• Non ci sono risultati.

Il “caso” di Ciudad Juárez come momento di svolta

Fino a questo punto ho descritto un dibattito scientifico che, se pur basato su studi condotti sul campo, si è sviluppato sulle colonne di rivi- ste nel migliore dei casi di media tiratura. Un dibattito, poi, interno a un solo Paese, gli Stati Uniti, e aperto ai contributi solo di realtà affini co- me Canada e Regno Unito.

Il fenomeno della violenza sulle donne, specie quella estrema che porta al femminicidio, non sarebbe però emerso nel dibattito dell’opi- nione pubblica internazionale nel modo e con i tempi con cui oggi lo conosciamo senza la forza costruttiva del movimentismo femminile sudamericano e senza la capacità di sensibilizzazione e di comunica- zione di alcune donne venute a contatto con l’esperienza drammatica di Ciudad Juárez.

Del primo aspetto mi occuperò nel prossimo capitolo perché è stret- tamente legato alla genesi dei documenti giuridici internazionali di de- nuncia e condanna della violenza contro le donne.

È questo, invece, il momento di descrivere i fatti di Ciudad Juárez perché quanto avvenuto in quella città messicana a partire dalla metà degli anni ’90 – e ancora di più il modo in cui quegli avvenimenti sono stati raccontati (dai giornalisti di tutto il mondo), studiati (da sociologi, politologi e giuristi) e giudicati (da tribunali nazionali e internazionali) – ha determinato l’ingresso del problema della violenza sulle donne tra gli oggetti di interesse dei mass media e dell’opinione pubblica in mol- tissimi Paesi, compresa l’Italia. Forse, se quegli eventi non fossero ac- caduti e soprattutto se figure importanti del femminismo americano non avessero speso le loro energie per studiarli, farli conoscere e farli per- seguire dai tribunali, oggi il problema della violenza sulle donne sareb- be ancora avvolto, in molti Paesi, da un velo di omertà che qualche simposio accademico certo non potrebbe immaginare di squarciare.

Ho già descritto nel primo paragrafo come l’America Centrale sia una delle aree più violente del mondo. Le ragioni sono molteplici e le principali organizzazioni internazionali44 non hanno mancato di denun-

44 C

OMMISSIONE INTERAMERICANA PER I DIRITTI UMANI, Informe sobre seguridad

ciudadana y derechos humanos, OEA/Ser.L/V/II.Doc. 57 31.12.2009, 10; UNODC, 2011 Estudio mundial sobre homicidio, Vienna, 2012, 49.

CAPITOLO II

ciarle, anche se la principale è unanimemente riconosciuta nella presen- za di diverse organizzazioni criminali che traggono i loro proventi dal traffico di droga che, dalle zone di produzione, si dirige verso Stati Uni- ti e Canada.

Ciudad Juárez, nello stato di Chihuahua, è uno dei più importanti valichi di frontiera tra Messico e Stati Uniti. Centro manifatturiero e commerciale sulle sponde del fiume Rio Grande deve, tristemente, la sua fama a livello globale all’alto numero di sparizioni ed omicidi seria- li di giovani donne che lì hanno avuto luogo con intensità crescente dai primi anni ’90 per esplodere letteralmente verso la fine degli anni 200045.

Appoggiandoci alla lettura del fenomeno proposta da Segato46, ciò che avvenne a Ciudad Juárez non fu semplicemente un grande aumento di femminicidi in un arco di tempo ristretto, poiché a crescere fu una tipologia assai più ristretta di reati.

Come ho mostrato nel primo capitolo, il maggior numero di uccisio- ni di donne avviene in tutto il mondo in contesti familiari o comunque da parte di persone note alla vittima. Il numero di questi crimini, all’in- terno di un singolo Paese, si modifica lentamente con oscillazioni mo- deste se si ha cura di non raggruppare i dati anni per anno ma osservan- doli per decenni. Ciudad Juárez, da questo punto di vista, non faceva – e continua a non fare – eccezione.

45 È in questa città messicana che, nel 2009, l’artista visiva Elina Chauvet ha propo-

sto per la prima volta la sua installazione d’arte pubblica Zapatos Rojos portata in Italia nel 2012 dalla curatrice d’arte Francesca Guerisoli. Composto da una marcia silenziosa di scarpe rosse femminili, raccolte attraverso il passaparola e i social network, il proget- to reclama giustizia per le vittime di Ciudad Juárez diventando un simbolo di denuncia della violenza contro le donne tanto condiviso da aver perso il collegamento con la sua origine storica e con la sua ideatrice (www.elinachauvet.com).

Sulla vicenda di Ciudad Juárez, in spagnolo: J.E. MONÁRREZ FRAGOSO, Trama de

una injusticia. Feminicidio sexual sistémico en Ciudad Juárez, México D.F., 2009; in

traduzione italiana, segnalo: S. GONZÁLEZ RODRÍGUEZ, Ossa nel deserto, Milano, 2006.

46 R. S

EGATO, Qué es un feminicidio. Notas para un debate emergente, in Mora -

Revista del Instituto Interdisciplinario de Estudios de Género, 12, 2006, disponibile

anche alla pagina: http://192.64.74.193/~genera/newsite/images/cdr-documents/publica

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

55 Infatti, ciò che avvenne nella città messicana fu un aumento clamo- roso delle uccisioni di donne che non avevano avuto precedenti contatti con gli assassini, vale a dire di quella tipologia di femminicidi che soli- tamente rappresentano la minoranza dei casi.

Le morti, inoltre, avvenivano con uno schema ricorrente, che non a caso è stato definito «quasi burocratico»47. Giovani donne, studentesse o operaie delle numerose imprese locali che fabbricano prodotti per il mercato nordamericano, venivano sequestrate per alcuni giorni e ripetu- tamente violentate. I corpi delle ragazze, uccise dopo sevizie e torture e trattate come oggetti, venivano seppelliti nelle vicinanze della città o semplicemente abbandonati alla mercé degli animali selvatici. A questi drammatici eventi si aggiunse il disinteresse alle indagini da parte delle forze dell’ordine locali e nazionali che, di fronte a familiari, giornalisti ed avvocati troppo insistenti nella loro vana richiesta di intervento, arri- varono in più occasioni a nascondere prove, sviare le indagini della magistratura, intimidire e perfino, in numerose occasioni, a incolpare dei crimini capri espiatori chiaramente innocenti.

A determinare una svolta fu un caso – fra i molti simili – avvenuto nel novembre 2001, che presentava però le caratteristiche necessarie per essere portato innanzi ad autorità internazionali. Si trattò del ritro- vamento dei corpi di otto giovani donne in un vecchio campo di cotone, con segni di violenza e tortura. Il caso, noto appunto come: Campo Al-

godonero fu presentato direttamente all’attenzione della Commissione

Interamericana dei Diritti Umani nel marzo 200248.

47 R. S

EGATO, op. cit., 9.

48 In virtù della sistematica impunità dei crimini che avvenivano a Ciudad Juárez la

Commissione considerò non necessario il previo esaurimento dei ricorsi interni in quan- to palesemente inefficaci. Cfr. Informe No. 17/05, Caso 12.497, Esmeralda Herrera Montreal, México, 24 de febrero de 2005, http://www.cidh.oas.org/women/Mexico.282.

02sp.htm.

Per visionare tutti i documenti pubblici relativi al caso segnalo la pagina: http://

www.campoalgodonero.org.mx/.

È d’uopo ricordare che il sistema di tutela dei diritti umani promosso all’interno dell’Organizzazione degli Stati Americani, con la sua Commissione e la Corte (con sede a San José de Costa Rica) ha un funzionamento simile a quello che aveva il siste- ma Consiglio d’Europa - Corte europea dei diritti dell’uomo prima dell’entrata in vigo- re del Protocollo nr. 11. Cfr. C. ARROYO LANDA, L. CASSETTI, A. DI STASI (a cura di),

CAPITOLO II

L’impatto del caso fu tale da favorire una reazione delle autorità centrali messicane, che istituirono immediatamente una commissione parlamentare ad hoc per far luce sui fatti avvenuti a Ciudad Juárez a partire dal 1993.

La Commissione, non ritenendo sufficienti gli sforzi dello Stato messicano, presentò il caso alla Corte Interamericana nel 2007. Il pro- cesso si svolse nel 2009 e si concluse con la condanna del Messico per non aver garantito il diritto alla vita, all’integrità fisica e alla libertà delle vittime, così come per l’impunità dei responsabili e la discrimina- zione sofferta dalle vittime e dai loro familiari49.

Riservando per la seconda parte di questa ricerca i dovuti approfon- dimenti giuridici di questa importante sentenza50 (e del diritto messica- no che verrà emanato per darne esecuzione), qui basti dire che l’incre- mento degli omicidi di donne a partire dal 1993 fu indissolubilmente contrassegnato dal contesto discriminatorio in cui ebbero luogo. Ciò dipese essenzialmente dall’atteggiamento statale, sia per quel che ri- guarda il trattamento riservato ai familiari delle vittime, sia per quel che concerne le mancate indagini.

La lentezza del procedimento davanti alla Commissione – e poi in- nanzi la Corte di San José – determinò una coincidenza di eventi parti- colare. Infatti, dopo un breve periodo di riduzione del numero di donne uccise nello stato di Chihuahua, attorno all’anno 2007, il governo, al- l’interno di una strategia di contrasto al narcotraffico, militarizzò di fatto tutta la zona di frontiera con gli Stati Uniti, con particolari riper- cussioni proprio a Ciudad Juárez. La città, dal 2008, divenne una delle più violente del mondo, con l’impressionante numero di più di 1500 morti violente in quell’anno (su un totale di meno di un milione e mez-

Diritti e giurisprudenza. La corte interamericana dei diritti umani e la corte europea di Strasburgo, Napoli, 2014; A. DI STASI, Diritto all’equo processo nella CEDU e nella

Convenzione americana sui diritti umani, Torino, 2012, 75-95.

49 Corte Interamericana per i Diritti umani, Sentenza González y otras vs México

(Campo Algodonero), 16 novembre 2009.

50 Mi limito qui a una singola citazione: S.J. V

ÁZQUEZ CAMACHO, El caso “Campo

Algodonero” ante la Corte interamericana de Derechos Humanos, in Anuario Mexi- cano de Derecho Internacional, 2011, 515-561 (http://www.scielo.org.mx/pdf/amdi/v11 /v11a18.pdf).

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

57 zo di abitanti), che divennero più di 2600 nel 2009 proprio mentre, a Santiago del Cile, si svolgevano le udienze del processo Campo Algo-

donero. Per quel che concerne le uccisioni di donne, nel 2009 furono

163 e nel 2010 addirittura 30651. Ciò significa che, nel solo anno suc- cessivo alla pronuncia della Corte, i femminicidi a Ciudad Juárez furo- no di più di quelli registrati nell’intero arco temporale tra il 1993 e il 2002!

La coincidenza di questi eventi fu determinante per far uscire la vio- lenza assassina contro le donne dal cono d’ombra in cui si trovava e portarla all’attenzione dei mass media internazionali. La grande forza di mobilitazione dei movimenti femminili in molte parti del mondo ha fatto sì che, malgrado la grave situazione di Ciudad Juárez avesse for- tunatamente pochi eguali nel mondo e la tipologia di femminicidi lì commessi fosse diversa da quelli che accadono con maggiore frequen- za, da allora l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne non sia mai venuto meno.