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Riconducendo l'azione risarcitoria prevista dall'art. 2 bis della L.241/1990 nell'alveo della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., come meglio si dirà più avanti, si determina un'inversione

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Guida al Diritto, Valida 18 mesi la normativa del danno da ritardo, edizione del 21 settembre 2013, n.38 pag. 59.

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dell'onere della prova a carico del ricorrente. Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale; esso richiede, infatti, la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito. Secondo l'orientamento giurisprudenziale pressoché costante, invero, l'esigenza di un'attenuazione dell'onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell'an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria atteso che i fatti oggetto di prova attengono alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa (soprattutto qualora questa agisca per il risarcimento dei danni non patrimoniali) e, pertanto, le relative fonti di prova si trovano normalmente nella sfera di disponibilità dello stesso soggetto leso. Alla luce di tale premessa viene rilevata l'inammissibilità del c.d. principio acquisitivo che attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti.

Pur ammettendosi, pertanto, il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.58, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.. Né può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio: tale strumento infatti non può supplire al mancato assolvimento dell'onere del privato di provare la sussistenza del danno patito a seguito del ritardo della P.A.

Sul punto si è espresso di recente anche il TAR Lazio, in un caso di ritardo o inerzia della P.A. nel rilascio del documento di viaggio, il quale specifica che la domanda del ricorrente andava respinta in quanto da un lato, il danno da ritardo risarcibile non è quello derivante dal

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L’art. 2729 c.c. recita: Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla

prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.

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mero ritardo nel provvedere- per il quale è prevista invece una tutela di natura indennitaria (v. art. 2 bis della Legge 241/1990, come modificato dall’art. 28, comma 9, D.L. 21 giungo 2013, n. 69, come modificato dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n.98) – bensì quello per il quale sia fornita la prova di una lesione della sfera patrimoniale o non patrimoniale del soggetto danneggiato, verificatasi in conseguenza dell’inerzia dell’amministrazione; dall’altro, nel caso di specie la lesione lamentata dal ricorrente sia con il ricorso avverso il silenzio sia con la successiva impugnazione del diniego trova il suo rimedio – nel caso di specie- nel fatto che l’accoglimento di tale ultima impugnazione, nei suesposti termini , costituisce idonea reintegrazione in forma specifica della posizione giuridica del ricorrente, consentendo l’ulteriore corso della procedura, con la rimozione dell’ostacolo rappresentato dall’omessa presentazione della dichiarazione dell’Autorità consolare. Per ciò che concerne l’elemento soggettivo del dolo e della colpa, secondo l'orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza la sussistenza del ridetto elemento soggettivo non può ritenersi insita nella illegittimità del provvedimento amministrativo e non può, pertanto, considerarsi accertata a seguito dell'annullamento dell'atto da parte del giudice amministrativo.

Qualificando la responsabilità da ritardo come responsabilità aquiliana, si è giunti a porre a carico del privato l'onere di dimostrare la colpa dell'amministrazione fornendo al giudice elementi indiziari quali la gravità della violazione, il carattere vincolato dell'azione amministrativa, l'univocità della normativa di riferimento e il proprio apporto partecipativo.

Acquisiti in giudizio tali elementi, spetta poi all'amministrazione fornire la prova contraria a propria discolpa. La P.A. potrà in particolare rilevare la sussistenza di un quadro normativo poco chiaro, di un principio di diritto non pacifico, di un orientamento giurisprudenziale oscillante.

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È invece da ritenersi del tutto esclusa la possibilità di fare riferimento al livello culturale o alle condizioni psicologiche del funzionario che ha adottato l'atto.

Ancora in tema di rilascio del titolo di viaggio per stranieri il TAR Sicilia ha ritenuto sussistere l’elemento psicologico (quanto meno sotto il profilo della colpa), giacché l’amministrazione non ha dato giustificazioni, nemmeno in sede processuale, circa i motivi della mancata conclusione del procedimento, nonostante sia decorso quasi un anno dalla presentazione della relativa istanza. Inoltre il Tar Sicilia, riprendendo la sentenza del Tar Puglia Lecce n. 2027/2014, sostiene altresì che in tema di danno da ritardo nell’esercizio dell’azione amministrativa la giurisprudenza ha precisato che la norma tutela in sé il bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici che vedono come parte la P.A., stante la ricaduta che il ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività ed iniziative economiche condizionate alla valutazione positiva della stessa, ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento; sul piano oggettivo l’illecito de quo riceve qualificazione dall’inosservanza del termine ordina mentale per la conclusione del procedimento; sul piano soggettivo il ritardo deve essere ascrivibile ad un’inosservanza dolosa o colposa dei termini di legge o di regolamento stabiliti per l’adozione dell’atto terminale.

Posto, come già precisato, che l’art. 2 bis della L.241/1990 prevede che la pubblica amministrazione è tenuta “al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”, la giurisprudenza amministrativa ha dunque chiarito che, affinché sia configurabile tale responsabilità, devono sussistere tutti i presupposti, soggettivi ed oggettivi, della responsabilità dell’amministrazione in quanto” il mero superamento del termine fissato ex lege o per via regolamentare alla conclusione del procedimento costituisce indice oggettivo, ma non

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integra piena prova del danno59 Elementi costituitivi della responsabilità della pubblica amministrazione, sul piano della fattispecie, sono: i) l’elemento oggettivo consistente nella violazione dei termini procedimentali; ii)l’elemento soggettivo (dolo o colpa); iii) il nesso di causalità materiale o strutturale ; iv) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo al rispetto dei predetti termini. Sul piano delle conseguenze, il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati.

In relazione alla colpa, deve ritenersi che violazione del termine faccia presumere la sua sussistenza, che può essere superata mediante la dimostrazione di un errore scusabile dell'amministrazione. In particolare, integra gli estremi dell'esimente da responsabilità l'esistenza di: a) contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma; b) una formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore; c) una rilevante complessità del fatto; d) una illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata60.

In relazione al nesso di causalità, lo stesso, in presenza di vicenda quale quella in esame, deve essere ricostruito valutando se, in applicazione della teoria condizionalistica e della causalità adeguata, è "più probabile che non" che l'omissione della pubblica amministrazione sia stata idonea a cagionare l'evento lesivo (si vedano le argomentazioni contenute in Cons. Stato, Sez. VI, 29 maggio 2014, n. 2792)61.

In ordine, invece, alla quantificazione del danno risarcibile, fermo restando l'onere probatorio a carico del privato, si possono distinguere due ipotesi:

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cfr. Sentenza del Cons. di Stato, Sez. VI, 10 giugno 2014, n. 2964.

60cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 maggio 2013, n. 2452; Cons. Stato, sez. V, 17 febbraio

2013, n. 798; Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2007, n. 1114.

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1) la prima è quella in cui il privato ottenga in ritardo il provvedimento satisfattivo del suo interesse; il danno risarcibile, in questo caso, sarà pari alla minore utilità patrimoniale conseguita a causa del tempo illegittimamente decorso tra la scadenza del termine per provvedere e il momento in cui il provvedimento è stato adottato.

2) la seconda è quella in cui l'amministrazione adotti il provvedimento positivo ma a causa del notevole ritardo esso non è più idoneo a soddisfare le esigenze del privato; il danno da risarcire non potrà che essere corrispondente all'intera utilità patrimoniale persa.

Aderendo all'orientamento predominante non spetta invece alcun risarcimento al privato che si sia vista negare l'adozione del provvedimento favorevole cui aspirava.

La giurisprudenza ha, altresì, riconosciuto la risarcibilità del danno biologico derivante dall'inerzia della P.A. nel provvedere su una istanza del privato, purché sia fornita la prova della idoneità dell'inosservanza del termine di conclusione del procedimento a incidere sulla capacità del danneggiato di produrre reddito.

Sul punto tuttavia altra giurisprudenza si è espressa nel senso di ritenere ormai pacificamente ammessa la risarcibilità del danno da ritardo, indipendentemente dal suo contenuto, favorevole o sfavorevole, dell’emanato o emanando provvedimento, il pregiudizio risarcibile risulta non quello relativo al tempo perso, bensì il diverso danno specificamente prodottosi nella sfera giuridica del soggetto in conseguenza della inosservanza del profilo temporale. Quanto innanzi non esime, dunque, dal verificare - sempre e comunque - la sussistenza dell'avvenuta lesione della sfera giuridica del deducente, del nesso causale tra il lamentato ritardo ed il danno che ne sarebbe scaturito e, ancora, dell'elemento psicologico (ossia il dolo o la colpa). In altri termini, è necessaria l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., la quale impone che l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possano - in linea di

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principio - presumersi iuris tantum, ma il danneggiato debba, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda; si richiede, dunque, l'accertamento sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante).62

In tale ultimo orientamento anche il fattore tempo è un bene della vita, diverso dall’utilità finale cui è rivolto il procedimento, risolvendosi il ritardo con cui l’Amministrazione conclude un procedimento in un costo per il privato in quanto incidente su programmi di investimento e su piani finanziari, condizionandone la convenienza economica.