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Il dibattito latinoamericano e il concetto di feminicidio

Allargando lo sguardo, pur nella sua specificità, Ciudad Juárez non è un caso isolato, né all’interno del Messico52, né fuori dai suoi confini. I Paesi centroamericani situati sulle rotte del traffico di droga hanno tutti sofferto un significativo aumento dei tassi di violenza negli ultimi anni e ciò ha avuto pesanti ripercussioni sulla condizione femminile in parti- colare in tre Stati: El Salvador, Guatemala e Honduras53.

51 Lo riporta P. T

OLEDO, op. cit., 102 basandosi sui dati della Procuraduría General

de la República, della Comisión nacional para prevenir y erradicar la violencia contra las mujeres e la Fiscalía general del estado de Chihuahua.

52 C

OMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI DELLE NAZIONI UNITE, Informe de la Relatora

especial sobre la violencia contra la mujer, sus causas y consecuencias, Yakin Ertürk, Adición: Misión a México, 13.01.2006, E/CN.4/2006/61/Add.4, 4 disponibile alla pagi-

na: http://www.cinu.org.mx/biblioteca/documentos/dh/mujer.pdf.

53 L’alto tasso di omicidi in questi tre Paesi era già stato segnalato nel primo capito-

lo, citando come fonte principale: UNODC, 2011 Estudio mundial, cit., 49-50. L’im- portante studio di Ana Carcedo (A. CARCEDO (a cura di), No olvidamos ni aceptamos:

CAPITOLO II

I collettivi femministi presenti nella regione, fin dagli anni ’90, non si sono limitati alla denuncia, ma hanno prodotto, grazie al lavoro di importanti sociologhe e politologhe, un’elaborazione concettuale del fenomeno di importanza almeno eguale a quella di matrice anglofona.

Non si è trattato – e non si tratta – di un confronto “lessicale” che vede il femicide di Diana Russell di fronte al feminicidio della messica- na Marcela Lagarde.

Il contributo di eccellenti ricercatrici, con una formazione accade- mica e socio-culturale differente dalla anglosassone, infatti, ha arricchi- to il dibattito assai più di quanto non dica la proposta di un termine che può apparire una “variazione sul tema”.

Mentre gli studi sulla violenza contro le donne nel mondo anglofono nascono da una ricerca empirica condotta a partire dai racconti delle donne vittime di violenza ospitate nelle case rifugio54, in America Lati- na la ricerca accademica si fonda su altro. La sua base è la presa di co- scienza collettiva della condizione di inferiorità in cui vive la donna, che vuol dire sia che colei che è stata uccisa, come fosse una cosa, può essere abbandonata in pasto agli animali, ma vuol dire anche che per le autorità dello Stato non è necessario svolgere delle indagini per cercare i responsabili55.

Questo riempie di contenuto la considerazione, già espressa nell’in- troduzione, che femicide, femicidio e feminicidio non siano affatto dei sinonimi56.

come, nel periodo da lei studiato l’aumento abbia colpito in maniera differente uomini e donne offrendo queste cifre: El Salvador (anni 2000-2006): +40% di omicidi di uomini

vs +111% di omicidi di donne; Guatemala (1995-2004): +68% vs +144%; Honduras

(2003-2007): +40% vs +166%.

54 J. D

UNN, M. POWELL-WILLIAMS, op. cit., 979.

55 Una cosa non esclude l’altra perché le case rifugio sono un hito histórico

(A. CARCEDO, G. MOLINA, Mujeres contra la violencia: una rebelión radical, San José de Costarica, 2001, 102) anche in America Latina e la dimensione della rivendicazione politica è fondamentale, senza bisogno di citazioni, anche nella storia del femminismo statunitense. Più che percorsi diversi sto descrivendo realtà con baricentri ed equilibri diversi.

56 Anche se Lagarde ha sempre dichiarato di aver trovato ispirazione nei testi di

Russell e che feminicidio sarebbe la traduzione corretta ed autorizzata dalla stessa Rus- sell del lemma femicide (M. LAGARDE, Segundo informe de trabajo. Por la vida y la

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

59 Per quel che qui interessa ora – altro sarà soffermarsi sulle fattispe- cie penali così rubricate in vari Paesi – questi termini non sono altro che etichette linguistiche che ciascuna studiosa utilizza riferendosi a insiemi di significati solo in parte sovrapponibili.

Così, nella concettualizzazione latinoamericana, si parli di femicidio o di femminicidio, l’enfasi è sullo Stato, sia per quel che riguarda la sua responsabilità nei crimini sofferti dalle donne, sia per quel che concerne l’obbligo di adottare una legislazione che le tuteli.

Come giustamente osserva Toledo, quest’enfasi è in stretto collega- mento con l’approccio latinoamericano ai diritti umani, come si è venu- to sviluppando a seguito dei gravi crimini commessi dalle dittature che hanno governato molti Paesi della regione tra gli anni ’60 e ’80. «Que- sta prospettiva […] impregna di sé anche il movimentismo femminile presente nella regione e si rafforza con lo sviluppo dei diritti umani del- la donna nella decade del ’90»57.

Effettivamente58:

a partire da quel contesto storico, il passaggio dai crimini commessi da agenti dello Stato – durante le dittature – a crimini commessi da sogget- ti privati che agiscono grazie all’inefficienza o alla connivenza dello Stato, è stato un processo non solo giuridico, per quel che concerne la responsabilità statale59, ma anche una realtà constatabile direttamente

nella pratica60.

libertad de las mujeres, Grupo parlamentario del PRD, Cámara de Diputados, Congreso

de la Unión, 2006, 13), è la stessa antropologa messicana in più occasioni a dar conto della maggiore ampiezza semantica del “suo” feminicidio.

57 P. T

OLEDO, op. cit., 109.

58 Anche secondo Laurenzo si tratta di uno dei migliori spunti offerti dal lavoro di

Patsili Toledo; P. LAURENZO COPELLO, Prologo, in P. TOLEDO VÁSQUEZ, Femicidio/

Feminicidio, Buenos Aires, 20-21.

59 Il riferimento, offerto anche dall’Autrice, è alla fondamentale sentenza relativa

alle sparizioni forzate in Honduras: Corte Interamericana per i Diritti umani, Sentenza

Velázquez Rodríguez vs Honduras, 29 luglio 1988, in particolare punto 182

e ss. (cfr. www.corteidh.or.cr/cf/jurisprudencia2/ficha_tecnica.cfm?lang=es&nId_Ficha

=189).

60 P. T

CAPITOLO II

È in questo contesto che va letta e scomposta nei suoi elementi la definizione offerta dalla Declaración sobre el femicidio del Comitato di esperti in tema di violenza istituito per monitorare l’implementazione della Convenzione di Belém do Pará (CEVI). Vi si afferma, infatti, che il femicidio è

la muerte violenta de mujeres por razones de género, ya sea que tenga lugar dentro de la familia, unidad doméstica o en cualquier otra relación interpersonal; en la comunidad, por parte de cualquier persona, o que sea perpetrada o tolerada por el Estado y sus agentes, por acción u omi- sión61.

Come appena accennato, le istituzioni statali non sono chiamate in causa solo in negativo quando tollerano la violenza sulle donne, ma anche in positivo, in virtù dell’obbligo di garantire la piena vigenza dei diritti umani per tutti coloro che vivono sul territorio, adottando leggi o altri strumenti per promuoverli.

Per questa ragione ci sono Autrici che adottano una concezione assai ampia di femminicidio includendovi condotte che non possono essere imputate a un soggetto determinato e non sono sorrette dall’elemento soggettivo normalmente richiesto dai reati contro la vita. Così, se Diana Russell, come detto, esclude che le morti per cancro all’utero possano considerarsi femicide, per Ana Carcedo62, invece, possono esserlo in quanto si tratta di una malattia che colpisce solo le donne e, proprio per questo, vi sono diversi Paesi che rifiutano di destinare anche minime risorse dei loro sistemi sanitari per adottare misure di monitoraggio e prevenzione che altrove sono ormai prassi. Ed effettivamente, se è vero che si tratta di eventi estranei al diritto penale, è altrettanto vero che queste situazioni sì potrebbero costituire violazioni dei diritti umani e

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OMITATO DI ESPERTI IN VIOLENZA DEL MECCANISMO DI CONTROLLO DELL’IMPLE- MENTAZIONE DELLA CONVENZIONE DI BELÉM DO PARÁ (CEVI), Declaración sobre Fe-

micidio, 15 agosto 2008, OEA/Ser.L/II.7.10 MESECVI/CEVI/DEC. 1/08 (www.oas.org /es/mesecvi/docs/DeclaracionFemicidio-ES.pdf).

62 A. C

ARCEDO, No olvidamos, cit., 4. Femicidio è «toda muerte derivada de la su- bordinación femenina» e include altresì i suicidi determinati da contesti di violenza o di discriminazione, le morti per denutrizione selettiva, o la carenza selettiva di cure medi- che, specialmente per quel che concerne gravidanze, parti e aborti.

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

61 portare uno Stato al riconoscimento della propria responsabilità inter- nazionale innanzi alle corti competenti63.

La maggioranza delle Autrici in ogni caso è concorde sul fatto che, come propone la definizione del CEVI, per avere femminicidio, si deve trattare di una morte violenta.

Quanto alla scelta tra il lemma femicidio e feminicidio la forma pre- ferita dalle Autrici è sovente giustificata da ragioni lessicali e solo nel secondo caso l’aggiunta della sillaba ni servirebbe per sottolineare la differenza con femicide ed introdurvi altri elementi.

Nel 2014 la Real Academia de la Lengua Española ha incluso il vo- cabolo all’interno della XXIII edizione del suo dizionario, preferendo la versione feminicidio, proposta dal linguista messicano Carlos Monte- mayor64 e mettendo così il sigillo dell’autorità su una discussione aperta da più di un decennio.

Già da diversi anni l’antropologa Julia Monárrez insisteva linguisti- camente per la correttezza dell’espressione feminicidio, giungendo al- l’estremo di rifiutare l’uso di homicidio per riferirsi all’uccisione di donne. Nell’etimologia di omicidio v’è infatti il riferimento alla morte dell’uomo (e non della donna), dimostrando così ancora il carattere an- drocentrico del linguaggio. La Monárrez propone asesinato come voce neutra, anche se dal punto di vista tecnico-penalistico si tratta di una proposta non praticabile poiché con quella parola, in molti Paesi lati- noamericani, si indica l’omicidio aggravato65.

La riconosciuta Autrice del termine feminicidio è, tuttavia, l’antro- pologa e politica messicana Marcela Lagarde, che conia il concetto nel momento in cui non ritiene femicidio una traduzione adeguata di femi-

cide. Infatti, scrive Lagarde:

63 Dello stesso avviso anche: P. T

OLEDO, op. cit., 112.

64 La definizione è «asesinato de una mujer por razón de su sexo». Cfr. G. A

TENCIO,

Lo que no se nombra no existe, in ID. (a cura di), Feminicidio. El asesinato de mujeres

por ser mujeres, Madrid, 2015, 21.

65 J.E. M

ONÁRREZ FRAGOSO, Las diversas representaciones del feminicidio y los

asesinatos de mujeres en Ciudad Juárez - 1993/2005, in AA.VV., Sistema socioeconó-

mico y geo-referencial sobre la violencia de género en Ciudad Juárez, Chihuahua. Propuestas para su prevenciòn, eminicidio, justicia y derecho, vol. II, México D.F.,

CAPITOLO II

en castellano femicidio es una voz homologa a homicidio y solo signifi- ca asesinato de mujeres. Nuestras autoras definen al femicidio como crimen de odio contra las mujeres, como el conjunto de formas de vio- lencia que, en ocasiones, concluyen en asesinatos e incluso en suicidios de mujeres. Identifico algo más para que crímenes de este tipo se ex- tiendan en el tiempo: es la inexistencia del Estado de derecho, bajo la cual se reproducen la violencia sin límite y los asesinatos sin castigo, la impunidad. Por eso, para diferenciar los términos, preferí la voz femini-

cidio […]66.

Si tratta di una concettualizzazione che guarda in special modo al di- ritto internazionale dei diritti umani ed enfatizza la responsabilità stata- le. Non è un caso che il passaggio citato appartenga agli atti della Com- missione speciale incaricata di studiare il fenomeno, istituita dal parla- mento messicano e presieduta dalla stessa Lagarde.

L’altro aspetto che rende peculiare la concettualizzazione di Lagarde è l’inclusione al suo interno di forme di violenza che non provocano necessariamente la morte della vittima. Come si vedrà in dettaglio nella parte dedicata al diritto comparato la Ley general de acceso de las

mujeres a una vida libre de violencia, approvata nel 2007 a seguito del

fondamentale impulso della Lagarde, statuisce che:

Por violencia feminicida se entiende la forma extrema de violencia de género contra niñas y mujeres que de manera sistemática lesiona los de- rechos humanos de estas en el ámbito público y privado, cuya escala puede llegar al homicidio.

L’inclusione di ambedue questi aspetti – l’impunità dei responsabili e la violenza non assassina – è stata oggetto di critiche. Per quanto ri- guarda la violenza che non provoca la morte immediata, la critica ri- guarda il rischio di una possibile sovrapposizione con il generale con- cetto di violenza contro le donne, dal quale deriverebbe una certa con- fusione. Quanto, poi, al problema dell’impunità dei rei, a sollevare per- plessità è proprio la Russell secondo la quale l’inclusione di quest’ele-

66 M. L

AGARDE, El feminicidio, delito contra la humanidad, in AA.VV., Feminici-

dio, justicia y derecho, CEFRM, Cámara de Diputados del H. Congreso de la Unión -

LIX Legislatura México, 2005, 155 (http://archivos.diputados.gob.mx/Comisiones/

LE ORIGINI TEORICHE DEL DIBATTITO SULLA VIOLENZA ASSASSINA CONTRO LE DONNE

63 mento nella definizione impedirebbe di comprendere fra i femminicidi i crimini in cui i responsabili sono individuati e puniti, cosa che avviene, fortunatamente, in moltissimi casi67.

Non sono mancate le Autrici che hanno rintracciato tra i vari concet- ti, non una incompatibilità, ma al contrario una complementarietà. Ana Carcedo, individuando nell’impunità l’elemento differenziatore, sostie- ne che il femicidio possa essere il concetto più ampio, in cui ricadono gli omicidi che costituiscono una forma estrema di violenza contro le donne. Dovrebbero chiamarsi, invece, feminicidios quei casi in cui, inoltre, lo Stato non faccia fronte al suo obbligo di garantire i diritti del- le donne68.

A far propria la lettura di Carcedo, anche nella sentenza del caso

Campo Algodonero (dove pure non è usata questa terminologia) sareb-

be possibile individuare due piani: quello nazionale tramite la penaliz- zazione del femicidio – come atto di persone concrete che utilizzano questa forma estrema di violenza – e, a livello internazionale, il femini-

cidio, come crimine dello Stato che viola l’obbligo di garantire sicurez-

za e giustizia alle donne69.

Malgrado si tratti di una lettura condivisibile, e a mio giudizio l’uni- ca che tenga conto della specificità regionale senza mettere in discus- sione il bisogno di una terminologia unica a livello globale, essa non ha avuto grande eco nella dottrina.

Nella prassi, infatti, in ogni Paese dell’America Latina ha prevalso ed è stato adottato nel linguaggio comune l’uno o l’altro termine. L’op- zione risulta ora rafforzata da disposizioni penali che per la scelta della rubrica si sono disinteressate dell’etimologia, basandosi semplicemente sulla parola più comunemente utilizzata e sancendone conseguentemen- te la consacrazione, con il sigillo dato dal voto parlamentare.

67 D.E. R

USSELL, “Femicide”. The Power of a Name, cit.

68 A. C

ARCEDO, No olvidamos, cit., 481-484.

69 Che l’impunità sia di stimolo al perpetuarsi delle violazioni dei diritti umani e sia

allo stesso tempo causa e conseguenza dei crimini è un concetto che la Corte Interame- ricana non ha espresso solo nella sentenza Campo Algodonero, ma in diverse altre pro- nunce; per esempio: Corte Interamericana per i Diritti umani, Sentenza Anzualdo Ca-

stro vs Perú, 22 settembre 2009; Corte Interamericana per i Diritti umani, Sentenza Garibaldi vs Brasil, 23 settembre 2009.

CAPITOLO II

Non sono infrequenti, come si vedrà, i casi in cui norme molto simili sono rubricate vuoi femicidio, vuoi feminicidio.