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La risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi cagionato dalla pubblica amministrazione

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~ 1 ~

ringrazio il Professor Carmelo D’antone, per la professionalità e cordialità con cui ha seguito il mio lavoro

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INDICE

INTRODUZIONE……….4

CAPITOLO I L’INTERESSE LEGITTIMO 1. Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto amministrativo; in particolare l’interesse legittimo ... 12

2. Interessi oppositivi e interessi pretensivi ... 16

3.Teorie sull’interesse legittimo proposte da dottrina e giurisprudenza .... 17

CAPITOLO II IL PROBLEMA DELLA RISARCIBILITA’ DEI DANNI DA LESIONE DELL’INTERESSE LEGITTIMO 1. Risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi ... 24

2. Risarcimento da atti illegittimi o da comportamenti illeciti e indennizzo da atti legittimi ... 28

3. Analisi della sentenza della Cassazione 500\1999 ... 30

4. I mezzi di tutela dell’interesse legittimo ... 33

5. Proposte di inquadramento alternativo della responsabilità da esercizio illegittimo del potere ... 38

6. La giurisdizione del Giudice Amministrativo in tema di risarcimento del danno da lesione dell’interesse legittimo. ... 41

6.1 Premessa ... 41

6.2 Il criterio della causa petendi ... 42

6.3 L’evoluzione del sistema e i problemi di giurisdizione ... 45

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~ 3 ~

6.5 L’intervento delle Sezioni Unite e del Consiglio di Stato sul

risarcimento dell’interesse legittimo ... 49

7 L’assetto normativo attuale ... 53

CAPITOLO III ULTERIORI IPOTESI DI RESPONSABILITA’: IL DANNO DA RITARDO E DA DISTURBO E IL DANNO DA PERDITA DI CHANCE 1. Il danno da ritardo della P.A.: definizione ... 57

1.2 Il danno da disturbo della P.A.: definizione ... 61

2. La giurisdizione ... 62

3. Gli assetti normativi e gli orientamenti giurisprudenziali dopo gli interventi della Corte Costituzionale ... 65

4. Le riforme normative successive... 69

5. L’onere della prova e l’elemento soggettivo ... 77

6. Profili processuali ... 83

7. La responsabilità della P.A. con particolare riferimento al danno da disturbo. ... 88

9. Il danno da perdita di chance ... 95

9.1 La nozione di chance ... 95

9.2 La risarcibilità del danno da perdita di chance ... 96

9.3 I criteri liquidativi... 99

10. La perdita di chance e la lesione degli interessi legittimi ... 100

11. La natura giuridica della perdita di chance, tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale ... 102

12. Accertamento del danno da perdita di chance ... 104

12. Il danno da perdita di chance negli appalti pubblici ... 107

14. Giurisprudenza della Cassazione in tema di perdita di chance ... 113

CONCLUSIONI………129

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INTRODUZIONE

Nell’ambito della tematica relativa alla responsabilità della Pubblica Amministrazione, questo lavoro si pone il modesto obiettivo di ripercorrere alcuni rilevanti snodi del percorso giurisprudenziale e normativo relativo alla risarcibilità della lesione di posizioni d’interesse legittimo, soprattutto con riferimento alla storica svolta operata dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n.500/1999.

L'interesse legittimo è la situazione giuridica soggettiva della quale è titolare un soggetto privato nei confronti della pubblica amministrazione, che esercita un potere autoritativo attribuitole dalla legge.

L'interesse legittimo ha come oggetto una utilità o un bene della vita che un soggetto privato mira, rispettivamente, a conservare o a conseguire tramite l'esercizio legittimo del potere amministrativo. Nel primo caso si parla di interesse legittimo oppositivo, che sorge, per esempio, nei casi di espropriazione o di imposizione di un vincolo alla proprietà; nel secondo caso di interesse legittimo pretensivo, che sorge per esempio in relazione a un'autorizzazione o a una concessione necessaria per intraprendere un'attività.

Fino a pochi anni fa, la lesione di un interesse legittimo a opera di un provvedimento amministrativo illegittimo trovava tutela esclusivamente attraverso l'azione di annullamento da proporre innanzi al giudice amministrativo.

In seguito alla sentenza storica della Corte di Cassazione (500/1999), è venuto meno il principio tradizionale che limitava l'area della risarcibilità nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione alla lesione di diritti soggettivi. L'azione risarcitoria può essere dunque proposta, come prevede ora espressamente la normativa sulla giustizia amministrativa, anche in caso di lesione dell'interesse legittimo.

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La giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, aveva sempre negato la risarcibilità delle posizioni di interesse legittimo, riconoscendo una tutela risarcitoria indiretta degli interessi legittimi solo in relazione ai c.d. interessi legittimi oppositivi e non in relazione ai c.d. interessi legittimi pretensivi: in ogni caso, doveva prima intervenire l'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo da parte del giudice amministrativo, la c.d. pregiudizialità amministrativa.

La questione della pregiudizialità amministrativa, ossia della necessità o meno, ai fini dell’ammissibilità dell’azione per il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo della previa impugnazione dell’atto lesivo, ha per parecchi anni travagliato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale, dando luogo a contrasti anche aspri fra la Corte di cassazione (che, fin dalla storica «apertura» del 1999 alla risarcibilità degli interessi legittimi, ha sempre escluso tale necessità) e il Consiglio di Stato (che, al contrario, ha più volte riaffermato il principio della pregiudizialità). Il problema è stato però risolto alla fine del 2010 dal legislatore con il varo del codice del processo amministrativo (approvato con d.lgs. 2.7.2010, n. 104, ed entrato in vigore il 16.9.2010), il cui art. 30 espressamente ammette la proponibilità dell’azione di risarcimento «anche in via autonoma».

Già nei primi mesi del 2011, prima ancora del nuovo intervento dell’Adunanza plenaria sul tema, è andato consolidandosi l’orientamento giurisprudenziale il quale, sulla scorta della citata disposizione di cui all’art. 30 c.p.a., ha preso atto dell’ormai intervenuto superamento della cd. pregiudizialità amministrativa, avendo il legislatore accolto l’avviso della Corte di Cassazione circa la proponibilità dell’azione di risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo anche in via autonoma: pertanto, detta azione non può essere dichiarata inammissibile per il solo fatto che il proponente non abbia, in ipotesi, proceduto a impugnare tempestivamente il provvedimento amministrativo produttivo dell’affermato pregiudizio.

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Come è noto, l’unica concessione che il legislatore ha fatto alle esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici – che erano, poi, alla base delle preoccupazioni che hanno indotto per lungo tempo la giurisprudenza amministrativa a sostenere il principio della pregiudizialità – si è sostanziata nella previsione di un termine di decadenza (120 giorni) per l’esercizio dell’azione risarcitoria, decorrente dalla data in cui il fatto si è verificato, ovvero della conoscenza del provvedimento se il danno è derivato da esso.

Come si diceva poc’anzi, il Supremo Collegio ha esordito proprio affermando che l’art. 30, comma 1, c.p.a., in combinato disposto col comma 4 del precedente art. 7, ha definitivamente sancito l’autonomia, sul versante processuale, dell’azione di risarcimento rispetto all’azione di annullamento, come confermato dai commi 3 e 4 del successivo art. 34 c.p.a., in virtù dei quali – rispettivamente – il giudizio risarcitorio costituisce eccezione al generale divieto, per il giudice amministrativo, di conoscere della legittimità di atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l’azione di annullamento, e l’accertamento dell’illegittimità resta doveroso, a fini meramente risarcitori, allorquando la pronuncia costitutiva di annullamento non risulti più utile per il ricorrente.

Secondo la Plenaria, tale principio di autonomia si inserisce nella più generale configurazione del processo amministrativo come giudizio sul rapporto, e non più semplicemente sull’atto impugnato, ossia come giudizio finalizzato a realizzare una tutela effettiva dell’interesse sostanziale azionato dal privato, e non soltanto a verificare la legittimità del provvedimento sulla scorta dei vizi contestati (come testimoniato, fra l’altro, dalla previsione normativa di una pluralità tipologica di azioni esperibili dinanzi al giudice amministrativo, nel quadro di un progressivo superamento dell’originaria natura strettamente impugnatoria del processo de quo). Pertanto, con revirement rispetto al proprio pregresso orientamento, la Plenaria ha decisamente affermato

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l’autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento, in linea non solo con la natura sostanziale della situazione giuridica di interesse legittimo quale ab initio individuata dalla Cassazione, ma anche con la prevalente giurisprudenza comunitaria e con l’evoluzione normativa, che è segnata dal superamento dell’esclusività della tutela impugnatoria a fronte di un provvedimento lesivo (si pensi all’azione di nullità ex art. 21 septies, l. 7.8.1990, n. 241, al rimedio avverso il silenzio, ecc.). Inoltre, è stato richiamato l’indirizzo che, già anteriormente al codice, a fronte della domanda di annullamento inidonea a soddisfare l’interesse in forma specifica, ammetteva una pronuncia limitata all’accertamento dell’illegittimità, senza esito di annullamento, ai soli fini della tutela risarcitoria invocabile con riguardo agli eventuali danni patiti per effetto dell’esecuzione del provvedimentoimpugnato, nonché quanto recentissimamente affermato dalla Corte Costituzionale – sia pure a livello di obiter dictum – in punto di autonomia delle due azioni.

Sotto il profilo sostanziale la precedente impostazione escludeva che l’art. 2043 c.c. riguardasse la lesione arrecata all’interesse pretensivo anche nel caso di annullamento del provvedimento impeditivo della venuta ad esistenza del diritto. Ciò derivava dall’interpretazione secondo cui il “danno ingiusto” rilevante ex art. 2043 c.c. è da identificarsi con la sola lesione di diritti soggettivi assoluti in quanto l’art. 2043 c.c. è norma secondaria, ossia preordinata a tutelare le sole posizioni (di diritto soggettivo assoluto) previste e tipizzate in altre norme (dette primarie).

Da tale assetto potevano dunque evincersi due principi cardine: 1) l’unica posizione suscettibile di risarcimento era il diritto soggettivo soppresso o sottoposto a menomazione da parte della pubblica amministrazione con comportamenti materiali, con illeciti contrattuali o provvedimenti amministrativi riconosciuti illegittimi dal giudice

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amministrativo; 2) il giudice competente a concedere il risarcimento era il giudice ordinario.

La giurisprudenza ha progressivamente superato l’interpretazione secondo cui il danno ingiusto ex art. 2043 c.c. è da identificarsi con la sola lesione di diritti soggettivi assoluti, argomentando dalla circostanza che, quantomeno nei rapporti tra privati, la giurisprudenza (civile) riconosce la risarcibilità di posizioni giuridiche non aventi la consistenza di diritto soggettivo assoluto, ma che – tuttavia – vengono ritenute meritevoli di tutela in ragione della loro rilevanza sociale. La sentenza n.500\1999 della Suprema Corte ha, infine, sancito il superamento della lettura “pietrificata” dell’art. 2043 c.c. prevedendo la possibilità di risarcimento dei danni da lesioni di interessi legittimi, inoltre, con riferimento alla giurisdizione, l’art 133 c.p.a. ha espressamente previsto che il giudice amministrativo possa, nelle materie di sua competenza esclusiva, procedere anche al risarcimento del danno.

Il lavoro si conclude con la trattazione, in particolare dei casi di danno da disturbo e danno da ritardo e del caso di danno da perdita di chance, con particolare attenzione alla materia degli appalti pubblici.

Nello specifico, si è partiti analizzando la nozione di danno da ritardo, riconducibile alle fattispecie in cui l’amministrazione, a fronte dell’istanza del privato, non risponde nel termine previsto, dando così luogo ad un silenzio- rifiuto.

La giurisprudenza in questi casi ha ritenuto che sia risarcibile la lesione dell’interesse del privato all’emanazione del provvedimento nonché al rispetto del termine previsto per la conclusione del procedimento. Nelle più recenti sentenze, il Consiglio di Stato dapprima ribadisce il principio a tenore del quale "Il solo, mero ritardo nell’emanazione dell’atto, in linea di principio ben può costituire elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto, con conseguente obbligo di risarcimento nel caso di procedimento amministrativo che sia da

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concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario", salvo poi precisare come la ragione di fondo sottesa alla risarcibilità del danno da ritardo risiede nel fatto che il risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla pubblica amministrazione in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa dei tempi di definizione del procedimento presuppone che il tempo è un bene della vita per il cittadino e il ritardo nella conclusione d un procedimento ha un suo costo (Cons. Stato Sez. V 28 febbraio 2011 n.1271); il che, in presenza dei dovuti presupposti, è suscettibile di ristoro patrimoniale secondo lo schema della responsabilità c.d. aquiliana.

L’ultima novità sul tema è l’introduzione, con l’art. 28 del decreto del “fare” (n. 69/2013), di una forma di indennizzo automatico da ritardo nella conclusione del procedimento. Secondo le nuove norme, le pubbliche amministrazioni corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo, con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento a istanza di parte, per cui la legge prevede l’obbligo di pronunciarsi.

Ma sono diverse le limitazioni di questo strumento. Innanzitutto il risarcimento non è affatto automatico: in primo luogo occorre che l’interessato abbia richiesto al superiore gerarchico entro un termine perentorio di sette giorni un intervento sostitutivo, a quel punto l’indennizzo scatterà solo nel caso in cui anche il superiore gerarchico non rispetti il termine previsto per l’esercizio del potere sostitutivo. La somma dovrà essere complessivamente non superiore a 2.000 euro, realizzando quindi un risarcimento parziale; per ogni risarcimento ulteriore occorrerà provare il dolo o la colpa.

Nel caso in cui il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine o non liquidi l’indennizzo maturato a tale data, l’istante può proporre ricorso al TAR. Ma se il ricorso è dichiarato inammissibile o è respinto in relazione all’inammissibilità o alla

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manifesta infondatezza dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice condannerà il ricorrente a pagare in favore dell’amministrazione una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.

In ogni caso il nuovo rimedio ha carattere provvisorio e sperimentale, dato che vige solo per i procedimenti riguardanti l’avvio e l’esercizio dell’attività di impresa iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, e solamente trascorsi 18 mesi da questa data si stabilirà se confermarlo, rimodularlo o abbandonarlo.

Va segnalato che è nell’aria una modifica significativa della normativa in sede di conversione del decreto, allo scopo di aumentarne l’utilità. Probabile che l’indennizzo venga esteso a tutti i procedimenti a istanza di parte (quindi non solo alle imprese) e che la procedura per l’ottenimento venga semplificata.

Si passati poi all’analisi del danno da disturbo che consiste, invece, nella illegittima compromissione, da parte della P.A., dell’esercizio da parte del privato, delle facoltà inerenti l’esercizio di diritti di cui è titolare. Così la giurisprudenza ha ritenuto sussistere il danno da disturbo nel caso di illegittima compromissione del diritto di proprietà derivante da provvedimenti amministrativi illegittimi (es. danno subito dal titolare di una concessione edilizia per effetto di provvedimenti amministrativi illegittimi che hanno determinato una sospensione dei lavori).

La risarcibilità del danno da disturbo è stata di recente riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa. Tale giurisprudenza ha colto l’occasione per distinguere il danno da disturbo dal danno da ritardo. In proposito ha chiarito che mentre con quest’ultimo il privato lamenta di aver subito un danno a causa del ritardo con cui l’amministrazione si è pronunciata sulla sua istanza, nel secondo caso il privato si duole del “disturbo” arrecato all’esercizio delle facoltà connesse a suoi diritti.

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In ogni caso perché il risarcimento possa essere riconosciuto è necessario che la P.A. abbia agito in violazione di norme e principi dell’ordinamento nonché con dolo o colpa e che vi sia un nesso eziologico tra la condotta della P.A. e il danno prodottosi.

Infine, particolare attenzione è stata posta al danno da perdita di chance ovvero quella perdita attuale della possibilità di ottenere un futuro risultato utile, cioè una effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato vantaggio economico, qualificabile e quantificabile. Si noti come la “chance” non sia una semplice aspettativa, ma una vera e propria probabilità statistica di conseguire un arricchimento, configurandosi la stessa come un'entità giuridicamente indipendente e, se provata, sicuramente liquidabile.

L'onere della prova richiesta ai fini della liquidazione del danno è a carico del danneggiato, il quale deve poter dimostrare – sul piano civilistico, attraverso l'applicazione dell'assunto del “più probabile che non” - la sussistenza di un nesso causale tra il fatto lesivo accaduto e la probabile verificazione futura dell'evento utile. Il danno deve quindi intervenire ad interrompere la catena ipotetica di eventi che avrebbe (quasi) sicuramente portato al conseguimento, da parte del soggetto danneggiato, di un proprio vantaggio personale.

L’attuale dottrina, in evoluzione rispetto alla precedente, qualifica la chance come un vero e proprio istituto giuridico suscettibile di valutazione di mercato. Il danno subito dalla vittima deve essere ingiusto; e, come altre tipologie di danno risarcibile (contrattuale ed aquiliano) anche il danno da perdita di chance trova il proprio fondamento normativo nell'articolo 2043 del codice civile.

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CAPITOLO I

L’INTERESSE LEGITTIMO

1.

Le

situazioni

giuridiche

soggettive

nel

diritto

amministrativo; in particolare l’interesse legittimo

.

Uno dei caratteri tipici dell’attività amministrativa è costituito dal suo esplicarsi mediante l’esercizio di poteri idonei ad incidere unilateralmente sulla sfera giuridica altrui per finalità di interesse pubblico. Questa particolare attitudine qualifica gli atti che ne sono espressione come autoritativi. Dall’esigenza di tutela dell’interesse del privato di fronte a questo tipo di potere ha avuto origine l’elaborazione di una particolare situazione giuridica soggettiva denominata interesse legittimo (di cui tratteremo più avanti). 1

Una delle funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico è infatti quella di risolvere conflitti di interessi intersoggettivi. Gli interessi sono aspirazioni dei soggetti verso beni ritenuti idonei a soddisfare bisogni. Si definisce situazione giuridica soggettiva la situazione di cui è titolare un soggetto dell’ordinamento con riferimento al bene che costituisce oggetto dell’interesse. Le situazioni sono svariate: diritto soggettivo, interesse legittimo, potere, obbligo e dovere.2 Le situazioni giuridiche sono attribuite da norme giuridiche e costituiscono il contenuto dei rapporti giuridici, in tali rapporti i soggetti possono essere portatori di:

- posizioni soggettive di vantaggio, o attive: (diritto soggettivo, interesse legittimo, potere etc..), quando attribuiscono una posizione favorevole al titolare attribuendo all’interesse di quest’ultimo una prevalenza rispetto a quello di altri soggetti;

1 Maurizio Mirabella, Massimo Di Stefano, Andrea Altieri, Corso di diritto

amministrativo, Giuffrè 2009, p. 63.

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- posizioni soggettive passive, o di svantaggio: (obbligazione, dovere, onere, soggezione) quando attribuiscono una posizione sfavorevole al titolare, prevedendo la subordinazione dell’interesse di quest’ultimo a quello di altri soggetti.

Il concetto di situazione giuridica soggettiva va distinto da quello di status, la prima attiene a specifici rapporti, mentre il secondo si riferisce ad una condizione da cui derivano un complesso di situazioni attive e passive.

La riferibilità di situazioni giuridiche soggettive ad un soggetto presuppone la sua idoneità ad esserne titolare. Tale idoneità è la capacità giuridica riconosciuta dall’ordinamento (art. 1 e 11 c.c.) ai propri soggetti ed indica la suscettibilità di un soggetto ad essere titolare di diritti e doveri. Dalla capacità giuridica si distingue la capacità di agire: per capacità di agire si intende l’attitudine del soggetto a compiere atti giuridici validi, incidenti sui propri interessi (art. 2 c.c.) e si acquista al momento della nascita, presuppone che la persona sia in grado di curare i propri interessi, ciò avviene oggi al conseguimento della maggiore età che la legge fissa al compimento del diciottesimo anno.3

In linea di principio, capacità giuridica e capacità di agire non sorgono contemporaneamente in quanto, per le persone fisiche, la seconda si acquista con il raggiungimento della maggiore età, e, comunque, possono non sussistere contestualmente in capo allo stesso soggetto, tanto è vero che l’ordinamento prevede istituti per consentire l’imputazione di effetti in capo ai soggetti dotati di capacità giuridica ma non di capacità di agire (ad esempio rappresentanza).

Nel diritto amministrativo, tuttavia, con riferimento alle persone fisiche la capacità di agire è di norma strettamente connessa con la capacità giuridica, nel senso che si dispone della seconda in quanto si abbia l’idoneità a gestire le vicende delle situazioni giuridiche, escludendosi

3

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la possibilità che le situazioni siano esercitate da soggetti diversi dai titolari. L’esempio tipico (Sandulli) è quello del cosiddetto diritto di elettorato attivo, che spetta soltanto alle persone maggiorenni che possono esercitarlo.

La capacità di agire, che concerne categorie astratte di situazioni giuridiche, differisce poi dalla legittimazione ad agire, la quale si riferisce invece a situazioni specifiche e concrete (attive o passive), effettivamente sussistenti, ed a singoli rapporti: ad esempio, il soggetto ha la capacità di agire in relazione al potere di intervento nei procedimenti amministrativi ai sensi della legge 241\1990, ma ha la legittimazione ad agire soltanto se in concreto sia pendente un procedimento che coinvolga suoi interessi.4

L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva che ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento con la l. n 5992/1889 istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato quale giudice di quegli interessi sostanziali, diversi dai diritti soggettivi, che fino ad allora erano rimasti completamente sforniti di tutela. Di interesse legittimo si occupa anche la Costituzione agli artt. 24, 103 e 113, riconoscendogli piena dignità e tutela senza però offrirgli una definizione. Prevale oggi in dottrina la teoria per la quale l’interesse legittimo è l’interesse soggettivo sostanziale ad una determinata utilità della vita connesso all’esercizio legittimo dell’azione amministrativa, che, nel suo esplicarsi, deve tenere conto dell’interesse pubblico primario e degli interessi privati coinvolti dall’esercizio del potere. L’utilità sostanziale che costituisce l’oggetto dell’interesse legittimo, dunque, non si realizza se non attraverso l’interesse strumentale che la PA agisca legittimamente. L’interesse legittimo è quindi la situazione giuridica soggettiva che “dialoga” con l’amministrazione che sta esercitando o ha esercitato un pubblico potere e che, quindi, con un atto unilaterale ed autoritativo è in grado di incidere ex se sulla sfera giuridica

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contrapposta. La figura non sorge per effetto della sua lesione ad opera di un potere amministrativo ma è configurabile già nel momento in cui ha inizio il procedimento amministrativo o, anche prima, quando si realizzano i presupposti per l’esercizio del potere.

A questo punto, posto che sia il diritto soggettivo che l’interesse legittimo hanno alla base un interesse materiale, come affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (SS. UU. 22-7-1999, N.500), essi vanno differenziati. Mentre il diritto soggettivo è una posizione autonoma in quanto prevista compiutamente da una previsione di legge, l’interesse legittimo, può essere espresso in termini di posizione non autonoma: l’utilità sperata dal titolare di questa5 posizione dipende dall’intermediazione provvedimentale dell’amministrazione pubblica. Una delle caratteristiche dell’interesse legittimo è la differenziazione: il titolare di questa posizione giuridica individuale è colui che nei confronti dell’esercizio del potere pubblico si trova in una situazione differenziata rispetto ad altri soggetti. La distinzione tra le due posizioni giuridiche soggettive va individuata anzitutto nel loro lato “esterno”: la posizione di diritto soggettivo postula il rapporto con altri soggetti dell’ordinamento, tra cui eventualmente pubbliche amministrazioni, collocati su un piano di parità giuridica con il titolare della posizione; la posizione di interesse legittimo postula il rapporto con uno specifico soggetto dell’ordinamento, una pubblica amministrazione che agisce nell’esercizio del potere pubblico, collocata su un piano di supremazia nel senso che è in grado di incidere unilateralmente ed autoritativamente con un proprio atto, il provvedimento amministrativo, sulla sfera giuridica del soggetto destinatario.

5 Roberto Caponigro, La pregiudiziale amministrativa tra l’essenza dell’interesse legittimo e l’esigenza di tempestività del giudizio, www.giustizia-amministrativa.it

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2.

Interessi oppositivi e interessi pretensivi

La figura dell’interesse legittimo può articolarsi nella distinzione tra interesse pretensivo e interesse oppositivo.

Con interesse pretensivo si intende l’interesse che viene fatto valere da un soggetto che vuole ottenere una utilità dalla pubblica amministrazione e quindi vuole accrescere la sua sfera giuridica con l’emanazione di un provvedimento a lui favorevole ( ad es. una richiesta di rilascio di una concessione edilizia).6 Negli interessi pretensivi, quindi, il bene della vita non è stato ancora conseguito ma può essere conseguito solo attraverso l’esercizio del potere amministrativo, sicchè il titolare della posizione aspira ad un facere positivo della pubblica amministrazione con cui è entrato in contatto proprio per conseguire l’utilità alla quale tende.

Il privato titolare dell’interesse legittimo oppositivo aspira a conservare un bene della vita di cui è titolare e, quindi, si oppone all’esercizio del potere amministrativo che su quel bene vuole incidere limitandolo o sottraendoglielo, egli aspira perciò a un non facere della pubblica amministrazione.

Nelle ipotesi descritte è chiaro che il privato non ha un diritto soggettivo in quanto la sua aspirazione al bene finale della vita non è tutelata in via assoluta dall’ordinamento, non è cioè protetta da una norma di relazione: la fruizione e il mantenimento del loro interesse dipendono dall’esercizio di un potere dell’amministrazione; l’interesse privato non è un limite alla soddisfazione di quello pubblico.7 Dobbiamo notare come la situazione del privato non sia affatto priva di tutela, egli ha infatti la pretesa che l’attività della pubblica amministrazione si svolga in modo corretto e legittimo (appunto l’interesse legittimo).

6

F. Caringella, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali, tomo

I, VI edizione, Giuffrè editore, P. 394

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3.

Teorie sull’interesse legittimo proposte da dottrina e

giurisprudenza

Storicamente il riassetto degli apparati preposti alla gestione del contenzioso amministrativo fu compiuto con la (tuttora vigente) L. 24 marzo 1865 n. 2248 che, nel sopprimere gran parte degli organi cui era affidato il compito di dirimere il contenzioso amministrativo, affidò al giudice ordinario tutte le controversie aventi ad oggetto un diritto civile o politico ancorché trattasi di provvedimenti emanati dall’autorità amministrativa.

Al giudice ordinario, tuttavia, si negava il potere di modificare i provvedimenti amministrativi posti in essere in violazione dei diritti soggettivi dei cittadini, potendo egli solamente dichiararli illegittimi ai soli fini della decisione della controversia e spettando poi alle stesse autorità amministrative conformarsi alla sentenza.

Al tempo, in ogni caso, si aveva ancora un’idea approssimativa delle fattispecie in cui può accadere che il provvedimento violi un diritto soggettivo. Nella sostanza, si riteneva che la lesione fosse possibile quando l’ordinamento riconoscesse al cittadino un diritto intangibile da parte del pubblico potere, ossia quando nessuna legge contempla una potestà della P.A. di incidere su quel diritto precostituito.

All’infuori di questa fattispecie, nessuna violazione di diritti del cittadino e nessuna tutela giurisdizionale era prevista, non traducendosi l’eventuale inosservanza delle leggi che regolano l’azione amministrativa nella lesione di interessi soggettivi giuridicamente tutelati.8

8 Monografia dell’Avv. Bruno Sechi, Interessi finalmente legittimi e risarcibili, 31

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La primordiale nozione dell’interesse legittimo, dunque, risale certamente alla L. 2248/165 contenente “l’embrione” dell’interesse legittimo quale situazione atta a consentire una sia pur limitata ed aleatoria reazione del privato nei riguardi dell’azione autoritativa illegittima della P.A.

Tuttavia, solo dopo l’istituzione della quarta sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato fra i giuristi cominciò a maturare la consapevolezza della sua esistenza.

Da allora prese avvio il sistematico studio dottrinale e giurisprudenziale di quella situazione giuridica “minore” rispetto al diritto soggettivo e caratterizzata dal fatto che il privato, pur non avendo patito la lesione di diritti dall’illegittimo agire della P.A., è ammesso a provocare il sindacato giurisdizionale su atti del pubblico potere.

L’interesse legittimo è, secondo questa primitiva concezione, la posizione giuridica di vantaggio con cui l’ordinamento protegge in modo diretto e speciale l’interesse pubblico alla legalità dell’azione amministrativa e solo indirettamente ed occasionalmente l’interesse del privato che, dallo scorretto agire della P.A., abbia tratto nocumento. È questa la teoria dell’interesse occasionalmente protetto elaborata dalla dottrina tradizionale secondo la quale, in altri termini, l’interesse del privato troverebbe tutela e riconoscimento giuridico, qualora la sua lesione derivasse dal pregiudizio arrecato all’interesse pubblico dall’operato illegittimo della P.A.

Il privato, quindi, non potrebbe chiedere tutela in modo autonomo, ma sperare che l’atto illegittimo leda anche l’interesse pubblico, che l’Amministrazione pubblica deve principalmente perseguire.

La teoria in questione, per la quale si parla di tutela indiretta o riflessa dell’interesse legittimo, tuttavia non ne fornisce ancora una definizione e né potrebbe trovare oggi accoglimento, posto che a seguito della novella del 2005 di riforma della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, la stessa P.A., nell’esercizio dei suoi poteri in via di

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autotutela, può anche non provvedere con l’illegittimità dell’atto quando lo stesso, seppur viziato, persegue sempre quel dato interesse pubblico.9

La concezione in chiave puramente processualistica, invece, concepisce l’interesse legittimo alla stregua di interesse a ricorrere contro i provvedimenti amministrativi illegittimi, al fine di ottenere la pronuncia di annullamento.

Se l’interesse legittimo era inteso essenzialmente come il potere di chiedere al giudice amministrativo l’annullamento dell’atto illegittimo, potere sotteso da un vantaggio materiale che il richiedente deve poter conseguire dal provvedimento giurisdizionale, era inevitabile che le successive evoluzioni del pensiero dottrinario sull’argomento conducessero a teorizzare che si tratta di un diritto di “pura azione”, vale a dire di una posizione di mera legittimazione ad agire sul piano processuale cui non corrisponde, sul piano sostanziale, alcuna situazione soggettiva.

Il diritto sostanziale non si occupa dell’interesse materiale del privato coinvolto dall’esercizio della potestà amministrativa, poiché le norme che regolano l’esercizio della potestà si preoccupano solo del pubblico interesse.10

Tale tesi è stata criticata nella parte in cui non prende in considerazione il fatto che la medesima posizione vantata dal privato non sorge con l’emanazione del provvedimento illegittimo ma con l’inizio del procedimento amministrativo volto all’emanazione del medesimo. Tale posizione è suffragata dal dato normativo della L. 241/1990 la quale contempla una serie di istituti quali l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento od il diritto di accesso agli atti, istituti che rafforzano la posizione vantata dal privato nei confronti della P.A.

9 Roberto Sposato, L’interesse legittimo e sue tecniche di tutela alla luce del nuovo

codice del processo amministrativo, 3 luglio 2011, in www.filodiritto.com.

10 Claudio Silvis, Dell’interesse legittimo: riesumazione di una “vecchia” tesi in

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~ 20 ~

Vale la pena rammentare un’altra teoria che si basa invece sulla concezione normativa dell’interesse in questione secondo la quale è la stessa normativa ad individuare espressamente l’interesse legittimo. Il privato cittadino è titolare di un potere che incide sul corretto esercizio dell’attività della P.A. al fine di perseguire l’interesse (sostanziale) del bene della vita e, dunque, l’interesse legittimo svolge una funzione strumentale rispetto all’interesse sostanziale. Il riconoscimento dell’interesse legittimo appare, in definitiva, di fondamentale importanza per l’individuazione del Giudice competente, ovvero il Giudice Amministrativo che è giudice di legittimità e correlativamente degli interessi legittimi.11

Alla concezione dell’interesse legittimo come mezzo che garantisce una protezione meramente occasionale ed indiretta dell’interesse materiale del privato, nonché allo sbocco in chiave esclusivamente processualistica di quel costrutto, la più moderna dottrina ha inteso reagire, gradatamente elaborando, soprattutto fra anni ’60 e ’70 dello scorso secolo, una nozione sostanziale dell’interesse legittimo.

Si tratta cioè, di una posizione di vantaggio avente natura sostanziale prima ancora che processuale.

Al suo titolare non è data solo la possibilità di impugnare il provvedimento in sede giudiziaria per ottenerne la demolizione, ma una variegata gamma di potenzialità interlocutorie con la P.A. in via anticipata rispetto alla sua programmata adozione (ossia nel procedimento amministrativo) e/o in via posticipata (in sede di contenzioso amministrativo e giurisdizionale).

Questa azione di influenza è sostanzialmente diretta ad orientare la decisione della P.A. nella direzione più vantaggiosa al privato, dando a costui la concreta possibilità di svolgere un’attività di prospettazione alla stessa P.A. agente o al giudice amministrativo, della soluzione provvedimentale più corretta ed adeguata sotto il profilo della

11

Monografia dell’ Avv. Bruno Sechi, Interessi finalmente legittimi e risarcibili, , 31 luglio 2000, in www.diritto.it

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~ 21 ~

corrispondenza dell’atto alle finalità di pubblico interesse che esso, secondo l’ordinamento, deve perseguire.

In secondo luogo, è inesatto ritenere che l’ordinamento, col riconoscere al privato poteri di interlocuzione, azione e reazione di cui consta l’interesse legittimo, non intende accordare protezione all’interesse particolare di costui, ma solo all’interesse pubblico.

Tale logora concezione del rapporto fra P.A. e cittadino è, in effetti, ormai inconciliabile con l’assetto socio-politico-istituzionale dello Stato, siccome delineato dalla Costituzione repubblicana del 1948, non essendo più sostenibile che l’interesse del singolo membro della collettività sia in posizione fisiologicamente subalterna all’interesse generale12 ed emergendo dalle norme costituzionali enunciative dei principi di azione e di organizzazione della P.A., che l’ordinamento fornisce protezione anche agli interessi coinvolti nello e dallo agire ella P.A.13

L’interesse legittimo, dunque, non consiste in una modalità solo occasionale di protezione giuridica dell’interesse materiale del privato coinvolto dal potere amministrativo, né in una possibilità di pura azione sganciata dalla titolarità di un interesse giuridicamente tutelato dal diritto (oggettivo), non essendo (più) vero che il diritto (oggettivo) si preoccupa solo di garantire tutela all’interesse pubblico pregiudicato dall’inosservanza delle regole dell’agire amministrativo.

L’interesse legittimo, per contro, garantisce una tutela costante (e non occasionale) anche all’interesse individuale toccato dal provvedimento, giacché i comportamenti ed accorgimenti che le norme attributive della

12 L’art. 2 della Costituzione costituisce la pratica realizzazione dell’affermazione

anzidetta e così recita: “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”)

13 Cfr art. 97 Cost. ante riforma: “I pubblici uffici sono organizzati secondo

disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso salvo i casi stabiliti dalla legge”

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~ 22 ~

potestà amministrativa impongono alla P.A. di osservare mirano, contemporaneamente, alla cura del pubblico interesse ed alla salvaguardia degli interessi individuali coinvolti dall’esercizio delle potestà medesime.

E’ questa strutturale ed inscindibile protezione congiunta dell’interesse individuale ed ultraindividuale la moderna funzione ordinamentale dell’interesse legittimo, inteso come situazione soggettiva attiva riconosciuta al privato portatore di un interesse coinvolto dall’esercizio del potere della P.A.14

Per ciò che attiene agli sviluppi giurisprudenziali delle teroie sopra enunciate, la dottrina ha anticipato le conclusioni della Corte di Cassazione SS.UU. (sent. 500/99), intendendo gli interessi legittimi una posizione giuridica soggettiva, tutelabile alla stessa stregua dei diritti soggettivi, poiché la disposizione di cui all’art. 2043 del codice civile15 prevede il meccanismo risarcitorio imperniato dell’elemento dell’ingiustizia del danno.

Ed in effetti, già la teoria normativa, sopra richiamata, propugnava un interesse legittimo di natura “sostanziale” e non meramente formale o processuale, attribuendo allo stesso una funzione strumentale rispetto all’interesse sostanziale ad esso collegato.La storica sentenza della Cassazione ha il pregio di ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale in materia aprendo la strada per un’applicazione maggiormente elastica ed aderente alla realtà dell’art. 2043 c.c..

In effetti, la recente giurisprudenza ha considerato meritevoli di tutela non solo i diritti soggettivi assoluti (diritto di proprietà) ma anche i diritti relativi (diritto di credito) e valorizzzando posizioni giuridiche soggettive che non rientrano nell’alveo dei diritti soggettivi, quali il diritto all’integrità del patrimonio, alla libera determinazione

14 Claudio Silvis, Dell’interesse legittimo: riesumazione di una “vecchia” tesi in controtendenza, 11 ottobre 2007, in www.altalex.it.

15 Il quale recita:”Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno

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~ 23 ~

contrattuale, il diritto al risarcimento del danno in caso di perdita di chance.

In sostanza la giurisprudenza accoglie l’accezione sostanziale e strumentale dell’interesse legittimo allineandosi in toto alle elaborazioni dottrinarie formulate in favore dell’interesse de quo.

(24)

~ 24 ~

CAPITOLO II

IL PROBLEMA DELLA RISARCIBILITA’ DEI DANNI

DA LESIONE DELL’INTERESSE LEGITTIMO

1.

Risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi

La risarcibilità dei danni derivanti da lesione di un interesse legittimo, vale a dire la configurabilità della responsabilità civile ai sensi dell’ articolo 2043 c.c.16, della pubblica amministrazione per i danni derivanti a soggetti privati dalla emanazione di provvedimenti amministrativi illegittimi, è stata per lungo tempo esclusa.

il risarcimento del danno per la violazione di un interesse legittimo era escluso dalla giurisprudenza per motivi di ordine processuale in quanto il giudice amministrativo, competente a giudicare in materia di interessi legittimi, poteva esclusivamente disporre l'annullamento dell'atto lesivo ma non il conseguente risarcimento del danno ed in quanto il giudice ordinario., che aveva il potere di disporre la condanna al risarcimento del danno, non aveva, però, competenza a giudicare in ordine all'interesse legittimo (c.d. sistema del doppio binario).17 Ma il risarcimento del danno derivante da lesione di interesse legittimo era, ancor prima, escluso per ragioni di carattere sostanziale: la tesi della irrisarcibilità si fondava essenzialmente sul dettato dell’art.28 Cost. che limita la responsabilità dei funzionari e dipendenti dello Stato alle sole ipotesi di “violazione di diritti,”e su un’interpretazione della locuzione “danno ingiusto” contenuta nell’art. 2043 c.c. che veniva fatto coincidere con la lesione di un diritto soggettivo o , in ogni caso, di una situazione giuridica protetta direttamente da una norma giuridica

16 che così recita: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno

ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”

17 www.ildirittoamministrativo.net, articolo: ”Il risarcimento dell’interesse legittimo

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~ 25 ~

preesitente, il danno deve quindi essere non iure nel senso che il fatto produttivo del danno non debba essere altrimenti giustificato dall’ordinamento giuridico, e contra ius nel senso che il fatto deve ledere una posizione giuridica di diritto soggettivo, con la conseguente esclusione, dall'ambito della tutela aquiliana, della lesione di diverse posizioni giuridiche come, per l'appunto, quella costituita dagli interessi legittimi la cui lesione consegue ad una violazione di una norma sull'agire dell'amministrazione e non già di una norma posta a presidio diretto degli interessi legittimi.

La giurisprudenza ha, poi, temperato la propria posizione ammettendo la risarcibilità del c.d. del diritto soggettivo affievolito18, vale a dire dell’originaria situazione di diritto soggettivo incisa da un provvedimento amministrativo illegittimo, poi annullato dal giudice amministrativo con effetto ripristinatorio retroattivo.

Con la tesi del diritto affievolito, trovavano dunque tutela, non solo annullatoria ma anche risarcitoria, nelle due sedi del giudizio amministrativo e del giudizio civile, gli interessi legittimi oppositivi mentre rimanevano privi di qualsivoglia tutela giuridica di carattere risarcitorio gli interessi di natura pretensiva.

Con l'art. 13 della L. n. 142 del 1992, un primo fondamentale passo in direzione della risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi è stato effettuato, in ottemperanza alle indicazioni del Legislatore comunitario, sancendo la risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi derivanti dalla violazione di normativa comunitaria in materia di appalti di servizi e forniture, previo annullamento del provvedimento illegittimo da parte del giudice amministrativo. La domanda doveva essere promossa dinanzi al giudice ordinario.

18

Vi può essere un amministrato che sia titolare di un diritto soggettivo e una pubblica amministrazione che eserciti un potere autoritativo su quel diritto: il caso del proprietario di fronte all’amministrazione che procede all’espropriazione nel pubblico interesse, la forza dell’interesse pubblico è tale che il diritto si affievolisce di fronte al potere amministrativo, non è più un diritto soggettivo pieno.

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~ 26 ~

Tale disposizione è, successivamente, implicitamente confluita nell'alveo degli artt. 33 e 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998 che, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le materie dell'urbanistica e dei servizi pubblici affidava alla cognizione del giudice amministrativo anche le questioni risarcitorie conseguenti tra le quali rientravano anche quelle di cui all'art. 13 della L. n. 142 del 1992 abrogato. In particolare con riferimento al risarcimento del danno L'art. 35, comma 1, del d. lgs n.80 del 1998, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto,.19

Sempre sulla via del risarcimento dell'interesse legittimo, deve, poi, segnalarsi quanto previsto dall'art. 17 della L. n. 59 del 1997 che delegava il Governo a prevedere forme di indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo.

Entro tale cornice normativa e di giurisprudenza, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione intervengono con la SENTENZA 500\1999: nel ripercorrere l'evoluzione normativa e giurisprudenziale relativa alla questione del risarcimento del danno conseguente ad illecito aquliano, hanno osservato come il danno ingiusto di cui all'art. 2043 cc non possa essere confinato all'interno della lesione di un diritto soggettivo ma debba individuarsi nella lesione di un qualsivoglia interesse giuridico meritevole di tutela ad un bene della vita, il diritto al risarcimento del danno, quindi è distinto dalla situazione giuridica soggettiva lesa la quale può avere, indifferentemente natura di diritto soggettivo, interesse legittimo o di interesse comunque rilevante per l’ordinamento.

Nella linea tracciata dalle Sezioni Unite, dunque, l'interesse legittimo è preordinato a garantire che l'eventuale sacrificio dell'interesse ad un bene della vita del privato sia giustificato dal fatto che ad esso si

19 www.ildirittoamministrativo.net, ”Il risarcimento dell’interesse legittimo dopo la

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~ 27 ~

contrappone un interesse pubblico prevalente ed esso risulta prevalente soltanto allorchè siano rispettati i criteri della legittimità sostanziale dell'azione amministrativa20.

In tale prospettiva, la distinzione tra interesse legittimo pretensivo ed interesse oppositivo rileva non più come criterio per affermare o negare la tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo ma come criterio per stabilire, in punto di merito, se la domanda risarcitoria sia fondata o meno in quanto l'ingiustizia del danno, secondo la Suprema Corte, sussiste sempre in caso di interessi oppositivi mentre va verificata, di volta in volta con giudizio prognostico sulla spettanza del bene, in caso di interessi pretensivi.

Con riferimento alla colpa, poi, la Suprema Corte ha negato che la stessa possa essere considerata in re ipsa per l'illegittimità dell'agire della p.a. occorrendo verificare se l'apparato amministrativo abbia complessivamente violato le regole di correttezza, imparzialità e buona amministrazione21 (parte della dottrina ha, al riguardo, osservato, in senso critico, come il vizio di illegittimità si concreti proprio nella violazione di tali regole).

La lesione dell’interesse legittimo è , peraltro, condizione necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c.,in quanto occorre altresì che risulti leso, per effetto della attività illegittima e colpevole l’interesse al bene della vita al quale, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, l’interesse legittimo effettivamente si collega.

20 si veda, per ciò che concerne i vizi formali e procedimetali, ciò che dispone l'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990 che così recita: “. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.” [Articolo introdotto dall'articolo 14 della legge n. 15 del 2005].

21

La colpevolezza della condotta, in quanto contrassegnata da dolo o colpa, attiene all’imputabilità della responsabilità.

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~ 28 ~

Pertanto la risarcibilità del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo può dirsi sostanzialmente subordinata alla verifica delle seguenti condizioni:

a) Un evento dannoso, vale a dire un evento che abbia causato la lesione del bene della vita cui si collega la situazione soggettiva;

b) L’ingiustizia del danno, vale a dire il danno prodotto non iure, in assenza di cause di giustificazione, che abbia inciso su un interesse rilevante per l’ordinamento;

c) Il nesso di causalità. Vale a dire l’accertamento della riferibilità dell’evento dannoso ad un’attività commissiva o omissiva della p.a.;

d) la responsabilità dell’amministrazione, vale a dire la riferibilità del danno ad una condotta dolosa o colposa dell’amministrazione, non essendo invocabile il principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa quando l’amminisrazione adotti un provvedimento illegittimo.22

2.

Risarcimento da atti illegittimi o da comportamenti

illeciti e indennizzo da atti legittimi

Nel diritto civile si distingue tra risarcimento e indennizzo, il primo dovuto a seguito di fatti illeciti, il secondo dovuto a seguito di atti che, ancorché leciti, sono produttivi di danno. Tale distinzione è nota anche al diritto amministrativo. Esempio emblematico e tradizionale di indennizzo dovuto in conseguenza di atti legittimi dell’amministrazione, è l’indennità di espropriazione. Si coglie, in

22 Roberto Caponigro:”La pregiudiziale amministrativa tra l’essenza dell’interesse

(29)

~ 29 ~

particolare, la differenza tra indennità di espropriazione, dovuta se l’espropriazione è legittima, e il risarcimento del danno integrale, dovuto in caso di c.d. occupazione usurpativa. Con la novella apportata dalla L. n. 15/2005 alla L. n. 241/1990, il diritto amministrativo si è arricchito di nuove fattispecie di indennizzo da atto amministrativo legittimo. In particolare, sono stati previsti indennizzi a seguito di esercizio di poteri di autotutela pubblicistica dell’amministrazione. In particolare, è previsto un indennizzo in caso di c.d. revoca per sopravvenienze (art. 21 quinquies, L. n. 241/1990), vale a dire «per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario». «Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo». Non è invece previsto un indennizzo nel caso dell’annullamento di ufficio di provvedimenti illegittimi (art. 21 nonies, L. n. 241/1990), mentre per quanto riguarda il recesso unilaterale dell’amministrazione dai contratti, lo stesso è ammesso nei soli casi previsti da legge o contratto, ovviamente con la corresponsione degli indennizzi ivi previsti (art. 21 sexies, L. n. 241/ 1990). Giova osservare che l’indennizzo è un quid minusrispetto al risarcimento, e che se l’esercizio dell’autotutela pubblicistica è legittimo, spetta l’indennizzo, ma se è illegittimo, può essere preteso l’integrale risarcimento del danno23.

23 Rosanna De Nictolis, Il risarcimento dei danni cagionati dalla pubblica

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~ 30 ~

3.

Analisi della sentenza della Cassazione 500\1999

Come visto nei paragrafi precedenti, la sentenza 500/1999 della Suprema Corte riconosce la risarcibilità degli interessi legittimi. Di seguito un’analisi della sentenza 500\1999:

Il comune di Fiesole, convenuto in giudizio presso il tribunale ordinario di Firenze dal signor Giorgio Vitali per la condanna al risarcimento dei danni, esperisce regolamento preventivo di giurisdizione alle sezioni unite della Corte di Cassazione al fine di attribuire la controversia al giudice amministrativo.

La domanda di risarcimento danni del giudizio ordinario era giustificata dall’emanazione di un provvedimento del comune di Fiesole risalente al 1971, con cui si escludeva dal piano regolatore generale l’edificabilità di terre di proprietà del signor Vitali, in violazione di un accordo (convenzione di lottizzazione) in senso contrario stipulato nel 1964 dalle parti del processo in questione. Il signor Vitali rileva, nel giudizio ordinario, di come sia stato annullato il piano regolatore generale del 1971 dal Consiglio di Stato nel 1990 per difetto di motivazione, di come il comune di Fiesole abbia emanato il solito atto (secondo il Vitali, in elusione del giudicato) con motivazione, questa volta corretta, in ragione del mutamento delle circostanze, verificatosi nel 1984. Il signor Vitali, in conclusione, ritiene di aver subito un pregiudizio di carattere patrimoniale di cui chiede il risarcimento, avendo stipulato accordi con imprese per la vendita dei terreni prima edificabili, poi resi destinati a verde agricolo dal comune di Fiesole. Adisce il giudice ordinario ritenendo sia stato violato un suo diritto soggettivo.

Rispetto alla posizione del cittadino La Corte di Cassazione precisa che la posizione del signor Vitali di fronte al comune di Fiesole è di interesse legittimo, e non di diritto soggettivo perché a fronte

(31)

~ 31 ~

dell’aspirazione alla realizzazione di iniziative edificatorie del cittadino nei confronti di una PA, questa detiene potestà pubblicistiche in materia di disciplina dell’assetto del territorio.

Non permettono di considerare la situazione in esame un diritto soggettivo le circostanze per cui:

a. il cittadino aveva stipulato una convenzione con la PA: questa non determina la nascita di un diritto soggettivo del cittadino nei confronti della PA perché il comune mantiene il potere di mutare la disciplina dell’assetto del territorio

b. il Consiglio di Stato aveva annullato nel 1990 il provvedimento del 1971 del comune di Fiesole perché ritenuto carente di motivazione: per costante giurisprudenza l’annullamento di un atto amministrativo ritenuto lesivo di interessi legittimi del privato, non converte la situazione di interesse legittimo di quest’ultimo, sussistente precedentemente all’emanazione dell’atto in questione, in diritto soggettivo.

Alla luce della conclusione per cui la posizione del cittadino è di interesse legittimo, andrebbe dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario, ma la Corte di Cassazione si accinge a svolgere un analisi più approfondita della questione traendone, al termine, una conclusione diversa.

La Corte di Cassazione si pone il quesito se sia configurabile in capo alla PA la responsabilità civile, ai sensi dell’art. 2043 cc, per il risarcimento dei danni derivanti a soggetti privati a seguito dell’emanazione di provvedimenti amministrativi illegittimi lesivi di situazioni di interesse legittimo.

La giurisprudenza ha sempre basato il suo "niet" alla risarcibilità degli interessi legittimi su due argomentazioni: l’una di carattere processuale, l’altra di carattere sostanziale.La prima consiste nel porre in rilievo il particolare riparto di giurisdizione che, fondato sulla dicotomia diritto soggettivo - interesse legittimo, contempla due paradigmi: diritto

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soggettivo - illiceità - giudice ordinario - risarcimento, da un lato; e interesse legittimo - illegittimità - giudice amministrativo - annullamento, dall’altro.24

Da tale ricostruzione discende che se il giudice amministrativo può annullare il provvedimento illegittimo della P.A., egli non può, però, condannare quest’ultima al ristoro della lesione degli interessi legittimi e, per converso, il giudice ordinario può condannare al risarcimento di un diritto soggettivo anche la P.A., ma non può conoscere della lesione degli interessi legittimi.

Tutto ciò considerato, diveniva agevole per il giudice ordinario delineare, in sede di regolamento preventivo, il difetto assoluto di giurisdizione, in caso di risarcimento richiesto dal titolare degli interessi legittimi

La seconda consiste nella lettura pietrificata dell’art.2043 in cui l’aggettivo“ingiusto” veniva traslato dal danno al fatto con conseguente inquadramento dell’art. 2043 c.c. quale norma (secondaria) sanzionatoria di condotte vietate da altre norme (primarie).25

La Suprema Corte con la sentenza 500\1999 ha osservato come il danno ingiusto di cui al 2043 c.c. non possa essere confinato solo alla lesione di diritti soggettivi, ma debba individuarsi nella lesione di un qualsivoglia interesse giuridico meritevole di tutela ad un bene della vita. In tal senso la clausola va intesa come generale e individuatrice del Giudice il quale dovrà comparare la meritevolezza dell’attività lesiva con la rilevanza dell’interesse pregiudicato. essa dunque non va interpretata come clausola di rinvio alle posizioni giuridiche già tutelate dall’ordinamento giuridico, ma come clausola aperta suscettibile di comprendere nel suo alveo ogni posizione di interesse ad un bene della vita.

24 Giovanni Ciaravino, Ancora sulla sentenza Cass. SS. UU. n 500\1999 e sulla giurisdizione del G.O. in materia di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi. in www.lexitalia.it

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~ 33 ~

Così ricostruita la fattispecie della responsabilità aquiliana, la Suprema Corte ha interpretato la situazione giuridica di interesse legittimo come aspirazione ad un bene sostanziale della vita (prendendo le distanze dalle teorie amministrativistiche che avevano ricostruito l’interesse legittimo come situazione giuridica occasionalmente protetta,ovvero come interesse alla legittimità dell’azione amministrativa ovvero come posizione giuridica legittimante al ricorso giudiziale o giustiziale) è chiaro peraltro che il confine tra il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo e quello derivante da lesione di un diritto soggettivo diventa, in tal modo, sfumato.26

La Corte, nella parte finale della sentenza, stabilisce che il giudizio di risarcimento del danno, al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, possa svolgersi pacificamente davanti al giudice ordinario senza il precedente e pregiudiziale annullamento dell’atto amministrativo da parte del G.A., non essendo più necessario far rivivere alcun diritto soggettivo.

Il G.O., dunque, nell’ambito dell’azione risarcitoria, può conoscere autonomamente della legittimità dell’atto amministrativo lesivo in quanto la sua illegittimità è necessaria sì, ma non sufficiente da sola, a far sorgere la responsabilità della P.A., dato che occorre pure la compresenza degli altri elementi integrativi della fattispecie.

4.

I mezzi di tutela dell’interesse legittimo

Le esigenze di tutela del cittadino richiedono che l’ordinamento appresti mezzi idonei a garantire il titolare della posizione, destinatario dell’attività amministrativa, dall’esercizio illegittimo della funzione pubblica.

26 www.ildirittoamministrativo.net, Il risarcimento dell’interesse legittimo dopo la

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~ 34 ~

L’istituzione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato per la giustizia amministrativa e, in sede locale, delle giunte provinciali amministrative, in tale ottica, nacque dalla constatata inadeguatezza dello strumento della disapplicazione che, per sua natura, non poteva soddisfare le ragioni del privato di fronte al carattere autoritativo ed imperativo del provvedimento amministrativo; di fronte all’esercizio illegittimo del potere amministrativo, il privato viene in tal modo tutelato con un’azione di annullamento dell’atto amministrativo che di quel potere costituisce la manifestazione27.

La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi deve essere proposta entro 120 giorni dall’effettiva conoscenza del provvedimento che si assume lesivo o dal verificarsi del fatto ritenuto lesivo della situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo. In caso di accoglimento della domanda, il giudice riconosce il risarcimento valutando le circostanze di fatto e il comportamento complessivo della parti. Viene poi specificato che il giudice non riconosce il risarcimento di quella parte del danno che si sarebbe potuta evitare usando l’ordinaria diligenza.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno derivante da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il comma 4 dell’art. 30 spiega che il termine di 120 giorni non comincia a decorrere fintanto che continua la situazione di inadempimento. Quindi i 120 giorni cominceranno a decorrere trascorso un anno dalla scadenza

del termine per provvedere.

Il 5° comma dell’art. 30 spiega inoltre che nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso dello stesso giudizio o anche fino alla decorrenza di 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. L’ultimo comma dell’art. 30 specifica che per quanto concerne il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi (o nelle materie di

27Vincenzo Caianiello, Manuale di Diritto Processuale Amministrativo, Torino, 2003,

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~ 35 ~

giurisdizione esclusiva della lesione di diritto soggettivi) ha cognizione “esclusivamente” il giudice amministrativo competente.28 L’azione di fronte al giudice amministrativo nasce come azione di annullamento e, essendo la posizione dedotta in giudizio di interesse legittimo, è volta ontologicamente all’annullamento del provvedimento impugnato, il prototipo delle azioni esperibili davanti al giudice amministrativo in giurisdizione generale di legittimità è l’azione di annullamento, finalizzata ad una pronuncia che porti all’eliminazione dell’atto.

Il problema che si pone è se una piena tutela dell’interesse legittimo possa essere assicurata solo dall’azione impugnatoria del procedimento, vale a dire, in caso di fondatezza del ricorso, attraverso l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo e l’eventuale esecuzione della sentenza da parte dell’autorità amministrativa ovvero in sede di giudizio di ottemperanza.29

È necessario quindi verificare la completezza della tutela garantita all’interesse legittimo accertando se l’annullamento del provvedimento sia idoneo a realizzare la pretesa sostanziale avanzata dal ricorrente, vale a dire sia idoneo a garantire la realizzazione del bene della vita cui aspira il titolare dell’interesse legittimo che ha agito in giudizio.

Le sentenze di annullamento del giudice amministrativo hanno una efficacia demolitoria dell’atto impugnato e ripristinatoria con effetto retroattivo dello status quo ante e conformativa della successiva attività amministrativa. Le riflessioni formulate sulle caratteristiche essenziali dell’interesse legittimo, sull’oggetto del giudizio amministrativo consentono di ritenere la necessità di prevedere la possibilità di un risarcimento per equivalente patrimoniale dei danni derivanti da lesione di interesse legittimo nasce dalla constatazione che, in alcune

28

Domanda per il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo in www.StudioCataldi.it

29 Roberto Caponigro, La pregiudiziale amministrativa tra l’essenza dell’interesse legittimo e l’esigenza di tempestività del giudizio, www.dirittoamministrativo.it.

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