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La giurisprudenza sovrannazionale

L’analisi delle fonti internazionali sin qui condotta sarebbe incom- pleta senza un riferimento, pur in forma sinottica, alla giurisprudenza delle corti sovrannazionali, recuperando e sistematizzando gli accenni offerti in alcuni punti di questo capitolo e del precedente.

La Corte penale internazionale ha ripreso e sviluppato importanti passaggi della giurisprudenza tanto del Tribunale ad hoc per la ex- Yugoslavia85, così come del Tribunale ad hoc per il Ruanda86, ma non mi soffermerò su di essi poiché il tema della violenza contro le donne all’interno dei conflitti armati esula dai temi oggetto di questo studio87.

La giurisprudenza di riferimento è perciò quella della Corte Intera- mericana per i diritti dell’uomo e della Corte Europea di Strasburgo.

Quanto alla prima, malgrado già in precedenza la Corte di San José si fosse occupata di casi di violenza di genere88, è la sentenza del 2009 sul caso c.d. Campo Algodonero a portare il femminicidio al centro del dibattito giuridico. Il passaggio della pronuncia in cui si dà riconosci- mento al termine è il seguente:

85 Sentenza 16 novembre 1998, n. IT-96-21-T, Zejnil Delalić et al. (Čelebići); Sen-

tenza 10 dicembre 1998, n. IT-95-17/1-T, Anto Furundžija; Sentenza 22 febbraio 2001, n. IT-96-23-T e IT-96-23/1-T, Kunarac (Foča).

86 Sentenza 2 settembre 1998, n. ICTR-96-4-T, Akayesu; Sentenza 15 maggio 2003,

n. ICTR-97-20-T, Semanza; Sentenza 28 aprile 2005, n. ICTR-95-1B-T, Muhimana.

87 Per tutti: R. M

ANJOO,C. MCRAITH, Gender-based violence and justice in conflict

and post-conflict areas, in Cornell International Law Journal, 44, 1, 2011, 11.

88 Ad esempio, in materia di violenza sessuale, stupro come strumento di tortura e

trattamenti degradanti, nonché come conferma della possibilità di vedere riconosciuti in giudizio i diritti sanciti dall’art. 7 della Convenzione di Belém, si veda la Sentenza CIDH, 25 novembre 2006, caso Penal Miguel Castro Castro vs Perù, relativa a un caso di violenza estrema e deliberata nei confronti di un grande gruppo di detenute e detenuti per reati politici avvenuto nel 1992. Cfr. CEJIL (a cura di), Sumarios de Jurispruden-

IL RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

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143. En el presente caso, la Corte […] utilizará la expresión “homicidio de mujer por razones de género”, también conocido como feminicidio. 144. Para efectos de este caso, la Corte considera que, teniendo en cuenta la prueba y argumentación sobre prueba obrante en el expedien- te, no es necesario ni posible pronunciarse de manera definitiva sobre cuáles homicidios de mujeres en Ciudad Juárez constituyen homicidios de mujeres por razones de género, más allá de los homicidios de las tres víctimas del presente caso. Por esta razón, se referirá a los casos de Ciudad Juárez como homicidios de mujeres, aunque entienda que algu- nos o muchos de éstos puedan haber sido cometidos por razones de gé- nero y que la mayoría han ocurrido dentro de un contexto de violencia contra la mujer.

145. En cuanto a las muertes producidas en el presente caso, la Corte analizará en secciones posteriores, conforme a la prueba aportada por las partes, si constituyen homicidios de mujeres por razones de género.

Nel prosieguo della sentenza la Corte non solo riconosce che la mor- te delle tre giovani donne costituisce un femminicidio, stigmatizzando la terribile situazione di violenza sofferta dalle donne di Ciudad Juárez in forma discriminatoria rispetto agli uomini, ma motiva ampiamente la sua scelta di attribuire allo stato messicano una responsabilità nel- l’evento. Per quanto concerne la discriminazione, al fine di dare concre- tezza al concetto, propongo come citazione il passaggio in cui la Corte dà credito ad alcune testimonianze:

202. De otra parte, el testimonio de la señora Delgadillo Pérez, respecto al desempeño de las autoridades en el presente caso, indica que “[s]e determina[ba] la responsabilidad o no de la víctima, de acuerdo al rol social que a juicio del investigador tenía en la sociedad. Esto quiere de- cir que si la mujer asesinada le gustaba divertirse, salir a bailar, tenía amigos y una vida social, es considerada en parte, como responsable por lo que sucedió”. Según la testigo “[e]n ese entonces la autoridad es- tigmatizaba a las víctimas de desaparición por el hecho de ser mujeres”, siendo el pretexto que “andaban con el novio” o “andaban de locas”, “[s]e llegó también a culpar a las madres por permitir que sus hijas an- duvieran solas o que salieran por la noche”

203. La Corte resalta que el testimonio de la señora Delgadillo Pérez, así como las declaraciones de las madres y familiares de las víctimas, concuerdan con el contexto descrito por diversas instancias nacionales e internacionales, en el cual funcionarios y autoridades “minimizaban el problema” y denotaban “ausencia de interés y vocación por atender y remediar una problemática social grave”.

CAPITOLO III

In riferimento alla responsabilità statale è decisivo il punto 388, nel quale la Corte:

acepta el reconocimiento de responsabilidad por las irregularidades co- metidas en la primera etapa de las investigaciones [quella relativa alla

mancata ricerca delle ragazze rapite, cui fa riferimento la citazione precedente n.d.r.]. Sin embargo, el Tribunal ha constatado que en la se-

gunda etapa de las mismas no se han subsanado totalmente dichas fa- lencias. Las irregularidades en el manejo de evidencias, la alegada fa- bricación de culpables, el retraso en las investigaciones, la falta de lí- neas de investigación que tengan en cuenta el contexto de violencia contra la mujer en el que se desenvolvieron las ejecuciones de las tres víctimas y la inexistencia de investigaciones contra funcionarios públi- cos por su supuesta negligencia grave, vulneran el derecho de acceso a la justicia, a una protección judicial eficaz y el derecho de los familiares y de la sociedad a conocer la verdad de lo ocurrido. Además, denota un incumplimiento estatal de garantizar, a través de una investigación seria y adecuada, los derechos a la vida, integridad personal y libertad perso- nal de las tres víctimas89.

L’argomentazione principale della Corte si chiude con la considera- zione – esposta chiaramente nei paragrafi precedenti di questo capitolo – della violenza come forma di discriminazione e della conseguente violazione istituzionalizzata dell’obbligo di non discriminare in base al genere assunto dallo Stato messicano. Sono argomenti che la Corte di San José raccoglie direttamente dalla giurisprudenza della CEDU, citata

89 Il passo si chiude così: «Todo ello permite concluir que en el presente caso existe

impunidad y que las medidas de derecho interno adoptadas han sido insuficientes para enfrentar las graves violaciones de derechos humanos ocurridas. El Estado no demostró haber adoptado normas o implementado las medidas necesarias, conforme al artículo 2 de la Convención Americana y al artículo 7.c de la Convención Belém do Pará, que permitieran a las autoridades ofrecer una investigación con debida diligencia. Esta in- eficacia judicial frente a casos individuales de violencia contra las mujeres propicia un ambiente de impunidad que facilita y promueve la repetición de los hechos de violencia en general y envía un mensaje según el cual la violencia contra las mujeres puede ser tolerada y aceptada como parte del diario vivir».

In riferimento alla due diligence nelle indagini delle autorità statali relative a casi di violenza di genere, nella giurisprudenza della medesima corte si vedano anche le sen- tenze: Rosedo Cantú et al. vs Messico, 31 agosto 2010; Fernández Ortega vs Messico, 25 novembre 2010 e Masacre de las Dos Erres vs Guatemala, 24 novembre 2009.

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109 nel punto 396 in merito al caso Opuz vs Turchia, deciso soltanto pochi mesi prima.

La Corte di Strasburgo, invero, si era già pronunciata su una vicenda di violenza assassina contro le donne, con conseguente violazione del- l’art. 2 della Convenzione, nel caso Branko Tomašić. I giudici, in quella circostanza, condannarono le autorità della Croazia per non aver adotta- to tutte le misure precauzionali necessarie ad impedire ad un individuo dalla ridotta capacità di intendere e di volere e a rischio di recidiva, come documentato da perizie mediche specialistiche, di uccidere la compagna e la figlia, già minacciate in precedenza di morte90.

Con un notevole irrobustimento delle tutele rispetto alla propria giu- risprudenza degli anni ’70 e ’8091, la CEDU non solo ha ora posto in capo agli Stati l’onere di adottare una legislazione che funga da deter- rente alla commissione di reati e che consenta la punizione dei colpevo- li di atti criminosi, ma si è spinta ad esigere l’adozione di misure opera- tive precauzionali. Certo, non viene imposta agli Stati una prestazione impossibile e sproporzionata, ma questi sono tenuti a tutelare la vita degli individui rientranti nella propria giurisdizione qualora siano (o dovrebbero essere) a conoscenza dell’esistenza di un pericolo per la vita di un individuo a causa delle azioni di un terzo.

Si tratta di concetti successivamente ripresi e ribaditi dalla più nota e già citata sentenza Opuz92, che si distingue dal caso croato per un’effe- ratezza della condotta assassina ancora più evidente nonché per il trat- tamento discriminatorio che, in ragione del sesso, hanno subito da parte delle autorità nazionali tanto la ricorrente come la vittima. Come nel caso croato, la vicenda riguardò un caso di violenza domestica com- messa da un uomo ai danni della ex compagna, poi uccisa, e della fi- glia. Nell’assumere la loro decisione i giudici individuarono, in capo allo Stato, la violazione dell’obbligo di proteggere le donne dalla vio- lenza domestica che discenderebbe dal diritto delle donne a una uguale protezione legale rispetto agli uomini.

Malgrado l’atteggiamento passivo da parte delle autorità turche non fosse intenzionale, il fatto che la violenza domestica colpisca maggior-

90 Sentenza CEDU, 15 gennaio 2009, caso Branko Tomašić vs Croazia. 91 Cfr. supra nt. 46.

CAPITOLO III

mente le donne ha permesso alla Corte di concludere che la violenza sofferta dall’attrice e da sua madre poteva considerarsi violenza basata sul genere, che costituirebbe una forma di discriminazione contro le donne93. Per affermarlo, i giudici applicarono il principio in base al quale una volta dimostrato che una regola produce degli effetti differen- ti su donne e uomini, tocca allo Stato dar prova che ciò dipende da fat- tori oggettivi non connessi con una discriminazione.

La violenza domestica, sofferta dalle donne, anche quando veniva denunciata non veniva presa in considerazione dalla polizia e conside- rata una questione “familiare”, non di propria competenza94.

La recente decisione della Corte di Strasburgo sul caso Talpis vs Ita-

lia non presenta elementi di particolare innovatività rispetto alle pro-

nunce già citate. Essa, tuttavia, è rilevante in quanto certifica come an- che il nostro Paese offra alle donne vittime di violenza un livello di pro- tezione della vita e dell’integrità fisica assolutamente inadeguato rispet- to agli standard internazionali95.

Oltre alle violazioni degli articoli 2 e 3 della Convenzione, i giudici di Strasburgo hanno riconosciuto la presenza di una discriminazione di genere ai sensi dell’art. 14. Le istituzioni italiane non sono state con- dannate in virtù di una mera svista o ritardo nello svolgimento del pro- cedimento diretto alla tutela dei soggetti lesi, bensì a fronte di una reite- rata tolleranza nei riguardi di fatti che riflettono un’attitudine discrimi- natoria verso la vittima in quanto donna. Sulla falsariga della sentenza

Opuz, nel caso Talpis la Corte ha ritenuto che, sottostimando, con la

93 Cfr. i capoversi della sentenza nr. 180, 191 e 200. In dottrina segnalo: R.A. A

LIJA FERNÁNDEZ, La violencia doméstica contra las mujeres y el desarrollo de los estánda-

res normativos de derechos humanos en el marco del Consejo de Europa, in Revista General de Derecho Europeo, 24, 2011, 1-49.

94 Appena un anno prima, la stessa corte di Strasburgo aveva condannato la Bulga-

ria censurando l’atteggiamento delle autorità demandate ad indagare un caso di violen- za domestica, che esse avevano trascurato considerandolo una specie di “affare priva- to”. Cfr. sentenza CEDU, 12 giugno 2008, caso Bevacqua vs Bulgaria.

95 Sentenza CEDU, Sez. I, 2 marzo 2017, caso Talpis vs Italia, annotata da

M.F. CUCCHIARA, Violenza domestica e inerzia delle autorità: la Corte EDU condanna

l’Italia, in www.giurisprudenzapenale.com, 2017 e da R. CASIRAGHI, La Corte di Stra-

sburgo condanna l’Italia per la mancata tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, in www.penalecontemporaneo.it, 2017.

IL RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

111 loro inerzia, la gravità delle violenze subite dalla ricorrente, le autorità nazionali le abbiano di fatto approvate. Come sottolineato da Casiraghi,

Per di più la Corte di Strasburgo non manca di sottolineare, al di là del- l’episodio singolo, la gravità del problema delle violenze domestiche in Italia e la discriminazione che le donne subiscono a tal riguardo, come risulta da una serie di rapporti stilati da organismi sia nazionali che in- ternazionali96.

Tutto ciò dimostra come il riconoscimento della violenza assassina contro le donne non sia un percorso soltanto politico, giocato in diritto unicamente sul piano delle Convenzioni e delle Dichiarazioni.

Esso si dimostra, invece, un tema giuridico a tutto tondo che è entra- to a pieno titolo non solo nella giurisprudenza dei tribunali nazionali, come si vedrà nei prossimi capitoli, ma anche in quello delle corti so- vrannazionali. Le loro pronunce hanno segnato delle tappe importanti e imprescindibili97 nel tortuoso e lungo cammino che porta alla realizza- zione nella prassi dell’uguaglianza di genere e continueranno a farlo nel prossimo futuro.

96 R. C

ASIRAGHI, op. cit.

97 Ribadisco che quella qui offerta è una personale e limitata selezione di un insie-

me assai vasto, che ho filtrato sulla base della tutela del diritto alla vita (sulla violenza di genere non letale, si veda per esempio la più recente: Sentenza CEDU, 26 marzo 2013, caso Valiuliene vs Lituania con nota di: C. PARODI, La Corte di Strasburgo alle

prese con la repressione penale della violenza sulle donne, in www.penalecontempora neo.it, 2013) e del foro (limitandomi alle Corti di Strasburgo e San José ho escluso, ad

esempio, le interessanti pronunce del Comitato CEDAW in sede para giurisdizionale, assunte in base al protocollo addizionale. Fra tutte, segnalo la Decisione del 16 luglio 2014 sul caso Angela González Carreño vs Spagna, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento dell’attrice nei confronti dello Stato in un caso in cui le autorità giudiziarie nazionali avevano permesso che la figlia minore della ricorrente vedesse il padre senza la presenza dei servizi sociali, malgrado questi avesse mostrato segni di squilibrio. Nel corso di una di queste visite l’uomo aveva ucciso la figlia e si era tolto la vita. Cfr. J.F. LOUSADA AROCHENA, El caso González Carreño contra España, in Aequali-

CAPITOLO IV

IL REATO DI FEMMINICIDIO.

ANALISI DOGMATICA E GIURISPRUDENZIALE

DEI PRINCIPALI MODELLI VIGENTI