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Un approccio alla gravita massiva con il gruppo di rinormalizzazione: la teoria non Fierz-Pauli

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(1)

DIPARTIMENTO DI FISICA

Corso di Laurea Magistrale in Fisica Teorica

Un Approccio alla Gravit`

a Massiva con il Gruppo di

Rinormalizzazione: la Teoria non Fierz-Pauli

Relatore:

Dr. Omar Zanusso

Candidato:

Marco Martinucci

(2)
(3)

A mia moglie, ai miei genitori

(4)
(5)

Indice

Introduzione 5

Acronimi 10

1 Massive Gravity 11

1.1 Dalla Relativit`a Generale alla Massive Gravity . . . 11

1.2 Teoria di Fierz-Pauli . . . 14

1.3 Teorie Efficaci: ⇤5 e ⇤3 . . . 17

2 Gruppo di Rinormalizzazione Funzionale 23 2.1 Azione Media Efficace . . . 23

2.2 Equazione di Wetterich . . . 26

2.3 Asymptotic Safety . . . 29

2.4 EAA per la Gravit`a Quantistica Massiva . . . 31

3 RG nella Teoria non Fierz-Pauli 35 3.1 Teoria non Fierz-Pauli . . . 35

3.2 Funzioni . . . 38

3.3 Punti Fissi e Risultati . . . 46

3.3.1 Proiezioni per il futuro . . . 53

4 Conclusioni 55 A Meccanismo di Lee-Wick 59 A.1 Prescrizione di Lee-Wick . . . 59

A.2 Toy Model . . . 61

(6)
(7)

Introduzione

Per raccontare l’evoluzione della teoria della gravit`a ai miei studenti, spesso faccio ricorso ad una metafora: gli studi di Galileo, su come i corpi venissero accelerati indipendentemente dalla loro massa, vengono paragonati ad un seme, la legge di gravitazione universale di Newton alla pianta che cresce, la Relativit`a Generale di Einstein, con la maturazione e lo sbocciare dei fiori; ma c’`e ancora una parte mancante, il frutto, che rappresenta la teoria del-la gravitazione quantistica (Quantum Gravity) ad oggi ancora sconosciuta, forse perch´e non `e ancora giunto il momento o forse perch´e non siamo stati in grado di cercare bene tra le foglie che compongono questo albero della gravit`a.

La teoria della gravitazione di Einstein (General Relativity) ad un primo approccio descrive come lo spazio-tempo sia influenzato dalle masse immer-se in esso dando vita a quella che Newton chiam`o Forza di Gravit`a. Da un punto di vista della teoria di campo quantistica (Quantum Field Theory) la teoria di Einstein descrive il campo generato da una particella di spin-2 autointeragente a massa nulla. Le conferme sperimentali della GR sono in-numerevoli, l’esempio pi`u recente `e la rilevazione delle onde gravitazionali e il pi`u storico `e la precessione del perielio di Mercurio. Ma si `e visto che l’Uni-verso si sta espandendo e questo `e in contraddizione con la natura puramente attrattiva della forza di gravit`a; per giustificarlo attraverso la GR dovrebbe esistere una densit`a di Dark Energy [1] pari a ⇢⇤⇠ 10 6GeV/cm3 che

cor-risponde in unit`a naturali ad una massa M⇤= ⇢1/4 ⇠ 10 3eV molto minore

rispetto alle scale di energia delle interazioni conosciute ⇤QCD ⇠ 200MeV,

MW ⇠ 80GeV e MPl ⇠ 1019GeV. La natura piccola della M⇤

costitui-sce quello che viene denominato “Cosmological Constant Problem”: perch´e questa densit`a di energia deve essere cos`ı piccola, e perch´e pur essendo cos`ı piccola deve essere diversa da zero? Questo problema potrebbe trovare la sua risposta nel Principio Antropico di Dicke [2], il quale a↵erma che stiamo osservando questo sorprendente valore perch´e in realt`a `e una propriet`a del-l’Universo necessaria affich´e esistano osservatori come noi, e quindi questo valore non `e n´e pi`u n´e meno sorprendente della nostra stessa esistenza.

Un modo pi`u fisico e meno filosofico di procedere `e modificare la gravit`a nell’infrarosso in modo da produrre soluzioni self-accelerating. Una naturale modifica da considerare prende il nome di gravit`a massiva (Massive

(8)

ty) che consiste nel dotare di massa la particella gi`a presente nella GR: il gravitone. Questo significa fornire 3 gradi di libert`a (degree of freedom) ag-giuntivi ai 2 che gi`a possiede il gravitone al fine di raggiungere i 5 necessari per una particella massiva di spin-2. In questo scenario il parametro di de-formazione sar`a la massa del gravitone e nel limite m! 0 ci aspetteremmo di ritrovare la GR, in questo contesto la costante cosmologica riappare come il rapporto m/MPl e la forza mediata dal gravitone massivo avr`a un profilo

di Yukawa 1re mr che per r < m1 restituisce l’andamento del caso massless [3]. La possibilit`a di avere una particella a spin-2 massiva venne studiata per la prima volta nel 1939 da Fierz e Pauli [4], accantonata per quasi trent’an-ni riprese interesse dopo la scoperta del modello standard e della conferma della QFT. Nei primi anni ’70 del secolo scorso van Dam, Veltman e Zakha-rov concentrarono i loro studi sulla gravit`a massiva e scoprirono [5] che, nel limite in cui la massa viene portata a zero, fornisce delle predizioni di↵erenti rispetto alla GR; comunemente conosciuta come discontinuit`a vDVZ.

Le teorie di gravit`a massiva spesso sono soggette ad instabilit`a, Boulware e Deser [6] identificarono la presenza di modi ghost all’interno della teoria, come vedremo questo `e un problema meno grave di quel che sembra.

Contemporaneamente nel mondo fisico venne sviluppata l’idea di teorie di campo efficaci (E↵ective Field Theory), teorie valide al di sotto di una certa scala di energia, ben diverse dalle teorie complete, possono avere infi-niti termini ma che in determinati regimi energetici riescono comunque ad essere predittive; in questo contesto nel 2002 Arkani-Hamed, Georgi e Sch-wartz [7] introdussero un metodo per restaurare l’invarianza di gauge nelle teorie di gravit`a massiva e trovarono un cuto↵ ⇤5 = (MPlm4)

1

5

parametri-camente al di sopra del valore di m. Successivamente, nel 2010, de Rham e Gabadadze [8], mostrarono che `e possibile eliminare il modo ghost e alzare il cuto↵ della teoria a ⇤3= (MPlm2)

1 3.

Nel campo delle QFT la GR non conduce ad una teoria rinormalizzabile, le divergenze prodotte dallo sviluppo perturbativo richiedono l’introduzione di infiniti nuovi termini all’interno della teoria e conseguentemente infini-te nuove costanti di accoppiamento devono essere deinfini-terminainfini-te da infiniti esperimenti, perdendo cos`ı la caratteristica fondamentale di ogni teoria fi-sica: la predittivit`a. Ma non tutto `e perduto, la Teoria di Einstein viene considerata come un EFT valida al di sotto della scala data dalla massa di Planck (⇠ 1019GeV). In questo contesto, nasce dall’idea di Weinberg,

la nozione di “non-perturbative renormalizability” conosciuta anche come “Asymptotic Safety”1, come vedremo nel dettaglio, consiste in una serie di

condizioni necessarie affinch´e il comportamento della teoria che si sta con-siderando sia sotto controllo in ogni regime energetico, pur non avendo una teoria completa. Questo approccio `e stato largamente usato [11] per capire il

1Il termine Asymptotic Safety `e stato usato per la prima volta da Weinberg [10] in

(9)

comportamento della gravit`a nel settore UV, utilizzando di↵erenti modelli, quello che si osserva `e che la QG sembra essere una teoria Asympotically Safe.

L’idea principale di questo lavoro di tesi `e utilizzare l’approccio del Func-tional Renormalization Group (FRG) nel caso della gravit`a massiva modi-ficando il termine massivo di Fierz-Pauli. Verr`a testata la validit`a della teoria attraverso la ricerca dei punti fissi e il running delle masse, in un’ot-tica di confronto con i parametri della teoria “classica” ⇤3 cercando punti

di connessione tra i due di↵erenti approcci alla gravit`a massiva.

La tesi sar`a organizzata in tre principali sezioni; nella prima verranno ap-profondite le teorie massive nel contesto delle teorie di campo efficaci eviden-ziandone i punti critici. Nella seconda parte verr`a introdotto il formalismo proprio del FRG, l’equazione di Wetterich e verr`a costruito il path integral gravitazionale attraverso il metodo di Faddeev-Popov. Infine, nell’ultima parte, l’apparato teorico esposto nelle sezioni precedenti verr`a applicato alla gravit`a massiva nella teoria non Fierz-Pauli. Verranno analizzati e commen-tati i risulcommen-tati ottenuti nelle conclusioni, dove saranno presenti spunti per future ricerche.

Nelle pagine che seguiranno le quantit`a saranno tutte espresse in unit`a naturali ¯h = c = 1.

(10)

Acronimi

AS Asymptotic Safety bEAA Background EAA

CCP Cosmological Constant Problem d.o.f. Degree Of Freedom

EAA E↵ective Average Action EFT E↵ective Field Theory

ERGE Exact Renormalization Group Equation FRG Functional Renormalization Group gEAA gauge EAA

GR General Relativity IR Infrared

MG Massive Gravity

QCD Quantum Chromodynamics QFT Quantum Field Theory QG Quantum Gravity rEAA Reminder EAA UV Ultraviolet

(11)

Massive Gravity

In questo capitolo discuteremo quali conseguenze comporta dotare di massa il mediatore dell’interazione gravitazionale, analizzeremo i gradi di libert`a che la teoria della gravit`a massiva propaga e come, nel limite di massa nulla, possano dare vita alla discontinuit`a di van Dam, Veltman e Zakharov. In particolare verr`a introdotto il termine massivo di Fierz-Pauli e le caratte-ristiche generali delle teorie efficaci ⇤5 e ⇤3 tralasciando i dettagli che non

sono utili ai fini di questa tesi.

1.1

Dalla Relativit`

a Generale alla Massive Gravity

Einstein conobbe la teoria tensoriale grazie ad un amico di vecchia data, Grossmann [2], che lo inform`o su una nuova teoria che i matematici puri tra Germania e Italia svilupparono alla fine del XIX secolo, questa teoria permetteva di mantenere inalterata la forma delle equazioni facendo variare le coordinate arbitrariamente. Il tempismo perfetto con cui questa teoria si present`o ad Einstein, unito alle sue straordinarie intuizioni, permisero alla teoria della Relativit`a Generale di prendere vita e rivoluzionare il mondo della fisica.

Negli anni successivi alla scoperta della Relativit`a Generale da parte di Einstein, la fisica trov`o un nuovo linguaggio con cui spiegare la natura: la teoria dei campi quantistica (Quantum Field Theory). In questa descrizione le particelle sono classificate in base al loro spin e sono gradi di libert`a dello spazio-tempo piatto quadridimensionale trasportati dai campi.

La Relativit`a Generale trova la sua descrizione, attraverso la QFT, me-diante campi bosonici perch´e sono gli unici in grado di descrivere forze ma-croscopiche a grandi distanze; i campi fermionici non possono costruire stati coerenti classici. Inoltre per descrivere interazioni a grandi distanze la massa del mediatore deve essere necessariamente molto piccola rispetto alle scale in gioco, infatti un campo a spin intero di massa m soddisfa l’equazione di Klein-Gordon: (2 m2) = 0 la cui soluzione a distanza r dalla sorgente

(12)

avr`a un andamento tipo Yukawa⇠ 1

re mr. A questo punto il caso pi`u

sem-plice `e spin-0, il termine di interazione sarebbe Tµµ, dove con T⌫µ si indica

il tensore di energia-impulso1, ma se vogliamo descrivere la gravit`a

dovre-mo essere in grado anche di descrivere la deflessione della luce a causa del campo gravitazionale, e il tensore energia-impulso dell’elettromagnetismo ha traccia nulla: questo esclude lo spin-0.

Storicamente i primi a scrivere le equazioni di campo per una particella spin-2 massless furono Fierz e Pauli nel 1939 [4]. Un campo di spin-2 mas-sless viene descritto attraverso un tensore simmetrico µ⌫, la lagrangiana

libera di questo campo nello spazio piatto sar`a formata da termini del tipo @↵ µ⌫@ ⇢ con tutte le possibili contrazioni degli indici ottenendo cos`ı la

seguente forma generale per l’azione: Z ddx ✓ a1@↵ µ⌫@↵ µ⌫+ a2@↵ ↵µ@ µ+ a3@↵ ↵µ@µ + a4@↵ @↵ ◆ . (1.1) Imponendo l’invarianza sotto di↵eomorfismo [12]:

µ⌫ ! µ⌫+ @µ⇠⌫+ @⌫⇠µ (1.2)

possiamo determinare i coefficienti ai e ottenere l’azione per lo spin-2:

S = Z ddx ✓ 1 2@↵ µ⌫@ ↵ µ⌫+ @ ↵ ↵µ@ µ @↵ ↵µ@µ + 1 2@↵ @ ↵ ◆ . (1.3) Se riscaliamo in maniera opportuna il campo , che nell’azione di F-P ha dimensione 1 in unit`a di massa,

hµ⌫ = 2 µ⌫ con  =

p

8⇡G (1.4)

otteniamo esattamente la versione linearizzata dell’azione di Einstein-Hilbert. Per ottenere l’azione completa di Einstein-Hilbert dovremmo considerare l’accoppiamento del campo hµ⌫ con il suo stesso tensore energia-impulso, i

primi studi fatti a riguardo sembrano essere attribuiti a Kraichnan in un lavoro non pubblicato intorno alla met`a degli anni ’40 del secolo scorso, ma i contributi pi`u rilevanti sono di Feynman e Deser che attraverso un pro-cesso iterativo dimostrarono come fosse possibile risommare l’azione EH2

partendo proprio dalla sua forma linearizzata.

1Teniamo presente che la relazione tra tensore energia-impulso e campo gravitazionale

non `e banale, il campo gravitazionale ha equazioni del moto non lineari e questo implica che il gravitone `e un portatore di “carica” gravitazionale e quindi il campo `e esso stesso una sorgente.

2In realt`a come ha dimostrato Padmanabhan nel suo lavoro [12] `e possibile ricostruire

solo l’azione , in quanto il termine di bordo dell’azione completa non si riesce a recu-perare, l’azione dello spin-2 e la non sono covarianti ma `e interessante notare che le equazioni del moto che generano lo sono.

(13)

Quindi anche attraverso la descrizione in termini di QFT si ottiene l’azione gravitazionale E-H:

SEH[g] =

1 22

Z

ddxp g R . (1.5) Il segno davanti a tutto `e stato introdotto per avere continuit`a in forma con i prossimi capitoli dove verr`a utilizzata la notazione euclidea. Con g si indica il determinante della metrica gµ⌫ e il segno `e dovuto al fatto che

stiamo lavorando nello spazio-tempo di Minkowski, R `e lo scalare di Ricci definito a partire dal tensore di Riemann:

Tensore di Riemann Rµ⌫⇢ = @⇢ µ⌫ @ µ⌫⇢+ ↵⌫ µ⇢↵ ↵⇢⌫ µ↵(1.6)

Tensore di Ricci R⌫ = gµ⇢Rµ⌫⇢ (1.7)

Scalare di Ricci R = g⌫ R⌫ (1.8)

dove abbiamo la connessione di Levi-Civita:

µ ⌫ = 1 2g µ⇢(@ ⌫g ⇢+ @ g⌫⇢ @⇢g⌫ ) . (1.9)

A questo punto vogliamo dotare di massa il gravitone e passare cos`ı alla Massive Gravity. Consideriamo la (1.5) e sviluppiamo la metrica intorno allo spazio piatto:

gµ⌫ = ⌘µ⌫+ hµ⌫ (1.10)

dove ⌘µ⌫ = { 1, 1, 1, 1} `e la metrica di Minkowski e hµ⌫ rappresenta le

fluttuazioni quantistiche. In questo modo si ottiene l’azione linearizzata: S(2) = 1 2 Z ddx  @↵hµ⌫@↵hµ⌫ @µh@µh + 2@µh@⌫hµ⌫ 2@µhµ⇢@⌫h⌫⇢ . (1.11)

Notiamo che l’azione linearizzata di Einstein-Hilbert (1.11) `e l’azione dello spin-2 della (1.3). Gli indici vengono alzati e abbassati attraverso la metrica ⌘µ⌫. Il termine di massa per il campo hµ⌫ pi`u generale possibile avr`a la

forma

m2(c1hµ⌫hµ⌫+ c2 h2) (1.12)

dove c1 e c2 sono due costanti. Notiamo che il termine massivo rompe

l’invarianza di gauge e necessita della coesistenza di due metriche; infatti sarebbe impossibile costruire un termine di massa con la sola metrica gµ⌫

perch´e genererebbe un termine costante: gµ⌫gµ⌫ = d. L’azione completa

sar`a quindi della forma: S[g, h] = 1 22 Z ddxp g  R[g] + m2(c1hµ⌫hµ⌫+ c2 h2) (1.13)

dove gµ⌫ = ⌘µ⌫+ hµ⌫, in R[g] gli indici vengono alzati e abbassati attraverso

la metrica gµ⌫, mentre per quanto riguarda il termine massivo dovremo

(14)

dell’azione, una dinamica (g) e una di background non dinamica (⌘), sen-za la coesistensen-za di queste due metriche non `e possibile creare un termine massivo per il gravitone; la generalizzazione ad una metrica di background curva `e immediata ponendo gµ⌫ = ¯gµ⌫+ hµ⌫.

1.2

Teoria di Fierz-Pauli

Il campo associato al gravitone nella teoria massless `e un tensore 4⇥ 4 simmetrico hµ⌫e quindi ha 10 gradi di libert`a, se introduciamo la condizione

di gauge, per esempio la gauge armonica di De Donder: @µhµ⌫

1

2@⌫h = 0 (1.14) fissiamo 4 condizioni, inoltre abbiamo una condizione di gauge residua che si ottiene facendo variare la (1.14) rispetto alla trasformazione di gauge

hµ⌫ = @µ⇠⌫ + @⌫⇠µ: ✓ @µhµ⌫ 1 2@⌫h ◆ = 0! 2⇠⌫ = 0 (1.15)

che fornisce 4 ulteriori condizioni. Quindi in totale abbiamo 10 4 4 = 2 gradi di libert`a che identificano una particella spin-2 priva di massa.

Una particella spin-2 massiva ha 5 gradi di libert`a, ma se aggiungiamo un termine massivo generico come (1.12) otteniamo un grado di libert`a in pi`u rispetto a quelli che dovrebbero essere. Questo grado di libert`a sovrab-bondante d`a vita al modo di ghost di Boulware-Deser [6], in termini di QFT il modo ghost genera delle instabilit`a nella teoria, il teorema ottico viene violato con una conseguente perdita di unitariet`a.

La teoria di Fierz-Pauli, attraverso un’opportuna scelta dei coefficien-ti della (1.12), permette l’eliminazione del modo ghost. Un modo molto semplice per vedere come scegliere i coefficienti `e attraverso l’espansione in bosoni di Goldstone [7], nello spazio piatto, del tensore hµ⌫:

hµ⌫ = ˆhµ⌫+ @⌫⇡µ+ @µ⇡⌫ (1.16)

dove ˆhµ⌫ `e il campo dello spin-2 massless e ⇡µ `e un campo vettoriale che

contiene 3 gradi di libert`a che possiamo espandere ulteriormente in una componente di spin-1 trasverso e uno spin-0: ⇡µ = Aµ + @µ . Questa espansione ha la struttura di un di↵eomorfismo e quindi lascia invariata la prima parte della (1.13), andiamo a sostituire l’espansione direttamente nel termine massivo e concentriamo la nostra attenzione sul modo di spin-0:

m2 Z ddx ✓ c1 @⌫@µ @µ@⌫ + c22 2 ◆ = m2 Z ddx(c1+ c2)2 2 (1.17)

(15)

nel secondo passaggio abbiamo integrato per parti. Possiamo notare che `e presente un termine cinetico problematico, che genera instabilit`a nella teoria. Per eliminare il problema `e sufficiente scegliere c1 = c2; questo prende il

nome di tuning di Fierz-Pauli e permette alla teoria di non essere a↵etta da ghost.

La teoria di Fierz-Pauli `e soggetta ad un’altra patologia conosciuta come discontinuit`a di van Dam, Veltman e Zakharov (vDVZ) [5].

Consideriamo l’interazione gravitazionale tra due particelle puntiformi di massa m1 e m2 stazionarie, quindi a distanza relativa fissata, con d = 4.

Il tensore energia-impulso delle due particelle avr`a la forma Tµ⌫ = muµu⌫ con uµuµ= 1; la quadrivelocit`a in questa situazione sar`a uµ= ( 1,~0).

L’in-terazione gravitazionale tra le due particelle verr`a mediata da un gravitone. Consideriamo il caso in cui descriviamo l’interazione con la GR e il caso in cui utilizziamo la Massive Gravity di Fierz-Pauli. I propagatori dei gravitoni delle due teorie sono:

Pµ⌫⇢ = 2pi2(⌘µ⇢⌘⌫ + ⌘µ ⌘⌫⇢ ⌘µ⌫⌘⇢ ) (1.18)

Pµ⌫⇢(m) = 2(p2im2)(⇡µ⇢⇡⌫ + ⇡µ ⇡⌫⇢ 23⇡µ⌫⇡⇢ ) (1.19)

dove ⇡µ⌫ = ⌘µ⌫ pmµp2⌫.

Schematicamente possiamo descrivere l’interazione tra le due masse at-traverso lo scambio di un gravitone, indichiamo con la lettera K la costante di accoppiamento che sar`a diversa nei due casi in esame:

m1

m1

m2

m2

iKT1µ⌫ iKT2

Esplicitamente per il caso massless avremo ( iKT1µ⌫)Pµ⌫⇢ ( iKT2⇢ ) = i 2~p2K 2m 1m2 ! K2 m1m2 r (1.20) quindi possiamo identificare la costante di accoppiamento del caso massless con la costante di Newton: K2= G . Nel caso massivo di Fierz-Pauli avremo invece ( iKmT1µ⌫)Pµ⌫⇢(m) ( iKmT2⇢ ) = i 2(~p2 m2)K 2 m 4 3m1m2 (1.21) che nel limite m ! 0 porta ad una costante di accoppiamento diversa rispetto al caso massless Km2 = 34G.

(16)

Quanto fatto `e servito per fissare i valori delle due costanti di accoppia-mento; adesso per osservare la discontinuit`a di vDVZ consideriamo l’intera-zione tra una particella massiva (mp) e un fotone, ripetendo esattamente i

passaggi visti sopra e indicando con E l’energia del fotone, otterremo per il caso massless

iGmpE ~

p2 (1.22)

mentre per il caso massivo nel limite m! 0 i3

4G mpE

~

p2 . (1.23)

Tra i due risultati abbiamo una discrepanza del 25%, nel limite in cui la massa del gravitone viene messa a zero, la Massive Gravity non restituisce gli stessi risultati della GR: questa `e la discontinuit`a di vDVZ.

In conclusione il termine massivo di Fierz-Pauli ha la peculiarit`a di non essere a↵etto da modi ghost, ma al contempo so↵re di un problema di con-sistenza perch´e nel limite m ! 0 non riproduce gli stessi risultati della GR.

L’origine della discontinuit`a vDVZ risiede nei gradi di libert`a della teoria; nella teoria massless abbiamo 2 d.o.f. mentre nella teoria massiva sono 5. Nell’azione di Fierz-Pauli: SFP= 1 22 Z ddx[p gR m 2 2 (hµ⌫h µ⌫ h2)] (1.24)

quando consideriamo il limite m! 0 i gradi di libert`a della teoria cambiano, la discontinuit`a vDVZ ha la sua origine in questa variazione di gradi di libert`a. Al fine di avere un limite continuo per m! 0 e quindi non perdere informazioni `e utile usare il meccanismo di St¨uckelberg [3], che consiste nel ripristinare l’invarianza che era presente nella teoria massless. Per fare questo vengono introdotti due nuovi campi, uno spin-1 (Aµ) e uno spin-0

( ) tali che:

hµ⌫ ! hµ⌫+ @µA⌫+ @⌫Aµ+ @µ@⌫ . (1.25)

Con questa nuova definizione l’azione (1.24) diventa invariante sotto la trasformazione di gauge:

hµ⌫ = @µ⇠⌫ + @⌫⇠µ. (1.26)

I nuovi campi introdotti in aggiunta alla trasformazione necessaria per ren-dere l’azione invariante

Aµ= ⇠µ (1.27)

sono soggetti ad una simmetria “fake” U (1):

(17)

Con questa espansione il termine massivo produce un termine di mixing del tipo (hµ⌫@µ@⌫ h2 ) che possiamo eliminare diagonalizzando e definendo

˜

hµ⌫ = hµ⌫ m2 ⌘µ⌫, infine definiamo i campi normalizzati in modo

ca-nonico: ˆhµ⌫ ⇠ MPl˜hµ⌫, ˆAµ ⇠ mMPlAµ e ˆ ⇠ m2MPl . Se consideriamo

l’accoppiamento con il tensore energia-impulso di materia avremo hµ⌫Tµ⌫ ! (hµ⌫+ @µA⌫+ @⌫Aµ+ @µ@⌫ )Tµ⌫ ! (˜hµ⌫+ @µA⌫+ @⌫Aµ+ @µ@⌫ + m2 ⌘µ⌫)Tµ⌫ ! ✓ 1 MPl ˆ hµ⌫+ 1 mMPl (@µA⌫+ @⌫Aµ) + 1 MPl ˆ⌘µ⌫+ 1 m2M Pl @µ@⌫ˆ ◆ Tµ⌫. Nel limite m ! 0, assumendo che la sorgente sia conservata (@µTµ⌫ = 0),

restano i termini ˆhT e ˆT . Il termine che contiene il campo scalare `e quello responsabile della discontinuit`a vDVZ. Nonostante il modo scalare sia accoppiato con la traccia del tensore energia-impulso e quindi non in-fluenza direttamente la deflessione della luce, viene modificato il potenziale newtoniano.

In conclusione con il meccanismo di St¨uckelberg si riesce ad ottenere un limite continuo della Massive Gravity evidenziando la natura della disconti-nuit`a vDVZ dovuta al modo di spin-0. L’azione di Fierz-Pauli che, nel limite m ! 0, vorremmo riconducesse alla GR, di fatto ci restituisce una teoria che descrive uno spin-2 e uno spin-0.

Per completezza, ma senza entrare nel dettaglio in quanto richiederebbe una trattazione pi`u ampia che esula dall’obiettivo di questa tesi, si fa notare che la discontinuit`a di vDVZ `e assente nella trattazione fatta con metrica di background anti-De Sitter [7], e nel contesto delle teorie efficaci ⇤5 e ⇤3:

attraverso il meccanismo di Vainshtein [3] si riesce ad ottenere un limite continuo nella regione dominata dai termini non lineari; la forza attrattiva del modo scalare viene compensata dalla forza repulsiva del ghost (dovu-ta al termine cinetico con il segno errato) che in questo regime riappare eliminando cos`ı la discontinuit`a vDVZ.

1.3

Teorie Efficaci: ⇤

5

e ⇤

3

Una teoria di campo efficace `e una teoria valida al di sotto di una certa energia, di cuto↵. Quando ci si avvicina a tale soglia la teoria mostra delle instabilit`a che nascono dall’incompletezza del modello alle scale energetiche che stiamo considerando; ma al di sotto del cuto↵ `e a tutti gli e↵etti una teoria predittiva, quindi valida. La GR di Einstein si pu`o interpretare come una teoria efficace che ha come cuto↵ la massa di Planck.

La Massive Gravity con il termine di Fierz-Pauli `e una teoria di campo efficace; capire quanto e se sia predittiva equivale a capire qual `e il suo range di validit`a, ovvero a quale scala di energia inizia a mostrare instabilit`a. Per

(18)

indagare a quale energia la teoria fallisce `e particolarmente utile l’espan-sione in bosoni di Goldstone che abbiamo gi`a utilizzato. Infatti ad energie superiori rispetto alla massa del gravitone, i campi di Goldstone diventano le componenti longitudinali del gravitone massivo, queste componenti han-no un vettore di polarizzazione ⇠ kµ/m e ad alte energie i diagrammi ad

albero di questi campi possono diventare pericolosamente grandi. Quindi la ricerca di un cuto↵ della teoria pu`o spostarsi nella ricerca di quale energia `e necessaria affinch´e i campi di Goldstone non possano pi`u essere trascurati.

Per questo motivo consideriamo l’espansione di Goldstone con il metodo di St¨uckelberg della (1.25) con termini di ordine superiore al fine di non limitarci alla teoria lineare3:

hµ⌫ ! hµ⌫+ @µ⇡⌫+ @⌫⇡µ+ @µ⇡↵@⌫⇡↵+· · · (1.29)

dove ⇡µ= Aµ+ @µ come avevamo gi`a visto precedentemente. Espandendo

i campi ⇡ otteniamo:

hµ⌫ ! hµ⌫ + @µA⌫+ @⌫Aµ+ 2@µ@⌫ + @µA↵@⌫A↵+

+ @µA↵@⌫@↵ + @⌫A↵@µ@↵ + @µ@↵ @⌫@↵ . (1.30)

I campi di Goldstone che descrivono la componente longitudinale del gravi-tone sono i , quindi i termini che possono divergere sono della forma

(@2 )3 (@2 )4 @2 (@A)2 (1.31) con un fattore moltiplicativo MPl2m2. Prendendo i campi normalizzati in modo canonico abbiamo

1 MPlm4 (@2 )3 1 M2 Plm6 (@2 )4 1 MPlm2 @2 (@A)2. (1.32) Per determinare qual `e la scala di energia pi`u piccola alla quale i termini della (1.32) iniziano a non essere pi`u trascurabili, possiamo ragionare consi-derando che il termine pi`u generico di interazione che possiamo avere sar`a della forma [3]

⇤4 nh 2nA 3n hnh(@A)nA(@2 )n

dove abbiamo indicato con ni la potenza con cui compare il campo i e tenuto

di conto che h compare sempre senza derivate, A sempre con una e sempre

3Questa espansione deriva dal metodo di St¨uckelberg per rendere invariante di

gau-ge il termine massivo attraverso la definizione di un campo di link Yµ(x) e di Gµ⌫ = @Y⇢

@xµ@Y@x⌫g⇢ (Y (x)) in modo che hµ⌫ = Gµ⌫ ⌘µ⌫; espandendo attorno all’identit`a il

cam-po di link Yµ(x) = xµ+ ⇡µsi ottiene la (1.29) dove i

· · · sono ordini quadratici e superiori che contengono almeno una potenza di hµ⌫ e che per il nostro scopo possono essere

tra-scurati. Inoltre notiamo che la definizione di Gµ⌫ `e lecita perch´e non modifica l’azione di

(19)

con due, come si pu`o facilmente vedere dallo sviluppo (1.30). Il termine di soppressione ⇤ `e ⇤ = (MPlm 1) 1 con = 3n + 2nA+ nh 4 n + nA+ nh 2 .

Dalla definizione di ⇤ si vede che al crescere di la scala decresce; dobbiamo per`o considerare che, siccome siamo interessati solo ai termini di interazione, dovremo avere che n + nA+ nh 3; con questa condizione si ottiene che

la scala pi`u piccola che si pu`o ottenere `e quella con n = 3 e nh = nA = 0

che definisce la scala relativa al termine cubico in : ⇤5= (MPlm4)

1

5 (1.33)

questa `e la scala di cuto↵ della teoria efficace della Massive Gravity con il termine di Fierz-Pauli[7].

Torniamo per un momento alla GR, se consideriamo uno sviluppo non lineare otteniamo termini del tipo:

1 M2 Pl @4h2 1 M3 Pl @4h3 1 M4 Pl @4h4 (1.34) questi termini vengono soppressi, rispetto ai termini lineari, da potenze

@ MPl ⇠

1

MPlr, questo ci definisce la scala di cuto↵ della GR dal punto di

vista di teoria efficace: per scale r M1

Pl o, equivalentemente, a energie

in-feriori rispetto alla scala di Planck, i termini di ordine superiore come @4h2

sono trascurabili, questi sono termini che portano con s´e delle instabilit`a che inficiano la teoria stessa.

Tornando alla teoria ⇤5 e utilizzando la stessa argomentazione vista per

la GR, con il campo scalare , possiamo determinare la scala di energia in cui i termini non lineari diventano importanti. Abbiamo visto che il campo scalare accoppia il tensore energia-impulso di materia attraverso la sua traccia, quindi all’ordine pi`u basso (potenziale newtoniano) attorno ad una sorgente con massa M avremo che ⇠ M

MPlr, i termini non lineari

rispetto alla scala ⇤5 (1.33) saranno del tipo

@4 ⇤5 5 ⇠ M MPl⇤55 1 r5 (1.35)

quindi gli e↵etti non lineari diventano importanti approssimativamente al di sotto delle scale dell’ordine del raggio di Vainshtein

rV = ✓ M MPl ◆1 5 1 ⇤5 . (1.36)

Quindi per r  rV la perturbazione lineare fallisce e i contributi non

(20)

quantistici iniziano ad essere importanti ad una distanza rQ⇠ ✓ M MPl ◆1 3 1 ⇤5 . (1.37)

Il raggio di Vainshtein rV e rQ delimitano le regioni di validit`a della teoria

efficace ⇤5; se inseriamo dati relativi al sistema solare: M ⇠ 1030Kg la

massa del sole e (⇤5) 1 ⇠ 1014m[3], otteniamo rV ⇠ 1021m e rQ ⇠ 1027m.

Questi valori rendono la teoria ⇤5 di difficile utilit`a perch´e nel suo range di

validit`a non permette predizioni osservabili in quanto la teoria non lineare viene immersa nella regione quantistica fig. 1.1; inoltre per non avere delle correzioni quantistiche rilevanti dovremmo considerare distanze r > rQ ⇠

1027m, ma l’universo osservabile `e di poco inferiore a questo valore (1026m),

quindi la scala di energia ⇤5 `e una scala di energia troppo piccola per avere

una buona teoria di campo efficace.

Non tutto `e perduto: scegliendo in maniera opportuna il termine massivo si `e riusciti ad alzare il cuto↵ eliminando le autointerazioni dello scalare [8]. Si considera un termine massivo del tutto generale della forma m2U (¯g, h), dove ¯g `e la metrica di background e h il campo del gravitone. Il potenziale `e da considerarsi come uno sviluppo di termini che hanno ordini di h via via crescenti

U (¯g, h) = U2(¯g, h) + U3(¯g, h) + U4(¯g, h) +· · ·

in cui il primo termine `e il Fierz-Pauli:

U2(¯g, h) = hµ⌫hµ⌫ h2

dove gli indici vengono alzati e abbassati attraverso la metrica di background ¯

gµ⌫. Per esempio il secondo termine del potenziale `e

U3(¯g, h) = C1hµ↵h↵⇢h⇢µ+ C2hµ⌫hµ⌫h + C3h3

e cos`ı via. I coefficienti C1, C2, C3,· · · vengono scelti in modo opportuno

tale da cancellare tutti i contributi dovuti al solo modo scalare , dalla (1.31) si vede che in questa situazione il primo termine non trascurabile `e della forma @2 @A@A che in normalizzazione canonica d`a origine alla scala

⇤3 = (MPlm2)

1

3. Ripercorrendo lo stesso ragionamento fatto per la teoria

⇤5 troviamo in questo caso:

rV ⇠ ✓ M MPl ◆1 3 1 ⇤3 rQ⇠ 1 ⇤3 (1.38) inserendo i valori del sistema solare abbiamo rV ⇠ 1019m e rQ ⇠ 106m

fig. 1.2.

Questi valori danno origine ad una regione rQ < r < rV in cui vi `e un

(21)

rV ⇠ 1019km rQ⇠ 1024km Ghost Classical Quantum Linear Non linear r

Figura 1.1: Intervalli di lunghezza relativi alla teoria ⇤5, si vede chiaramente

che il regime dei termini non lineari viene completamente assorbito dalla regione in cui le correzioni quantistiche non sono trascurabili rendendo la teoria poco utile.

rQ⇠ 103km rV ⇠ 1016km Non linear Classical Quantum r Linear

Figura 1.2: Intervalli di lunghezza per la teoria ⇤3, in questo caso l’intervallo

di lunghezze rQ < r < rV permette agli e↵etti non lineari di curare la

discontinuit`a di vDVZ.

meccanismo di Vainshtein [3] la GR potrebbe essere una buona approssima-zione nel limite m! 0. Il regime quantistico `e in prossimit`a del cuto↵ della teoria; conseguentemente le correzioni quantistiche, al di sotto di tale ener-gia, ci si aspetta che siano parametricamente piccole rispetto ai coefficienti della teoria.

Questa teoria ⇤3 scoperta da de Rham e Gabadadze [8] ha la

caratte-ristica di non avere modi ghost e di approssimare la GR nel limite m ! 0 nella regione non lineare attraverso il meccanismo di Vainshtein.

(22)
(23)

Gruppo di Rinormalizzazione

Funzionale

All’inizio del XX secolo i pi`u grandi fisici dell’epoca come Einstein, Di-rac e Eddington dibatterono molto su quanto fossero davvero costanti le “costanti” di natura e su che ruolo avessero in una teoria fisica.

Wilson [9] prima e Weinberg [10] poi, anche se in un contesto completa-mente diverso, hanno dato un’interpretazione nuova al concetto di costante di accoppiamento di una teoria fisica.

In questo capitolo verr`a introdotto il concetto di Asymptotic Safety, di equazione esatta del gruppo di rinormalizzazione e di altri strumenti che ver-ranno usati nella trattazione della gravit`a massiva in questo lavoro di tesi. Inoltre adotteremo la formulazione euclidea delle teorie di campo, che otte-niamo tramite la rotazione di Wick con la conseguente definizione del tempo euclideo t ! itE. In questo modo, per esempio, l’elemento invariante di

volume nello spazio curvo diventa

ddxp g! ddxEpgE e l’integrale funzionale Z eiS ! Z E e SE

in questo modo oltre ad una miglior convergenza dell’integrale funzionale si ottiene anche un parallelismo diretto con la fisica statistica.

Tutte le quantit`a che seguiranno si assumono in formulazione euclidea ed il pedice “E” verr`a quindi omesso.

2.1

Azione Media Efficace

Il parallelismo tra teorie di campo quantistiche e fisica statistica trova la sua espressione attraverso la formulazione dei funzionali generatori. La funzione

(24)

di partizione per una teoria di campo scalare reale `e data da Z[J] =

Z

D e S[ ]+RddxJ (2.1) dove D = Q i(x) `e la misura dell’integrale funzionale e S[ ] `e l’azione

euclidea del campo .

Introduciamo nell’azione un termine regolatore, una funzione cuto↵ per il settore IR, che introdurr`a la dipendenza dalla scala di energie k nella teoria

Sk[ ] =

1 2

Z

ddx Rk[ ] . (2.2)

Rk[ ] =KRk(z) dove conK si indica la struttura tensoriale legata

all’ope-ratore1 e con Rk(z) si indica la funzione regolatrice, l’azione di cuto↵ `e

tale da sopprimere i modi nche sono autofunzioni dell’operatore covariante n= n n con autovalori n< k2 dove con k si indica la scala di cuto↵.

Inoltre la funzione regolatrice deve soddisfare tre condizioni Rk(z) ! 0 per z k2

Rk(z) ! k2 per z⌧ k2

Rk(z) ! 0 per k ! 0 8z .

La scelta della funzione regolatrice `e arbitraria a patto che rispetti queste condizioni. Dalla sua definizione (2.2) si pu`o notare che l’azione di cuto↵ non modifica i vertici ma bens`ı i propagatori della teoria; la prima della condizioni sopra esposte significa che nei modi superiori al cuto↵ la propa-gazione non viene modificata, per i modi al di sotto del cuto↵ il propagatore `e come se ricevesse una massa aggiuntiva che cura le divergenze nel settore IR. Infine l’ultima delle condizioni ci garantisce di ritrovare la funzione di partizione iniziale quando k = 0.

Le tre espressioni pi`u comuni per la funzione regolatrice sono:

Rk(z) = k2 (tipo-massa) (2.3) Rk(z) = z ek2z 1 (tipo-esponenziale) (2.4) Rk(z) = (k2 z)⇥(k2 z) (tipo-ottimizzato) . (2.5)

In questo lavoro di tesi verr`a utilizzata una funzione regolatrice del tipo ottimizzato che permette in molti casi un calcolo analitico degli integrali nello spazio degli impulsi.

La funzione di partizione adesso dipender`a da k tramite l’azione di cuto↵ Sk e avr`a la seguente forma

Zk[J] =

Z

D e S[ ] Sk[ ]+Rddx J . (2.6) 1Il fatto che l’operatore abbia il simbolo del laplaciano non deve trarre in inganno.

(25)

Possiamo definire il generatore funzionale delle funzioni di correlazione con-nesse:

Wk[J] = log Zk[J] . (2.7)

Definiamo l’azione efficace “tradizionale” con la trasformata di Legendre di Wk: ˜k['] = Wk[J'] +Z ddx J '' (2.8) dove ' =h iJ = Wk[J] J

invertendo ' otteniamo la corrente in funzione del campo medio: J'.

A questo punto possiamo definire l’azione media efficace (E↵ective Ave-rage Action) sottraendo dall’azione efficace la funzione regolatrice:

k['] = ˜k['] Sk['] . (2.9)

Possiamo derivare l’equazione integro-di↵erenziale per la (2.9) seguendo lo schema che si utilizza in QFT, quindi usando la (2.6), (2.7) e definendo

= ' abbiamo cheh i = h 'i = h i ' = 0 e k[']=

Z

D e S['+ ] Sk[ ]+Rddx k [']' . (2.10)

Da questa equazione possiamo notare due aspetti fondamentali della EAA. Nel limite k ! 0 l’azione di cuto↵ si annulla e si ottiene l’azione efficace definita nella (2.8): k=0 = ˜, quindi con k = 0 la EAA si riduce all’azione

efficace generatrice dei grafici 1PI. Mentre nel limite opposto k! 1 la (2.2) avr`a un andamento del tipo

Sk[ ] ! k!1Ck

2Z ddx 2 (2.11)

dove C `e una costante che dipender`a dalla particolare forma della funzione regolatrice. Se riscaliamo il campo ! /k nell’equazione (2.10) otteniamo

e k['] = Z D e S['+ /k] k21 Sk[ ]+ 1 k R ddx k ['] ' ! k!1 e S[']Z D e 12C R ddx 2 . (2.12)

L’integrale funzionale presente nella seconda riga della (2.12) `e un integrale gaussiano e quindi `e una costante, pertanto abbiamo che 1 = S⇤[']2, la

EAA nel limite di k ! 1 raggiunge l’azione bare fig. 2.1. Riassumendo abbiamo che la EAA interpola l’azione efficace nel limite IR e l’azione bare nel limite UV, quindi al variare di k avremo una traiettoria che collega i due limiti della teoria tramite la EAA.

2La scala ⇤ a cui si fa riferimento `e tale che ⇤ k che pu`o essere legata alla fisica

(26)

@t k

S⇤ k

Figura 2.1: Traiettoria della EAA

2.2

Equazione di Wetterich

Il vantaggio di aver introdotto l’azione media efficace `e la possibilit`a di scrivere un’equazione esatta che descrive il comportamento di EAA al variare della scala k. Introduciamo il “tempo RG” o “parametro RG”: t = log k/k0

dove con k0 si `e indicata una scala di energia arbitraria di riferimento.

Di↵erenziamo l’equazione (2.10) rispetto al tempo t (omettiamo gli indici matriciali): e k[']@ t k['] = Z D  @t Sk[ ] Z ddx@t k['] ' e S['+ ] Sk[ ]+Rddx k [']' (2.13) che in termini di valori di aspettazione possiamo riscrivere come

@t k['] = h@t Sk[ ]i Z ddx @t k ['] ' h i = 1 2 Z ddxh i@tRk (2.14)

nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato il fatto che il valore di aspettazione sul vuoto del campo `e nullo; inoltre notiamo che proprio grazie al fatto che il campo ha media nulla, la funzione a due punti nella (2.14) `e la funzione connessa e quindi la possiamo esprimere tramite il generatore delle funzioni di correlazione connesse definito nella (2.7); ricordando inoltre che l’azione efficace ˜k `e legata alla Wk tramite la trasformata di Legendre (2.8) e alla

EAA dalla (2.9), abbiamo che h i = ✓ 2 ( k['] + Sk['] ' ' ◆ 1 = ✓ 2 k['] ' ' +Rk ◆ 1 . (2.15) Questo `e un propagatore regolarizzato e inserendo la (2.15) nella (2.14) e passando dall’integrazione alla traccia funzionale troviamo l’equazione di

(27)

Wetterich [14] @t k['] = 1 2Tr ✓ 2 k['] ' ' +Rk ◆ 1 @tRk. (2.16)

Questa equazione `e conosciuta anche come equazione esatta del gruppo di ri-normalizzazione (Exact Renormalization Group Equation), infatti notiamo prima di tutto che `e un’equazione in forma chiusa per la EAA e che non `e stata fatta nessuna approssimazione nella sua derivazione, nonostante mostri una forma che ricorda molto l’equazione a 1-loop dell’azione efficace della QFT. L’equazione non contiene nessun riferimento alla scala UV, dipende unicamente dalla scala k dell’azione media efficace. Infine notiamo che con l’introduzione della funzione regolatrice, la cui dipendenza quadratica nei campi `e cruciale, abbiamo cancellato automaticamente le divergenze UV; questo perch´e il funzionale @t k lo si pu`o vedere come una di↵erenza

infini-tesima delle EAA, nella di↵erenza le divergenze si cancellano esattamente, perch´e la funzione Rk non agisce su di esse, e quello che rimane dipende

esclusivamente dalle scale di energia vicino a k.

L’approccio perturbativo standard della QFT prevede la regolarizzazione e la rinormalizzazione della teoria, agendo sugli integrali funzionali; l’equa-zione di Wetterich `e un’equal’equa-zione di↵erenziale del primo ordine con una traccia funzionale ben definita, libera da divergenze sia nel settore UV che nel settore IR. In definitiva la ERGE fornisce un metodo alternativo di studiare le teorie di campo quantistiche.

Il gruppo di rinormalizzazione a la Wilson ha come oggetto di base della discussione la funzione di partizione

Z = Z

D e S⇤[ ]

dove ⇤ `e un cuto↵ UV e S⇤[ ] `e l’azione associata alla scala ⇤. Il gruppo di

rinormalizzazione a la Wilson descrive come l’azione cambia abbassando il valore del cuto↵ di una quantit`a infinitesima, in modo da lasciare invariata Z.

La ERGE descrive l’evoluzione della k['] rispetto alla scala k. k[']

interpola S⇤['], come condizione iniziale, e l’azione efficace completa per

k = 0. Quindi k rappresenta con buona approssimazione i fenomeni che

hanno una scala di energia caratteristica dell’ordine di k; nel senso che dalla EAA si ottengono delle equazioni del moto classiche che contengono anche gli e↵etti quantistici relativi alla scala di interesse, che andr`a scelta caso per caso a seconda del processo fisico che si vuole studiare. La EAA `e in un certo senso un’implementazione dell’idea di Wilson, che utilizza il funzionale generatore dei diagrammi 1-PI al posto del funzionale Z.

Quindi lo studio di come k varia con k `e quello che ci interessa se

(28)

chiamiamo “spazio delle teorie” lo spazio di tutti i funzionali del campo . Per il momento continueremo a lavorare con il campo generico che ci aiuter`a a fissare il formalismo teorico, nella prossima sezione adatteremo la teoria alla gravitazione.

Nello spazio delle teorie abbiamo il flusso del gruppo di rinormalizza-zione dato dall’equarinormalizza-zione di Wetterich (2.16), che descrive la dipendenza dell’azione da k. Parametrizziamo l’azione nel seguente modo

k[ ] =

X

i

gi(k)Oi[ ] (2.17)

dove Oi[ ] sono una base di operatori e gi(k) sono i relativi

accoppiamen-ti che forniscono un “peso” agli operatori; in questa parametrizzazione il flusso della EAA `e tutto codificato negli accoppiamenti. Le teorie vengono identificate come traiettorie del gruppo di rinormalizzazione.

La derivata rispetto al tempo RG (t) della EAA definisce i vettori tan-genti i = @tgi(k) allo spazio degli accoppiamenti:

@t k[ ] =

X

i

iOi[ ] . (2.18)

Le i sono chiamate funzioni beta relative agli accoppiamenti gi e dalla loro

definizione `e chiaro che nell’equazione di Wetterich assumono un ruolo di primo piano. Infatti se nella (2.16) `e possibile espandere la traccia nella base degli operatori Oi, allora i loro coefficienti saranno le funzioni beta

degli accoppiamenti.

Tornando alla teoria di Wilson, una trasformazione del gruppo di rinor-malizzazione consiste in una infinitesima integrazione funzionale seguita da un riscalamento di tutte le quantit`a dimensionate in modo da riportare il cuto↵ al suo valore iniziale. Nel nostro formalismo possiamo risolvere questo aspetto considerando gli accoppiamenti adimensionali:

˜

gi(k) = k digi(k) (2.19)

dove ˜gi `e l’accoppiamento adimensionale e kdi `e la sua dimensione in unit`a

del cuto↵ con di la dimensione in massa; ˜gi sono le coordinate dello spazio

delle teorie. In questo modo queste quantit`a non so↵rono di problemi di riscalamento. Le funzioni beta adimensionali seguono dalla definizione

˜i= @t˜gi(k) = dig˜i(k) + k di

i. (2.20)

Notiamo che nell’ultima parte dell’equazione il secondo termine `e adimensio-nale ed `e quello che contiene i contributi dovuti alle fluttuazioni quantistiche. Le funzioni beta adimensionali dipendono dalla scala k solo indirettamente, attraverso le ˜gi(k), cos`ı le eqazioni

d

dt˜gi(k) = i(˜g) (2.21) definiscono un sistema di equazioni autonomo.

(29)

2.3

Asymptotic Safety

Adesso introdurremo il concetto di Asymptotic Safety che trova la sua natu-rale espressione attraverso le funzioni beta e gli accoppiamenti adimensionali. Le traiettorie del gruppo di rinormalizzazione definiscono teorie equiva-lenti, nel senso che tutte le teorie appartenenti ad una traiettoria, nel limite di k = 0, collassano sulla stessa azione efficace. Se integriamo una traiet-toria verso il limite UV possono accadere diverse cose; pu`o succedere che una delle coordinate (˜gi) diverga e quindi la traiettoria tender`a ad infinito

per un certo valore di k, la teoria avr`a validit`a solamente al di sotto di un certo valore di cuto↵ e sar`a considerata come una teoria efficace; oppure pu`o accadere che la traiettoria raggiunga un particolare punto nello spazio delle teorie, il quale definisce un sottogruppo dello spazio che viene lasciato invariante dalla ERGE.

Questo particolare punto viene chiamato punto fisso (Fixed Point) ed `e definito dalla condizione che tutte le funzioni beta debbano azzerarsi in quel punto:

˜ig) = 0 . (2.22)

Questo automaticamente implica che se prendiamo un punto fisso come con-dizione iniziale per la ERGE, la nostra teoria, in unit`a del cuto↵, `e un invariante di scala. Un punto fisso quindi definisce una teoria di campo in-sensibile a qualsiasi variazione di scala, come per esempio teorie di campo conformi.

Possiamo definire due tipi di punti fissi: il punto fisso gaussiano e il punto fisso non banale. Il punto fisso gaussiano `e definito dall’annullarsi di tutti gli accoppiamenti e corrisponde alla teoria libera, `e in un intorno di questo punto fisso che generalmente ha senso uno sviluppo perturbativo. Il punto fisso non banale `e quello che determina il comportamento della teoria nel limite UV, e non `e detto che esista.

In generale i punti fissi sono punti dove le linee di flusso, determinate dalla ERGE, partono o finiscono. Quindi `e importante capirne le propriet`a e a tal proposito cerchiamo di capire come determinare il bacino di attrazione. Formalmente si definisce la matrice di stabilit`a:

Mij =

@ ˜i

@˜gj ˜g

(2.23) la matrice pu`o essere diagonalizzata ottenendo un insieme di autovalori che indichiamo con i e un insieme di autovettori vi. Gli autovalori non sono

necessariamente reali, l’eventuale parte immaginaria dar`a vita ad un movi-mento a spirale del flusso in prossimit`a del punto fisso. Quando parleremo del segno di un autovalore ci riferiremo implicitamente alla sua parte reale. Se e↵ettuiamo un cambio di base per le ˜gi e ci mettiamo nella base

(30)

possiamo sviluppare perturbativamente la gi dimensionale:

gi ⇠ g⇤i + acik i (2.24)

in questo caso si vede chiaramente che autovalori positivi definiscono un punto fisso repulsivo, mentre autovalori negativi un punto fisso attrattivo.

Gli esponenti critici di una teoria al punto fisso sono definiti dalla re-lazione di scaling gi ⇠ g⇤i ⇠ k ✓i dalla quale si evince la relazione con gli

autovalori della matrice di stabilit`a i = ✓i. Generalmente un punto fisso

avr`a autovalori positivi (esponenti critici negativi) lungo alcune direzioni e autovalori negativi (esponenti critici positivi) lungo altre. Il numero degli accoppiamenti che in un certo punto fisso della teoria hanno esponenti critici positivi, e quindi sono lungo traiettorie che vengono attratte dal punto fisso, definiscono quella che si chiama superficie critica. Questo sottogruppo ha dimensione finita se abbiamo un numero finito di accoppiamenti rilevanti (attratti dal punto fisso). In una situazione in cui la superficie critica ha dimensione finita, possiamo pensare di definire la traiettoria nello spazio delle teorie fissando gli accoppiamenti con un numero finito di esperimenti, ottenendo quindi una teoria predittiva.

Inoltre un punto fisso che ha delle direzioni attrattive `e un possibile punto di arrivo del limite ⇤ ! 1 o in termini della scala k, un possibile prolungamento dell’integrazione da ⇤ a1. Possiamo pensare ad un punto fisso con queste caratteristiche come ad un limite UV della teoria; quindi la ricerca di un punto fisso con una superficie critica finito-dimensionale potrebbe garantirci l’esistenza di un completamento UV della teoria e che sia predittiva in quelle scale di energia.

A questo punto possiamo dire che una teoria `e “asymptotically safe” se • Esiste un punto fisso

• La superficie critica del punto fisso ha dimensione finita.

Quindi una teoria “asymptotically safe” `e una teoria in cui si pu`o con-siderare il limite UV in maniera consistente. Se pensiamo all’azione efficace di una teoria come ad una manifestazione a basse energie di una teoria fon-damentale con gli stessi gradi di libert`a, `e necessaria l’esistenza di un punto fisso con le caratteristiche che abbiamo visto.

La gravit`a (non massiva) sembra ammettere teorie “Asymptotically Sa-fe” [15] mostrando l’esistenza di un punto fisso non banale a diversi livelli di troncamento dell’azione. Lo schema del gruppo di rinormalizzazione applica-to alla teoria massiva `e un campo ancora inesploraapplica-to, solo recentemente [16] si `e applicato questo schema alla teoria di Fierz-Pauli.

`

E importante sottolineare una sostanziale di↵erenza che intercorre tra l’approccio AS alla gravit`a quantistica e gli altri comunemente usati, come la “Teoria delle Stringhe” o “Loop Quantum Gravity”. L’ AS `e un approc-cio “bottom-up”, parte con il definire uno spazio delle teorie di una teoria

(31)

efficace (quindi bassa energia) e segue una traiettoria che pu`o essere por-tata ad energie arbitrariamente grandi; gli altri approcci alla QG sono del tipo “top-down” quindi partono da teorie ad alte energie con l’obiettivo di ritrovare i risultati della teoria efficace.

L’AS ha la fortuna di disporre dei risultati ben consolidati delle teorie efficaci. D’altro canto stiamo lavorando in un contesto non perturbativo nel quale `e difficile ottenere risultati affidabili.

2.4

EAA per la Gravit`

a Quantistica Massiva

In questa sezione vogliamo costruire l’azione media efficace per la gravit`a massiva che verr`a utilizzata nel capitolo seguente. Per raggiungere l’obiet-tivo abbiamo bisogno di definire un path integral gravitazionale. Come in ogni teoria di gauge quando si considera l’integrale funzionale abbiamo la presenza di una ridondanza di configurazioni fisiche. Cos`ı come per la teoria di Yang-Mills useremo il metodo di Faddeev-Popov.

La teoria `e invariante rispetto al di↵eomorfismo

gµ⌫ =L⇠gµ⌫ =rµ⇠⌫ +r⌫⇠µ (2.25)

dove con ⇠µ si `e indicato un vettore infinitesimo, quindi la funzione di partizione sar`a

Z / Z

Dg e S[g] (2.26)

dove con S[g] abbiamo indicato l’azione di Einstein-Hilbert. Per introdur-re il campo di fluttuazione nella teoria quanto-gravitazionale non possiamo considerare uno sviluppo del tipo (1.10), perch´e non `e lecito assumere che le fluttuazioni siano piccole in regime quantistico, in altre parole dobbia-mo formulare una teoria in dobbia-modo che non ci sia una metrica privilegiata di background. Nella teoria del gruppo di rinormalizzazione si pu`o raggiungere questo scopo attraverso il “background field method”. Quindi introducia-mo una metrica di background arbitraria contestualmente alla metrica di fluttuazione:

gµ⌫ = ¯gµ⌫+ hµ⌫ (2.27)

in modo che trasformino sotto il di↵eomorfismo fisico (2.25): hµ⌫ = rµ⇠⌫+r⌫⇠µ

¯

gµ⌫ = 0 . (2.28)

Definiamo inoltre le trasformazioni sotto il di↵eomorfismo di background: ¯hµ⌫ = ⇠⇢r¯⇢hµ⌫+ h⇢µr¯⌫⇠⇢+ h⇢⌫r¯µ⇠⇢

(32)

dove le derivate covarianti ¯rµ sono da intendersi rispetto alla metrica di

background.

Notiamo che l’azione di Einstein-Hilbert ha in aggiunta una nuova sim-metria di split dovuta alla (2.27):

¯

g0µ⌫ = ¯gµ⌫ sµ⌫

h0µ⌫ = hµ⌫+ sµ⌫

SEH[g] = SEH[¯g + h] = SEH[¯g0+ h0] . (2.30)

La gauge fisica viene fissata attraverso il metodo di Faddeev-Popov, mentre tutte le quantit`a che vengono definite sono invarianti rispetto al di↵eomorfi-smo di background. Il metodo di Faddeev-Popov consiste nell’inserire nella (2.26) la quantit`a “1” scritta in modo opportuno al fine di eliminare la ri-dondanza di configurazioni dovute all’invarianza di gauge, quindi andiamo a considerare 1 = Z Df [f] = Z D⇠ [f⇠]det f ⇠ ⇠ (2.31)

f `e la funzione di gauge-fixing e f⇠`e la sua trasformata sotto di↵eomorfismo

fisico. f dipende sia dalla fluttuazione che dalla metrica di background, definiamo la condizione di gauge-fixing:

fµ[h; ¯g] = 0 . (2.32)

Un gauge-fixing tipico `e della forma

fµ[h; ¯g] = µ⌫r¯ 2g¯⌫ r¯µ h⌫ (2.33)

da cui deriva un termine che si va ad aggiungere all’azione: Sgf[h; ¯g] =

1 2↵

Z

ddxp¯g¯gµ⌫ fµ[h; ¯g]f⌫[h; ¯g] (2.34)

dove ↵ e sono i parametri di gauge-fixing.

Oltre all’aggiunta del termine di gauge fixing, nell’azione avremo il ter-mine di ghost di Faddeev-Popov, questo terter-mine nasce nell’isolare l’integra-zione sul vettore del di↵eomorfismo ⇠µ. L’integrazione sui di↵eomorfismi

viene “fattorizzata” e quello che rimane `e il determinante della matrice M[h; ¯g]µ⌫ =

fµ[h⇠; ¯g]

⇠⌫

⇠=0

(2.35) dove si `e indicato con h⇠µ⌫ = hµ⌫+rµ⇠⌫+r⌫⇠µ. Questo determinante viene

riscritto, per mezzo dei campi di ghost di Faddeev-Popov, in un termine che contribuir`a all’azione totale:

detM = Z

DCµD ¯Cµexp

Z

(33)

Il contributo all’azione dovuto al termine di ghost con la condizione di gauge-fixing (2.33) avr`a al forma

Sgh[h, ¯C, C; ¯g] =

Z

ddxp¯g ¯Cµ r¯⇢g⌫⇢rµ+ ¯r⇢gµ⌫r⇢ r¯µg⌫⇢r⇢ C⌫.

(2.37) Infine aggiungiamo il termine di massa. In questo caso la presenza della metrica di background `e insita nella definizione che abbiamo dato del termine di massa (1.13) e quindi Sm[h; ¯g] = m2 2 Z ddxp¯g ¯gµ⇢g¯⌫ a0h⇢⌫hµ + b0h⇢µh⌫ (2.38)

dove le due costanti a0 e b0 sono state inserite per avere un termine di massa pi`u generale possibile, il Fierz-Pauli tuning si ritrova imponendo a0 = b0.

L’azione di gauge-fixing, di ghost e quella massiva che abbiamo appena introdotto sono invarianti sotto il di↵eomorfismo di background:

¯Sgf[h; ¯g] = 0

¯Sgh[h, ¯C, C; ¯g] = 0

¯Sm[h; ¯g] = 0 . (2.39)

L’azione totale quindi sar`a

S['; ¯g] = SEH[¯g + h] + Sm[h; ¯g] + Sgf[h; ¯g] + Sgh[h, ¯C, C; ¯g] (2.40)

dove con ' si `e indicato per brevit`a il multipletto di campi (h, ¯C, C). L’ulti-mo ingrediente che ci serve per scrivere l’azione media efficace `e l’azione di cuto↵ Sk['; ¯g] = 1 2 Z ddxp¯g 'Rk[¯g]' (2.41)

l’azione di cuto↵ `e stata costruita con la metrica di background e in modo da essere quadratica nei campi, in questo modo si preserva la struttura a 1-loop della (2.16); ' indica il multipletto di campi e questo significa che avremo un cuto↵ per le fluttuazioni hµ⌫ e per i campi ghost ¯Cµ, C⌫.

A questo punto scriviamo la (2.10) per la gravit`a quantistica massiva e k[';¯g]= Z D exp ✓ S[ + '; ¯g] Sk[ ; ¯g] + Z ddxpg¯ (1;0)k ['; ¯g] ◆ (2.42) dove abbiamo introdotto la notazione compatta

(1;0)

k ['; ¯g] =

k['; ¯g]

'

e dove con S[ + '; ¯g] abbiamo indicato l’azione (2.40) e il multipletto `e tale da avere valore di aspettazione sul vuoto nullo: h i = 0.

(34)

La funzione k['; ¯g] nella (2.42) viene chiamata “background

E↵ecti-ve AE↵ecti-verage Action” (bEAA) per sottolineare la sua derivazione attraE↵ecti-verso il background field method. La bEAA cos`ı definita mantiene l’invarianza rispetto al di↵eomorfismo di background lungo tutto il flusso, quello che vogliamo ottenere a k = 0 `e un funzionale che recuperi l’invarianza rispet-to al di↵eomorfismo fisico in quanrispet-to l’azione efficace “fisica” (il generarispet-tore funzionale dei diagrammi 1PI) dipende esclusivamente dalla metrica totale gµ⌫ ed `e invariante rispetto alla gauge fisica (2.28):

k=0['; ¯g]' [¯g + h] . (2.43)

Per ottenere un funzionale che rispetti queste caratteristiche notiamo che l’invarianza di split definita nella (2.30) implica nell’azione che

S[g] ¯ g =

S[g] h

che in termini dell’azione efficace “fisica” si traduce nell’identit`a di Ward per la simmetria di split:

¯ g = h

dove h `e il valore di aspettazione del campo di fluttuazione. A questo punto quindi possiamo dividere la bEAA:

k[h, ¯C, C; ¯g] = ¯k[¯g + h] + ˆk[h, ¯C, C; ¯g] . (2.44)

Abbiamo definito la gauge-EAA, ¯k[¯g + h], come la parte della bEAA che

soddisfa l’identit`a di Ward di split e che quindi recupera l’invarianza rispetto al di↵eomorfismo fisico. La parte della bEAA che non soddisfa l’identit`a di Ward prende il nome di reminder-EAA, ˆk[h, ¯C, C; ¯g], che comprende anche

il termine massivo definito nella (2.38). In questo modo otteniamo ¯k=0[g] = [g]

Concludiamo il capitolo menzionando l’articolo di Arkani-Hamed, Georgi e Schwartz [7], in questo lavoro si mostra come rendere il termine massivo invariante rispetto a due di↵eomorfismi; si considerano due siti nello spazio delle teorie che sono invarianti rispetto a due cambi di coordinate, i due siti vengono connessi mediante un operatore di link che trasforma in modo non banale rispetto ai due di↵eomorfismi. L’operatore di link cos`ı definito permette la costruzione di un termine massivo che sia al contempo invariante sotto entrambi i di↵eomorfismi dei due siti. Con le opportune modifiche nella bEAA, attraverso questa definizione, il termine massivo rientrerebbe nella gEAA e quindi nell’azione efficace “fisica”.

(35)

RG nella Teoria non

Fierz-Pauli

La validit`a della Relativit`a Generale `e confermata sperimentalmente da scale dell’ordine dei millimetri1 (⇠ 10 4m) fino a distanze superiori al sistema

solare (⇠ 1013m) [19]; quindi quando si vuole modificare la gravit`a bisogna

farlo in modo che la “nuova” teoria sia consistente con la Relativit`a Generale nel range di grandezze dove la GR `e confermata sperimentalmente. La teoria di Fierz-Pauli della Massive Gravity non `e a↵etta da ghost ma so↵re della patologia legata alla discontinuit`a di vDVZ, come abbiamo visto nel primo capitolo.

In questo capitolo verr`a presentata una possibile teoria non Fierz-Pauli (nFP), ripercorreremo quanto fatto nel capitolo 1: verranno analizzati gli eventuali modi ghost e la discontinuit`a di vDVZ.

Utilizzeremo lo schema del gruppo di rinormalizzazione per ottenere le funzioni beta per le masse della teoria nFP, e verranno cercati gli eventuali punti fissi con le funzioni beta complete e con le funzioni approssimate.

Useremo da subito la notazione del background field method cos`ı da avere continuit`a con tutto quello che seguir`a, inoltre lavoreremo in dimensione d = 4 e nello spazio euclideo come nel capitolo precedente.

3.1

Teoria non Fierz-Pauli

La teoria Fierz-Pauli ha la caratteristica di non essere a↵etta da ghost grazie alla scelta dei coefficienti dei termini quadratici che annullano il termine (1.17) ma ha il noto problema della discontinuit`a di vDVZ.

1A queste scale quella che si osserva `e la legge di gravitazione di Newton, le correzioni

non lineari della GR si iniziano ad apprezzare su scale planetarie.

(36)

L’idea `e quella di rilassare la condizione sui coefficienti e avere un termine pi`u generale rispetto a quello di Fierz-Pauli.

SnFP(mass) = m

2

2 Z

ddxpg h¯ µ⌫hµ⌫ a h2 . (3.1)

Come vedremo in seguito generalizzare il termine di massa `e giustificato dal fatto che il termine di Fierz-Pauli non ha nessuna simmetria che lo protegga dalle correzioni radiative.

Gli indici sono alzati e abbassati attraverso la metrica di background. Il coefficiente a `e quello che utilizzeremo per modificare la teoria; possiamo riscrivere a in modo da generare un termine di massa aggiuntivo:

m2 hµ⌫hµ⌫ a h2 = m2 hµ⌫hµ⌫ h2 + m2Sh2 (3.2)

dove abbiamo definito la “nuova” massa a = m 2 m2 S m2 ! m 2 S = m2(1 a) . (3.3)

Adesso che abbiamo un nuovo termine massivo andiamo a vedere cosa im-plica nelle due patologie: discontinuit`a vDVZ e ghost.

Consideriamo l’azione, quadratica nei campi, di non Fierz-Pauli nel caso di background piatto: SnFP(2) = Z ddx ⇢ @⌫h⌫µ@⇢h⇢µ 1 2@⇢hµ⌫@ ⇢hµ⌫+ 1 2@µh@ µh @ ⌫hµ⌫@µh + m2 2 (hµ⌫h µ⌫ h2) m2S 2 h 2 (3.4)

il propagatore che ne consegue nello spazio degli impulsi a livello ad albero `e PnFPµ⌫⇢ =K 1 p2+ m2  ⌘µ ⌘⌫⇢+ ⌘µ⇢⌘⌫ p 2+ m2 m2 S p2+ (3m2 4m2 S) m 2 2m2 S ⌘µ⌫⌘⇢ = =K 1 p2+ m2  ⌘µ ⌘⌫⇢+ ⌘µ⇢⌘⌫ ⌘µ⌫⌘⇢ + +K 1 p2+ m2 m2(2a 1) 2p2(1 a) + m2(4a 1)⌘ µ⌫(3.5)

doveK `e una costante moltiplicativa, che in questo contesto non `e rilevante, nel contributo proporzionale a m2 abbiamo usato il coefficiente a definito nella (3.3) per una pi`u chiara lettura del propagatore. Inoltre nella deriva-zione del propagatore non abbiamo fissato la gauge perch´e di fatto il termine massivo rompe la simmetria di gauge eliminando la ridondanza delle configu-razioni, la mancanza dei termini proporzionali agli impulsi dei modi longitu-dinali pµ`e giustificata dal fatto che la discontinuit`a vDVZ si osserva quando

(37)

la gravit`a `e accoppiata alla materia e quindi con una sorgente conservata i termini proporzionali agli impulsi non contribuiscono: pµTµ⌫= 0.

Notiamo che la parte tensoriale del propagatore nella seconda riga della (3.5) `e esattamente la stessa del propagatore della GR (1.18). Se consi-deriamo il limite di massa nulla (o equivalentemente di energie p m) abbiamo che il termine proporzionale a m2 tende a zero proprio con la

mas-sa. Nel limite m ! 0 otteniamo il propagatore della GR, questo significa che la teoria nFP `e in accordo con la GR per grandi energie rispetto alle masse. Quindi la discontinuit`a vDVZ `e assente, i termini correttivi saranno dell’ordine O(m2/k2). Inoltre come verifica, notiamo che fissando a = 1 si

ritrova il propagatore di Fierz-Pauli con il termine proporzionale a ⌘µ⌫⌘⇢ moltiplicato per un fattore 2/3 che genera la discontinuit`a vDVZ.

La teoria nFP ci fornisce un punto di accordo con la GR, ma il prezzo da pagare `e la presenza del ghost che rinunciando al tuning di Fierz-Pauli non viene eliminato dalla teoria.

Invece di cercare un modo per eliminare il ghost `e possibile trovare un metodo per aggirare l’ostacolo, come suggerito da Park [17], tramite il mec-canismo di Lee-Wick. Il fulcro del mecmec-canismo `e un metodo per trattare l’integrazione sui poli generati dai ghost; tramite la prescrizione di Lee-Wick si riesce quindi a preservare l’unitariet`a della teoria in presenza dei ghost; per una spiegazione qualitativa del metodo rimandiamo all’ Appendice A.

Se indichiamo conS la matrice di scattering, la condizione di unitariet`a si scrive S†S = 1. Evidenziando la parte interagente (T ) allora l’unitariet`a:

S†S = (1 iT )(1 + iT ) = 1

da cui segue che T†T = 2 Im(T ), il teorema ottico asserisce che 2 Im(T ) 0. Nel caso dei ghost, a causa del segno “sbagliato” del termine cinetico, non viene garantita la non-negativit`a della parte immaginaria e di conse-guenza viene meno l’unitariet`a della teoria. Il meccanismo di Lee-Wick consiste nel considerare il decadimento del ghost in campi “ordinari”, quin-di imponendo la conquin-dizione per cui il canale quin-di decaquin-dimento del ghost sia aperto (mghost > 2mfield) si ottiene che il propagatore rinormalizzato del

ghost ricever`a un contributo dai diagrammi di self-energy tale da compen-sare il segno del residuo del propagatore e soddisfare, quindi, il criterio di unitariet`a.

La condizione per poter usare il meccanismo di Lee-Wick `e che il ca-nale di decadimento del ghost sia aperto, vediamo cosa implica nell’azione (3.4). Siamo interessati alla massa del ghost e per determinarla ci conviene decomporre il campo hµ⌫ in rappresentazione di Lorentz:

hµ⌫ = Qµ⌫+ 1 m(@µA⌫ + @⌫Aµ) + 1 m2@µ@⌫ + ⌘µ⌫' (3.6) dove @µQµ⌫ = 0 , ⌘µ⌫Qµ⌫ = 0 , @µAµ= 0 . (3.7)

(38)

Cos`ı abbiamo che il campo hµ⌫ (10 componenti) `e stato separato in un

tensore a traccia nulla trasverso (5 componenti), un vettore trasverso (3 componenti) e due scalari ( , ').

Il modo ghost `e uno spin-0, come abbiamo gi`a visto, quindi per semplicit`a possiamo porre Aµ= 0. Possiamo eliminare uno dei due spin-0 in funzione

dell’altro utilizzando le equazioni del moto, quindi usando il parametro a definito nella (3.3) e la decomposizione del campo hµ⌫ nella (3.6):

@⌫ S (2) nFP hµ⌫ = 0) @ ⌫h µ⌫ a @µh = 0 (3.8)

che in termini dei campi e ': @µ2 = m2

4a 1

1 a @µ' . (3.9) A questo punto usiamo la (3.6), (3.9) con la condizione Aµ= 0, nella (3.4)

e otteniamo SnFP(2) ! Z ddx ✓ 1 2@⇢Qµ⌫@ ⇢Qµ⌫ m2 2 Qµ⌫Q µ⌫+3 @ µ'@µ'+m 2 2 4a 1 1 a' 2 ◆ (3.10) dalla quale si vedono i gradi di libert`a fisici di spin-2 (Qµ⌫) e il modo ghost

spin-0 (').

La massa del ghost `e data da mgh = m

q

4a 1

2(a 1) e la condizione affinch´e

si possa usare il meccanismo di Lee-Wick `e mgh > 2m che si traduce in

una condizione sul parametro a: 34 < a < 1, che a sua volta ci fornisce una condizione sul valore della massa mS:

0 < m2S< 1 4m

2 (3.11)

che ci fornisce un limite superiore alla mS, come avevamo anticipato, e che

useremo nel seguito.

In conclusione abbiamo visto che abbandonando la restrizione del tuning di Fierz-Pauli il modo ghost viene ripristinato, ma abbiamo il vantaggio di poter eliminare la discontinuit`a di vDVZ quando consideriamo il limite di m ! 0 o equivalentemente quando consideriamo energie molto grandi rispetto alla massa del gravitone, come si vede dal propagatore nella (3.5).

Inoltre con la condizione (3.11) possiamo utilizzare il metodo di Lee-Wick per aggirare l’ostacolo dei ghost e recuperare l’unitariet`a; sottolineiamo che non abbiamo eliminato il ghost dalla teoria ma sfruttiamo il metodo di Lee-Wick per poterlo gestire.

3.2

Funzioni

In questa sezione ricaveremo le funzioni delle masse tramite l’equazione di Wetterich, utilizzeremo la metrica piatta come metrica di background e ci metteremo in dimensione d = 4.

(39)

Quello che faremo `e una deformazione della teoria completa non lineare della GR

SEH= MPl2

Z

ddxpg R[g] (3.12) aggiungendo il termine di massa che abbiamo analizzato nella sezione pre-cedente: SnFP= MPl2 4 Z ddx  m2(hµ⌫hµ⌫ h2) + m2Sh2 (3.13)

dove abbiamo definito MPl2 = 16⇡G1 la massa di Planck modificata (si di↵e-renzia dalla massa di Planck ridotta per un fattore 2), e come definito pre-cedentemente, la metrica totale gµ⌫ `e la somma della metrica di background

(piatta, ⌘µ⌫) con la metrica di fluttuazione: gµ⌫ = ⌘µ⌫+ hµ⌫.

Useremo l’azione di gauge-fixing di Feynman-De Donder definita da Sgf = 1 2M 2 Pl Z ddxGµ⌘µ⌫G⌫ (3.14)

dove utilizziamo la funzione di gauge nello spazio piatto: Gµ= @⌫hµ⌫

1

2@µh (3.15) che produce un’azione dei ghost di Faddeev-Popov data da

Sgh =

Z

ddx ¯Cµ @⇢g⌫⇢rµ+ @⇢gµ⌫r⇢ @µg⌫⇢r⇢ C⌫ (3.16)

l’operatorer↵ indica la derivata covariante rispetto alla metrica totale gµ⌫.

L’ultimo ingrediente che rimane da fissare `e la funzione regolatrice che andr`a a formare l’azione di cuto↵ (2.41), useremo la forma “ottimizzata” per la funzione Rk:

Rk(z) = (k2 z)⇥(k2 z) . (3.17)

L’azione di cuto↵ avr`a un termine per il campo di fluttuazione e uno per i campi di ghost F-P: Sk[h, ¯C, C; ¯g] = 1 2 Z ddx hµ⌫Rµ⌫⇢k h⇢ + Z ddx ¯CµR(gh)µ⌫k C⌫. (3.18)

La struttura tensoriale del termine di cuto↵ pu`o essere di diversi tipi, nel seguito utilizzeremo quello che in letteratura `e conosciuto come cuto↵ di tipo Ia [11], che prevede una struttura tensoriale identica a quella della parte qua-dratica del campo, ad esclusione dei termini massivi, a cui `e riferito il cuto↵; in questo modo si va a modificare direttamente l’impulso del propagatore.

Adesso che abbiamo tutte le parti della bEAA della nostra teoria ve-diamo come calcolare le funzioni per le due masse. Come abbiamo visto

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