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Traiettorie ottime con incontri iperbolici multipli

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Academic year: 2021

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(1)

Indice

1 Cenni sull’esplorazione spaziale 2

1.1 Le prime missioni interplanetarie . . . 2

1.2 Il ritorno verso Giove e Saturno e il ruolo dell’Europa . . . 3

2 Il problema di Lambert 4 2.1 Introduzione . . . 4

2.2 La formulazione del problema . . . 5

2.3 L’implementazione del codice . . . 9

2.4 I tempi minimi . . . 12

2.5 Il caso particolare . . . 16

3 Le effemeridi 23 3.1 Introduzione . . . 23

3.2 Il calcolo delle effemeridi . . . 23

3.3 La matrice di trasformazione . . . 25

3.4 I parametri orbitali . . . 27

3.5 Il piano orbitale intermedio . . . 29

3.6 La data giuliana . . . 30

3.7 I controlli . . . 32

4 Il Flyby 37 4.1 Descrizione . . . 37

4.2 Lo studio della fattibilit`a del flyby . . . 39

(2)

4.3 Descrizione dello script per il flyby . . . 44

5 La Simulazione della missione 48 5.1 Le unit`a di misura . . . 48

5.2 Creare la funzione per il doppioflyby . . . 50

5.3 La funzione generalizzata . . . 52

5.4 La funzione per rivoluzioni multiple . . . 54

6 L’ottimizzazione 56 6.1 Cos’`e l’ottimizzazione . . . 56

6.2 Ottimizzazione vincolata . . . 57

6.3 Funzioni di penalizzazione . . . 58

6.4 Gli algoritmi di ottimizzazione . . . 61

7 L’algoritmo PSO 63 7.1 Descrizione . . . 63

7.2 Il funzionamento . . . 64

7.3 Parametri della PSO . . . 67

7.4 L’algoritmo realizzato . . . 71

8 Prove e Risultati 73 8.1 Le missioni studiate . . . 73

8.2 I risultati delle simulazioni . . . 76

8.3 I tempi di calcolo . . . 83

9 Conclusioni e sviluppi futuri 85 A I disegni dell’orbita 87 A.1 Il procedimento . . . 87

(3)

Sommario

In questo documento si analizza la creazione di un metodo numerico per lo studio di trasferimenti interplanetari da parte di una sonda, implementando la possibilit`a di eseguire uno o pi`u flyby planetari prima di raggiungere la destinazione. L’algoritmo creato deve quindi essere in grado di :

• Calcolare le posizioni di tutti i pianeti interessati dal trasferimento

• Calcolare la traiettoria di trasferimento da un pianeta all’altro, risolvendo il problema di Lambert.

• Calcolare la fattibilit`a di una manovra di flyby attorno al pianeta selezionato e calcolare l’impulso necessario durante questa manovra, per far si che si raccordi bene con le orbite interplanetarie

Infine, sfruttando un algoritmi di ottimizzazione di tipo PSO, si cerca, per una data missione spaziale, la traiettoria che permette di compiere la missione che minimizza il consumo di carburante.

(4)

Ringraziamenti

Il primo ringraziamento va al Prof. Mengali che mi ha permesso di lavorare su ci`o che mi piace di pi`u. Assieme a lui va ovviamente ringraziato anche Alessandro Quarta per la costante disponibilit`a e l’avermi seguito in tutto. Un ringraziamento immenso va poi alla mia famiglia, per avermi sempre sostenuto in questa (fin troppo) lunga carriera. Un grazie particolare alla mia P per avermi spronato in continuazione. Grazie ai compagni di avventura in particolare i creatori della mitica “corazzata EME” Infine, immancabile, grazie anche a MacGiver.

(5)

Capitolo

1

Cenni sull’esplorazione spaziale

1.1

Le prime missioni interplanetarie

A tenere vivo l’interesse per l’esplorazione dello spazio profondo, nel 1977 viene lanciato il Voyager 2, una sonda statunitense destinata a compiere il tour dei pianeti esterni: Giove Saturno Urano e Nettuno. Contemporaneamente parte anche Voyager 1, che per`o, una volta raggiunto Saturno, deve effettuare un passaggio molto ravvicinato al grande satellite Titano e non pu`o continuare su una traiettoria analoga a quella della sua gemella. Gi`a nel 1979, al primo incontro ravvicinato con Giove i Voyager entrano nella storia, raccogliendo immagini strepitose. La superficie di Io, una delle quattro grandi lune di Giove appare del tutto inusuale di colore giallo olivastro e con strutture superficiali mai osservate prima, Io `e un corpo celeste geologicamente attivo come la Terra, Anche Europa, Ganimede e Callisto mostrano caratteristiche inaspettate, e gli incessanti movimenti dell’atmosfera Gioviana vengono documentati con una ricchezza di dettagli senza precedenti. La scoperta di un tenue anello che circonda il pianeta chiude in bellezza la prima fase della missione. Nel novembre 1980 e nell’agosto 1981 `e la volta di Saturno, dei suoi spettacolari anelli e del suo popoloso sistema di satelliti. Anche in questo caso una ricca serie di scoperte segue passaggio delle sonde Voyager: gli anelli svelano tutta la loro complessit`a e si scoprono una moltitudine di corpi irregolari. Mentre Voyager 1 prosegue la sua corsa verso lo spazio interstellare, Voyager 2 si dirige alla volta di Urano e Nettuno che raggiunge nel 1986 e nel 1989. Il contributo delle missioni Voyager va al di l`a dell’elenco di scoperte astronomiche. Le scienze astronautiche hanno potuto fare un salto di qualit`a in tutti gli aspetti tecnici che caratterizzano una missione interplanetaria, dalla traiettoria alla strumentazione di bordo, dal controllo da terra alle comunicazioni con la base. Prima fra tutte la maestria con cui si `e sfruttata la tecnica dell’assistenza gravitazionale da parte

(6)

1 – Cenni sull’esplorazione spaziale

dei pianeti, senza la quale la missione sarebbe stata irrealizzabile in un arco di tempo cos`ı breve, e l’abilit`a con cui si `e riusciti ad attraversare sistemi di satelliti senza mancare alcun obiettivo.

1.2

Il ritorno verso Giove e Saturno e il ruolo dell’Europa

Il successo del progetto Voyager spinse la NASA a pensare un seguito, Nascono cos`ı le missioni di Galileo e Cassini che devono segnare il ritorno rispettivamente su Giove e Saturno. Ma diversa-mente dalle sonde precedenti queste sono destinate a entrare in orbita cos`ı da rimanere per anni circondate dai sistemi di anelli e satelliti dei rispettivi pianeti. La sonda Galileo parte nel 1990 ma `e bersagliata dalla sfortuna: la grande antenna ombrello non si apre e bisogna affidarsi a una piccola antenna di servizio; inoltre la sonda atmosferica che doveva tuffarsi nell’atmosfera di Giove si infila in un’apertura nelle nubi, cosa che rende i risultati scientifici di difficile interpretazione. Nonostante ci`o Galileo riesce a raggiungere quasi tutti i suoi obiettivi, soprattutto grazie all’impie-go di tecniche d’avanguardia nella compressione dei dati, che permettono di inviare terra (anche se pi`u lentamente del previsto) le immagine del sistema gioviano. La missione Cassini `e frutto di una fortuna collaborazione internazionale tra NASA, ESA e ASI, con la collaborazione di partner in-dustriali di 19 paesi. In particolare la NASA ha realizzato la navicella principale, chiamata Cassini in onore di Giandomenico Cassini, uno scienziato italiano che scopr`ı quattro satelliti di Saturno e la divisione negli anelli di Saturno a lui intitolata. L’ESA , invece, ha progettato e realizzato la sonda atmosferica destinata a scendere nel cielo di titano fino a posarsi sulla sua superficie: `e stata chiamata Huygens in onore di Christiaan Huygens, l’astronomo olandese che, oltre a ipotizzare per primo l’esistenza degli anelli di Saturno, nel 1655 scopr`ı questa gigantesca luna. La missione Cassini parte nel 1997 e, dopo lungo viaggio costellato di incontri con la Terra, con Venere e con Giove, giunge su Saturno nel 2004. Da allora continua a stupire per la nitidezza delle immagini che invia incessantemente a Terra e che competono con la fervida immaginazione del pi`u incallito scrittore di fantascienza. La sonda Huygens ha portato a termine la sua breve ma cruciale missione in modo eccezionale: si `e paracadutata nell’atmosfera di titano, giungendo senza danni al suolo, e ha fotografato un mondo in cui il metano gioca lo stesso ruolo dell’acqua sulla terra, formando laghi e ghiacciai. Ci si aspettava che inviasse informazioni per un massimo di 15 minuti invece si `e continuato a ricevere segnali per quasi tre ore: terminata l’energia fornita dalla batteria di bordo ha cessato di funzionare il 14 gennaio 2005.Oggi pu`o essere considerata una pietra miliare della tecnologia spaziale europea che ne segna il punto pi`u lontano mai raggiunto.

(7)

Capitolo

2

Il problema di Lambert

2.1

Introduzione

Il metodo di Lambert si propone di studiare il trasferimento di un satellite da un punto prestabilito r1 ad un punto r2 in un tempo t = t2− t1 in cui t2 e t1 indicano i tempi relativi alle rispettive

posizioni. Tutti i possibili archi che connettono due punti A e B con il tempo di volo (T OF nel seguito) richiesto e che soddisfano il moto kepleriano sono delle soluzioni possibili del problema di Lambert. Formulato dal fisico inglese Lambert nel 1761, fu successivamente esteso da Gauss; con l’arrivo dell’era spaziale il problema di Lambert a rivoluzioni multiple `e stato studiato ed applicato ad una grande variet`a di applicazioni per missioni spaziali.

Esistono molti documenti in letteratura che discutono dei vari approcci sviluppati negli anni per risolvere il problema di Lambert. Queste tecniche possono essere divise in 2 tipologie generali

• Metodi basati sulla geometria diretta • Metodi basati sulle variabili universali

I due metodi sono caratterizzati dalla scelta della variabile da iterare; quelli basati sulla geometria diretta utilizzano gli elementi orbitali convenzionali . Ocha e Prussing durante i primi anni 90 estesero un altro approccio basato sulla geometria diretta alla formulazione multi-rivoluzione; il loro approccio `e robusto e utilizzato spesso, sebbene soffra di 3 inconvenienti che sono simili a alla maggior parte dei metodi di questo tipo

• il metodo `e valido solo per orbite ellittiche

• la variabile `e il semiasse maggiore, e il fatto che non sia limitato pu`o portare a problemi numerici

(8)

2 – Il problema di Lambert

• nel caso multi-rivoluzione il fondo dei rami della soluzione non ha un valore unico di tempo di volo, e causa quindi una complessit`a notazionale.

Altre strategie sono state sviluppate in seguito che utilizzano i metodi pi`u svariati.

La necessit`a di una tecnica di soluzione universale e numericamente robusta ha portato alla formulazione del problema nella variabile universale. Questo approccio `a un’efficiente alternativa che combatte molti, se non tutti i punti deboli degli altri metodi. La formulazione del problema di Lambert in variabili universali `e sicuramente pi`u adatta ad un implementazione al calcolatore, infatti tale formulazione `e numericamente pi`u robusta ed ha inoltre il non trascurabile vantaggio di non dover distinguere tra orbite ellittiche, paraboliche e iperboliche, come invece avviene per l’impostazione pi`u classica. La trasformazione ad un’unica variabile ausiliaria fu per la prima volta introdotta da Sundman. Poi fu applicata ad una formulazione del tempo di volo “unificato” da Battin e poco dopo Lancaster e i suoi colleghi pubblicarono la prima soluzione universale al problema multi-rivoluzione. Un altro approccio proposto inizialmente da Bate, Mueller e White (2) utilizza una semplice trasformazione nella variabile universale standard e risulta in una sola funzione valida per tutte le rivoluzioni. La variabile di ricerca `e correlata all’angolo di trasferimento ed `e quindi facilmente limitata.

2.2

La formulazione del problema

Seguendo la formulazione di Bate (2) cos`ı come riportata da (1) avremo che la funzione che esprime il tempo di volo per la sonda che descrive l’orbita con partenza da ~r1 e arrivo in ~r2 attraverso la

direzione indicata dall’angolo θ `e

T OF =py/µ(k2 Y + A) (2.1)

i parametri di questa funzione sono a loro volta funzioni del parametro z:

Y (z) = k ~r1k + k ~r2k − k1A (2.2) k1(z) =1 − zS√ C (2.3) k2(z) = S C√C (2.4) A = pk ~r1kk ~r2ksin(θ) p1 − cos(θ) (2.5)

(9)

2 – Il problema di Lambert

La variabile z utilizzata in questa formulazione `e legata alla variabile universale χ dalla relazione

z = χ

2

a

inoltre il valore di z ci illustra quale sia il tipo di orbita che la sonda dovr`a seguire              z < 0 Iperbolica z = 0 Parabolica 0 < z < 4π2 ellittica a 0 rivoluzioni 4n2π2< z < 4(n + 1)2π2 ellittica a n rivoluzioni

i termini C ed S sono le funzioni di Stumpff, ovvero delle funzioni trigonometriche che sostituiscono le serie infinite in z e sono cos`ı semplificate

C(z) =        1−cosh(√−z) z se z < 0 1/2 se z ≈ 0 1−cos(√z) z se z > 0 (2.6) −20 0 20 40 60 80 100 120 140 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 S(z) C(z) z Funzioni C e S

Figura 2.1. Andamento delle funzioni di Stumpff

S(z) =            sinh(√(−z))−√z √ (−z)3 se z < 0 1/6 se z ≈ 0 √ z−sin( √z) (z)3 se z > 0 (2.7)

(10)

2 – Il problema di Lambert

Poich`e si vuole utilizzare un risolutore basato sul metodo di Newton- Raphson occorre calcolare anche la derivata del tempo di volo (per comodit`a non sono rappresentate le dipendenze di C e di S da z) d(T OF ) dz = χ3 √ µ  S0−3SC 0 2C  + A 8√µ 3S√Y C + A χ ! (2.8)

Il tempo di volo in funzione del parametro z `e rappresentato nella figura 2.2

0 50 100 150 200 250 300 106 108 1010 1012 1014 1016 1018 z tempo di volo

Figura 2.2. Tempo di volo in funzione di z

Una volta trovato il valore di z che soddisfa l’equazione del tempo di volo, per calcolare i valori delle velocit`a si fa uso dei coefficienti di Lagrange, infatti per un problema generale si ha che

~

r2= f ~r1+ g ~v1

~

(11)

2 – Il problema di Lambert

i coefficienti di Lagrange sono espressi dalle equazioni

f = 1 −r2 p(1 − cos ∆ν) = 1 − χ2 r1 C (2.9) g = r1r2√sin ∆ν µp = t − χ3 √ µS (2.10) ˙ f =r µ p (1 − cos ∆ν) sin∆ν  1 − cos ∆ν p − 1 r1 − 1 r2  = − √ µ r1r2 χ(1 − zS) (2.11) ˙g = 1 −r1 p(1 − cos ∆ν) = 1 − χ2 r2 C (2.12)

ed utilizzando le espressioni di A ed Y delle equazioni 2.5 e 2.2

f = 1 − Y r1 (2.13) g = A s Y µ (2.14) ˙g = 1 −Y r2 (2.15)

l’espressione di ˙f viene trascurata in quanto si pu`o pi`u facilmente utilizzare l’identit`a f ˙g − ˙f g = 1. otteniamo cos`ı che le espressioni delle velocit`a sono:

~ v1= ~ r2− f ~r1 g (2.16) ~ v2= ˙g ~r2− ~r1 g (2.17)

Nella risoluzione del problema di Lambert attraverso le variabili universali c’`e un’ insidia alla quale occorre stare attenti. Per la traiettorie che scelgono la cosiddetta “via breve”, dove ∆ν `e minore di π la curva z − T OF raggiunge l’asse T OF = 0 per un valore negativo di z come mostrato in figura 2.3

In altre parole , c’`e un limite inferiore per i valori possibili di z quando ∆ν < π . La ragione di questo limite si pu`o vedere osservando l’ equazione 2.2; poich´e Y `e cos`ı definito:

Y = r1r2(1 − cos ∆ν)

p (2.18)

appare evidente come Y non pu`o essere negativo, ma dall’equazione 2.2 risulter`a un valore negativo di Y se ∆ν < π e z `e un numero negativo molto grande. Infatti A `e positivo per ∆ν < π e negativo se π < ∆ν < 2π. Poich´e entrambe le funzioni di Stumpff C ed S diventano numeri positivi grandi

(12)

2 – Il problema di Lambert −20 −15 −10 −5 0 5 10 −10 −5 0 5 10 15 20 25 30 35 z t(TU) parte reale parte immaginaria

Figura 2.3. Valori del tempo di volo per z negativi

quando z `e grande e negativo (vedi figura 2.1),l’espressione A(1 − zS)

√ C

pu`o diventare un numero positivo molto grande se A `e positivo e se A(1 − zS)

C > r1+ r2

il valore di Y sar`a negativo e χ risulter`a immaginario. Questo comporta il calcolo di valori immaginari per il tempo di volo e per le velocit`a che risultano dall’algoritmo di Lambert.

2.3

L’implementazione del codice

Le formule descritte nel paragrafo precedente sono state implementate in una function MatLab in cui i dati di ingresso sono le posizioni ~r1 e ~r2, il numero di orbite da compiere n, il tempo di volo

(13)

2 – Il problema di Lambert

che permetteva di selezionare il verso di percorrenza dell’orbita • se short = 0 `e selezionato l’angolo ∆ν < π

• se short = 1 `e selezionato l’angolo ∆ν0 = 2π − ∆ν

viene utilizzato anche il parametro period che, nel caso di orbite multi-rivoluzione ci permette di selezionare su quale ramo del grafico (z, T OF ) debba essere cercata la soluzione

0 50 100 150 200 250 300 106 108 1010 1012 1014 1016 1018 z tempo di volo angolo concavo angolo convesso

Figura 2.4. Tempo di volo per i due diversi angoli selezionati

Sono state quindi create le function flighttimezero e detof per calcolare rispettivamente il valore del tempo di volo (o meglio, la sua differenza con il tempo di volo di input, in modo da avere zero quando i due valori corrispondono) e la sua derivata nella z cercata; seguendo un metodo di Newton- Rahpson si calcola quindi il valore della nuova z tramite la formula

z = z0 − dT OF (z)

dz(T OF (z))

(2.19)

Se si vuole ottenere un trasferimento che compia un numero n di rivoluzioni prima di raggiungere l’obbiettivo viene inserito un controllo sul tempo minimo, infatti come si pu`o notare dalla figura 2.2 e dalla figura 2.3 ogni numero di rivoluzioni ha un suo tempo minimo, al di sotto del quale non ci sono soluzioni alla funzione. La funzione tempominimo, che verr`a illustrata nel paragrafo

(14)

2 – Il problema di Lambert

2.4, calcola questo tempo minimo, che verr`a usato come controllo sul tempo di volo: se il tempo minimo risulta maggiore del tempo di volo impostato la function lo segnala tramite un warning e il numero di rivoluzioni viene impostato automaticamente ad una rivoluzione in meno. Questo procedimento viene ripetuto fino al raggiungimento di un tempo minimo sufficiente

Quando si cerca un trasferimento a pi`u rivoluzioni i valori iniziali di z vengono selezionati in base al valore della variabile period cos`ı come suggerito da (1)

• se period =1 (short period) z0= 0.3zmin+ 0.74(n + 1)2(2π)2;

• se period =2 (long period) z0= 0.3zmin+ 0.74n2(2π)2;

grazie a questa scelta il valore di z verr`a ricercato nel ramo desiderato.

Figura 2.5. scelta dei valori iniziali per la variabile z

Durante le prime simulazioni si `e subito notato che il metodo di Newton-Raphson bench´e sia molto pi`u veloce nella convergenza, a volte non raggiunge la soluzione esatta, questo `e partico-larmente vero per valori vicini a zmin; infatti per quei valori la derivata calcolata risulta molto

piccola, quindi porta ad un calcolo della z nel passo successivo che `e in realt`a molto lontano dal valore reale, finendo anche in valori corrispondenti a un numero di rivoluzioni diverso da quello impostato. Anche con le prove eseguite con la built-in function di MatLab fsolve si `e riscontrato lo stesso problema ed `e stato quindi accantonato.

Per garantire che l’algoritmo dia soluzioni nell’intervallo di z di interesse si `e impostato un controllo sulla soluzione fornita dall’algoritmo di Newton-Raphson:

(15)

2 – Il problema di Lambert

• Se la soluzione trovata appartiene all’intervallo [4n2π2 4(n + 1)2π2] per il numero di

rivo-luzioni n cercato, si mantiene la soluzione ottenuta

• Se la soluzione non appartiene all’intervallo, si ricerca la soluzione tramite un algoritmo di bisezione, che sicuramente converge nell’intervallo voluto, anche se con tempi di calcolo maggiori

L’algoritmo per la bisezione `e stato creato in uno script separato in modo sia da alleggerire lo script per la risoluzione del problema di Lambert, sia da poter essere eventualmente utilizzato anche in altri ambiti, come la ricerca dei tempi minimi illustrata nel paragrafo seguente.

2.4

I tempi minimi

Gi`a nel paragrafo precedente si `e fatto cenno dell’importanza che ha trovare quale sia il minimo tempo necessario per effettuare un trasferimento da un pianeta ad un altro nel caso si vogliano sfruttare pi`u rivoluzioni della stessa orbita, questo comporter`a ovviamente tempi di volo maggiori, ma viaggiando su orbite in cui l’energia `e pi`u bassa, si pu`o ottenere uno stesso trasferimento utilizzando un ∆ν minore e quindi un risparmio di carburante La ricerca dei tempi minimi pu`o quindi fornire immediatamente la fattibilit`a di un certo tipo di trasferimento nonch´e indicazioni sulla scelta della soluzione pi`u conveniente

La function tempominimo `e dedicata a questa ricerca. Essa richiede come parametri di input: • La posizione di partenza, ovvero il vettore ~ri

• La posizione del punto di arrivo, il vettore ~rf

• Il numero di rivoluzioni di cui si vuole conoscere il tempo minimo (eventualmente sotto forma di vettore )

• L’indicazione se la traiettoria deve essere eseguita in senso antiorario o orario, ovvero se l’angolo compreso tra i due vettori posizione da considerare `e < π o > π

• La scelta (opzionale) del metodo numerico che si vuole utilizzare

In un secondo script scritto in seguito si sono imposti come input le norme delle due posizioni al posto dei vettori e il parametro A definito nell’equazione 2.5, al posto dell’indicazione del verso della traiettoria, per evitare che i calcoli relativi all’angolo e allo stesso fattore A siano ripetuti due volte all’interno di function diverse. Il codice trova il valore del tempo minimo grazie ad un metodo di newton o ad un metodo di bisezione a seconda della scelta dell’utente: se non si `e fatta

(16)

2 – Il problema di Lambert

nessuna scelta, il metodo utilizzato `e quello di bisezione. Nel caso di rivoluzioni multiple, una volta impostato il numero di rivoluzioni desiderate, l’intervallo di z in cui ricercare la soluzione risulta ben definito, infatti per un numero n di rivoluzioni

4n2π2< z < 4(n + 1)2π2

La ricerca del minimo viene effettuata nel pi`u classico dei modi trovando per quali valori di z d(T OF )

dz = T OF

0(z) = 0

quando questo processo viene fatto tramite l’algoritmo di Newton - Rahpson si utilizza l’espansione in serie di Taylor della derivata

T OF0(z) = T OF0(z0) + T OF00· (z − z0) (2.20)

La formulazione della derivata seconda `e tratta da (1) d(T OF )2 dz2 = − s1 + s2 + s3 + s4 16√µ(C2sqrtY χ2 q = 0.25A√C − χ2C0 s1 = −24qχ3C √ Y S0 s2 = 36qχ3√Y SC0− 16χ5√Y S00C2 s3 = 24χ5√Y (S0C0C + SC00C − SC02) − 6AS0Y Cχ2 s4 = −0.75A2SC3/2χ2+ 6A2C(0.25A √ C − χ2C)Y χ

notiamo che nella formula sono presenti derivate prime e derivate seconde delle due funzioni C(z) ed S(z) (che per comodit`a sono state indicate con apice e doppio apice) la loro espressione `e data

(17)

2 – Il problema di Lambert da S0 = 1 2z(C − 3S) C0 = 1 2z(1 − zS − 2C) S00 = 0.5(−1 z2(C − 3S) + 1 z(C 0− 3S0)) C00 = 0.5(−1 z2(1 − zS − 2C) + 1 z(−C − zS 0− 2C0))

questa formula `e stata trascritta nella function desectof la quale utilizza gli stessi parametri di ingresso delle funzioni utilizzate per calcolare il tempo di volo e la sua derivata, quindi una volta impostate le dimensioni:

• |~ri|

• | ~rf|

• A definito in 2.5 • la variabile z

possono essere calcolati nello stesso momento sia il tempo di volo che le sue derivate

Una volta implementata nel codice viene eseguito un controllo numerico confrontando il valore calcolato dall’espressione 2.4 con il differenziale numerico della derivata prima calcolato tramite la funzione function diff implementata in MatLab. Come si pu`o vedere in figura 2.6 vi `e un buon accordo tra i due valori

La ricerca tramite metodo di Newton soffre della necessit`a di dover calcolare la derivata seconda della funzione T OF , il che comporta dei problemi numerici nel calcolo, inoltre il calcolo stesso della derivata comporta calcoli abbastanza complicati aggiuntivi; il risparmio nel numero di iterazioni non controbilancia la rapidit`a dai calcoli pi`u semplici del metodo di bisezione: il numero di cicli tipico effettuato `e di ' 35 iterazioni, che porta a risolvere il problema in tempi minori rispetto all’utilizzo di un metodo di newton (che converge solitamente in circa 6 iterazioni)

Il corretto funzionamento dello script `e stato testato introducendo per dei parametri arbitrari di ~r1~r2 ed A un vettore che spazzi i valori di z relativi ai casi multi-rivoluzione, ovvero da 4π2 a

4(n + 1)2π2, il numero di rivoluzioni `e stato impostato ad 8 (i risultati risultavano poco leggibili

per valori superiori). Sono quindi stati calcolati e riportati su grafico i tempi di volo relativi, e per ogni intervallo `e stata applicata la function tempominimo e ricavato cos`ı il tempo minimo per ciascun numero di rivoluzioni e il parametro z corrispondente, i quali sono poi stati riportati nel

(18)

2 – Il problema di Lambert 40 60 80 100 120 140 160 −1 −0.5 0 0.5 1x 10 8 z dTOF

Derivata del tempo di volo

valore calcolato differenziale numerico 40 60 80 100 120 140 160 −1 −0.5 0 0.5 1x 10 8 z d2TOF

Derivata seconda del tempo di volo

valore calcolato differenziale numerico

Figura 2.6. andamento delle derivate del tempo di volo

grafico dei tempi. In due prove diverse si sono ottenuti i risultati rappresentati in scala lineare e in scala logaritmica in 2.7 e in 2.8 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 x 108

(19)

2 – Il problema di Lambert 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 106 108 1010 1012 1014 1016 1018

Figura 2.8. Grafico z-TOF scala logaritmica

2.5

Il caso particolare

Gi`a dalle prime prove dell’algoritmo di Lambert ci si imbatte in un problema che calcola valori numerici totalmente sbagliati. Quando infatti i due vettori ~r1 ed ~r2formano tra di loro un angolo

molto vicino a 0 o a π,ovvero quando i due vettori sono praticamente paralleli, alcuni valori risultano fisicamente non accettabili; questa condizione, che `e intrinseca a tutti i problemi di determinazione orbitale e non ad un solo particolare metodo di Lambert, `e causata dal fatto che il piano dell’orbita di trasferimento non `e definito univocamente. Relativamente all’algoritmo si notano grossi problemi: le velocit`a calcolate risultano essere almeno dell’ordine di v ' 108km/s,

valori ovviamente non fisicamente possibili Da una prima analisi dei valori calcolati si trova che il primo problema appare nel calcolo del parametro A dell’equazione2.5, infatti questo valore assume il valore 0 per θ = π (il che in realt`a non crea grossi problemi), ma il suo calcolo quando θ = 0 fornisce per A NaN, ovvero il risultato fornito da MatLab quando gli si fa compiere una operazione non definita come 0/0. Quando una variabile NaNviene coinvolta in altri calcoli tutti i risultati saranno degli ulteriori NaN, rendendo inutile ogni risultato. Il problema relativo ad A si risolve utilizzando l’equazione alternativa fornita da (2), che pur essendo equivalente alla precedente, non

(20)

2 – Il problema di Lambert

crea valori indefiniti

A =pr1r2(1 + cos(θ)) 0 1 2 3 4 5 6 7 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 angolo A A A alternativo

Figura 2.9. Grafico della funzione A calcolata con le due formule

con questa nuova formulazione si perde per`o l’informazione sul segno, in quanto A risulta sempre positivo (si noti come il valore assoluto sia lo stesso). Poich´e il segno dipende solamente dall’operatore sin(θ) per ovviare a questo problema si `e aggiunto un semplice controllo sul valore dell’angolo che assegna al parametro A il suo segno

• se 0 < θ < π A = A • se π < θ < 2π A = −A

con questo semplice accorgimento notiamo che anche per un angolo pari a 2π o, equivalente-mente a 0, il valore di A pu`o solo risultare compreso tra lo 0 e il valore fornito dal prodotto dei moduli dei raggi posizione.

Il problema principale per i trasferimenti a 180°si riscontra nell’utilizzo dei coefficienti di La-grange. Il loro uso assume che il piano dell’orbita sia definito sulla base dei vettori complanari ~r1

e ~v1 , ad esempio ~r2 `e espresso da

~

(21)

2 – Il problema di Lambert

Per un trasferimento a 180o f sar`a un numero negativo e g dovr`a essere zero. Questo si nota

maggiormente esprimendo il coefficiente g in termini di variazione di anomalia vera ∆ν

g = r1r2√sin ∆ν µp

dove p `e il semilato retto. Quando l’algoritmo calcola le velocit`a utilizzando la formula 2.16 ne risulta una singolarit`a dovuta ad una divisione per 0. Per aggirare questa singolarit`a, le componenti radiali e trasversali della velocit`a possono essere calcolate utilizzando l’odografa delle velocit`a (4) L’odografa delle velocit`a `e il luogo dei vettori velocit`a disegnati nel piano centrato sulla sonda a coordinate radiali e trasversali. Per un orbita generica `e un cerchio con ordinata del punto centrale C e raggio R che sono funzioni del semilato retto p e dell’eccentricit`a e

C = pµ/p (2.21)

R = eC (2.22)

Figura 2.10. Odografa modificata di un orbita ellittica

Moltiplicando l’ascissa x (ovvero la velocit`a radiale) e l’ordinata y (ovvero la velocit`a trasver-sale) di ciascun punto dell’odografa per C, risulta un’odografa modificata molto utile per propositi riguardanti l’orbita di trasferimento. In figura 2.5 `e mostrata un’odografa per un’orbita ellittica.

(22)

2 – Il problema di Lambert

Per orbite paraboliche il cerchio `e tangente all’origine nel suo punto pi`u basso, per orbite iperboli-che l’origine si trova all’interno del cerchio. Le propriet`a geometriche e le equazioni associate sono le stesse per tutti i tipi di orbita.

Le coordinate x e y di ciascun punto della odografa modificata sono:

x = Cvr= CR sin ν (2.23)

y = Cvt= C2+ CR cos ν (2.24)

dove vre vtsono le componenti radiale e trasversale della velocit`a. Le coordinate x ed y sono inoltre

correlate indipendentemente dall’anomalia vera dall’equazione del cerchio modificato dell’odografa

x2+ (y − C2)2= (CR)2 (2.25)

e infine la coordinata y `e legata alla distanza r da

y = µ

r (2.26)

che `e anche il potenziale gravitazionale di quel punto.

Per il funzionamento di questo metodo occorre che la dimensione e la forma dell’orbita di trasferimento (espressi tramite p ed e) siano calcolati in precedenza risolvendo il problema di Lambert, da cui si calcolano i parametri C ed R. Le coordinate y delle velocit`a iniziale e finale sull’odografa dell’orbita di trasferimento (y1 e y2) sono calcolate usando r1 ed r2 nell’equazione

2.26. Le coordinate x sono calcolate tramite l’equazione 2.25

x1= ±

p

(CR)2− (y

1− C2)2 (2.27)

Le componenti radiale e trasversale della velocit`a iniziale di trasferimento derivano dall’equazione 2.23 ± vr1= ±x1 C vt1 = y1 C (2.28)

L’ambiguit`a nel segno rispecchia i due punti di velocit`a iniziali possibili nell’odografa. Il punto corretto `e determinato ruotando i due vettori che puntano dal centro dell’odografa a P1Ae P1B in

senso orario di un angolo pari all’angolo di trasferimento ∆ν, come mostrato in figura 2.5 Mentre la coordinata x2`e irrilevante per il problema, il valore della y2 si pu`o trovare da

(23)

2 – Il problema di Lambert

Figura 2.11. Le possibili velocit`a sull’odografa

Il metodo di rotazione del vettore `e univoco per tutti gli angoli di trasferimento eccetto 180o(e

i suoi multipli). In questo caso, le due soluzioni per y2 dall’equazione 2.29 sono entrambe uguali

all’y2 cercato. Per risolvere l’ambiguit`a, il trasferimento a 180°`e trattato come un caso speciale.

Se l’orbita di trasferimento `e parabolica o iperbolica (e > 1) la radice negativa dell’equazione 2.27 porter`a all’unica soluzione possibile per un trasferimento di 180°. Se l’orbita di trasferimento `e ellittica (e < 1), il tempo di trasferimento specificato viene confrontato con la met`a del periodo di rivoluzione di tale orbita Ptx. Per un’orbita ellittica di 180°, ci sono solo due posizioni sull’orbita

di trasferimento dove ∆t uguaglia Ptx/2: il perielio e l’afelio

• Se il tempo `e maggiore del semiperiodo l’anomalia vera iniziale `e tra il perielio e l’afelio ∆t > Ptx/2 0 < ν1< π

che corrisponde alla radice positiva dell’equazione 2.27

• Se il tempo `e minore del semiperiodo l’anomalia vera iniziale `e tra afelio e perielio ∆t < Ptx/2 π < ν1< 2π

che corrisponde alla radice negativa dell’equazione 2.27

(24)

2 – Il problema di Lambert

Come detto inizialmente il piano dell’orbita di trasferimento non `e definito, infatti si pu`o notare che vengono calcolate solo le componenti nel piano dei vettori velocit`a. Il piano pu`o essere scelto arbitrariamente e poich´e un impulso per il cambio di piano pu`o risultare molto costoso in termini di carburante consumato, si sceglie un piano che sia compreso tra il piano dell’orbita di partenza e il piano dell’orbita di arrivo (entrambe considerate complanari a quelle del corrispettivo pianeta). In particolare viene scelto un piano orbitale che sia esattamente a met`a tra i due piani orbitali. Le procedure per il calcolo di questo piano e quelle conseguenti per il calcolo del vettore velocit`a nelle sue 3 componenti cartesiane in un sistema di riferimento eliocentrico saranno illustrate in 3.5

(25)

2 – Il problema di Lambert

(26)

Capitolo

3

Le effemeridi

3.1

Introduzione

Determinare la giusta posizione dei pianeti nello spazio `e in realt`a il primo compito che il pro-gramma deve eseguire, poich´e da esse dipendono poi gli input per il calcolo della traiettoria, infatti nel calcolo della traiettoria di trasferimento il punto di partenza viene approssimato con il centro del pianeta da cui la sonda viene lanciata e il punto di arrivo viene approssimato con il centro del pianeta bersaglio. La stessa cosa avviene ovviamente anche con i pianeti di flyby.

3.2

Il calcolo delle effemeridi

I dati di partenza per calcolare le effemeridi in un giorno preciso sono quelli relativi alla posizione dei pianeti nella data di riferimento j2000, corrispondente alla mezzanotte di greenwich del 1o

gennaio 2000, sono stati forniti da (3) sotto forma di dati dei 6 parametri orbitali a, e, i, Ω, ˜ω, L,e riportati in tabella 3.2.

Essi sono in primo luogo riportati agli elementi classici a, e, i, Ω, ω, dei quali manca solo l’anomalia vera ν la quale viene calcolata da L. Dopo aver calcolato il tempo totale trascorso dalla data ri-chiesta alla data di riferimento, risolve numericamente il problema di Keplero tramite un algoritmo di Newton-Raphson, sfruttando l’anomalia eccentrica E. La formulazione `e data da

Enew= E +

M + e sin E − E

(27)

3 – Le effemeridi

Parametro a(AU ) e i(deg.) Ω(deg.) ω(deg.)˜ L(deg.)

Mercurio 0.38709893 0.20565069 7.00487 48.33167 77.45645 252.25084 Venere 0.72333199 0.00677323 3.39471 76.68069 131.53298 181.97973 Terra 1.00000011 0.01671022 0.00005 -11.10568 102.94719 100.46435 Marte 1.52366231 0.09241233 1.85061 49.57854 336.04084 355.45332 Giove 5.20336301 0.04839266 1.30530 100.55615 14.75385 34.40438 Saturno 9.53707032 0.05415060 2.48446 113.71504 92.43194 49.94432 Urano 19.19126393 0.04716771 0.76986 74.22988 170.96424 313.23218 Nettuno 30.06896348 0.00858587 1.76917 131.72169 44.97135 304.88003 Plutone 39.48168677 0.24880766 17.14175 110.30347 224.06676 238.92881

Tabella 3.1. Parametri orbitali al 1 gennaio 2000 (j2000)

dall’anomalia eccentrica si ricava poi l’anomalia vera ν

ν = 2 arctan r 1 + e 1 − etan E/2 ! (3.2)

ci troviamo ora ad avere tutti gli elementi per poter determinare la posizione del pianeta (essa viene espressa tramite le 3 coordinate cartesiane) in quanto in possesso di tutti i sei elementi orbitali classici. Questa operazione viene eseguita in 2 fasi: nella prima si calcola la posizione del pianeta in un sistema perifocale ~ r = a(1 − e 2) 1 + e cos ν     cos ν sin ν 0     (3.3)

poi tramite la matrice di trasformazione T, calcolata dalla function matricetrasf (vedi il paragrafo 3.3), vengono calcolate le coordinate del pianeta nel sistema di riferimento centrato nel sole. Un procedimento simile viene utilizzato per il calcolo della velocit`a istantanea del pianeta; infatti conoscendo i 6 elementi orbitali la velocit`a (nel sistema perifocale) pu`o essere ricavata tramite la relazione ~ v =r µ p     − sin ν e + cos ν 0     (3.4)

come per la posizione la velocit`a nel sistema di riferimento eliocentrico viene ricavata

~

(28)

3 – Le effemeridi

3.3

La matrice di trasformazione

La matrice di trasformazione o matrice di rotazione ci permette di trasformare un vettore definito in un sistema di riferimento nel suo equivalente in un altro sistema di riferimento: nel caso in esame ci interessa che i vettori espressi in un sistema di riferimento pericentrico siano trasformati nei vettori eliocentrici, in modo tale da poter utilizzare lo stesso riferimento per le orbite di tutti i pianeti. Per una rotazione semplice attorno ad uno degli assi principali del sistema di riferimento (SdR nel seguito) definendo θ l’angolo di rotazione, le matrici di trasformazione elementari, per rotazioni rispettivamente attorno agli assi x, yez sono:

Tx(θ) =      1 0 0 0 cos θ − sin θ 0 sin θ cos θ      (3.6) Ty(θ) =      cos θ 0 sin θ 0 1 0 − sin θ 0 cos θ      (3.7) Tz(θ) =      cos θ − sin θ 0 sin θ cos θ 0 0 0 1      (3.8)

un generico vettore ~p si trasforma nel corrispondente vettore ~p0 tramite un prodotto matriciale

[~p0] = T[~p]

Queste matrici elementari sono ortogonali e quindi la loro inversa e la loro trasposta coincidono, quindi si pu`o effettuare la trasformazione inversa utilizzando la trasposta della matrice di rotazione

[~p] = TT[~p0]

La trasformazione a cui siamo interessati `e per`o pi`u complessa: il passaggio da un SdR eliocen-trico (o geoceneliocen-trico se il corpo principale e la terra) ad uno perifocale `e il risultato di 3 rotazioni eseguite in sequenza:

(29)

3 – Le effemeridi

la linea dei nodi

• rotazione del nuovo SdR attorno al suo asse x di un angolo i fino a far coincidere l’asse z con l’asse z del SdR finale

• rotazione del nuovo SdR attorno al suo asse z di un angolo pari all’argomento del perigeo ω fino alla sovrapposizione totale col SdR finale

La trasformazione avviene quindi tramite una sequenza di 3 rotazioni. Un generico vettore ~a nel sistema perifocale si pu`o esprimere come:

[~aperi] = Tz(ω)Tx(i)Tz(Ω)[~aelio] = T(i, Ω.ω)[~aelio]

La matrice di trasformazione risulta essere:

T(i, Ω.ω) = 

  

cos Ω cos ω − sin Ω sin ω cos i sin Ω cos ω + cos Ω sin ω cos i sin ω sin i − cos Ω sin ω − sin Ω cos ω cos i − sin Ω sin ω + cos Ω cos ω cos i cos ω sin i

sin Ω sin i − cos Ω sin i cos i

  

(3.9)

La trasformazione compiuta nell’algoritmo `e quella da SdR perifocale ad eliocentrico, ovvero la trasformazione inversa di quella appena descritta, quindi sfruttando l’ortogonalit`a della matrice di trasferimento otteniamo per i vettori posizione e velocit`a

~relio= T−1~rperi= TT~rperi

~velio= TT~vperi

il calcolo di questa matrice si ottiene con il richiamo alla funzione matricetrasf attraverso la sintassi:

[T]=matricetrasf(i,omg,omp)

Quando invece la rotazione avviene attorno ad un asse che non `e un asse principale, ma `e identificato dal versore [x, y, z], la matrice di trasformazione viene espressa come segue

T = 

  

x2+ (1 − x2) cos θ (1 − cos θ)xy − (sin θ)z (1 − cos θ)xz + (sin θ)y

(1 − cos θ)yx + (sin θ)z y2+ (1 − y2) cos θ (1 − cos θ)yz − (sin θ)x

(1 − cos θ)zx − (sin θ)y (1 − cos θ)zy + (sin θ)x z2+ (1 − z2) cos θ

  

(30)

3 – Le effemeridi

Figura 3.1. Schema del funzionamento dello script

3.4

I parametri orbitali

L’algoritmo per la risoluzione del problema di Lambert, cos`ı come quello per il calcolo delle effe-meridi ci danno come output solamente dei vettori (sebbene per calcolare questi vettori vengono utilizzati all’interno degli script gli elementi orbitali classici); in alcuni casi per`o, come negli script creati per avere le rappresentazioni grafiche delle traiettorie, pu`o essere conveniente avere a disposi-zione gli elementi orbitali classici, piuttosto che le componenti vettoriali. Per questo motivo `e stata creata una function per ricavare i sei elementi orbitali classici di una traiettoria avendo come input il vettore della posizione e la velocit`a istantanea corrispondente. Ricordiamo infatti che l’algoritmo di Lambert calcola i valori delle velocit`a tramite i coefficienti di Lagrange, nei quali rimangono implicite le informazioni riguardanti la geometria dell’orbita. Gli elementi orbitali classici di un orbita possono essere ricavati a partire da una posizione ~r qualsiasi e dalla velocit`a ~v posseduta dal corpo in quella posizione tramite le seguenti relazioni

(31)

3 – Le effemeridi

• dall’energia meccanica specifica possiamo ricavare il valore del semiasse maggiore E =v 2 2 − µ r a = − µ 2E = µ 2µ √ ~ r·~r− ~v · ~v (3.11)

• il valore dell’eccentricit`a viene calcolato eseguendo la norma del vettore eccentricit`a, in quanto il calcolo come vettore torna utile per trovare gli altri elementi

~e = 1 µ h ~v · ~v −µ r  ~r − (~r · ~v)~vi (3.12)

• l’inclinazione i ovvero l’angolo compreso tra il versore ˆk e il vettore momento della quantit`a di moto ~h cos i = ˆ k · ~h h i = arccos ˆk · ~h h ! (3.13)

• L’ascensione retta del nodo ascendente considerando che cos Ω = ˆi · ˆh Ω =    arccos(ˆi · ˆh) se ˆn · ˆj > 0 2π − arccos(ˆi · ˆh) se ˆn · ˆj < 0 (3.14)

• L’argomento del perigeo ω pu`o essere espresso in funzione del versore eccentricit`a ˆe e del versore della linea dei nodi ˆn poich´e cos ω = ˆn · ˆe

ω =    arccos(ˆn · ˆe) se ˆe · ˆk > 0 2π − arccos(ˆn · ˆe) se ˆe · ˆk < 0 (3.15)

• L’anomalia vera ν `e l’angolo compreso tra il perigeo dell’orbita (individuato dal vettore ~e e la posizione ~r cos ν = ˆe · ˆr ν =    arccos(ˆe · ˆr) se ~r · ˆv > 0 2π − arccos(ˆe · ˆr) se ~r · ˆv < 0 (3.16)

(32)

3 – Le effemeridi

Queste equazioni sono state implementate nella function parametriorbitali che ha come ingressi i due vettori ~r =     rx ry rz     ~v =     vx vy vz    

e fornisce come output tutti i 6 parametri orbitali a, e, i, ω, Ω, ν

3.5

Il piano orbitale intermedio

Quando abbiamo a che fare con la risoluzione di un problema di Lambert in cui i vettori ~r1 ed ~r2

sono paralleli e risulta quindi indeterminato il piano dell’orbita di trasferimento (vedi 2.5), viene impostato un piano intermedio tra quello di partenza e quello di arrivo.

L’orientamento di questi piani `e descritto tramite i vettori di momento della quantit`a di moto ~h = ~r × ~v

questo vettore `e infatti perpendicolare al piano orbitale e quindi ne identifica la posizione. Vengono quindi calcolati i versori ˆhi e ˆhf relativi all’orbita iniziale e finale, il vettore ~ht, che ci fornisce la

direzione del piano intermedio, viene calcolato come semplice media tra i componenti di ˆhi e ˆhf

~ht=

ˆ hi+ ˆhf

2

l’inclinazione di questa orbita viene calcolata nello stesso modo dell’equazione 3.13

i = arccos(ˆk · ˆht)

poich´e la rotazione dell’angolo i avviene attorno al vettore ~ri la matrice di rotazione viene

calcolata attraverso l’equazione 3.10 nella quale i componenti [xyz] sono le 3 componenti cartesiane del vettore ~ri . Il vettore della velocit`a iniziale dell’orbita di trasferimento si calcola quindi come

[~vit] = T     vr vθ 0     (3.17)

(33)

3 – Le effemeridi −0.05 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 −0.2 −0.1 0 0.1 0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 y x

Momenti della quantità di moto

z h iniziale

h finale h trasferimento

Figura 3.2. Vettori momento della quantit`a di moto per le 3 orbite

3.6

La data giuliana

Il giorno giuliano (Julian Day, JD) `e il numero di giorni passati dal mezzogiorno del luned`ı 1 gennaio 4713 a.C.1

Il sistema dei giorni giuliani `e stato progettato per fornire agli astronomi un singolo sistema di date che potesse essere usato per lavorare con differenti calendari, e per unificare differenti cronologie storiche, giacch´e esso non presenta la difficolt`a di anni bisestili, cambi di calendario, eccetera. La data giuliana `e il giorno giuliano combinato con la frazione di giorno trascorso, a partire dal mezzogiorno del Tempo Universale (precedentemente chiamato GMT, Greenwich Mean Time). La frazione `e trovata dividendo il tempo, espresso in ore, per 24 (ponendo 00:00 uguale a mezzogiorno, e 12:00 mezzanotte).

Gli astronomi utilizzano spesso un anno giuliano di esattamente 365,25 giorni per le effeme-ridi, per facilitare i conti, mentre per il calcolo di alcuni coefficienti usano il secolo giuliano, di esattamente 36525 giorni.

1Si intende il 1 gennaio 4713 a.C. secondo il calendario giuliano, ossia quello valido per le date anteriori al 15

ottobre 1582. La data corrispondente usando retroattivamente il calendario gregoriano sarebbe il 24 novembre 4714 a.C.

(34)

3 – Le effemeridi

Il giorno giuliano `e basato sul periodo giuliano proposto da Giuseppe Scaligero nel 1583, al tempo della riforma del calendario gregoriano;`e un multiplo di tre cicli di calendario: 15 (ciclo dell’indizione) * 19 (ciclo metonico) * 28 (ciclo solare) = 7980 anni La sua epoca (punto iniziale) `e posta l’ultima volta che tutti questi tre cicli si trovavano assieme nel loro primo anno, e Scaligero la scelse perch´e era precedente a tutte le date storiche conosciute. Nel suo libro Outlines of Astronomy, pubblicato nel 1849, l’astronomo John Herschel raccomand`o di utilizzare una versione dello schema di Scaligero per realizzare un sistema standard di date astronomiche, contando il giorno del periodo giuliano. Questo sistema `e diventato il sistema standard dei giorni giuliani. Il sistema ha il vantaggio di poter calcolare facilmente relazioni tra date lontane (per esempio nello studio di antichi scritti), e perch´e il punto iniziale a mezzogiorno fa cadere un’intera notte di osservazioni in un solo giorno giuliano, invece che in due.

Nel corso degli anni per venire incontro alle esigenze pi`u diverse il concetto di giorno giuliano `e stato adattato ricavandone diverse varianti tra le quali troviamo:

• Il giorno giuliano eliocentrico (Heliocentric Julian Day, HJD) `e identico al giorno giuliano, ma riferito al sistema di riferimento del Sole, e perci`o pu`o differire dal giorno giuliano normale fino a 16 minuti, cio`e il tempo necessario alla luce per attraversare l’orbita della Terra. Il giorno giuliano `e a volte chiamato giorno giuliano geocentrico per distinguerlo da quello eliocentrico.

• Un’altra versione del giorno giuliano, introdotta da Peter Meyer, `e il giorno giuliano cro-nologico, in cui il punto iniziale `e posto alla mezzanotte del 1 gennaio 4713 a.C., ma nel fuso orario locale invece che UTC. La differenza tra mezzogiorno e mezzanotte significa che occorre aggiungere 0,5 al giorno giuliano per ottenere quello cronologico. Inoltre, utilizzare il fuso orario locale costringe a tener conto della differenza di ore tra il Tempo Universale e il fuso considerato, nonch´e dell’ora legale estiva, se applicabile. Gli utilizzatori del giorno giuliano cronologico chiamano l’altro giorno giuliano astronomico, per distinguerlo.

Poich´e il punto di partenza `e cos`ı lontano nel tempo, i numeri dei giorni giuliani possono essere molto grandi e difficili da maneggiare. A volte viene usato un punto di partenza pi`u recente, per esempio semplicemente ignorando le cifre pi`u significative, per poter entrare nella memoria limitata dei computer con una precisione sufficiente.

• Il giorno giuliano modificato (MJD), introdotto dallo Smithsonian Astrophysical Observatory nel 1958 per registrare l’orbita dello Sputnik, `e definito in termini di giorni giuliani come segue:

(35)

3 – Le effemeridi

Lo spostamento di 0,5 significa che il MJD inizia e finisce alla mezzanotte del Tempo Universale, anzich´e a mezzogiorno. Il giorno MJD 1 coincide con il 18 novembre 1858. • Il giorno giuliano ridotto (RJD) `e utilizzato anche dagli astronomi e conta i giorni dallo stesso

inizio del MJD, ma a partire dal mezzogiorno UTC, ed `e quindi definito come:

RJ D = J D − 2400000

Il giorno RJD 1 inizia quindi a mezzogiorno del 17 novembre 1858 e finisce a mezzogiorno del 18.

• Il giorno giuliano troncato (TJD) fu introdotto dalla NASA per il programma spaziale. Inizia il 24 maggio 1968. Poich´e questo conteggio ha superato i numeri a quattro cifre il 10 ottobre 1995, alcuni adesso contano il TJD iniziando da quella data, per poter mantenere un numero a quattro cifre. Pu`o essere definito come:

T J D = J D − 2440000,5

oppure come:

T J D = (J D − 0,5)mod1000

• Il giorno giuliano di Dublino `e usato dai programmatori di computer, e conta i giorni a partire dal 1 gennaio 1900 (MJD 15021).

In MatLab `e gi`a presente uno script per il calcolo della data giuliana e uno per il calcolo della data giuliana modificata, i quali a partire dalla data espressa come un vettore i cui elementi sono i numeri relativi ad anno, mese e giorno (eventualmente possono essere forniti anche ora, minuti e secondi), forniscono la data espressa come data giuliana o come data giuliana modificata

la sintassi `e praticamente identica nei due casi

jd = juliandate([y,mo,d,h,mi,s]) mjd = mjuliandate([y,mo,d,h,mi,s])

3.7

I controlli

Fortunatamente i dati riguardanti la posizione dei pianeti sono facilmente reperibili su molti siti internet: infatti grazie al largo utilizzo di effemeridi in campo astronomico si trovano molti siti che sfruttando diversi algoritmi di calcolo forniscono schemi della posizione o le coordinate cartesiane

(36)

3 – Le effemeridi

eliocentriche per un pianeta selezionato. Molto spesso vengono anche fornite queste informazioni sotto forma di coordinate celesti o di rappresentazione sulla sfera celeste, ma queste informazioni non hanno la stessa immediatezza di quelle precedenti.

Un primo controllo pi`u approssimato `e stato fatto per via grafica creando tramite MatLab (col procedimento descritto nel capitolo 3) una rappresentazione della posizione dei pianeti (per comodit`a di visualizzazione si disegnano prima le orbite e le posizioni dei pianeti interni Mercurio, Venere, Terra e Marte, e poi, in un secondo grafico, quelle di tutti i pianeti) Questi disegni si sono poi confrontati con quelli trovati in rete((7)): nelle figure 3.7 e 3.4 si possono vedere come le posizioni calcolate siano assimilabili a quelle fornite da (7)

Un cotrollo pi`u preciso si `e fatto sui valori numerici calcolati. Questi sono stati confrontati con i dati ottenuti dal sito della NASA, calcolati dal JPL nel sito (8). Ovviamente non si ha lo stesso grado di precisione

Per la data del 13 luglio 2012 il JPL ci fornisce le seguenti informazioni (la prima riga esprime la posizione, la seconda le velocit`a in km e km/s rispettivamente) riguardo alla Terra

JD 2456121.500000000 = A.D. 2012-Jul-13 00:00:00.0000 (CT) 5.375041603429449E+07 -1.424380877329283E+08 9.677700200174731E+02 2.737257517756501E+01 1.047102642481787E+01 4.213069276314781E-04 dallo script MatLab otteniamo invece i seguenti risultati per la stessa data

r = 1.0e + 008     0.540795546135870 −1.421326217569240 −0.000001126210549     v =     27.356503314528624 10.481836507585548 0.000013574244328    

impostando invece come pianeta Marte otteniamo nei due casi

JD 2456121.500000000 = A.D. 2012-Jul-13 00:00:00.0000 (CT) -1.701849497697309E+08 -1.617546978271290E+08 7.846490320351180E+05

1.761475460048324E+01 -1.549600268233799E+01 -7.570392895134380E-01

r = 1.0e + 008     −1.692874306696105 −1.618551796259863 0.007731908648440     v =     17.645823217413259 −15.462120968563857 −0.757984462661652    

Un ultimo confronto viene fatto impostando come data il 12 agosto 2012 e come pianeta obiet-tivo Giove

(37)

3 – Le effemeridi −2 −1 0 1 2 x 108 −2 −1 0 1 2 x 108 (a) MatLab

(b) Solar System Live

Figura 3.3. confronto tra le posizioni calcolate e fornite da Solar System Live

JD 2456151.500000000 = A.D. 2012-Aug-12 00:00:00.0000 (CT) 3.626635006658708E+08 6.573220070434126E+08 -1.085745739019935E+07 -1.159804282964232E+01 6.937391301299309E+00 2.307165951561397E-01

r = 1.0e + 008 ∗     3.652779556005932 6.565451098683975 −0.109228923164435     v =     −11.581255310797385 6.969338357025704 0.230328960125570    

(38)

3 – Le effemeridi

Si pu`o vedere come ci siano piccole differenze dovute alla precisione limitata del metodo nu-merico utilizzato, ma in generale l’errore commesso rimane al di sotto del 4% ottenendo risultati accettabili.

(39)

3 – Le effemeridi −4 −2 0 2 4 6 x 109 −4 −2 0 2 4 6 x 109 −2 −1 0 1 x 109 (a) MatLab

(b) Solar System Live

(40)

Capitolo

4

Il Flyby

4.1

Descrizione

Nelle missioni spaziali `e molto comune sfruttare l’attrazione gravitazionale di altri corpi celesti per accelerare o decelerare la sonda in quella che viene chiamata manovra ad assistenza gravitazionale o fionda interplanetaria, o manovra di flyby. `E basata sul semplice fatto che quando il veicolo spaziale interagisce principalmente con un altro corpo celeste, una piccola parte della quantit`a di moto di quest’ultimo pu`o essere trasferita alla sonda. Una manovra di questo tipo fu utilizzata per la prima volta negli anni ’70, quando la sonda Voyager utilizz`o dei flyby multipli ai pianeti Giove, Saturno, Urano e Nettuno, per ricevere una spinta con cui arrivare oltre questi pianeti. Le manovre di flyby sono spesso usate per ridurre il propellente richiesto e la durata della missione. In questa analisi le traiettorie sono esaminate come impulsive, ovvero vengono analizzate come tutti i casi in cui la spinta della sonda ha intensit`a grandi ma durate molto brevi (comparate con la dimensione di tempo della missione), e che vengono modellate come una variazione istantanea della velocit`a. L’ottimizzazione mira a trovare il valore di un numero finito di parametri che descrivono il numero e la grandezza delle variazioni di velocit`a e il momento in cui esse vengono applicate. Per semplificare ancora di pi`u il problema, poich´e nei trasferimenti interplanetari il moto kepleriano non pu`o essere applicato direttamente, vista la presenza di numerosi corpi attrattori, si adotta il metodo delle coniche raccordate, grazie al quale il moto viene suddiviso in pi`u fasi in cui `e descrivibile con le leggi di Keplero. Per fare ci`o si usa il concetto di sfere di influenza; una sfera di influenza `e la regione sferica attorno ad un corpo celeste dove l’attrazione gravitazionale su un oggetto orbitante `e esercita principalmente dal corpo stesso. Si usa solitamente per descrivere le aree del sistema solare dove i pianeti dominano le orbite degli oggetti vicini nonostante l’attrazione del sole, molto

(41)

4 – Il Flyby

pi`u grande del pianeta, ma molto pi`u lontano. L’equazione generale che ne descrive il raggio `e

rSOI= ap

 mp

ms

2/5

(4.1)

dove ap `e il semiasse maggiore dell’orbita del pianeta attorno al sole; mp e ms sono le masse

del pianeta e del sole. Per i pianeti del sistema solare i raggi di influenza sono riportati nella tabella 4.2 Una parte consistente di una missione interplanetaria avviene seguendo una traiettoria in cui il Sole costituisce il corpo principale, questa fase viene solitamente definita di trasferimento o eliocentrica. Pu`o essere studiata nell’ipotesi di moto puramente kepleriano rispetto al Sole anche se questo non `e pi`u valido quando la sonda si trova nella sfera di influenza del pianeta di flyby (o di arrivo della missione).

La missione viene suddivisa in pi`u fasi e per ciascuna di queste fasi si suppone che la sonda sia soggetta esclusivamente all’attrazione gravitazionale di un solo corpo celeste e che quindi percorre un arco di conica. Questi archi devono poi essere raccordati per evitare brusche discontinuit`a, in termini di posizione e velocit`a, nella traiettoria della sonda. Questo metodo prende il nome di metodo delle coniche raccordate ed ha il vantaggio di mantenere una sufficiente accuratezza pur mantenendo una certa semplicit`a.

(42)

4 – Il Flyby

4.2

Lo studio della fattibilit`

a del flyby

Le traiettorie che risolvono il problema di Lambert sono calcolate nel SdR eliocentrico e i parametri di input relativi alle posizioni ~r1e ~r2 sono impostati come coincidenti con le posizioni dei centri di

massa dei rispettivi pianeti. Data la diversit`a degli ordini di grandezza tra questi raggi e i raggi delle sfere di influenza dei pianeti l’errore che si compie con questa semplificazione `e veramente minimo. Poich´e vengono risolti due problemi di Lambert differenti e risolti separatamente, i due archi che descrivono la traiettoria prima e dopo il flyby sono del tutto indipendenti tra di loro, quindi all’istante in cui la sonda incontra il pianeta la velocit`a risulter`a discontinua avendo un valore di arrivo ~vine uno di partenza ~voutsoluzione di due problemi di Lambert differenti; possiamo

vederne un esempio in figura 4.2 Nello script tali velocit`a sono indicate come vft(n) e vit(n+1) indicando con i ed f la velocit`a iniziale e finale dell’orbita di trasferimento t (ovvero della conica soluzione del problema di Lambert) della fase n (o n+1).

−0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0 0.5 1 0 0.050.1 vy

velocità risultanti dal problema di Lambert (UA/TU)

vx

vz

v in v out

(43)

4 – Il Flyby

La manovra di flyby compiuta all’interno della sfera di influenza del pianeta, deve quindi raccordarsi con le coniche che la sonda segue nel sistema eliocentrico. Per fare questo si impone che all’ingresso e all’uscita della sfera di influenza le velocit`a non cambino, ovvero definendo con lettere minuscole le grandezze planetocentriche e in maiuscolo quelle eliocentriche

~

vin= ~VIN− ~VP

~vout = ~VOU T − ~VP (4.2)

Le manovre di Flyby pi`u semplici non prevedono l’utilizzo di impulsi durante la manovra. La loro variazione di velocit`a `e dovuta solamente all’attrazione gravitazionale del pianeta a cui si avvicinano. In questi casi la velocit`a planetocentrica cambia solo direzione ma non intensit`a, in generale per`o la ~vin

∞ e la ~vout∞ devono essere diverse non soltanto nella direzione ma anche nel

modulo per potersi raccordare perfettamente. Per questo occorre eseguire quello che in letteratura viene solitamente chiamato powered flyby, ovvero una manovra di flyby in cui la sonda fornisce un singolo impulso per aumentare (o diminuire) la sua velocit`a. In questo lavoro si fa l’ipotesi che l’impulso sia dato al pericentro dell’iperbole di arrivo e in una direzione tangenziale alla traiettoria in modo da sfruttare l’effetto Oberth e massimizzare il ∆v con il minimo consumo di carburante.

1

In sostanza all’interno della sfera di influenza dal pianeta abbiamo 2 traiettorie iperboliche che devono essere raccordate sia tra di loro che con le orbite eliocentriche di trasferimento. Mentre per le orbite eliocentriche la condizione viene soddisfatta con le semplici trasformazioni galileane di equazione 4.2 per soddisfare la congiunzione all’interno della sfera di influenza occorre soddisfare due condizioni

• entrambe le orbite devono avere lo stesso raggio al periasse (questo poich´e si impone che l’impulso sia dato in quel punto)

• l’angolo di deviazione totale delle due orbite `e uguale alla somma delle met`a degli angoli di svolta dei due rami

Riguardo alla prima condizione `e molto importante che il periasse sia maggiore del valore minimo consentito per ciascun pianeta in modo che la manovra di flyby non implichi collisioni con il pianeta. Questo valore minimo considera il raggio del pianeta con uno strato di atmosfera (nel

1l’effetto Oberth si riferisce a quando l’uso di un motore a razzo quando si viaggia a velocit`a elevate genera molta

(44)

4 – Il Flyby

caso sia presente) in modo che sia evitato sia l’impatto sia che eventuali frenature aerodinamiche che possono portare problemi nel caso abbastanza usuale che la sonda non sia progettata per resistere ad un passaggio in atmosfera, oltre ai problemi computazionali aggiunti dal dover considerare la resistenza aerodinamica.

I valori di questo raggio minimo che potremmo chiamare “di sicurezza” sono stati ricavati da varie fonti, sulla base principalmente di studi realizzati su missione interplanetarie realizzate e sono riportate in tabella 4.2

Pianeta Raggio minimo (km)

Mercurio 2439 Venere 6302 Terra 6578 Marte 3703 Giove 356920 Saturno 60000 Urano 25600 Nettuno 24600 Plutone 1159

Tabella 4.1. Raggi minimi per effettuare il flyby in sicurezza

Dopo aver notato alcuni casi in cui la soluzione `e stata trovata per valori di raggio molto grandi `e stata implementato anche un secondo criterio che ne delimiti la dimensione massima, viene esclusa la soluzione che comporta un raggio al periasse maggiore del raggio di influenza del pianeta: se la sonda nel suo punto pi`u vicino al pianeta si trova ancora fuori dalla sfera di influenza significa che il suo attrattore principale rimane sempre il sole e quindi non ha senso parlare di manovra di flyby.

Per i vari pianeti il raggio di influenza `e riportato in tabella

Pianeta Raggio sfera di influenza (km)

Mercurio 112500 Venere 616400 Terra 924600 Marte 577400 Giove 4822300 Saturno 54432000 Urano 51792000 Nettuno 86668000 Plutone 3130000

(45)

4 – Il Flyby

4.2.1

La risoluzione del problema

In una manovra di flyby l’angolo di svolta δ `e definito come l’angolo di cui viene ruotato il vettore velocit`a per effetto del campo gravitazionale del pianeta. Esso `e legato all’angolo β dell’asintoto del ramo di iperbole dalla relazione

2β + δ = π (4.3)

da cui otteniamo che

cos β = sinδ 2 (4.4) e poich´e nell’approssimazione di r → ∞ cos ν∞= − 1 e sfruttando il legame tra β e l’anomalia vera ν∞

ν∞= π − β ⇒ cos ν∞= − cos β

da cui

cos β = 1

e (4.5)

e otteniamo infine che

sinδ 2 =

1

e (4.6)

Nel powered flyby come abbiamo gi`a detto vi sono in realt`a due rami di iperbole che devono essere raccordati nel loro periasse in modo tale che l’angolo di deviazione totale coincida con quello imposto dalla risoluzione del problema di Lambert, ovvero, definendo α l’angolo totale calcolato come α = arccos  ~vin· ~vout k~vinkk~voutk  (4.7)

Questo angolo deve essere dato dalla somma delle met`a degli angoli di svolta dei due rami di iperbole come mostrato in figura 4.2.1

Unendo le condizioni appena illustrate si ha che le due orbite iperboliche si possono trovare risolvendo l’equazione 4.8 α = δ1 2 + δ2 2 = arcsin  1 e1  + arcsin 1 e2  = (4.8) = arcsin  a 1 a1+ rp  + arcsin  a 2 a2+ rp 

(46)

4 – Il Flyby

Figura 4.3. Schema del powered flyby

I pedici 1 e 2 indicano rispettivamente i dati relativi all’iperbole di ingresso e di uscita (nel seguito saranno indicati con i pedici i e o)

La risoluzione avviene tramite iterazioni del metodo di newton per determinare il valore di rp utilizzando come valore di primo tentativo rp = 2DU nello script pensato per un utilizzo in

variabili universali e rp= 2rpmin per lo script realizzato in Km.

Dopo aver eseguito un controllo sul risultato per verificare che rientri nei limiti imposti descritti nel paragrafo precedente, viene calcolato l’impulso che occorre fornire al periasse dell’orbita. Si calcola quindi la velocit`a al periasse di ciascuna delle 2 orbite e ne viene calcolata la differenza

vp= q −µ/a + 2/rp ∆v = s − µ ain +2µ rp − s − µ aout +2µ rp (4.9) Il valore di ∆v ottenuto viene per ora lasciato con il suo segno per avere la possibilit`a di capire se durante la manovra viene fornita un’accelerazione e una decelerazione. Nel calcolo del ∆v totale questi valori dovranno ovviamente essere presi in valore assoluto poich´e l’applicazione di un impulso

(47)

4 – Il Flyby 0 1 2 3 4 5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 Rp Alpha

Figura 4.4. Andamento tipico dell’angolo α

comporta sempre e comunque un consumo di carburante, la variazione di velocit`a ottenuta sar`a quindi in ogni caso calcolata come positiva.

Il controllo sul raggio al perigeo ottenuto deve essere tale da non bloccare nessuna routine, per questo `e stata inserita la variabile errore la quale assume il valore 1 se il controllo rileva un errore, mentre ha valore 0 in caso contrario, anche se si vedr`a in seguito che questa variabile non verr`a poi utilizzata negli script finali in quanto viene eseguito un controllo diretto sul valore del raggio al periasse trovato.

4.3

Descrizione dello script per il flyby

La sintassi della function powerflyby `e creata in modo da avere in input i valori delle velocit`a di ingresso e di uscita dalla sfera di influenza (le trasformazioni galileane rispettivamente della velocit`a finale dell’arco di traiettoria precedente e della velocit`a iniziale dell’arco di traiettoria successivo) e il valore che indichi attorno a quale pianeta viene effettuato il flyby. Tutte le caratteristiche di ciascun pianeta sono fornite prima dell’esecuzione dello script tramite un’impostazione delle variabili come globali.

(48)

4 – Il Flyby

al ∆v fornito, il raggio al periasse trovato e per comodit`a, soprattutto durante le fasi di test degli script, viene imposto come output anche il parametro errore.

La sintassi di richiamo della function risulta

[dvp,rperi,errore]=poweredflyby(vinfin,vinfout,pianeta)

Il raggio di periasse che risolve il sistema viene trovato tramite il metodo di Newton-Raphson impostando la funzione di cui trovare lo zero come

f (rp) = arcsin  a i ai− rp  + arcsin  a o ao− rp  − α (4.10)

ad ogni ciclo dovr`a essere valutata anche la sua derivata

df = ai (rp− ai) q r2 p− 2airp + ao (rp− ao) q r2 p− 2aorp (4.11)

il nuovo raggio al periasse ad ogni iterazione sar`a quindi dato da

rp(k + 1) = rp(k) +

f (k)

df (k) (4.12)

Con questa formulazione, specialmente poich´e la derivata risulta sempre negativa, c’`e la possi-bilit`a di ottenere rp(k + 1) < 0 . Questo non ha senso fisico, e poich´e l’eventuale funzione valutata

al passo successivo risulterebbe immaginaria, non c’`e possibilit`a che le iterazioni riportino da sole rp su valori realistici. Si impone quindi un controllo su ciascuna iterazione tale che

se rp(k + 1) < 0 ⇒ rp(k + 1) = 0.5rp(k)

altrimenti l’algoritmo procede normalmente. Esso viene fermato quando o il valore dell’ultima valutazione della funzione `e minore della tolleranza assegnata oppure quando la differenza tra gli ultimi 2 valori del raggio al periasse `e minore del valore di tolleranza. Nel caso nessuna di queste due condizioni viene raggiunta nel giro di 30 iterazioni il ciclo si interrompe lasciando la segnalazione dell’errore. La figura 4.5 ne illustra lo schema di flusso.

La convergenza verso un raggio di periasse che risolva il sistema avviene solitamente in meno di 10 iterazioni (5 o 6 in media). Nelle figure 4.6 e 4.3 sono illustrati i valori di rp e di f

(49)

4 – Il Flyby

Figura 4.5. Funzionamento dell’algoritmo di flyby

Se, anche se si `e notato che il caso `e piuttosto raro, le velocit`a di ingresso e di uscita nella sfera di influenza sono parallele, la traiettoria non deve essere deviata durante il flyby. Dal punto di vista dell’orbita iperbolica pu`o succedere solo quando il periasse dell’orbita risulta prossimo allo 0. Ovvero se

δ ' π ⇒ rp' 0

Questa opzione viene eliminata immediatamente nella procedura, evitando quindi calcoli inutili che porterebbero ad un risultato gi`a noto. In questo caso il raggio al periasse viene impostato come 1/3 del raggio limite. Viene inoltre segnalata l’impossibilit`a di compiere il flyby tramite la variabile errore posta uguale a 1

Le condizioni riguardo alla fattibilit`a o meno del flyby vengono invece lasciate in sospeso: il raggio di periasse del flyby viene dato come output sia che il flyby risulti fattibile o no, sar`a poi

(50)

4 – Il Flyby 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 1.5 1.55 1.6 1.65 1.7 1.75 iterazioni rp

Figura 4.6. Convergenza del raggio di periasse

1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 iterazioni f

Figura 4.7. Convergenza della funzione f

nella funzione di fitness che si valuter`a quando il flyby `e possibile, e quindi il ∆v calcolato non subisce variazioni, o quando non lo `e, nel qual caso vengono applicate le funzioni di penalizzazione (vedi il paragrafo 6.3)

Figura

Figura 2.3. Valori del tempo di volo per z negativi
Figura 2.4. Tempo di volo per i due diversi angoli selezionati
Figura 2.5. scelta dei valori iniziali per la variabile z
Figura 2.6. andamento delle derivate del tempo di volo
+7

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[r]

[r]

[r]

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