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Attivita' fisica adattata per le donne operate al seno. Proposta di programma pre e post operatorio.

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Academic year: 2021

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A Babbo, Mamma, Beatrice,

Carlotta, Gianluca e

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3

INDICE

INDICE……… pag. 3

RIASSUNTO………. pag. 4

INTRODUZIONE………... pag. 5 CAPITOLO 1 LA MAMMELLA……… pag. 6 CAPITOLO 2 IL CARCINOMA MAMMARIO…………...…………...……….…………... pag. 14

2.1 EPIDEMIOLOGIA………..………..…………..… pag. 17

2.2 FATTORI DI RISCHIO………..…………... pag. 25

2.3 SEGNI E SINTOMI………..….…...……... pag. 29

2.4 DIAGNOSI……….………... pag. 30

2.5 INTERVENTI E TRATTAMENTI……….…………..….……….. pag. 32

2.6 COMPLICANZE……….……….…..…..……….. pag. 34

CAPITOLO 3 ATTIVITÀ FISICA E CARCINOMA MAMMARIO………..…..……… pag. 36 3.1 LINEE GUIDA ATTUALI ………...………..……….… pag. 41 3.2 ATTIVITÀ FISICA COME PREVENZIONE DEL CARCINOMA MAMMARIO…... pag. 45 3.3 ATTIVITÀ FISICA E BENEFICI PSICOLOGICI………... pag. 54 CAPITOLO 4 PROGRAMMA DI ATTIVITÀ FISICA ADATTATA PER LE DONNE CON

DIAGNOSI DI CARCINOMA MAMMARIO...……….………. pag. 56

4.1 OBIETTIVI………..…….……… pag. 60

4.2 PROGRAMMA DI ATTIVITÀ FISICA ADATTATA PRE-OPERATORIO……..….... pag. 62 4.3 PROGRAMMA DI ATTIVITÀ FISICA ADATTATA POST-OPERATORIO……..….. pag. 69

4.4 INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE………..…. pag. 110

CONCLUSIONI………..…... pag. 112 BIBLIOGRAFIA ………..………… pag. 114 RINGRAZIAMENTI………..…..pag. 126

(3)

4

La tesi affronta un argomento che negli ultimi anni ha suscitato sempre più interesse nel mondo e nella ricerca dove si sono intensificati gli studi riguardanti “l’attività fisica nel carcinoma mammario”.

Nel mondo il cancro al seno rappresenta il tumore maligno più frequente nella donna, si stima dai dati più recenti del 2012 che nel mondo ci siano stati 1.7 milioni di nuovi casi all’anno di diagnosi di tumori alla mammella. L’incremento dell’incidenza del tumore al seno può essere attribuita all’aumento dell'aspettativa di vita, all’aumento dell'urbanizzazione, ma anche allo sviluppo di metodologie per la diagnosi precoce. Le cause del carcinoma mammario, non sono ancora ben chiare, ma sono stati riconosciuti dei fattori che predispongono alla malattia, tra questi è stata riconosciuta l’inattività fisica.

Negli ultimi anni, in letteratura, l’attività fisica ha guadagnato una rilevanza notevole come mezzo di prevenzione primaria, secondaria e terziaria per il carcinoma mammario.

L’elaborato comprende ed esamina numerosi studi che hanno affrontato e valutato la relazione tra l’attività fisica regolare e i benefici nei soggetti con carcinoma mammario. L’esercizio fisico risulta direttamente correlato con una riduzione del rischio di sviluppare tumore al seno, influisce positivamente sugli effetti negativi causati dai trattamenti: riduce stati di ansia e depressione, modifica la percezione del dolore, migliora la composizione corporea, favorisce il recupero fisico, migliora la qualità della vita, l’immagine corporea e l’autostima, inoltre riduce il rischio di recidiva, aumenta la sopravvivenza e la qualità di essa, e riduce significativamente il rischio di morte.

Lo scopo della tesi è stato sviluppare, alla luce delle numerose evidenze scientifiche, due programmi di attività fisica adattata: il primo da poter proporre alle donne con diagnosi di tumore alla mammella prima dell’intervento chirurgico ed il secondo da consigliare nel post-operatorio, in seguito ai trattamenti del medico fisiatra e del fisioterapista.

L’attività fisica adattata deve essere proposta ed evidenziata come intervento di promozione della salute, è capace di migliorare la qualità della vita e gli aspetti emotivi e psicologici della donna, di favorire il recupero dell’efficienza fisica, riduce i fattori di rischio, come l’aumento di peso e la sedentarietà, previene eventuali recidive, e favorisce la demedicalizzazione, sostenendo il recupero della massima autonomia e del massimo livello di salute possibile.

(4)

5

I

NTRODUZIONE

Al giorno d’oggi, il cancro al seno rappresenta il tumore maligno più frequente nella donna nel mondo; solo in Italia, il carcinoma mammario rappresenta il 29% di tutte le diagnosi di tumore nel sesso femminile.

Nella letteratura degli ultimi anni si sono accumulate numerose evidenze che supportano i benefici dell’attività fisica nella prevenzione primaria, secondaria e terziaria per il carcinoma mammario, ma nonostante queste troppo spesso l’attività fisica non viene considerata un intervento necessario per promuovere la salute e i benefici che ne conseguono.

L’obiettivo dell’elaborato è stato descrivere la malattia oncologica e le conseguenze generate dalle terapie usuali, raccogliere e valutare i numerosi studi scientifici e sulla base di questi sviluppare un programma di attività fisica adattata da poter proporre alle donne con carcinoma mammario.

Nella tesi sono state raccolte e descritte numerose evidenze scientifiche riguardanti i benefici dell’attività fisica nelle donne con carcinoma mammario.

Molteplici ricerche hanno dimostrato come l’attività fisica regolare è direttamente correlata con la riduzione del rischio di sviluppare tumore al seno, con la riduzione del rischio di recidiva e di morte dovuta al tumore alla mammella. Inoltre numerose evidenze hanno attestato l’efficacia dell’esercizio fisico durante le terapie usuali e sono stati rilevati benefici non solo fisici, ma anche riguardanti gli aspetti psicologici, emotivi e relazionali.

È appurato che il carcinoma mammario e le terapie oncologiche determinano nella donna conseguenze fisiche, psicologiche e sociali devastanti, compromettendo la funzionalità fisica e l’immagine corporea della donna, danneggiando la qualità della vita e la capacità relazionale, determinando nella donna un senso di inadeguatezza e di smarrimento.

Con questa tesi, sulla base delle evidenze scientifiche e del percorso di studio, ho ritenuto appropriato sviluppare una proposta di programma di attività fisica adattata da consigliare alle donne con diagnosi di carcinoma mammario prima del trattamento chirurgico e un programma post-operatorio.

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6

A

NATOMIA DELLA MAMMELLA

La mammella è un organo pari e simmetrico, posto nella regione anteriore del torace, ai lati della linea mediana e rappresenta una delle principali ghiandole esocrine del corpo umano. La regione mammaria è delimitata cranialmente dalla clavicola, lateralmente dalla linea ascellare media e dal solco delto-pettorale, medialmente dalla linea sternale media e inferiormente dal solco sottomammario, che corrisponde al margine inferiore del muscolo grande pettorale. (1)

Le mammelle si estendono dal secondo al sesto/settimo spazio intercostale. Sono adagiate sul muscolo grande pettorale e sono separate dalla fascia di questo da uno strato adiposo che è in continuità con quello interposto tra gli elementi ghiandolari. Tra le due mammelle si interpone un solco più o meno ampio, corrispondente al corpo dello sterno, chiamato solco intermammario.

(6)

7

La mammella viene convenzionalmente suddivisa in quattro quadranti da due linee perpendicolari che si intersecano a livello del capezzolo. I quadranti che si formano sono due superiori, uno laterale e uno mediale, e due inferiori, uno laterale e uno mediale.

Lo sviluppo della mammella deriva dalla differenziazione dell’epidermide che avviene durante il secondo mese di gestazione e determina la formazione delle creste mammarie, che si estendono dall’inguine fino alla regione ascellare e che definiscono le cosiddette “linee mammarie”.

Queste creste sono destinate a riassorbirsi, ma, in caso di mancato riassorbimento, possono andare a determinare lo sviluppo di capezzoli accessori (politelia) o di ghiandole accessorie (polimastia).

Figura 3 A: Le linee mammarie nell’embrione. B: Possibili sedi di formazione di capezzoli o ghiandole accessorie lungo il decorso delle linee mammarie

nell’adulto. (4)

(7)

8

settimana; e infine negli ultimi due mesi di gestazione avviene la canalizzazione dei condotti escretori.

I successivi cambiamenti avverranno durante la pubertà; fino a quel momento la ghiandola mammaria presenterà lo stesso grado di sviluppo in entrambi i sessi.

Nella donna, durante la pubertà, la ghiandola subisce uno sviluppo notevole per un allungamento e successiva ramificazione dei tubuli, con la formazione degli acini che si raccolgono in lobuli, in corrispondenza dei fondi ciechi, ciascuno dipendente da un suo condotto escretore. (5)

Ulteriori modificazioni del seno si avranno durante ed in seguito alla gravidanza, quando la mammella varierà di forma e dimensione.

Il seno delle giovani donne risulta essere più denso, per la maggiore presenza di tessuto ghiandolare, rispetto alle donne anziane, nelle quali la maggior parte del tessuto ghiandolare e duttale è sostituito da tessuto adiposo. (6)

La dimensione e la forma della mammella femminile sono molto variabili, dipendono dalla quantità e dalla disposizione del tessuto adiposo, dall’età, dalla razza e dal momento funzionale in cui la ghiandola si trova.

La pelle che riveste la mammella è sottile, delicata ed estensibile per potersi adattare alle modificazioni volumetriche che avvengono nel ciclo vitale della donna, dal ciclo mestruale, alla gravidanza, all’allattamento ed infine alla menopausa. (7)

Figura 4 Lo sviluppo dei dotti mammari A: Neonato B: Giovane C: Adulto D: Donna incinta E: Post-allattamento (4)

(8)

9

La cute della mammella è così sottile che talvolta può lasciar intravedere il sottostante reticolo venoso. A parte la sottigliezza, la cute di quest’organo non presenta particolarità strutturali. (8)

La mammella è composta da tessuto ghiandolare, tessuto adiposo e tessuto connettivo, che cranialmente si ispessisce formando il legamento sospensorio, che si inserisce sulla clavicola e ha ruolo di sostegno della mammella. (7)

La mammella presenta uno strato superficiale e uno profondo. Lo strato superficiale è caratterizzato dalla presenza di tessuto adiposo, che ricopre la ghiandola mammaria fino ai margini dell’areola. Lo strato profondo invece presenta scarso tessuto adiposo, sufficiente a permettere lo scorrimento della fascia retromammaria sulla fascia superficiale del muscolo grande pettorale. (8)

Il tessuto adiposo è presente in quantità differenti, anche in relazione alla predisposizione genetica, ha un ruolo di isolante, di contenimento e protezione nei confronti della ghiandola. È situato in sede pre, intra e retro ghiandolare. Dalla fascia superficiale, posta davanti al muscolo grande pettorale, prendono origine i sepimenti fibrosi che costituiscono lo scheletro fibroso della mammella, che viene definito legamento di Cooper o sospensore della mammella. Nello strato profondo del sottocutaneo troviamo uno strato di tessuto cellulare lasso, che separa il versante profondo della ghiandola e la fascia del muscolo pettorale, permettendo un certo grado di movimento. (5)

(9)

10

presenza di creste. Questa parte è l’areola, al cui centro è presente il capezzolo.

L’areola mammaria presenta dimensioni variabili, nell’infanzia e nella donna nullipara ha un colorito roseo e in seguito alla gravidanza e all’allattamento diviene più scura.

Nella zona circostante al capezzolo sono presenti numerose papille corrispondenti alle ghiandole sebacee sottostanti, le tuberosità di Morgagni, che hanno la funzione di lubrificare la cute durante la suzione, e sono inoltre presenti, disseminate in modo irregolare, numerose ghiandole lattifere accessorie, i tubercoli di Montgomery.

La zona areolare è caratterizzata dalla presenza di fasci muscolari lisci, che costituiscono il muscolo areolare, la cui contrazione, sotto lo stimolo della suzione, provoca la spremitura dei dotti ghiandolari. (8)

La ghiandola mammaria è formata da 15-20 lobi, che sono destinati alla produzione del latte, immersi nel tessuto adiposo e separati da tessuto connettivo, i legamenti del Cooper. Ogni lobo è a sua volta composto da numerosi lobuli, a loro volta costituiti da acini.

I lobi sono provvisti di dotti galattofori, condotti escretori della ghiandola, che convergono a livello del capezzolo dopo essersi dilatati in seni galattofori, giungendo ai pori galattofori.

(10)

11

La mammella è un organo riccamente irrorato, presenta un sistema di vascolarizzazione arterioso e venoso e gode di una innervazione e di una rete di drenaggio linfatico.

La vascolarizzazione della mammella è duplice, superficiale e profonda.

I rami arteriosi provengono principalmente dai rami perforanti dell’arteria toracica interna (o arteria mammaria interna), ramo dell’arteria succlavia e da rami derivanti dall’arteria ascellare, tra cui l’arteria toracica laterale (o arteria mammaria esterna) e da rami originati dalle arterie intercostali. La regione superficiale della mammella e i quadranti laterali superiore e inferiore sono vascolarizzati dall’arteria mammaria esterna, mentre i rami perforanti dell’arteria mammaria interna sono responsabili della vascolarizzazione delle regioni profonde e dei quadranti supero-mediale e infero-mediale.

Il drenaggio venoso avviene principalmente nella vena ascellare e nella vena toracica interna. La mammella presenta una caratteristica rete venosa sottocutanea che dall’areola si porta superiormente alla vena giugulare esterna, inferiormente, invece, la rete venosa comunica con le vene superficiali dell’addome. I vasi venosi profondi si aprono nelle vene intercostali.

Figura 7 Vascolarizzazione della mammella. A: Irrorazione arteriosa C: Drenaggio venoso (3)

(11)

12

sostanze nutritive, linfociti e anticorpi. I dotti linfatici riversano la linfa in piccole strutture nodulari, definite linfonodi.

I vasi linfatici della mammella costituiscono una rete che avvolge il corpo ghiandolare e presenta diversi linfonodi intercalati. Si possono distinguere i vasi linfatici laterali, mediali e retromammari.

Le principali vie di drenaggio linfatico della mammella raggiungono i linfonodi ascellari, i linfonodi mammari interni e i linfonodi sovraclaveari, inoltre una parte dei vasi linfatici si dirige verso la ghiandola mammaria controlaterale e inferiormente ai linfonodi sottodiaframmatici. La maggior parte della linfa, circa il 75%, specialmente quella proveniente dai quadranti laterali, drena nei linfonodi ascellari, la parte di linfa restante, in particolare quella dei quadranti mediali, drena nei linfonodi parasternali, mentre dai quadranti inferiori la linfa si dirige ai linfonodi addominali. (10) I vasi linfatici retromammari o posteriori, provenienti dalla parte profonda del corpo ghiandolare, attraversano i muscoli grande pettorale e piccolo pettorale, raggiungendo i linfonodi ascellari.

Profondamente, a livello dell’areola, è presente una vasta rete di vasi linfatici, definito plesso retroareolare di Sappey; questi vasi raggiungono i linfonodi mammari esterni. (4)

I linfonodi mammari interni sono localizzati negli spazi intercostali lungo il bordo dello sterno della fascia endotoracica. (4)

I linfonodi ascellari comprendono i linfonodi mammari esterni, che si trovano lungo il bordo laterale del muscolo piccolo pettorale, i linfonodi sottoscapolari, i linfonodi di Rotter o interpettorali situati tra il grande pettorale e i muscoli minori, i linfonodi sottoclaveari, i linfonodi centrali, che rappresentano il gruppo più grande di linfonodi e sono i più facilmente palpabili nel cavo ascellare e quelli che si trovano lungo la vena ascellare.

I linfonodi ascellari vengono suddivisi in tre livelli:

 Livello I (linfonodi ascellari inferiori): linfonodi che si trovano lateralmente al bordo laterale del muscolo piccolo pettorale;

 Livello II (linfonodi ascellari centrali): linfonodi situati tra il bordo mediale e quello laterale del muscolo piccolo pettorale e sono compresi i linfonodi di Rotter;

 Livello III (Linfonodi ascellari apicali): linfonodi posti medialmente al margine mediale del muscolo piccolo pettorale, vicini al centro della clavicola al di sopra del seno. (4)

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13

I nervi della mammella sono numerosi nella cute dell’organo, ma rari nel corpo della ghiandola. La mammella è innervata dal ramo dei nervi sopraclaveari del plesso cervicale superficiale e dai grandi rami perforanti provenienti dal II al VI nervo intercostale.

Inoltre, il capezzolo presenta un fitto plesso sensitivo, ricco di terminazioni libere e corpuscolate (corpuscoli di Meissner), estremamente importante ai fini della trasmissione degli stimoli nervosi conseguenti alla suzione.

La funzione principale di questo organo è produrre, immagazzinare e rilasciare latte. Il latte viene prodotto nei lobuli grazie alla stimolazione prodotta dagli ormoni in seguito alla nascita del bambino.

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14

I

L CARCINOMA MAMMARIO

Il carcinoma mammario rappresenta il tumore maligno più frequente nella donna nei paesi industrializzati. Nonostante sia una patologia che ha un’incidenza maggiore nelle donne, può colpire con minore frequenza anche il sesso maschile.

È una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo, per questo risultano fondamentali la prevenzione e la diagnosi precoce.

L’ICD-O, Classificazione Internazionale delle Malattie per l’Oncologia, definisce le malattie neoplastiche come un insieme di circa 200 malattie caratterizzate dalla crescita cellulare incontrollata, svincolata dai normali meccanismi di controllo dell’organismo. (12)

Il tumore viene definito come una neoformazione di tessuto caratterizzato dalla presenza di cellule atipiche e da un accrescimento autonomo, afinalistico e progressivo.

Il cancro si verifica a causa di mutazioni o cambiamenti anomali nei geni responsabili della regolazione e del controllo della crescita delle cellule.

La capacità di proliferare in modo incontrollato dipende da fattori interni ed esterni, che generalmente agendo in modo sinergico e prolungato nel tempo, determinano delle progressive alterazioni. (12)

Normalmente, le cellule del nostro corpo si sostituiscono attraverso un ordinato processo di riproduzione cellulare. Ma nel corso del tempo, possono avvenire delle mutazioni che determinano una crescita incontrollata di cellule tumorali, provocando la nascita del tumore. (13) Il nostro organismo è in grado, attraverso processi di riparazione e attivazione del sistema immunitario, di contrastare i processi di trasformazione, ma quando questa capacità viene meno, la cellula si trasforma in cellula tumorale. La continua proliferazione e la progressiva perdita della differenziazione cellulare, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, determina lo sviluppo di aggregati cellulari che possono divenire clinicamente sintomatici, interferendo sia con l’organo di partenza che con gli organi vicini, fino ad acquisire la capacità di migrare. (12)

Un tumore può essere benigno o maligno. I tumori benigni non sono di per sé pericolosi per la salute, le cellule non sono considerate cancerose e sono simili a quelle sane, crescono lentamente e non si diffondono nei tessuti circostanti o in altre parti del corpo.

(14)

15

I tumori maligni sono potenzialmente pericolosi, se vengono lasciati crescere sono incontrollabili e possono metastatizzare nei tessuti e negli organi di tutto l’organismo.

Il tumore alla mammella è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in maligne. (14)

Le cellule tumorali hanno la capacità di staccarsi dal tessuto che le ha generate e andare ad invadere i tessuti circostanti e gli altri organi del corpo.

I tumori al seno possono formarsi da tutti i tipi di tessuti della mammella, i più frequenti nascono dalle cellule dei lobuli (o ghiandolari) o dalle cellule che formano la parete dei dotti; infrequentemente il tumore può iniziare nei tessuti stromali, tra cui il tessuto adiposo e quello fibroso.

Le cause del carcinoma mammario non sono ancora ben chiare, ma esistono fattori che predispongono alla malattia, tuttavia presentare uno o più fattori di rischio non significa che sicuramente si svilupperà la patologia.

I carcinomi mammari sono di varie tipologie e presentano caratteristiche differenti. Possiamo riconoscere due tipi di tumore della mammella:

 Forme non invasive;

 Forme invasive.

Le forme non invasive sono costituite dalla neoplasia duttale intraepiteliale (carcinoma in situ) e dalla neoplasia lobulare intraepiteliale.

Le forme invasive sono il carcinoma duttale che viene definito così quando supera la parete del dotto e rappresenta il 70-80% di tutte le forme di cancro al seno; con il termine carcinoma lobulare si indica la situazione in cui il tumore supera la parete del lobulo, può colpire contemporaneamente entrambe le mammelle o comparire in più punti della stessa e rappresenta il 10-15% di tutti i tumori al seno; altri tipi di tumori invasivi sono il carcinoma tubulare, papillare, mucinoso e cribriforme, queste sono le forme meno frequenti ed hanno in genere una prognosi favorevole. (14)

Il tumore alla mammella viene classificato in cinque stadi:

 Stadio 0 definito anche carcinoma in situ: può essere di due tipi, il carcinoma lobulare in situ, che non è un tumore aggressivo ma può rappresentare un fattore di rischio per la

(15)

16

colpisce le cellule dei dotti e aumenta il rischio di avere un cancro allo stesso seno;

 Stadio I: è un cancro nella fase iniziale, con un diametro inferiore a 2 cm e senza coinvolgimento dei linfonodi;

 Stadio II: è un cancro in fase iniziale con più di 2 cm di diametro, ma senza coinvolgimento dei linfonodi oppure un tumore con un diametro inferiore a 2 cm che però ha già coinvolto i linfonodi dell’ascella;

 Stadio III: è un tumore localmente avanzato, di dimensioni variabili, ma che ha già coinvolto i linfonodi dell’ascella o i tessuti vicini alla mammella;

 Stadio IV: è un cancro già metastatizzato che ha già coinvolto altri organi. (14)

La sopravvivenza a cinque anni varia in relazione allo stadio del tumore, se il tumore viene identificato allo stadio 0 la sopravvivenza è circa il 98%, il primo stadio si associa ad una sopravvivenza dell’85-90% a 5 anni, se sono stati colpiti anche i linfonodi la sopravvivenza scende al 75%, se l’identificazione avviene allo stadio IV la sopravvivenza media delle pazienti curate è di circa 2 anni, questo significa che in alcuni casi la sopravvivenza è stata molto più lunga. (14)

(16)

17

C

APITOLO

2.1

E

PIDEMIOLOGIA

Nel mondo il carcinoma mammario rappresenta il tumore maligno più frequente nella donna, colpisce differenti gruppi di persone, uomini e donne, differenti gruppi etnici ed età.

Il carcinoma mammario è un tumore che si manifesta più frequentemente nel sesso femminile e molto più raramente nel sesso maschile.

I dati più recenti stimano che nel 2012 nel mondo ci siano stati 1.7 milioni di nuovi casi di tumori al seno diagnosticati. (15)

Figura 9 Incidenza stimata del tumore alla mammella nel mondo nel 2012 (16)

Il cancro alla mammella presenta un’incidenza maggiore nei paesi sviluppati, ma è in aumento in tutto il mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo. L’incremento dell’incidenza del tumore al seno può essere attribuita all’aumento dell'aspettativa di vita, all’aumento dell'urbanizzazione e all'adozione di stili di vita occidentali. (17)

Come possiamo osservare nel grafico seguente, consultabile su Globocan 2012, i paesi maggiormente sviluppati presentano un’incidenza maggiore rispetto ai paesi meno sviluppati e allo stesso tempo hanno un tasso di mortalità uguale o inferiore ai paesi sottosviluppati.

(17)

18

La diagnosi precoce ha favorito il riconoscimento del cancro, così da essere concausa dell’aumento dell’incidenza, ma ha inoltre favorito la riduzione della mortalità determinata dal tumore al seno.

I dati reperibili su Globocan 2012 mostrano la stima della mortalità causata dal carcinoma mammario standardizzata per età nel mondo.

(18)

19

Il tumore al seno rappresenta il 12% delle nuove diagnosi di tutte le tipologie di cancro e il 25% di tutti i tumori che colpiscono le donne. (15)

Grafico 2 Nuovi casi di tumore stimati nel mondo, tutte le età e entrambi i sessi, nel 2012. (16)

Grafico 3 Nuovi casi di tumore stimati nel mondo, nelle donne di tutte le età, nel 2012. (16)

Le ricerche dell’IARC (International Agency for Research on Cancer) stimano che i casi di tumore alla mammella sono destinati ad aumentare nei prossimi anni, mentre si ha un trend inverso per la mortalità che decresce lentamente, ma progressivamente.

(19)

20 mammella nelle donne.

Figura 11 Incidenza del tumore alla mammella nei paesi europei, 2012. (18)

Nello stesso anno è stato stimato che 131.000 donne sono morte a causa del carcinoma mammario, pari al 17% di tutti i decessi per cancro femminile in Europa.

In Europa nel 2012, come possiamo notare nel grafico successivo, i paesi con i tassi di incidenza più alti sono stati il Belgio, la Danimarca e l’Olanda, mentre i paesi con i tassi di incidenza più bassi sono stati Ucraina, Moldavia e Bosnia-Erzegovina. (19)

I paesi con la più alta mortalità stimata sono stati Macedonia, Serbia e Belgio, rispetto alla media europea per il 2012. (19)

L’Italia, nel 2012, presentava un tasso d’incidenza superiore rispetto alla media europea e contemporaneamente un tasso di mortalità inferiore.

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21

Grafico 4 Incidenza e mortalità del carcinoma mammario, 2012. (18)

L'incidenza del carcinoma mammario ha continuato a crescere in quasi tutti i paesi europei negli ultimi decenni. Tuttavia, i tassi di mortalità sono diminuiti in molti paesi a partire dalla metà degli anni ’90. (19)

L’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) stima che in Italia nel 2014 siano stati diagnosticati 365.500 casi di tumore maligno. (20)

Il numero stimato di nuove diagnosi di tumore al seno, in base a “I numeri del cancro in Italia 2014”, sono state 48.200. (21)

Le previsioni dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) stimano che nel 2015, in Italia, verranno diagnosticati circa 363.000 nuovi casi di tumore maligno di cui circa 194.000 (54%) negli uomini e circa 169.000 (46%) nelle donne, di questi il tumore alla mammella rappresenterà 300 nuovi casi nel sesso maschile e 47.900 nuovi casi nel sesso femminile. (12)

(21)

22

popolazione generale, seguito dal tumore al colon retto, alla prostata e al polmone.

Tabella 1 Tumori più frequentemente diagnosticati in Italia. (12)

Dividendo i dati per sesso, tra gli uomini prevale il tumore della prostata che rappresenta il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate, seguono quello del polmone (15%), del colon-retto (14%), della vescica (11%) e dello stomaco (5%). Tra le donne, il cancro della mammella è il più frequente, rappresentando il 29% di tutte le neoplasie, seguito da colon-retto (13%), polmone (6%), tiroide (5%) e corpo dell’utero (5%). (12)

Tanto più un tumore è frequente, tanto minore sarà il numero di persone da seguire per riscontrarne una affetta, i dati disponibili su “I numeri del cancro in Italia 2015” stimano che una donna ogni nove ha la probabilità di ammalarsi di tumore alla mammella, mentre negli uomini, data la bassa frequenza di incidenza di questo tumore, si stima che un uomo ogni 648 ha la possibilità di sviluppare il tumore al seno.

In entrambi i sessi si osserva ancora una forte differenza geografica, con livelli che si riducono dal Nord al Sud. Più precisamente il tasso d’incidenza standardizzato (sulla popolazione europea) è, per il totale dei tumori, tra gli uomini più basso dell’8% al Centro e del 13% al Sud rispetto al Nord e del 5% e del 13% per quanto riguarda le donne. Il fenomeno può essere imputabile a varie cause: modelli di vita propri di un passato ancora compatibile con la latenza oncologica, minore esposizione ai fattori cancerogeni (fumo di tabacco, inquinamento ambientale, ecc) e maggiori fattori protettivi al Sud (stile di vita alimentare, fattori legati alla vita riproduttiva, ecc). Attualmente la tendenza all’uniformazione riproduce un modello comune di tipo occidentale, che porterà nel tempo a una maggiore uniformazione dei livelli di incidenza.

(22)

23

Parte delle differenze possono essere legate anche al fatto che, sempre al Sud, per alcune sedi tumorali, vi è una minore diffusione dei programmi di screening (ad esempio: mammella e colon) o di campagne di diagnosi precoce (es. melanoma). (22)

I grafici sottostanti mostrano l’andamento del carcinoma mammario in Italia, distinguendo tra nord, centro e sud. Come possiamo osservare il numero delle diagnosi è aumentato fino a stabilizzarsi, mentre la mortalità è in costante e progressiva diminuzione dagli inizi degli anni ‘90, grazie alle diagnosi precoci e alle terapie. (23)

Grafico 5 Numero delle diagnosi e di mortalità del carcinoma mammario. (23)

I dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) indicano per il 2012 (ultimo anno disponibile) in 177.351 i decessi attribuibili ai tumori tra gli oltre 600.000 verificatisi in quell’anno. Le neoplasie rappresentano la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi) dopo le malattie cardio-circolatorie (38%). Il tumore che ha fatto registrare nel 2012 il maggior numero di decessi è quello al polmone (20%), seguito da colon-retto (11%), seno (7%), pancreas (6%) e stomaco (6%). (12)

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24

fasce d’età, rappresentando il 29% dei decessi tra le giovani (0-49 anni), il 23% tra le adulte (50-69 anni) e il 16% tra le donne di età superiore a 70 anni. (12)

L’Italia resta, comunque, uno dei Paesi con il tasso di sopravvivenza più elevato in Europa. Nel rapporto AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) 2014 è stata calcolata la prevalenza al 1° gennaio 2010 di varie tipologie di tumore: il carcinoma mammario era il più frequente con una prevalenza di circa 581.000 donne. Secondo la proiezione dei dati al 2015, si stima che le donne viventi in Italia che hanno avuto in passato una diagnosi di tumore alla mammella saranno circa 693.000, con un aumento del 19% rispetto al 2010. (12)

La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è in moderato e costante aumento da anni, in relazione a diverse variabili, tra cui l’anticipazione diagnostica e il miglioramento delle terapie.

Nel 2015 sono circa 3 milioni gli italiani vivi con una diagnosi di tumore, con un incremento del 17% rispetto al 2010 (+20% per i maschi e +15% per le femmine). (24)

I tumori non solo sono curabili, ma anche guaribili, dato che una quota importante di pazienti, il 27%, è tornata ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale. (12)

(24)

25

C

APITOLO

2.2

F

ATTORI DI RISCHIO

Le cause del carcinoma mammario non sono ancora ben chiare, ma esistono elementi che predispongono alla malattia.

Conosciamo numerosi fattori che aumentano il rischio di sviluppare il cancro alla mammella, ma presentare uno o più fattori di rischio non significa che sicuramente si svilupperà la patologia.

I fattori di rischio correlati con lo sviluppo del tumore al seno possono essere distinti in fattori di rischio non modificabili, potenzialmente modificabili e modificabili.

I fattori non modificabili sono rappresentati da:

 Genere: il sesso femminile presenta un rischio molto maggiore di sviluppare il tumore alla mammella rispetto al sesso maschile, le stime del 2015 mostrano che una donna ogni nove ha la probabilità di ammalarsi di tumore alla mammella nei paesi occidentali, e che ogni 100 tumori mammari, uno è alla mammella di un uomo.

 Età: il rischio di sviluppare un carcinoma mammario aumenta all’avanzare dell’età, la curva di incidenza cresce esponenzialmente sino agli anni della menopausa, rallenta dopo la menopausa, per poi riprendere a salire dopo i 60 anni. (13) Nelle donne di età superiore ai 65 anni il rischio è più di quattro volte superiore rispetto a quelle di età inferiore. (23)

 Storia familiare: l’appartenenza a famiglie con storie pregresse di tumore alla mammella può essere un fattore predisponente, il rischio è di 1,5 volte superiore per le donne con un parente di secondo grado con cancro alla mammella ed è ulteriormente aumentata (fino a oltre 4 volte) quando il parente interessato è un primo grado o più di uno, oppure se la diagnosi è avvenuta in giovane età. (19) Altri fattori che possono incrementare il

rischio di sviluppare il tumore alla mammella sono precedenti diagnosi di displasia o di neoplasie mammarie, tessuto mammario denso e lesioni proliferative benigne.

 Predisposizione genetica: i geni che sono stati identificati come fattori che possono accrescere il rischio di sviluppare la malattia sono BRCA1 e BRCA2. Le mutazioni genetiche ereditarie rappresentano il 5-10% dei tumori alla mammella, mentre l’85-90%

(25)

26

del processo dell’invecchiamento o di altri fattori che hanno determinato una mutazione.

(13) I portatori di mutazioni di BRCA hanno un rischio altissimo di sviluppare il

carcinoma mammario (dal 40% all’80%) e di sviluppare il carcinoma dell’ovaio: per questo motivo, in questi casi viene presa in considerazione la chirurgia profilattica come un arma risk-reducing.

 Storia riproduttiva: un menarca precoce (prima dei 12 anni) e una menopausa tardiva (dopo i 55 anni) aumentano leggermente il rischio di sviluppare un carcinoma mammario.

I fattori di rischio potenzialmente modificabili sono:

 Nulliparità: le donne che hanno partorito presentano un rischio inferiore rispetto a quelle che non hanno avuto figli, anche se dopo il parto si ha un aumento transitorio del rischio.

 Prima gravidanza tardiva: le donne che hanno il primo figlio oltre i 30 anni presentano un rischio superiore di sviluppare un carcinoma mammario rispetto alle donne che hanno la prima gravidanza prima dei 30 anni. (26)

 Breve periodo di allattamento al seno: le donne che non hanno mai allattato sembrano avere un rischio leggermente più alto rispetto a coloro che hanno allattato per almeno un anno. (27)

 Esposizioni a radiazioni: un aumento del rischio di sviluppare il tumore alla mammella è presente nelle donne che sono state sottoposte in giovane età a frequenti radiazioni (ad esempio: radioterapia come per il linfoma di Hodgkin).

I fattori modificabili sono l’insieme di tutti quegli elementi che riguardano gli stili di vita, i quali quindi possono essere corretti, sono:

 Sovrappeso e obesità: l’obesità è un fattore di rischio riconosciuto per numerose patologie, ed è associata ad un aumentato rischio di sviluppo del cancro in diversi tessuti. Studi recenti hanno dimostrato che il contributo dell’obesità nello sviluppo del carcinoma mammario non può essere attribuito solamente all’aumento dei livelli degli estrogeni, ma anche all’azione delle adipocitochine che contribuiscono allo sviluppo e alla progressione del tumore alla mammella. (28) Un BMI elevato nelle donne in

(26)

27

menopausa determina un aumento statisticamente significativo del rischio di cancro al seno. (29)

 Inattività fisica: l’inattività fisica è stata riconosciuta come uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma mammario. (30) Livelli adeguati di attività fisica sono associati con una riduzione del rischio di cancro al colon, all’endometrio e alla mammella. (31) Negli ultimi anni, il comportamento sedentario è stato riconosciuto come un potenziale determinante indipendente di rischio di cancro. Una regolare attività fisica è associata a benefici sulla massa corporea, sugli ormoni e sul bilancio energetico.

 Dieta inadeguata: l’elevato consumo di grassi animali, il basso consumo di fibre e di frutta e verdura possono determinare un aumento del rischio di tumore alla mammella. Una dieta sana può migliorare sopravvivenza globale dopo la diagnosi di tumore al seno e del colon. Le diete ricche di cibi ad alto contenuto calorico possono portare ad una maggiore assunzione di calorie, promuovendo in tal modo l'obesità e che determina a sua volta un aumento del rischio di cancro.

 Consumo di alcol: numerosi studi hanno confermato che il consumo di alcol aumenta il rischio di sviluppare un carcinoma mammario, proporzionalmente al quantitativo di alcol assunto. (32)

 Uso di tabacco: una recente meta-analisi dell’American Cancer Society ha trovato che le fumatrici presentano il 12% di rischio in più di sviluppare un tumore alla mammella rispetto alle non fumatrici. (32)

 Uso di contraccettivi orali: il rischio relativo all’utilizzo dei contraccettivi orali varia in relazione alla durata, all’età di inizio d’impiego e alla dose. Le donne che iniziano ad utilizzarli prima dei 20 anni sviluppano un rischio maggiore rispetto a chi inizia ad utilizzarli ad età maggiori. (26) Il rischio diminuisce in seguito all’interruzione dell’utilizzo.

 Terapia ormonale sostitutiva: aumenta il rischio di sviluppo del carcinoma mammario, il rischio aumenta per lunghi periodi di assunzione (oltre 5 anni).

I fattori di rischio modificabili rappresentano i fattori sui quali possiamo andare a influire per ridurre il rischio di sviluppare il carcinoma mammario, in particolare è importante impostare

(27)

28

attività fisica sin dall’infanzia, abbinando una dieta equilibrata.

Dalla letteratura possiamo rilevare che, in tutte le donne, se controllando gli stili di vita e il peso corporeo, moderando il consumo di alcol e svolgendo regolare attività fisica, possiamo ridurre il rischio di tumore alla mammella del 30%. (33)

(28)

29

C

APITOLO

2.3

S

EGNI E

S

INTOMI

Il carcinoma mammario raramente provoca dolore, spesso il primo sintomo riconoscibile è un nodulo, oppure un’area ispessita nel seno.

Il tumore alla mammella si può manifestare con modalità differenti, a seconda dello stadio in cui viene riconosciuto.

Nella maggior parte dei casi il tumore mammario si manifesta come un nodulo, variabilmente duro alla palpazione e nel 90% dei casi è la donna stessa a scoprirlo.

Esistono numerosi altri possibili sintomi che sono rappresentati da cambiamenti nella forma e nella dimensione di una o entrambe le mammelle, secrezioni dai capezzoli, rigonfiamenti intorno alle ascelle, fossette sulla pelle del seno, arrossamenti intorno al capezzolo, cambio nell’aspetto o retrazione del capezzolo, alterazione della cute, dolore ingiustificato al seno o all’ascella. (34)

I segni precoci sono la presenza di un nodulo singolo, non dolente, di consistenza dura, a margini irregolari e limiti indistinti. Nelle fasi più avanzate si può evidenziare un irregolarità del profilo della mammella, retrazione della cute e del capezzolo, presenza di eventuali secrezioni o ulcerazioni, aumento del volume e della consistenza dei linfonodi sede di metastasi. Nessuno di questi segni o sintomi è chiaramente ed inequivocabilmente indicativo della presenza di un tumore al seno, ma qualsiasi cambiamento della mammella deve indurre la donna a sottoporsi ad una visita senologica.

(29)

30

D

IAGNOSI

Il carcinoma mammario rappresenta il tumore maligno più frequente nella donna, in particolare nei paesi industrializzati.

È una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo, per questo risultano fondamentali la prevenzione e la diagnosi precoce.

La diagnosi precoce seguita dal trattamento appropriato è attualmente la strategia più efficace per ridurre la mortalità da cancro al seno.

La prevenzione del tumore al seno deve cominciare a partire dai 20 anni con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese; successivamente è indispensabile proseguire con controlli annuali eseguiti da uno specialista e dai 50 anni in poi è consigliabile affiancare alla visita clinica una mammografia annuale.

Gli esami più importanti per la diagnosi di un tumore mammario sono rappresentati dall’autoesame o autopalpazione, dalla visita clinica senologica e dagli esami strumentali. Ogni donna dovrebbe eseguire periodicamente un autoesame, che consiste nell’osservazione allo specchio delle proprie mammelle e nell’autopalpazione, fin dall’età giovanile. La metodologia dell’autoesame è semplice ed è importante comprendere che lo scopo di questo non è la diagnosi, bensì la conoscenza delle proprie mammelle e l’individuazione di eventuali cambiamenti.

La visita senologica consiste nell’esame clinico completo delle mammelle eseguito da un medico specialista, al fine di chiarire situazioni sospette, riscontrare l’eventuale presenza di noduli o di altri segni clinici sospetti, meritevoli di ulteriori indagini. Il senologo, prima di cominciare l’esame clinico propriamente detto, si occupa dell’anamnesi, raccogliendo le informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi.

Gli esami strumentali comprendono principalmente la mammografia, affiancata dall’ecografia e dalla risonanza magnetica.

Tra i 20 e i 40 anni generalmente non son previsti esami particolari, se non una visita annuale del seno da un medico esperto. Solo in casi particolari può essere utile effettuare un’ecografia o una biopsia, la mammografia non è raccomandata a causa della struttura troppo densa del tessuto mammario.

(30)

31

L’ecografia non può essere utilizzata come unico test per la diagnosi precoce dei tumori alla mammella non palpabili, è consigliabile utilizzarla in associazione alla mammografia. Questo tipo di esame è più adatto per le donne giovani che presentano un seno maggiormente denso. La mammografia è la tecnica più idonea e valida per diagnosticare la maggior parte dei tumori alla mammella in fase iniziale, prima ancora che siano palpabili. Questa tecnica è stata sviluppata specificatamente per valutare i tessuti della mammella e viene utilizzata sia come strumento clinico per esaminare le pazienti sintomatiche che come esame di screening.

In Italia, i programmi di screening mammografico si sono diffusi a partire dalla metà degli anni ’90, questo ha contribuito a determinare una riduzione della mortalità specifica. (12)

I programmi di screening, ad oggi, sono rivolti a donne di età compresa dai 50 ai 69 anni, fascia d’età con l’incidenza maggiore per questo tipo di tumore, le quali vengono invitate a effettuare gratuitamente una mammografia con cadenza biennale.

Altri accertamenti utili per la diagnosi sono l’agoaspirato, che permette di prelevare un campione di cellule dal nodulo sul quale effettuare l’esame citologico e le analisi del sangue, che servono per controllare le condizioni generali del soggetto.

(31)

32

I

NTERVENTI E TRATTAMENTI

Una volta diagnosticato il tumore al seno le opzioni terapeutiche sono varie, complementari e integrate tra loro, comprendono la chirurgia, la radioterapia e le terapie mediche, come la chemioterapia e le terapie ormonali.

La paziente sarà seguita da un team di specialisti che valuteranno sulla base delle dimensioni, delle caratteristiche biologiche del tumore e delle condizioni di salute della paziente quale sia la strategia più efficace.

La chirurgia è ancora la terapia primaria per la cura e la guarigione del cancro della mammella. Le tecniche di intervento sono essenzialmente due: la mastectomia e la tecnica chirurgica conservativa.

La mastectomia è una tecnica chirurgica demolitiva, che consiste nell’asportazione totale della mammella e talvolta può essere accompagnata dalla dissezione dei linfonodi ascellari.

La chirurgia conservativa consiste nell’asportare soltanto il tumore e una parte limitata di tessuto circostante; viene definita quadrantectomia.

Altra parte essenziale delle cure chirurgiche è l’attenzione verso lo studio dei linfonodi ascellari, attraverso la tecnica del linfonodo sentinella.

In passato i linfonodi venivano completamente asportati per effettuare l’esame istologico, oggi invece, attraverso la tecnica del linfonodo sentinella, vengono rimossi ed esaminati solo uno o due linfonodi, quelli che si trovano per primi sulla via di diffusione linfatica del tumore; solo nel caso in cui risultino coinvolti si esegue l’esportazione degli altri linfonodi ascellari.

La radioterapia è generalmente associata alla chirurgia conservativa per diminuire il rischio di recidive locali. La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia con l’intento di distruggere le cellule tumorali e al tempo stesso di non arrecare danni ai tessuti sani.

Le terapie farmacologiche hanno lo scopo di eliminare le eventuali cellule tumorali riducendo il rischio di recidiva di malattia ed aumentando le possibilità di guarigione. Queste terapie comprendono la chemioterapia, l’ormonoterapia e le terapie biologiche.

La chemioterapia può essere distinta in chemioterapia adiuvante e chemioterapia neoadiuvante, la prima utilizza farmaci che vengono somministrati ciclicamente dopo l’intervento chirurgico,

(32)

33

mentre la seconda viene utilizzata prima della chirurgia nei casi localmente avanzati o per ridurre le dimensioni del tumore.

L’ormonoterapia prevede la somministrazione di farmaci che bloccano l’azione o la produzione degli estrogeni, ritenuti coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo dei tumori mammari.

(33)

34

C

OMPLICANZE

I trattamenti possono determinare effetti negativi differenti, in relazione al tipo di intervento, alla tipologia del carcinoma e alle caratteristiche del paziente.

Il trattamento chirurgico prevede tempi di degenza differenti in relazione anche al tipo di intervento. Nei primi giorni del post-operatorio la paziente potrà avere dolore o fastidio intorno alla ferita e sotto il braccio, questo dolore solitamente scompare gradualmente con il tempo. Altre conseguenze dell’intervento chirurgico possono essere:

 Dolore riferito all’articolazione scapolo-omerale, al braccio e alla parete toracica dovuto in genere a flogosi della capsula articolare e della cuffia dei rotatori, alle lesioni muscolari e nervose e al drenaggio. (35)

 Rigidità della spalla, limitazione funzionale articolare e muscolare, che determina un alterazione del ROM, con limitazione dei movimenti di flessione, ab/adduzione e intrarotazione del braccio, ipovalidità dei muscoli pettorali e del gran dentato. (35)

 Retrazione muscolo-tendinea, associata a iperabduzione dell’arto e stiramento dei flessori. (35)

 Alterazioni della sensibilità, come parestesie (formicolii) e ipoestesie (insensibilità), conseguenti alla lesione dei nervi che irradiano la regione, l’avambraccio omolaterale può risultare rigido o insensibile.

 Gonfiore intorno alla ferita dovuto all’accumulo di sangue o linfa.

 Linfedema con gonfiore del braccio o della mano omolaterali, che si manifesta dopo un intervento di dissezione ascellare o radioterapia; talvolta il gonfiore può essere notevole e molto invalidante. (27)

La radioterapia della mammella può causare arrossamento della cute, nausea e fatigue (ovvero marcata astenia); oltre a questi effetti si possono determinare effetti a lungo termine, quali nevralgie, formicolio, debolezza e insensibilità al braccio o alla mano. (27)

(34)

35

Le reazioni alla chemioterapia variano da soggetto a soggetto e anche in relazione ai farmaci utilizzati. I disturbi principali sono rappresentati da nausea, vomito, caduta dei capelli, anemia, leucopenia, infiammazione transitoria delle mucose, diarrea, stitichezza, diminuzione dell’appetito, stanchezza, dolori ossei, muscolari e articolari. (27)

Gli effetti collaterali della terapia ormonale sono rappresentati da vampate di calore, variazioni di peso (aumento o diminuzione), alterazioni e/o sospensioni della regolarità dei cicli mestruali, osteoporosi, nausea, dolori ossei, muscolari e articolari, crampi muscolari, cefalea, stanchezza e depressione. (27)

Oltre alle conseguenze fisiche delle terapie è fondamentale sottolineare che esistono anche conseguenze psicologiche. La diagnosi di tumore alla mammella determina reazioni differenti, potranno subentrare sentimenti di ansia, paura, shock, rabbia e risentimento. La paziente avrà difficoltà ad accettarsi dopo l’intervento, mostrerà paura e imbarazzo a farsi vedere, anche per il fatto che il seno è il simbolo della femminilità e ogni modificazione che ne alteri l’aspetto incide sulla percezione che la donna ha di sé. La donna operata di tumore svilupperà, inoltre, uno stato di angoscia per la paura che il tumore possa ripresentarsi.

È fondamentale, quindi, intervenire in maniera multidisciplinare per contrastare sia gli effetti psicologici che le conseguenze fisiche, fin dalla diagnosi.

(35)

36

A

TTIVITÀ FISICA E CARCINOMA MAMMARIO

Gli effetti positivi dell’attività motoria su soggetti con malattie conclamate è nota da decenni, ma negli ultimi anni gli sforzi della ricerca in questa direzione si sono intensificati notevolmente.

Numerose associazioni mondiali, come l’American Heart Association, l’American Cancer Society, l’American College of Cardiology, l’American College of Sport Medicine continuano a riportare numerose prove a favore dell’esercizio fisico programmato.

È evidente che l’esercizio riduce la disabilità e migliora le condizioni di numerose malattie come la sclerosi multipla, le malattie metaboliche, le cardiopatie, l’obesità e il cancro.

Molti soggetti affetti da carcinoma mammario, sottoposti a trattamento e/o in fase di remissione, presentano conseguenze fisiche, psicologiche e cognitive importanti, che influiscono sulla qualità della loro vita.

In relazione alle considerazioni precedenti, risulta fondamentale un approccio multidisciplinare dalla diagnosi alla completa guarigione del soggetto, per promuovere ed incentivare i pazienti ad uno stile di vita sano e attivo. L’intervento multidisciplinare deve comprendere il chirurgo senologo, l’oncologo, lo psicologo, il fisioterapista, il nutrizionista, il dietologo e il laureato in scienze e tecniche delle attività motorie preventive ed adattate.

Il ruolo dell’attività fisica è ormai evidente nella prevenzione di numerose patologie, da quelle cardiovascolari a quelle respiratorie, e, negli ultimi anni, ha guadagnato una rilevanza importante, come mezzo di prevenzione e di trattamento per il carcinoma mammario.

L’esercizio fisico può avere numerosi effetti benefici, in vari periodi del follow-up, sulla qualità della vita, sulla funzionalità fisica, sulla vita sociale, sulla fatigue e sull’autostima.

Esistono numerose evidenze che includono la mancanza di attività fisica tra i fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma mammario.

Fair e Montgomery (36) hanno evidenziato che l’eccesso di peso è direttamente correlato con

l’aumento dell’incidenza e della mortalità dovuti al cancro e che l’accumulo di tessuto adiposo è determinato da un bilancio energetico positivo. Modificare il bilancio energetico è possibile

(36)

37

riducendo l’apporto calorico e aumentando la spesa calorica, sulla quale possiamo intervenire incrementando l’attività fisica. Gli effetti riconducibili all’attività fisica sono: la riduzione dell’accumulo di grassi; modifiche del livello degli ormoni sessuali e della funzione immunitaria; interferenza sui livelli di insulina e riduzione dei radicali liberi.

Non è ancora del tutto chiara l’associazione tra l’attività fisica e la riduzione del rischio di tumore alla mammella. Sono state avanzare numerose ipotesi, ad esempio la riduzione del rischio potrebbe essere correlata a modificazioni degli ormoni steroidei, all’insulino-resistenza, alla produzione delle citochine e all’azione sul sistema immunitario.

Figura 12 Possibili meccanismi protettivi dell'attività fisica nei confronti del cancro. (37)

Uno studio pubblicato sul “Journal of Clinical Oncology” ha esaminato come l’esercizio aerobico influenza i livelli degli ormoni steroidei e delle proteine di trasporto degli ormoni sessuali (SHBG) e come queste modifiche siano coinvolte nell’associazione tra attività fisica e carcinoma mammario. Lo studio è stato condotto su 320 donne sedentarie in post menopausa, di età compresa tra 50 e 74 anni. Le partecipanti sono state suddivise in un gruppo di controllo (n. 160), che ha mantenuto i livelli di attività fisica abituali, e ad un gruppo di esercizio (n. 160), dove veniva effettuata attività aerobica per 225 minuti a settimana per un anno. A 12 mesi, nel gruppo di esercizio è stata registrata una riduzione statisticamente significativa dell’estradiolo e dell’estradiolo libero e un aumento delle SHBG, rispetto al gruppo di controllo. Questi risultati si sono dimostrati coerenti con la riduzione del rischio del tumore mammario in postmenopausa.

(37)

38

inattiva e si pensa che livelli di attività fisica insufficienti causino il 9% dei casi di tumori alla mammella. (32)

Molti studi hanno dimostrato che nei pazienti con carcinoma mammario i livelli di attività fisica diminuiscono significativamente durante il trattamento e restano insufficienti anche in seguito al completamento del trattamento. (39,40)

Una ricerca del 2015 ha investigato gli stili di vita dei pazienti con tumore alla mammella, lo strumento di raccolta dati ha incluso un questionario sullo stile di vita, valutando quattro dimensioni: la cura di sé, l’esercizio e l’attività fisica, la dieta e la capacità di affrontare lo stress. Il questionario è stato somministrato a 150 donne, con età media 51. 9 anni ± 1.04 (27 - 78). I risultati hanno dimostrato la presenza di bassi livelli in due dimensioni dello stile di vita (cura di sé ed esercizio e attività fisica) nella maggior parte delle partecipanti per un anno prima di presentare un carcinoma mammario. (41)

Nei sopravvissuti al cancro alla mammella si può verificare un deterioramento della funzionalità fisica, che può associarsi con morte prematura, cadute dannose, fratture ossee e disabilità. (42) Uno studio pubblicato sull’Asian Pacific Journal of Cancer Prevention, condotto nel 2015 da Vardar-Yagli et al., ha incluso 40 sopravvissute al tumore al seno. Le donne sono state valutate mediante l’International Physical Activity Questionnaire in forma breve (IPAQ) per valutare la quantità di attività fisica quotidiana, il Charlson Comorbidity Index (CII) che permette di valutare la probabilità di sopravvivenza a 10 anni in un paziente che presenta più patologie in concomitanza, la capacità funzionale è stata valutata attraverso il Six-Minute Walk Test (6MWT), la forza muscolare periferica è stata misurata nel quadricipite femorale con un dinamometro portatile e lo stato psicologico è stato valutato con l’Hospital Anxiety Depression Scale (HADS). I risultati del IPAQ sono significativamente correlati con la forza del muscolo quadricipite (r=0.492; p<0.001) e con il punteggio della depressione nel HADS (r=0.341; p<0.05). Inoltre, il punteggio del CII è marcatamente associato con la forza del muscolo quadricipite (r=-0.413; p<0.001). Questi risultati suggeriscono che l’inattività fisica contribuisce al peggioramento della salute nelle sopravvissute al cancro al seno. (39)

La promozione dell’attività fisica è possibile nei pazienti oncologici, uno studio di Foucaut et al. ha dimostrato che un programma di attività fisica adattata di 3 mesi ha determinato un

(38)

39

aumento significativo dell’attività moderata (+13 min/day) e una riduzione della sedentarietà (-18 min/day). (43)

Numerose evidenze mostrano che le donne fisicamente attive, sia prima che dopo la diagnosi, hanno probabilità superiori di sopravvivere. (44) Inoltre, gli effetti positivi risultano maggiori con programmi di attività moderate-vigorose rispetto a esercizi a media-bassa intensità. L’università di Madrid ha condotto uno studio su 94 donne, da 1 a 36 settimane post-chemioterapia e radioterapia, assegnandole a un programma di intervento che combinava esercizi aerobici e esercizi di resistenza (n = 44) e un gruppo di controllo (n=45) per 12 settimane. Il massimo consumo di ossigeno (VO2max), la forza muscolare, il range di

movimento della spalla, la composizione corporea e la qualità della vita sono state valutate all’inizio, a 12 settimane e a 6 mesi dal follow-up. I risultati hanno mostrato che il gruppo di intervento ha avuto un miglioramento significativo del VO2max, della forza muscolare, della

percentuale di grasso e massa magra e della qualità della vita; inoltre la composizione corporea è stata mantenuta anche dopo 6 mesi dal follow-up. (45)

Possiamo concludere che un intervento di esercizio combinato determina considerevoli miglioramenti cardiorespiratori, della funzionalità fisica e della qualità della vita del soggetto che è stato sottoposto a trattamento chemioterapico e radioterapico per il carcinoma mammario. Un articolo scientifico del 2015 di Lahart et al., evidenzia come i soggetti che riportavano livelli maggiori di attività fisica pre-diagnosi avevano una riduzione significativa del rischio di morte per tutte le cause (HR=0.82, 95% CI 0.70-0.96, p<0.05) e del rischio di morte per cancro al seno (HR=0.73, 95% CI 0.54-0.98, p<0,05), rispetto ai soggetti poco o non attivi. Una riduzione significativa del rischio di morte per tutte le cause e per morte dovuta al tumore al seno è stata osservata anche nei soggetti maggiormente attivi fisicamente nel post-diagnosi (HR=0.54, 95% CI 0.38-0.76, p<0,01; e HR=0.67, 95% CI 0.50-0.90, p<0,05, rispettivamente). (46)

Un programma di esercizio fisico determina effetti positivi sulle capacità fisiche ed anche sulla qualità della vita globale correlata alla salute, migliorando il benessere emotivo e sociale, riducendo significativamente l’ansia e la fatigue, per questo dovrebbe essere incluso nei piani di gestione dei soggetti con diagnosi di tumore e dei sopravvissuti al cancro, che hanno completato il trattamento.

(39)

40

andando a migliorare la composizione corporea, la funzionalità fisica, la qualità della vita, riducendo l’ansia e aumentando l’autostima. (32 e 47)

In uno studio del 2015 è stato misurato come l’attività fisica incida su vari indicatori della qualità della vita. Sono state prese in considerazione 358 sopravvissute al carcinoma mammario e sono stati valutati i comportamenti sedentari e l’intensità delle differenti attività, all’inizio attraverso un accelerometro e, dopo sei mesi, mediante un questionario. I risultati hanno riportato una riduzione della durata della fatigue nei soggetti che avevano aumentato l’attività fisica quotidiana e un aumento significativo del benessere fisico e di altri indicatori della qualità della vita nei soggetti che avevano aumentato l’attività fisica da moderata a vigorosa. (48) L’attività fisica rivolta ai soggetti con carcinoma mammario deve mirare al miglioramento dello stato di salute generale, andando ad influire sulla funzionalità globale, sulla mobilità dei segmenti corporei, sul controllo del peso corporeo, contrastando la perdita di massa ossea e gli altri effetti dovuti ai trattamenti.

L’esercizio fisico deve inoltre essere sviluppato per favorire il miglioramento della condizione psicologica: in seguito alla diagnosi è fondamentale che il soggetto non si colpevolizzi, ma prenda coscienza del proprio corpo e lo percepisca in ogni sua parte. Altresì, è importante che il malato oncologico divenga consapevole che il movimento può rappresentare un mezzo per stare meglio con se stessi. L’attività fisica è in grado di favorire l’incremento dell’autostima e del senso di benessere, permette la socializzazione e riduce lo stato di ansia e depressione che si possono generare in questi soggetti.

I programmi di attività fisica devono quindi mirare alla promozione di uno stile di vita attivo da mantenere nel tempo.

Tra le evidenze scientifiche è chiaro che l’attività fisica è un fattore di prevenzione per il carcinoma mammario, ma contemporaneamente vi sono numerose incertezze rispetto la tipologia, la durata e l’intensità dell’esercizio fisico da prescrivere ai pazienti oncologici. Per sviluppare un programma di attività adeguato è fondamentale la personalizzazione, che può essere basata su test fisici e su questionari per la valutazione del dolore e della qualità della vita, da ripetere periodicamente per valutare i miglioramenti e per determinare un feedback sulla validità del programma stesso.

(40)

41

C

APITOLO

3.1

L

INEE GUIDA ATTUALI

L’inattività fisica è stata identificata come il quarto fattore di rischio principale per la mortalità globale. I livelli di inattività sono in aumento in numerosi paesi con importanti implicazioni per la prevalenza delle malattie non trasmissibili e per la salute generale della popolazione nel mondo. (49)

L’Organizzazione Mondiale dalla Sanità (OMS) definisce l’attività fisica come un qualsiasi movimento corporeo prodotto da muscoli scheletrici che richiede dispendio energetico.

L’attività fisica comprende l’esercizio fisico, che rappresenta un’attività prevista, strutturata, ripetitiva e finalizzata a migliorare o mantenere la salute fisica.

Un programma di attività fisica regolare permette al soggetto di recuperare e migliorare il suo stato di salute fisica, favorisce il miglioramento dello stato psicologico e incrementa la qualità della vita in generale.

Le “Global recommendations on physical activity for health” pubblicate nel 2010 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, propongono livelli di attività fisica raccomandati in relazione alle differenti fasce d’età.

L’OMS (49) raccomanda che:

 Bambini e adolescenti (5-17 anni) dovrebbero svolgere almeno 60 minuti di attività ad intensità moderata-vigorosa al giorno, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi per la forza, che possono consistere in giochi di movimento o attività sportive;

 Adulti (18-64 anni) dovrebbero fare almeno 150 minuti di attività fisica ad intensità moderata, oppure almeno 75 minuti di attività vigorosa durante la settimana, con esercizi di rinforzo dei maggiori gruppi muscolari da svolgere almeno 2 volte alla settimana; per ottenere benefici superiori gli adulti dovrebbero aumentare l’attività fisica ad intensità moderata a 300 minuti per settimana;

 Anziani (>65 anni) dovrebbero fare almeno 150 minuti di attività fisica ad intensità moderata, oppure almeno 75 minuti di attività vigorosa durante la settimana con esercizi di rinforzo dei maggiori gruppi muscolari da svolgere almeno 2 volte alla settimana; i

(41)

42 cadute e per il rinforzo muscolare.

I livelli di attività fisica devono essere raccomandati in relazione a differenti parametri dell’attività:

 Tipologia: comprende numerose forme di attività (aerobica, di forza, di equilibrio, di flessibilità);

 Durata: rappresenta il tempo in cui l’esercizio viene eseguito, viene espressa in minuti;

 Frequenza: definisce il numero di volte che l’attività viene svolta ed è generalmente espressa in sessioni o incontri a settimana;

 Intensità: si riferisce all’entità dello sforzo necessario a svolgere l’attività;

 Volume: rappresenta l’interazione tra i parametri precedenti che vanno a caratterizzare l’attività.

Le Physical Activity Guidelines for Americans del 2008 raccomandano a tutti gli adulti di eseguire almeno 150 minuti a settimana di attività fisica moderata o 75 minuti alla settimana di attività fisica vigorosa o una combinazione equivalente, oltre alla propria attività quotidiana. Questi livelli di attività fisica hanno dimostrato di avere benefici evidenti per la salute, tra le quali riduzione della morte prematura e riduzione dell’incidenza e della mortalità per vari tipi di cancro.

Gli studi suggeriscono che svolgere 300 minuti di attività fisica moderata a settimana aiuta anche a prevenire l’aumento di peso e l’obesità; questo può rappresentare un effetto indiretto dell’attività fisica rispetto al rischio di cancro.

Nei bambini il movimento, l’attività fisica e i giochi sportivi sono fondamentali, le esperienze che vivranno saranno necessarie per sviluppare abitudini e stili di vita attivi. È fondamentale sottolineare che aumentare il livello di attività fisica a qualsiasi età fornisce importanti benefici per la salute e nella riduzione del rischio di tumore.

L’American Cancer Society (ACS) e il World Cancer Research Fund hanno sviluppato 12 raccomandazioni (50) per la prevenzione del cancro:

(42)

43

 Non fumare,

 Evitare il fumo passivo,

 Mantenere un peso corporeo salutare,

 Promuovere l’attività fisica regolare,

 Condurre una dieta sana,

 Limitare il consumo di alcol,

 Evitare un eccessiva esposizione a radiazioni ultraviolette,

 Evitare i fattori di rischio professionali per il cancro,

 Ridurre le esposizioni a radiazioni,

 Incoraggiare l’allattamento al seno,

 Limitare l’uso di terapie ormonali sostitutive,

 Partecipare ai programmi di screening.

Le linee guida sull’alimentazione e l’attività fisica dell’American Cancer Society raccomandano di mantenere un peso sano, ridurre il peso se si è in sovrappeso o obesi, diminuire il consumo di alimenti e bevande ipercalorici, aumentare l’attività fisica per promuovere la perdita di peso, impegnarsi in un’attività fisica regolare ed evitare l’inattività.

L’American Cancer Society (ACS) (51) distingue due tipi di attività:

 Abituali: l’insieme delle attività che vengono svolte regolarmente nella routine quotidiana, come salire una rampa di scale per raggiungere la porta di casa oppure farsi una doccia. In genere sono attività a bassa intensità e di breve durata;

 Intenzionali: sono le attività progettate ed eseguite nel tempo libero e sono in aggiunta alle attività abituali, comprendo ad esempio andare in palestra, in bicicletta o a correre. L’American Cancer Society consiglia di svolgere almeno 150 minuti di attività alla settimana ed includere esercizi di rinforzo muscolare almeno in 2 giorni alla settimana.

Studi recenti hanno dimostrato che le donne che hanno avuto un carcinoma mammario e che sono fisicamente attive presentano un minore rischio di morte e un aumento della sopravvivenza, rispetto a quelle fisicamente inattive.

Uno studio effettuato sulle sopravvissute al tumore alla mammella ha dimostrato che le donne che hanno incrementato il livello di attività fisica in seguito alla diagnosi (> 9.0 METS (Equivalente metabolico, 1MET=3.5 ml di ossigeno consumato per Kg di peso corporeo al

(43)

44 sopravvivenza riducendo il rischio di morte.

I risultati di un altro studio hanno dimostrato che le donne inattive presentano un rischio superiore di morte per tumore alla mammella rispetto alle donne maggiormente attive. Numerosi benefici sono stati riscontrati nelle donne che effettuavano camminate con una durata compresa tra le tre e le cinque ore per settimana. (53)

Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e quelle dell’American Cancer Society concordano sulla quantità di attività fisica necessaria per produrre benefici nella popolazione adulta, è perciò fondamentale promuovere uno stile di vita attivo, incoraggiando la popolazione a svolgere un minimo di 150 minuti di attività fisica a settimana e sottolineando le attività che stanno alla base della piramide dell’attività fisica e che devono essere svolte ogni giorno.

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