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Online lead generation nel B2B

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in Marketing e comunicazione

Tesi di Laurea

Online lead generation B2B

Relatore

Prof. VLADI FINOTTO

Laureanda

ELISA MORETTO

Matricola 855671

Anno Accademico

2016 / 2017

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Sommario

Capitolo 1. LA CUSTOMER JOURNEY COME MODELLO D ANAL)S) DEL

COMPORTAMENTO DELL UTENTE ... 1

1.1 Il concetto della Customer Journey ... 1

1.1.1 Cos’è la Customer Journey ... 2

1.1.2 Gli strumenti per la costruzione della Customer Journey map ... 11

1.1.3 Dal multichannel all’omnichannel... 24

1.2 La valutazione dei micromomenti e l impatto degli stessi sugli obiettivi di brand awareness e lead generation ...35

1.3 Il paradigma della Customer Journey in ottica B2B e B2C ...41

Capitolo 2. IL MERCATO: IL SETTORE B2B ...49

Settore B2B: caratteristiche, tendenze e differenze dal settore B2C ...49

2.1.1 Il prodotto ... 50

2.1.2 Le relazioni con i fornitori ... 50

2.1.3 Pratiche di negoziazione ... 55

2.1.4 Le transazioni e i clienti ... 57

2.1.5 Differenze con il settore B2C ... 58

2.2 Il settore B2B online ...61

2.2.1 Paid media ... 64

2.2.2 Earned media ... 65

2.2.3 Owned media ... 67

2.3 I cambiamenti nel settore B2B ...77

Capitolo 3. L ONL)NE LEAD GENERAT)ON PER )L SETTORE B B ...83

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3.1.1 Forza vendita ... 83

3.1.2 Il ruolo della forza vendita ... 84

3.1.3 La funzione della forza vendita in base al prodotto ... 89

3.1.4 Le fiere... 91

3.1.5 La classificazione delle fiere ... 92

3.1.6 Il ruolo delle fiere ... 93

3.1.7 Gli obiettivi della fiera ... 95

3.2 Le strategie e gli strumenti più comuni per la lead generation online per il B2B………… ...97

3.2.1 Direct Marketing ... 101

3.3 I principali KPI di misurazione di una strategia ... 113

Capitolo 4. INBOUND MARKETING: ALLUNGARE IL FUNNEL DI CONVERSIONE PER MASSIMIZZARE IL ROI ... 119

Come cambia la customer journey in una strategia di Inbound Marketing………120

Inbound Marketing: vantaggi e limiti ... 126

4.2 Ambiti di applicazione e best prictices: blog e social ... 133

4.3 )l Content Marketing a servizio dell )nbound ... 134

4.3.1 Il blog ... 136

4.3.2 I social network ... 139

Capitolo 5. IL CASO SAS ... 143

La strategia di Inbound Marketing applicata ad un caso reale ... 143

5.1.1 L’azienda ... 143

Situazione iniziale ... 144

5.2.1 Gli obiettivi e le problematiche ... 144

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5.3.1 Gli obiettivi dell’agenzia ... 145

5.3.2 La scelta dell’Inbound rispetto all’Outbound ... 146

5.3.3 Il cuore della strategia ... 147

5.3.4 I social network ... 153

5.3.5 Advertising ... 153

5.3.6 Landing page ... 156

Analisi intermedia ed ottimizzazione ... 158

5.4.1 Ottimizzazione della strategia ... 161

Risultati ottenuti e verifica del raggiungimento degli obiettivi ... 163

5.5.1 I margini di miglioramento ... 166

5.5.2 Conclusioni ... 167

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INTRODUZIONE

L intenzione che ha portato a proporre questo lavoro di tesi che ci si appresta a leggere è uno sforzo di pensiero e di ipotesi più che una mera analisi della letteratura esistente o soli casi pratici. La sensazione di camminare sulle uova è infatti familiare a chi si appresta a ragionare di marketing digitale, questo si evidenzia dal fatto che pur essendo nel 2017, la reclame è ancora sinonimo di marketing mentre gli esperti del settore sono consapevoli che la pubblicità è solo una delle diverse leve a disposizione di una delle quattro P (promotion) che Kotler ha stabilito come pilastri di questa disciplina, tanto affascinante quanto complessa. Non vi sono in letteratura molti contributi dedicati ad una controversa tematica come quella della generazione di contatti in un settore, il B2B, che da meno tempo rispetto al B2C si affaccia al marketing in senso integrato.

La mia tesi vuole dunque essere una ricerca di una possibile strategia interessante per un settore business che ritrova sempre più difficoltà a generare contatti di valore tramite il web.

Partendo dalle basi del marketing spingendomi verso nuove strategie digitali, ho deciso di proporre una strada che ha pochi ma certi punti fermi:

1. Un contesto di consumo omni-canale: un rapporto basato sulla pluralità dei mezzi (smartphone, mail, shop, social networks, riviste, ecc.) tra il possibile acquirente e le aziende, analizzabile attraverso la customer journey analysis;

2. Un settore che muove buona parte del prodotto interno lordo del nostro paese: il B2B: un concetto, quello della lead generation, che in tempi di crisi economica appare centrale, proprio perché portatore di opportunità di business concrete e attuabili.

Il perno centrale di tutto l elaborato è il forte impatto che l online ha in questo settore, il marketing, ed in questo mondo. Non sarebbe infatti pensabile la

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progettazione di una metodologia di ricerca dell awareness su di un prodotto o servizio senza la rete, così come tutte le altre fasi del processo che porta all acquisto sono pesantemente impattate da tutto quello che oggi internet ed il mondo mobile comportano.

Per queste ragioni il mio lavoro si suddivide in cinque capitoli, ognuno con una tematica da sviscerare.

Nel primo capitolo mi interesserò di come l analisi del comportamento utente possa impattare sulla generazione di una strategia di digital marketing. Interessante sarà capire come la customer journey analysis dipenda fortemente da strumenti scientifici e di come sia capace di aprire gli occhi alle imprese su quanto sia importante conoscere il comportamento d acquisto dei loro possibili clienti. Attraverso il secondo capitolo si sviscererà il settore di riferimento dell intera indagine: il B2B. Verranno analizzati gli elementi che lo caratterizzano e lo differenziano rispetto al B2C, evidenziando le pratiche più comuni della presenza online delle aziende che si rivolgono ad un mercato business. Sarà poi possibile prendere visione di quelli che sono i maggiori cambiamenti che hanno contraddistinto questo settore negli ultimi anni per capire e saper affrontare le nuove sfide poste dal mondo digitale.

Nel terzo capitolo si inizierà ad entrare nel vero cuore della trattazione analizzando le tecniche di lead generation partendo dai modelli classici, come fiere e forza vendita, fino ad arrivare alle strategie e strumenti più comuni attualmente in uso nelle aziende, particolare focus sarà poi dedicato alla strategia di direct marketing. )l quarto capitolo vuole porre l attenzione su di una strategia, a mio parere, alternativa ed innovativa per la generazione di lead all interno del settore B B. L inbound Marketing, una strategia che si contrappone all ormai inflazionato e costoso outbound dotata di svariati vantaggi e soprattutto capace di portare contatti maggiormente a target, vuole essere una formula vincente sia per le grandi imprese sempre più distaccate dai propri clienti sia per le PMI, che devono lottare ogni giorno per trovare il proprio posto nel mercato.

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Infine, nel quinto capitolo, si affronterà un caso concreto per assolvere all obiettivo di questo lavoro: riscontrare o meno l efficacia di una strategia di )nbound Marketing nel settore B2B. Dopo aver evidenziato le richieste da parte del cliente, verrà esaminato l impianto strategico predisposto nei suoi elementi portanti. In seguito verranno analizzati i dati ottenuti da una prima fase strategica e la conseguente ottimizzazione della strategia. Al termine dell analisi del caso verranno presi in esame i risultati conclusivi di questo impianto strategico strutturato sugli obiettivi del cliente e verrà verificato se fra i lead ottenuti una buona percentuale si dimostri essere a target.

Ad oggi le aziende hanno le possibilità per lavorare davvero alla generazione di contatti di qualità attraverso tutti gli strumenti che l online mette a disposizione. La sfida del Marketing Manager di domani, anche delle PMI, che solo ora iniziano a capire quanto l online sia fonte di possibilità, è quella di costruire un impianto di lavoro che non sia più basato sulle sole intuizioni dell imprenditore ma guidato da un attenta analisi del processo d acquisto del potenziale cliente, una strategia di contatto e di fidelizzazione nel lungo periodo capace di trasmettere valore.

Questa tesi cerca di esplorare questi mondi, ed ha l obiettivo di rendere matura la convinzione che senza un progetto di marketing di qualità non vi sarà lead generation, e senza lead generation difficilmente sarà possibile vedere per le aziende italiane un futuro di crescita nel business.

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Capitolo 1. LA CUSTOMER JOURNEY COME MODELLO D’ANALISI DEL COMPORTAMENTO DELL’UTENTE

1.1 Il concetto della Customer Journey

Il marketing può essere definito come quella funzione aziendale il grado di orientare e regolare i rapporti di scambio con i mercati di sbocco, al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di sviluppo e di redditività dell impresa (Ferrero e Cozzi, 2004).

Il ruolo del marketing all interno delle aziende è quello di aiutare l impresa ad essere presente nel mercato attraverso un approccio capace di capire e prevedere i cambiamenti futuri del mercato, accrescerne la capacità persuasiva verso il mercato e gestire le crisi che si possono verificare al fine di riportare i minori danni possibili. Per la realizzazione di questi compiti il marketing deve quindi analizzare, pianificare le proprie attività e coordinarle affinché il cliente percepisca un valore di prodotto maggiore rispetto alla concorrenza sia attraverso la gestione delle relazioni sia attraverso la percezione di prestazioni offerte superiori. L analisi dell ambiente di mercato è necessario come base per riuscire a costruire strategie realmente efficaci capaci di andare incontro a quelli che sono i bisogni dei clienti ed i momenti in cui si manifestano, questo rende possibile la pianificazione di tutte quelle attività che andranno a creare il punto di contatto tra il cliente e l impresa. La funzione del marketing ha il compito di gestire i flussi informativi non solo dall interno verso l esterno ma anche, e soprattutto, dall esterno verso l interno permettendo l acquisizione delle giuste conoscenze per impostare strategie e misurarne i risultati.

La finalità perseguita dalla funzione di marketing nel sistema aziendale deve essere di contribuire al conseguimento degli obiettivi di sviluppo e redditività a medio termine dell impresa . L ottica da adottarsi nella formulazione delle strategie e delle politiche non può, dunque, essere circoscritta al breve termine (la vendita, il margine di contribuzione annuale), né può essere limitata alla ricerca

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della soddisfazione dei consumatori. La funzione di marketing deve orientare la sua azione al conseguimento da parte dell impresa di un vantaggio competitivo significativo e difendibile rispetto ai concorrenti, che rappresenta la condizione base per la sopravvivenza, lo sviluppo e la redditività nel tempo dell impresa stessa Ferrero e Cozzi, .

Proprio per questo all interno della letteratura sono presenti numerosi testi che si soffermano sulla necessità da parte degli uomini del marketing di essere in grado di analizzare il mercato e nello specifico il proprio target di riferimento. Numerose teorie e metodi operativi guardano alla segmentazione del mercato per caratteristiche socio-demografiche misurabili, per stili di vita o i più recenti momenti di vita. Tuttavia la segmentazione senza uno studio del processo d acquisto del proprio cliente, a mio parere, non permette una conoscenza effettivamente approfondita del target di riferimento che consenta di strutturare una strategia di marketing realmente efficiente.

Lo studio e la conoscenza dei passaggi e dei comportamenti che il cliente compie nei diversi momenti che lo portano all acquisto di un prodotto possono influenzare notevolmente la strategia aziendale nell approccio a quello specifico target e portare risultati considerevoli.

Risulta dunque importante considerare l impatto, la modalità di creazione e le influenze sulla strategia portate da quello che è uno degli strumenti più utili, a mio parere, in ambito di marketing e che sempre più imprese stanno iniziando ad utilizzare: la customer journey.

1.1.1 Cos’è la Customer Journey

La Customer Journey è il percorso cognitivo che porta l utente attraverso diversi canali all acquisto di un prodotto o di un servizio (Marciano, 2015).

Infatti, la Customer Journey è un modello attraverso il quale è possibile delineare il percorso che compie l’utente dal primo momento in cui viene a contatto con l’impresa fino al momento della vendita, con l’ulteriore vantaggio di poter utilizzare questo

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modello in tutti i settori e senza limiti geografici o di canale, ovviamente apportando di volta in volta le necessarie modifiche.

La definizione di un paese, un settore, un target e i touch points1 interessanti per

l’impresa portano a determinare, ogni qual volta si cambi almeno uno di questi aspetti, customer journey che possono essere anche molto diverse tra loro.

Proprio per questo l’analisi della customer journey è un processo necessario per riuscire a comprendere la storia dell’esperienza dell’utente in target con l’impresa andando a considerare i processi di coinvolgimento, interazione e partecipazione nei diversi momenti al fine di poter ottenere oltre che una semplice vendita, cosiddetta one shot, anche un rapporto di lungo termine di fidelizzazione attraverso il progressivo miglioramento di questi aspetti.

Lo scopo ultimo delle aziende che arrivano a costruire le proprie customer journey map è il continuo miglioramento della propria offerta al cliente, non solo in termini di prodotto ma anche di relazione con lui. Creare una relazione di fiducia con il proprio cliente spesso diventa un vero e proprio tema economico che le imprese non possono dimenticare.

Attraverso soluzioni grafiche, dette infografiche, si possono ottenere diverse rappresentazioni della customer journey dei propri clienti per una più semplice interpretazione e studio della stessa in base agli aspetti che si vogliono evidenziare. Anche se le formule di infografica adottate posso essere le più diverse, tuttavia l’obiettivo rimane sempre lo stesso: l’esame del percorso utente.

Il modello della customer journey permette di avere una panoramica di quello che è il percorso, compiuto da un ipotetico cliente, del suo processo di scelta e poi d’acquisto; ma permette anche di indagare sui singoli momenti del percorso andando a definire quelli fondamentali, che permettono all’impresa di raggiungere i consumatori nei momenti in cui le loro decisioni sono maggiormente influenzabili.

L’analisi di questi momenti fondamentali (touch points) si focalizza sui sentimenti, le motivazioni e le domande che si generano nel cliente al fine di capire al meglio quali siano stati i punti critici e i conflitti, a livello decisionale, che hanno ostacolato la scelta

1 Viene definito come touch point qualsiasi punto di contatto che permette al consumatore di interagire con

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o che l’hanno facilitata, per ottenere un progressivo miglioramento delle azioni di marketing e quindi un’ottimizzazione degli investimenti nelle attività di marketing. Quando si parla di customer journey si parla, nelle situazioni ottimali, di una mappatura dei touch points, sia online che offline, verificando quindi a livello omnicanale le interazioni tra impresa e utente.

Nella costruzione delle infografiche i touch points vengono rappresentati orizzontalmente, seguendo una sequenza temporale, attraverso il flusso del processo d’acquisto del cliente. È possibile suddividere le fasi del processo in: periodo pre-acquisto, acquisto e post-acquisto. Dopo avere attribuito ad ogni periodo i relativi punti di contatto con i clienti è possibile sviluppare sull’asse verticale le attività strategiche per ogni singolo touchpoint, questa diventa la vera fase di formazione della strategia apportata dallo studio della customer journey.

Alcuni esperti di customer journey management danno maggiore importanza all’esclusiva costruzione della customer journey a livello orizzontale, costruendo quindi solo i punti di contatto impresa-cliente, altri invece incoraggiano la costruzione anche dell’asse verticale per meglio comprendere, attraverso l’immedesimazione con il cliente stesso, dei pensieri, sentimenti e emozioni che possono nascere nel cliente ma oltre a questo la customer journey permette di panificare, in un unico spazio, le proprie attività. Per arrivare alla definizione di quale modello sia più corretto utilizzare, se solo orizzontale o bidimensionale, Rosenbaum, Otalora e Ramirez nel 2017 hanno condotto uno studio riportato nel volume numero 60 della rivista Business Horizon nel quale hanno mappato il percorso utente di centinaia di clienti di uno dei più grandi centri commerciali degli Stati Uniti l’Highland Park Mall.

Questo centro commerciale, riportano gli autori nell’articolo, si caratterizza per essere molto attivo sui social media, propone spesso promozioni in-store e online e si presta come sede per manifestazioni di gruppi locali.

Nel primo momento d’analisi della customer journey gli studiosi, sotto la guida del team di gestione che si occupa del centro commerciale, hanno identificato i diversi punti di contatto che i clienti potrebbero avere durante all’interno del centro commerciale, questi touchpoint poi sono stati disegnati nell’asse orizzontale.

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Nel passaggio successivo i touchpoint sono stati attribuiti alle tre macro-fasi di pre-acquisto, acquisto o post-acquisto identificando, per i 60 touchpoint prima individuati, una ripartizione di questo tipo:

 37 (62%) punti di contatto pre-acquisto;  14 (il 23%) touch point in fase di acquisto;  9 (il 15%) touch points in fase post- acquisto.

Nella fase successiva, costruita la struttura dei touchpoint nella dimensione orizzontale si è attuata una ricerca, attraverso un questionario auto-somministrato, distribuito in modo casuale a 100 clienti in diverse parti commerciali2 per identificare, fra i 60

touchpoint identificati, i 10 più importanti sulla base di quelli più frequentemente utilizzati.

(% sì)

Periodo di pre-acquisto

Prima di decidere di venire a Highland Park Mall (HPM) oggi

1. Sei già stato a HPM in passato? 89 2. Hai parlato con gli altri circa HPM? 72 3. Hai visto un annuncio su una strada o autostrada cartellone

su prodotti, servizi o marche che sono disponibili presso HPM?

74

Periodo di acquisto

Mentre eri in HPM oggi

4. Hai utilizzato il parcheggio? 75 5. Hai intenzione di approfittare della pubblicità in-store

incentivi o coupon?

49

6. Hai visto prezzi speciali o sconti che hai scoperto durante lo shopping in un negozio?

48

2 Degli intervistati, il 75 erano donne e 25 erano uomini; la loro età variava da 18 a 75 anni. Gli intervistati

rappresentavano un campione comodità dei clienti del centro commerciale che volontariamente di prendere parte allo studio, e ogni intervistato ha ricevuto un piccolo incentivo monetario dal centro commerciale per il loro tempo.

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(% sì) 7. Hai ricevuto pareri o commenti da altri che sono stati a fare

shopping con voi?

46

Periodo post-service

Dopo aver effettuato l'acquisto di oggi al centro commerciale, cosa avete intenzione di impegnarsi nella seguente attività?

8. Consiglia a un negozio che si trova nella HPM agli altri? 95 9. Parla con gli amici o la famiglia su di acquisto o di attività di

oggi?

85

10. Pensi di tornare in HPM nel prossimo futuro? 92

Tabella 1. Principali punti di contatto dei clienti ad asse orizzontale di HPM. Fonte: Business Horizon,

Rosenbauma M. S., Losada Otalorab M., Ramírezb G.C. , 2017

La Tabella 1 ha permesso di scoprire quanto i punti di contatto non siano tutti uguali, ma che ce ne siano alcuni più importanti di altri per la gestione strategica, perché non tutti i 60 touchpoint erano stati vissuti dai clienti. Infatti, è emerso che meno del 50% dei clienti aveva sperimentato almeno 50 touchpoint.

Questa prima parte dello studio ha permesso agli autori di capire come spesso la gestione aziendale sovrastimi il numero di touchpoint utili rispetto a quelli effettivamente rilevanti a livello strategico dissipando energie e risorse.

Nella seconda fase dello studio si è proceduto alla costruzione dell asse verticale guardando ai touchpoint prima individuati e alle pratiche di gestione, anche cross-funzionali, che potessero dare un valore aggiunto al consumatore e diventare elemento di innovazione.

L individuazione di questi touchpoint fondamentali ha permesso agli addetti della gestione del centro commerciale di formulare iniziative strategiche per ciascun momento e implementare strategie di innovazione di servizio per migliorare l'esperienza cliente.

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Ad esempio, poiché la ricerca ha dimostrato che la maggior parte degli acquirenti ha notato cartelloni autostradali del centro commerciale sulla strada che porta al centro commerciale, la gestione ha lavorato con una agenzia pubblicitaria per migliorare la segnaletica mediante l'attuazione di cartelloni pubblicitari tridimensionali che presentano parti in movimento.

Oppure, visti i tre punti di contatto importanti che si presentano nel periodo post-acquisto, come raccomandare un negozio particolare e la pianificazione di un viaggio di ritorno, durante il processo di costruzione della CJM, la gestione del centro ha scoperto l'importanza della comunicazione circa il centro commerciale per i clienti. Per questo hanno lanciato iniziative online che hanno incoraggiato gli acquirenti di condividere esperienze e di lasciare raccomandazioni sul blog del centro commerciale e nel suo forum online.

Inoltre, per favorire il word-of-mouth3 il centro commerciale ha realizzato due aree

con un display interattivo che ha permesso ai consumatori di postare una foto di sé stessi mostrando gli acquisti appena effettuati.

Dunque concludono Rosenbaum, Otalora e Ramirez La customer journey map del cliente HPM offre informazioni preziose sul processo di mappatura. In primo luogo, si raccomanda che i manager realizzino customer journey map all-inclusive che contengano tutti i possibili punti di contatto, in quanto ciò può portare a una customer journey map altamente complessa che i clienti possono o non possono seguire. Per costruire una customer journey map più utile, i manager hanno bisogno di raccogliere informazioni sui clienti e identificare i punti di contatto sia critiche che quelle meno importanti. Incoraggiamo i responsabili di seguire l'approccio di HPM e chiedere direttamente ai clienti quali sono i punti di contatto quando si effettua il loro processo d acquisto. Questo approccio può essere esigente in tempo e risorse all'inizio, ma questo ulteriore sforzo sarà compensato dai vantaggi di semplicità e usabilità migliorata della mappa.

3 E’ definito come il passaparola online. Indica il diffondersi, attraverso una rete sociale, di informazioni o consigli

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)n secondo luogo, si consiglia ai manager di sviluppare categorie d intervento sull asse verticale che rappresentano iniziative strategiche interfunzionali che sfruttino le potenzialità del marketing, delle risorse umane, le operazioni e le tecnologie dell'informazione in ogni punto di contatto. In tal modo, una customer journey map diventa uno strumento strategico per l'innovazione di servizio e una rappresentazione visiva di come un sistema di servizi in grado di lavorare insieme in ogni punto di contatto per migliorare l'esperienza del cliente. […] Nel complesso, la customer journey map di HPM ha avuto successo perché la gestione commerciale focalizzata su importanti punti di contatto dei clienti, all interno di team interfunzionali hanno portato all implementazione di iniziative strategiche migliorando l'esperienza dei clienti del centro commerciale in ogni punto di contatto.

Per anni, la customer journey è stata descritta attraverso la metafora del funnel-consumers, cioè un imbuto che parte da una situazione iniziale (l'estremità larga dell'imbuto) con un numero di potenziali marchi nella mente del consumatore, dove quindi le azioni di marketing avevano lo scopo di ridurre progressivamente il numero delle marche prese in considerazione dal potenziale acquirente e a spostarlo attraverso l'imbuto, andando a creare una tipologia di rapporto sempre pi‘ stretta tra il consumatore e l impresa/prodotto portandolo alla fine alla scelta di acquisto di una marca.

Figura 1. Funnel-consumers, la metafora dell'imbuto. Fonte: The consumer decision journey. Court, Elzinga, Mulder, Vetvik, 2009

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L'analogia ad imbuto suggerisce che i consumatori restringano in modo sistematico l'insieme di marche che inizialmente prendono in considerazione sulla base di opinioni che li portano a prendere decisioni e acquistare prodotti. La fase di post vendita, poi, diventa un periodo di prova per determinare la fedeltà del consumatore alla marca e la probabilità di acquistare nuovamente i suoi prodotti. Il ruolo del marketing in questo caso è di "spingere" i consumatori in ogni fase del processo dell imbuto e di influenzare il loro comportamento all interno di essa.

La metafora dell imbuto può essere un buon esempio per capire come la forza di un marchio, nelle diverse fasi, possa essere determinante nella lotta con i competitors, tuttavia, in alcuni settori si stanno verificando profondi cambiamenti nel modo in cui i consumatori prendono le loro decisioni d'acquisto e si è reso evidente l obbligo di utilizzare un nuovo modello per approcciare in maniera efficace il consumatore, che rappresenti un processo di scelta e d acquisto meno lineare e pi‘ complicato di quanto l'imbuto suggerisca.

Infatti, oggi la metafora dell imbuto non riesce a catturare tutti i punti di contatto e i fattori chiave di acquisto derivanti dalla incredibile varietà di possibili scelte di prodotto e canali digitali a disposizione del consumatore, questo va inoltre di pari passo con l'emergere di un mercato molto più esigente rispetto al passato dovuto ad un consumatore sempre più informato e dunque consapevole.

Si è di fatti dimostrato come il processo decisionale sia un viaggio più circolare, con quattro macro fasi: considerazione, valutazione-attiva (il processo di ricerca di potenziali acquisti), acquisto e post-acquisto (quando i consumatori hanno esperienza del prodotto).

Pe la maggior parte dei prodotti, il consumatore sarà in grado, già dai primi momenti, di nominare un insieme di marchi considerati per l acquisto, detto anche insieme evocato. Una la ricerca effettuata da McKinsey&Company nel 2009 aveva dimostrato, già alcuni anni fa, che la frammentazione dei media e la proliferazione di prodotti stavano di fatto riducendo sensibilmente il numero di marche che venivano considerate in via preliminare da parte dei consumatori rispetto agli anni

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precedenti. Queste marche, presenti nell insieme evocato del consumatore, avevano poi fino a tre volte in più di probabilità di essere acquistate alla fine di tutto il processo rispetto alle marche che non venivano considerate sin dall inizio. Tuttavia in questo nuovo modello di customer journey, contrariamente alla metafora dell'imbuto, il numero di marchi presi in esame durante la fase di valutazione-attiva si può ora espandere, invece che solo diminuire, in quanto i consumatori continuano a ricercare informazioni. La nuova entrata in fase di valutazione-attiva di marche nuove può persino "interrompere" il processo decisionale e forzare l'uscita dei rivali quando i nuovi entranti riesco a proporre un vantaggio competitivo che si dimostra insuperabile da parte dei competitors. Questo cambiamento nel comportamento dei consumatori crea diverse opportunità per il marketing con l'aggiunta di nuovi punti di contatto nei quali le marche possono avere un impatto maggiore e avere un idea già pi‘ chiara dei desideri del consumatore grazie allo stato avanzato in cui il consumatore si trova nella sua customer journey. Dunque, quelle marche già presenti nell insieme evocato sin dalla prima fase di considerazione non possono più dare per scontata la loro permanenza all interno delle marche considerate dalla fase di valutazione-attiva in poi.

Inoltre, nella customer journey di oggi il marketing consumer-driven è sempre più importante in quanto i clienti tendono a prendere il controllo del processo e, attivamente, ricercano fino a trovare le informazioni a loro utili. Mentre i due terzi dei punti di contatto, durante la fase attiva di valutazione, si sono dimostrate attività di marketing consumer-driven, come le recensioni su Internet e word-of-mouth, raccomandazioni da amici e familiari, così come le interazioni in-store e i ricordi di esperienze passate; solo un terzo dei punti di contatto hanno coinvolto attività di marketing-driven nello studio di David Court, Dave Elzinga, Susan Mulder e Ole Jørgen Vetvik presentato nel sul blog McKinsey con il titolo The consumer decision journey .

Questo studio aiuta a comprendere come lo sviluppo di una profonda conoscenza di come i consumatori arrivino a prendere le decisioni sia fondamentale e, di fatti, la

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maggior parte delle imprese, avendone capito l importanza, stia concentrando le proprie strategie e spese per cercare, migliorare e ottimizzare i propri punti di contatto più influenti verso i consumatori. Questo però rende ineludibile l adozione di nuovi modi per misurare gli atteggiamenti dei consumatori, le prestazioni della marca e l'efficacia delle spese di marketing attraverso l'intero processo.

La customer journey sembra essere quindi riuscita a rispondere alla grande complessità del comportamento dell utente cambiando il modo di concepire le attività di marketing, mettendo davanti l utente e ponendolo al centro nel pensiero dell'organizzazione.

1.1.2 Gli strumenti per la costruzione della Customer Journey map

Saper rispondere a quelle che sono le specifiche esigenze del cliente che nascono in un momento preciso è il frutto di tutto un processo antecedente che poggia necessariamente su una attenta analisi del consumatore. Conoscere le esigenze, le problematiche e i desideri del consumatore in modo dettagliato pone sicuramente l impresa in una condizione di vantaggio perché, soprattutto in quei mercati dove le proposte di prodotto sono sempre più simili, permette di apportare elementi di differenziazione al prodotto che anche se minimi possono essere di notevole impatto nella user experience4 del consumatore.

Abbiamo parlato di miglioramenti in ambito di caratteristiche del prodotto ma ciò che sicuramente fa la differenza è l utilizzo di queste informazioni all interno della customer journey proprio per migliorare l efficacia dei punti di contatto con il cliente al fine di aumentare brand trust5, brand awarness6 e brand fidelity7; tutti

elementi che portano il consumatore ad acquistare in futuro con maggiore probabilità prodotti di un brand per cui prova questi sentimenti piuttosto che da altri brand.

4 La user experience è l’esperienza d’uso percepita da parte del consumatore 5 Fiducia riposta nel marchio da parte del consumatore

6 Notorietà o consapevolezza del marchio 7 Preferenza abituale o fedeltà al marchio

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Per effettuare una corretta analisi che sia oggettiva, rilevante e che abbia valore nel tempo sono gli strumenti di ricerca che vengono utilizzati a fare la differenza. )n genere tre sono le tipologie d analisi pi‘ utilizzate: ricerche qualitative o quantitative, focus group e l analisi dei comportamenti digitali e dei punti di contatto.

Le ricerche di tipo qualitativo e di tipo quantitativo sono delle metodologie operative che sfruttano tecniche diverse per giungere alla rappresentatività di un fenomeno che si intende analizzare.

Il primo paradigma, la ricerca quantitativa, va ad utilizzare metriche, campioni rappresentativi, analisi dei dati per elaborazioni statistiche e modelli matematici capaci di rappresentare correttamente la popolazione presa in analisi. L analisi qualitativa, invece, si basa sull assunto che la modalità migliore per comprendere un fenomeno sia quello di osservarlo nel contesto in cui si realizza privilegiando tecniche che richiedono maggiore tempo per la raccolta delle informazioni necessarie ma che regalano un livello qualitativo dell informazione del risultato molto più alto.

La distinzione tra ricerca qualitativa e quantitativa è dovuta proprio alla natura dei dati, l orientamento della ricerca, la sua flessibilità, il carattere oggettivo o soggettivo dei risultati che vanno a distinguere i due approcci.

Questi non devono definirsi come alternativi, infatti la situazione ottimale sarebbe una combinazione dei due, tuttavia per questioni pratiche e di tempistiche si va a privilegiare un processo di ricerca rispetto all altro sulla base degli obiettivi della ricerca: la maggiore quantità di dati forniti in breve tempo dalle tipologie quantitative o la profondità delle informazioni ricevute da una analisi qualitativa. Strumento cardine dell analisi di tipo quantitativo è il questionario.

Il questionario è un insieme strutturato di domande rivolte ad uno specifico soggetto, detto intervistato, che consente una raccolta immediata e coesa di informazioni.

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La caratteristica principale di vantaggio nell utilizzo del questionario è la standardizzazione dell osservazione dove tramite domande identiche per tutti i soggetti intervistati è possibile avere dati facilmente confrontabili tra loro.

La lunghezza del questionario non segue delle regole fisse, per un questionario strettamente quantitativo la durata della compilazione, si stima, dovrebbe essere compresa tra i 30-45 minuti con domande che si caratterizzano per comprensibilità, flessibilità e rapidità espositiva questo perché rivolgendosi ad un grande numero di persone si deve garantire un certo livello di semplicità nellinterpretazione delle domande, per questo i redattori devono avere idee molto chiare su quelli che sono gli argomenti da investigare e sui termini da usare nelle domande.

Domande che abbiano la capacità di formulare una buona rappresentatività della popolazione devono avere dei requisiti di chiarezza del contenuto (nella formulazione della domanda), una forma adatta (questo perché la forma della domanda può influire gradatamente sulla risposta che verrà data dall intervistato e senza effetti secondari (la formulazione della domanda se effettuata erroneamente potrebbe spingere l intervistato verso una particolare risposta e questo non deve accedere).

In letteratura vengono identificate diverse tipologie di questionario sulla base della forma sotto cui vengono somministrate all intervistato le domande:

 Intervista diretta: un dialogo tra una o più persone che pongono una serie di domande sui temi della ricerca ad una o più persone che si ritiene siano in grado di dare risposte alle richieste. Questa modalità di questionario si caratterizza per la presenza fisica dell intervistato e dell intervistatore;  )ntervista telefonica: un dialogo, generalmente tra l intervistatore ed un

unico intervistato, attraverso chiamata telefonica. Questa modalità permette una più facile raccolta delle risposte, costi piuttosto contenuti,

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oltre che una serie di elementi di supporto come registrazioni e controlli automatici;

 Auto-compilazione: la somministrazione del questionario avviene sotto forma di foglio cartaceo o elettronico. In questo caso i costi sono ancora minori rispetto a quelli dell intervista telefonica e l organizzazione del lavoro sul campo risulta meno complessa al fine di una raccolta di dati consistente ed in breve tempo.

Oltre a differenze nella forma di somministrazione il questionario presenta anche diverse modalità di organizzazione delle forme di risposta: risposta aperta (dove l intervistato ha completa libertà di risposta tramite parole proprie senza alcun suggerimento , risposta chiusa l intervistato può scegliere fra due risposte alternative che di solito si articolano in sì o no , risposta strutturata l intervistato può scegliere la propria risposta fra pi‘ possibilità fornite dall intervistatore , risposta multipla l intervistato può scegliere pi‘ di una risposta fra quelle predisposte dall intervistatore nell ambito di un unica domanda , risposta gerarchizzata dove l intervistato deve scegliere un ordine di preferenza delle diverse alternative fornite dall intervistatore .

Altra tipologia di ricerca è la ricerca qualitativa che attraverso molteplici metodologie e specifici strumenti d indagine vuole fornire la conoscenza di fenomeni e aspetti complessi.

Le ricerche di tipo qualitativo hanno l obiettivo di migliorare la conoscenza su un determinato aspetto o esplorare un determinato fenomeno quando teorie e ipotesi già esistenti non si dimostrino più sufficienti.

Un elemento di difficoltà per l applicazione di questa metodologia di ricerca è la scelta della raccolta dei dati ed il loro trattamento per ricavarne informazioni perché si tratta di dati non standardizzati e complessi dal punto di vista della forma di espressione del dato. Tuttavia questo processo d analisi, nonostante lo

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svantaggio del molto tempo necessario per compiere queste ricerche, permette di descrivere in modo molto pi‘ approfondito la tematica d analisi, cosa che non è possibile attraverso le ricerche quantitative.

Anche nella ricerca qualitativa ci sono diverse modalità per la raccolta dei dati:

 Intervista in profondità: sono interviste condotte su un numero limitato di soggetti con l obiettivo di cogliere le idee dell intervistato sul fenomeno d interesse;

 Studi del caso: studio intensivo di un individuo o di un contesto specifico;

 Osservazione (partecipante o non partecipante : l osservazione si distingue dall intervista in profondità perché l osservatore non ha lo scopo di fare domande, ma quello di osservare il comportamento del soggetto, l osservazione partecipante considera fondamentale la partecipazione del ricercatore a quelle che sono le attività sociali della popolazione di riferimento per capirne meglio le dinamiche interne, mentre l osservazione non partecipata considera l osservazione del soggetto da lontano, senza entrare in contatto con lui e quindi influenzare il suo comportamento;

 Approccio biografico: questo approccio si basa sulla unità e specificità di esperienza di un soggetto;

 Gruppo di discussione: viene anche definita come focus group, è un tipo particolare di ricerca qualitativa che forma una modalità a sé stante di ricerca in quanto a complessità e applicazione, anche se per definizione rimane all interno della famiglia delle ricerche qualitative;

 Documenti: sono ricerche basate sulla letteratura esistente in merito allo specifico fenomeno.

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Sono stati citati assieme alle ricerche qualitative e quantitative i focus group, questi strumenti d analisi vanno a considerare il confronto tra i soggetti dell impresa e i consumatori come un momento fondamentale della ricerca sul percorso del consumatore.

)l focus group è una tecnica qualitativa di rilevazione dati utilizzata nella ricerca sociale che si basa sulle informazioni che emergono da una discussione di gruppo su un tema o un argomento che il ricercatore desidera indagare in profondità (Zammuner, 2003).

Il metodo del focus group considera un gruppo dagli otto ai dodici partecipanti che instaurano una discussione circa una specifica tematica gestita da un moderatore della durata minima di un ora e mezza. Questi elementi il numero minimo e massimo di partecipanti, la presenza di un moderatore e il tempo minimo di un ora e mezza della discussione) sono stati studiati per rendere il più efficiente possibile il focus group, riducendo la possibilità di confusione data da un eccessivo numero di partecipanti e dando loro il tempo necessario per familiarizzare fra loro e con l ambiente che li circonda. )l moderatore ha il compito di guidare la conversazione verso gli obiettivi della ricerca evitando che la conversazione vada fuori tema e che possano sorgere elementi che vadano a minare l obiettivo del focus group.

)n particolare, Cox et al. sottolineano la differenza tra due tipi principali di interviste di gruppo: in uno il moderatore pone domande e gli intervistati rispondono oralmente o per iscritto; nell altro -l intervista focus group- un gruppo di persone è stimolato a discutere apertamente in profondità su un argomento proposto da un moderatore, il quale focalizza la discussione sugli aspetti rilevanti del tema in modo non diretto. Analogamente Morgan, pur definendo il focus group come interviste di gruppo, chiarisce che il termine intervista non deve far pensare ad un alternanza tra le domande di un intervistatore e le risposte dei partecipanti, poiché nel focus group si fa affidamento sull interazione tra un gruppo di persone che discutono un argomento proposto da un moderatore (Corrao S., 2002).

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)l focus group, basandosi sull interazione fra un gruppo di persone è una fra le tecniche pi‘ interessanti per l analisi del percorso utente, questo perché considera l interazione e l influenzamento degli individui come un momento inevitabile del percorso utente e che deve essere oggetto di studio, questo lo rende una delle tecniche più adeguate per studiare la complessità della customer journey.

Nell intervista individuale il soggetto viene isolato da quello che è il normale contesto in cui prende e proprie decisioni ma i soggetti, in genere, prendono le proprie decisioni anche sulla base dell influenza che subiscono dagli altri e non in una condizione di isolamento artificiale come avviene nell intervista individuale. Ed è proprio in questo ambito che si concentra il focus group: l interazione e lo studio del confronto che nasce fra i soggetti e che porta alla decisione d acquisto. Oltre a questo il focus group è un mezzo molto utile per capire in modo approfondito il pensiero del consumatore potendo interagire con esso e creando un dialogo costruttivo e bidirezionale tra impresa e consumatore. In questo dialogo impresa e consumatore si incontrano e da una parte può essere meglio trasmesso un forte valore per il cliente, dall altra l impresa ha la possibilità di raccogliere dati rilevanti per la costruzione della customer journey map.

Tuttavia, nonostante il focus group sembri una modalità ideale per la costruzione della customer journey map, vista l interazione possibile, questa tecnica di ricerca presenta alcuni limiti che possono minarne la buona riuscita.

)n primo luogo è da sottolineare che questa tecnica d analisi in )talia non è ancora ben diffusa e la sua applicazione trova resistenza a causa della preferenza, in molti casi, di metodi più classici e meglio conosciuti, come ad esempio le interviste individuali. Questa scarsa diffusione va poi ad accentuare quella che è la difficoltà d utilizzo di questa tecnica, infatti, meno volte viene utilizzato uno strumento meno si avrà confidenza con lo stesso e risulterà più difficile applicarlo nei vari casi. Bisogna aggiungere poi che i focus group presentano alcuni limiti soprattutto in ambito organizzativo-logistico e interpretativo.

Problemi organizzativi e logistici sono riconducibili alla difficoltà di reperire i partecipanti al focus group e alla necessità di incaricare un moderatore che si

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dimostri capace di gestire il gruppo portando i partecipanti a sentirsi liberi di esprimersi in modo naturale al fine di fornire dati meno disturbati possibile. Inoltre, in letteratura non si presentano molti riferimenti su come condurre analisi all interno di un focus group: a volte si rimanda a procedure informali e all esperienza del ricercatore, in altri casi l analisi dei dati viene definita come la parte più difficile del focus group perché dipende sia dagli obbiettivi che si pone la ricerca sia dal processo attuato che va a dipendere necessariamente dalla buona riuscita di tutte le fasi precedenti ma non vengono, nemmeno in questo caso, date istruzioni precise, in altri casi ancora viene definito come impossibile il ricorso ad un analisi sistematica basata su una giustificazione controllata delle inferenze poiché il focus group è una tecnica qualitativa e open-ended Cataldi S., . La soggettività di questi elementi, da come viene presentata in letteratura, è il fattore chiave che va a decretare il successo o il fallimento di una ricerca basata sulla tecnica del focus group portando un alto grado di insicurezza nella qualità dei dati raccolti.

Nonostante questi limiti, il focus group si dimostra essere comunque una tecnica molto interessante perché permette di analizzare i bisogni che si generano in un determinato contesto e di attivare dei processi di apprendimento che siano anche partecipativi.

Un altra metodologia di ricerca e di raccolta dei dati è l analisi dei comportamenti digitali e dei punti di contatto con il consumatore. Questa modalità di ricerca si caratterizza per essere svolta interamente dall impresa senza considerare il coinvolgimento diretto da parte dei consumatori. Mentre nelle altre tipologie di ricerca i consumatori venivano consultati dall impresa per capire i loro comportamenti e gli errori commessi ora sta all impresa comprendere questi aspetti sulla base di dati reperiti attraverso gli strumenti utilizzati.

Uno degli strumenti che permette di ottenere un numero considerevole di informazioni che siano effettivamente rilevanti per la costruzione della customer

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journey map e dunque per la comprensione dei comportamenti digitali del consumatore è Google Analytics.

Questo tool8 è un servizio che viene offerto da Google, in modo gratuito, e che

permette di ottenere dati sui visitatori del proprio sito web. Con l inserimento di una parte di codice all interno del codice sorgente del proprio sito è possibile monitorare il comportamento degli utenti, senza minare la loro privacy visto che i dati di ciascun utente vengono resi anonimi, ed è possibile profilare questi comportamenti sulla base di alcune caratteristiche (quali genere, età, dispositivo utilizzato, tramite quale sorgente arrivano al sito).

Una forma di profilazione molto importante è quella della fonte di provenienza dell utente: capire da dove arrivano pi‘ frequentemente, se da motori di ricerca o siti referral9 o campagne pay-per-click o newsletter, permette di concentrare gli

investimenti e migliorare il traffico del sito.

8 In informatica viene definito come un piccolo programma di ausilio per delle attività specifiche.

9 Traffico dai referral è il segmento di traffico che arriva al tuo sito web tramite un'altra sorgente, ad esempio tramite un link su un altro dominio… ) referral possono provenire da una serie di sorgenti, tra cui

post di Google Gruppi o pagine statiche su siti Google correlati. Queste sessioni vengono codificate come [referral] anziché come [organic] o [cpc]. Google Analaytics

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Google Anaytics presenta delle integrazioni con altri servizi Google come Google AdWords10 il che permette l analisi del comportamento sulla pagina di

destinazione e le conversioni effettuate da parte di quegli utenti che arrivano da campagne pay-per-click display o search all interno di Google.

Attraverso Google Analytics l impresa può vedere le vendite, la lead generation, la visualizzazione di una specifica pagina o il download di un particolare file, il tempo di permanenza medio sul sito, l età dei suoi utenti e molto altro ancora. Questo tool è diventato un supporto imprescindibile per il marketing di qualsiasi azienda perché permette di capire, attraverso lo studio dei diversi dati forniti, se il sito riesce a convertire11 e se la landing page studiata riesce a comunicare

correttamente il messaggio all utente e a portarlo verso l azione che l azienda vuole che compia (per esempio il rilascio dei propri dati, lo scaricamento di un documento o l acquisto di un prodotto . )noltre tramite una comparazione fra quelli che sono stati i costi sostenuti per le campagne di advertising su Google AdWords e il raggiungimento di obiettivi, impostati su Google Analytics, è possibile ottenere un rendimento delle campagne e dei singoli annunci al fine di abbattere i costi delle stesse campagne ed avere investimenti vantaggiosi.

Questo tool di Google permette di avere diversi tipi di dashboard12 che danno una

visione più o meno specifica dei dati che si vogliono visualizzare, segmentati sulla base di un elemento di profilazione dell utente. Una ulteriore funzione, davvero molto interessante, è la possibilità di avere un quadro completo del flusso che ha portato alla conversione a partire dalla landing page alla quale è arrivato l utente fino alla thank you page13 di acquisto prodotto o a quella che è stata la pagina di

abbandono14. Questa tipologia di rappresentazione dei dati ricade sotto il pannello

10 Google AdWords è un servizio online di advertising che permette di inserire spazi pubblicitari all'interno

delle pagine di ricerca di Google. Questi annunci vengono selezionati da un algoritmo che, tra le tante variabili, tiene conto delle parole chiave ricercate dall'utente in modo da mostrare il messaggio ad un pubblico potenzialmente interessato.

11 La conversione è il compimento di una azione pianificata dall’impresa alla quale il consumatore viene indotto.

Se l’utente compie quella specifica azione si dice che “è giunto a conversione”.

12 Schermata riepilogativa dei risultati delle analisi svolte dal tool

13 Pagina di reindirizzamento dopo la conversione nella quale viene ringraziato l’utente per l’azione svolta 14 La pagina di abbandono è l’ultima pagine sulla quale si è recato l’utente. A seguito dell’atterraggio su questa

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visualizzazione di navigazione dove è possibile scoprire tutti i percorsi compiuti dagli utenti (dove entrano, quali pagine visitano, su quali pagine interrompono la loro esperienza di navigazione, su quali pagine tornano indietro) e così capire quali siano le pagine più forti (perché molti utenti la visitano o ci ritornano più volte durante la loro sessione) e quali siano le più deboli (per il maggiore tasso di abbandono degli utenti).

(otjar è un altro tool molto utile per lo studio del comportamento dell utente su di un sito. Hotjar, a differenza di Google Analytics, non è gratuito ma dispone di un prezzo piuttosto accettabile per tutte le funzioni che è in grado di svolgere: mappe di calore, registrazioni sessioni utenti, funnel di conversione, abbandono form di contatto e sondaggi. Analizzeremo ora quelle che sono le funzionalità più interessanti nell ambito della costruzione di una customer journey map.

La prima funzionalità è quella che permette di creare delle Heatmaps, ovvero delle mappe di calore, per ciascuna pagina del sito che si vuole analizzare. Una heatmap è la rappresentazione grafica, attraverso colori più o meno caldi, dei dati raccolti sulla pagina d interesse. )n rosso vengono evidenziate le zone dove in generale gli utenti usano stare e cliccare di più, mentre nelle zone dai colori freddi come il blu o l azzurro sono quelle zone dove i click sono meno frequenti.

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Una buona prassi in questo caso è unire le funzionalità di Google Analytics con Hotjar individuando su Analytics le pagine più visitate o quelle con il più alto tasso d abbandono e con (otjar capire come gli utenti interagiscano con queste pagine al fine di migliorare quegli aspetti che si identificano essere problematici. Se l utente, portato sul sito, non converte, attraverso l unione dei due tool potremmo sapere il perché. Potremmo ad esempio scoprire che l utente atterrato sulla landing page interrompe immediatamente la sessione su quel sito, in questo caso probabilmente l utente è arrivato su una pagina, o un sito, su cui non voleva arrivare o forse non ha trovato subito i contenuti che cercava ed esce senza compiere nessuna azione, questo grazie allo studio delle sessioni che permette Google Analytics. Oppure l utente giunto su una landing page va su un altra pagina del menu del sito oppure clicca su un link presente nella landing page prima dell azione di conversione prevista, questo lo possiamo vedere attraverso l analisi del funnel di Google Analytics e le heatmaps di Hotjar. Infatti se molti utenti cliccano su un link presente nella landing page o sul menù del sito ci sarà una zona rossa proprio su quel link e sul menù ed una zona blu/azzurra sulla parte destinata alla conversione.

L immissione di qualsiasi azione che porti l utente fuori dalla landing page prima di aver effettuato la conversione è un errore da correggere subito, eliminando i link che portano fuori dalla landing page aumentando così la possibilità di conversione dell utente andando a limitare le azioni che può compiere all interno della stessa landing.

Oltre a questa funzione le heatmaps Hotjar permettono di vedere in quali zone della pagina sono stati effettuati dei click, anche non funzionali15. Infatti, per vedere

su quali link (link funzionali) un utente clicca basta utilizzare una funzione di Google Analytics ma (otjar permette anche di vedere se e dove l utente effettua click che però non porta a nessuna altra pagina. Ad esempio, un utente potrebbe pensare che una immagine o una parola sottolineata siano dei link cliccabili

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quando invece non lo sono. Dunque è molto importante sapere su quali elementi gli utenti clicchino perché potrebbe essere valutata l ipotesi di rendere degli effettivi link quelle immagini o parole migliorando così l esperienza dell utente nella pagina.

Se poi l impresa è interessata anche solo ai movimenti del mouse effettuati dagli utenti sulla pagina può sfruttare le funzioni di tracciamento del movimento del mouse e le mappe di scorrimento di Hotjar. La mappa dei movimenti mostra i movimenti del mouse lungo lo schermo colorando i punti dove il cursore del mouse si ferma più di frequente, mentre nella mappa di scorrimento vengono evidenziate le fasce della pagina con la più alta e quelle con la più bassa visibilità. Come nel caso precedente delle heatmaps, vengono utilizzati colori più caldi nelle fasce a più alta visibilità, in quasi tutti i casi parliamo della parte superiore delle pagine per ovvi motivi di visualizzazione, mentre con i colori più freddi le fasce meno visualizzate. Quest ultima mappa consente di capire se i contenuti interessanti per l impresa vengono visualizzati la maggior parte delle volte oppure no, offrendo così spunti di riflessione per lo spostamento degli elementi della pagina in maniera più funzionale. Ma queste mappe consentono anche di capire se la pagina sin dall inizio risulti poco accattivante tanto da non portare gli utenti a scendere oltre la piega della pagina.

Hotjar permette inoltre di registrare le sessioni degli utenti mentre navigano in modo spontaneo sul sito, in questo modo sarà possibile vedere come navigano gli utenti senza che loro sappiano di essere osservati ed è possibile filtrare la registrazione sulla base di attributi come il dispositivo utilizzato (desktop, tablet o mobile), il luogo geografico di provenienza, la pagina di atterraggio, la durata della visita e altro ancora.

Un problema che accomuna molte uscite dalle pagine sono form contatti16 mal

realizzate che irritano o stancano la compilazione da parte dell utente. Una struttura simile alla rappresentazione dei funnel di conversione viene applicata alle fasi di compilazione della form in modo che sia facile per l impresa che usa

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Hotjar capire quali passaggi richiedono più tempo all utente per la compilazione o quali siano le fasi più problematiche che lo spingono ad abbandonare la compilazione in modo da poter migliorare la struttura della form.

Hotjar e Google Analytics sono solo due dei numerosi tool a disposizione, gratuitamente o a pagamento, per la raccolta e l analisi del dato sui comportamenti online del consumatore ma coprono sufficientemente buna parte dei dati necessari.

)l conflitto tra canali on e offline oggi è il tema pi‘ discusso tra i retailer )taliani. )l fenomeno che ne sta alla base è la profonda evoluzione dei comportamenti di acquisto dei consumatori, ormai divenuti omnicanali . La diffusione dell e-commerce nel nostro paese e dei dispositivi mobile (22 milioni di individui ormai accedono ad internet tramite smartphone e 6,9 milioni da tablet) impone sia ai grandi brand che ai retailer indipendenti di ripensare il modo di proporre i prodotti e di connettersi con il proprio target. Federico Betti,

Il concetto di omnichannel è un concetto che si rafforza sempre di più man mano che le tecnologie digitali aumentano e di conseguenza aumentano anche gli utenti disposti ad acquistare prodotti, servizi o informazioni online ma questo non vuol dire per forza una prevalenza del canale online rispetto all offline.

Come abbiamo visto, il canale online mette a disposizione moltissimi strumenti per migliorare la customer journey del consumatore ma di certo da soli non sono sufficienti, è necessaria una integrazione tra i due canali.

1.1.3 Dal multichannel all’omnichannel

L avvento del web, poi della digitalizzazione, dei Big Data e adesso del grande interesse verso l )OT )nternet Of Things sono tutti elementi che pi‘ o meno direttamente hanno impattato, o stanno impattando, sulla customer journey del consumatore.

Prima della grande diffusione del web tutto il processo che portava all acquisto del prodotto passava per un unico canale: quello offline. Si parlava di passaparola fra

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conoscenti, riviste o fiere di settore, dimostrazioni live, prove gratuite, l acquisto in negozio o per i pi‘ audaci l acquisto poteva essere da catalogo ad esempio il famosissimo Postalmarket) come elementi chiave della customer journey, a volte persino imprescindibili.

Tutte cose che adesso sembrano lontane anni luce.

L avvento del web ha portato e-commerce, blog, forum, Facebook, app, e moltissimi altri punti di contatto tra impresa e consumatori, tanti, come mai prima.

Per anni, e a volte ancora adesso, si è parlato di modo online e mondo offline come fossero mondi sui quali sviluppare diverse strategie di marketing.

A mio parere e, secondo anche molti altri studiosi, è sbagliato voler effettuare una distinzione fra il mondo fisico ed il mondo digitale, questi due mondi, in realtà, stanno sempre pi‘ convergendo e fondendosi in un unica realtà; per cui possiamo parlare, anziché di mondi, di un unico mondo: l omnichannel.

Considerato superato il confine tra fisico e digitale, ci rendiamo conto che molto spesso le ricerche e gli acquisti del consumatore vedono sovrapporsi canali e strumenti appartenenti sia all online che all offline andando a definire processi di ricerca di informazioni e di acquisto omnicanali e omnidevice.

I clienti dimostrano di voler avere una customer experience che sia a 360 gradi: vogliono infatti avere la possibilità, attraverso tutti i canali messi a disposizione dalla tecnologia moderna, di interagire con l azienda ed avere la stessa brand experience attraverso tutti canali che utilizzano.

La condizione di continuità fra i diversi canali è una condizione assolutamente necessaria per assicurare una stessa brand experience. Il consumatore, infatti, ricerca in ogni touch point gli stessi elementi di differenziazione che ha riscontrato nelle precedenti interazioni con il brand. Se così non fosse il consumatore potrebbe subire un senso di disorientamento che gli farebbero dubitare del valore della proposta di prodotto e dei valori di brand di prodotto ma anche dei valori più alti del corporate brand17.

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)l termine omnichannel poi, in letteratura, presenta una propria definizione che ben si distingue da quella del multichannel 18.

Agli inizi della diffusione del web, nelle situazioni migliori, si cercava di gestire in

parallelo online e offline attraverso strategie cosiddette coerenti dove la

comunicazione che avveniva in un canale doveva essere coerente con la comunicazione utilizzata nell altro, in un ottica multichannel, ed era proprio qui il grave errore, a mio parere. Una definizione di questo tipo limita in modo sensibile la strategia aziendale: i due canali in questo senso sembrano essere due mondi completamente differenti che nulla hanno in comune, quando invece qualcosa in comune ce l hanno: il consumatore.

Abbiamo visto come il consumatore oggigiorno utilizzi in modo intercambiabile il canale online e offline, spesso arriva persino a effettuare le stesse fasi prima online e poi offline, dunque perché pensarli necessariamente come elementi completamente separati quando sarebbe possibile concepirli come un elemento unico?

Il concetto di omnicanalità nasce proprio dalla necessità di una progettazione e gestione integrata del mondo online e offline per garantire una piena sinergia positiva che sia di perfetta integrazione fra i due canali.

Tuttavia questa sinergia non è molto semplice da raggiungere, soprattutto considerando che lo scenario è in continuo mutamento. La nascita di nuove tecnologie ogni giorno, il loro utilizzo da parte dei consumatori e la loro applicazione da parte delle imprese rende molto difficile per le aziende capire quelli che sono gli scenari emergenti che possono essere profittevoli, definire strategie omnichannel che guardino al lungo periodo e capire quali siano le nuove tecnologie che vale la pena sfruttare, agendo come first mover19, oppure per quali

valga la pena di aspettare ed attuare una strategia di second best.

18 Il multichannel viene definito come la capacità di interagire con i potenziali clienti su varie piattaforme. L'obiettivo delle aziende, in questo caso, è quello di rendere più facile per un consumatore acquistare da loro fornendogli diversi canali attraverso cui raggiungerli.

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Secondo uno studio di McKinsey&Company Digitizing the consumer decision journey Van Bommel, Edelman, Ungerman, …during the next five years or so, we re likely to see a radical integration of the consumer experience across physical and virtual environments. Already, the consumer decision journey has been altered by the ubiquity of big data, the Internet of Things, and advances in web coding and design. Customers now have endless online and off-line options for researching and buying new products and services, all at their fingertips 24/7. Under this scenario, digital channels no longer just represent a cheaper way to interact with customers; they are critical for executing promotions, stimulating sales, and increasing market share. By 2016, the web will influence more than half of all retail transactions, representing a potential sales opportunity of almost $ trillion

Per costruire un buon presidio integrato fra i canali online ed off line in un ottica strategica omnichannel si può iniziare dalla gestione di tutti quegli strumenti che nascono proprio con l intento di avvicinare il mondo online e offline in modo molto semplice e intuitivo.

Sorprendente è come siano gli stessi motori di ricerca e i social network ad offrire questi strumenti, spesso in modalità gratuita.

Primo fra tutti è Google My Business, un prodotto Google che permette di unire i servizi di Google Places e le pagine business di Google+. Nella piattaforma di Google My Business qualsiasi attività trova il vantaggio di gestire in un unica dashboard tutti i servizi delle altre due piattaforme, modificare facilmente le informazioni relative alla propria attività (orari di apertura, luogo della/delle sedi, immagini degli ambienti, collegamento al sito) e interagire con le persone che ricercano la loro attività o che effettuano delle recensioni.

Oltretutto chi effettua la registrazione a Google My Business godrà di una ottima vetrina sul motore di ricerca, occupando buona parte della SERP20, e avrà la possibilità di farsi

trovare facilmente grazie alle funzioni integrate di chiamata e di geolocalizzazione offerte dal profilo di Google My Business.

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Ma oltre a Google anche un altro colosso ha messo a disposizione servizi che hanno, in primis, l ottica di rispondere ai bisogni del consumatore ma che vanno a giovare sempre di più alle imprese.

All inizio del terzo trimestre del Facebook ha lanciato Facebook Local, un servizio che permette di gestire in un unica sede le pagine Facebook di tutti i punti vendita dell impresa rendendo immediata l aggiunta di pagine per nuovi punti vendita, la modifica delle informazioni per ciascun punto vendita e la pubblicazione a pioggia di post realizzati per la pagina madre su tutte o solo su selezionate pagine local. Questa opzione permette agli utenti mobile di trovare facilmente fra le ricerche il punto vendita dell impresa pi‘ vicino a loro e permette all impresa di rivolgere comunicazioni specifiche agli utenti che si trovano in una area vicino ad una delle loro sedi.

Prendiamo per esempio una catena di supermercati. Questa utilizzerà una pagina madre per fare comunicazioni istituzionali, che potranno poi cadere a pioggia su tutte le pagine local, e andrà ad utilizzare tante pagine local tanti quanti saranno i suoi punti vendita nel territorio. In questo modo le singole pagine local godranno di una quasi completa autonomia in riguardo alle comunicazioni da destinare ai loro fan andando a prediligere sconti, offerte o servizi che potranno trovare solo in quello specifico punto vendita e non su tutti i negozi della catena.

Sembra dunque chiaro come presidiare questi canali sia divento d obbligo vista la semplicità e la moltitudine di strumenti che vengono messi a disposizione.

Tuttavia questi esempi portati, Google My Business e Facebook Local, sono soltanto due dei tanti strumenti che è possibile utilizzare per creare una effettiva integrazione fra online e offline ma quando si vuole costruire una customer journey omnicanale al fine di avere una brand experience completa bisogna fornire contenuti sempre aggiornati, utili alle ricerche dell utente e presidiare pi‘ mezzi possibili, dai social, alle app, dalla radio alla carta stampata.

Il consumatore omnichannel è un fenomeno globale e in rapida espansione ed è per questo che è si sta ancora studiando nel campo dell omnichannel il comportamento

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