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UTILIZZO DELLA TERMOGRAFIA PER LA VALUTAZIONE DEL FOLLOWUP IN CORSO DI LASERTERAPIA NEL CANE

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di laurea magistrale in Medicina Veterinaria

Utilizzo della termografia per la valutazione del

followup in corso di laserterapia nel cane.

Relatore: prof. Citi Simonetta

Correlatore: Dott.ssa Mariani Micaela

Candidato: De Trane Chiara

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3 INDICE INTRODUZIONE ... 6 CAPITOLO 1: TERMOGRAFIA ... 8 1.2 FUNZIONAMENTO ... 10 1.3 APPLICAZIONI ... 11 1.4 LIMITI ... 15 CAPITOLO 2: FISIOTERAPIA ... 16 2.1 OBIETTIVI ... 16

2.2 VALUTAZIONE DEL PAZIENTE... 17

2.3 PRECAUZIONI ... 19

CAPITOLO 3 - METODICHE FISIOTERAPICHE... 20

3.1 TECNICHE STRUMENTALI ... 20

3.2 TECNICHE MANUALI ... 21

CAPITOLO 4: TECNICHE FISIOTERAPICHE STRUMENTALI ... 23

4.1 LASERTERAPIA ... 23

4.1.1 OBIETTIVO... 23

4.1.2 FUNZIONAMENTO E CARATTERISTICHE ... 24

4.1.3 MECCANISMO D’AZIONE ED EFFETTI SUL TESSUTO ... 25

4.1.4 TRATTAMENTO ... 26

4.1.5 CONTROINDICAZIONI ... 28

CAPITOLO 5: TECNICHE FISIOTERAPICHE MANUALI ... 29

5.1 MASSAGGIO ... 29

CAPITOLO 6: ESERCIZI TERAPEUTICI PASSIVI ... 33

6.1 ESERCIZI DI PROM ... 33

6.2 STRETCHING... 35

6.3 STIMOLAZIONE RIFLESSO FLESSORIO ... 37

CAPITOLO 7: GONIOMETRIA CLINICA ... 38

PARTE CLINICA - CASI CLINICI ... 41

INTRODUZIONE ... 41

CAPITOLO 8: MATERIALI E METODI ... 42

8.1 PROCEDURA ... 44

CAPITOLO 9: RISULTATI ... 47

9.1 VALUTAZIONE TERMOGRAFICA DEI 7 PAZIENTI AL GIORNO 1 ... 47

9.2 VALUTAZIONE TERMOGRAFICA DEI 7 PAZIENTI AL GIORNO 30 ... 56

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4 10.1 LIMITI DELLO STUDIO ... 64 CAPITOLO 11: CONCLUSIONI ... 65 BIBLIOGRAFIA ... 66

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RIASSUNTO

Parole chiave: Termografia, fisioterapia, laserterapia, cane.

Il presente lavoro è stato svolto al fine di valutare in modo oggettivo, tramite l’utilizzo del metodo diagnostico della termografia ad infrarossi, gli effetti e di conseguenza i benefici che può apportare la laserterapia durante il trattamento fisioterapico, in quanto in letteratura, sul cane, ci sono relativamente pochi studi sulla valutazione della sua efficacia clinica.

Sulla base di determinati criteri riguardanti i limiti delle termocamera, sono stati inclusi nello studio 7 pazienti in trattamento presso la clinica "Fisioterapia veterinaria Livorno", i quali presentavano patologie ortopediche e/o neurologiche. Su tutti i pazienti in esame è stato seguito un protocollo termografico standardizzato, con lo scopo di evidenziare i cambiamenti della temperatura corporea superficiale, conseguenti all'applicazione del LASER. I risultati ottenuti da questo lavoro confermano che questa tecnica apporta oggettivamente un beneficio clinico sul paziente, variando a seconda della patologia presente e dei tessuti coinvolti.

ABSTRACT

Keywords: thermography, physiotherapy, lasertherapy, dog.

This work was carried out with the aim to evaluate in an objective way, using the diagnostic methodology of infrared thermography, the effects and therefor the benefits of the laser therapy during the physiotherapic treatment; in literature there are just a few studies about the valuation of its clinical efficacy on dogs.

On the basis of certain criteria regarding the limits of the thermos camera, 7 patients are included in the treatments at the clinic “Fisioterapia veterinaria Livorno”; all of them showed orthopaedic or neurologic pathologies.

On every examined patient was done a standardized thermographic protocol to demonstrate the changes of the superficial body temperature, due to the LASER application. The results attained from this work objectively confirm the clinical benefit on the patient of this technique, varying between the existing pathologies and the involved tissues.

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INTRODUZIONE

La fisioterapia è una branca della medicina riabilitativa che rende possibile il recupero delle funzioni negli individui colpiti da eventi traumatici o patologici che abbiano prodotto un qualche tipo di lesione invalidante, reversibile o permanente.

In medicina veterinaria la fisioterapia è relativamente recente, ma in rapida diffusione e con ampi margini di miglioramento, in quanto con il passare degli anni e l’attenzione sempre maggiore da parte dei proprietari per i loro animali, il campo d’intervento si è esteso notevolmente e con esso anche la letteratura1.

Per questo motivo, mentre il ruolo iniziale era incentrato sulla riabilitazione dei soggetti con patologie di carattere ortopedico, neurologico oppure in fase di convalescenza postoperatoria, ad oggi vede impiego anche per il miglioramento della qualità della vita dei soggetti geriatrici o gravemente debilitati, ma anche per la formulazione di piani per attività fisiche specifiche, come nel caso dei soggetti sportivi2.

L’obiettivo principale è di riportare il paziente alle condizioni fisiche ottimali nel minor tempo possibile, ma data la grande variabilità dei soggetti che presentano caratteristiche fisiche e caratteriali differenti, i protocolli riabilitativi devono essere personalizzati.

Sulla base di quanto appena detto, sono impiegate diverse metodiche fisioterapiche che si dividono in tecniche manuali e strumentali; sebbene su queste ultime esista un volume relativamente ampio di letteratura sulle caratteristiche e sull'uso delle modalità utilizzate, ci sono relativamente pochi studi sui cani e sulla valutazione dell'efficacia clinica1,3.

Proprio per questa ragione, lo scopo di questo studio è valutare in modo oggettivo, tramite l’utilizzo del metodo diagnostico della termografia ad infrarossi, l’effetto e di conseguenza il beneficio, che apporta l’applicazione della laserterapia, durante il trattamento fisioterapico nel tempo.

La produzione scientifica in ambito veterinario dedicata alla termografia è aumentata solo negli ultimi trent’anni, fino ad allora diversi lavori erano stati sviluppati nella diagnostica per immagini in medicina umana4.

I primi studi portati avanti in medicina veterinaria hanno interessato soprattutto equini ed animali da reddito spesso in associazione con la radiologia, per seguire il decorso nel tempo di patologie muscolo-scheletriche5,6.

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Nel presente lavoro, si è voluto determinare come la termografia ad infrarossi possa essere utilizzata per valutare i cambiamenti di temperatura corporea superficiale, espressione della circolazione sanguigna e del metabolismo tissutale di determinate aree trattate con il LASER e in alcuni casi anche con tecniche manuali quali massaggio e esercizi passivi, in quanto genera immagini in tempo reale, è veloce e non invasiva ed è considerata inoltre un buono strumento diagnostico.

Tra tutte le tecniche strumentali, quali elettrostimolazione, magnetoterapia, ultrasuoni, diatermia e laserterapia, è stata scelta esclusivamente quest’ultima, in quanto alcune delle tecniche risultano ormai superate ed inoltre durante le sedute fisioterapiche è stata riportata e confermata la grande versatilità del LASER, grazie alla sua vasta gamma di utilizzo.

Nel corso della trattazione verrà presentato il metodo diagnostico della termografia ad infrarossi, facendo riferimento ai principi fisici, al funzionamento e alle sue varie applicazioni, in seguito verrà affrontata la fisioterapia, trattando le tecniche conosciute e più comunemente utilizzate in medicina veterinaria.

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CAPITOLO 1: TERMOGRAFIA

Le origini della termografia si devono alla scoperta della radiazione infrarossa, etimologicamente “oltre il rosso”, da parte dell’astronomo W. Hershel nel XIX sec., a seguito di alcuni esperimenti con la luce solare. Lo scienziato evidenziò la radiazione infrarossa facendo passare la luce solare attraverso un prisma di vetro, posizionando un sensibile termometro al mercurio nei vari colori e misurandone la temperatura di ciascuno; osservando che la temperatura aumentava quando si spostava oltre la luce rossa, in una zona che chiamò “calore oscuro”, tale zona era la regione dello spettro elettromagnetico nota come spettro infrarosso ed identificata come radiazione elettromagnetica7.

In fisica lo spettro elettromagnetico viene diviso in funzione della lunghezza d’onda della radiazione (Figura 1); in base a questa vengono classificate in:

-raggi γ; -raggi X;

-raggi ultravioletti; -banda del visibile; -banda infrarossa; -micro onde; -onde radio8.

Figura 1: spettro elettromagnetico con l'insieme di tutte le lunghezze d'onda.

La radiazione infrarossa si trova tra la porzione dello spettro elettromagnetico del visibile e quella delle microonde. Ogni oggetto con temperatura superiore allo zero assoluto (-237,15°C /0 Kelvin), ovvero ogni oggetto reale emette spontaneamente radiazione in questa banda.

La banda infrarossa ha una lunghezza d’onda compresa tra 0,76 nm e 1 mm e possiede la caratteristica di non poter essere rilevata dall’occhio umano, ma viene solo percepito come calore. La zona che interessa in modo specifico la termografia è compresa tra 2 nm e 13 nm9.

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Letteralmente Termografia significa scrittura con il calore. La prima immagine termica fu prodotta da Sir J. Herschel (figlio dell’astronomo W. Herschel), semplice appassionato di fotografia, che riuscì a registrare la radiazione infrarossa, grazie all’evaporazione di particelle di carbone in sospensione nell’alcool, racchiudendola in una sottile pellicola che era visibile in luce riflessa7. 1.1 PRINCIPI FISICI DELLA TERMOCAMERA

La termocamera ad infrarossi è un dispositivo termico diagnostico non invasivo, in grado di eseguire rilevazioni a distanza dei raggi infrarossi emessi dalla superficie corporea; questi vengono elaborati attraverso specifici software che acquisiscono ed analizzano le informazioni per creare immagini termiche o termogrammi .

Più nel dettaglio, attraversando l’obiettivo della termocamera, la radiazione infrarossa invisibile si fissa sul rilevatore (detector) in modo simile a quanto avviene con la radiazione visibile sulla pellicola di una normale macchina fotografica.

Il rilevatore successivamente crea un segnale elettrico che varia in base all’intensità della radiazione infrarossa incidente. In seguito il segnale elettrico viene amplificato, digitalizzato e inviato ai componenti elettronici della termocamera in modo da essere così convertito in immagine visibile. Ogni pixel nell’immagine è in effetti una misurazione di temperatura.

Tale dispositivo rappresenta dunque uno strumento visivo, di immediata lettura.

Per rendere visibile l’immagine, la termocamera effettua una conversione in colori, principalmente tramite quattro palettature (Figura 2), che possono essere scelte all’interno del software della macchina o in quello del computer durante la rielaborazione dei termogrammi e sono elencate di seguito:

 palettatura ferro: la scala dei colori parte dal nero per indicare i punti o le aree più fredde, con l’aumentare della temperatura troviamo il blu, il rosso, l’arancio, il giallo ed infine il bianco per i punti più caldi;

 palettatura arcobaleno: vengono utilizzati i colori dell’arcobaleno, le parti più fredde sono indicate con il viola, il blu e l’azzurro, mentre quelle più calde con il verde, il giallo, il rosso e infine il bianco. È la più utilizzata in ambito medico veterinario;

 palettatura della scala dei grigi: questa mostra l’immagine in bianco e nero, con le sfumature di grigio, dove il nero sarà la temperatura minima e il bianco la massima;

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 palettatura isotermica: è formata da una serie di colori prestabiliti che rappresentano l’immagine con aree isoterme, cioè stabiliscono sotto-intervalli di temperatura, ai quali viene assegnato un colore specifico e si evidenzia quindi un confine netto tra un colore e l’altro, senza sfumature10.

Figura 2: immagini termografiche, che rispettivamente a partire dall'angolo in alto a sinistra, mostrano le palettature ferro, arcobaleno, scala dei grigi e isotermica.

1.2 FUNZIONAMENTO

Il calore viene generato in modo perpetuo dal corpo e dissipato attraverso la cute per radiazione, convezione, conduzione o evaporazione; per questo motivo, la temperatura della cute risulta più fredda della temperatura interna del corpo. Il calore è generalmente costante perché deriva dalla circolazione locale e dal metabolismo dei tessuti, pertanto la variazione della temperatura cutanea è sottoposta ai cambiamenti di perfusione dei tessuti locali.

Il concetto che sta alla base dell’interpretazione termografica, si fonda sul principio che per qualsiasi area può essere previsto, sulla base della sua vascolarizzazione, il modello termico. Per la loro caratteristica struttura le vene risultano più calde delle arterie, perché sono aree drenanti metabolicamente attive e sapendo che i muscoli sono soggetti ad un aumento della temperatura durante l'attività muscolare, il modello termico può essere standardizzato. È noto che i tessuti lesionati hanno una circolazione alterata, per questo il calore rappresenta uno dei punti cardini dell'infiammazione, in quanto è il risultato di una circolazione aumentata.

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Termograficamente, il "punto caldo" associato all'infiammazione si identifica in corrispondenza della lesione, ma i tessuti lesionati possono presentare anche un ridotto afflusso di sangue a causa dell’edema, della trombosi dei vasi o dell’infarto dei tessuti, per questi aspetti in presenza di tali stati patologici, vedremo un'area di calore ridotto, di solito circondato da un aumento delle emissioni termiche, probabilmente come risultato dello shunt di sangue5.

1.3 APPLICAZIONI

Alcuni dei principali campi in cui viene utilizzata la termografia ad infrarossi (di seguito indicata IRT) includono il campo militare, l’edilizia, ma anche la medicina umana ed in ultimo in ordine cronologico la medicina veterinaria.

In campo medico vede largo impiego, in quanto rilevando cambiamenti di pochi gradi sulla superficie cutanea, può essere usato come indicatore di alcune possibili patologie. È utilizzato come indicatore precoce per rilevare forme neoplastiche come il cancro al seno, per la diagnosi di neuropatia diabetica o disturbi vascolari, per lo screening della febbre ed è stata usata come ausilio in interventi di cardiochirurgia4.

L’IRT in medicina veterinaria viene usata da circa 35 anni, soprattutto nell’ambito della diagnostica equina, anche se il suo utilizzo soprattutto nei primi anni era limitato per la maggior parte solo agli ospedali universitari e ai grandi studi di riferimento11. Negli ultimi 20 anni il suo impiego ha visto una crescita sempre maggiore, sia tra le strutture sia tra tecnici specializzati, non limitandosi solo alla diagnostica equina, ma interessando anche gli animali da reddito mentre solo da pochi anni è stata impiegata anche nei piccoli animali da compagnia5.

In molti studi effettuati sul cavallo è stato evidenziato come l’IRT sia di grande ausilio nella diagnosi delle zoppie, in particolare per quanto riguarda diverse condizioni del piede e dello zoccolo, poiché mette in evidenza stati patologici quali: laminiti, dolore al piede palmare, ma anche ascessi subsolari o sottomurali, calli e qualsiasi altra condizione infiammatoria. Questa tipologia di diagnostica fornisce infatti informazioni aggiuntive utili per localizzare i tessuti coinvolti dallo stato patologico, valutare il grado di infiammazione ad esso associato e decidere il miglior percorso di trattamento, oltre ad essere particolarmente utile in condizioni precoci od occulte del piede, dove i risultati dell'esame fisico o radiografico non sono conclusivi6.

Nel caso specifico della laminite gli studi hanno evidenziato che solo una differenza di oltre 1 °C tra gli zoccoli risulta significativa; fisiologicamente la fascia coronarica è da 1 ° C a 2 ° C più calda del

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resto dello zoccolo, ma quando lo zoccolo inizia ad avvicinarsi alla temperatura della fascia coronarica, ciò indica la presenza di uno stato infiammatorio5.

Grazie all’evoluzione della strumentazione, oggi l’IRT fornisce immagini termiche bidimensionali ad alta risoluzione ed in tempo reale, questo offre diversi vantaggi, tra i quali:

 la scansione ad alta velocità di obiettivi fissi;

 l’acquisizione di immagini da obiettivi in rapido movimento;  non comporta effetti nocivi come nel caso dei i raggi X.

Queste caratteristiche la rendono adatta ad un uso prolungato e ripetuto nel tempo, permettono all’utente di eseguire le operazioni in sicurezza, aspetto importante in quanto lo stesso può trovarsi in situazioni di pericolo per la sua incolumità e permette di mantenere una debita distanza dal soggetto esaminato4.

Essendo una tecnica non invasiva e indolore, risulta particolarmente utile, in quanto, come già sopra citato, non necessita del contatto ravvicinato con il soggetto, dunque anche lo stress psico-fisico dello stesso si riduce al minimo e consente di osservare solo le radiazioni emesse naturalmente, ciò rappresenta una condizione fondamentale.

Si ottiene così una panoramica del soggetto, con la possibilità di rilevare i possibili punti problematici e/o di interesse in quanto rappresentativi di possibili patologie.

L’IRT viene utilizzata per ricercare le asimmetrie termiche eventualmente presenti nelle diverse parti anatomiche ed in funzione dell’intensità rilevata andranno ad evidenziare patologie di natura e causa diversa. Si possono individuare due diversi metodi di analisi:

 l’analisi qualitativa, basata sull’osservazione degli schemi termici per rilevare l’esistenza e l’ubicazione di eventuali anomalie;

 l’analisi quantitativa, che utilizza la misurazione delle temperature come criterio per determinare la gravità di una patologia12.

In ambito di diagnostica per immagini l’IRT può essere considerata un utile strumento di indagine di supporto alle già esistenti metodiche diagnostiche, come l’ecografia e la radiologia, per la valutazione della normale funzionalità fisiologica e per l’individuazione, con elevata sensibilità, di attività flogistica in atto. Questo tipo di indagine si presenta particolarmente sensibile, in quanto

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può essere misurata una minima differenza di soli 2° C comparando due parti anatomicamente simmetriche del soggetto in esame, permettendo così l’individuazione dell’area interessata. Se utilizzata periodicamente, può essere considerata anche un metodo di prevenzione, in quanto i cambiamenti fisiologici si verificano due settimane prima dei cambiamenti clinici, è dunque possibile identificare problemi subclinici, in modo da evitare le possibili e conseguenti lesioni5. Alcuni studi hanno evidenziato come con l’IRT sia possibile individuare lesioni vertebrali e del midollo spinale, come l’ernia discale toraco-lombare e la compressione spinale, in quanto esse provocano un flusso sanguigno alterato13. Inoltre, l'ipertermia è ampiamente considerata in letteratura come una risposta allo stress, quindi l'IRT può essere utilizzata anche per monitorare e valutare il benessere dell’animale, registrando il riscaldamento di diverse zone muscolari sottoposte a sforzo ed evidenziando la presenza di asimmetrie che possano indicare livelli di allenamento non ottimali, un esempio è rappresentato dai cani sani da lavoro, come i levrieri impiegati nelle attività di corsa, piuttosto che i pastori tedeschi utilizzati nelle prove di utilità e difesa, ma anche in cani impiegati nella ricerca dei dispersi11.

In medicina umana gli studi sono molto più avanzati rispetto alla medicina veterinaria, per questo motivo in letteratura è ormai convalidato che il normale termogramma di una colonna vertebrale umana è caratterizzato da una zona centrale di ridotta emanazione di calore in corrispondenza delle regioni dei processi spinali, dalla porzione cervicale a quella lombosacrale inferiore della colonna vertebrale14. È stato evidenziato che l’IRT in questo caso, può svolgere un ruolo nella selezione dei pazienti che presentano più siti di patologia discale da sottoporre ai metodi di diagnostica avanzata, poiché nei modelli dell’immagine termica le alterazioni patologiche presentano dei cambiamenti focali della temperatura, aumentati inizialmente poi diminuiti con la cronicità, nel sito di una lesione attiva e ipertermia o ipotermia asimmetrica distale alla lesione. Sulla base di questi studi è stato effettuato un lavoro analogo sui cani, con l’obiettivo di determinare il successo dell’IRT nell'identificazione di soggetti con patologia discale a livello toraco-lombare (di seguito indicato TLIVDD), di confrontare la localizzazione data dall’IRT con i risultati della risonanza magnetica e i risultati chirurgici e determinare se il pattern IRT torna nei parametri fisiologici 10 settimane dopo l'intervento di decompressione13.

Grazie all'analisi del modello di riconoscimento computerizzato è emerso che sulla base dei risultati raccolti, l’IRT potrebbe essere utilizzata per "testare" cani sospetti di essere affetti da

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TLIVDD, in quanto non solo non richiede l'anestesia generale, ma è sostanzialmente meno costosa della TC con mielografia o della risonanza magnetica e inoltre può aiutare i medici ad identificare la regione di interesse nei cani sottoposti a diagnostica per immagini, in quanto si è evidenziato che riesce ad identificare i cambiamenti di temperatura associati ad una patologia prima della comparsa dei sintomi clinici, rilevando alterazioni nella perfusione.

Infatti, utilizzando l’IRT per la localizzazione della protrusione del disco intervertebrale, nel 97% dei casi, i segmenti vertebrali sono stati correttamente classificati come affetti in quanto lo spazio discale interessato era rappresentato da un'area focale di ipertermia,13,15.

Per queste ragioni l’IRT può rivelarsi un'utile supporto alla risonanza magnetica per la differenziazione del TLIVDD clinico dal quello subclinico nei cani con più di 1 lesione evidenziata alla risonanza; inoltre, può anche fornire un metodo oggettivo per misurare le risposte ai trattamenti tradizionali e alternativi in merito alle lesioni compressive del midollo spinale, incluso il TLIVDD13.

Un altro studio interessante è stato eseguito sui levrieri da corsa in pista, prendendo in esame due competizioni sostenute a due mesi di distanza l’una dall’altra; lo scopo era di indagare le differenze di temperatura superficiale su punti selezionati dei muscoli e dei tendini nei levrieri pre e post gara, oltre a confrontare le immagini termografiche tra gli arti di destra e sinistra dei singoli cani, nonché tra le distanze percorse e tra i due giorni di gara16.

Nello specifico sono stati selezionati quattro punti di misurazione della temperatura superficiale, nello specifico il tendine calcaneale, il muscolo gastrocnemio, il muscolo gracile ed il muscolo bicipite della coscia, in quanto sono fortemente coinvolte nell'esercizio fisico oltre ad facilmente accessibili e visibili con l’IRT.

Da questo studio è emerso che dopo tutte le distanze percorse, le temperature superficiali nel muscolo gastrocnemio erano significativamente più alte di quelle basali, mentre tra gli arti destro e sinistro non sono state riscontrate differenze significative, nonostante gli effetti della direzione di corsa antioraria, evidenziando che in generale i cani avevano corso in modo equilibrato. Tuttavia, in alcuni casi nelle percorrenze più lunghe, successivamente alla gara sono state rilevate differenze di temperatura superficiale fino a 4,0 gradi tra un arto e il controlaterale, indice di un uso sbilanciato dei muscoli.

Questo evidenzia che le caratteristiche della pista hanno un effetto sugli infortuni che si verificano durante le gare ed è noto che anche la velocità del cane e la distanza percorsa influenzano il tasso

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di infortuni. Questo studio suggerisce quindi che l'IRT può essere utilizzato per monitorare il benessere correlato al bilanciamento del calore del levriero da corsa16.

1.4 LIMITI

Paradossalmente una limitazione all’applicazione dell’IRT è la sua estrema sensibilità, per questo deve essere eseguita in un luogo protetto dal sole, con un’illuminazione di bassa intensità e con una temperatura ambientale intorno ai 20 ° C, poiché con temperature superiori si verifica una perdita di calore, soprattutto per convezione; al contrario, con temperature ambientali estremamente fredde, si può avere vasocostrizione della parte distale degli arti che interferisce sulla rilevazione termica. In questo caso, è necessario stimolare la vasodilatazione tissutale, ad esempio facendo semplicemente camminare il soggetto ed è necessario inoltre, che quest’ultimo abbia a disposizione almeno 10-20 minuti per adattarsi alla temperatura del luogo prescelto dove verrà effettuata la termografia5.

Nei soggetti in esame è stato evidenziato che la temperatura varia tra le aree cutanee con presenza di pelo e quelle glabre, questo suggerisce che il pelo assorbe una minima parte del calore irradiato, per cui quella percentuale di calore assorbito non potrà essere rilevato con l’IRT. Sebbene la temperatura di queste due aree cutanee differisca, all'interno di ciascuna di esse, le letture dei modelli termici sono standardizzate.

Altro fattore evidenziato che influisce su una lettura non corretta, in termini di emissioni, è la presenza di acqua o sporco sul mantello o sulla pelle del soggetto esaminato11.

Ancora oggi l’IRT rappresenta un dispositivo costoso, le cui immagini possono essere di difficile interpretazione, per questo motivo è richiesta una formazione specifica, inoltre le condizioni di lavoro influiscono sulla riuscita dello scatto, in quanto, temperatura ambientale, flussi d'aria e umidità, ne condizionano la resa, pertanto l’IRT deve essere utilizzata in ambienti controllati4.

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CAPITOLO 2: FISIOTERAPIA

La fisioterapia veterinaria è una branca della medicina veterinaria relativamente recente, in rapida diffusione e con ampi margini di miglioramento, in quanto la maggior parte della letteratura iniziale si basa sul modello della fisioterapia umana1.

In medicina veterinaria la definizione di fisioterapia è stata data dalla dottoressa Ann H. Downer che nel 1975 la definì come “il trattamento di patologie o traumi grazie all’uso di forze di origine naturale, come il freddo, il caldo, il massaggio, l’acqua, l’esercizio terapeutico, la luce, l’elettricità, le forze meccaniche”3.

2.1 OBIETTIVI

Prevede una vasta gamma di applicazioni cliniche, con l’obiettivo di ripristinare, mantenere e promuovere la funzione fisica ottimale, il benessere e la qualità della vita, in relazione alle patologie che l’animale presenta, siano esse relative al movimento o alla salute, con l’intento di prevenire o minimizzare l'insorgenza e la progressione di menomazioni, limitazioni funzionali, future lesioni e disabilità in genere17.

Il ruolo iniziale della fisioterapia si è concentrato sulla riabilitazione dei soggetti che riportano patologie di carattere ortopedico, neurologico oppure in fase di convalescenza postoperatoria; con il passare degli anni e con l’attenzione sempre maggiore da parte dei proprietari, il campo di intervento si è esteso anche al miglioramento della qualità della vita dei soggetti geriatrici o gravemente debilitati, ma anche alla formulazione di piani per attività fisiche specifiche come nel caso dei soggetti sportivi.

L’obiettivo finale che varia in funzione del caso clinico preso in esame, consiste nel :  recupero fisico e funzionale post-traumatico/post-operatorio;

 trattamento puramente antalgico o sintomatico;  controllo del peso nei pazienti sovrappeso;  incremento della forza e del tono muscolare;  miglioramento generale delle performance fisiche.

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I fisioterapisti, approcciando la patologia da diversi punti di vista, utilizzano più modalità terapeutiche, spaziando dalle tecniche riabilitative passive, a quelle attive, comprese le terapie strumentali e gli esercizi terapeutici che, in applicazione sinergica, aiutano i pazienti a raggiungere gli obiettivi prefissati nell’elaborazione del protocollo fisioterapico specifico e mirato, basato su un attenta e completa valutazione clinica del soggetto2.

Un fattore importante di questo percorso è rappresentata dalla formazione del medico fisioterapista che, operando in funzione delle validità e specificità scientifiche di ciascuna tecnica, è in grado di progettare un protocollo specifico per la patologia da trattare e per il soggetto preso in esame17.

2.2 VALUTAZIONE DEL PAZIENTE

Come per la fisioterapia umana, anche in quella veterinaria le aree valutate sono molteplici, per questo motivo esistono molti parametri da prendere in considerazione, tra i quali abbiamo:

 cognizione;  postura;  equilibrio;  mobilità/stabilità articolare;  forza;  massa muscolare;  andatura;  dolore17.

Per avere un quadro quanto più completo possibile dell’animale in esame, il medico fisioterapista effettua una valutazione esaustiva ed accurata, eseguendo sia un esame neurologico che ortopedico, per poter individuare e localizzare la patologia. Quando si esegue una prima visita su di un paziente in primis è importante osservare il suo comportamento, la cognizione nello spazio e la sua capacità di reazione agli stimoli, ciò vuol dire valutare lo stato del sensorio e successivamente passare all’osservazione e alla valutazione della postura del paziente in stazione, ovvero la posizione della testa, del tronco e degli arti nello spazio3.

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Come sopra citato, un altro parametro da osservare è l’andatura, durante la quale l’attenzione deve essere focalizzata sulla capacità da parte del soggetto di eseguire o meno le richieste; ad esempio effettuare una camminata lenta o veloce o andare al trotto e la modalità di esecuzione delle stesse, al fine di evidenziare aspetti puramente tipici di determinate patologie. Inoltre durante la deambulazione è possibile analizzare la propriocezione, ponendo l’attenzione sugli appiombi e sul corretto posizionamento degli arti, evidenziare se è presente o meno trascinamento delle dita o dorsoflessione delle stesse.

Altro parametro ancora è l'equilibrio, che può essere testato eseguendo varie manovre, come portare il soggetto fuori equilibrio ed osservare la sua risposta, oppure valutando la coordinazione generale e la manifestazione di cedimenti o inefficienze nel mantenimento della stazione quadrupedale.

La forza, invece, è valutata tramite l’esame delle masse muscolari e della capacità del soggetto a svolgere le normali attività, mentre il dolore e il movimento delle articolazioni viene testato attraverso le manifestazioni di disagio da parte del paziente in esame congiuntamente alla valutazione delle condizioni dei tessuti danneggiati o patologici, come lassità eccessiva o limitazione del movimento a causa della formazione di tessuto cicatriziale.

Tutte le informazioni raccolte aiutano a comprendere come queste limitazioni influenzano la funzione muscolo-scheletrica e quindi indirizzare verso la terapia specifica, poiché quanto più accurata sarà la diagnosi, più mirata ed efficace risulterà la terapia .

Il protocollo fisioterapico oltre alle informazioni ottenute, deve tenere in considerazione altri fattori di seguito elencati:

 la gravità delle anomalie;  l'età ed il carattere del cane;  le aspettative;

 l'urgenza del recupero;  le attrezzature disponibili;

 le competenze tecniche dei medici;  il costo del trattamento17.

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2.3 PRECAUZIONI

È fondamentale ricordare che se applicata in maniera non corretta, la fisioterapia può arrecare seri danni fino a compromettere anche un buon intervento chirurgico e devono essere impiegate le modalità più idonee e sicure sia per il paziente, che per il terapista.

Proprio in base alle caratteristiche fisiche e caratteriali del paziente che si sottopone al trattamento fisioterapico si deve scegliere la modalità meno stressante e più semplice, basandosi su protocolli standardizzati facilmente applicabili e nel caso questi non portino ad alcun risultato, bisogna interrompere il trattamento scelto e optare per altre metodiche terapeutiche, anche non necessariamente fisioterapiche3.

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CAPITOLO 3 - METODICHE FISIOTERAPICHE

Le metodiche fisioterapiche utilizzate durante il percorso riabilitativo sono molteplici e sono suddivise in tecniche strumentali e manuali.

Sebbene esista un volume relativamente ampio di letteratura sulle caratteristiche e l'uso delle modalità utilizzate, ci sono relativamente pochi studi sui cani e sulla valutazione dell'efficacia clinica1.

Possono essere impiegate per completare il piano di trattamento riabilitativo di un paziente e raggiungere gli obiettivi terapeutici, oltre ad affrontare il dolore, la debolezza muscolare e la diminuzione della flessibilità e il range di movimento articolare (di seguito indicato ROM), nonché per promuovere la guarigione dei tessuti18.

3.1 TECNICHE STRUMENTALI

Viene qui presentata una panoramica generale delle modalità strumentali più comunemente utilizzate nella riabilitazione canina, con l'obiettivo di assistere il terapeuta nel determinare se e quando il loro utilizzo può migliorare l'esito del trattamento:

 termoterapia: si basa sull’utilizzo del freddo e del caldo determinando analgesia, riduzione dell’infiammazione e dell’edema. Si può utilizzare semplicemente acqua o impacchi caldi e/o freddi, oppure massaggi con il ghiaccio, ma anche lampade a raggi UV19;

 elettrostimolazione: utilizzo a scopo terapeutico dell’energia elettrica nelle sue varie forme, che sono l’elettrostimolazione nervosa transcutanea (indicata con TENS) e l’elettrostimolazione neuromuscolare (indicata con NMES). Di solito viene impiegata nel post-operatorio, nel trattamento dell’atrofia muscolare e nel potenziamento selettivo di uno o più gruppi muscolari, in quanto migliora il ROM, la forza e il tono muscolare;

 ultrasuoni: vibrazioni acustiche aventi una frequenza non percepibile dall’orecchio umano, che producono effetti meccanici, termici, chimici e di cavitazione sui tessuti biologici come iperemia, riduzione del dolore ed una vasta gamma di meccanismi che portano ad un incremento della velocità della fase di riparazione del tessuto20;

 magnetoterapia: forma di terapia fisica che sfruttando l’interazione tra un campo magnetico e l’organismo, regolarizza l’equilibrio elettrochimico della cellula, stimolando la rigenerazione dei tessuti. Per questo motivo generalmente trova applicazione per la

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riparazione/rigenerazione di ossa e nervi, nelle lesioni dei tessuti molli e nel controllo del dolore 21;

 diatermia: applicazione di campi elettromagnetici di frequenza elevata ai tessuti dell’organismo con l’obiettivo di incrementare la temperatura interna dei tessuti a una profondità maggiore rispetto alle altre tecniche di termoterapia. Questa tecnica viene utilizzata nel controllo del dolore, nella cicatrizzazione tissutale, nelle patologie muscolo-articolari e negli edemi3;

 la laserterapia di basso livello (LLLT): è un termine con il quale ci si riferisce all’uso terapeutico del LASER (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, amplificazione di luce attraverso l’emissione stimolata di radiazione), un dispositivo piuttosto complesso che si avvale dell’energia generata dai raggi laser per ottenere una risposta biochimica in corrispondenza della membrana cellulare, producendo un effetto antinfiammatorio, antidolorifico e antiedemigeno22.

Durante la riabilitazione tutti i pazienti possono beneficiare di queste tecniche, comprendendo soggetti affetti da lesioni ortopediche e neurologiche, i cani da lavoro e sportivi, ma anche i pazienti geriatrici18.

3.2 TECNICHE MANUALI

In ausilio alle tecniche strumentali, come inizialmente citato, si affiancano quelle manuali, utilizzate sia nel trattamento che nella valutazione del paziente per identificare anomalie dei tessuti molli e rigidità muscolare, ma anche limitazioni del range di movimento passivo (di seguito indicata PROM).

Tra queste si annoverano:

 massaggi: queste tecniche prevedono la palpazione dei tessuti molli che richiede la capacità di distinguere tra quelle che sono le caratteristiche dei tessuti fisiologici da quelli patologici, cosa che richiede una particolare attenzione18;

 esercizi terapeutici: componente essenziale per tutti i pazienti, si dividono in esercizi passivi e attivi e vanno a incrementare e migliorare forza, resistenza, potenza e equilibrio3;  idroterapia: è la migliore forma di esercizio aerobico a basso impatto, in quanto consente

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stress da carico le strutture articolari e tenomuscolari. Si distingue l’idroterapia con carico dinamico del peso (Underwater Treadmill) e in totale assenza di carico (nuoto)23.

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CAPITOLO 4: TECNICHE FISIOTERAPICHE STRUMENTALI

4.1 LASERTERAPIA

Le tecniche fisioterapiche strumentali utilizzate, come sopra citato, sono numerose, ma nel caso specifico, quella di nostro interesse è la laserterapia.

La prima sorgente di luce LASER venne messa a punto dal fisico Theodore H. Maiman nel 1960 con la costruzione del laser a rubino e trae origine dai MASER (microwave amplification by stimulated emission of radiation) sviluppati da Townes e Shawlow3.

Questa tecnica, utilizzata per la prima volta più di trent’anni fa in medicina umana, sta diventando sempre più conosciuta anche nel mondo dei piccoli animali da compagnia, in quanto sta crescendo una maggiore consapevolezza e diffusione dei servizi di riabilitazione e fisioterapia veterinaria, insieme ad una crescente disponibilità di risorse educative, che hanno portato allo sviluppo di specifiche tecniche e protocolli.

4.1.1 OBIETTIVO

L’obiettivo della laserterapia è ridurre il dolore, l'infiammazione e l’edema affinché siano ripristinate la forza e la funzione muscolo-scheletrica; è impiegata per il trattamento di molte patologie ortopediche e neurologiche, tra cui le più comuni sono quelle di seguito elencate:

 artrosi;

 lesioni dei tessuti molli;  gestione delle ferite;

 malattia del disco intervertebrale;  dolore acuto e cronico;

 gestione del dolore post-chirurgico.

Il termine LASER è l'acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, tradotto in italiano come “amplificazione della luce tramite l’emissione stimolata di radiazioni”24.

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4.1.2 FUNZIONAMENTO E CARATTERISTICHE

Il funzionamento dei LASER si basa sull’emissione stimolata di radiazioni da parte degli atomi di una determinata sostanza, definita mezzo attivo. Un generico tipo di emettitore LASER lavora schematicamente per mezzo di una cavità ottica di risonanza delimitata da due specchi paralleli tra di loro, uno totalmente e uno parzialmente riflettente. All’interno della cavità ottica vi è il materiale che produrrà la radiazione LASER, cioè il mezzo attivo, costituito da sostanze che, opportunamente eccitate, realizzano l’inversione della popolazione elettronica e generano il fascio fotonico25(figura 3).

Figura 3: generatore di luce laser

La luce LASER, a differenza di quella generata da sorgenti normali, presenta le caratteristiche di seguito elencate:

 monocromatica, tutta la luce prodotta è di una sola lunghezza d’onda e di un unico colore;  coerente, i fotoni viaggiano nella stessa fase e direzione;

 collimata, c’è una divergenza minima del raggio laser su una distanza.

Queste proprietà consentono di penetrare nella superficie cutanea senza alcun effetto di riscaldamento o danno collaterale, inoltre la sorgente di luce monocromatica consente di indirizzare l'assorbimento verso specifici cromofori a seconda della lunghezza d'onda utilizzata, mentre le proprietà di coerenza e collimazione consentono di focalizzare la luce in piccole aree precise26.

La classificazione dei LASER è correlata alla potenza prodotta e al possibile danno retinico o oculare in genere; quelli di interesse terapeutico sono quelli di classe 3, suddivisi in LASER 3A che producono luce visibile e LASER 3B che producono luce non visibile. Per il danno potenziale che tale strumentazione può arrecare si evince l’importanza di indossare dei dispositivi di protezione,

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che nel caso specifico sono rappresentate da occhiali specifici, che devono essere indossati da chiunque sia nelle immediate vicinanze dell’emissione del fascio.

I parametri importanti da considerare includono la lunghezza d'onda, la potenza, il tempo di esposizione e la quantità di luce o dosaggio definita densità di energia, misurata in Joule per centimetro quadrato (J/cm²), sarà regolato in base alla profondità in cui si trovano i tessuti da raggiungere24.

Uno dei parametri più critici è rappresentato dalla profondità di penetrazione, poiché la luce che interagisce con il tessuto viene assorbita, riflessa, diffusa e/o trasmessa. Le lunghezze d’onda che rientrano nella così detta “finestra terapeutica”, definita come l’intervallo ottimale di penetrazione nel tessuto, varia da 600nm a 1100nm27.

Quindi l’assorbimento è determinato sia dalla lunghezza d’onda del raggio LASER sia dalle caratteristiche di alcune molecole endogene, i cromofori, in grado di assorbire in modo variabile la luce trasmessa al tessuto6.

I principali cromofori che assorbono la luce ed impediscono la sua penetrazione nei tessuti bersaglio sono l'emoglobina, le proteine, gli amminoacidi, l'acqua e la melanina, quest’ultima in particolare è caratterizzata da un elevato potere assorbente, per questo motivo la pelle scura assorbirà più luce e di conseguenza il tecnico può variare le lunghezze d’onda in base al colore del mantello e della cute scegliendolo sulle impostazioni del LASER.

Ogni apparecchio LASER terapeutico è dotato, infatti, di un sistema che permette di scegliere dei programmi con specifici parametri preimpostati sulla base del trattamento che dovrà essere eseguito27.

4.1.3 MECCANISMO D’AZIONE ED EFFETTI SUL TESSUTO

Il LASER terapeutico, identificato anche come terapia LASER a basso livello (LLLT) o LASER freddo, trova applicazione grazie al meccanismo di fotobiomodulazione, processo grazie al quale la luce di un LASER o di un’altra fonte, interagendo con le cellule, provoca la stimolazione e i cambiamenti biochimici all’interno di esse.

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I meccanismi d’azione associati alla fotobiomodulazione si diversificano in base al bersaglio e al tipo di cellula coinvolta; quello maggiormente conosciuto è il sistema del citocromo C, che si trova sulla membrana cellulare interna dei mitocondri ed agisce come un fotorecettore capace di assorbire la luce.

Grazie a questo processo, la luce LASER assorbita dal citocromo C eccita le particelle che rompono i legami con l'ossido nitrico (NO), consentendo la liberazione dell'ossigeno e la formazione della citocromo-C-ossidasi, fondamentale per la formazione di ATP, elemento essenziale per la produzione di energia cellulare; questa catena di reazioni comporta la generazione di meccanismi secondari che favoriscono la riduzione del dolore e dell'infiammazione oltre a promuovere la guarigione dei tessuti27.

Un cospicuo numero di studi condotti su modelli in vitro hanno evidenziato come questa tecnica stimoli il metabolismo e la crescita cellulare, portando come conseguenza anche il processo di riparazione dei tessuti e rigenerazione assonale di strutture come tendini, legamenti e muscoli, ma anche lo sviluppo dei fibroblasti, incrementando così la produzione di collagene28,29.

Un’altra caratteristica evidenziata è l’accelerazione dell'angiogenesi, con un incremento della formazione di nuovi capillari nei tessuti danneggiati, ciò migliora la velocità di guarigione delle ferite, in quanto, si ha un aumento dell'ATP e della sintesi proteica; agisce inoltre anche sulla vasodilatazione e sul drenaggio linfatico, diminuendo l’edema e il gonfiore causati da traumi o infiammazioni, grazie alla variazione della permeabilità cellulare30,31.

Può essere talvolta difficile isolare una precisa e specifica area da trattare, in quanto nella maggior parte dei casi sono coinvolti più muscoli e/o articolazioni contemporaneamente che contribuiscono alla presentazione del dolore; per questo motivo l’applicazione ottimale è rappresentata dal trattamento di un'area il più ampia possibile con un dosaggio appropriato, in modo tale da comprendere anche le aree satellite del dolore27.

4.1.4 TRATTAMENTO

Per trattare le aree interessate possono essere utilizzate due tecniche, la prima riguarda i sistemi LASER di potenza inferiore a 1 Watt, che generalmente utilizzano la modalità così detta “ a punto”, indicato per piccole aree dove con il laser saranno applicati più punti e per ognuno dei quali il dosaggio viene erogato in circa 30 secondi, con una determinata potenza stabilita secondo le dimensioni dello spot; la seconda tecnica detta “a scansione” riguarda i LASER a potenza maggiore che riescono a trattare superfici più ampie e consiste nell’utilizzare il manipolo con movimenti

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lenti e regolari sull’area interessata, prestando attenzione alla densità di potenza, garantendo così una copertura completa e sicura.

Durante il trattamento, il LASER può essere applicato anche in modalità contatto o a distanza (Figura 4); la prima modalità, consente un trattamento più profondo dei tessuti molli, mentre la seconda viene utilizzata nelle situazioni in cui non è possibile toccare la superficie per l’eccessivo dolore manifestato dal soggetto, in corrispondenza di una prominenza ossea o di una ferita27.

Figura 4: applicazione laser, rispettivamente a partire da sinistra modalità a contatto diretto e modalità a distanza

Particolare attenzione deve essere prestata al paziente prima di iniziare la terapia, il quale deve essere mantenuto in una condizione di benessere e serenità ed allo stesso tempo deve essere disponibile ad assumere determinate posizioni per permettere l’accesso da parte dell’operatore all’area da trattare.

Per quanto concerne la frequenza del trattamento, dipende dalla motivazione per cui viene effettuato e dalla possibilità del proprietario di poter condurre il paziente in struttura.

Quando si è in presenza di una lesione acuta, la frequenza di trattamento ideale è giornaliera, invece, in caso di patologie croniche, i primi trattamenti possono essere eseguiti a giorni alterni. La fase iniziale si dovrebbe protrarre fino a quando non si ottiene un risultato evidente, tale cambiamento si presenta prima per le condizioni acute che per quelle croniche; successivamente si possono dilazionare i trattamenti a 2 o 3 a settimana fino a ottenere la completa guarigione o l'effetto desiderato.

Il programma di mantenimento viene quindi deciso in base alle condizioni e alle necessità di ogni paziente27.

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4.1.5 CONTROINDICAZIONI

L’utilizzo del LASER è controindicato in caso di gravidanza nelle prossimità dell’utero, se è presente tessuto neoplastico o sospetto tale, ma anche in prossimità di cartilagini di accrescimento e dell’occhio3.

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CAPITOLO 5: TECNICHE FISIOTERAPICHE MANUALI

5.1 MASSAGGIO

Il massaggio può essere definito come la manipolazione terapeutica sistematica dei tessuti molli mediante pressione.

Questa tecnica è in assoluto tra le prime modalità di trattamento descritto, con i più antichi riferimenti risalenti al 2500 a.C. da parte delle popolazioni cinesi.

Nella medicina veterinaria è un prezioso trattamento ausiliario, in quanto generalmente viene molto gradito dai pazienti e inoltre li aiuta ad alleviare angoscia, ansia e malessere.

In studi recenti della medicina sportiva, è stato dimostrato che, grazie alla pratica del massaggio, si ha un aumento del flusso sanguigno del tessuto bersaglio e della clearance del lattato, suggerendo un miglioramento del recupero post-esercizio32,33.

I benefici comprendono:

 la riduzione della tensione e del dolore muscolare;  la prevenzione di lesioni;

 lo sviluppo, il mantenimento o la riabilitazione di determinate funzioni;  una maggiore flessibilità e range di movimento;

 un miglioramento del benessere generale34.

Il muscolo, quando viene massaggiato, viene allungato meccanicamente, riducendone il tono e aumentandone la flessibilità che nel tempo può portare a una riduzione del dolore muscolare e ad un aumento della forza del tessuto connettivo. In questo modo viene anche mobilizzato e ammorbidito il tessuto cicatriziale, aiutando così a mantenere il movimento tra i tessuti e ripristinare la funzione dopo un infortunio o un intervento chirurgico.

È consigliato massaggiare in senso distale-prossimale perché fisiologicamente il massaggio aumenta la pressione interstiziale e va di conseguenza ad aumentare il flusso venoso e linfatico, che quindi riporta il fluido dalle estremità verso il sistema circolatorio centrale.

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Quando le mani si muovono, costringono e allungano i tessuti creando delle differenze pressorie tra un tessuto e un altro; ciò comporta la spinta dei fluidi residui e dei cataboliti irritati verso il sistema vascolare, condizionata dall’alta pressione, mentre le aree a bassa pressione assorbono nuovo fluido, questo processo comporta la riduzione dell'infiammazione, del dolore e dell'affaticamento muscolare.

Il massaggio influenza anche il sistema nervoso sensoriale e autonomo, inducendo riflessi che riducono la pressione sanguigna, rallentano la respirazione e migliorano la digestione, inoltre i livelli di cortisolo e adrenalina diminuiscono con l'aumentare della serotonina, che svolge un ruolo importante nella modulazione del dolore, diminuendo l'attività della sostanza P e di altri neurotrasmettitori correlati al dolore cronico35.

Esistono molteplici tecniche di massaggio e la scelta dipenderà dall’obiettivo del trattamento, dalla dimensione del muscolo e dall’estensione della parte in questione, ma anche dallo stato patologico del tessuto. L’obiettivo finale è quello di migliorare il flusso venoso e il drenaggio linfatico, riallineare le fibre muscolari e regolare la tensione dei tessuti.

Le tecniche sono:

 Effleurage: lento scivolamento delle mani sulla superficie corporea, con una pressione che varia da leggera a moderata in base alla profondità dei tessuti da trattare, solitamente parallelo alla direzione delle fibre muscolari, in modo da poter riconoscere la consistenza e la tensione dei tessuti e se c’è presenza o meno di tessuto fibroso. Può essere eseguito a una o due mani con movimenti ampi, lenti e ritmici, percorrendo l'intera lunghezza del muscolo. Può costituire il contatto iniziale tra fisioterapista e paziente ed è la chiave per la formazione di una relazione positiva tra i due. Una delle principali funzioni dell'effleurage è di influenzare il ritorno venoso in modo tale da migliorare anche il flusso arterioso, portando un aumento della quantità di ossigeno e nutrimento che andrà a migliorare anche il riscaldamento della zona stessa, oltre ad aiutare il drenaggio e il ritorno linfatico. Il suo effetto meccanico è di replicare apparentemente il movimento muscolare.

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 Petrissage: compressione e reclutamento della pelle e dei tessuti sottostanti, con una pressione che varia da moderata a profonda; può essere parallela, perpendicolare o diagonale alla direzione delle fibre muscolari, può includere le tecniche di kneading (figura 4), letteralmente “impastare”, wringing, “strizzare” e rolling (figura 4), “arrotolare” la pelle. Lo kneading può essere applicato a vaste aree o focalmente, per alleviare le contratture e interrompere le aderenze post-chirurgiche, grazie ai movimenti ritmici di compressione e rilascio. Il wringing e il rolling, originariamente utilizzate per il trattamento delle tensioni muscolari localizzate, sono movimenti continui, sequenziali e circolari che progrediscono da un tessuto all'altro per promuovere la mobilità, l'estensibilità e lo stretching dell’area interessata. Grazie alla morbidezza della pelle dei pazienti sono tecniche facilmente applicabili.

 Frizione: applicazione di una pressione perpendicolare o trasversale al tessuto, che può essere superficiale o profonda, mantenuta in modo tale che il dito non scivoli sulla pelle, piuttosto porti con sé la pelle stessa. È comunemente usato su tendini, legamenti e cicatrici per riallineare le fibre non contrattili e deve esser effettuato con una pressione tale da adattarsi alla sensibilità locale. È indicata per contratture muscolari, eliminazione dei trigger point e rilascio miofasciale, oltre a favorire il sollievo dal dolore.

 Compressione: pressione applicata con il palmo della mano direttamente sopra il muscolo interessato per 15-20 secondi circa, in questo modo, limitando il flusso sanguigno e rilasciando la pressione, la circolazione periferica aumenta e questo aiuta a diminuire il tono. Questa manovra dovrebbe essere ripetuta più volte, fino a conseguire il riscaldamento dell’area in questione che diventerà quindi più morbida, per poi passare a quella successiva. È una tecnica molto efficace e facilmente applicabile.

 Tapotage: è una tecnica a percussione impiegata per indurre la vibrazione dei tessuti, l'attivazione del riflesso cutaneo e la conseguente vasodilatazione. Questa tecnica consiste nell’applicazione di colpi vigorosi eseguiti con le mani a coppa, che producono un suono caratteristico o con la parte laterale della mano o delle dita. Di solito viene utilizzato per aiutare ad eliminare la secrezione delle vie aeree inferiori, ma grazie alla dispersione meccanica dei tessuti, può essere impiegato anche per aumentare il flusso sanguigno

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locale prima dell'esercizio oppure a promuovere il recupero muscolare e il rilassamento post esercizio34.

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CAPITOLO 6: ESERCIZI TERAPEUTICI PASSIVI

Gli esercizi passivi all'interno di una routine di massaggio sono estremamente importanti sia per il cane attivo, sia per quello meno attivo e comprendono il range di movimento passivo (di seguito indicata PROM), le tecniche di allungamento detto stretching e la stimolazione del riflesso flessorio36.

Sono indicati nei soggetti con deficit neurologici più o meno gravi e nei pazienti ortopedici, in quanto consentono di ridurre le contratture muscolari e mantenere o migliorare i movimenti di flessione/estensione articolare. La prevenzione di queste alterazioni secondarie all’immobilizzazione porta a una guarigione più rapida37.

6.1 ESERCIZI DI PROM

Gli esercizi di PROM vengono utilizzati come strumento di valutazione oltre che come tecnica di trattamento ed è un movimento osteocinematico passivo dei segmenti ossei lungo un asse articolare; per questo motivo è definito come la capacità dell'articolazione di muoversi attraverso il suo ROM fisiologico, senza restrizione dei muscoli che attraversano una o più articolazioni18. Le manipolazioni previste consentono movimenti passivi di flessione, estensione, adduzione e abduzione, evitando il limite inferiore della soglia del dolore che causerebbe rilessi di difesa e ostacolerebbe il lavoro riabilitativo3.

In questo tipo di esercizio il paziente è passivo, quindi non contributivo, in quanto il fisioterapista, applicando una leggera sovrapressione, deve essere in grado di raggiungere quella piccola percentuale di movimento articolare involontario di fine corsa, che non si ottiene con il range di movimento attivo (di seguito indicato AROM)18.

Per eseguire questa operazione in sicurezza, è fondamentale che tutte le articolazioni siano adeguatamente supportate prima e durante i movimenti e che l’esecuzione sia condotta lentamente senza movimenti bruschi, in modo tale che tutti i tessuti coinvolti abbiano il tempo necessario di adattarsi alla posizione desiderata prima di essere riportata in posizione neutra36.

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Più nel dettaglio, la parte dell’arto prossimale all'articolazione interessata viene stabilizzata e la parte distale viene afferrata e spostata delicatamente, effettuando lenti movimenti di flessione ed estensione fino a quando non si percepisce la prima indicazione di disagio, esplicitato con la tensione dell'arto, la rotazione della testa verso chi sta eseguendo l’esercizio oppure il tentativo di sottrarsi. La fine del movimento viene normalmente mantenuta per 5-10 secondi e viene ripetuto da 10 a 20 volte, a seconda della reazione dell'animale al movimento e più le mani sono vicine all'articolazione, minori saranno le forze applicate38.

Quando viene deciso di trattare una singola articolazione per volta, è necessario tenere bene in considerazione di trattarle tutte, comprese le dita, cercando di ampliare la possibilità di movimento. Generalmente si parte trattando ogni singola articolazione, per poi passare al pedalamento, in decubito laterale o in stazione, con il migliorare dei movimenti39.

Gli esercizi di PROM sono raccomandati nell’immediato post operatorio o prima che venga consentito il carico attivo del peso, allo scopo di prevenire la contrattura articolare e l'accorciamento adattativo dei tessuti molli, mantenendo quindi la mobilità tra gli strati, ma anche per ridurre il dolore, migliorare il flusso sanguigno e linfatico, oltre alla produzione e alla diffusione del liquido sinoviale40.

Questo tipo di movimento passivo, stimolando le vie neurali, promuove attivamente un aumento del movimento e della flessibilità dell’articolazione, influenzando, all’interno delle masse muscolari, i recettori del tendine del Golgi presenti su tendini e fusi muscolari e all’interno dei legamenti i recettori stimolati dal riflesso di stiramento.

È materiale di studio quanto il replicare il movimento dell'articolazione favorisca anche la produzione, in minima parte, del liquido sinoviale, che può aiutare a prevenire l'erosione della cartilagine e il rilascio di radicali liberi; inoltre se il movimento viene eseguito correttamente, aiuterà anche la riprogrammazione neurale di tutti i tessuti molli adiacenti all'articolazione36. Quando si percepisce una sensazione di resistenza significa che il PROM è limitato ed è importante identificare la struttura limitante, per indirizzare il trattamento in modo appropriato18.

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Se l’articolazione invece è in qualche modo compromessa, deve essere prestata particolare attenzione e raggiungere solo la sua possibile escursione senza forzare oltre, in modo tale da non evocare dolore o contrazione muscolare36.

La manipolazione è controindicata in presenza di:  focolai di frattura instabili;

 lussazioni;

 eccessiva mobilità articolare;  alterazioni ossee;

 aree con recenti innesti o con cute in elevata tensione;  dolore o gonfiore41.

6.2 STRETCHING

Lo stretching è definito come un metodo di applicazione di forze esterne, su un cane rilassato, per distendere i tessuti molli che si sono patologicamente accorciati42.

Infatti è una forma di esercizio in cui una singola massa muscolare o un gruppo muscolare viene allungato fino al suo massimo ed è spesso eseguito come continuazione degli esercizi di PROM, combinato infatti con questi ultimi, quando le articolazioni presentano rigidità e ROM diminuito o quando i muscoli e/o i tendini sono tesi38.

L’obiettivo è quello di rilassare le tensioni muscolari e legamentose per fornire movimenti più liberi, quindi per poter allungare il muscolo, si deve cercare una posizione in modo da avere una leggera trazione sulla massa muscolare, ma senza evocare dolore od oltrepassare il ROM fisiologico.

Si pongono le mani come spiegato per gli esercizi di PROM e l’articolazione va flessa ed estesa, mantenendo la posizione per circa 30-60 secondi, continuando ad eseguire delicati movimenti pressori39.

Vanno sempre trattati sia i muscoli agonisti sia quelli antagonisti e quando si rilasciano gli arti, li si riaccompagna alla loro posizione originale, ovviamente senza scatti né movimenti bruschi43.

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Lo stretching può essere eseguito manualmente o utilizzando esercizi terapeutici, che possono essere presi in considerazione solo se durante l’esercizio è possibile creare un allungamento efficace con un movimento articolare attivo che possa far caricare il soggetto sulla parte interessata.

Può essere statico, dinamico o balistico:

 quello statico è l'allungamento prolungato delle fibre muscolari per un breve periodo di tempo, generalmente 20-30 secondi, per poi tornare in posizione neutra dopo ogni movimento, effettuando ripetizioni che variano da 5 a 10 volte;

 quello dinamico invece è eseguito durante un'attività e prevede l’utilizzo di stecche o altri strumenti al fine di mantenere l’articolazione iperestesa o iperflessa per un minimo di 10 minuti;

 quello balistico è un allungamento che prevede piccoli e rapidi rimbalzi, per cui generalmente non viene utilizzato nel post-operatorio, perchè gli animali potrebbero provare fastidio, ma può risultare utile dopo aver effettuato un riscaldamento, in animali atleti o impiegati in attività lavorative, allo scopo di diminuire la probabilità che subiscano traumi e lesioni ortopediche durante i salti e i cambi di direzione.

A prevenzione, possono quindi essere eseguiti allungamenti orientati verso un tipo di attività specifica o per affrontare la tensione preesistente in aree problematiche, che spesso includono i muscoli delle anche, delle spalle, del collo e della schiena.

Se un paziente ha subito un infortunio che ha provocato una tensione residua, lo stretching dell'area specifica può ridurre l'incidenza di recidive e se associato agli esercizi di rafforzamento, forniranno una migliore protezione a lungo termine.

Questa tecnica viene eseguita anche in pazienti con assenza di movimento articolare a causa di lesioni o interventi chirurgici oppure in pazienti con condizioni croniche.

Un esempio può essere rappresentato dalla perdita della flessione dell'articolazione del ginocchio dopo una frattura femorale: questa richiede un'attenzione immediata a causa del rischio della contrattura del quadricipite, ma anche una frattura distale dell’omero nei cuccioli scheletricamente immaturi richiede un celere intervento perché presentano un maggior rischio di perdere il movimento articolare in seguito all'intervento chirurgico38.

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Questa tecnica non è indicata nei muscoli con lesioni ancora in fase acuta. 6.3 STIMOLAZIONE RIFLESSO FLESSORIO

Si tratta di un esercizio utilizzato principalmente in pazienti neurologici; si evoca pizzicando con le dita i cuscinetti plantari o le falangi del soggetto con una lieve pressione, ma talvolta è necessario innalzare la soglia di stimolazione esercitando la pressione in zone maggiormente innervate. È importante conoscere la corrispondenza delle vie nervose per valutare se le risposte provenienti da tale stimolazione siano adeguate o meno.

L’obiettivo di questi esercizi è stimolare una contrazione muscolare, contrastare l’atrofia muscolare e migliorare il tono dei muscoli stessi3.

Gli stimoli originati viaggiano lungo le fibre ascendenti di nervi differenti a seconda del punto di stimolazione, di conseguenza negli arti anteriori si avrà una risposta del nervo radiale stimolando la superficie dorsale delle 2-3 dita più mediali e del nervo ulnare in seguito a stimolazione del dito più laterale; negli arti posteriori stimolando il dito più mediale si avrà la risposta del nervo safeno, mentre stimolando la superficie dorsale delle altre dita quella del nervo peroneo e stimolando la superficie plantare del nervo tibiale. Questa suddivisione, in realtà è più teorica che pratica, in quanto vi sono estese zone la cui innervazione sensitiva è di competenza di più di un nervo44.

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CAPITOLO 7: GONIOMETRIA CLINICA

La locomozione ottimale e le attività della vita quotidiana richiedono un movimento adeguato di articolazioni, muscoli, tendini, fasce e cute, che può essere influenzato negativamente da lesioni, interventi chirurgici e condizioni acute e croniche.

La goniometria clinica, cioè la misurazione clinica degli angoli articolari, rappresenta una fase importante della visita ortopedica, in quanto con questo esame è possibile valutare quantitativamente la mobilità di un’articolazione e il suo stato funzionale.

È un esame semplice, non invasivo e facilmente eseguibile utilizzando un goniometro ortopedico a bracci.

Questa valutazione quantitativa del deficit funzionale, ha un indubbio valore diagnostico per valutare la gravità della patologia e, se ripetuta regolarmente, ne documenta l’evoluzione. Può essere eseguita sia con l’animale in stazione sia in decubito, ma per una perfetta ripetibilità una volta scelta la procedura, è consigliabile adottare sempre la stessa in tutte le misurazioni. In modo analogo, è importante considerare che, soprattutto in presenza di dolore o risentimento muscolare, la misurazione può variare se eseguita nel soggetto sveglio, piuttosto che in anestesia generale, in virtù del maggiore rilassamento muscolare che si ottiene in questo secondo caso3. Queste misurazioni si eseguono sulla flessione/estensione (Figura 5) di:

 carpo;  gomito;  spalla;  tarso;  ginocchio;  anca.

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Nei Labrador Retriever, si è eseguita una standardizzazione delle misurazioni (Tabella 1), che devono essere considerate orientative per le altre razze, essendoci alcune differenze nel movimento articolare38.

Tabella 1: valori fisiologici della misurazione clinica degli angoli articolari nella razza Labrador Retriever orientativi per le atre razze (da: Petazzoni M. Atlante di Goniometria clinica 2008)

Prima di effettuare le misurazioni, è bene valutare ogni articolazione nel suo completo ROM per determinare l’asse di rotazione; il centro del goniometro, quindi, sarà messo in corrispondenza di tale asse15.

Il perno del goniometro sarà posizionato sui punti di repere dell’articolazione da misurare, regolando di conseguenza i due bracci del goniometro su altri punti posti distalmente o prossimalmente.

In fisioterapia, di solito, il paziente è sveglio, in modo tale da valutare il ROM che non provoca dolore, quantificando anche il dolore stesso e annotando la presenza o meno di crepitii articolari3. Il movimento delle articolazioni è influenzato inoltre, dalla forma degli arti e dalla massa muscolare, perché muscoli di diversi segmenti degli arti possono interferire con la flessione articolare; ad esempio, i cani con arti pelvici muscolosi, sembrano avere meno flessione del ginocchio rispetto ai cani con arti pelvici snelli.

Come sopra citato, i parametri cambiano tra le varie razze; alcuni studi effettuati nel cane pastore tedesco hanno evidenziato, che rispetto al Labrador Retriever, ci sono delle differenze nella

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flessione e nell'estensione delle articolazioni, infatti ad eccezione del carpo, le altre flettono ~10° in più e si estendono ~10° in meno, ma nel complesso hanno lo stesso ROM.

La differenza tra Labrador retriever e cane pastore tedesco è associata al fatto che, quando stanno in stazione, hanno linee completamente diverse; mentre i primi devono avere una linea del dorso ben dritta, con posteriore ben sviluppato e non inclinato verso la coda, i secondi hanno la linea del dorso appena leggermente inclinata rispetto all’orizzontale, sino alla groppa che deve essere inclinata di circa 23° rispetto all’orizzontale verso l’attaccatura della coda. Non è chiaro però, se l'andatura sia la conseguenza del movimento articolare o viceversa.

Sono state confrontate anche le andature di Labrador e Rottweiler che trottano su un tapis roulant e sono state identificate differenze minori di 9° nel movimento carpale, del gomito, del tarso e del ginocchio38.

In generale i soggetti che presentano ridotte possibilità di movimento, devono essere sottoposti a un programma di escursione passiva volto a risolvere, quanto più possibile, le restrizioni fisiche dando sollievo al paziente3.

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