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Il femminicidio come fattispecie penale. Storia, comparazione, prospettive

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Emanuele Corn

IL FEMMINICIDIO

COME FATTISPECIE PENALE

Storia, comparazione, prospettive

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COLLANA DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

15

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Al fine di garantire la qualità scientifica della Collana di cui fa parte, il presen-te volume è stato valutato e approvato da un Referee espresen-terno alla Facoltà a se-guito di una procedura che ha garantito trasparenza di criteri valutativi, auto-nomia dei giudizi, anonimato reciproco del Referee nei confronti di Autori e Curatori.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

© Copyright 2017 by Università degli Studi di Trento

Via Calepina 14 - 38122 Trento

ISBN 978-88-8443-765-5 - ISSN 2421-7093

Libro in Open Access scaricabile gratuitamente dall’archivio IRIS - Anagrafe della ricerca (https://iris.unitn.it/) con Creative Commons Attribuzione-Non

commerciale-Non opere derivate 3.0 Italia License. Maggiori informazioni circa la licenza all’URL:

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode

Il presente volume è pubblicato anche in versione cartacea per i tipi di Edito-riale Scientifica - Napoli, con ISBN 978-88-9391-219-8.

Alle spese per la pubblicazione dell’opera, realizzata nell’ambito dell’accordo di fellowship che lega le facoltà giuridiche delle Università degli Studi di Tren-to e AnTren-tofagasta (Cile), hanno altresì contribuiTren-to con una donazione realizzata grazie a una specifica campagna di crowdfunding tramite la piattaforma

Be-crowdy.com le signore e i signori: Chiara Costisella, Michele Merler, Silvia

Bergamo, Pietro Soloni, Mauro Ventura, Roberta Micheletti, Michele Torresa-ni, Serena Bruno, Alessio Ciresa, Anna Rita Irimias, Tomáš Němec, Irene Oli-veri, Giorgia Oss, Fabio La Rosa, Piergiorgio Corn, Eleonora Fellin, Fabrizio Lunelli, Elisa Ambrosi, Serena Cristofori, Gianni Voltolini, Cesare Leonardel-li, Simone Penasa, Elisa Tessaro, Martina dei Cas, Alezzio Zeni, Valeria Isep-pi, Antonella Valer, Dario Pedrotti, Andrea Corn, Marta Fasan, Massimiliano Dova, Marta Tacchinardi, Juan Pablo Castillo Morales, Elena Poli, Marco Li-nardi, Gabriella Grimaz, Tiziana Tesolin, Stefano Fasan, Sara Paiusco. Un particolare ringraziamento per l’importante contributo offerto va all’As-sociazione “Il Seme” e ad Annamaria Corn, Giulia Bailoni, Paola Grimaz.

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Emanuele Corn

IL FEMMINICIDIO

COME FATTISPECIE PENALE

Storia, comparazione, prospettive

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Alle mie figlie Anna e Lucia

e a mio figlio Bruno.

Senza i loro insegnamenti

e senza il desiderio che la loro vita sia libera dalla violenza

questo libro non sarebbe stato scritto.

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She lies and says she’s in love with him, can’t find a better man She dreams in colour, she dreams in red, can’t find a better man.

(Better man – Pearl Jam 1993)

Das Hinausgehen über das Gewohnte, das Öffnen der Augen für das Andere, das Aufspüren von Gemeinsamem, das Respektieren von individuellen Eigenarten, die damit wachsende Skepsis gegenüber dem Aberglauben an absolute Wahrheiten, wie insbesondere an die Richtigkeit des (meist eigenen) Rechts

oder bestimmter Rechtüberzeugungen,

die dadurch gleichermaßen geförderte Bereitschaft zu verständnisvoller Toleranz wie auch zu Wachsamkeit gegenüber inakzeptabler Abartigkeit,

sowie nicht zuletzt davon zu erhoffende Fortschritte auf dem Weg zu einer weniger konfrontativen und ausgeglicheneren Rechtswelt: all das ist den Einsatz

für eine zielbewusste und methodengerechte Strafrechtsvergleichung wert. Albin Eser

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INDICE

Pag.

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO I FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE 1. Premessa ... 9

2. L’omicidio nel mondo: fonti e dati ... 9

3. La polarizzazione dell’omicidio in base al sesso ... 12

4. Le tipologie di omicidio e il loro andamento statistico ... 15

5. Asserzioni mediatiche e dati: conferme e smentite ... 18

6. Metodologie comuni di ricerca: necessità e carenze ... 19

7. È possibile contare i femminicidi? L’esperienza cilena ... 22

8. L’esperienza spagnola ... 26

9. La situazione italiana ... 30

10. Il quadro riassuntivo ... 35

CAPITOLO II LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE 1. Introduzione ... 37

2. Le tappe iniziali dell’emersione del problema. Gli anni ’70 e ’80 ... 40

3. Violenza contro le donne ed hate crimes ... 44

4. Gli anni ’90: il dibattito anglosassone verso una definizione di femicide ... 47

(12)

INDICE

Pag.

6. Il dibattito latinoamericano e il concetto di feminicidio ... 57

7. Il punto di vista italiano ... 64

8. Le sotto-categorie del femminicidio ... 66

CAPITOLO III IL RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE 1. Il ruolo del diritto internazionale convenzionale nel contrasto alla violenza contro le donne ... 73

2. Evoluzione del diritto interno nel contrasto alla violenza con-tro le donne ... 75

3. Il percorso verso la Convenzione di Belém do Pará ... 80

4. La Convenzione e gli sviluppi successivi ... 85

5. La Convenzione di Istanbul ... 93

6. La giurisprudenza sovrannazionale ... 106

CAPITOLO IV IL REATO DI FEMMINICIDIO. ANALISI DOGMATICA E GIURISPRUDENZIALE DEI PRINCIPALI MODELLI VIGENTI 1. Introduzione ... 113

2. Modelli restrittivi di tipicizzazione ... 116

2.1. Il Costa Rica ... 116

2.2. Il Cile ... 122

3. Modelli estensivi all’interno di leggi ad hoc dedicate alle vio-lenza contro le donne ... 136

4. Modelli estensivi introdotti nei codici penali ... 145

5. Modelli estensivi circostanziali: femminicidio come aggravan-te dell’omicidio ... 155

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INDICE

XI

Pag.

6. La pena ... 167

7. Alcune considerazioni riassuntive ... 169

CAPITOLO V LE PROSPETTIVE ITALIANE 1. Il contesto italiano ... 171

2. La risposta attuale dell’ordinamento penale alla violenza as-sassina contro le donne ... 177

2.1. Tra atti persecutori e maltrattamenti in famiglia: la giustap-posizione delle varie forme di violenza contro le donne ... 177

2.2. Il parricidio ... 190

2.3. Le relazioni concluse ... 195

2.4. La violenza assassina tra omosessuali e la misoginia ... 203

2.5. La giurisprudenza relativa alle scusanti e alle attenuanti ... 209

3. Sintesi dei vuoti e degli squilibri di tutela. Un reato di femmi-nicidio in Italia: no, ma…... 222

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INTRODUZIONE

I. «Parto da una apparente ovvietà: questo è un libro di diritto

pena-le»1.

L’ovvietà è apparente perché il tema della violenza contro le donne, fino alle sue forme più estreme, si presta a molteplici letture. Dagli scritti di denuncia, di taglio più giornalistico, agli studi sociologici che includono analisi condotte in diversi Paesi, passando ai saggi di medici-na, infermieristica e psicologia per arrivare ai manuali per assistenti sociali e concludere con i lavori letterari di taglio narrativo e poetico.

In Italia la violenza contro le donne è diventata oggetto degli studi di genere2 nel corso degli anni ’80, per guadagnare sempre maggiore at-tenzione da parte dell’opinione pubblica e conseguente spazio, non solo nelle librerie specializzate, ma anche in quelle generiche nelle sezioni di narrativa contemporanea e di poesia, oltre che di attualità.

Lo scaffale del diritto processuale penale, inizialmente sguarnito, si è andato via via riempiendo, vuoi grazie alle opere di commento al c.d. decreto legge sul femminicidio3 (che, tuttavia, questa parola nem-meno conteneva), vuoi grazie all’abbondante letteratura fiorita attorno alla c.d. direttiva vittime e alla normativa nazionale che le ha dato at-tuazione in Italia4.

1 La prima citazione è anche un omaggio e un ringraziamento al mio maestro,

prof. Gabriele Fornasari, che con queste parole ha aperto la sua ultima monografia, dedicata alla giustizia di transizione, anch’esso come la violenza contro le donne tema che si presta a molteplici letture, oltre ad essere di grande attualità; G. FORNASARI,

Giu-stizia di transizione e diritto penale, Torino, 2013.

2 Intendendo per essi un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio

dei significati socio-culturali dell’identità di genere e della sessualità.

3 D.l. 14 agosto 2013, n. 93, disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il

con-trasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissaria-mento delle province, convertito con modificazioni dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119.

4 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2012/29/UE recante norme

mi-nime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, attuata tramite d.lgs. 15 dicembre 2015 n. 212.

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INTRODUZIONE

Quello del diritto penale, invece, resterebbe ancora desolatamente sguarnito, se non fosse per tre opere monografiche5. Presentando in ge-nerale le loro virtù e i loro vizi (riservando ai capitoli un esame sugli aspetti puntuali), darò conto ora del senso e dell’obiettivo di questa mio lavoro e delle limitazioni che ho inteso porre al campo della ricerca.

II. L’uso dei termini femicidio e feminicidio si è diffuso e imposto in

America Latina a partire dai primi anni 2000, tanto a livello sociale come politico, mentre in Europa il loro utilizzo è ancora limitato al-l’ambito degli studi accademici e/o femministi salvo alcuni Paesi in cui è ormai piuttosto diffuso anche nella società civile, come Spagna ed Italia. Lungi dall’esser noto nel suo reale significato, almeno in Italia, il termine «femminicidio» nell’uso comune indica oggi, in modo generico e approssimativo, un omicidio con vittima femminile in cui l’autore (maschio) aveva o aveva avuto con lei una relazione sentimentale, op-pure, anche in assenza della relazione, un’uccisione connotata da estre-ma violenza.

Risale, invece, al 1999 il primo disegno di legge (in Costa Rica) che propose l’introduzione di una fattispecie di reato rubricata come

femici-dio. Malgrado lo scetticismo iniziale, spesso scivolato persino nella

ri-dicolizzazione, oggi esso è un reato in tutti i principali Paesi dell’Ame-rica Latina, con la sola esclusione di Cuba, dimostrando di essere sicu-ramente la tendenza legislativa che ha caratterizzato maggiormente questa regione del mondo nel primo scorcio del XXI secolo.

Il libro di Barbara Spinelli fotografa molto bene la prima fase di svi-luppo del concetto di femminicidio anche alla luce del diritto interna-zionale dei diritti umani. Purtroppo (o per fortuna, dal punto di vista delle conquiste giuridiche per le donne), esso oggi risulta datato poiché, nei dieci anni ormai trascorsi dalla sua edizione, in America Latina il numero degli Stati che hanno adottato una norma penale ad hoc è lette-ralmente esploso proponendo diversi modelli, l’Europa si è finalmente

5 Si tratta di: B. S

PINELLI, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento

giuridico internazionale, Milano, 2008; A. MERLI, Violenza di genere e femminicidio.

Le norme penali di contrasto e la legge n. 119 del 2013 (c.d. legge sul femminicidio),

Napoli, 2015 e P. COCO, Il c.d. «femminicidio». Tra delitto passionale e ricerca di una

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IL REATO DI FEMMINICIDIO

3 dotata di una convenzione internazionale (quella di Istanbul) e l’Italia ha conosciuto l’introduzione del reato di atti persecutori (c.d. stalking, art. 612 bis c.p.) e la riforma di quello di maltrattamenti in famiglia6.

Ciononostante, molte delle domande poste da Spinelli dieci anni fa si ripropongono oggi con la medesima forza e attualità.

Altrettanto forti ed attuali, sono però (purtroppo) le reazioni, tra la freddezza e l’ostilità manifesta, che un approccio di genere allo studio della violenza suscita ancora in molti professionisti del diritto di ambo i sessi. Così, in quest’opera mi propongo, con le limitate conoscenze e i mezzi a mia disposizione, di rendere comprensibile e favorire il ricono-scimento della bontà e della necessità di questo tipo di approccio ad alcuni aspetti degli studi giuridici. Può apparire un compito presuntuoso e ne sono consapevole, ma è altrettanto vero che questo approccio ha ormai travalicato la dimensione della scelta individuale nel momento in cui la Convenzione di Istanbul l’ha trasformato in un obbligo giuridico per il nostro Paese.

Questa metodologia di indagine è diversa da quella utilizzata dai re-centi lavori di Merli e di Coco. Quest’ultima ha dedicato la parte più ampia e interessante del suo libro a uno studio storico tutto interno al-l’ambito giuridico italiano con ampi riferimenti al diritto civile. Merli, per parte sua, ha diviso il suo saggio in due parti ben distinte: la secon-da contiene un commento puntuale alle novità introdotte nel 2013 secon-dal citato d.l. sul “femminicidio”, la prima (assai più interessante rispetto al senso di questo mio lavoro) offre spazio e approfondimento alla dimen-sione sociologica della violenza contro le donne e propone riflessioni tecnico-penalistiche rispetto al problema e al concetto stesso di violenza di genere.

III. Il mio libro si apre con un capitolo dedicato alle statistiche:

pos-siamo/dobbiamo parlare di una “strage di donne” e di una “crescita

6 Soprattutto la prima delle due norme nazionali citate è stata oggetto di

approfondi-ti studi da parte di penalisapprofondi-ti di primo piano. Non si tratta però, di legislazione esclusi-vamente dedicata alla violenza contro le donne, poiché le vittime possono essere (e di fatto sono) di ambo i sessi, anche se quello femminile è decisamente sovraesposto. Per questo motivo, pur consapevole di questa abbondante bibliografia (e ne darò conto nel capitolo V), ho parlato poco fa di “scaffale penalistico” vuoto.

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INTRODUZIONE

inarrestabile” del fenomeno? L’Italia è davvero il Paese con più fem-minicidi al mondo?

Nel secondo capitolo ripercorro sinteticamente le tappe del dibattito sociologico che ha portato, lentamente e in ritardo rispetto ad altri temi forti del femminismo della c.d. seconda ondata (su tutti l’aborto), al-l’emersione del problema della violenza contro le donne e alla nascita dei termini femicide e feminicidio.

L’architrave sulla quale è costruita la ricerca che ha mosso questo libro è un’analisi delle fonti internazionali dedicate al contrasto della violenza contro le donne (trasfusa nel capitolo III) e uno studio compa-rato della normativa dei Paesi in cui il femminicidio, comunque deno-minato, non è soltanto un fenomeno criminale, ma è anche una fattispe-cie di reato (capitolo IV).

Il femminicidio non è l’omicidio della donna tout court. Se così fos-se si tratterebbe davvero di una bizzarria infos-sensata e si farebbe fatica a capire perché un’intera regione del mondo abbia imboccato la strada della sua inclusione nella legislazione penale.

La comparazione per quest’opera e per questo tema non è stata, per-ciò, una scelta, ma una necessità.

Indagando sulle ragioni che hanno spinto tanti Paesi a compiere questa scelta, confido di fornire a chi mi leggerà qualche spiegazione rispetto al perché, adesso (e non prima), attraverso i mass media il ter-mine “femminicidio” è entrato nel nostro linguaggio in Italia. Sarà forse una sorpresa riconoscere che questo dipende, contrariamente alle aspet-tative, più dai giuristi che dai giornalisti.

Con lo studio comparato del reato di femminicidio mi propongo di far emergere, senza alcun animo partigiano, virtù e vizi di queste nuove disposizioni. Nessuna di esse, come si vedrà, è identica all’altra (tanto che sarebbe probabilmente più corretto parlare di “reati” di femminici-dio al plurale), sicché il proposito è stato quello di trovare ricorrenze e individuare modelli. L’indagine non si è fermata alle norme, ma ha cer-cato di far luce sull’applicazione delle stesse da parte della giurispru-denza, l’analisi della quale è stata fondamentale per confermare le criti-che, rispetto soprattutto ad alcune formulazioni, che pure la migliore dottrina non ha fatto mancare.

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IL REATO DI FEMMINICIDIO

5 Nel quinto capitolo cerco di trasfondere i risultati della comparazio-ne comparazio-nell’esperienza italiana. Nel compiere questa operaziocomparazio-ne, le parole che ho sempre tenuto a mente sono quelle, ancora così attuali, del mae-stro Marinucci, che negli anni ’80 invitava i giovani penalisti (che sono i professori ordinari di oggi) a fare sì tesoro delle conoscenze apprese oltralpe, ma anche a fermarsi a Chiasso a “sdoganarle”, prima di pro-porne, in preda all’entusiasmo, sic et simpliciter l’immediata circola-zione in Italia7.

IV. Chiarito ciò che l’opera contiene, è necessario qualche

avverti-mento su quel che invece non vi si trova.

Innanzitutto non c’è uno studio d’impatto sull’eventuale effetto delle leggi sul femminicidio rispetto al numero di donne uccise in ciascun Paese. L’obiettivo dello studio, infatti, va nel senso di chiarire il livello di tutela dei diritti fondamentali alla vita e all’integrità fisica delle don-ne ed il rispetto degli obblighi assunti al riguardo dagli Stati.

D’altra parte è fondamentale mantenere distinti i piani. La norma sull’omicidio è posta nel codice penale principalmente per punire l’omicida e la riduzione del numero delle persone uccise (grazie alla minaccia della sanzione che frena l’istinto omicida) è solo un’eventuali-tà (per quanto auspicabile). Lo stesso vale per le norme che puniscono il femminicidio. Certamente, la loro introduzione è stata caricata, anche da soggetti istituzionali, dell’aspirazione a una riduzione del fenomeno, ma si tratta di un’aspettativa grossolanamente mal riposta. Al di là delle auspicabili politiche pubbliche per ridurre la violenza contro le donne nel suo complesso – ribadisco – il reato di femminicidio è una norma che serve a punire.

Se questo può apparire un compito “semplice”, o quantomeno scon-tato, e comunque già perseguibile con le norme dedicate all’omicidio

tout court, con questa indagine confido di mostrare come la realtà dei

fatti sia ben diversa, non solo in America, ma anche in parte nel nostro Paese.

7 L’aneddoto, che più volte è stato oggetto di discussione con il diretto interessato, è

riportato in: G. FORNASARI, Conquiste e sfide della comparazione penalistica, in E. DOLCINI, C.E. PALIERO (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006, 283.

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INTRODUZIONE

Comprendere come alla base delle campagne contro il femminicidio vi sia una naturale e legittima domanda di uguaglianza e giustizia, spero possa rendere più comprensibile questo movimento a chi lo guarda oggi con una certa sufficienza e lo considera, in fondo, anacronistico rispetto all’inizio del XXI secolo.

Questo libro non si occupa nemmeno di quello che considero il lato oscuro della luna rispetto al femminicidio in senso stretto, vale a dire le varie ipotesi in cui la donna sottoposta a violenza reagisce ad essa ucci-dendo il suo aggressore. Le varie tipologie di reazione contro gli attac-chi di quello che la dogmatica tedesca ci ha abituato a attac-chiamare “tiran-no domestico” so“tiran-no da sempre e costantemente oggetto di studio del penalista di ogni latitudine. Il dibattito latinoamericano, tuttavia, ha re-centemente introdotto un elemento di novità accostando questa lunga tradizione di studi al fenomeno della violenza contro le donne. Ove op-portuno ne offrirò i riferimenti bibliografici fondamentali, ma l’ampiez-za del tema necessiterebbe di una trattazione a parte.

V. Infine, due indispensabili chiarimenti terminologici.

Ogniqualvolta utilizzerò l’espressione «violenza contro le donne» essa andrà intesa nel senso fatto proprio dagli strumenti internazionali a tutela dei diritti umani, in particolare dall’art. 3 lett. a) della Conven-zione di Istanbul8. La scelta ricade su questa definizione perché essa ingloba l’elemento del genere e non è quindi necessario far ricorso al-l’espressione «violenza di genere», il cui significato è meno preciso e meno condiviso. In diversi ambiti si possono considerare come sinoni-mi, ma è opportuno chiarire che la violenza di genere è nozione teori-camente più ampia rispetto a quella di violenza contro le donne, perché comprende anche la violenza diretta contro soggetti che donne non so-no, ma che vengono colpiti per la loro scelta di allontanarsi da ciò che alcuni considerano normale rispetto al ruolo sociale assegnato a un

8 «Con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una

violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, compren-dente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, com-prese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata».

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IL REATO DI FEMMINICIDIO

7 so. Estremamente importante è distinguere, poi, il concetto di violenza nei confronti delle donne da quello di «violenza domestica» (cfr. art. 3 lett. b Conv. Istanbul). Quest’ultima non è necessariamente diretta con-tro una donna – che ne potrebbe anche essere l’autrice – anche se, so-vente, le due forme di violenza si sovrappongono.

Il secondo chiarimento terminologico riguarda l’uso dei termini «omicidio», «femminicidio» e «assassinio».

Ho trovato grande difficoltà ad utilizzare espressioni appropriate per tradurre concetti propri del mondo anglosassone come murder e

man-slaughter ed altri propri del diritto penale di matrice continentale, e

spagnola in particolare, come homicido e asesinato. Ciò non tanto ché non vi siano buone traduzioni ormai piuttosto consolidate, ma per-ché, nella loro essenza tecnica, i concetti che stanno alle spalle di quei termini sono stati oggetto di pesanti critiche da parte della sociologia femminista tanto nordamericana come sudamericana.

Così, nella prima parte del libro spesso utilizzerò un’espressione in-dubbiamente farraginosa come «uccisione di donna», anziché «omici-dio di una donna» per riferirmi alla condotta di un soggetto che cagiona la morte di una donna. Ho operato questa scelta per dare maggiore risal-to, all’interno del secondo capitolo, ai percorsi argomentativi delle so-ciologhe che attraverso la contestazione del concetto di «omicidio» hanno formulato quello di «femminicidio». Una volta chiarito cosa ri-tengo sia corretto indicare come femminicidio, al termine del secondo capitolo, il lettore noterà come io stesso utilizzerò questa parola con maggiore frequenza.

Quanto alla parola assassinio, essa in molti Paesi indica un omicidio aggravato, mentre il codice penale italiano attualmente vigente non la contempla. Considerando il fatto che nella radice della parola non è presente il termine latino homo (inteso come maschio), assai contestato dalla citata letteratura femminista, ho deciso spesso di utilizzare la pa-rola assassinio come termine neutro rispetto al sesso. Confido, con que-sto chiarimento, di non generare troppa confusione nella lettura.

VI. I Ringraziamenti: anche questa volta il primo va a mia moglie,

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INTRODUZIONE

pizzico di incoscienza a condividere la loro vita con me, trovando in-sieme, in ogni temporale della vita, la via verso l’arcobaleno.

Grazie ai miei familiari, alle mie amiche e ai miei amici.

Non troverò mai le parole adatte per ringraziare a sufficienza il mio maestro, professor Gabriele Fornasari: troppo gli devo sia sul piano scientifico, che su quello umano.

La vita mi ha regalato l’onore di avere come amico uno dei più grandi penalisti dell’America Latina, il professor José Luis Guzmán D’Albora. Il seme della lunga ricerca che è alla base di questo libro è stato gettato negli anni in cui ho avuto l’onore di lavorare al suo fianco come professore presso l’Università di Valparaiso, in Cile.

Alla crescita di quel seme, fino a trasformarlo nel frutto che è questo libro, hanno contribuito molte persone, vuoi con un costante supporto, vuoi con un singolo, ma decisivo scambio di opinioni. Tra esse spicca-no la professoressa Marcela Aedo Rivera, dell’Università di Valparaiso, ed il dottor Juan Pablo Castillo, ma un ringraziamento particolare va ancora, al di là dell’oceano, all’avvocato Leopoldo Sanhueza e ai pro-fessori Soledad Moreno, Carlos Cabezas e Silvio Cuneo Nash. Su que-sto lato dell’Atlantico sono grato alle professoresse Lina Mariola Diaz Cortes e María Gorjón Barranco dell’Università di Salamanca ed in Italia in particolare al professor Sergio Vinciguerra e alla professoressa Claudia Pecorella.

Nella mia città, Trento, sono grato alle avvocate Elena Biaggioni e Giorgia Oss, alla professoressa Mariangela Franch, all’amico dottor Simone Penasa oltre a Elena Poli, Serena Cristofori e Anna Giacomoni.

Questo libro non esisterebbe senza il supporto finanziario garanti-tomi da tre diverse fonti: il contributo diretto del Dipartimento Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, che ospita questa mia ope-ra nella sua prestigiosa collana; il progetto di research fellowship che mi lega ormai da tempo con il Departamento de Derecho dell’Universi-tà di Antofagasta; le donazioni di decine di amici, conoscenti e persone che non conosco ma che, credendo nella bontà di questo progetto, lo hanno finanziato attraverso una splendida campagna di crowdfunding.

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CAPITOLO I

FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA

DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. L’omicidio nel mondo: fonti e dati. 3. La

pola-rizzazione dell’omicidio in base al sesso. 4. Le tipologie di omicidio e il loro andamento statistico. 5. Asserzioni mediatiche e dati: conferme e smentite. 6. Metodologie comuni di ricerca: necessità e carenze. 7. È possibile contare i femminicidi? L’esperienza cilena. 8. L’esperienza spagnola. 9. La situazione italiana. 10. Il quadro riassuntivo.

1. Premessa

I numeri sarebbero l’inizio della soluzione del problema, ma non ci sono o, meglio, ce ne sono troppi, ma non quelli che sarebbero utili. Inoltre, gli inviti ad usarli con cautela, formulati da chi con fatica li ha raccolti, sono quasi sempre disattesi da politici e giornalisti affamati di sensazionalismo e di protagonismo. L’opinione pubblica, di conseguen-za, non ha gli strumenti per comprendere i termini della questione e si divide facilmente tra allarmisti e negazionisti, che, anziché discutere davvero, si rimpallano slogan basati su luoghi comuni.

2. L’omicidio nel mondo: fonti e dati

La fonte statistica dalla quale mi pare più opportuno approcciare il tema è lo Studio mondiale sull’omicidio elaborato dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) di Vienna.

La scelta cade su questo ampio studio statistico sia per l’indiscussa autorevolezza della fonte, sia per la sua ampiezza (raccoglie dati da 207 Paesi), sia per il fatto che, nell’edizione 2011, dedica un intero capitolo agli «omicidi di donne vincolati alla relazione di coppia o alla

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fami-CAPITOLO I

glia», mentre in quella del 2013 fornisce approfondimenti sul sesso del-le vittime1.

A livello globale, dai dati UNODC l’omicidio appare come un even-to fortemente polarizzaeven-to. Vi sono zone del mondo in cui, in virtù di una diminuzione pressoché costante a partire dal 1995, esso può essere definito come un fatto «relativamente inusual»2. Si tratta essenzialmen-te dell’Asia, dell’America del Nord (Canada e Stati Uniti), dell’Europa e dell’Oceania.

D’altro canto in Africa e in America Latina il tasso degli omicidi è considerevolmente più alto, al punto che lo Studio del 2011 per la re-gione dell’America Centrale e Caraibi sostiene che si è ormai prossimi a un punto di crisi.

Entrando nel dettaglio, dei 437000 omicidi conteggiati da UNODC nel 2012 e riportati nello studio dell’anno successivo, meno di un deci-mo (34300) avvennero in zone in cui era distribuita quasi metà della popolazione mondiale, vale a dire 2,9 miliardi di persone. L’altra metà, perciò, sopporta da sola più del 90% del peso sociale della violenza più estrema, ma anche in questo caso con delle importanti differenze, per-ché 200300 omicidi (poco meno della metà del totale) avvennero in Paesi dove risiedono soltanto 750 milioni di persone.

1 Disponibili sul sito dell’organizzazione internazionale a questo link: www.unodc.

org/gsh/.

I dati presenti nello studio 2011 sull’omicidio di UNODC provengono da diverse fonti nazionali e internazionali. Esse attingono o ai sistemi di giustizia penale o a quelli della salute pubblica che, come sottolinea la stessa organizzazione internazionale, han-no finalità e metodologie diverse anche all’interhan-no dello stesso Paese. Infatti, mentre il sistema giudiziario genera i dati nel corso del procedimento che si apre per indagare su un fatto di reato, quello di salute pubblica certifica la causa del decesso di un individuo. Ne escono risultati differenti in quanto a validità, precisione, comparabilità internazio-nale e copertura. Malgrado ciò, lo studio UNODC cerca di far leva sulle virtù di ambe-due le tipologie di fonti, promuovendone il miglioramento. Cfr. UNODC, 2011 Estudio

mundial sobre el homicidio, Vienna, 2012, 13, 83-90 e specialmente 91-102.

2 UNODC, op. cit., 10. Essendo lo spagnolo lingua ufficiale delle Nazioni Unite ed

essendo in lingua spagnola la maggior parte delle fonti dottrinali utilizzate in questo lavoro, ho scelto, ove disponibile, di preferire sempre questa lingua all’inglese per la citazione di fonti normative o di autorità sovranazionali, in modo da dare allo scritto maggiore fluidità.

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

11 Lo studio del 2013 offre interessanti informazioni rispetto all’evolu-zione del fenomeno dalla fine degli anni ’50. Infatti, nei Paesi in cui il tasso di omicidi in rapporto alla popolazione è basso o molto basso, esso tende a diminuire progressivamente ancora di più. Al contrario, pur con un andamento più ondivago, laddove il tasso era già alto all’ini-zio del periodo considerato, esso è andato crescendo.

Osservando maggiormente le aree geografiche oggetto di questo li-bro, si osserva che nella stragrande maggioranza dell’Unione Europea (esclusi i Paesi Baltici, Romania e Bulgaria) il tasso di omicidi è consi-derato bassissimo3 essendo inferiore o uguale a 1 su 100000 abitanti4.

L’America Centrale (con un valore superiore a 26) e quella Meri-dionale (con 22,5), invece, nella classifica regionale delle aree con il più alto tasso di omicidi occupano rispettivamente il secondo e il terzo posto, preceduti soltanto dall’Africa del Sud. Le differenze

3 Fanno eccezione zone specifiche come la Calabria, la Corsica, il sud del

Portogal-lo, la Vallonia, la Costa Azzurra, la Scozia e l’Irlanda del Nord, oltre a vaste regioni dei Paesi scandinavi caratterizzate da densità abitative assai basse.

4 D’ora in avanti, per non rendere pesante la lettura, il tasso di omicidi verrà

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CAPITOLO I

nali tra i singoli Stati, tuttavia, sono davvero significative: in America Centrale si va dal 90,4 dell’Honduras all’8,5 del Costa Rica; in America del Sud gli estremi sono il 53,7 del Venezuela e il 3,1 del Cile.

3. La polarizzazione dell’omicidio in base al sesso

La polarizzazione cui mi riferisco non si osserva solo in relazione ai luoghi in cui sono commessi gli omicidi, ma anche rispetto al sesso del-le vittime e degli autori.

Nel suo complesso, l’omicidio è un reato prettamente “maschile” poiché 4 vittime su 5 sono uomini e addirittura il 95% degli autori è un maschio.

Quest’ultimo, è un dato costante nelle diverse regioni del mondo e indipendente rispetto alla tipologia di omicidio e di arma utilizzata. Lo stesso non può dirsi però rispetto alla percentuale delle vittime, che in Asia ed in Europa sono di sesso femminile rispettivamente nel 29 e nel 28 per cento dei casi, mentre nelle Americhe la percentuale crolla al 12%.

Ciò accade perché, mentre gli omicidi legati al crimine organizzato hanno una concentrazione globale disomogenea e colpiscono quasi esclusivamente i maschi, l’omicidio «interpersonale»5 commesso dal partner o da un familiare è distribuito in un modo più uniforme nel mondo e, come vittime, vede ovunque le donne maggiormente rappre-sentate.

Così, l’Africa è il continente in cui si trova la maggiore concentra-zione di questa tipologia di omicidi, con un tasso di 1,7. L’Asia, che ha il valore più basso, ha un tasso di 0,6 e l’Europa di 0,8.

5 Rinviando per ulteriori specificazioni al paragrafo 4, qui basti dire che per

omici-dio «interpersonale» si intende quello che, non essendo funzionale al raggiungimento di un obiettivo secondario (come per esempio l’arricchimento connesso a una rapina), mira invece a risolvere un conflitto e/o a punire la vittima attraverso la violenza quando la relazione tra i soggetti è in tensione (anche per ragioni culturali o sociali); UNODC,

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

13 Si noti che la differenza tra il valore più alto e il più basso non rag-giunge nemmeno il rapporto 1:3, mentre per il tasso generale di omicidi le differenze tra regioni del mondo arrivano fino a 1:25.

La combinazione dei dati appena citati fa sì che la tipologia inter-personale in Paesi in cui il tasso di omicidi è basso sfiori il 50% del totale – è il caso dell’India – anche considerando quelli che non si rie-scono a classificare6. In Svezia, tra il 2003 e il 2006, sono stati conteg-giati come interpersonali il 54% degli omicidi e ¾ di essi, cioè circa il 40% del totale furono omicidi del partner e/o intrafamiliari. Anche in Italia, ormai da diversi anni, gli omicidi interpersonali hanno superato la somma di quelli commessi dalle mafie7.

In tutto il mondo, negli omicidi interpersonali l’enorme differenza tra le vittime maschili e quelle femminili si riduce considerevolmente,

6 Le altre tipologie individuate da UNODC sono l’omicidio connesso con altre

atti-vità criminali e quello socio-politico. La prima è collegata all’ottenimento diretto o indiretto di profitti e viene suddivisa e studiata separatamente quando è espressione di criminalità organizzata e quando non lo è. La seconda tipologia si origina nella sfera pubblica e si esprime come strumento per ottenere vantaggi sociali o politici; in questo caso sono coinvolte relazioni di potere (sociale, etnico, religioso, politico, ecc.) tra in-dividui o gruppi e le vittime vengono uccise per ciò che rappresentano e/o per il mes-saggio che l’azione omicida può trasmettere alla collettività. È evidente che non è sem-pre possibile classificare un omicidio in una delle tre categorie indicate, specie quando il movente è ignoto e l’Autore non è stato individuato.

L’International Classification of Crime for Statistical Purposes (ICCS), alla cui pubblicazione, dopo lunga gestazione, si è giunti a marzo 2015 grazie al lavoro del-l’UNODC, potrebbe offrire nel prossimo futuro strumenti utili alla affermazione di una valida categorizzazione dell’omicidio doloso. UNODC, Global study, cit., 39-40 e

www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/statistics/iccs.html.

7 I dati (pur non consolidati) pubblicati nella relazione annuale 2015 del Ministero

dell’Interno ascrivono al crimine organizzato solamente 28 dei 449 omicidi commessi tra il 1 agosto 2014 e il 31 luglio 2015, a fronte di più di 180 morti avvenute nel conte-sto familiare. Se le organizzazioni di tipo mafioso sono state responsabili tra il 1992 e il 1998 di poco meno di 250 omicidi all’anno, dal 2005 questo numero è sempre stato inferiore a 140 e inferiore a 70 dal 2010. Cfr. http://www.interno.gov.it/it/sala-stampa/

dati-e-statistiche/ferragosto-2015-viminale. Queste tendenze sono sostanzialmente

con-fermate anche nelle relazioni dell’agosto 2016 e 2017. Cfr. anche: UNODC, Global

study, cit., 44-45; TRANSCRIME, Progetto PON sicurezza 2007-2013. Gli Investimenti

delle Mafie, Milano, 2013 (http://www.transcrime.it/pubblicazioni/progetto-pon-sicurez za-2007-2013/).

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CAPITOLO I

cosicché, laddove l’incidenza degli omicidi riconducibili alla criminali-tà organizzata o a quella comune è particolarmente bassa, la percentuale di donne uccise sul totale è molto più alta.

La lista dei Paesi in cui le statistiche riportano un numero di donne uccise superiore a quello degli uomini è assai breve e, per le ragioni anzidette, sono tutti parte del c.d. “mondo sviluppato”: Giappone (52,9%), Hong Kong (Cina) (52,9%), Corea del Sud (52,5%), Nuova Zelanda (51,2%), Lettonia (51%)8.

Estremamente significativo è il fatto che, nel continente americano (dove è nato e si è sviluppato il dibattito sul femminicidio prima di ap-prodare in Europa) la percentuale di donne uccise sul totale degli omi-cidi sia particolarmente basso: 22,2 negli Stati Uniti, 12,3% in Costa Rica (percentuale più alta dell’America Centrale e primo Stato a intro-durre nel proprio ordinamento il reato di femicidio) e 22,7 in Bolivia (percentuale più alta dell’America del Sud).

Avrò modo di soffermarmi più avanti sulle ragioni per cui il dibatti-to sul femminicidio è nadibatti-to e si è sviluppadibatti-to proprio in America e in un certo periodo storico, ma restando per ora ai numeri della violenza estrema vanno ora messi in risalto quelli che ribaltano, rispetto ad alcu-ni specifici punti di vista, il dato ialcu-niziale di un omicidio come reato in tutto e per tutto “maschile”.

Le statistiche UNODC riferiscono che delle 93000 donne presumi-bilmente uccise nel 2012, ben 43600 (circa il 47%) hanno perso la vita per mano dei loro familiari o del partner, mentre i maschi uccisi sono circa 20000 – meno della metà – ma corrispondenti al solo 6% del loro totale (e tra questi vanno conteggiati anche molti minorenni maschi vit-time della violenza dei loro stessi padri).

Le donne, dunque, non sono le vittime predestinate dell’omicidio nel suo complesso, anzi, si può affermare l’esatto contrario.

8 Anche la lista dei Paesi in cui la percentuale femminile supera il 40% è breve:

Svizzera (50%), Germania (47,3%), Norvegia (46,8%), Finlandia (46,1%), Repubblica Ceca (45,7%), Belgio (43,4%), Ungheria (41,7%), India (40,8%), Austria (40,2%), Macao (Cina) (40%), Guyana (40%). La Spagna, Paese europeo tra i più attenti al fe-nomeno della violenza contro le donne e molto attivo nel suo contrasto, ha una percen-tuale del 34,3%. In Italia, secondo i dati del Ministero dell’Interno, la percenpercen-tuale nel-l’ultimo biennio si è attestata attorno al 32%, confermando un trend di crescita costante.

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

15 Esse sono uccise più frequentemente degli uomini solamente in una tipologia di omicidio, vale a dire quello commesso dal partner o co-munque in un contesto familiare.

4. Le tipologie di omicidio e il loro andamento statistico

Anche se nella maggior parte degli ordinamenti la fattispecie penale base che disciplina l’omicidio è unica a prescindere dalle forme in cui la condotta si manifesta9, dal punto di vista criminologico le sue forme sono assai variegate. Diverse sono le caratteristiche degli autori e delle vittime potenziali, diverse le armi o gli strumenti comunemente utiliz-zati per uccidere, diverse sono le cause del fenomeno.

Ciò non deve sorprendere: criminologia e diritto penale affrontano il problema sociale del crimine da punti di vista differenti che dipendono in buona misura dai diversi scopi delle due scienze10. Il diritto penale

9 Non ci stiamo riferendo qui alla scelta se prevedere un’unica fattispecie di

omici-dio con diverse aggravanti (caso italiano) oppure due o tre fattispecie (rispettivamente caso francese e tedesco), in cui alla figura base di omicidio (meurtre - Totschlag) se ne accompagna una seconda e più grave (assassinat - Mord) ed eventualmente una terza per i casi meno gravi (Minder schwerer Fall des Totschlags) (su queste distinzioni, anche in altri sistemi giuridici: W. PERRON, Rechtsvergleichende Analyse der

Untersu-chungsergebnisse, in A. ESER, W. PERRON (a cura di), Strukturvergleich

strafrechtli-cherVerantwortlichkeit und Sanktionierung in Europa. Zugleich ein Beitrag zur Theo-rie der Strafrechtsvergleichung, Berlino, 2015, 773). Ciò che qui interessa è che vi sia

una singola norma che affermi semplicemente che chi cagiona la morte di un uomo è punito con una certa pena e non vi sia invece una fattispecie a sé stante che sanzioni p.e. l’omicidio del crimine organizzato differenziandolo da quello commesso dalla cri-minalità comune.

10 J.L. G

UZMÁN D’ALBORA, Elementi di filosofia giuridico penale, ed. it. a cura di G. FORNASARI, A. MACILLO, Trento, 2015, 51-67. Decenni or sono Hermann Mann-heim, criminologo, e Heinz Zipf, criminalista, hanno messo in guardia dalla tentazione di contaminare la neutralità politico-criminale della criminologia, affinché essa non sia sviluppata in modo unilaterale e sia diretta alla conferma di determinati punti di parten-za ideologici, evitando così che questa disciplina costituisca un proprio concetto di reato. Cfr. H. MANNHEIM, Trattato di criminologia comparata, ed. it. a cura di F. FER -RACUTI, II vol., Torino, 1975; H. ZIPF, Politica criminale, ed. it. a cura di A. BAZZONI, Milano, 1989.

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CAPITOLO I

seleziona eventi e condotte illecite per punire, mentre la criminologia si spinge a interrogarsi sulle forme e soprattutto sulle ragioni dei compor-tamenti devianti, offrendo strumenti e strategie alla politica anche a fini preventivi.

Le statistiche finora presentate sono di difficile lettura perché offro-no una grande mole di dati di un feoffro-nomeoffro-no, come l’omicidio, che è allo stesso tempo unico se osservato dal punto di vista del diritto penale e – quantomeno – triplice se studiato dalla criminologia11.

Pur in assenza di un consenso internazionale sulle modalità di rac-colta e classificazione dei dati, il rapporto UNODC 2013 raggruppa gli omicidi in tre macro-tipologie: gli omicidi a sfondo socio-politico, quelli interpersonali e quelli collegati con altre attività criminali con-nessi al crimine organizzato ovvero concon-nessi alla criminalità comune.

Come già evidenziato nelle prime pagine di questo capitolo, la pro-porzione tra queste diverse tipologie varia molto da Paese a Paese e influenza in modo significativo la percentuale di vittime di sesso fem-minile. Ciò che però ora preme sottolineare è che ogni tipologia e sotto-tipologia di omicidio necessita di strategie di contrasto differenziate ciascuna delle quali ha tempi di reazione-risposta differenti.

Così, l’andamento statistico degli omicidi commessi dalla criminali-tà organizzata dipende dagli equilibri di potere imposti da un singolo gruppo criminale su un certo territorio, dal grado di conflittualità tra i diversi gruppi presenti e dall’azione di contrasto delle autorità12. La combinazione di questi tre elementi rende questa sotto-tipologia assai sensibile ai cambiamenti.

È un esempio lampante il dimezzamento degli omicidi nel Salvador tra febbraio ed aprile 2012, determinato da una tregua tra bande favorita dall’intervento della comunità internazionale e di leaders religiosi, ma lo è anche la diminuzione degli omicidi delle maggiori organizzazioni

11 Ancora, in riferimento alla statistica criminale, J.L. G

UZMÁN D’ALBORA, op. cit., 52 e 55.

12 Così UNODC, Global study, cit., 44-46; cfr. anche F. C

ALDERONI, Where is the

mafia in Italy? Measuring the presence of the mafia across Italian provinces, in Global Crime, 1, 2011, 41-69.

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

17 criminali italiane, scesi lentamente ma costantemente dai quasi 350 del 1992 ai 70 del 2012 (-75%!)13.

Altre tipologie di omicidi mostrano un alto grado di stabilità: per esempio, gli omicidi ricollegabili a rapine, che sono una piccola ma purtroppo onnipresente percentuale sul totale in tutti i Paesi analizzati.

Altrettanto stabili nel tempo sono gli omicidi interpersonali e in par-ticolare la (principale) sottocategoria degli omicidi commessi dal part-ner o comunque nel contesto familiare.

La causa di questa stabilità è speculare alla variabilità degli omicidi commessi dal crimine organizzato: in questo caso gli elementi ritenuti generalmente come fattori di rischio degli omicidi in famiglia tendono a non cambiare nel breve periodo.

Mantenendo, però, ancora l’attenzione sulle cifre, prima di proporre analisi, lo studio UNODC mostra in tutte le regioni del mondo un nu-mero decisamente maggiore di donne vittime di questa tipologia di omicidi rispetto agli uomini, con una forbice tra i sessi che si mantiene costante ovunque, sia dove questi drammatici eventi sono leggermente in aumento (Americhe), sia dove scendono seppur di poco (Asia), sia dove sono stabili (Europa)14.

Maggiore chiarezza rispetto alla presenza di un bias di genere risulta scorporando gli omicidi commessi dal partner (ex o attuale) da quelli in cui l’autore del reato è un altro familiare. Nei 18 Paesi in cui è stato possibile scorporare questi dati15 la proporzione è schiacciante: 79% a 21%.

13 Ancora: UNODC, Global study, cit., 45 e supra nt. 7.

14 La enduring nature dell’omicidio del partner è particolarmente visibile nel caso

del Sudafrica, un Paese con un tasso di omicidi particolarmente alto, pari a 31 nel 2012. Ebbene: il South Africa Medical Research Council nel 1999 e nel 2009 condusse un’identica ricerca sugli omicidi con vittime femminili riscontrando fortunatamente un importante decremento generale, pari quasi al 50% (da un tasso di 24,7 a uno di 12,9). Anche il tasso di donne uccise dal partner scese significativamente, ma in misura deci-samente minore poiché si passò da un tasso di 8,8 a uno di 5,6 con un decremento limi-tato al 36%. Cfr. N. ABRAHAMS ET ALII, Every eight hours: intimate femicide in South

Africa 10 years later!, in South African Medical Research Council Research Brief,

August, 2012 (http://www.mrc.ac.za/policybriefs/everyeighthours.pdf).

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CAPITOLO I

5. Asserzioni mediatiche e dati: conferme e smentite

Alla luce di quanto detto sinora è già possibile confermare o smenti-re alcune asserzioni diffuse dai media rispetto al fenomeno della vio-lenza assassina contro le donne.

A livello globale non è vero che il numero di donne uccise stia cre-scendo.

È altrettanto vero, però, che esso non sta diminuendo, a differenza del numero di uomini uccisi, sicché è corretto dire che le donne non stanno beneficiando della diminuzione dei tassi di violenza a livello globale16.

Due terzi delle vittime di omicidio in contesto familiare sono donne e non vi sono differenze significative, rispetto a questa percentuale, tra un Paese e l’altro. Inoltre, in virtù dei livelli di violenza in diminuzione in ambito pubblico, corrisponde al vero «with bitter irony, women run

16 In India, sebbene gli omicidi siano calati del 31% nel periodo 1995-2009,

portan-do il tasso complessivo a un livello inferiore al valore 3,0, il tasso delle morti portan-dovute a dote nello stesso periodo è aumentato del 40%. Malgrado la proibizione dei pagamenti di dote matrimoniale sia vietata sin dal 1961, in India è ancora una pratica comune. Ufficialmente, nel 2009, le «morti per dote» sarebbero state più di 1200 quindi circa il 15% del totale delle donne uccise. Tuttavia, questo calcolo comprende solo i fascicoli penali relativi alla sez. 304B del codice penale indiano in base al quale «Where the death of a woman is caused by any burns or bodily injury or occurs otherwise than un-der normal circumstances within seven years of her marriage and it is shown that soon before her death she was subjected to cruelty or harassment by her husband or any rela-tive of her husband for, or in connection with, any demand for dowry, such death shall be called “dowry death”, and such husband or relative shall be deemed to have caused her death» (cfr. http://devgan.in/indian_penal_code/). Tuttavia, in base al calcolo della forze dell’ordine, il numero delle morti connesse a questioni di dote ammonterebbe a più di 9500 su un totale di 17000 donne uccise in India in quell’anno. È possibile che il numero sia in crescita per la maggiore solerzia e precisione della polizia e della magi-stratura nella contabilizzazione del fenomeno rispetto al passato, anche se permane certamente una cifra oscura assai grande. Infatti, sovente le morti dovute a dote (ricon-ducibili a richieste di pagamento rivolte alla famiglia della moglie da parte di quella del marito, che, in caso di mancato pagamento, sottopone la donna a forme di violenza via via più intense che possono arrivare a provocarne la morte) sono considerate incidenti stradali o domestici. UNODC, 2011 Estudio global, cit., 61.

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

19 the highest risk of being killed by those who are expected to care for even protect them»17.

Solo nel 30% dei casi l’autore dell’omicidio di una donna era una persona a lei sconosciuta.

L’omicidio del partner in 4 casi su 5 vede un uomo come autore e una donna come vittima.

6. Metodologie comuni di ricerca: necessità e carenze

Tutto qui. Guardando al fenomeno della violenza assassina contro le donne dal punto di vista globale non vi sono altre cifre disponibili.

Vanno perciò tenuti in scarsa considerazione messaggi allarmisti specie se si azzardano improvvide comparazioni planetarie18.

17 UNODC, Global study, cit., 49.

18 Purtroppo queste considerazioni, prive di fondamento o comunque assolutamente

indimostrate, abbondano sulle bocche dei politici italiani, a prescindere dal loro colore politico, ogni qual volta si parli di violenza contro le donne. Ne è un buon esempio il contenuto delle mozioni presentate alla Camera dei Deputati nella seduta del 3 giugno 2013, nel contesto della discussione della ratifica della Convenzione di Istanbul (http://

www.camera.it/leg17/187?slAnnoMese=201306).

Si legge: «la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne tra i 16 anni e i 44 anni in tutta Europa e nel mondo e, in Italia, più che altrove» (Mo-zione PD). Difficile da credere, visto che per l’Istat le principali cause di morte nelle donne tra i 25 e i 44 anni nel 2012 sono state: tumore al seno (526 casi), suicidio (201), incidenti d’auto (181) (cfr. ISTAT, Le principali cause di morte in Italia nel 2012, Ro-ma, 2014, 7; http://www.istat.it/it/archivio/140871).

Nella mozione di Scelta civica: «rappresentano cifre da brivido quelle del femmini-cidio in Italia (il Paese è ai primi posti nel mondo, calcolando che viene uccisa una donna ogni tre giorni)». La fonte in base al quale l’Italia si troverebbe in una situazione peggiore della maggior parte dei Paesi del mondo non è citata.

Nella loro mozione diversi esponenti di Forza Italia scrivono: «se si esamina il fe-nomeno nel nostro Paese, il quadro è comunque allarmante: dal 2005 al 2012 sono stati 903 i casi di donne uccise da uomini. Nel 2012, in Italia sono state uccise più di 120 donne, una ogni due giorni». Nella foga di enfatizzare la drammaticità della situazione, questi parlamentari (compresa una ex ministra alle pari opportunità) non si sono accorti che 365:120 dà come risultato 3 e non 2 (intesi come giorni tra un omicidio e l’altro).

Secondo diversi deputati del Movimento 5 stelle: «si è passati da un omicidio ogni tre giorni registrato nel 2011 a uno ogni due giorni» (senza fonte) e l’Italia è, tra i paesi

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CAPITOLO I

Lo stesso studio UNODC esplicitamente dichiara che su scala mon-diale i dati di buona qualità relativi alla violenza estrema contro le don-ne sono limitati ed i modelli utilizzati non sono don-necessariamente validi in tutti i contesti. Per esempio, in periodi immediatamente successivi a un conflitto armato i rischi per l’integrità fisica femminile fuori dallo spazio domestico crescono molto di più. Solo aumentando numero e qualità dei dati è possibile comprendere più a fondo la violenza contro le donne in tutte le sue forme19.

Anche gli studi più ampi, promossi da organizzazioni internazionali, come quello di Garita Vilchez20, sono assai deficitari nella quantifica-zione del fenomeno.

Così, seppur credibile, va presa con beneficio d’inventario la triste classifica dei Paesi con il maggior tasso di femminicidi (2004-2009) proposta da quest’Autrice: El Salvador, Jamaica, Guatemala, Sud Afri-ca e Russia.

In questo breve elenco troviamo la conferma che il fenomeno della violenza contro le donne è davvero ‘globale’ e ‘interculturale’, anche se sarebbe il caso di dire: ‘a-culturale’.

Anche nei prossimi anni, purtroppo, è difficile immaginare che compaiano statistiche specifiche di buona qualità su scala planetaria. Fino al momento in cui non si raggiungerà un consenso giuridico

europei, agli ultimi posti per contrasto al fenomeno della violenza di genere (in base a quale classifica? Stilata da chi?).

Per finire con la Lega Nord, i cui deputati hanno sottolineato: «l’entità drammati-camente allarmante del fenomeno del femminicidio» e affermato che: «nel nostro Pae-se, se da un lato negli ultimi 10 anni il numero complessivo degli omicidi è diminuito, il numero degli omicidi perpetrati nei confronti delle donne è aumentato in maniera allarmante». I dati ufficiali che ho riportato finora dimostrano che la prima parte della frase è vera, mentre la seconda è falsa, poiché il numero delle donne uccise è rimasto costante.

19 UNODC, 2011 Estudio global, cit., 58.

20 Promosso e finanziato nell’ambito della campagna del Segretariato Generale

del-le Nazioni Unite «ÚNETE para poner fin a la viodel-lencia contra las mujeres», questo ampio studio offre un valido panorama delle legislazioni americane sul tema, ma quan-to alle cifre si limita, in apertura, a poche tabelle, le fonti delle quali, peraltro, non sono richiamate. Cfr. A.I. GARITA VÍLCHEZ, La regulación del delito de femicidio/feminicidio

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

21 nazionale sulla definizione di «femminicidio» – sul quale mi concentre-rò nei prossimi due paragrafi – continuerà a mancare il presupposto principale all’elaborazione di indagini che possano considerarsi valide: come è possibile elaborare classifiche se non si sa che cosa contare?

D’altra parte, l’esigenza di una misurazione che possa definirsi dav-vero scientifica, seppur ribadita anche da importanti esponenti di orga-nizzazioni internazionali21, pare non figurare tra le priorità. Queste, in-fatti, vanno nella direzione di predisporre strumenti con una dimensione ricognitiva del fenomeno piuttosto limitata, ma con una spendibilità

21 Per esempio si veda il rapporto per il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu del 23

maggio 2012: R. MANJOO, Homicidios de mujeres relacionados con el género. - Informe

de la Relatora Especial sobre la violencia contra la mujer, sus causas y sus consecuen-cias, 2012 (http://www.ohchr.org/SP/Issues/SRWomen/Pages/AnnualReports.aspx) del

quale riporto tre punti assai importanti estrapolati dalle conclusioni e raccomandazioni: «105. Las deficiencias de los sistemas de información y la mala calidad de los datos constituyen grandes obstáculos para investigar los femicidios, formular estrategias úti-les de prevención y propiciar mejores políticas. Los marcos, las definiciones y las clasi-ficaciones diferentes que se emplean para conceptualizar el femicidio suelen complicar la reunión de datos de distintas fuentes y pueden hacer que la documentación no sea comparable entre comunidades o entre regiones. Los estudios sobre el particular se han realizado primordialmente con datos tomados de bases de datos sobre homicidios. La información que reúnen fuentes estatales u oficiales con frecuencia no está armonizada ni coordinada. Suele haber incongruencias con los datos que recopilan los distintos servicios, como falta de compatibilidad en las categorías que se utilizan para documen-tar las circunstancias que rodean al crimen, la relación entre la víctima y el autor y la violencia preexistente. Para establecer una base de datos eficaz hay que mejorar la cali-dad y la comparabilicali-dad de los datos.

106. Al utilizarse categorías inexactas para clasificar los homicidios, como “otros”, se identifican mal los femicidios, y no queda constancia de ellos o ella no es suficiente, en particular cuando no tienen lugar en un contexto de familia. Otra práctica habitual es el empleo de categorías estereotípicas y que pueden entrañar prejuicios, como “crimen pasional” o “amante”.

107. La Comisión de Estadísticas, en atención a una solicitud de la Asamblea Gene-ral [si veda la Risoluzione dell’Assemblea GeneGene-rale 61/143] aprobó en febrero de 2009 una serie de indicadores que pueden documentar la prevalencia de la violencia contra la mujer. Los indicadores propuestos incluyen el grado de violencia, la frecuencia, la rela-ción con el autor, la edad de la víctima y los registros de casos de homicidio. Según la información reunida hasta la fecha, ningún país tiene la información necesaria para calcular y establecer los indicadores propuestos».

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CAPITOLO I

pratica più immediata, tendente ad offrire alle vittime assistenza e ri-sposte concrete assicurando i responsabili alle autorità giudiziarie22.

Si tratta di una scelta comprensibile, che privilegia le necessità della vittima come persona, ma che dovrebbe essere promossa assieme e non a scapito dell’elaborazione di strumenti di conoscenza indispensabili, nel medio periodo, per adottare politiche efficaci di contrasto alla vio-lenza assassina contro le donne. Tanto più che, senza numeri ‘veri’, lo spazio del dibattito pubblico sarà sempre dominato da demagoghi, po-pulisti o, peggio ancora, negazionisti.

7. È possibile contare i femminicidi? L’esperienza cilena

Passando dal livello planetario a quello nazionale la triste attività di monitoraggio numerico del femminicidio è oggettivamente più sempli-ce, venendo meno un livello di coordinamento.

Ad oggi, tuttavia, anche all’interno di un singolo Paese risulta diffi-cile reperire statistiche scientificamente affidabili.

A titolo di esempio proponiamo l’esperienza di due Paesi: il Cile, dove dal 2010 esiste una fattispecie penale specifica di femicidio, e la Spagna, che, pur non possedendo nel suo ordinamento una norma ad

22 Un ottimo frutto di questi sforzi è: A

A.VV., Modelo de protocolo

latinoamerica-no de investigación de las muertes violentas de mujeres por razones de género (femici-dio/feminicidio), Ciudad de Panamá, 2014 (pubblicato in lingua inglese nel 2015).

Que-sta pubblicazione è Que-stata elaborata dell’Ufficio Regionale per l’America Centrale del-l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHCHR) con il soste-gno dell’Ufficio Regionale per le Americhe e i Caraibi dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne (UN Women) nel quadro della già citata campagna del Segretario Generale delle Nazioni Unite ÚNETE. Altret-tanto utile e importante anche la pubblicazione: AA.VV., The Commitment of the States:

Plans and policies to eradicate violence against women in Latin America and the Car-ibbean, Ciudad de Panamá, 2015, sempre curata da UN Women. Si veda altresì, come

esempio di concretizzazione in un contesto nazionale di questi protocolli di indagine: I. SEPÚLVEDA SÁNCHEZ, M. SOVINO MELÉNDEZ, Violencia de género e investigación

penal: deberes y desafíos para el Ministerio Público, in Revista jurídica del ministerio público, 2017, LXIX, abril, 125-171.

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FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

23

hoc, tra i Paesi europei vanta una delle più significative esperienze di

contrasto al fenomeno della violenza contro le donne.

Nel Paese sudamericano, proprio grazie alla presenza di una fatti-specie di reato, dovrebbe essere relativamente agevole avere delle in-formazioni precise, quantomeno rispetto all’applicazione della nuova disposizione. Purtroppo non è così.

I canali di informazione afferenti all’amministrazione della giustizia non forniscono dati utilizzabili. Grazie al Poder Judicial è possibile conoscere il numero di procedimenti avviati rispetto a una data fattispe-cie di reato in ogni singolo tribunale mese per mese. Tuttavia, i dati non sono disponibili in forma aggregata e inoltre nulla si dice quanto al de-stino dei fascicoli23.

Le forze dell’ordine, tanto la Policia de Investigación (PDI) come i

Carabineros, pubblicano statistiche riguardanti le rispettive attività

dal-le quali si può conoscere il numero di persone arrestate per ogni delitto, ma gli uni non prendono in considerazione i dati degli altri e i femmini-cidi sono conteggiati nella categoria omifemmini-cidi (siano essi semplici, ag-gravati o parricidios)24.

Un vero e proprio conteggio dei ‘feminicidi’ viene effettuato dal gennaio del 2008 da SERNAM (Servicio Nacional de la Mujer) sulla propria pagina web25. Ad ogni evento mortale violento che coinvolga una donna, a meno che non si tratti palesemente di un incidente, SER-NAM attribuisce un numero progressivo ed aggiunge alcune righe con nomi ed età delle persone coinvolte, una semplice descrizione ‘giornali-stica’ della morte e, ove possibile, alcune informazioni sull’autore o

23 È possibile sapere, in sostanza, che nel mese di marzo 2016, presso il II Tribunal

de Juicio Oral en lo Penal di Santiago è iniziato un processo per femminicidio, ma

nul-l’altro. Per conoscere il numero complessivo rispetto a un anno bisognerebbe chiedere al motore di ricerca il dato per ciascun mese in ognuno dei quaranta e più tribunali competenti per materia sparsi nel Paese. Cfr. http://www.pjud.cl/cuadro-resumen-esta

disticas-anuales-del-poder-judicial-ano-2007-a-2015.

24 Cfr. per quanto concerne la PDI: http://www.ine.cl/estadisticas/sociales/polic%C

3%ADa-de-investigaciones; per i Carabineros: www.carabineros.cl.

25 http://www.minmujeryeg.cl/sernameg/programas/violencia-contra-las-mujeres/fe

micidios/. Elevato al rango di Ministero autonomo (Ministerio de la Mujer y la Equidad de Género) nei primi mesi del 2016, il SERNAM fin dal 1990 operava nell’alveo del

(38)

CAPITOLO I

presunto tale: l’età, la relazione con la vittima, la sua decisione di con-segnarsi alle autorità o di fuggire, il suo eventuale suicidio.

Nella tabella qui di seguito ho riprodotto i dati pubblicati sul sito e ribadisco che lo stesso SERNAM non indica le proprie fonti relative a ciascun caso potendosi supporre che vengano incrociate le informazioni rilanciate dai mass media con dati provenienti da organismi governativi e non26. Si tenga presente che il Cile ha una popolazione di 17 milioni di abitanti.

Tabella 1: Numero di femicidios in Cile secondo SERNAM

Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Fem 59 55 49 40 34 40 40 45 34

Fonte: elaborazione propria su dati SERNAM

Questi, invece, sono i dati pubblicati in un articolo di Rodríguez Manriquez27 (M) e quelli presenti sul sito del coordinamento femmini-sta della Red chilena contra la violencia hacia las mujeres (R), molto nota e attiva nel Paese28.

26 Si tratta delle stesse modalità utilizzate per le proprie ricerche da Roberto

Rodrí-guez Manríquez, assistente sociale dell’unità specializzata in responsabilità penale degli adolescenti e reati di violenza intrafamiliare (fiscalía nacional - ministerio público), autore dello studio: R. RODRÍGUEZ MANRÍQUEZ, Análisis estadístico descriptivo de los

femicidios ocurridos durante el año 2007, in Revista jurídica del ministerio público,

2008, XXXV, julio, 336. Nel 2011 L’Autore ripete lo stesso studio offrendo molti dati relativi agli anni precedenti. Per il conteggio, tuttavia, non si fa riferimento alla legge del 2010 che ha introdotto il reato in Cile, bensì, senza ulteriori specificazioni, al «ho-micidio en contra de mujer por el hecho de ser mujer». Sono incluse così nella statisti-ca, per stessa ammissione di Rodríguez, morti di donne uccise da sconosciuti. La loro inclusione non ci sembra corretta poiché, se davvero gli autori non sono stati identifica-ti, non è possibile conoscere il loro sesso e nemmeno se realmente la vittima morì «por el hecho de ser mujer». R. RODRÍGUEZ MANRÍQUEZ, Informe sobre femicidio en Chile.

Estadísticas relevantes 2011 y datos comparativos, in Revista jurídica del ministerio público, 2012, L, marzo, 239.

27 R. R

ODRÍGUEZ MANRÍQUEZ, Informe…, cit., 240. Il numero dopo la barra trasver-sale (/) corrisponde a quante morti, rispetto al totale, avvennero fuori dalla coppia.

28 Per parte sua la Red chilena contra la violencia hacia las mujeres contesta

l’op-zione restrittiva della legge che ha introdotto in Cile la fattispecie di femicidio. Perciò, la Red include nel proprio conteggio anche le uccisioni di donne che avvengono in

(39)

con-FENOMENOLOGIA E CRIMINOLOGIA DELLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

25 Tabella 2: Numero di femicidios in Cile secondo fonti di conteggio non istituzionali

Anno 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 fonte Fem 63/13 64/15 56/4 57/9 41/1 M

Fem 65 50 48 59 58 58 52 R

Fonte: elaborazione propria su dati di Rodríguez Manríquez (M) e Red chilena contra la violencia hacia las mujeres (R)

Purtroppo, non solo i numeri sono diversi, ma l’introduzione della fattispecie penale, finora, non è stata per SERNAM motivo sufficiente per modificare il proprio criterio di conteggio.

Come avremo modo di osservare nel prossimo capitolo, la scelta si deve certamente al fatto che la fattispecie introdotta in Cile è partico-larmente restrittiva. Se SERMAN adeguasse i suoi calcoli alla fattispe-cie codicistica, ignorando una fetta consistente del fenomeno della vio-lenza assassina contro le donne, finirebbe per tradire i propri obiettivi istituzionali che – e non è strano – sono diversi da quelli del ministero della giustizia29.

L’introduzione di una norma penale è, forse, uno strumento indi-spensabile per ottenere dei dati di buona qualità, come ha sottolineato la migliore dottrina30. L’esperienza cilena, finora, mostra però che questo

testi estranei alle relazioni familiari, ma dipendono dalle stesse cause: misoginia, op-pressione, sottomissione, disprezzo per la vita della donna, controllo della sua sessualità e della sua capacità riproduttiva (p.e. l’uccisione di una prostituta da parte del cliente)

http://www.nomasviolenciacontramujeres.cl/registro-de-femicidios/.

29 È pur vero che dal 2016 a questa parte, in apertura della lista delle donne uccise

si trova la seguente indicazione: «Según la legislación chilena (ley 20.480), un femici-dio es el asesinato de una mujer realizado por quien es o ha sido su esposo o convivien-te. Este delito es la forma más extrema de violencia contra las mujeres y es una muestra de que en nuestras sociedades todavía se cree que los hombres tienen derecho a contro-lar la libertad y la vida de las mujeres. Las penas para quienes cometen femicidio en Chile van desde los quince años y un día de cárcel hasta la cadena perpetua». Tuttavia, l’elenco proposto continua a non rispondere pienamente ai dettami della legge.

30 Lo ha fatto presente, già alcuni anni fa: P. T

OLEDO VÁSQUEZ, ¿Tipificar el

femi-cidio?, in Anuario de Derechos Humanos de la Universidad de Chile, 2008, 216:

«[…] al existir una disposición ´especial´ se simplifica la generación de información estadística desagregada, junto con facilitarse el seguimiento de la acción del aparato de justicia y de la jurisprudencia frente a esta forma de violencia contra las mujeres».

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