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Valutazione delle prestazioni di uno strumento oftalmico basato su tomografia a coerenza ottica

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e della natura

Laurea magistrale in Fisica Curriculum Fisica Medica

Valutazione delle prestazioni di uno

strumento oftalmico basato su

tomograa a coerenza ottica

Candidato:

Soa Tapinassi

Relatore interno:

Prof.ssa Maria Giuseppina

Bisogni

Relatore esterno:

Ing. Gabriele Vestri

(2)

Life need not be easy, provided only that is not empty Lise Meitner

(3)

Indice

Introduzione 5

1 L'analisi corneale 7

1.1 La cornea . . . 7

1.2 La topograa e la tomograa corneale . . . 9

1.2.1 Curvatura corneale sagittale e tangenziale . . . 9

1.2.2 Le mappe altimetriche . . . 11

1.2.3 Spessore corneale . . . 11

1.2.4 Il metodo arc-step . . . 12

1.3 Gli strumenti a scansione ottica . . . 12

2 Tomograa a coerenza ottica (OCT) 14 2.1 Schema generale . . . 14

2.2 Metodologie di implementazione . . . 15

2.2.1 Time Domain OCT . . . 16

2.2.2 Fourier Domain OCT . . . 19

2.3 Confronto tra le metodologie di implementazione . . . 22

3 Lo strumento 25 3.1 Generalità e funzionamento . . . 25

3.1.1 Disco di Placido . . . 26

3.1.2 Sistema OCT implementato . . . 26

3.2 Speciche tecniche . . . 29

3.3 Applicazioni . . . 30

4 Test ottici 34 4.1 Aberrazioni di un sistema ottico . . . 34

4.2 I polinomi di Zernike . . . 38

(4)

4.3 Interferometro di Fizeau . . . 40

4.4 Applicazioni dell'interferometro di Fizeau . . . 41

4.4.1 Test di valutazione di una supercie piana . . . 41

4.4.2 Test di valutazione di una lente . . . 43

5 Valutazione delle aberrazioni nel sistema ottico 46 5.1 Lo spettrometro e il sensore lineare . . . 47

5.2 Scopo delle misure . . . 47

5.3 Il programma di progettazione ottica . . . 48

5.3.1 PSF del sistema ottico . . . 48

5.4 Metodo utilizzato . . . 49

5.4.1 Misura sperimentale PSF con laser . . . 51

5.5 Set-up e acquisizione misure interferometriche . . . 52

5.6 Simulazione sistema spettrometro . . . 61

5.6.1 Test degli specchi . . . 70

6 Ripetibilità e accuratezza delle misure 75 6.1 Normativa ISO 19980:2013(E) . . . 76

6.1.1 Metodo di analisi dati . . . 76

6.1.2 Calcolo dei fattori di peso di area wk . . . 80

6.2 Accuratezza mappe topograche . . . 82

6.3 Ripetibilità mappe topograche . . . 85

6.4 Ripetibilità indici . . . 93 6.4.1 Indici studiati . . . 94 6.4.2 Pazienti e metodo . . . 95 6.4.3 Analisi statistica . . . 95 Conclusioni 101 Bibliograa 103

(5)

Introduzione

Conoscere la morfologia corneale è particolarmente importante per lo studio della funzione visuale e per vari aspetti clinici pratici. Utilizzare, per l'analisi corneale, strumenti in grado di fornire misure accurate e ripetibili e immagini del segmento oculare anteriore ad alta denizione risulta quindi fondamentale a ni diagnostici. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di caratterizzare uno strumento oftal-mico all'avanguardia nel settore, MS-39. MS-39 è un topografo-tomografo corneale e sfrutta un sistema composto da un disco di Placido insieme alla tecnologia della tomograa a coerenza ottica, OCT. Il lavoro è stato svolto presso l'azienda oren-tina CSO, Costruzione Strumenti Oftalmici, e può essere suddiviso in due parti. Nella prima, l'obiettivo è stato quello di mettere a punto un metodo per valutare la bontà del sistema ottico spettrometro, cuore dello strumento, tramite la verica delle sue aberrazioni. Lo spettrometro, infatti, è l'elemento che determina la qualità delle immagini, per cui risulta indispensabile riuscire a studiarlo per valutarne le prestazioni ottiche e determinare l'eventuale ripercussione della presenza di aberra-zioni sulle performance dell'OCT. L'azienda non possedeva un metodo ecace per eettuare queste operazioni e che potesse essere utilizzato abitualmente per testa-re ogni spettromettro. È stato quindi di fondamentale importanza sviluppatesta-re una procedura che permettesse di studiare lo spettrometro in maniera tale da poter deci-dere se accettarlo o meno, garantendo dei buoni risultati e anando così il processo produttivo. La procedura per il test dello spettrometro è stato eettuata grazie all'analisi interferometrica, utilizzando l'interferometro di Fizeau. Lo spettrometro è composto da due canali e, oltre alla misura dello spettrometro nel suo complesso, è stata eseguita anche una misura del suo canale di proiezione, in maniera tale da determinare non solo la presenza di particolari problemi, ma anche di individuarne la parte responsabile. Tutto ciò è stato eettuato per un primo spettrometro e il metodo è stato validato, ripetendo le stesse operazioni, per un secondo spettrometro. La seconda parte del lavoro invece si è concentrata sulla valutazione dell'accuratezza e della ripetibilità delle misure eseguite con lo strumento nito. Le misure

(6)

relati-INDICE

INDICE 6

ve ai vari parametri che caratterizzano la morfologia corneale necessitano altissima accuratezza e ripetibilità in quanto sono fondamentali per la diagnosi di malattie e problemi corneali e per controllare la progressione di varie patologie, come ad esempio il cheratocono. In particolar modo queste informazioni sono importanti per pazienti che necessitano di sottoporsi a chirurgia refrattiva e della cataratta e, nei soggetti già trattati, per controllare il decorso ed eventuali problemi post-operatori. Prima che lo strumento venga posto sul mercato risulta quindi essenziale valutare l'accuratezza delle misure ottenute ed è auspicabile che questo soddis alcuni stan-dard stabiliti dalla ISO, International Organization for Stanstan-dardization. Per ciò che concerne l'accuratezza, lo strumento è stato quindi sottoposto a un test descritto dalla normativa ISO 19980:2013(E) ed è stato classicato in una precisa categoria, sempre denita dall'organizzazione per la standardizzazione, in base al grado di accuratezza. Per quanto riguarda la ripetibilità sono state eseguite misure topogra-che su occhi di vari pazienti, non riportanti particolari problemi visivi, e sono state eettuate due misure per ogni occhio. Utilizzando queste misure è stata eseguita un'analisi di ripetibilità, come suggerito dalla normativa ISO, che ha consentito di determinare i limiti di ripetibilità per i parametri più importanti e utili per una com-pleta analisi corneale. Questa analisi è stata eettuata su due diversi strumenti, uno dei quali implementato con uno spettrometro su cui erano state eseguite misure con l'interferometro durante questo lavoro. Sono inoltre state valutate due acquisizioni di sezioni tomograche, eseguite con i due dierenti strumenti, ed è stato eettuato un confronto, valutandole in termini di contrasto. Inne è stata eseguita un'analisi di ripetibilità per ciò che riguarda i principali indici morfometrici e refrattivi relativi alla cornea, con un diverso metodo statistico, per entrambi gli strumenti.

(7)

Capitolo 1

L'analisi corneale

La cornea è il principale elemento refrattivo dell'occhio umano e conoscerne la mor-fologia è particolarmente importante per quanto riguarda lo studio della funzione visiva e per diagnosticare malattie e problemi corneali e per valutare la progressione di varie patologie. In questo capitolo verranno descritte le principali metodologie utilizzate per l'analisi corneale.

1.1 La cornea

La cornea rappresenta la parte anteriore della tonaca oculare e ha molte proprietà peculiari e distintive: ha funzioni refrattive e, in condizioni siologiche, è traspa-rente, avascolare, regolare e resistente. La sua trasparenza, unica fra tutti i tessuti di collagene è dovuta ad un epitelio liscio e regolare, all'assenza di vasi sanguigni e linfatici. La cornea ha la funzione di proteggere e sostenere le strutture oculari e di permettere il passaggio della luce, che viene fatta convergere verso la fovea, regione centrale della retina. Il potere diottrico1 della sua supercie anteriore, convessa, è

pari a +48 diottrie (D), mentre quello della supercie posteriore, concava, è pari a -5 D. La cornea è quindi responsabile del potere diottrico intorno alle 43 D [1]. Le piccole irregolarità presenti sulla supercie più esterna della cornea sono compensate dal lm lacrimale che ha infatti anche la funzione di regolare la supercie ottica. Il maggior contributo al potere diottrico dell'occhio è da attribuire alla supercie anteriore della cornea a causa dell'elevata dierenza negli indici di rifrazione fra aria e cornea. Il potere di una supercie infatti dipende dal suo raggio di curvatura, ma

1Il potere diottrico P è denito come P = 1

f, dove f è la distanza focale espressa in metri.

L'unità di misura del potere diottrico è la diottria (D).

(8)

CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.1. LA CORNEA 8

anche dalla dierenza fra gli indici di rifrazione dei due mezzi separati dalla super-cie: P = n2−n1

r .

Ne deriva che, maggiore è la dierenza fra i due indici di rifrazione, maggiore è il potere diottrico della supercie. Il tessuto corneale ha un indice di rifrazione di 1.376 e la dierenza fra gli indici dell'aria e della cornea è maggiore rispetto a quella fra cornea e acqueo. Tutto ciò implica che, anche piccoli cambiamenti in curvatu-ra, possono produrre notevoli variazioni diottriche. Ogni variazione del raggio pari a 4 centesimi di millimetro corrisponde ad una variazione diottrica di 0.25 D [2]. Per questo motivo risulta fondamentale uno studio molto accurato della supercie corneale e le moderne tecniche di videocheratograa computerizzata consentono mi-sure quantitative molto accurate di migliaia di punti della supercie corneale. La supercie anteriore della cornea ha forma ellittica, con un diametro orizzontale di 11-12 mm e un diametro verticale di circa 10-11 mm. Il raggio di curvatura della cornea centrale misura in media 7.8 mm. Lo spessore corneale non è uniforme e varia da circa 0.5 mm nella zona centrale a circa 0.7 mm nella porzione periferica. Da un punto di vista istologico la cornea è composta da 5 strati che, dall'esterno all'interno sono: epitelio, membrana di Bowman, stroma, membrana di Descemet ed endotelio [1]. In gura 1.1 è possibile osservare un'immagine rappresentante i vari strati corneali.

Figura 1.1: Immagine rappresentante la struttura istologica della cornea umana. So-no evidenti i vari strati corneali: epitelio, membrana di Bowman, stroma, membrana di Descemet ed endotelio.

(9)

CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.2. LA TOPOGRAFIA E LA TOMOGRAFIA CORNEALE 9

1.2 La topograa e la tomograa corneale

Le principali metodologie attualmente utilizzate per l'analisi corneale sono la to-pograa e la tomograa a scansione ottica. Nello studio della cornea è risultato fondamentale l'avvento dell'analisi computerizzata della topograa corneale, che ha consentito di acquisire un gran numero di informazioni circa la forma ed il com-portamento refrattivo della cornea, permettendo così la diagnosi di molte patologie corneali e consentendo di controllarne il decorso. Grazie alle tecniche d'esame oggi esistenti è possibile ricavare informazioni, non solo sulla supercie anteriore della cornea, ma anche su quella posteriore ed ottenere dati molto precisi circa la morfo-logia corneale, la locazione di eventuali deformazioni e il potere refrattivo. I primi metodi di indagine a ni diagnostici risalgono alla metà del 1800, grazie allo studio delle immagini di Purkinje-Sanson [2]. Questo metodo sfruttava un Disco di Pla-cido, uno strumento che consiste in una serie di cerchi bianchi e neri concentrici con una lente positiva al centro. Questo veniva utilizzato per osservare l'aspetto delle immagini riesse dalla supercie corneale e valutare approssimativamente e qualitativamente, sulla base della deformazione dei cerchi riessi, le aberrazioni a carico della cornea. In gura 1.2 è illustrato schematicamente il metodo. La prima rilevazione del raggio di curvatura della supercie anteriore della cornea, anch'essa ottenuta attraverso mire proiettate sulla cornea e da essa riesse, risale al 1854. Per valutare la conformazione della cornea sono state supposte note le dimensioni di un oggetto, mire, e la distanza dalla supercie speculare, rappresentata dalla cornea. Sono state misurate le dimensioni dell'immagine formata dallo specchio e in seguito applicate le leggi della catadiottrica, cioè della riessione e rifrazione. Questo è il metodo su cui si basa la misura elementare della cheratometria, ossia la misura dei parametri che descrivono la supercie anteriore della cornea.

1.2.1 Curvatura corneale sagittale e tangenziale

Il topografo corneale è lo strumento che permette di mappare la supercie anteriore della cornea. Questo non misura direttamente i dati altimetrici della cornea, ma sfrutta il fenomeno sico della riessione. Concettualmente possiamo considerare i moderni topogra come derivanti dagli strumenti funzionanti grazie al metodo discusso in precedenza, tanto che il primo sistema di calcolo sviluppato in tal senso si basa sullo stesso principio. Possiamo infatti considerare una misura topograca come tante cheratometrie con mire sse sempre più grandi, centrate sul medesimo asse. La curvatura corneale così misurata è chiamata curvatura sagittale, o assiale,

(10)

CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.2. LA TOPOGRAFIA E LA TOMOGRAFIA CORNEALE 10

Figura 1.2: Processo di formazione della prima immagine di Purkinje-Sanson da un disco di Placido.

e può essere denita come il raggio di un arco di cerchio, centrato sull'asse ottico del videocheratoscopio, quando questo è ben allineato al vertice corneale, che abbia la stessa tangente della cornea nel punto considerato [3]. Un esempio di curvatura sagittale anteriore è mostrato nella parte sinistra della gura 1.3.

Figura 1.3: a)Mappa della curvatura sagittale anteriore di un occhio cheratoconico (sinistra) b)Mappa della curvatura tangenziale anteriore dello stesso occhio (destra). Immagine tratta da [2].

(11)

CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.2. LA TOPOGRAFIA E LA TOMOGRAFIA CORNEALE 11

Riuscendo ad acquisire una mappa di curvatura assiale, potremmo ottenere in-formazioni circa le caratteristiche ottiche della supercie corneale ma non potremmo descrivere in maniera accurata gli aspetti morfologici della cornea. Questa necessi-tà è sopperita dall'esistenza della curvatura tangenziale, che riesce ad evidenziare i dettagli di forma della supercie corneale. La curvatura tangenziale, o locale, è la grandezza che descrive la curvatura della cornea, per un determinato punto ed in una data direzione [3]. Si denisce quindi come il raggio del cerchio osculatore per ogni punto appartenente al meridiano in esame, come mostrato in gura 1.3b. A dierenza della curvatura assiale, il centro di curvatura tangenziale non è vincolato a giacere su un asse di riferimento e ciò infatti non si verica a meno che la cornea non sia esattamente sferica. La curvatura tangenziale e quella sagittale sono quindi diverse in ogni punto e coincidono solo sul vertice.

1.2.2 Le mappe altimetriche

Molto importanti sono anche le mappe topograche che rappresentano dati alti-metrici. Queste sono assimilabili a quelle impiegate in cartograa geograca per descrivere le elevazioni della supercie terrestre o le profondità dei fondali marini. Le mappe corneali di elevazione esprimono la posizione di ciascun punto della cornea in termini di elevazione lungo l'asse z, rispetto ad una supercie di riferimento. Nelle cartine geograche è utilizzata come supercie di riferimento quella rappresentata dal livello medio del mare. Se si considera l'elevazione della supercie corneale, que-sta può essere espressa in base a qualsiasi supercie di riferimento. Usualmente le superci di riferimento utilizzate sono quelle sferiche, asferiche, o asferotoriche. Soli-tamente si considerano superci di best-t, ovvero che meglio approssimano, secondo il criterio dei minimi quadrati, i campioni misurati. Queste superci sono caratte-rizzate da alcuni parametri: le sfere sono denite dal loro raggio di curvatura, le superci asferiche dal raggio di curvatura apicale e dall'asfericità, le superci asfe-rotoriche dal raggio di curvatura apicale, dall'asfericità e dalla toricità (dierenza di curvatura apicale del meridiano più piatto e quello più curvo).

1.2.3 Spessore corneale

Riuscire a misurare anche la supercie posteriore della cornea, oltre a quella ante-riore, risulta particolarmente importante. Ciò perchè la misura delle due superci corneali, anteriore e posteriore, permette di ricavare agilmente informazioni di pa-chimetria, misura (in micron) della distanza tra supercie anteriore e supercie

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CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.3. GLI STRUMENTI A SCANSIONE OTTICA 12

posteriore, nella direzione delle normali alla supercie corneale anteriore. Questa informazione è molto utile dal punto di vista clinico in quanto consente di valutare se un paziente può sottoporsi ad un intervento di chirurgia refrattiva e quale può essere l'entità massima della correzione sopportabile dalla cornea in esame. Nel-la pratica contattologica, Nel-la pachimetria può inoltre mettere in luce eventuali stati edematosi dovuti all'utilizzo di lenti a contatto.

1.2.4 Il metodo arc-step

Nei topogra a riessione attuali le varie curvature, le elevazioni e le normali alla supercie vengono calcolate contemporaneamente secondo un procedimento detto arc-step. L'algoritmo di arc-step è così riassumibile: per ogni punto corrispondente al bordo di un anello di ogni meridiano, viene eettuata una procedura di ray-tracing che, supponendo note le posizioni delle mire sul disco di Placido e conoscendo le di-mensioni degli anelli della cheratoscopia, permette di ricavare informazioni sulla normale della supercie da misurare. Tali informazioni dipendono dal corretto po-sizionamento della supercie da misurare e della conoscenza esatta della locazione delle mire: la prima condizione viene ottenuta con diversi altri algoritmi, mentre la seconda è nota dai dati di costruzione e viene consolidata mediante la calibrazione dello strumento. Una volta note le normali alla supercie corneale, con le sue de-rivate, si procede in maniera iterativa. Si considera noto il passo 0 imponendo la condizione di derivata nulla in corrispondenza del vertice ed il passaggio per lo 0 e si imposta la validità della legge della riessione per il primo anello, individuando un arco che soddis le condizioni di normale. L'algoritmo di arc-step, come suggerito dal nome stesso, è di tipo iterativo, e quindi per ricavare i dati al passo attuale, step i, non prescinde dalla conoscenza di dati ricavati dal punto precedente, step i-1 [2].

1.3 Gli strumenti a scansione ottica

Gli strumenti a scansione ottica consentono di misurare e visualizzare l'intera camera anteriore oculare (cornea, iride e cristallino). Questi infatti misurano direttamente l'altezza sagittale della supercie anteriore e di quella posteriore della cornea, ovvero l'elevazione corneale rispetto ad un piano di riferimento. Solitamente il campo di vista trasversale va da limbus a limbus e quello verticale è tale da comprendere l'intera camera anteriore, limitata dall'iride e dalla parte visibile del cristallino. I dispositivi a scansione ottica basano il loro funzionamento sulla proiezione di fasci o

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CAPITOLO 1. L'ANALISI CORNEALE

1.3. GLI STRUMENTI A SCANSIONE OTTICA 13

fessure luminose che, grazie ad eetti di scattering diondono in ogni direzione parte dell'energia del raggio incidente. Il tessuto attraversato, a causa dello scattering, si comporta come un vero e proprio emettitore esteso e parte delle radiazione che retrodionde viene catturata da un'opportuna ottica atta a formare l'immagine su un CCD.

Scheimpug camera

Il modo più semplice e intuitivo di ottenere l'immagine di una sezione corneale è quello di proiettare una lama luminosa lungo un piano meridionale della cornea e di riprendere, con un'opportuna ottica avente il suo asse di ripresa a 90° rispetto a que-sto piano e il suo fuoco sul piano della lamina. Questa congurazione non può però in pratica essere utilizzata, a causa di ostacoli che limitano il percorso di ripresa, quali il naso o le palpebre. Questi ostacoli costringono a scegliere un asse di ripresa non ortogonale al piano di illuminazione e, conseguentemente, ad avere buona parte dell'immagine fuori fuoco. In questo ci viene in aiuto il metodo di Scheimpug che permette di inclinare il CCD in modo da focheggiare una porzione di piano inclinata rispetto all'asse del sistema ottico di ripresa. Una volta scandita la prima immagine, la lamina luminosa ed il sistema Scheimpug vengono posti in rotazione, al ne di acquisire immagini di una successione di sezioni angolarmente equidistanti che per-mettono di mappare completamente il segmento anteriore dell'occhio. La supercie corneale anteriore viene determinata individuando il suo bordo sull'immagine in se-zione e correggendo l'eetto della distorsione dovuta alla congurase-zione ottica. Le strutture interne (supercie corneale posteriore, iride, angoli) vengono determinate individuando i bordi corrispondenti sulle immagini in sezione, correggendo l'eetto della distorsione Scheimpug dell'ottica di ripresa e correggendo l'eetto distorcente dovuto al fatto che esse vengono viste attraverso le superci corneali sovrastanti. Tomograa a coerenza ottica

La tomograa a coerenza ottica (OCT) è l'ultimo metodo in ordine temporale ad essere stato sviluppato. I motivi di questo ritardo sono da ricercarsi nella complessità della tecnologia da cui conseguono anche costi molto elevati. Le immagini ottenute con questo metodo sono nettamente migliori. La tomograa a coerenza ottica, su cui si basa lo strumento in analisi in questo lavoro di tesi, verrà trattata in maniera approfondita nel capitolo 2.

(14)

Capitolo 2

Tomograa a coerenza ottica (OCT)

La tomograa a coerenza ottica, OCT, è una tecnica di imaging che consente di ottenere immagini tomograche ad alta risoluzione. Grazie a questa si riescono a studiare sezioni di strutture micrometriche di materiali o sistemi biologici grazie all'analisi della luce retrodiusa dal campione. Questa tecnologia risulta partico-larmente adatta e utile per applicazioni medico diagnostiche poichè non invasiva, non distruttiva, veloce e con un alto grado di accuratezza. L'OCT è particolar-mente utilizzata in ambito oftalmico in quanto l'analisi della struttura oculare e dei suoi dettagli richiede una risoluzione dell'immagine micrometrica ed una profondità dell'ordine dei millimetri [4].

2.1 Schema generale

In gura 2.1 è possibile osservare lo schema più generale di un sistema OCT. Una sorgente di luce a bassa coerenza viene utilizzata assieme ad un interferometro di Mi-chelson, che è il componente fondamentale del sistema. Questo divide la radiazione proveniente dalla sorgente fra il ramo di riferimento, terminante con uno specchio, e il ramo del campione, alla cui estremità è collocato invece il campione da analizzare. I campi Er, generato dalla riessione dal ramo di riferimento, ed Es, generato dal

fascio del campione, vengono poi ricombinati producendo un segnale di interferenza. Tramite questo segnale è possibile ricavare le informazioni relative al prolo di riet-tività del campione lungo l'asse z e si possono ottenere dati sulle diverse interfacce presenti all'interno dell'oggetto in esame [5]. Il graco così ottenuto è chiamato A-scan. Ripetendo tale procedura per diverse posizioni lungo l'asse trasversale x e, unendo le varie scansioni, si riesce a ricavare un'immagine bidimensionale

(15)

det-CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 15

ta B-scan. Questo si può ottenere sia traslando il campione per diverse posizioni trasversali, sia sfruttando specchi galvanometrici che permettono un diverso posizio-namento del fascio sulla supercie da esaminare. Tramite lo stesso procedimento si possono acquisire anche immagini tridimensionali unendo diversi piani B-scan, ac-quisiti traslando o il fascio incidente o il campione lungo l'altra direzione trasversale y. Il risultato dell'operazione viene detto C-scan.

Figura 2.1: Schema generale di un sistema OCT. Con LS si indica la sorgente di luce a bassa coerenza. Immagine tratta da [6].

2.2 Metodologie di implementazione

Come precedentemente detto, in un sistema OCT il fascio di luce coerente viene diviso, tramite un beamsplitter, in due fasci identici. Ognuno di questi due fasci percorrerà un cammino diverso, no a ricombinarsi sul rivelatore. Nel braccio cosid-detto di riferimento la luce viene riessa da uno specchio, mentre nell'altro la luce viene retrodiusa dal campione da studiare. I due fasci di luce, dopo i rispettivi percorsi, si sovrappongono dando luogo ad una gura di interferenza. Il percorso ottico della luce proveniente dal campione dipende dalla forma del campione stesso,

(16)

CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 16

ossia la forma del campione determina il ritardo del fascio ottico rispetto al fascio di riferimento. Vi sono diverse congurazioni possibili con le quali il sistema OCT può essere implementato [7]:

ˆ Time Domain OCT (TD-OCT), nella quale si utilizza una sorgente a banda larga e viene variata la lunghezza del braccio di riferimento.

ˆ Fourier Domain OCT (FD-OCT), la quale a sua volta si suddivide in:

 Spectral Domain OCT (SD-OCT), in cui si utilizza una sorgente a banda larga ma non vi sono parti meccaniche in movimento.

 Swept Source OCT (SS-OCT), in cui viene impiegato un laser tunable che emette una sola lunghezza d'onda alla volta.

2.2.1 Time Domain OCT

Come già precedentemente enunciato, il sistema TD-OCT sfrutta una sorgente a banda larga per rivelare la posizione delle diverse interfacce che producono una riessione della radiazione incidente. Lo schema per questa congurazione può essere osservato in gura 2.2.

Figura 2.2: Rappresentazione di un sistema Time Domain OCT (M=mirror, ODL=optical delay line, PD=photodetector, BS=beamsplitter).

Supponiamo di utilizzare come campione un semplice specchio che rietta la radiazione incidente. Se viene inviata radiazione monocromatica di frequenza ν,

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 17

l'interferometro divide in due il fascio e lo invia al campione e al riferimento. I fasci che tornano indietro possono essere descsritti tramite i campi:

Er(r, t) = Ere[j(2πνt+φr(r))]

Es(r, t) = Esej[(2πνt+φs(r))]

(2.1) Le fasi dipendono dalla distanza percorsa dalle onde, secondo la relazione:

φr(r) = 2π λ 2lr φs(r) = 2π λ 2ls (2.2) dove λ è la lunghezza d'onda e lr,s le lunghezze rispettivamente del braccio di

riferi-mento e di quello del campione. Il fattore 2 viene inserito per considerare il percorso di andata e di ritorno dell'onda. L'intensità risultante all'uscita dell'interferometro risulta essere: I = 1 2[|Er| 2 + |Es|2 + 2ErEscos(φr− φs)] = Ir+ Is+ 2 p IrIscos(2π ∆l λ/2), (2.3) dove ∆l è la dierenza tra i cammini ottici percorsi dai due fasci. Il termine che descrive l'interferenza è periodico di periodo λ/2, di conseguenza quando lo specchio di riferimento viene traslato di questa quantità, il segnale presenta un massimo di intensità. Questo sistema, utilizzando una singola onda monocromatica, non può quindi essere sensibile alla profondità [6].

Se invece si utilizzano varie lunghezze d'onda allora si può avere selettività in profondità in quanto lo spettro possiede uno spessore ∆λ. Questa sovrapposizione porta alla cancellazione del segnale complessivo di interferenza al fotodiodo per la maggior parte dei valori di ∆l [6]. Per ∆l = 0, ossia per distanza relativa nulla tra campione e specchio di riferimento, il termine coseno diventa ininuente per ogni lunghezza d'onda e i segnali corrispondenti alle varie componenti si sommano co-struttivamente, dando luogo ad un segnale. Questo fenomeno deriva dalla cosidetta low coherence interference, che può essere descritta dalla relazione:

I = Ir+ Is+ 2

p

IrIs|gsr| cos(2π

∆l

λ/2) (2.4)

in cui gs,r rappresenta il grado di correlazione tra i campi di riferimento e del

campione.

La luce riessa dal campione viene rilevata solo quando si ha interferenza. Ossia quando lo specchio di riferimento nella sua traslazione longitudinale si trova ad una

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 18

distanza pari alla distanza dell'interfaccia che ha causato la riessione, determinan-done così la posizione all'interno del campione. In gura 2.3 è possibile osservare l'inviluppo del segnale di interferenza la cui larghezza è pari alla lunghezza di coeren-za lcdella sorgente che è la larghezza dell'inviluppo della funzione di autocorrelazione

del campo della sorgente. Questa corrispondenza tra autocorrelazione e segnale di interferenza si può spiegare anche intuitivamente: se consideriamo che riferimento e campione siano spettralmente uniformi, i campi di ritorno dalle relative riessioni non si dierenziano per la composizione spettrale:

Er(ω) ≈ Es(ω) ≈ Esource(ω) (2.5)

ma per la distanza compiuta quando giungono alle rispettive riessioni si ha: Es(ω)(l = ls) ≈ Er(ω)(l = lr+ ∆l) (2.6)

e quindi l'interferenza al fotodiodo

Re[Er(ω)Es∗(ω)] ≈ Re[Esource(ω)Esource∗ (ω)] (2.7)

non è altro che l'autocorrelazione del campo emesso dalla sorgente, in funzione della dierenza complessiva di percorso 2∆l [5]. Di conseguenza la larghezza dell'inviluppo del segnale di interferenza è pari alla lunghezza di coerenza della sorgente.

Figura 2.3: Andamento dell'interferenza al variare dell'OPD (Optical Path Die-rence) per onde coerenti, a sinsitra, e onde incoerenti, a destra. Immagine tratta da [11].

Il teorema di Wiener-Khinchin aerma poi che la densità spettrale di poten-za di un segnale corrisponde alla trasformata di Fourier dell'autocorrelazione del

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 19

segnale stesso. Di conseguenza la larghezza dello spettro della sorgente è inversa-mente proporzionale alla larghezza dell'inviluppo dell'autocorrelazione [10]. Poichè per distinguere due diverse riessioni interne al campione si deve essere in grado di distinguere i due corrispondenti inviluppi del segnale di interferenza (ognuno di lar-ghezza lc), si ha che la lunghezza di coerenza determina anche la risoluzione assiale

del sistema TD-OCT: la sorgente ricopre quindi un ruolo fondamentale nelle presta-zioni in termini di risoluzione, maggiore sarà la sua larghezza di banda ∆λ, minore sarà lc e migliore la risoluzione assiale. Per sorgenti con prolo spettrale gaussiano

si dimostra che la lunghezza di coerenza, misurata come FWHM (larghezza a metà ampiezza) dell'autocorrelazione, è pari a:

lc= 2ln(2) π λ2 0 ∆λ (2.8)

in cui λ0 è la lunghezza d'onda centrale dello spettro e ∆λ è la FWHM della banda

spettrale.

2.2.2 Fourier Domain OCT

Spectral Domain

La Spectral Domain OCT rappresenta un superamento della tecnica TD-OCT. In questa congurazione i dati relativi alla localizzazione delle interfacce di riessione del campione sono codicati nella frequenza del segnale oscillatorio che modula lo spettro della sorgente. Lo schema, come presentato in gura 2.4, risulta molto simile al precedente: si utilizza ancora una sorgente a banda larga per produrre radiazione che viene divisa e inviata allo specchio di riferimento e al campione. Tuttavia lo specchio di riferimento non necessita più di muoversi. Si acquisisce contemporanea-mente l'informazione per ogni riessione interna. Il segnale di interferenza prodotto dai segnali che vengono ricombinati viene raccolto su uno spettrometro. Un reticolo di dirazione viene utilizzato per separare spazialmente le diverse componenti dello spettro, che vengono rivelate da un array di sensori CCD per ricavarne lo spettro del segnale di interferenza [6].

Lavorando nel dominio spettrale si riesce ad aumentare la velocità d'acquisizione del sistema. Ciò è fondamentale perchè permette di acquisire un numero maggiore di scansioni in profondità permettendo così di raggiunere una risoluzione molto migliore nella direzione trasversale, anche grazie all'annullamento delle aberrazioni ottiche di movimento. Questo ottimo risultato non è raggiungibile utilizzando il sistema TD-OCT.

(20)

CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 20

Figura 2.4: Rappresentazione di un sistema Spectral Domain OCT (M=mirror, ODL=optical delay line, PD=photodetector, BS=beamsplitter).

Si supponga inizialmente che avvenga una sola riessione nel campione ala pro-fondità z0 = ls− lr, ovvero ∆l = |ls− lr|. L'intensità rilevata dallo spettrometro ad

una pulsazione ω sarà

I(ω) = Ir(ω) + Is(ω) + 2 p Ir(ω)Is(ω)cos[φs(ω) − φr(ω)] = = Ir(ω) + Is(ω) + 2 p Ir(ω)Is(ω)cos( ω2∆l c ) = = |ar|2+ |as|2+ 2arascos( ω2∆l c )S(ω) (2.9)

in cui si sono sfruttate le relazioni:

φr,s(ω) = ω 2ls,r c e Is(ω) |as| 2 ≈ Ir(ω) |ar| 2 ≈ S(ω) dove |ar,s|

2 sono le ampiezze delle intensità dei segnali che provengono

rispettiva-mente dal riferimento e dal campione mentre S(ω) è lo spettro normalizzato della sorgente utilizzata alla pulsazione considerata. Il fattore 2 che moltiplica ls,r tiene

conto sia del percorso di andata che di ritorno dei fasci luminosi. La separazione spa-ziale delle varie componenti dello spettro viene eettuata sul reticolo di dirazione. L'intensità è uno spettro in frequenza con un andamento sinusoidale modulata dallo

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.2. METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 21

spettro del segnale della sorgente. Il periodo dell'oscillazione del termine coseno è

1 τ =

c

2∆l e si può passare in trasformata di Fourier. Per ricavare l'interferogramma

Iu(ω) a partire dal segnale I(ω) si esegue l'operazione trasformata di Fourier e il

segnale nale sarà

F T−1[Iu(ω)] = Gsr(t − τ ) + Gsr(−t − τ ) (2.10)

in cui la funzione Gsr(t) è il prodotto di correlazione tra il campo di riferimento e il

campo del campione [6]. Supponendo di non avere assorbimento, i segnali provenien-ti dal campione e dal riferimento dieriranno per un certo tempo τ, direttamente collegato alla OPD ∆l, ritardo relativo che ritroviamo nella funzione di correlazio-ne Gsr ≈ Gsource(t). Nel caso più generale in cui si abbia più di una riessione

la trattazione matematica è la stessa e si avranno interferogrammi spettrali a più componenti ricavabili mediante la trasformata di Fourier. La sorgente utilizzata è una sorgente a banda larga per garantire una migliore risoluzione assiale. Ciò perchè la risoluzione assiale del sistema dipende dalla larghezza temporale di Gsource, che

altro non è che la trasformata di Fourier inversa dello spettro della sorgente ed essa coincide anche in questo caso con la lunghezza di coerenza lc della sorgente.

Swept Source

La tecnologia Swept Source è un altro tipo di congurazione OCT che lavora nel dominio della frequenza. A dierenza della tecnologia Spectral domain, con la quale si utilizza una sorgente ad ampio spettro e si ottengono tutti i dati simultaneamente, essa sfrutta un laser a banda stretta a frequenza tunabile e i dati vengono registrati sequenzialmente [6]. Il set-up di lavoro in questa metodologia si esegue collegando un ramo dell'interferometro allo specchio di riferimento e l'altro rivolto verso l'oggetto da esaminare. La luce riessa da oggetto e campione viene sovrapposta al rivelatore. Il laser tunabile emette un segnale la cui frequenza ν(t) varia nel tempo in maniera lineare:

Es = Ese[j2πν(t)t] = Ese[jω(t)t] (2.11)

dove la pulsazione ω(t) varia in un intervallo di tempo T in maniera lineare

ω(t) = ωi+ at (2.12)

dove ωi = ω(t = 0) e a = dω

dt=chirp rate. Si consideri il campione da analizzare

posto ad una distanza ls dall'interferometro e ∆l = |ls− lr|. Al tempo iniziale ti si

ha la pulsazione ω(ti) la cui onda corrispondente arriverà sia allo specchio di riferi-mento che al campione in esame dove sarà riessa no a tornare all'interferometro

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.3. CONFRONTO TRA LE METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 22

al tempo t = ti+ 2ts, dove 2ts è il tempo per compiere il percorso di lunghezza 2ls.

Nell'interfometro le onde provenienti dallo specchio di riferimento e dal campione interferiscono. La frequenza emessa dal laser è però variabile nel tempo e il percorso 2lr è per ipotesi minore di 2ls, la radiazione di riferimento sarà associata ad una

frequenza diversa e le onde avranno pulsazioni ωs e ωr. In particolare ωs = ω(ti) e

ωr = ω(ti+ 2ts− 2tr) = ω(ti+ τ )in cui τ = 2∆lc , corrisponde al tempo impiegato per

percorrere la distanza OPL ∆l in andata e ritorno alla velocità c. Sull'interferometro all'istante t = ti + 2ts si genera il fenomeno del battimento e il segnale risultante

corrispondente alla pulsazione di battimento ωb:

ωb = ωr− ωs = [ωi+ a(ti+ τ )] − (ωi+ ati) = aτ = a

2∆l

c (2.13)

Essendo l'informazione su ∆l contenuta nell'oscillazione di un segnale nel tempo, cioè nella sua frequenza, questa distanza può essere rilevata tramite la Trasformata di Fourier. La posizione del picco risultante sull'asse delle frequenze di battimen-to permette di determinare, tramite l'equazione 2.13, il valore di ∆l, mentre la sua ampiezza determina la potenza di ritorno della riessione ovvero il modulo del coe-ciente di riettività dell'interfaccia in esame. Nel caso di più riessioni dal campione, il segnale di interferenza conterrà diverse frequenze. Ognuna di queste sarà collegata alla relativa OPD ∆li dell'i-esima interfaccia di riessione. Utilizzando la

trasfor-mata di Fourier sarà nuovamente possibile visualizzare nel dominio della frequenza i relativi picchi e determinarne per ciascuno posizione e ampiezza.

2.3 Confronto tra le metodologie di

implementazio-ne

La principale dierenza fra la metodologia di implementazione nel dominio del tem-po e quella nel dominio della frequenza è da ricercarsi in un signicativo aumento della sensibilità nel passaggio dall'una all'altra. La congurazione Time Domain, implementata per prima, presenta forti limiti per ciò che concerne la sensibilità [8]. Per ogni A-scan che si vuole acquisire lo specchio viene traslato di una lunghezza pari alla profondità da raggiungere zdepth. Se quindi la scansione avviene in un tempo T,

il tempo eettivo di misura del segnale di interferenza dovuto all'i-esima supercie ti, risulta esser dato dalla relazione ti = z lc

depthT [9]. Ne risulta che, utilizzando questa

congurazione, il numero di fotoni sfruttato sia minore rispetto a quelli totali. Di conseguenza la sensibilità intrinseca a questa tecnica ne risulta fortemente ridotta.

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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.3. CONFRONTO TRA LE METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 23

Utilizzando le congurazioni nel dominio della frequenza lo specchio è sso e i segna-li relativi all'interferenza a varie profondità vengono acquisiti contemporaneamente. Ciò permette un pieno utilizzo di tutti i fotoni relativi alle singole interfacce, con conseguente aumento della sensibilità. Questo porta anche ad un aumento della velocità di acquisizione raggiungibile dal sistema.

Per determinare la sensibilità delle varie congurazioni può essere eseguito un con-teggio dei segnali utili prodotti dai fotoni da confrontare con il rumore [9]. Iniziamo considerando la congurazione TD-OCT, in essa il segnale utile totale di interferenza dei fotoni che saranno raccolti è dato da:

ST DOCT = 2 p PsPr lcT zdepth  hν (2.14)

dove  è l'ecienza quantica del detector e hν è l'energia associata al singolo fotone. Il rumore è dato invece dalla radice quadrata del numero totale di fotoni rilevati dal detector durante l'intervallo di acquisizione. Poichè il Pr è dominante su tutto

l'altro segnale in TD-OCT si ha:

NT DOCT = s Pr lcT zdepth  hν (2.15)

Calcolando quindi il rapporto segnale rumore si ottiene: SN RT DOCT = 10log( ST DOCT NT DOCT )2 = 10log(4Ps lcT zdepth  hν) (2.16)

Considerando la tecnologia OCT implementata nel dominio delle frequenze la situazione è nettamente diversa sotto questo punto di vista. Infatti tutti i fotoni, relativi alle varie interfacce, vengono acquisiti e ciò comporta come conseguenza un aumento della sensibilità. In questa congurazione, come precedentemente spiega-to, lo specchio di riferimento è immobilizzato. Il periodo delle oscillazioni spettrali del segnale misurato nel dominio k è proporzionale a (xr − xs). Quindi

oscillazio-ni più lente nello spettro sinusoidale sono associate a valori più piccoli di questa quantità. In ogni caso la trasformata di Fourier della misura spettrale produrrà dei risultati analoghi a quelli ottenuti in congurazione TD-OCT. Ma in questo caso, il contributo al segnale di due o più interfacce sarà raccolto simultaneamente poichè contribuiscono a dierenti componenti nelle oscillazioni spettrali. In questo caso il numero totale di fotoni utili che contribuiscono al segnale di interferenza da una data interfaccia sono dati da:

SSDOCT = 2

p PsPrT



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CAPITOLO 2. TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA (OCT)

2.3. CONFRONTO TRA LE METODOLOGIE DI IMPLEMENTAZIONE 24

dove T è il tempo totale di raccolta. Il calcolo del rumore si ottiene facendo la radice quadrata del numero totale di fotoni rivelati nello spettrometro durante l'intera durata di raccolta del segnale. Quindi si ottiene:

NSDOCT =

r PrT



hν (2.18)

Conseguentemente, per il rapporto segnale-rumore, si avrà: SN RSDOCT = 10log( ST DOCT NT DOCT )2 = 10log(PsT  hν) (2.19)

La profondità di scan, che è raggiungibile con la metodologia SD-OCT dipende dal range di frequenze di oscillazioni spettrali che è rivelabile dallo spettrometro. Per uno spettrometro con N pixel la più alta periodicità di oscillazione rivelabile è pari a N

2. Usando questo criterio è possibile osservare che:

∆k(xr− xs)max = ( N 2)2π (2.20) zdepth= N π 2∆k = N 2 lc (2.21)

A questo punto è possibile eettuare un confronto fra le due metodologie. Per un dato sistema SD-OCT con N pixel con un range di profondità di scansione zdepth= N2lc, acquisendo con un sistema TD-OCT per lo stesso intervallo temporale

otterremmo un SNR pari a: SN RT DOCT = 10log(4Ps 2 NT  hν) = SN RSDOCT − 10log( N 2) (2.22)

Concludendo possiamo quindi asserire che il sistema SD-OCT possiede una sen-sibilità intrinsecamentemigliore rispetto a quello TD-OCT di un fattore N

2 [9]. Ciò

è da attribuire al fatto che SD-OCT è capace di acquisire i segnali ad ogni pro-fondità del campione durante il tempo di acquisizione. Se andassimo a confrontare invece i due diversi metodi Fourier Domain, SD-OCT e SS-OCT dovremmo consi-derare che in SD-OCT la ricezione del segnale viene adata ad un array di sensori CCD e ad uno spettrometro ed è seguita da elaborazioni numeriche. Con il metodo swept-source invece, la lettura del segnale è adata ad un singolo fotorivelatore e la sorgente laser spazzola un ampio intervallo di frequenze. Utilizzando una sorgente a banda stretta questo metodo è meno esposto agli eetti degradanti dovuti alla dispersione.

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Capitolo 3

Lo strumento

MS-39 è un topografo e tomografo corneale, la cui tecnologia è basata su un disco di Placido accoppiato ad un sistema OCT. Lo strumento in questione è rappresentato in gura 3.1. In questo capitolo verrà trattato il suo funzionamento e saranno descritte le sue applicazioni.

3.1 Generalità e funzionamento

La ragione delle duplice tecnologia disco di Placido e OCT, risiede nel fatto che il disco di Placido può misurare la supercie anteriore della cornea, ma non fornisce informazioni sulle strutture interne. Il sistema OCT ha invece il ne di misurare anche le altre strutture oculari del segmento anteriore e di visualizzarle in una to-mograa. Il sottosistema OCT, abbinato ad un opportuno sistema di scansione, consente di generare immagini di sezioni del segmento anteriore che permettono di visualizzare le superci corneali anteriore e posteriore, l'iride, la supercie anteriore del cristallino, gli strati corneali (tra cui l'epitelio) e gli angoli irido-corneali. In -gura 3.2 è possibile osservare un'immagine tomograca ad alta risoluzione eettuata con lo strumento. Con questo strumento è quindi possibile ricavare immagini che forniscono misure altimetriche delle superci corneali, della camera anteriore e degli angoli irido-corneali. Per le superci corneali si possono inoltre ricavare anche misu-re di curvatura di facile interpmisu-retazione medica. La misura della supercie corneale anteriore, realizzata col sistema OCT, è accurata entro qualche micron (almeno nella parte centrale della cornea) ma non entro qualche decimo di micron, come quella fatta dal disco di Placido. Per questo è risultata indispensabile la presenza nello strumento anche del disco di Placido.

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.1. GENERALITÀ E FUNZIONAMENTO 26

Figura 3.1: Fotograa di MS-39, strumento oftalmico al centro di questo lavoro di tesi, prodotto dall'azienda CSO.

3.1.1 Disco di Placido

Il disco di Placido, come già precedentemente esposto, è uno strumento utilizzato per determinare la forma della supercie anteriore della cornea. Funziona grazie alla proiezione di una serie di anelli concentrici sulla cornea e alla loro riessione, dalla quale si riescono ad ottenere le informazioni utili. Una cornea dalla forma regola-re fornirà anelli riessi circolari, una cornea torica rietterà anelli ellittici, mentregola-re cornee con particolari problemi forniranno immagini di anelli di forma irregolare.

3.1.2 Sistema OCT implementato

Il sistema OCT dello strumento è composto da:

ˆ Una sorgente di radiazione a banda larga costituita da un diodo superlumine-scente LBS (Large Band Source) nella banda 800900 nm.

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.1. GENERALITÀ E FUNZIONAMENTO 27

Figura 3.2: Immagine tomograca di un occhio di un paziente aetto da cheratocono, realizzata con MS-39.

ˆ Un braccio di riferimento RA (Reference Arm) che contiene un sistema di lenti L2 ed uno specchio MRef.

ˆ Un braccio del campione SA (Sample Arm) che contiene un sistema di scan-sione, costituito da un sistema di lenti L1 e da un sistema di specchi e motorini

M, che consente di illuminare una striscia (in direzione assiale) del campione di cui si vuole realizzare un'immagine e di raccoglierne la radiazione retrodiusa. ˆ Un braccio di rivelazione MA, (Measurement Arm), del segnale che risulta dall'interferenza della radiazione proveniente dal braccio di riferimento e dal braccio del campione.

ˆ Un beam-splitter BS che consente di far passare la radiazione dalla sorgen-te LBS al braccio del campione e al braccio di riferimento, dal braccio di riferimento e dal braccio del campione al braccio di rivelazione.

ˆ Uno spettrometro che consente di analizzare lo spettro del segnale che risulta dall'interferenza della radiazione proveniente dal braccio di riferimento e dal braccio di misura. Lo spettrometro contiene un sensore lineare che rivela lo spettro del segnale di interferenza corrispondente alla striscia di campione illuminata.

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.1. GENERALITÀ E FUNZIONAMENTO 28

ˆ Un'unità di controllo e elaborazione CUP che piloti opportunamente le parti meccaniche ed elettroniche e che ricavi dallo spettro, tramite un algoritmo di elaborazione, il prolo di riettività della striscia del campione o dell'occhio di cui si vuol fare un'immagine.

In gura 3.3 è possibile osservare lo schema del sistema OCT con il quale è imple-mentato MS-39.

Figura 3.3: Schema del sistema OCT per MS-39.

Quindi la radiazione, dalla sorgente a banda larga LBS, viene mandata al braccio di riferimento e al braccio di misura, di fronte al quale è posto il campione di cui si vuol avere un'immagine. La radiazione nel braccio di riferimento RA viene riessa dallo specchio MRef e, attraverso il beam splitter, arriva al braccio di analisi MA. Dal braccio del campione, invece, la radiazione arriva sul campione da analizzare. Il campione retrodionde parte della radiazione, con una distribuzione angolare del-l'intensità che dipende dalla sua microstruttura e dall'orientamento delle superci di discontinuità dello stesso. Questa radiazione retrodiusa dalla porzione illumi-nata del campione, posto di fronte al braccio di misura, viene anch'essa mandata al braccio di analisi MA. Quindi, le due onde luminose, provenienti dal braccio di riferimento e del campione, interferiscono sul braccio di analisi dove è posto uno spet-trometro, che ricostruisce lo spettro del segnale di interferenza su un sensore lineare.

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.2. SPECIFICHE TECNICHE 29

Tramite l'operazione trasformata di Fourier l'interferogramma viene convertito dal dominio delle frequenze, ottenendo così il prolo di riettività. Misurando il prolo di riettività per tante strisce del campione, si riesce ad ottenere un'immagine in sezione del campione. Da una tale immagine in sezione si possono ricavare misure re-lative alla forma del campione attraverso una calibrazione, utilizzando un algoritmo di ricostruzione opportuno. Per ottenere un'immagine di una sezione del segmento anteriore oculare, si eettua in generale una scansione linea per linea e alla ne si ricompongono le informazioni ottenute in una sola immagine (gura 3.4).

Figura 3.4: Ricostruzione di un'immagine di sezione anteriore oculare tramite l'accostamento di singole strisce.

3.2 Speciche tecniche

La sorgente luminosa utilizzata dallo strumento è un diodo superluminescente, SLED, che emette in una banda di lunghezze d'onda fra 800 e 900 nm. Il range su cui av-viene la scansione è 16x16x10mm (in aria).

Lo strumento permette di ricavare molte informazioni fornendo le seguenti mappe:

ˆ Curvatura tangenziale anteriore ˆ Curvatura tangenziale posteriore ˆ Curvatura sagittale anteriore ˆ Curvatura sagittale posteriore

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.3. APPLICAZIONI 30

ˆ Elevazione anteriore ˆ Elevazione posteriore ˆ Potere refrattivo anteriore ˆ Potere refrattivo posteriore ˆ Spessore corneale

ˆ Spessore epiteliale

ˆ Spessore camera anteriore

3.3 Applicazioni

La cornea è responsabile per circa l'80% del potere diottrico dell'occhio [1], di con-seguenza conoscere la morfologia corneale risulta fondamentale per lo studio della vista e per vari altri aspetti clinici. La sua forma ha un'estrema rilevanza nello studio della funzione visiva: la supercie diottrica costituita dalla faccia anteriore della cornea e rivestita dal lm lacrimale, presenta, infatti, il maggiore salto d'indice di rifrazione rispetto a tutti gli altri elementi del sistema diottrico oculare e piccole variazioni della sua forma producono grandi eetti sulla qualità ottica dell'intero sistema oculare [2]. Uno studio attento della morfologia corneale riesce a fornire informazioni dettagliate che consentono una diagnosi precoce di varie malattie cor-neali che inducono un cambiamento nella sua forma. Oltre a ciò, questo studio è utile anche in molte applicazioni cliniche, quali la pianicazione pre-operatoria o la valutazione del decorso post-operatorio, l'applicazione di lenti a contatto rigide oppure il calcolo per le lenti intraoculari.

Una macchina con queste caratteristiche consente di eettuare imaging e lma-ti di sezioni corneali, misure di camera anteriore a ni diagnoslma-tici (cornea ante-riore e posteante-riore, spessore corneale, spessore stromale) e follow-up topograco e tomograco che rendono possibili le seguenti applicazioni:

ˆ Diagnosi e screening del cheratocono ˆ Pianicazione chirurgia refrattiva ˆ Chirurgia della cataratta

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.3. APPLICAZIONI 31

ˆ Diagnosi del glaucoma

ˆ Progettazione di lenti a contatto ˆ Biometria del cristallino

ˆ Pupillograa

ˆ Analisi lm corneale Cheratocono

Il cheratocono è una malattia della cornea, distroa corneale progressiva non in-ammatoria, che generalmente colpisce entrambi gli occhi (96% dei casi) [12]. In gura 3.5 è possibile osservare un'immagine topograca della curvatura tangenziale anteriore di un occhio aetto da cheratocono realizzata con MS-39.

Figura 3.5: Mappa topograca della curvatura tangenziale anteriore di occhio aetto da cheratocono realizzata con MS-39.

Il problema insorge quando la cornea inizia ad assottigliarsi e a incurvarsi pro-gressivamente verso l'esterno. Avendo a disposizione un disco di Placido per la misura della supercie corneale anteriore e l'OCT per la misura della supercie cor-neale posteriore, la macchina è in grado di rilevare la morfologia della cornea e il suo spessore. Questi dati permettono al software di poter classicare l'occhio in esame come normale, a rischio cheratocono o già cheratoconico. É particolarmente impor-tante rilevare occhi a rischio di cheratocono per evitare di sottoporli a interventi di

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.3. APPLICAZIONI 32

chirurgia refrattiva che potrebbero danneggiare l'occhio ulteriormente. Inoltre, gli occhi individuati come a rischio cheratocono, possono essere sottoposti alla terapia oggi disponibile di consolidamento del tessuto corneale, il cross-linking, per impedire la progressione della patologia.

Glaucoma

I glaucomi sono un gruppo molto diversicato di malattie oculari, accomunate dalla presenza di un danno cronico e progressivo del nervo ottico, con alterazioni ca-ratteristiche dell'aspetto della sua testa, che si può osservare con esame del fondo oculare, e dello strato delle bre nervose retiniche. Il glaucoma è una malattia da non sottovalutare poiché può provocare lesioni non reversibili: se non diagnostica-to in tempo e se non curadiagnostica-to a dovere potrebbe causare seri danni alla vista e, in alcuni casi, ipovisione e cecità. L'occhio al suo interno ha attivo un ciclo continuo di produzione e riassorbimento di umor acqueo. Quest'ultimo processo avviene a livello del trabecolato, porzione dell'occhio deputata appunto al deusso dell'umore acqueo dall'interno dell'occhio verso l'esterno. Se il trabecolato riduce la sua funzio-ne, rallentando il riassorbimento dell'acqua, si verica un aumento della pressione all'interno dell'occhio che può causare un danno al nervo ottico e, di conseguenza, portare allo sviluppo del glaucoma. Una delle cause può essere da ricercare in una camera ad angolo stretto [13]. Per questa ragione è particolarmente importante che lo strumento in esame misuri gli angoli irido-corneali in modo da controllare e così prevenire tale rischio.

Chirurgia refrattiva

La possibilità di misurare con grande accuratezza la supercie corneale anteriore rende lo strumento importante anche per la pianicazione di interventi di chirurgia refrattiva, atti a correggere i difetti di miopia, ipermetropia e astigmatismo. Infatti, i dati ottenuti dalle misure possono essere usati per la selezione del paziente e possono essere trasmessi ad un sistema di laser a eccimeri per l'ablazione del tessuto corneale in modo da progettare il prolo di tale intervento.

Cataratta

La cataratta è un processo di progressiva perdita di trasparenza del cristallino. Questo processo, legato a fenomeni di ossidazione delle proteine che lo costituiscono, è il risultato di un fenomeno biochimico che si verica con l'aumentare dell'età.

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CAPITOLO 3. LO STRUMENTO

3.3. APPLICAZIONI 33

L'allungamento della vita media ha portato a un aumento del numero di casi, tanto che oggi l'intervento di asportazione della cataratta è uno dei più eseguiti in tutti gli ospedali del mondo [2]. Esso consiste nella rimozione del cristallino opaco e nell'impianto di una lente articiale. Al ne di garantire risultati soddisfacenti è necessario calcolare il potere della lente più adatta al paziente, in base alle sue esigenze e alla forma delle sue strutture oculari. Grazie a un modello tridimensionale del segmento anteriore dell'occhio, ricavabile grazie alle misure eseguibili con lo strumento, si può calcolare con elevata adabilità la lente intraoculare più adatta da impiantare. A dierenza di quello che accade per gran parte delle attuali procedure di calcolo, è possibile ottenere risultati soddisfacenti sia in occhi normali sia in occhi anomali, ad esempio quelli operati con chirurgia refrattiva.

Progettazione lenti a contatto rigide

Come ultimo campo applicativo dello strumento, possiamo annoverare la progetta-zione di lenti a contatto rigide. Ancora una volta la misura della supercie corneale anteriore consente di scegliere la migliore lente per l'occhio in esame tra quelle pre-senti in un catalogo contenente i valori nominali, oppure la progettazione di una lente personalizzata. Questo diventa molto importante nei casi di cornea patolo-gica, ad esempio per pazienti aetti da cheratocono o che sono stati sottoposti a trapianto di cornea.

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Capitolo 4

Test ottici

I sistemi ottici possono presentare delle aberrazioni, che modicano il loro com-portamento ideale. Per questo motivo risulta importante conoscere quali sono le aberrazioni da cui è aetto un sistema ed è fondamentale saperle misurare. In questo capitolo sono descritte alcune delle principali aberrazioni che possono inte-ressare un sistema ottico e sono esposte alcune procedure di test eettuabili grazie all'interferometria, utilizzando un interferometro di Fizeau.

4.1 Aberrazioni di un sistema ottico

La forma più semplice di un sistema ottico può essere quello rappresentato da un diaframma, una lente convergente e uno schermo (come quello rappresentato in gura 4.1).

Figura 4.1: Schema di un sistema ottico composto da un diaframma, una lente convergente e uno schermo.

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CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.1. ABERRAZIONI DI UN SISTEMA OTTICO 35

Il diaframma lascia passare il fascio di raggi luminosi, che per semplicità consi-deriamo paralleli, e la lente convergente li focalizza in un punto posto sullo schermo. Un sistema ottico ideale avrà il fuoco localizzato in un punto, in cui il fuoco si trova esattamente sullo schermo. In caso contrario ci troveremmo di fronte ad un sistema aberrato nel quale i raggi luminosi non sono focalizzati in un punto.

Consideriamo adesso il fronte d'onda. Questo può essere denito, data un'onda che si propaga nello spazio, come il luogo dei punti che vibrano concordemente in modo che, per ognuno di essi, lo spostamento dalla posizione di equilibrio assuma lo stesso valore in ogni istante [15]. Se si considera un sistema ottico non aberrato, la radia-zione verrà fatta convergere da esso in un punto situato sullo schermo e posizionato sull'asse ottico. Il fronte d'onda è rappresentato da una supercie sferica, con con-cavità rivolta verso lo schermo e il centro in corrispondenza del fuoco. Un sistema ottico privo di aberrazioni presenta quindi in ingresso all'obiettivo un fronte d'onda piano mentre, in uscita dal sistema ottico, esso è sferico. Se si passa a considerare un sistema aberrato, questo fornirà un fronte d'onda, la cui forma si discosta dalla calotta sferica ideale e la dierenza da questa esprime l'entità delle aberrazioni. La forma geometrica delle aberrazioni viene solitamente descritta mediante l'utilizzo dei polinomi di Zernike. Questi ci permettono di descrivere la geometria del fronte d'onda, in presenza di ogni aberrazione. I polinomi di Zernike verranno discussi in maniera più approfondita nel paragrafo 4.2. Vediamo adesso più in dettaglio le aberrazioni che potrebbero interessare il nostro sistema ottico.

Il defocus

Il defocus si ha anche in assenza di aberrazioni dell'obiettivo, quando questo non è posizionato alla distanza corretta dallo schermo. Il fuoco è rappresentato anche in questo caso da un punto che si trova sull'asse ottico, ma che non si trova sullo schermo. Parlando in termini di fronte d'onda, nel defocus il fronte d'onda è sempre rappresentato da una supercie sferica, ma con un raggio di curvatura dierente rispetto al fronte d'onda ottimale di riferimento [14].

L'astigmatismo

L'astigmatismo si presenta quando l'obiettivo ha una sezione torica. Sezionando un oggetto di forma torica si ottiene una calotta con la massima curvatura su un meridiano e curvatura minima sul meridiano perpendicolare. In base al meridiano su cui la radiazione luminosa incide si avrà di conseguenza un diverso potere

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re-CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.1. ABERRAZIONI DI UN SISTEMA OTTICO 36

frattivo. Se si considera il meridiano a 90°, il più rinfrangente, la radiazione che vi incide focalizzerà su un segmento orizzontale perpendicolare all'asse ottico. Mentre quella che incide sul meridiano perpendicolare, meno rinfrangente, avrà il fuoco più indietro, su un segmento orizzontale sempre perpendicolare all'asse ottico [14]. In gura 4.2 sono osservabili questi due segmenti.

Figura 4.2: Segmenti di focalizzazione della radiazione incidente sul meridiano più curvo e su quello più piatto in un sistema ottico astigmatico.

La radiazione incidente su meridiani intermedi focalizzerà in uno spazio attorno all'asse ottico compreso fra questi due segmenti. Con un obiettivo astigmatico si ha quindi un meridiano più rifrangente ed uno meno rifrangente, perpendicolari tra di loro, mentre i meridiani intermedi avranno un potere refrattivo intermedio. Sulla supercie del fronte d'onda, ad ogni meridiano corrisponde un arco di circonferenza a diverso raggio di curvatura, tanto minore quanto maggiore è la rifrangenza. Il fronte d'onda globale sarà una supercie torica, distesa su queste linee sferiche. L'aberrazione sferica

La legge di Snell è quella che ci permette, conoscendo l'angolo di incidenza della radiazione su un mezzo e i mezzi che attraversa, di prevedere dove va a nire. Se si considera un raggio luminoso che attraversa una calotta sferica, come nel caso del diottro sferico, la legge per calcolare il potere del diottro è la seguente:

F = n2R n2− n1

(4.1) dove F rappresenta la distanza focale, quindi il potere del diottro, R il suo raggio di curvatura e n1 e n2sono gli indici di rifrazione rispettivamente del primo e del

secon-do mezzo. Il diottro sferico può presentare aberrazioni che si esplicano nel fatto che la radiazione non è focalizzata in un punto. Eseguendo punto per punto un'analisi di rifrazione, si determina che i raggi periferici possono focalizzare prima di quelli

(37)

CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.1. ABERRAZIONI DI UN SISTEMA OTTICO 37

parassiali, con conseguenza che il fuoco si disperde in un segmento. L'aberrazio-ne sferica è quindi provocata dal fatto che i raggi distanti dall'asse ottico vengono focalizzati ad una distanza diversa rispetto a quelli centrali [14]. Per convenzio-ne l'aberrazioconvenzio-ne sferica vieconvenzio-ne denita positiva quando i raggi periferici focalizzano prima di quelli parassiali, mentre nel caso contrario si parla di aberrazione sferica negativa. Questo tipo di aberrazione è rappresentata in gura 4.3

Figura 4.3: Immagine schematica di un sistema ottico aetto da aberrazione sferica positiva.

Con questa aberrazione il fronte d'onda che si viene a creare è rappresentato, non da una calotta sferica, ma da una supercie parabolica la cui curvatura va progressivamente diminuendo dal centro verso la periferia.

La coma

Il nome di questa aberrazione deriva dall'aspetto a cometa delle immagini che si ot-tengono a partire da sistemi ottici che presentano questo tipo di aberrazione. Questa si ottiene quando in un sistema il punto di maggiore curvatura non coincide con l'as-se ottico, ma è spostato in periferia. Si ottiene questo tipo di aberrazione quando si è in presenza di una supercie prolata, ma decentrata da un lato. A partire dal punto di massima curvatura si avrà una progressiva riduzione della curvatura verso la periferia, che però sarà più ripida da un lato rispetto all'altro [14]. Un'immagine schematica di ciò che avviene in presenza di un sistema aetto da questa aberrazione è visibile in gura 4.4.

Il fronte d'onda che si presenta in caso di una aberrazione di coma non è facile da descrivere. Si tratta di una calotta, sempre concava verso lo schermo, con una forma irregolare, che ha un punto di maggiore curvatura decentrato rispetto all'asse ottico.

(38)

CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.2. I POLINOMI DI ZERNIKE 38

Figura 4.4: Immagine schematica di un sistema ottico aetto da coma.

4.2 I polinomi di Zernike

I polinomi di Zernike sono una sequenza polinomiale di polinomi ortogonali sul cerchio unitario [15].

I polinomi di Zernike, utilizzando le coordinate polari (ρ,θ) sono deniti per m ≥ 0, 0 ≤ ρ ≤ 1, 0 ≤ θ ≤ 2π come:

Znm(ρ, θ) = NnmR|m|n (ρ)cos(mθ) (4.2) e per m<0, 0 ≤ ρ ≤ 1, 0 ≤ θ ≤ 2π come:

Znm(ρ, θ) = NnmR|m|n (ρ)sen(mθ) (4.3) dove n è l'ordine dei polinomi, m la frequenza, Nm

n = q 2(n+1) 1+δ0 m , con δ 0 m = 1 per

m=0 e uguale a 0 altrimenti, è il fattore di normalizzazione. R|m|n = P(n−|m|)/2s=0 (−1)

s(n−s)!

s![0.5(n+|m|)−s][0.5(n−|m|)−s]ρ

n−2s è invece la parte radiale [21]. Una

qualsiasi supercie può essere espressa tramite i polinomi di Zernike. L'aberrazione di un fronte d'onda può essere sviluppata in termini di polinomi di Zernike. Nelle analisi eettuate in questo lavoro di tesi questi polinomi verranno utilizzati per descrivere la forma del fronte d'onda in uscita dal sistema ottico spettrometro. La funzione che descrive le aberrazioni di un sistema con una pupilla di uscita circolare si può espandere in termini di un set completo di polinomi circolari di Zernike. Il contributo di ogni termine è indipendente dagli altri [15]. I polinomi ortogonali circolari di Zernike e i nomi associati ad alcuni di loro, quando identicati come aberrazioni, sono riportati in tabella 4.5 per n<8 [21].

I polinomi di Zernike vengono rappresentati spesso in forma piramidale, come rappresentato in gura 4.6.

All'apice c'è il pistone (Z0

0), supercie di riferimento. Scendendo verso il basso

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CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.2. I POLINOMI DI ZERNIKE 39

Figura 4.5: Polinomi ortogonali di Zernike con n<8.

lateralmente si ha un aumento della frequenza, positiva verso destra e negativa ver-so sinistra. Lungo l'asse della piramide troviamo le aberrazioni simmetriche, ossia quelle che non variano in base all'angolo dei meridiani. Oltre al pistone anche il de-focus (Z0

2) e l'aberrazione sferica (Z04) hanno un'unica rappresentazione, non hanno

infatti una frequenza positiva o negativa. Tutte le altre hanno una doppia rappre-sentazione. Nella seconda la, in corrispondenza delle aberrazioni di primo ordine, troviamo il tilting (Z±1

1 ), con due riproduzioni, ad assi dierenti, in accordo col fatto

che i meridiani si modicano in relazione all'orientamento angolare. Direttamente sotto il tilting, nella la delle aberrazioni di terzo ordine, troviamo la coma (Z±1

3 )

e più in basso, corrispondentemente al quinto ordine, la seconda coma (Z±1 5 ). La

la corrispondente al secondo ordine presenta tre aberrazioni. Quella centrale è il defocus, le altre due rappresentano gli astigmatismi (Z±2

2 ), tutte hanno i meridiani

(40)

CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.3. INTERFEROMETRO DI FIZEAU 40

Figura 4.6: Rappresentazione piramidale dei polinomi di Zernike.

la del quarto ordine, c'è il secondo astigmatismo (Z±2

4 ) e, scendendo ancora no al

sesto, ne troveremmo anche un terzo (Z±2

6 ). Nella la successiva, che corrisponde

al terzo ordine, le due aberrazioni centrali rappresentano la coma. L'aberrazione sferica si trova al centro della la delle aberrazioni di quarto ordine e ai lati presenta le due del secondo astigmatismo [14].

4.3 Interferometro di Fizeau

L'interferometro di Fizeau è fra gli interferometri maggiormente usati per eettuare test su sistemi e componenti ottici e, soprattutto, per valutarne la qualità. Lo schema di funzionamento dell'interferometro di Fizeau è schematicamente illustrato in gura 4.7.

Una sorgente laser è ltrata spazialmente dall'obiettivo di un microscopio e da un pinhole. Questo pinhole è posizionato nel fuoco di una lente di collimazione. Fra il pinhole e la lente è posizionato un beam-splitter. Il fascio collimato incontra nel suo percorso una lastra di vetro leggermente incuneata che si trova adiacente alla lente di collimazione ed è una supercie di ottima qualità ottica (almeno λ

20 di

picco valle) [16]. Questa è la supercie di riferimento e parte del fascio collimato è riesso da questa, mentre l'altra parte prosegue ed è quella atta ad investigare la supercie da testare. Il wedge della supercie di riferimento è introdotto in modo

(41)

CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.4. APPLICAZIONI DELL'INTERFEROMETRO DI FIZEAU 41

Figura 4.7: Schema generale dell'assetto di un interferometro di Fizeau.

tale da far sì che la riessione dalla supercie posteriore possa essere isolata. Il fascio di ritorno contiene informazioni riguardanti le aberrazioni introdotte dall'ottica da testare. I due fronti d'onda si ricombinano all'interno dell'interferometro. Il beam-splitter devia i fasci combinati verso un mezzo che registra, solitamente un CCD. Una lente intermedia, assieme alla lente di collimazione forma un'immagine della supercie da testare sul piano in cui si registra il segnale. Ciò che si osserva è una gura di interferenza che ci permette di ricavare informazioni sull'oggetto in esame.

4.4 Applicazioni dell'interferometro di Fizeau

4.4.1 Test di valutazione di una supercie piana

Supponiamo di avere un componente ottico piano del quale vogliamo valutare la qualità. La prima operazione da eettuare consiste nell'allineamento della super-cie da testare all'interferometro. Gli interferometri di questo tipo possiedono una cosiddetta modalità di allineamento. Ciò richiede il posizionamento del punto lumi-noso rappresentante il fascio di ritorno al centro di una croce visibile su schermo.

(42)

CAPITOLO 4. TEST OTTICI

4.4. APPLICAZIONI DELL'INTERFEROMETRO DI FIZEAU 42

Supponiamo che la supercie da testare abbia un difetto, ad esempio una cosa simile a quella visibile in gura 4.8.

Figura 4.8: Generazione dei fronti d'onda relativi alla supercie di riferimento e a quella da testare.

Il fronte d'onda relativo al fascio uscente dall'interferometro incide sulla supercie test e viene riesso indietro nell'interferometro. La porzione riessa ha raccolto due volte l'errore di supercie presente nell'oggetto da testare. Il fronte d'onda derivante dalla supercie con questa aberrazione ripassa attraverso la supercie di riferimento ed interagisce con quello riesso dal riferimento stesso. Quando due fronti d'onda coerenti si sovrappongono, interferiscono l'uno con l'altro. L'equazione che descrive l'interferenza è la seguente [18]:

I(x, y) = I1+ I2+ 2

p

I1I2cosφ(x, y) (4.4)

Per ottenere frange con un alto contrasto la riessione dalla supercie di riferimento e quella dalla supercie di test dovrebbero essere uguali in intensità. Il massimo contrasto nelle frange lo si ottiene proprio quando I1 = I2. Per esempio, una

su-percie in vetro riette il 4%. Per massimizzare il contrasto nelle frange anche la supercie di riferimento dovrebbe riettere allo stesso modo, ossia il 4%. Qualora la stessa supercie di riferimento fosse utilizzata per testare uno specchio e quindi la riettività di questo fosse molto maggiore, dovremmo utilizzare ltri per ridurre la riettività dell'ottica da testare [16]. Qualora la supercie da testare fosse perfet-tamente piana, osservando l'interferogramma vedremmo frange composte da linee dritte equispaziate, simili a quelle mostrate in gura 4.9.

Riferimenti

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