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La responsabilità della P.A con particolare riferimento al danno da

L’analisi della fattispecie del c.d. danno da disturbo può essere agevolata, ai fini che ci interessano, dalla lettura del decreto del 15 novembre 2011 n. 1376 del TAR Calabria.

In particolare, Il Tribunale amministrativo calabrese, valutata l'illegittimità di un'ordinanza sindacale di demolizione di un immobile, asseritamente pericolante, in difetto dei relativi presupposti e di una congrua motivazione, nel solco della giurisprudenza formatasi nell'ultimo decennio, accorda al proprietario non solo il risarcimento in forma specifica, mercé l'annullamento del provvedimento gravato, ma anche quello succedaneo, per il cd. danno da disturbo, ovverosia da illegittima compressione della sfera giuridica dell'intimato.

Le conclusioni cui perviene il Collegio catanzarese in ordine alla domanda di risarcimento postulata dal privato per illegittima compressione del suo interesse, oppositivo, al godimento della proprietà immobiliare oggetto dell'ordinanza sindacale dichiarata

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illegittima, induce ad approfondire il tema della responsabilità della pubblica amministrazione nell'esercizio del suo potere funzionale. Tema rispetto al quale assume fondamentale importanza la qualificazione giuridica della fattispecie, in termini di responsabilità aquiliana, contrattuale o da contatto, da ciò inferendosi i limiti ed i presupposti della risarcibilità dei danni cagionati.

Secondo un primo orientamento, seguito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 500, del 22 luglio 1999 ed ancora oggi maggiormente diffuso tra i giudici amministrativi, la responsabilità della pubblica amministrazione nell'esercizio delle sue funzioni sarebbe riconducibile nell'alveo di quella extracontrattuale alla stregua dell'art. 2043 c.c., idonea a sanzionare non solo i comportamenti contra jus, lesivi di diritti soggettivi, quanto anche le condotte non jure, che violano gli interessi legittimi, ivi inclusa la tempestività del provvedere, in ossequio al principio del neminem laedere (cd. danno da ritardo).

Secondo il Giudice di legittimità, la P.A. viola il predetto principio ogniqualvolta che dispiegando in maniera illegittima il suo potere funzionale “abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo effettivamente si collega e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento. In altri termini, la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima (e colpevole) della P.A., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse sia meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo”.

Detta impostazione, dunque, ancora la risarcibilità dell'interesse legittimo alla ricorrenza in concreto di tutti i presupposti di cui all'art. 2043 c.c., vale a dire, quanto ai cd. interessi legittimi oppositivi, l'antigiuridicità della condotta - e, dunque, l'agere illegittimo della P.A.- l'esistenza di un evento dannoso ingiusto, eziologicamente

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riconducibile alla condotta della P.A. ed alla stessa colpevolmente imputabile a titolo di dolo o colpa, cui, nel caso di lesione dei cd. interessi legittimi pretesivi, si aggiunge la verifica, mediante giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno dell'istanza rivolta all'amministrazione e, quindi, sull'effettiva spettanza del bene della vita ingiustamente da questa denegato.67

Giudizio tanto più arduo, quanto più ampio è il margine di discrezionalità che il legislatore riconosce alla P.A. nell'ambito di riferimento.

Il suesposto impianto, frutto di un prudente equilibrio tra le istanze risarcitorie del privato e le esigenze di contenimento della spesa pubblica e, per l'effetto, del prezzo sociale dell'illegittimo uso del potere, è stato successivamente soggetto a revisione da quella parte della dottrina e, in minore misura, della giurisprudenza più incline a ripensare in chiave paritetica al rapporto tra cittadino ed amministrazione, evidenziando la funzione strumentale della seconda rispetto alle esigenze del primo, anche sulla scorta delle radicali, quanto complessive, innovazioni introdotte dal legislatore nell'apparato burocratico statale e non.68

Dunque, muovendo dal presupposto che nel caso in parola difetterebbe l'estraneità tra danneggiante e danneggiato propria della responsabilità aquiliana, in quanto il privato e la P.A. sarebbero a priori ben individuati ogni qualvolta inizi un procedimento amministrativo, tale ultimo orientamento ritiene che la responsabilità in cui l'amministrazione incorrerebbe in caso di illegittimo esercizio del potere sarebbe più che altro assimilabile a quella contrattuale, ove il

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Il Merito, La responsabilità aquiliana della P.A. in relazione al c.d. danno da

disturbo, Edizione Dicembre 2011, numero online.

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Si pensi alla privatizzazione del pubblico impiego sfociata nel Testo Unico D.Lgs.

30 marzo 2001, n. 165, poi spinta fino al “piano industriale” della cd. Riforma Brunetta di cui al D.Lgs. 27 ottobre 2010, n. 150.

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vincolo obbligatorio sarebbe dato proprio dall'essere danneggiante e danneggiato parti del medesimo procedimento amministrativo.

Vincolo, inoltre, particolarmente qualificato, in quanto nell'espletamento delle sue funzioni la P.A. non sarebbe libera di agire coi soli limiti, generali, degli obblighi di correttezza e buona fede che astringono i privati secondo il codice civile, bensì fortemente conformata dai più stringenti criteri della economicità, efficienza, efficacia e trasparenza, puntualmente dettati dalla L. n. 241, del 7 agosto 1990 e ss. mm. ed ii.

Così argomentando, quindi, la tesi suesposta, per un verso, allarga le maglie della risarcibilità dei danni da lesione di interesse legittimo (pretensivo o oppositivo che sia) svincolandola dai rigidi presupposti richiesti dall'art. 2043 c.c. e riconducendola nell'alveo dell'art. 1218 c.c. e, per altro verso, rende assolutamente irrilevante l'accertamento prognostico, con giudizio ex ante, dell'effettiva spettanza del bene della vita che il privato assuma denegato dalla P.A., quanto alla lesione degli interessi pretensivi.

Irrilevanza che reca in sé anche la dequotazione della natura formale o sostanziale dei vizi del provvedimento, in quanto di per sé soli sufficienti a fondare le pretese risarcitorie del cittadino.

L'orientamento sopra descritto è stato oggetto di tre diversi rilievi critici, ovvero: nel rischio di dover risarcire anche danni da violazioni di interessi legittimi di tipo esclusivamente procedimentale prive, però, di sostanziale nocumento; nella reviviscenza dell'interesse alla “legittimità dell'azione amministrativa”, da tempo superato sia in dottrina, che in giurisprudenza, tanto da non essere assistito nemmeno dal correlato potere di azione in giudizio per il ripristino della legalità violata; nella difficoltà applicativa, essendo evanescenti i criteri di quantificazione di danni meramente procedimentali scevri di portata lesiva concreta.

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L'aderire all'una o all'altra impostazione non è di scarso rilievo, essendo evidente che laddove si ricorra al paradigma della responsabilità aquiliana, sotto il profilo sostanziale, ne discenderebbe il più breve termine di prescrizione quinquennale dell'azione risarcitoria (ulteriormente abbreviato per tramite della decadenza con il D.Lgs. n. 104, del 2 luglio 2010, recante l'approvazione del codice del nuovo processo amministrativo), nonché la sua fondatezza solo alla stregua di tutti i requisiti prescritti dall'art. 2043 c.c., innanzi citati, il cui onere probatorio ricadrebbe sul danneggiato medesimo ai sensi dell'art. 2697 c.c. e col temperamento, fino a pochi anni orsono, dell'applicazione della regola della cd. pregiudizialità, che portava ad escludere il ristoro qualora il giudice amministrativo accertasse la non spettanza del bene della vita, pur se la P.A. non avesse provveduto ovvero avesse provveduto con un atto legittimo, accorgimento peraltro oggi da considerarsi ormai superato dalla giurisprudenza alla stregua dell'art. 30, del D.Lgs. n. 104 cit., stante il superamento della teoria bifasica (annullamento del provvedimento innanzi al giudice amministrativo e azione risarcitoria innanzi a quello ordinario).69

Viceversa, aderendo alla tesi della responsabilità ex contracto, il termine di prescrizione sarebbe decennale, l'onere probatorio sarebbe più facilmente assolto dovendo il danneggiato provare esclusivamente l'esistenza di un provvedimento illegittimo ovvero l'omessa emanazione del provvedimento da parte della P.A., cui residuerebbe la probatio quasi diabolica dell'impossibilità di fare altrimenti, ex art. 1218 c.c., sarebbe assolutamente ininfluente il previo accertamento della spettanza o meno del bene della vita denegato dall'amministrazione, nel caso degli interessi pretensivi, come pure sarebbe irrilevante guardare alla natura e alla portata del vizio inficiante l'atto di diniego, essendo sufficiente il mancato rispetto di una delle regole procedimentali dettate dal legislatore, mentre gli interessi sarebbero esigibili a far data dalla

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Sul punto, tra le più recenti: Consiglio di Stato – Sez. V, dec. n. 6296, del 29 novembre 2011, nonché id., Adunanza Plenaria, dec. n. 3, del 23 marzo 2011.

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domanda e non dal fatto illecito e la rivalutazione sarebbe liquidabile nei limiti dell'art. 1224 c.c.

Tra i due orientamenti, poi, si segnalano per completezza quelli mediani, tra i quali quello che riconduce l'ipotesi nell'alveo della responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 c.c., che, tuttavia, essendo assimilata già dalla dottrina civilistica a quella aquiliana, ne partecipa dell'impostazione e delle critiche; nonché quello che la definisce una forma di responsabilità sui generis, non assimilabile né a quella contrattuale, né a quella extracontrattuale, come del resto comprovato dal mancato richiamo, da parte dell'art. 35, commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 80, del 31 marzo 1998, delle disposizioni e dei principi del codice civile su cui si incentrano dette forme di responsabilità70

Allo stato, tuttavia, prevale il primo orientamento che riconduce la responsabilità della pubblica amministrazione nel dispiegare il suo potere funzionale alla responsabilità extracontracto, tanto in caso di violazione illegittima degli interessi cd. pretensivi, per l'omissione o il ritardo nell'emanazione del provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato, quanto in caso di violazione illegittima degli interessi cd. oppositivi, conseguente all'indebita compromissione (per l'illegittimo uso del potere) della conservazione del bene della vita o della situazione di vantaggio di cui il cittadino risulti già titolare.

Nell'ambito di tale ultima ipotesi deve inquadrarsi il cd. danno da disturbo, coniato per la prima volta dal T.A.R. Puglia – Lecce, dec. n. 1569, del 18 aprile 2002, che lo ha definito come la "pretesa del privato a non essere disturbato nel libero esercizio delle facoltà, inerenti il suo diritto di proprietà, da attività provvedimentali della P.A. che – sia pur legittime al momento della loro emanazione – si siano successivamente trasformate in illegittime, poiché i loro effetti si sono protratti (a causa dell'inerzia della p.a., che ha omesso di porre in essere gli ulteriori atti della serie procedimentale entro un termine congruo) oltre il limite

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temporale normalmente necessario e ragionevolmente tollerabile dal privato" (nella specie scrutinata si trattava del ritardato accertamento del valore archeologico dei reperti rinvenuti a seguito di scavi in area privata per il risanamento di un immobile e nelle more sospesi).

Fattispecie che differisce, tuttavia, dal paradigma del cd. danno da ritardo, conseguente alla mancata tempestiva adozione del provvedimento amministrativo atto ad ampliare la sfera giuridica del privato, in quanto, nel caso del cd. danno da disturbo questi è già titolare di una posizione giuridica, tuttavia indebitamente compressa dalla pubblica amministrazione.71

Cosicché mentre il decorso del tempo nel primo caso caratterizza il mancato o ritardato conseguimento del bene della vita rispetto al quale il provvedimento amministrativo è strumentale, nel secondo rileva per l'indebito protrarsi della compressione di una facoltà già in godimento del privato dall'illegittimo agere della mano pubblica.

Il paradigma della risarcibilità, tuttavia, non differisce in maniera significativa, se ricondotta alle coordinate innanzi esposte in tema di responsabilità della pubblica amministrazione, in quanto il danneggiato è pur sempre onerato della prova degli elementi costitutivi dell'illecito, non risultando il danno ex se dalla declaratoria di illegittimità del provvedimento (ancorché ne sia un valido indice), come peraltro sostenuto da un minoritario e permissivo orientamento dei tribunali territoriali,72

bensì essendo strettamente correlato alla rigorosa prova del dolo o della colpa dell'ente, del nesso eziologico e dell'evento dannoso, sotto il duplice aspetto dell'an e del quantum (Consiglio di Stato – Sez. III, dec. n. 6369, del 2 dicembre 2011, sul potere suppletivo e di controllo del giudice amministrativo), in buona parte connesso anche alla

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Il Merito, La responsabilità aquiliana della P.A. in relazione al c.d. danno da

disturbo, Edizione Dicembre 2011, numero online.

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Tra cui quello leccese con la pronuncia citata, nonché T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II,

dec. n. 19, del 10 gennaio 2011 e T.A.R. Abruzzo – L'Aquila, dec. 481, del 17 giugno 2010.

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consistenza del tempo decorso tra la compressione della facoltà e l'annullamento del provvedimento, onde ritenere che il suo mero annullamento non sia idoneo da solo a reintegrarla in toto.73

Impostazione, quest'ultima, cui aderisce il tribunale calabrese.74

9. Il danno da perdita di chance