta su qualsiasi banca di uno Stato membro che partecipa all' SSM per assicurare l'applicazione coerente delle norme di vigilanza.

Il primo pilastro dell’ordinamento così creato è la capital adequacy grazie al quale vengono ridefiniti i criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali mini mi poiché, ora, la Bce ci si muove nell’ottica volta all’analisi del rischio connesso ai singoli prestiti, diventando così particolarmente utili i “rating”, ossia val utazioni tutto compreso, assegnati dalla Banca62. L’ente di Francoforte

62Eurocons, Il rapporto tra banca e impresa, volume 3, Torino, collana ebook. Le novità del 1° pilastro: introduzione del rischio operativo, che si aggiunge al rischio di credito e di mercato congiuntamente a criteri di calcolo più efficienti nella

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controlla anche architettura della governance con particolare premura rivolta alla meccanica della sorveglianza interna a ogni istituto

Possiamo ora quindi spiegare meglio in cosa si sos tanzia la duplicità dello schema di controllo bancario come accennato precedentemente63.

La Banca centrale europea ricopre il ruolo di testa pensate dei controlli. Proprio in virtù di tale compito le sono riconosciut e facoltà di regolamentazione più o meno rilevante in base ai singoli casi. Per svolgere questo delicatissimo compito è stato creato all’interno della BCE un consiglio di vigilanza apposito le cui decisioni sono adottate a meno di obbiezione esplicita della BCE . Il consiglio è formato da Presidente64, Vicepresidente65 quattro rappresentanti della BC E, un rappresentante di

misurazione del rischio di credito (rating). Resta uguale il coefficiente minimo dell’8%, ma vengo diversificate le regole di calcolo del coefficiente di ponderazione.

http://www.eurogroup.it/cmseg/wresource/eurogroup/ent3/1/03_Ebook_Rapport o%20banca%20impresa_giugno%202016_4.pdf

63In precedenza si era detto: “La Banca centrale europea ha il ruolo di chiave di volta del sistema, che a sua volta non può sorreggersi da sola e quindi recuperano importanza le singole Autorità nazionali ed europee.”

64 Danièle Nouy è stata nominata presidente del consiglio di vigilanza della BCE nel dicembre del 2013.

65Sabine Lautenschläger è stata nominata vicepresidente del consiglio di vigilanza della BCE nel febbraio 2014.

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ogni Autorità nazionale di vigilanza degli Stati membri dell'UE partecipanti.

Le Autorità nazionali di vigilanza attuano i loro compiti verso banche di più modesto rilievo: i comp iti da esse svolti sono detti anche di controllo standard o ordinario dato che si muove nella dimensione più vicina al cittadino. La Banca d’Italia tramite una pubblicazione di Barbagallo rende noto che: “ In ambito SSM è essenziale che la vigilanza sia con dotta in modo uniforme rispetto a tutte le banche, sia quelle vigilate in forma centralizzata, sia quelle minori. A tal fine sarà applicato un manuale unico (il Single Supervisory Manual) che descr ive i processi, le procedure e le metodologie di supervisio ne da seguire. La Banca d’Italia ha fortemente contribuito alla realizzazione del manuale unico facendo confluire in esso le nostre prassi che seguono una Guida di vigilanza organica portata a termine nel 2008 e che sono state di recente valutate positivamente dal Fondo Monetario Internazionale. Il rilievo dei controlli on e off - site, la valutazione sia quantitativa che qualitativa dei rischi e dei presidi organizzativi, lo stretto legame tra risultanze dell’analisi e azioni correttive sono alcuni dei prin cipi fondamentali dell’approccio italiano che confluiranno nel manuale unico”66.

66 Intervento di Carmelo Barbagallo Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria Banca d’Italia 6 maggio 2014

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2.3.1 Single Resolution Mechanism (SRM)

Il fine del Meccanismo di risoluzione unico (SRM) è consentire una risoluzione degli enti bancari in dissesto, tenendo le spese per i soggetti deboli al minimo possibile: scopo questo che contente di tutelare anche l’economia reale.

Il secondo pilastro dell’unione bancaria è il meccanismo unico per la risoluzione delle crisi bancarie, il Single Resolution Mechanism (SRM). La NIFA a seguito di un intervento fatto nel 2014 da Barbagallo, a proposito delle tematiche stiamo analizzando, ha reso noto un documento che recita “L’SRM è un complemento necessario della supervisione unica e, pertanto, avrà lo stesso raggio di applicazione del meccanismo unico di supervisione coinvolgendo tutte le banche dei paesi dell’Eurozona. Esso presuppone l’armonizzazione dei regimi nazionali di gestione delle crisi bancarie prevista dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche ”67.

L’SRM comprende un Fondo di risoluzione unico , implementato da contributi delle banche, e un Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board) a cui vengono affidate le decisioni sull’avvio e sulla gestione

67 NIFA – New International Finance Association, Verso l’Europa Unita, Intervento di Carmelo Barbagallo, 6 maggio 2014

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del procedimento di risoluzione oltre che sull’uso del le risorse del Fondo, salvo obiezioni della Commissione e del Consiglio.

Dal gennaio 2016 è efficace il Regolamento UE/2014/806, che introduce il Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle SIM68 complementare al Meccanismo di vigilanza unico69 con la finalità di mantenere in bolla la stabilità continentale, sfruttando la gestione centralizzata delle procedure di risoluzione. Del pari è stabilita la creazione del Fondo di risoluzione unico avente il compito di approvvigionare i progetti di risoluzion e (Single Resolution Fund, SRF) . La fonte di tale Fondo è costituita da somme versate dagli enti bancari, avendo la prospettiva di essere pienamente sovvenzionato in 8 anni. La galassia così nata vede la presenza de lle Autorità nazionali di risoluzione (Na tional Resolution Authority, NRA) e dal Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board, SRB), che a sua volta è un organizzazione di matrice europea nel cui assetto interno sono presenti anche i rappresen tanti delle Autorità nazionali così da non alterare equilibri politici che coinvolgono anche ambiti extra -finanziari.

Le banche di maggiori fatturati dell’area dell’euro (le banche qualificate come significative ai sensi del

68 Società di intermediazione mobiliare

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Regolamento70 SSM e i gruppi transfrontalieri) vedranno il Comitato come organo che deve stabilire ex ante, tramite piani di risoluzione, le vie per le quali la crisi dovrà essere fronteggiata e, se mai la crisi si dovesse manifestare compiutamente, contemplare i percorsi di gestione in concreto adottando un programma di risoluzio ne. Le Autorità di risoluzione nazionali avranno il compito di dare concretizzazione al piano mediante l’utilizzo dei poteri che gli sono stati contestualmente conferiti. Il programma ha necessità di essere analizzato dalla Commissione Europea71. La struttura così delineata per gli istituti con rilevanza mondi ale si rispecchia sui soggetti di respiro più modesto ogni volta che , per arrivare alla soluzione della loro situazione di difficoltà , si debba coinvolgere il Fondo di risoluzione unico .

Il Single Resolution Board è il responsabile per tutti i casi di risoluzione, poiché la dimensione della banca non intacca la responsabilità n e viene modificata dai bilanci

70 Articolo 7, comma 2, e articolo 8, regolamento 806/2014/UE

71 Il Consiglio può essere chiamato a muovere critiche, su proposta della Commissione, riguardanti la presenza del requisito dell’interesse pubblico (public interest) o a dare il suo assenso alle modifiche del valore dell’intervento del fondo di risoluzione stimato nel programma presentato dal Board. Se il Consiglio continua ad affermare l’insussistenza della finalità pubblica la risoluzione termina, il soggetto viene liquidato seguendo la metodologia ordinaria; nell’ipotesi in cui approva le proposte di modifica del valore dell’intervento del Fondo, il Board deve cambiare conseguentemente, il programma di risoluzione.

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del ente in crisi72. La azione delle Autorità nazionali di risoluzione dovrà, in ogni caso, seguire le disposizioni date a guida dal Comitato.

Concludendo su tale aspetto, quindi, il SRB è responsabile tutte le volte che si attiva il Fondo di Risoluzione73.

Vediamo ora come si struttura l’azione del meccanismo unico di risoluzione74.

L’organo che ha il compito di prendere decisioni nell’ambito del Meccanismo di risoluzione unico è il Comitato di risoluzione unico ; come funzione primaria, ovviamente, vi sarà quella di assumere le decisioni riguardanti i piani di risoluzione e, in particolare, quell e riguardanti l’assoggettamento o meno del caso concreto alla risoluzione e stabilirà i modi più congrui al raggiungimento degli scopi fissati dalla disciplina comunitaria. Altro compito delicatissimo concerne il dover decidere , riguardo ai programmi di risoluzio ne per le banche in dissesto , se si vi sia ragionevole fondamento di ritenere che vi sia il bisogno del l’utilizzazione di strumenti di risoluzione in sinergia con il ricorso all’azione del Fondo di risoluzione unico . Questa funzione fondamentale è controbi lanciata dalla responsabilità

72Si veda articolo 28, comma 1, regolamento 806/2014/UE

73Si veda articolo 7, comma 3, regolamento 806/2014/UE

74 Il consiglio europeo mette a disposizione una spiegazione esaustiva di ciò tramite il suo sito http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/

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