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Dissalazione dell'acqua tramite un sistema RO-OTEC: analisi termodinamica e fattibilità economica

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ENERGETICA

DISSALAZIONE DELL’ACQUA TRAMITE UN SISTEMA

RO-OTEC: ANALISI TERMODINAMICA E FATTIBILITÀ

ECONOMICA

Relatori

Prof. Lorenzo Ferrari

Candidato Filippo Guidi Co-relatori

Ing. Andrea Baccioli Dott.ssa. Angelica Liponi

(2)

Riassunto

Molte regioni costiere e isole, in zone particolarmente povere del mondo, sono spesso caratterizzate da scarsità di acqua potabile e problemi di elettrificazione del territorio. Ne è un esempio l’arcipelago di San Blas, Panama, dove la popolazione indigena deve convivere con la difficoltà d’approvvigio-namento d’acqua potabile e la mancanza di elettricità. Per risolvere il problema è stato proposto l’utilizzo di un sistema OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion) produrre l’energia elettrica ne-cessaria ad un sistema di dissalazione ed eventualmente a coprire parte del fabbisogno elettrico. L’obiettivo della tesi è valutare la fattibilità tecnica ed economica di un sistema di dissalazione ac-coppiato ad un OTEC. In particolare, sono state proposte due soluzioni con due diverse tecnologie di produzione dell’acqua dissalata. L’analisi dei sistemi è stata effettuata tramite Aspen HYSYS. È stato analizzato preliminarmente un sistema composto da un impianto OTEC che alimenta una pompa di calore utilizzata per incrementare la temperatura dell’acqua di mare superficiale in ingresso ad un impianto di dissalazione termica. È stata fatta un’ottimizzazione di alcuni parametri dell’impianto con l’obiettivo di massimizzare il rendimento di secondo principio e minimizzare il consumo speci-fico. Poiché questa prima analisi non ha dato risultati accettabili in termini di consumi energetici, è stato studiato un secondo sistema, composto da un OTEC ed un processo di dissalazione RO. È stata svolta un’analisi di natura sia termodinamica, andando a massimizzare il rendimento di secondo principio del sistema, che economica, andando a minimizzare il COW (costo di produzione dell’ac-qua). È stata fatta un’analisi di sensitività per diversi valori della potenza elettrica netta generata (da 0 a 10 MW) e di acqua dissalata prodotta (100%, 300%, 600% del fabbisogno della popolazione). Inoltre, sono stati considerati due materiali diversi per gli scambiatori (stainless steel e PVDF) e due fluidi diversi per il ciclo OTEC (ammoniaca e R1234yf).

(3)

Indice

1 Introduzione 11

2 Stato dell’arte 13

2.1 Distribuzione e uso dell’acqua del mondo . . . 13

2.2 La dissalazione . . . 16

2.2.1 Composizione dell’acqua di mare . . . 16

2.2.2 Parametri caratteristici . . . 18

2.2.3 Tecnologie di dissalazione . . . 19

2.2.4 Diffusione e utilizzo delle tecnologie . . . 34

2.3 Ocean Thermal Energy Convertion . . . 35

2.3.1 Inquadramento generale . . . 35

2.3.2 Tipologie di sistemi OTEC . . . 36

2.3.3 OTEC e ambiente . . . 43

3 Metodi 44 3.1 Quadro generale . . . 44

3.2 Condizioni al contorno e modellazione del sistema . . . 45

3.2.1 Scelta del luogo . . . 45

3.2.2 Ipotesi di lavoro . . . 48

3.2.3 Termodinamica del sistema OTEC . . . 49

3.2.4 Termodinamica della dissalazione . . . 53

3.2.5 Rendimento di secondo principio . . . 57

(4)

INDICE

3.3.1 Scelta dei fluidi . . . 58

3.3.2 Ambiente di simulazione . . . 58

3.3.3 Metodo di ottimizzazione . . . 60

3.4 Analisi preliminare · OTEC - PdC - MED . . . 62

3.4.1 Versione con evaporatore separato . . . 62

3.4.2 Versione con evaporatore in comune . . . 68

3.5 Analisi · OTEC - RO . . . 72

3.5.1 Configurazione termodinamica del sistema . . . 73

3.5.2 Calcolo delle perdite exergetiche . . . 79

3.5.3 Valutazione economica del sistema . . . 81

3.5.4 Inizializzazione ottimizzazioni . . . 89

4 Risultati 91 4.1 Analisi preliminare - OTEC + PdC + MED . . . 91

4.2 Analisi - OTEC + RO . . . 95

4.2.1 Analisi termodinamica . . . 95

4.2.2 Analisi Economica . . . 108

4.2.3 Prezzo di vendita dell’elettricità di pareggio (PPEE) . . . 111

5 Conclusioni 114

A Schemi d’impianto con Aspen HYSYS 116

B Tabelle risultati 119

(5)

Elenco delle figure

2.1 Distribuzione dell’acqua nel mondo . . . 13

2.2 Aree di scarsità economica e fisica dell’acqua [1] . . . 14

2.3 (a) Principali usi dell’acqua dolce, (b) Andamento del consumo di acqua dolce dal 1901 ad oggi [2] . . . 15

2.4 (a) Andamento del calore specifico dell’acqua di mare con la temperatura, (b) Anda-mento della densità dell’acqua di mare con la temperatura [3] . . . 18

2.5 Andamento della produzione di acqua dolce nel mondo [4] . . . 19

2.6 Classificazione dei vari processi di dissalazione . . . 21

2.7 Schema di un sistema MSF [5] . . . 22

2.8 Schema di un sistema MSF con ricircolo della brina [6] . . . 22

2.9 Schema di un sistema MED [7] . . . 23

2.10 Schema di un sistema MVC [8] . . . 24

2.11 Schema di un sistema TVC [6] . . . 25

2.12 Schema di un sistema FD indiretto [9] . . . 26

2.13 Schema di un sistema FD diretto [10] . . . 26

2.14 Schema di un sistema solar still [11] . . . 28

2.15 Andamento della solubilità dell’acqua nell’aria [12] . . . 29

2.16 Schema di impianto RO [11] . . . 30

2.17 Schema di un sistema di elettrodialisi [11] . . . 32

2.18 Schema di un sistema centrifugo di RO [11] . . . 33

2.19 (a) Tipologia di acqua di alimento impiegata (b) Capacità di produzione per tipologia di impianto [13] . . . 34

(6)

ELENCO DELLE FIGURE

2.20 Temperatura superficiale degli oceani [14]. . . 35

2.21 (a) Impianto OTEC shelf-mounted (b) Impianto OTEC off-shore [15] . . . 37

2.22 Schema di un impianto OTEC a ciclo chiuso off-shore . . . 38

2.23 (a) Andamento del rendimento e della portata di fluido di lavoro con la temperature dell’acqua profonda (b) e superficiale [16] . . . 40

2.24 Schema di un ciclo Uehara . . . 40

2.25 Schema di un ciclo OTEC aperto . . . 41

2.26 Schema di un ciclo OTEC ibrido . . . 42

2.27 Schema di un impianto SOTEC . . . 43

3.1 Provincia di Guna Yala, Panama . . . 46

3.2 Correlazione tra HDI e consumo pro capite . . . 46

3.3 Andamento della temperatura superficiale nel corso dell’anno . . . 47

3.4 Batimetria di San Blas . . . 47

3.5 (a) Andamento della temperatura con la profondità (b) Andamento della salinità con la profondità . . . 48

3.6 Schema tubazioni piattaforma OTEC . . . 50

3.7 Abaco di Moody . . . 50

3.8 (a) Andamento del lavoro minimo specifico con il recovery ratio (b) Andamento del consumo specifico con la salinità [17] . . . 57

3.9 Schermata delle Properties in Aspen . . . 58

3.10 Elemento "Pump" . . . 59

3.11 Elemento "Heat exchanger" . . . 59

3.12 Elemento "Turbine" o "Compressor" a seconda della direzione dei flussi . . . 59

3.13 Elemento "Control valve" . . . 60

3.14 Elemento "Separator" . . . 60

3.15 Schema del sistema OTEC con pompa di calore e dissalazione MED in configurazione "evaporatori separati" . . . 63

3.16 Schema del sistema OTEC con pompa di calore e dissalazione MED in configurazione "evaporatore in comune" . . . 70

(7)

ELENCO DELLE FIGURE

3.17 Schema del sistema OTEC e RO . . . 74

3.18 Ciclo termodinamico con ammoniaca con entropia normalizzata . . . 75

3.19 Ciclo termodinamico con R1234yf con entropia normalizzata . . . 75

3.20 Andamento della pressione massima di esercizio con la temperatura per PVDF [18] 76 3.21 Valori del RR con la salinità per diversi impianti di RO . . . 78

3.22 Valori del CS con la salinità per diversi impianti di RO . . . 79

3.23 Andamento generale del costo specifico del sistema OTEC . . . 85

3.24 Costo specifico della piattaforma . . . 86

3.25 Costo capitale specifico del sistema di RO in funzione della produzione annua . . . 87

4.1 Andamento del rendimento di secondo principio al variare del tipo di fluido e del-l’ottimizzazione . . . 95

4.2 Andamento del rendimento di secondo principio al variare della taglia dell’OTEC e della produzione di acqua dissalata . . . 96

4.3 Andamento del rendimento di primo principio al variare del tipo di fluido e dell’ot-timizzazione . . . 97

4.4 Andamento del rendimento di primo principio al variare della taglia del sistema . . 97

4.5 Pressione all’evaporatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . . . 98

4.6 Temperatura all’evaporatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . . . 99

4.7 Pressione all’evaporatore al variare del fluido e della taglia del sistema . . . 99

4.8 Pressione al condensatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . . . 100

4.9 Temperatura al condensatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . . . 101

4.10 Pressione al condensatore al variare del fluido e della taglia del sistema . . . 101

4.11 Portate di acqua di mare all’evaporatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . 102 4.12 Portate di acqua di mare al condensatore al variare del fluido e dell’ottimizzazione . 103 4.13 Portate di acqua di mare all’evaporatore al variare della taglia del sistema OTEC e del sistema RO . . . 103

4.14 Portate di acqua di mare al condensatore al variare della taglia del sistema OTEC e del sistema RO . . . 104

(8)

ELENCO DELLE FIGURE

4.16 Calore scambiato all’evaporatore al variare della taglia del sistema OTEC e del

siste-ma RO . . . 105

4.17 Curva di scambio T-Q all’evaporatore per ammoniaca e R1234yf . . . 106

4.18 Curva di scambio T-Q al condensatore per ammoniaca e R1234yf . . . 106

4.19 Perdite exergetiche dei vari componenti al variare del fluido di lavoro per ottimizza-zione termodinamica . . . 107

4.20 Perdite exergetiche dei vari componenti al variare dell’ottimizzazione . . . 107

4.21 Andamento del costo degli elementi al variare del fluido impiegato . . . 108

4.22 Andamento del costo degli elementi al variare dell’ottimizzazione adottata . . . 109

4.23 Andamento del costo degli elementi al variare della taglia del sistema. Le barre blu rappresentano il costo del sistema di RO rispettivamente per una produzione di 542.000, 1.620.000 e 3.250.000 m3 . . . 110

4.24 Valori del COW nel caso di potenza netta nulla, al variare dell’ottimizzazione e della produzione di acqua per ammoniaca . . . 111

4.25 Valori del COW nel caso di potenza netta nulla, al variare dell’ottimizzazione e della produzione di acqua per R1234yf . . . 111

4.26 Andamento del prezzo di vendita dell’elettricità di pareggio al variare della taglia per l’ammoniaca . . . 113

4.27 Andamento del prezzo di vendita dell’elettricità di pareggio al variare della taglia per l’R1234yf . . . 113

A.1 Schema del sistema OTEC realizzato con Aspen HYSYS . . . 116

A.2 Schema del sistema OTEC con pompa di calore e dissalazione MED in configurazione "evaporatori separati" . . . 117

A.3 Schema del sistema OTEC con pompa di calore e dissalazione MED in configurazione "evaporatore in comune" . . . 118

(9)

Elenco delle tabelle

2.1 Classificazione delle acque in base alla salinità, dove TDS = Total Dissolved Solids . 16

2.2 Composizione di alcune acque di mare [17] . . . 17

2.3 Riassunto dei parametri caratteristici delle principali tecnologie di dissalazione . . . 34

3.1 Riassunto dei parametri utilizzati per il calcolo delle potenze delle pompe. Dove con ’FRP’ è indicato Fiber-reinforced plastic . . . 52

3.2 Gas incondensabili liberati dall’acqua di mare alla pressione del condensatore [19] . 66 3.3 Elenco delle variabili vincolate e loro limite nel caso "evaporatore separato" . . . 67

3.4 Elenco delle Adjusted Variables e loro nome identificativo nel caso "evaporatore separato" . . . 68

3.5 Elenco delle variabili vincolate e loro limite nel caso "evaporatore in comune" . . . 71

3.6 Elenco delle Adjusted Variables e loro nome identificativo nel caso "evaporatore in comune" . . . 72

3.7 Riassunto parametri delle simulazioni . . . 73

3.8 Caratteristiche dei fluidi scelti nell’analisi [16]. Dove "ODP": Ozone Depletion Po-tential, "GWP": Global Warming PoPo-tential, "H": Rischio per la salute, "F": Infiamma-bilità, "I": Instabilità . . . 74

3.9 Coefficienti di scambio utilizzati per i vari fluidi . . . 77

3.10 Coefficienti di scambio globale utilizzati . . . 78

3.11 Riepilogo caratteristiche RO . . . 79

3.12 Elemento e relativi coefficienti secondo Turton . . . 82

3.13 Coefficienti di pressione e loro range di validità per i vari elementi . . . 83

(10)

ELENCO DELLE TABELLE

3.15 Coefficienti B1e B2 per vari elementi . . . 84

3.16 Coefficienti CEPCI per anno . . . 86

3.17 Produzione e relativo costo del sistema di RO . . . 87

3.18 Riassunto dei costi indiretti considerati . . . 88

3.19 Elenco delle Adjusted Variables e nome identificativo dello stream o del componente a cui si riferiscono nel caso di sistema con RO . . . 89

3.20 Elenco delle variabili vincolate e loro limite nel caso di sistema con RO . . . 90

4.1 Parametri principali delle ottimizzazioni di ηIIe CS per il caso con evaporatore separato 92 4.2 Parametri principali delle ottimizzazioni di ηII e CS per il caso con evaporatore in comune . . . 93

4.3 Confronto tra parametri caratteristici nel caso delle due configurazioni . . . 94

B.1 Pressioni all’evaporatore [bar] . . . 119

B.2 Pressioni al condensatore [bar] . . . 120

B.3 Portate di acqua di mare all’evaporatore [kg/s] . . . 120

B.4 Portate di acqua di mare al condensatore [kg/s] . . . 121

B.5 Calore scambiato all’evaporatore [kW] . . . 121

B.6 Irreversibilità dei vari componenti al variare della taglia dell’OTEC e del sistema dissalazione per ammoniaca [kW] . . . 122

B.7 Irreversibilità dei vari componenti al variare della taglia dell’OTEC e del sistema dissalazione per R1234yf [kW] . . . 123

B.8 Rendimento di primo principio [%] . . . 124

B.9 Rendimento di secondo principio [%] . . . 124

B.10 Costo dei vari componenti al variare della taglia dell’OTEC e del sistema dissalazione per ammoniaca [$] . . . 125

B.11 Costo dei vari componenti al variare della taglia dell’OTEC e del sistema dissalazione per R1234yf [$] . . . 126

B.12 Prezzo di vendita di pareggio dell’acqua - COW [$/m3] . . . 127

(11)

Capitolo 1

Introduzione

Il seguente lavoro si è incentrato sull’analisi di un sistema di produzione di potenza OTEC utilizzato per alimentare un processo di dissalazione dell’acqua di mare (MED e RO).

In particolare, è stata effettuata un’analisi preliminare di un sistema OTEC che alimenta una pompa di calore utilizzata per incrementare la temperatura dell’acqua di mare superficiale in ingres-so ad un sistema di dissalazione MED in configurazione "parallel feed".

Oltre alla precedente, è stata effettuata un’analisi più accurata, sia termodinamica che econo-mica, di un sistema OTEC utilizzato per l’alimentazione di un sistema di dissalazione RO, al variare del fluido di lavoro, della potenza prodotta e della taglia del sistema di dissalazione nel caso di scam-biatori di calore in acciaio e plastica.

Di seguito sono riportati i riassunti dei contenuti dei vari capitoli

Nel capitolo 2 è stato esposto brevemente il problema della scarsità di acqua nel mondo, se-guito da una panoramica sulla dissalazione e sui cicli OTEC. In particolare, è stata analizzata la composizione dell’acqua di mare ed i parametri caratteristici utilizzati in quest’ambito. È stata fatta una descrizione dei vari processi di dissalazione impiegati oggi nel mondo, in base alla tipologia di energia impiegata, andando ad analizzare i più comuni e quelli in fase di sperimentazione. È stato riportato lo stato dell’arte dei sistemi OTEC, nel quale è descritto il principio di funzionamento e le varie tipologie di cicli impiegati con i loro componenti principali. Infine è presente una sezione sull’effetto di questi sistemi sull’ambiente.

Nel capitolo 3 è stato descritto in dettaglio il lavoro svolto, evidenziando le caratteristiche del luogo scelto, le ipotesi di lavoro, le equazioni, comuni a tutti i casi analizzati, utilizzate nel calcolo dei vari parametri: dalle perdite di carico, ai rendimenti, al calcolo delle exergie, alla termodinamica della dissalazione. È stato brevemente descritto il software Aspen HYSYS utilizzato per l’analisi, e la metodologia di ottimizzazione. In seguito sono state analizzate nel dettaglio le varie ottimizzazioni con i parametri specifici relativi ai singoli casi, come il calcolo della potenza di estrazione degli

(12)

incondensabili e la salinità massima tollerata nel caso di sistema MED. Nel sistema con RO sono stati riportati la scelta del fluido, dei materiali, dei parametri caratteristici del sistema di dissalazione oltre al procedimento di calcolo economico.

Nel capitolo 4 sono riportati i risultati ottenuti dalle varie ottimizzazioni: i risultati dell’analisi preliminare del sistema con OTEC, pompa di calore e dissalazione MED, ed i risultati termodinamici ed economici ottenuti dal sistema con OTEC e RO, risultati che comprendono l’andamento delle pressioni all’evaporatore e condensatore, l’andamento delle portate dell’acqua di mare, del calore scambiato, dei rendimenti di primo e secondo principio e le perdite exergetiche oltre al costo degli elementi e l’andamento del prezzo di vendita dell’elettricità di pareggio.

Nel capitolo 5 sono discusse le conclusioni del lavoro svolto, seguite delle appendici contenenti gli schemi utilizzati in Aspen HYSYS e le tabelle contenenti i risultati dei parametri analizzati nelle varie simulazioni.

(13)

Capitolo 2

Stato dell’arte

2.1 Distribuzione e uso dell’acqua del mondo

L’acqua è una risorsa fondamentale per lo sviluppo di una società, e ogni attività dell’uomo non può prescindere dalla sua presenza. La terra è coperta per il 70% della sua superficie da acqua, per un volume complessivo di circa 1, 4 · 109 km3. Sfortunatamente il 97,5% di questa è acqua

salata e soltanto il restante 2,5% è dolce. Non tutta l’acqua dolce è però facilmente accessibile a direttamente utilizzabile, circa il 70% è sottoforma di ghiaccio o neve in zone montane mentre circa il 30% è contenuta in giacimenti sotterranei. Questo lascia solo uno 0,3% di acqua dolce e accessibile per l’utilizzo da parte dell’uomo [7, 17]. Purtroppo la distribuzione di questa risorsa non è equa sul pianeta, come non sono eque le distribuzioni di piogge, dipendenti in larga parte da direzione e intensità del vento.

Figura 2.1: Distribuzione dell’acqua nel mondo

(14)

sosten-2.1. DISTRIBUZIONE E USO DELL’ACQUA DEL MONDO

tamento della vita. Secondo l’OMS ad oggi circa il 30% della popolazione mondiale (2,1 miliardi di persone) non ha accesso sicuro e continuo ad acqua potabile, dovendo percorrere, a piedi, un tragitto di durata non inferiore a 30 minuti per arrivare ad una fonte controllata, percentuale che è destinata a salire al 60% entro il 2025. L’80% delle persone alle quali è precluso l’accesso ad acqua potabile vive in aree rurali a bassa densità di popolazione, zone dove è generalmente difficile installare siste-mi tradizionali di produzione e pulizia dell’acqua. Spesso, anche se è disponibile acqua, questa è di qualità inferiore agli standard dell’OMS [17, 20].

Se la richiesta di acqua dolce è paragonabile alla produzione si parla di scarsità della risorsa. Nello specifico si ha una scarsità fisica se sul territorio è presente un quantitativo di acqua non adeguato alla richiesta della popolazione. Si parla invece di scarsità economica se è presente la risorsa ma sono insufficienti le infrastrutture per sfruttarla.

Figura 2.2: Aree di scarsità economica e fisica dell’acqua [1]

Globalmente la richiesta cresce ad un ritmo superiore rispetto alla capacità di sfruttamento dell’acqua dolce naturale. Ciò è dovuto in larga parte all’incremento demografico ed economico che porta ad un aumento della richiesta di cibo ed energia.

Si stima che siano necessari alla sopravvivenza almeno 2 litri di acqua potabile al giorno per persona. Secondo l’OMS il quantitativo minimo va da 20 a 50 litri pro capite al giorno per assicurare condizioni igieniche adeguate, oltre a soddisfare le necessità di pulizia e cibo.

L’agricoltura concorre per il 70% al consumo di acqua dolce al mondo, consumo triplicato ri-spetto agli anni 50. Oltre a ciò, l’agricoltura è responsabile di gran arte dell’inquinamento delle falde acquifere e dell’erosione dei suoli. Il restante consumo di acqua si divide tra industria e usi dome-stici, rispettivamente per il 20% e 10% [21]. L’aumento del consumo di acqua pro-capite può essere

(15)

2.1. DISTRIBUZIONE E USO DELL’ACQUA DEL MONDO ridotto da politiche locali senza necessariamente frenare la crescita economica, ne è un esempio l’Australia che, in 10 anni, ha ridotto il suo consumo del 40%, mentre l’economia è cresciuta del 30% [22].

(a) (b)

Figura 2.3: (a) Principali usi dell’acqua dolce, (b) Andamento del consumo di acqua dolce dal 1901 ad oggi [2]

Un ulteriore fattore che intensifica la scarsità di acqua è il cambiamento climatico, che può portare allo scioglimento dei ghiacci, alla riduzione dei bacini idrici, oltre a modificare la distribu-zione delle regioni umide e aride. La desertificadistribu-zione avviene ad un ritmo elevato su tutta la terra e porta a gravi effetti sul clima locale e sulla distribuzione delle piogge. La principale causa della desertificazione è l’attività umana che porta alla distruzione di habitat delicati e allo sfruttamento incontrollato del suolo [7].

Per tutti i motivi appena citati si comprende come la scarsità di acqua sia un problema pressante e che tenderà a peggiorare nei prossimi anni. Risulta quindi evidente l’importanza di avere una fonte costante e sicura di questa risorsa. Gli impianti di dissalazione vengono incontro e cercano di risolvere questo problema. Negli ultimi 30 anni si sono avuti molti sviluppi in questo ambito, con la nascita di numerose tecnologie di dissalazione, da quelle a membrana a quelle evaporative, e spesso questi sistemi sono stati integrati con fonti energetiche rinnovabili che vanno dal solare all’OTEC.

Le regioni in cui si ha mancanza di acqua potabile sono generalmente povere, e perciò, molto spesso, con una carenza importante anche dal punto di vista di energia elettrica disponibile. Per regioni costiere l’utilizzo di un sistema combinato di dissalazione alimentata da un sistema OTEC (Ocean Thermal Energy Conversion) che sia in grado di produrre anche energia elettrica potrebbe essere la soluzione ad entrambi i problemi. I sistemi OTEC sfruttano infatti la differenza di tempera-tura che si viene a creare tra l’acqua superficiale e l’acqua profonda, utilizzando quindi, come fonte energetica, la materia prima necessaria allo stesso sistema di dissalazione.

(16)

2.2. LA DISSALAZIONE

funzionamento del sistema, si arriverebbe potenzialmente a produrre più di 10 milioni di MWe [15], è quindi chiaro il potenziale che questa tecnologia riserva.

2.2 La dissalazione

2.2.1 Composizione dell’acqua di mare

L’acqua contiene diversi elementi al suo interno: da sali disciolti a composti in sospensione, e la loro quantità varia in base al tipo di acqua. Il cloruro di sodio è il sale maggiormente presente, ma oltre a esso sono presenti anche ioni Ca++, K+, Mg++e (SO

4)−. La composizione chimica dell’acqua di

mare è praticamente costante, variano invece le quantità di solidi disciolti in base al luogo.

La classificazione delle varie tipologie di acqua è fatta sulla base del loro utilizzo. L’acqua utilizzata per bere ed in ambito domestico ha una salinità compresa tra 5 e 1000 ppm, ed è quella che si trova nei fiumi e nei laghi. L’acqua utilizzata per agricoltura e per raffreddamenti industriali ha una salinità compresa tra 1000 e 3000 ppm. Ciò include l’acqua salmastra, con una salinità da 3000 a 10000 ppm e l’acqua di mare che ha una salinità media di 34000 ppm. Le acque con una salinità superiore a 10000 ppm sono considerate ad alta salinità [7].

Acqua TDS (mg/l)

Acqua potabile per usi domestici <1000

Acqua per agricoltura e usi industriali Tra 1000 e 3000

Acqua salmastra Tra 3000 e 10000

Acqua di mare >10000

Tabella 2.1: Classificazione delle acque in base alla salinità, dove TDS = Total Dissolved Solids

La salinità dell’acqua di mare varia in base alla sua posizione nel globo ed è influenzata dalla morfologia del luogo. Mari chiusi come il mediterraneo hanno una salinità maggiore rispetto a quelli aperti. Un importante contributo è dato anche dall’apporto di acqua dolce da fiumi e dalla temperatura, temperature medie maggiori portano a salinità più alte. Ne sono un esempio i mari dell’Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi che raggiungono i 50000 ppm.

(17)

2.2. LA DISSALAZIONE

Costituente Acqua marina Mediterraneo Golfo arabo Mar Rosso

standard (mg/l) Orientale Cloro (Cl−) 18980 21200 23000 22219 Sodio (SO− 4) 10556 11800 15850 14255 Solfato (Cl−) 2649 2950 3200 3078 Magnesio (Mg++) 1262 1403 1765 742 Calcio (Ca++) 400 423 500 225 Potassio (K+) 380 463 460 210 Bicarbonato (HCO− 3) 140 - 142 146 Stronzio (Sr++) 13 - - -Bromo (Br−) 65 155 80 72 Acido borico (H3BO−3) 26 72 - -Fluoro (F−) 1 - - -Silicati (SiO− 3) 1 - 1,5 -Iodio (I−) 1 2 - -Altro 1 - -

-Solidi disciolti totali 34483 38600 45000 41000

Tabella 2.2: Composizione di alcune acque di mare [17]

La determinazione della salinità di un acqua marina viene effettuata mediante misure elettri-che. I sali presenti nell’acqua, solubilizzandosi, si dissociano andando a modificare la conducibilità elettrica. Ormai le tecniche di misurazione sono standardizzate e robuste rispetto ai diversi mari. Per una descrizione più approfondita, al fine di identificare quali ioni sono presenti e la loro quantità, è necessaria un’analisi chimica.

La salinità indica la misura della quantità di sostanze disciolte e viene indicata in ppm o mg/kg. Alcune volte può invece essere indicato direttamente il valore di conducibilità in µS/cm. La condu-cibilità dell’acqua distillata varia da 0,5 a 3 µS/cm, si hanno 100 µS/cm per le acque potabili, mentre si raggiungono i 54000 µS/cm per l’acqua di mare.

L’aumento di salinità in una soluzione acquosa porta alla modifica di diversi parametri termo-dinamici, dal calore specifico alla temperatura di ebollizione [3]:

• Calore specifico inferiore (5% circa) • Densità maggiore (3,5% circa) • Tensione di vapore minore (2% circa)

(18)

2.2. LA DISSALAZIONE

• Temperatura di ebollizione maggiore • Temperatura di congelamento inferiore

(a) (b)

Figura 2.4: (a) Andamento del calore specifico dell’acqua di mare con la temperatura, (b) Andamento della densità dell’acqua di mare con la temperatura [3]

L’acqua di mare, dato il numero elevato di sali disciolti, ha un’alta entropia, e, per operare la separazione, bisogna abbassarla. Lo si fa somministrando lavoro, e conseguentemente il processo risulta molto costoso energeticamente. Il lavoro reversibile per i processi di desalinizzazione è chia-mato lavoro minimo e dipende dalla concentrazione di sali e dal metodo utilizzato per operare la separazione. Partendo quindi da una miscela, per ottenere acqua e sale separati bisogna spendere una quantità di energia "E" (come mostrato in 2.1), che può essere di diversa natura: calore di disso-luzione, pressione osmotica o gradiente ebullioscopico. L’energia reale sarà invece maggiore a causa delle irreversibilità dei componenti [17].

[H2O + N aCl] + E ↔ [H2O] + [N aCl] (2.1)

Miscelando acqua a sale per ottenere una soluzione con 40000 ppm si registra un aumento di temperatura di 0,64°C, corrispondente a 0,75 kWh/m3. Questo aumento di temperatura è dovuto

all’aumento di entropia e la corrispondente spesa energetica è considerata il minimo teorico per un processo di dissalazione.

2.2.2 Parametri caratteristici

Per definire le performance dei sistemi di dissalazione si utilizzano diversi parametri, tra cui il con-sumo specifico (2.2), che rappresenta il concon-sumo di energia elettrica per m3di acqua prodotta, ed il

recovery ratio (2.3) che indica la percentuale di acqua dissalata rispetto a quella entrante.

CS = W˙

˙ Vd

(19)

2.2. LA DISSALAZIONE dove:

− ˙W è la potenza spesa

− ˙Vdè la portata volumetrica di acqua dissalata

RR = V˙d ˙ Vsw

(2.3) dove ˙Vswè la portata volumetrica di acqua di mare in ingresso.

2.2.3 Tecnologie di dissalazione

Nel mondo, ad oggi, si contano più di 18200 impianti di dissalazione in 183 paesi diversi, con una ca-pacità totale di produzione da desalinizzazione dell’acqua di mare pari a 88.91 milioni di m3al giorno

[23]. La maggior parte degli impianti sono situati in Medio Oriente con oltre il 65% della produ-zione. Seguono l’Europa con circa il 12%, e Africa e Asia, entrambe con l’8%. L’incremento della popolazione e i cambiamenti climatici hanno portato negli ultimi anni ad un aumento esponenziale della produzione [4].

Figura 2.5: Andamento della produzione di acqua dolce nel mondo [4]

Un processo di desalinizzazione industriale prevede di ottenere acqua quasi totalmente priva di sali a partire da acqua di mare o acqua salmastra. I sali estratti sono concentrati nella brina che verrà scaricata. I processi di desalinizzazione maggiormente impiegati finora possono essere classificati in due grandi gruppi a seconda del metodo di separazione utilizzato: termico o a membrana.

I processi termici si dividono principalmente in due categorie, quelli ad evaporazione e conse-guente condensazione del vapore acqueo prodotto, e quelli a congelamento e conseconse-guente fusione dei cristalli di ghiaccio creati. Tra i sistemi più comuni sono presenti:

(20)

2.2. LA DISSALAZIONE

• Multiple stage flash – MSF

• Multiple evaporative distillation - MED • Single effect evaporation - SEE

• Mechanical vapour compressio - MVC • Thermal vapour compression - TVC • Freeze desalination - FD

• Umidificazione deumidificazione - HDH • Desalinizzazione solare

I processi a membrana consistono nel far passare l’acqua da una membrana semipermeabile che trattiene le particelle solide:

• Reverse osmosis - RO • Forward osmosis - FO • Elettrodialisi - ED

• Distillazione a membrana – MD

Esistono poi vari processi allo stato sperimentale nei quali si utilizza, ad esempio, la biomimetica o la forza centrifuga. Nella figura 2.6 è riportata la classificazione dei vari processi.

Multi Stage Flash (MSF)

Questo tipo di tecnologia è molto usato nei paesi del Medio Oriente come Arabia Saudita e Kuwait e partecipa per il 40% alla produzione mondiale di acqua dolce. È un processo termico nel quale l’acqua di mare da dissalare passa nei vari stadi, preriscaldandosi grazie al calore latente dato dal vapore condensante, fino ad arrivare al brine heater, il quale aumenta la temperatura dell’acqua fino alla massima possibile (top brine temperature, TBT) a quella pressione senza che si abbia va-porizzazione, figura 2.7. Solitamente il brine heater è alimentato da vapore, che può derivare da un impianto termoelettrico od una fonte esterna. L’acqua di mare scaldata entra poi nel primo stadio, a pressione inferiore, attraverso un piccolo foro, e evaporando in parte per flash, portandosi in equi-librio termodinamico con l’ambiente. I sali precipitano, ad eccezione di alcuni solfati che possono essere ritrovati nel riscaldatore. La parte di fluido che non vaporizza, la brina, viene raccolta sul fondo ed inviata allo stadio successivo, a pressione minore, attraverso un orifizio, ripetendo così il

(21)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.6: Classificazione dei vari processi di dissalazione

ciclo. Il vapore generato sale verso l’alto e, passando attraverso un demister che trattiene le gocce di liquido residue, raggiunge le tubazioni con l’acqua di mare fredda in ingresso. A contatto con le tubazioni il vapore condensa e l’acqua dolce viene recuperata, mentre al tempo stesso il calore la-tente del vapore preriscalda l’acqua. La bassa pressione negli stadi è mantenuta grazie ad un eiettore alimentato da vapore o da una pompa a vuoto, i quali estraggono l’ossigeno e l’anidride carbonica che erano disciolti nell’acqua e si sono liberati a causa del flash. I gas liberati causano la riduzione dei coefficienti di scambio ed aumentano la pressione. Il vapore eiettato è condensato con acqua di mare fredda e rilasciato.

Il numero di stadi può variare da 20 a 40 e lavorano a pressioni progressivamente minori. Il flash provoca il raffreddamento dell’acqua che quindi, all’uscita dell’ultimo stadio, si trova ad una temperatura di pochi gradi superiore a quella dell’acqua di alimentazione con una concentrazione di sali molto bassa, tra 2 e 50 ppm.

La TBT si aggira intorno ai 90-120°C, ed è perciò pratica comune abbinare il processo MSF ad un impianto a vapore in cui la turbina lavori in contropressione. Il vapore uscente dalla turbina, ad una temperatura di circa 120°C viene inviato al brine heater che funge da condensatore. Questo comporta quindi una perdita di potenza producibile dalla turbina pari a circa 6-8 kWh/m3di acqua

prodotta. In sé il sistema MSF comporta anche un consumo di elettricità che va da 3 a 5 kWh/m3

(22)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.7: Schema di un sistema MSF [5]

capacità di produzione che vanno da 10000 a 65000 m3/giorno, con RR tipici intorno a 8.

La variante più utilizzata di questo modello è quella con il ricircolo della brina, figura 2.8. Alla fine dei vari stadi ne sono presenti 2 o 3 aggiuntivi in cui si preriscalda l’acqua di mare esterna, suc-cessivamente viene deaerata e miscelata alla brina. Questa miscela di brina e acqua di mare prosegue preriscaldandosi nei vari stadi fino al brine heater. La maggior portata fluente nel sistema aumen-ta il RR. Oltre a ciò, la deaerazione dell’acqua comporaumen-ta una minore spesa successiva all’eiettore [7, 17, 11].

Figura 2.8: Schema di un sistema MSF con ricircolo della brina [6]

Una configurazione interessante è il single stage MSF. Presenta la stessa struttura di un impianto MSF ma è composto da un singolo stadio. Questo comporta costi minori ma ovviamente anche RR più bassi, i cui valori risultano insensibili alla TBT.

(23)

2.2. LA DISSALAZIONE Multi Evaporative Distillation (MED)

Processo nato negli anni ’50, inizialmente non ha avuto molto sviluppo a causa dei problemi di sca-ling sui banchi di tubi scambiatori, ha però acquistato interesse per le sue migliori performance termiche. In questo processo, come mostrato nella figura 2.9 l’acqua dolce viene prodotta in piccola parte per flash, ma principalmente per evaporazione. L’acqua di mare preriscaldata entra in paralle-lo nei vari effetti. Queste camere sono a pressione via via inferiore, perciò l’acqua evapora in parte per flash. Tutta l’acqua di mare viene sprayzzata sull’evaporatore a contatto con il quale vaporizza in parte. Nel primo effetto il calore necessario per l’evaporazione è fornito generalmente dalla con-densazione di vapore di processo (ma può essere anche fornito da un altro fluido caldo). Negli stadi successivi il calore è fornito dal vapore prodotto nell’effetto precedente che condensando diventa acqua dissalata. La brina può essere estratta e o può essere fatta passare nei vari effetti successivi e infine viene scaricata in mare. Il vapore dell’ultimo effetto viene condensato dall’acqua di mare esterna che verrà, in parte rigettata in mare, e in parte utilizzata come acqua di alimento.

Figura 2.9: Schema di un sistema MED [7]

Gli effetti possono arrivare fino a 20 e, a differenza del sistema MSF, la TBT raggiunge valori non più alti di circa 70°C per limitare le incrostazioni e la corrosione. A temperature superiori la solubilità del gesso diventa molto bassa portando a fenomeni di fouling troppo elevati. Questo comporta, se il ciclo è accoppiato ad un processo termoelettrico, una mancata produzione di potenza minore rispetto al MSF, non dovendo andare a sostituire la turbina tradizionale con una in contropressione. Come l’MSF l’acqua dolce prodotta contiene da 20 a 50 mg/l di sostanze ma si ha un consumo di calore più basso (145-390 kJ/kg) e un consumo elettrico inferiore (1,5-2,5 kWh/m3acqua). Le capacità variano

da 250 a 25000 m3/giorno.

Oltre al parallel feed, altre configurazioni spesso utilizzate sono il forward feed nel quale l’ac-qua di alimento non è immessa in parallelo in tutti gli effetti ma solo nel primo, e nei successivi è alimentata la brina dell’effetto precedente. Nel backward feed, invece, l’acqua di mare è alimentata nell’ultimo effetto, per poi risalire fino al primo [7, 11, 17].

(24)

2.2. LA DISSALAZIONE

Mechanical Vapour Compression (MVC) e Thermal Vapour Compression (TVC)

Il MVC e il TVC sono varianti del sistema MED, particolarmente utili in applicazioni di piccola-media grandezza, nelle quali il calore è fornito dalla compressione del vapore. In particolare, nel Mechani-cal Vapour Compression, figura 2.10, si hanno due o tre stadi (questo perché la potenza specifica è la stessa indipendentemente dal numero di stadi, perciò un numero maggiore di stadi è utile solo ad aumentare la produzione), il vapore dell’ultimo stadio è compresso tramite un compressore mecca-nico che ne aumenta la temperatura, il vapore è poi inviato al primo stadio per essere usato come fonte di calore. Il resto del funzionamento è quello di un tipico sistema MED.

Figura 2.10: Schema di un sistema MVC [8]

Nel Thermal Vapour Compression, figura 2.11, il vapore dell’ultimo stadio è compresso grazie ad un eiettore che lavora con un vapore di processo. Il vantaggio di questo sistema è che gli stadi lavorano con portate maggiori di vapore (normale + processo), producendo, a parità di effetti, più acqua dolce. Normalmente il numero di stadi è più elevato del MVC perché un aumento del numero di stadi porta ad un aumento dell’efficienza). Questi sistemi sono caratterizzati da efficienze maggiori e produzioni che vanno da poche centinaia di m3fino a 30000 m3 [7, 11, 17].

Freeze Desalination - (FD)

Questa tipologia di desalinizzazione si basa su un cambio di fase liquido solido, unito ad un processo fisico di rimozione del solido dalla brina rimanente. I primi studi risalgono agli anni 50. Il processo si compone di minimo tre passaggi:

• Preraffreddamento: serve ad evitare la nucleazione improvvisa dell’acqua data dal brusco calo di temperatura. La soluzione, infatti, è portata vicino al punto di congelamento prima della

(25)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.11: Schema di un sistema TVC [6] fase di cristallizzazione.

• Cristallizzazione: Fase composta da nucleazione nella quale le molecole di acqua diventano più ordinate e si dispongono in una struttura più stabile, e fase di crescita del ghiaccio, nella quale si creano i veri e propri cristalli.

• Separazione: I cristalli sono separati dalla brina e fusi per ottenere acqua dolce. I processi si classificano in:

• Indiretti • Diretti

FD Indiretta In un classico impianto di freeze desalination indiretta il refrigerante e l’acqua non sono in contatto. Questo evita la contaminazione dell’acqua ma dà coefficienti di scambio inferiori, costi più alti, e nucleazione più difficoltosa. Il processo si compone di un ciclo frigorifero standard alimentato da un compressore, nel quale l’evaporatore ha la funzione di freezer e il condensatore ha la funzione di melter, figura 2.12.

I processi indiretti possono essere classificati, in base al metodo di formazione dei cristalli, in: • Suspension freeze crystallization: metodo molto noto ma non semplice e costoso, utilizza

scambiatori “scarp-surface”.

• Layer freeze crystallization: la formazione di cristalli è fatta strato su strato, con apparecchia-ture più semplici e superfici minori.

Esistono numerosi metodi per separare la brina dai cristalli di ghiaccio. Uno tra i più utilizzati consiste nel far fluire la miscela di ghiaccio e brina verso l’alto di una colonna, la brina è separata

(26)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.12: Schema di un sistema FD indiretto [9]

grazie a schermi a scarico periferico, e la restante miscela è lavata con acqua dolce immessa dall’alto per eliminare gli ultimi residui. Questo metodo comporta una spesa minima di acqua [9, 10, 11]. FD Diretta In un impianto diretto il refrigerante è mantenuto in contatto diretto con l’acqua di mare e, evaporando, ne assorbe il calore, congelandola. Lo schema del processo è riportato in figura 2.13. Il refrigerante gioca una parte importante nel processo e deve essere non tossico, chimicamente stabile, e immiscibile in acqua oltre che economico (esempi sono il butano e il freon). Il processo diretto è preferibile a quello indiretto in quanto si hanno coefficienti di scambio alti, aree di scambio grandi, costi inferiori ma c’è il pericolo di contaminazione dell’acqua. L’acqua stessa potrebbe essere utilizzata come refrigerante ma nella maggior parte dei processi è usato un refrigerante secondario [9, 10, 11].

Figura 2.13: Schema di un sistema FD diretto [10]

(27)

dimen-2.2. LA DISSALAZIONE sionamento, gestione dei solidi e problemi con i compressori (compressori a bassa pressione per il butano non sono stati testati approfonditamente e la loro lubrificazione può contaminare l’ac-qua). Una soluzione potrebbe consistere nel rimpiazzare il compressore con una pompa di calore ad adsorbimento.

Gas Idarto I gas idrati sono aggregazioni cristalline di molecole d’acqua tenute insieme grazie a legami ad idrogeno attorno ad una molecola di gas centrale (propano, CHCIF2). Questi aggregati si

formano a pressioni relativamente alte ma hanno un punto di congelamento che può essere anche di 12°C, e quindi più facilmente raggiungibile rispetto alla dissalazione criogenica tradizionale. Ideal-mente nella sezione di freezing il gas e l’acqua verrebbero ad essere miscelati, facendo precipitare gli idrati, per essere poi lavati dalla brina e fusi nuovamente in modo da liberare il gas per il nuovo ciclo e l’acqua dolce come prodotto [9, 10, 11].

Vacuum Freezing In questo processo evaporazione e congelamento avvengono simultaneamen-te, l’acqua di mare è aggiunta mentre vengono rimossi i cristalli e il vapore. Il vuoto è utilizzato per vaporizzare parte dell’acqua di mare che, richiedendo calore, porta alla formazione di cristalli nella brina. Le condizioni nel serbatoio sono mantenute al punto triplo dell’acqua di mare (0,00051 bar e -2,1°C). Teoricamente l’evaporazione di un kg di acqua porta alla formazione di 7 kg di ghiaccio dato che il rapporto tra i calori latenti è di circa 7 a 1. Usando l’acqua come refrigerante non si hanno problemi di separazione e contaminazione [9].

Solar Still

Questo sistema relativamente semplice sfrutta per la dissalazione l’energia solare. Si compone di una vasca nella quale si trova l’acqua da dissalare, coperta da un vetro che permetta il passaggio della radiazione solare, figura 2.14. La radiazione passando attraverso il vetro riscalda l’acqua facendola evaporare, processo aiutato dall’effetto serra che si viene a creare grazie al fatto che il vetro è opaco alla radiazione emessa da corpi a bassa temperatura. Il vapore acqueo formatosi sale e arriva a contatto con la copertura di vetro che si trova ad una temperatura inferiore essendo a contatto con l’ambiente esterno. Il contatto con una superficie fredda fa condensare il vapore che è raccolto da appositi contenitori. L’efficienza può essere aumentata facendo condensare il vapore sui tubi che preriscaldando l’acqua di mare in ingresso alla vasca. Il sistema è semplice ma poco efficiente (si hanno incrostazioni e corrosione del collettore), oltre ad essere discontinuo, sono infatti necessari dei fermi per spurgare la brina e sostituirla con acqua di mare fresca. La produttività è di circa 2,5 – 4 l/m2 al giorno e di alta qualità. La spesa energetica più ingente è quella relativa al pompaggio

(28)

2.2. LA DISSALAZIONE

può essere anche incrementata con fonti esterne, come collettori solari o tramite utilizzo di cascami termici. Data la sua semplicità, il sistema risulta particolarmente adatto a regioni povere [11, 17].

Figura 2.14: Schema di un sistema solar still [11]

Umidificazione deumidificazione - (HDH)

Le basse efficienze termiche presenti in altri sistemi possono essere mitigate con l’adozione del si-stema HDH, nei quali le diverse fasi di preriscaldamento, evaporazione e condensazione avvengono in ambienti separati, garantendo in questo modo una maggior capacità di gestione e modulazione del sistema. Il processo è a bassa temperatura (85°C), e le uniche fonti di consumo elettrico sono le pompe e i ventilatori.

L’acqua di mare fredda passa all’interno del condensatore preriscaldandosi, successivamente viene riscaldata, solitamente con collettori solari, per poi entrare nell’evaporatore. Nell’evaporato-re la pioggia di acqua di maNell’evaporato-re calda umidifica e riscalda l’aria che passa in controcorNell’evaporato-rente. L’ac-qua con concentrazione di sali maggiore viene raccolta sul fondo ed eventualmente miscelata con l’acqua in ingresso in modo da aumentare la portata e la temperatura. L’aria umidificata passa nel condensatore, dove, a contatto con i tubi freddi, deumidifica. L’acqua desalinizzata viene così raccolta.

Sono possibili diverse configurazioni a seconda che i cicli dell’aria e dell’acqua siano aperti o chiusi. Si ha però l’inconveniente che l’aria a temperatura ambiente ha bassi contenuti di acqua a saturazione, figura 2.15, e si necessita quindi di alte portate di aria circolanti nel sistema. La dimensione dell’impianto ed i costi operativi sono fortemente dipendenti dalla temperatura [11, 17].

(29)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.15: Andamento della solubilità dell’acqua nell’aria [12] Solar Chimney

È un sistema sperimentale composto da una torre, alla cui base sono presenti dei collettori. Il sistema consiste nell’utilizzare la radiazione solare per far evaporare l’acqua alla base. Il vapore viene rac-colto dall’aria esterna e sale per effetto camino all’interno della torre solare dove è posta una turbina eolica, generando elettricità. Successivamente passa in un condensatore dove il vapore si raffredda e viene prodotta acqua dolce. Il sistema risulta difficile da realizzare a causa delle grosse dimensioni necessarie e gli alti costi ma è possibile produrre sia energia elettrica che acqua dolce con costi bassi [17].

Reverse Osmosis (RO)

Il processo di osmosi inversa si basa sul principio di osmosi naturale per il quale due soluzioni a concentrazione diversa, se messe in contatto tramite una membrana semipermeabile, tendono, tra-mite il passaggio di solvente dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata, a riportarsi all’equilibrio. L’osmosi inversa differisce dall’osmosi naturale per il fatto che viene applicata una pressione sulla soluzione ad alta concentrazione in modo da far fluire l’acqua verso la soluzione meno concentrata. Gli Stati Uniti sono secondi al mondo come capacità di produzione grazie prin-cipalmente alla R.O. applicata ad acque salmastre.

Un impianto di R.O., figura 2.16, si compone di: • Sistema di pre-trattamento

(30)

2.2. LA DISSALAZIONE • Membrana

• Post-trattamenti

Figura 2.16: Schema di impianto RO [11]

Le membrane sono molto delicate e devono rimanere pulite, essendo soggette a depositi di par-ticolato e organismi marini come le alghe. Il pH deve essere quindi controllato, sono necessarie delle fasi di pre-trattamento dell’acqua tramite agenti chimici che elimino alghe e batteri. In alternativa, recentemente, sono stati sviluppate micro, ultra e nano filtrazioni in grado di ridurre gli effetti di fouling. Nel caso di utilizzo di agenti chimici, però, si ha la contaminazione dell’acqua e la necessità di un post trattamento.

Le pressioni di esercizio devono essere molto superiori a quella osmotica (che per l’acqua di mare è 28 bar) e variano in base alla velocità di filtrazione, alla concentrazione di sali, alla tempe-ratura e alla struttura delle membrane. Per acqua di mare si arriva a 50/80 bar per avere velocità di produzione accettabili a livello industriale, pressione che si riduce a 15/30 bar per acque salmastre.

Un elemento fondamentale di un impianto di R.O., ed oggi il più soggetto a ricerca, è la mem-brana. Le membrane sono realizzate in materiali plastici come acetato di cellulosa o altri polimeri compositi. La forma più utilizzata è quella a spirale avvolta, più complessa ma più resistente e facile da pulire di quella a fibra cava. Nelle spirali avvolte l’acqua di mare segue un percorso elicoidale all’estremità della fibra e l’acqua dissalata viene raccolta al centro. Più fibre vengono utilizzate in parallelo per raggiungere taglie maggiori.

I post trattamenti sono comunque necessari per rimuovere i gas disciolti come la CO2 e

sta-bilizzare il pH. Per rendere l’acqua potabile, infine, è necessario aggiungere nuovamente alcuni sali.

La R.O. è quindi un processo molto dispendioso energeticamente a causa dei costi di compres-sione dell’acqua, con valori del consumo specifico che vanno da 3 a 5 kWh/m3(superiori ai consumi

(31)

2.2. LA DISSALAZIONE del 30/50% in quanto l’energia spesa per recuperare ulteriore acqua aumenta con l’aumento della concentrazione. La brina concentrata ha però molta energia di pressione che può essere recuperata (fino al 25-35%) con turbopompe o scambiatori di pressione, alcuni di questi sistemi con efficienze del 95% e consumi molto bassi: 9 kJ/kg. La R.O. è gran lunga il sistema più utilizzato e per applicazioni industriali si arrivano a produrre fino a 400000 m3/giorno [11, 17, 24, 25].

Forward Osmosis (FO)

A differenza dell’osmosi inversa, nell’osmosi diretta l’acqua fluisce, sempre attraverso una membra-na semipermeabile, dalla soluzione salimembra-na verso umembra-na soluzione di ammoniaca e anidride carbonica, la “draw solution”, che si trova a concentrazione maggiore. L’acqua attraversa la membrana sotto l’azione osmotica naturale, passando da uno stato a più bassa entropia ad uno maggiore. La solu-zione con acqua, CO2e NH3viene poi riscaldata fino a 65°C per separare l’acqua dolce dalla draw

solution che viene riciclata.

La diffusione di questa tecnica di dissalazione è frenata dalla tecnologia delle membrane, che risultano al momento poco performanti. Potrebbero però aprirsi scenari interessanti una volta su-perato questo problema in quanto questa tecnica utilizza minor pressione idraulica con conseguente minor consumo e fouling, al tempo stesso si raggiungono alte pressioni osmotiche che danno RR maggiori. Inoltre si ha assenza di pre-trattamenti chimici [17].

Elettrodialisi (ED)

L’elettrodialisi è un sistema di dissalazione a membrana. L’acqua viene fatta fluire tra due piastre, di circa 1 m2di superficie, caricate elettricamente in modo opposto figura 2.17. Tra il catodo e l’anodo

sono interposte delle membrane selettive agli ioni. In particolare, prima dell’anodo che attrae ioni negativi (Cl−) è posta una membrana che permette il passaggio di anioni, mentre prima del catodo

che attrae ioni positivi (Na+) è posta una membrana selettiva ai cationi. L’acqua, attraverso la quale

è fatta passare una corrente elettrica continua, è fatta fluire tra le membrane. Gli ioni positivi e negativi sono attratti dall’anodo e dal catodo, restituendo in uscita un flusso di acqua dolce.

Il costo operativo del sistema dipende fortemente dalla salinità iniziale, e per evitare eccessivo fouling è opportuno operare con acque con concentrazioni di TDS non troppo elevate, spesso sono anche eseguiti pretrattamenti. Per le operazioni di pulizia delle piastre viene invertita la polarità degli elettrodi. In questo modo gli ioni sono respinti dalla piastra su cui si erano depositati e sono attirati da quella opposta, riversandosi nel flusso di acqua. Le membrane selettive agli ioni impe-discono che gli ioni respinti si vadano a depositare sulla piastra opposta vanificando l’operazione di pulizia. Non essendoci un flusso di acqua attraverso la membrana come nella R.O. l’elettrodialisi può trattare acque con una maggiore percentuale di solidi disciolti.

(32)

2.2. LA DISSALAZIONE

Figura 2.17: Schema di un sistema di elettrodialisi [11]

La capacità di dissalazione varia significativamente, andando da valori di 2 m3/giorno fino a

145 m3/giorno [11, 17].

Distillazione a Membrana (MD)

Viene sfruttata la differenza di pressione del vapore attraverso una membrana ceramica, data da un gradiente termico. Essendo la membrana idrorepellente consente il passaggio del solo vapore, trattenendo l’acqua con i sali. Il processo non è isotermo, infatti richiede calore a bassa temperatura per poter funzionare (tra 60°C e 90°C), ma in compenso lavora con pressioni dell’ordine del centinaio di kPa, e quindi molto inferiori rispetto a quelle necessarie nell’osmosi inversa. Ne esistono varie tipologie in sviluppo, da direct contact MD, a air gap MD, fino a vacuum MD. [17, 11]

Spray

Sviluppato solo per unità sperimentali, consiste nel creare uno spray di acqua salata da iniettare in un ambiente nel quale le gocce evaporino velocemente. I sali precipitano e il vapore viene raccolto e condensato per ottenere acqua dolce [17].

Deionizzazione capacitiva (CDI)

Consiste in un doppio strato di elettrodi in cui ho una corrente elettrica. Gli elettrodi, con grande superficie, assorbono gli ioni purificando l’acqua, ma funziona bene solo con basse salinità fino ad un massimo di 10000 ppm. Al contrario dell’osmosi inversa però si hanno consumi più bassi, oltre a non utilizzare membrane e agenti chimici. Quando la capacità degli elettrodi è esaurita il flusso è

(33)

2.2. LA DISSALAZIONE interrotto e gli ioni sono rilasciati. L’efficienza è aumentata aumentando la frequenza delle scariche [11, 17].

Biomimetica

Nelle cellule il trasporto dell’acqua è assicurato da un particolare tipo di proteina che si chiama Aquaporins. Queste stesse proteine sono utilizzate per creare degli stretti canali nelle membrane che permettano il passaggio dell’acqua ma blocchino gli ioni grazie alla loro forza elettrostatica repulsiva [17].

Centrifugal R.O.

In questa configurazione è utilizzata l’accelerazione centripeta per fornire la pressione necessaria per la separazione dei sali dall’acqua. Il sistema è studiato in quanto consentirebbe di ridurre i consumi rispetto ai tradizionali R.O. oltre ai problemi di fouling. Come mostrato nella figura 2.18, le mem-brane sono posizionate all’estremità di un rotore, l’acqua di mare preriscaldata entra assialmente a bassa pressione. Andando verso la membrana l’acqua acquista pressione grazie all’accelerazione del rotore e la brina ritorna verso il centro per essere scaricata. Essendo l’uscita della brina a bassa pressione l’energia di pressione è già recuperata senza bisogno di apparati ausiliari [11].

Figura 2.18: Schema di un sistema centrifugo di RO [11]

Riassunto parametri caratteristici

Di seguito si riporta una tabella che riassume i vari parametri caratteristici delle più diffuse tecno-logie di dissalazione.

(34)

2.2. LA DISSALAZIONE

MSF MED/TVC RO ED MVC

T operativa

[°C] 90-120 55-70 Amiente Ambiente 70

Consumo energia termica

[kWh/m3] 70-160 40-120 - -

-Consumo energia elettrica

[kWh/m3] 3-5 1.5-2.5 3-5 per SW 1.5-2.5 per BW 1.5-4 8-15 Recovery ratio [%] 35-45 35-45 20-50 per SW 50-95 per BW 50 23-41

Qualità dell’acqua trattata

[ppm] <10 <10 <200-500 <150-500 <10

Pretrattamento Basso Basso Alto Medio Molto basso

Tabella 2.3: Riassunto dei parametri caratteristici delle principali tecnologie di dissalazione

2.2.4 Diffusione e utilizzo delle tecnologie

Le tecnologie di dissalazione esposte precedentemente sono principalmente alimentate da acqua di mare (59%), da acque salmastre (22%), e da acque di fiumi o laghi (19%). Per quanto riguarda la capacità di produzione la RO si è affermata come tecnica più utilizzata con oltre il 65% del totale. Seguono MSF con il 21% e MED, VC, ED con il 14%.

(a) (b)

Figura 2.19: (a) Tipologia di acqua di alimento impiegata (b) Capacità di produzione per tipologia di impianto [13]

(35)

2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION

2.3 Ocean Thermal Energy Convertion

2.3.1 Inquadramento generale

Lo strato superficiale dell’acqua di mare tropicale è una grande riserva di acqua tiepida che è mante-nuta ad una temperatura quasi costante di circa 27°C, in equilibrio tra la radiazione del sole assorbita e le perdite date dell’evaporazione e gli scambi convettivi. L’energia termica assorbita da quest’area in un giorno è 10000 volte maggiore di quella consumata dagli Stati Uniti nello stesso tempo. Tro-vare una tecnologia che riesca a convertire anche solo una minima parte di questa energia avrebbe un profondo impatto sull’economia e sull’ambiente. La tecnologia OTEC, soddisfacendo i requisiti tecnici ed economici necessari, potrebbe essere la soluzione.

L’irraggiamento solare che incide sulla superficie del mare è assorbito dagli strati superficiali di acqua (da 35 a 100 m), dove l’azione del vento e delle onde rendono la temperatura e la salinità pressoché uniformi. In particolare, nella zona tropicale tra 15° nord e 15° sud di latitudine si ha una temperatura superficiale costante tutto l’anno, sia di giorno che di notte, che può raggiungere anche i 30°C, figura 2.20. Al di sotto di questo strato caldo superficiale la temperatura dell’acqua inizia a

Figura 2.20: Temperatura superficiale degli oceani [14].

calare, raffreddandosi fino a circa 4°C, alla profondità di 1000 m. Quest’acqua fredda deriva dallo scioglimento dei ghiacci nelle regioni polari e, data l’alta densità, scorre sul fondale marino fino alle regioni tropicali aiutata dai moti convettivi e dalla rotazione terrestre. Il sistema OTEC sfrutta questa differenza di temperatura di circa 20°C, prelevando tramite apposite tubazioni l’acqua fredda ad una profondità di circa 1000 m, e l’acqua calda superficiale per alimentare un motore termico per produrre energia elettrica. Non tutti i mari sono adatti all’installazione di sistemi OTEC, nei climi temperati, ad esempio, si ha una variazione di temperatura dell’acqua superficiale di più di

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2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION

una decina di gradi durante l’anno. Questo porta a rendimenti bassi e ad una riduzione delle ore equivalenti di funzionamento rendendo l’eventuale investimento non conveniente [15, 26].

Oltre ad un valore della temperatura corretto è anche necessaria una morfologia del fondale marino specifica. In particolare, per limitare perdite di trasmissione sulle linee e costi eccessivi di posizionamento, è necessario un profilo del fondale che raggiunga profondità elevate non troppo lontano dalla costa, con, quindi, pendenze molto accentuate che rendano facilmente agibile il pre-lievo dell’acqua fredda. Le zone tropicali e atolli corallini risultano anche sotto questo aspetto le più adatte.

2.3.2 Tipologie di sistemi OTEC

Esistono diverse varianti dei sistemi OTEC, classificati in base all’ubicazione o al tipo di ciclo esegui-to. Per quanto riguarda il sito d’installazione, questi sistemi possono essere costruiti sia on-shore, off-shore che shelf mounted. Un’installazione lungo la costa garantisce il vantaggio di una proget-tazione e un posizionamento più semplici, oltre a minori perdite di conversione elettrica. Si ha però lo svantaggio che essendo posizionata a terra sono necessarie lunghe tubazioni sia per l’acqua calda che per l’acqua fredda. Quest’ultime possono arrivare anche ad essere cinque volte più lunghe del caso off-shore, e necessitando quindi di un attenta progettazione meccanica. Anche per gli impianti shelf-mounted si hanno diversi vantaggi rispetto alle piattaforme off-shore, sia costruttivi che elet-trici, anche se meno accentuati rispetto al caso su terraferma. Questa configurazione è una via di mezzo tra l’off-shore e l’on-shore con l’impianto che è posizionato in mare ed è supportato da una piattaforma fissata al fondale, vicino alla scarpatae l’impianto è sommerso. Un’installazione mari-na, invece, si appoggia su piattaforme galleggianti ancorate al fondale o può essere posizionata su navi apposite. Risulta più complicata da costruire ma con i suddetti vantaggi relativi alle tubazioni [15, 26].

Oltre al posizionamento, i sistemi OTEC differiscono per la tipologia di ciclo di potenza impie-gato:

• Ciclo aperto: il fluido di lavoro e il fluido termovettore sono acqua di mare

• Ciclo chiuso: il fluido termovettore è acqua di mare ma il fluido di lavoro può essere ammo-niaca o di origine organica

• Ibrido: è una combinazione dei due cicli precedenti. Il ciclo chiuso è utilizzato per recuperare il calore dato dal ciclo aperto

I componenti principali di un sistema OTEC, indipendentemente dal ciclo utilizzato, sono:

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2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION

(a) (b)

Figura 2.21: (a) Impianto OTEC shelf-mounted (b) Impianto OTEC off-shore [15] • Il sistema di tubazioni di acqua fredda profonda (fino a 1000 m) e calda superficiale. • Un sistema di trasferimento dell’energia a terra nel caso di sistemi off-shore • La piattaforma, il sistema di posizionamento e ancoraggio

Sfruttando un salto di temperatura molto ridotto i cicli OTEC hanno efficienze limitate. Il rendimento massimo è dato da:

ηmax=

Th− Tc

Th (2.4)

dove, Thè la temperatura in K dell’acqua calda, mentre Tcè la temperatura in K dell’acqua fredda. I

valori raggiunti dal rendimento non superano l’8%, ciò comporta che si abbia bisogno di una quantità di calore per alimentare il ciclo 12-13 volte superiore rispetto alla potenza prodotta. Questo senza considerare la differenza di temperatura necessaria negli scambiatori per compiere il trasferimento di calore. Senza una differenza di temperatura finita si avrebbero superfici o portate infinite, perciò considerando un ∆T di qualche grado, il rendimento di Carnot si abbassa ulteriormente fino al 4/5%. Infine, solitamente il 20/30% della potenza prodotta viene spesa per alimentare le pompe del ciclo termodinamico e dell’acqua di mare. Quest’ultime, in particolare, devono vincere le perdite di carico date da una lunghezza dei tubi molto elevata dovendo pescare l’acqua a profondità elevate. Aumentando però la profondità di prelievo diminuisce la temperatura e conseguentemente aumenta il rendimento. L’ottimo è quindi dato dal compromesso tra una temperatura abbastanza fredda ma una perdita di carico limitata.

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2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION

• Sfruttando l’energia termica dell’acqua di mare non sono necessari ne combustibili ne accu-muli

• Sono necessarie grandi portate per produrre potenze significative ma la materia prima è gra-tuita

• I sistemi OTEC hanno un alto numero di ore equivalenti: più di 7900/anno

• Le tecnologie impiegate per la costruzione degli elementi del sistema sono ampiamente note dall’industria marina, abbassando perciò il tempo di costruzione a 2,5-3 anni rispetto ai 6-10 di un impianto tradizionale. Inoltre, le basse pressioni negli scambiatori portano ad una riduzione del costo dei vari componenti rispetto ai casi di impianti classici [15, 26].

OTEC a ciclo chiuso

In un sistema OTEC a ciclo chiuso si ha una distinzione tra il fluido di lavoro e quello termovettore. L’acqua di mare calda, prelevata subito sotto la superficie, viene inviata ad un evaporatore dove riscalda il fluido di lavoro. Il fluido di lavoro evapora producendo vapore ad alta pressione che viene inviato ad una turbina. Una volta espanso viene inviato al condensatore alimentato da acqua di mare fredda prelevata in profondità. Il fluido condensato viene poi nuovamente pompato nell’evaporatore. Il ciclo è sostanzialmente un classico ciclo Rankine che opera a pressioni e temperature inferiori.

Figura 2.22: Schema di un impianto OTEC a ciclo chiuso off-shore

Un elemento fondamentale dei cicli chiusi sono gli scambiatori. La tipologia utilizzata è soli-tamente shell & tube dove l’acqua di mare è fatta scorrere nei tubi e il fluido di lavoro passa nel mantello, ma sono utilizzati anche scambiatori a piastre e folded tube. Dato il basso ∆T disponibile, il pinch ponit deve essere il minore possibile per limitare i bassi valori del rendimento. Dato che il fluido di lavoro evapora o condensa si può spingere tale valore fino a circa 2°C pur conservando

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va-2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION lori di aree di scambio accettabili. Aree di scambio che si cerca di ridurre con trattamenti superficiali e superfici corrugate, volte ad aumentare i coefficienti di scambio. Nonostante questi accorgimenti in media le aree sono fino a dieci volte maggiori rispetto ai classici scambiatori di impianti tradizio-nali. I materiali utilizzati devono essere resistenti alla corrosione data dall’acqua di mare e dal fluido organico, oltre che economici. Solitamente è utilizzato stainless steel, ma sono stati realizzati anche scambiatori in lega di titanio o in plastica.

Le tubazioni dell’acqua fredda sono particolarmente difficili da progettare dato che devono garantire una portata elevata e sopportare stress meccanici notevoli. Per piattaforme off-shore soli-tamente viene utilizzata plastica rinforzata in fibra di vetro per diametri inferiori ai 2,4 m. Per grossi impianti, invece, possono essere utilizzati sia acciaio che cemento, che plastica. Per impianti a terra viene invece utilizzato polietilene ad alta densità [27].

Un ulteriore aspetto da considerare è la scelta del fluido di lavoro, vantaggio che non si ha nella configurazione a ciclo aperto. Il fluido non solo deve erogare una potenza elevata ma deve anche mantenere contenuta la dimensione dei componenti, oltre ad essere chimicamente stabile e sicuro. I bassi salti di temperatura richiedono fluidi con un alto calore latente per limitare la portata di fluido necessaria. Per questo motivo la scelta più ovvia sarebbe l’acqua, ma a causa delle basse temperature del ciclo, la pressione di saturazione corrispondente è estremamente bassa e questo comporta un grosso aumento del volume specifico e quindi della dimensione dei componenti. Uno dei fluidi più utilizzati è l’ammoniaca perché ha alti calori latenti e coefficienti di scambio paragonabili a quelli dell’acqua e, inoltre, non ha valori del volume specifico troppo elevati alle pressioni in gioco.

Indipendentemente dal fluido scelto si hanno però comportamenti simili al variare della tempe-ratura delle sorgenti, come riportato in figura 2.23. Diminuendo la tempetempe-ratura dell’acqua di mare fredda, si ha una conseguente diminuzione della temperatura del condensatore che porta, a parità di potenza, a un aumento del rendimento e una diminuzione delle portate in gioco. Si ha però una potenza elettrica netta inferiore in quanto le spese di pompaggio salgono. Al tempo stesso un au-mento della temperatura superficiale porta ad un auau-mento della temperatura nell’evaporatore, ad un aumento del rendimento, oltre ad una riduzione delle portate necessarie [16].

Oltre al classico ciclo chiuso sono stati sviluppati anche cicli più avanzati, che con una compli-catezza d’impianto maggiore portano a rendimenti più elevati. Questo perché si utilizzano miscele d’acqua e ammoniaca dove l’acqua può essere utilizzata per rigenerare il ciclo, in questo modo si riduce il calore necessario e il calore rigettato al condensatore. Ne è un esempio il ciclo Uehara, fi-gura 2.24. Nello specifico l’acqua di mare superficiale vaporizza una miscela di acqua e ammoniaca, successivamente la fase liquida e vapore vengono separate. La fase vapore, più ricca di ammoniaca perché più volatile, va alla turbina generando potenza. Viene effettuato uno spillamento per preri-scaldare la miscela, mentre la frazione liquida rigenera la miscela in ingresso nell’evaporatore per poi andare a miscelarsi con l’ammoniaca in uscita dalla turbina. La miscela passa poi nel

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condensa-2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION

(a)

(b)

Figura 2.23: (a) Andamento del rendimento e della portata di fluido di lavoro con la temperature dell’acqua profonda (b) e superficiale [16]

tore e ripete il ciclo. Un ulteriore variante del ciclo Uehara è il ciclo Kalina nel quale la separazione avviene a bassa temperatura grazie al calore del rigeneratore [15, 26].

Figura 2.24: Schema di un ciclo Uehara

OTEC a ciclo aperto

In un sistema aperto il fluido di lavoro e quello termovettore sono acqua di mare, figura 2.25. L’acqua di mare calda viene deareata e successivamente inviata ad una camera nella quale viene flashata per

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2.3. OCEAN THERMAL ENERGY CONVERTION la bassa pressione (pressione che varia dal 1 al 3 % di quella atmosferica). Solo una piccola frazione dell’acqua vaporizza in seguito al flash a causa del piccolo salto di temperatura disponibile (per ogni kg di acqua marina superficiale si ottengono circa 0,005 kg di vapore). Il vapore a bassa pressione generato viene inviato alla turbina. Successivamente è condensato per contatto diretto con l’acqua fredda tramite spray e scaricato nell’oceano (questa tecnica è la più economica in quanto, non essen-doci superfici di scambio coinvolte ma contatto diretto, lo scambio termico è migliore). In alternativa la condensazione del vapore può essere effettuata con uno scambiatore shell & tube, più costoso, ma in grado di generare acqua dolce come sottoprodotto. Il condensatore per funzionare deve essere tenuto a bassa pressione ed è quindi necessario un compressore che elimini i gas incondensabili. Gli incondensabili, oltretutto, abbassano i coefficienti di scambio termico. La potenza necessaria alla deareazione è circa il 6% della potenza totale.

Figura 2.25: Schema di un ciclo OTEC aperto

È evidente come lo svantaggio principale dei cicli aperti sia il basso salto di pressione disponi-bile nel flash, ed il conseguente piccolo titolo risultante. Sono necessarie alte portate di acqua per produrre potenza accettabili. Inoltre, a causa della bassa pressione a fine espansione e al fatto che il fluido di lavoro è acqua, i volumi specifici sono molto alti, e ciò comporta palettature della turbina molto lunghe, anche decine di metri.

I vantaggi sono l’utilizzo dell’acqua marina diretta, senza il passaggio ad un fluido di lavoro intermedio e quindi senza perdita di ∆T. Non utilizzando un evaporatore a superficie si riducono i costi d’impianto e si limita lo sporcamento delle superfici [15, 26].

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