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Il centro sociale di via Ambrogi a Cecina. Osservazioni a margine di un'esperienza

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Academic year: 2021

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Il Centro sociale di Via Ambrogi

a Cecina

Osservazioni

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Sommario

1. INTRODUZIONE ... 4

2. GENESI, PROGETTAZIONE E SVILUPPO DELL'ESPERIENZA ... 6

2.1 La genesi del progetto ... 6

2.2 Le modalità di progettazione ... 13

3. ANALISI DEL PROGETTO SOTTO IL PROFILO DEI CONTENUTI ... 16

3.1 Il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi ... 17

3.1.1 Il progetto Sedi Associazioni: descrizione e contesto ... 17

3.1.2 Il progetto Spazio Eventi: descrizione e contesto ... 18

3.1.3 Il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi: gli obiettivi e l’oggetto .... 18

3.2 I progetti di solidarietà: il Market Solidale e la Mensa ... 22

3.2.1 Il Market Solidale e la Mensa: finalità e definizioni. ... 22

3.2.1.1 La dimensione economica della povertà ... 22

La povertà assoluta (o la povertà come mancanza) ... 22

La povertà relativa (o la povertà come deprivazione) ... 24

Il rischio di povertà ed esclusione sociale... 25

3.2.1.2 La dimensione soggettiva della povertà ... 30

3.1.2.3 La povertà a più dimensioni ... 30

3.2.2 Il Market Solidale e la Mensa: analisi del contesto ... 33

3.2.3 Il Market Solidale e la Mensa: descrizione ed obiettivi ... 45

3.2.4 Opportunità e criticità: a) il Market solidale ... 51

3.2.5 Opportunità e criticità: b) la Mensa Solidale ... 56

4. ANALISI DEL PROGETTO SOTTO IL PROFILO DELLE STRATEGIE... 58

4.1 Il ruolo e le interazioni delle istituzioni pubbliche e del Terzo Settore ... 58

Cenni storici ... 58

Il sistema toscano ... 66

La situazione in concreto ... 71

4.2 La questione dei criteri di accesso ... 73

4.3 Il mondo delle associazioni ... 76

4.3.1 Il mondo delle associazioni: a) la sfida di una sinergia positiva ... 76

4.3.2 Il mondo delle associazioni: b) la formazione dei volontari ... 78

4.4 I soggetti esclusi dalla progettazione ... 79

4.4.1 a) I beneficiari dei Progetti Market e Mensa Solidale ... 80

4.4.2 b) Gli abitanti del quartiere... 82

4.4.3 c) Gli operatori professionali ... 84

5. CONCLUSIONI ... 86

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6. ALLEGATI ... 93

RIFERIMENTI ... 98

Indice delle figure ... 105

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1. INTRODUZIONE

Lo studio nasce dall'osservazione di un'esperienza pratica: la progettazione di un centro polivalente, comprensiva della definizione delle modalità di gestione (anche economica) della struttura stessa e dei servizi di mensa sociale e market solidale cui essa è destinata.

Il diretto coinvolgimento nella stesura del progetto, su delega di una delle associazioni partecipanti, ha infatti consentito a chi scrive di godere di un punto di osservazione privilegiato (anche a scapito di una maggiore obiettività che sarebbe stata auspicabile).

È sorta così l’occasione per una riflessione sul ruolo e sulle interazioni dei diversi soggetti coinvolti e, più in generale, sul rapporto che nel caso in esame si è instaurato tra enti locali ed attori della società civile per iniziativa delle istituzioni (Comune di Cecina), cercando di analizzare sotto quali profili si fossero manifestati i problemi di funzionamento di tale rapporto (asimmetria dei soggetti, difficoltà di integrazione fra soggetti istituzionali e non, adozione parziale di meccanismi partecipativi).

Inoltre, poiché parte del progetto mirava alla realizzazione di due servizi (il Market Solidale e la Mensa) finalizzati al contrasto della povertà, non si è potuto evitare una breve analisi delle diverse definizioni del concetto di povertà, per motivare anche quegli aspetti relazionali e multidimensionali della risposta che si andava progettando, a fronte di un bisogno espresso invece essenzialmente in termini materiali.

Pertanto, anziché procedere da uno schema teorico di riferimento per poi scendere nell’analisi del caso concreto, si è scelto al contrario di esporre lo svolgersi cronologico dell’esperienza ed i suoi contenuti, per cogliere in essa - con metodo quasi induttivo - gli aspetti di maggior interesse ai fini del presente lavoro, salvo poi effettuare dei brevi approfondimenti teorici, laddove ritenuto necessario.

Così facendo, l’esperienza descritta - in mancanza di una compiuta ed effettiva realizzazione di quanto progettato - è stata sottoposta ad una sorta di verifica a posteriori.

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accadimenti che hanno portato all’ideazione del progetto e si esaminano le modalità di progettazione, ritenendole già di per sé assai significative per comprendere l’origine delle difficoltà osservate.

Nel capitolo 3 vengono descritti l’intervento progettato ed il contesto demografico ed economico nel quale esso si colloca e si entra nel dettaglio dei singoli progetti, esaminandone opportunità e criticità. Trattandosi di un progetto principalmente finalizzato al contrasto della povertà, analizzando i contenuti dell’intervento progettato sono emersi, a più riprese e sotto diversi profili, gli aspetti necessariamente relazionali e multidimensionali della risposta da dare ad un bisogno espresso invece essenzialmente in termini materiali.

Nel capitolo 4 si analizza il progetto sotto il profilo soggettivo, ovvero il ruolo delle istituzioni (Comune e Società della Salute), del Terzo Settore, dei beneficiari dei progetti e la relazione venutasi a creare fra pubblico e privato sociale.

Il capitolo 5 contiene le conclusioni che si è potuto trarre, nonostante la battuta di arresto subita dalla fase di attuazione del Progetto.

Si è così rilevato che le potenzialità dell’intervento progettato - evidenziate sia dal contenuto del progetto, sia dalle modalità di progettazione adottate – non sono state in larga parte colte e che la disponibilità di risorse (rappresentate dall’immobile, dai volontari delle diverse associazioni, dai saperi dei diversi soggetti della partnership, dal contributo economico del Comune) non è stata sufficiente al raggiungimento del risultato atteso,

Il capitolo 6 riporta, sotto il nome di allegati, parte del materiale utilizzato nella fase di progettazione.

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2. GENESI, PROGETTAZIONE E SVILUPPO DELL'ESPERIENZA

2.1 La genesi del progetto

Storicamente, nel territorio del Comune di Cecina e dei Comuni limitrofi, le situazioni di povertà e di disagio dei nuclei familiari e degli adulti in genere sono state sostenute da associazioni di volontariato e parrocchie, mediante prestazioni integrative di quelle erogate dai servizi pubblici.

Al fine di apprezzare quantitativamente la natura residuale dell'intervento pubblico, si tenga presente che, su una popolazione all'epoca di poco più di 80.000 residenti, in riferimento all'anno 2005 la Società della Salute (ovvero la struttura destinata, nel sistema toscano, a realizzare a livello territoriale l’integrazione socio-sanitaria) nel proprio Piano Integrato di Salute1 tracciava il seguente quadro.

DETERMINANTE DI SALUTE F FATTORI ECONOMICI

Interventi per il superamento dell'indigenza e del disagio socio-economico:

Assistenza economica ordinaria a carattere continuativo: n. 33 interventi

Assistenza economica straordinaria a carattere temporaneo: n. 11 interventi

Assistenza economica straordinaria: n. 39 interventi U.T. Interventi economici in buoni alimentari: n. 53

Contributi per integrazione canone di locazione: n. 136 Interventi economici per indigenti di passaggio: n. 11 Interventi economici con anticipazione di cassa: n. 37

Dunque, le necessità primarie immediate (cibo e vestiario) delle persone in difficoltà economica sono state, negli anni, quasi integralmente supportate e soddisfatte dall'intervento di associazioni ed enti, mentre ai

1 Piano Integrato di Salute Società della Salute della Zona Bassa Val di Cecina 2009

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servizi sociali sono stati riservato interventi più articolati e spesso protratti nel tempo, quali ad esempio il sostegno delle persone, più spesso di intere famiglie, sotto diversi profili (es. inserimento lavorativo, messa a disposizione di abitazioni a canone agevolato, contributi per il pagamento dei canoni, affido familiare a tempo parziale, integrazione scolastica e prevenzione della dispersione, mediazione culturale, consultorio familiare ecc.) finalizzati non tanto alla soddisfazione di un bisogno immediato, quanto piuttosto ad una uscita dalla situazione di disagio.

A partire dall'anno 2008 la crisi economica ha inciso fortemente su tale situazione, determinando la necessità di un maggiore intervento pubblico2 e causando un mutamento dell'intervento attuato da associazioni di volontariato e parrocchie, tanto sotto il profilo quantitativo, quanto sotto il quello soggettivo3.

Difatti, mentre in passato i soggetti assistiti erano essenzialmente stranieri, persone senza dimora o comunque in situazioni di grave marginalità, l'impatto della crisi economica, con le sue ripercussioni

2 Nella Relazione sulla gestione allegata al bilancio di esercizio 2011 della Società della Salute Bassa Val di Cecina, sotto la voce “Azioni di contrasto alla povertà” si legge: “Nell’anno 2011 è aumentata l’entità dei contributi economici (anno 2010 € 151408, anno 2011 € 177242, ma è diminuito il numero degli interventi (214 nel 2010, 191 nel 2011). I contributi sono stati prevalentemente una tantum o periodici, solo 4 i contributi continuativi (mensili). Le convenzioni con le associazioni di volontariato, nonostante la diminuzione di circa 3500 € nel 2011, hanno garantito alla popolazione in stato di bisogno distribuzione di pasti, di pacchi viveri, di generi di prima necessità, e la possibilità della mensa”.

Nell'anno 2012 la Società della Salute rendiconta una spesa complessiva di € 138.804,00 (di cui € 91.286,32 per contributi economici erogati a nuclei familiari in condizioni di disagio economico, € 12.517,68 per convenzioni con Associazioni di volontariato per raccolta e fornitura di vestiario e generi alimentari a favore della popolazione in stato di bisogno e € 35.000,00 per contributi per l’emergenza abitativa per i cittadini residenti nei Comuni di Cecina, Rosignano M.mo e Castagneto Carducci) (Fonte: Relazione sulla gestione allegata al bilancio di esercizio 2012 della Società della Salute Bassa val di Cecina).

Nell'anno 2013 per la medesima voce di spesa la Società della Salute rendiconta una spesa complessiva di € 213.610,34 (di cui € 203.759,00 per contributi economici erogati a nuclei familiari in condizioni di disagio economico e per l’emergenza abitativa e € 9.851,34 per convenzioni con Associazioni di volontariato) (Fonte: Consuntivo 2013 Società della Salute Bassa Val di Cecina)

3 Nel 2011 la sola Caritas parrocchiale della parrocchia dei SS. Giuseppe e Leopoldo di Cecina ha distribuito 634 pacchi alimentari a 129 nuclei familiari (di cui 74 di nazionalità italiana) per un totale di 354 persone assistite, di cui 117 italiani. Fra le persone assistite si contavano 99 minori, 143 persone di età 19-65 anni e 112 ultra 65enni (Fonte: Resoconto attività Caritas parrocchiale anno 2011)

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negative in termini di occupazione, ha determinato un ampliamento della platea dei soggetti e dei bisogni.

Così, sempre più spesso a ricercare aiuto per l'acquisto di generi alimentari (ma anche e soprattutto per fronteggiare il rischio di esclusione abitativa) sono stati nuclei familiari cd. a basso rischio, messi in difficoltà dalla perdita di occupazione di uno o più dei loro componenti o esposti a rischio di povertà intermittente, per di più colti alla sprovvista dalla rapidità dell'insorgenza delle difficoltà economiche e dall'estraneità alla loro precedente condizione di vita e pertanto anche poco disponibili a riconoscere di trovarsi a vivere una situazione di disagio.

L'aumento4 (in termini sia quantitativi che qualitativi) delle situazioni di bisogno e la diminuzione delle risorse disponibili ha indotto le associazioni di volontariato a richiedere alle istituzioni un sostegno economico per lo svolgimento delle loro attività, rivendicando la rilevanza del ruolo da esse svolto nel sostegno alle situazioni di povertà.

Da parte loro le istituzioni, che comunque avevano visto ridursi grandemente il loro potere di spesa in ambito sociale,5 hanno focalizzato la loro attenzione sulla necessità di interfacciarsi in maniera sempre più organica con le realtà associative, anche nell'ambito dell'assistenza nelle situazioni di povertà, sia per cercare di razionalizzare e rendere più efficace l'intervento, sia per progettare un intervento di sostegno in ottica anche preventiva.

Evidentemente, il permanere (e l’aggravarsi) nel tempo della necessità di attuare interventi di supporto minimi, quali gli aiuti alimentari, è indicativa a livello locale dell’inefficienza delle politiche sociali nazionali

4 Nel 2012, su un numero complessivo di 156.195 famiglie della Provincia di Livorno, circa 10.000 famiglie si trovavano in una situazione di povertà relativa, circa 1.000 famiglie erano sottoposte a sfratto esecutivo e 2.800 erano in difficoltà con il pagamento del canone di locazione (“Rapporto Sociale 2013 Analisi della situazione sociale nella provincia di Livorno”, a cura della Provincia di Livorno, Ufficio Qualità Sociale, Pari Opportunità e Sport - Osservatorio per le Politiche Sociali in http://www.provincia.livorno.it/altri/qualita-sociale/osservatorio-politiche-sociali/rapporto-sociale/)

5 Il Piano Annuale 2015 della Società della Salute, così come modificato a luglio con la Deliberazione dell'Assemblea dei soci n. 5 del 08.07.2015, destina alle azioni di contrasto alla povertà € 86.297,61, di cui di cui € 71.297,61 per contributi economici erogati a nuclei familiari in condizioni di disagio economico e € 15.000,00 per convenzioni con Associazioni di volontariato

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(caratterizzate da una spesa fortemente sbilanciata verso il sistema previdenziale e sanitario), in termini di redistribuzione del reddito e di riduzione delle disuguaglianze economiche, di reddito e di ricchezza.

Il Comune di Cecina, all’esito di un’ampia opera di lottizzazione che ha portato all’edificazione di un intero nuovo quartiere di Cecina, nel 2006 è divenuto proprietario di un immobile di circa 200 mq. - edificato dai lottizzanti a scomputo di parte degli oneri di urbanizzazione - ideato inizialmente come “Centro Polivalente per iniziative culturali e ricreative”.

Per anni, sia prima che dopo la cessione all’Amministrazione comunale, l’immobile è rimasto vuoto ed inutilizzato in attesa che ne fossero definite le modalità di utilizzo e di gestione.6

L' Amministrazione comunale ha nel tempo affermato di voler destinare il Centro a sede di associazioni locali, attività formative e di solidarietà e in quest’ottica si è mossa nei vari incontri con le realtà locali, che ha cercato fin dall’inizio di coinvolgere nel progetto.

L’attuale Giunta comunale, in continuità con quella precedente,7 ha inteso destinare l'immobile a progetti di solidarietà e volontariato, 8

6 Il Tirreno, cronaca di Cecina, 27.11.2009 così titolava: “Il centro polivalente fantasma. Doveva aprire i battenti nei primi mesi del 2007, ma la struttura sorta per ospitare il tanto atteso centro polivalente nel quartiere Cecina nuova è ancora inutilizzata. Deserto il grande spazio al piano terreno, come anche le stanze di piccole dimensioni al primo piano”

7 Su Il Tirreno, cronaca di Cecina, 12.10.2012 si legge infatti: “Apre il centro di via Ambrogi. Diventerà una mensa sociale, incontro con le associazioni. A sei anni dalla sua costruzione il centro di via Ambrogi potrebbe essere aperto. È stato realizzato nel 2006 con la lottizzazione del quartiere Cecina nuova, ma è passato nelle mani dell’amministrazione solo da un paio d’anni. Colpa di alcune difformità rispetto al progetto definitivo a carico degli appaltatori. In sei anni è rimasto inutilizzato: 200 metri quadri di vuoto. Oggi la soluzione sembra più vicina. Ad agosto è passata una delibera d’indirizzo, mentre mercoledì il sindaco Stefano Benedetti e l’assessore al sociale Lia Burgalassi hanno incontrato le associazioni di volontariato per definire un progetto d’utilizzo. «Il centro ospiterà una mensa sociale – dice Benedetti – abbiamo voluto riunire gli operatori del sociale per vagliare la loro disponibilità. Aprire “La casa della solidarietà” in questo momento è una sfida per tutti».

8 La Nazione, 10.01.2014; Delibera Giunta Comunale n. 168 del 22.11.2013. Le finalità dell’Amministrazione Comunale sono esplicitate anche nell’intervento del Sindaco nel corso del dibattito C.C. n° 503/28.02.2014 sulla interrogazione riguardo al Centro Polivalente Via Ambrogi: “…su questo centro, su questo edificio di Via Ambrogi si è lavorato molto. Anche lì ritornando a quello che dicevamo prima, ci siamo ritrovati a passare 5 anni non facili, all’inizio della legislatura il centro non era ancora pronto, c’erano ancora alcuni lavori da completare o

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individuando nella Società della Salute della Bassa Val di Cecina il soggetto più idoneo alla gestione, in quanto istituzionalmente deputato alla cura della salute e del benessere della popolazione.

La Società della Salute si è così trovata con la disponibilità di un immobile di proprietà comunale, il cui utilizzo era già stato più o meno identificato/vincolato dall’Ente proprietario ed ha posto come condizioni per la “presa in carico” dell’edificio la sua conformità alla normativa (edilizia, di sicurezza, ecc.) ed idoneità allo scopo, nonché la presentazione di un progetto per la gestione e l’utilizzo della struttura stessa da parte di soggetti del Terzo Settore.

Si è dunque attivata con i medesimi soggetti per una verifica della situazione, constatando che, a livello di Zona,9 su un totale di 39.321 nuclei

comunque, da avere tutti i certificati di collaudo, di regolarità e tutto quanto. Poi da quel momento abbiamo iniziato a lavorare, per cercare, in qualche modo, di aprire il Centro, diciamo confermando anche un po’ ostinatamente insomma, ecco, la destinazione d’uso che gli era stata data e avevamo voluto originariamente quando il Centro nacque. Fra l’altro io ho seguito, fra l’altro questa è una cosa che ho seguito personalmente nella mia storia di amministratore, come Assessore all’urbanistica, insomma, vorremo inserire all’interno di un Piano di lottizzazione la realizzazione di questo Centro, con l’obiettivo di dare un servizio in più destinato alle Associazioni di volontariato e quindi, all’aiuto a chi si trova in situazioni di disagio, all’associazionismo, alla socializzazione. Ecco, questo era l’obiettivo nel quale è nato il Centro”

9 la Società della Salute della Zona Bassa Val di Cecina si è costituita nell'ottobre 2004 come Consorzio tra i Comuni associati della Bassa Val di Cecina (Bibbona, Casale M.mo, Castagneto C.cci, Castellina M.ma, Cecina, Guardistallo, Montescudaio, Riparbella, Rosignano M.mo, Santa Luce) e l'Azienda ASL6 di Livorno (alla quale compete fin dagli anni 80 la gestione dei Servizi Sociali delegata dai comuni in forma associata).

A tale proposito si rammenta che il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59” in G.U. n. 92 del 21.04.1998), regolamentando il conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni e agli Enti Locali nei settori dello sviluppo economico ed attività produttive, del territorio, ambiente ed infrastrutture e dei servizi alla persona ed alla comunità, ha attribuito ai Comuni (anche in forma associata, come poi enunciato dall'art. 19 L. 8 novembre 2000 n. 328, rubricato “Piani di Zona”) la titolarità delle funzioni amministrative riguardanti i servizi sociali (art. 131 “i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali, nonché i compiti di progettazione e di realizzazione della rete dei servizi sociali, anche con il concorso delle province”), laddove “per "servizi sociali si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle

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familiari, oltre 600 di questi venivano sostenuti, spesso in maniera continuativa, con la cessione di generi alimentari, vestiario, piccole integrazioni al reddito (es. pagamento di utenze), ricerca di soluzioni abitative.10

Nel frattempo, il Comune (nella persona dell'Assessore alla qualità della vita) ha incontrato a più riprese le diverse associazioni di volontariato cecinesi, per coinvolgerle nella progettazione (e successiva realizzazione) di un’unica struttura, all’interno della quale almeno a livello cittadino potesse essere svolto in maniera uniforme il servizio di distribuzione degli alimenti.

Vista però la difficoltà di far convergere le associazioni di volontariato su un unico progetto, nei confronti del quale le istituzioni pubbliche nutrivano comunque un forte interesse, è stato affidato ad un comitato ristretto di 4/5 persone l'incarico di redigere una bozza di regolamento per il funzionamento del Centro.11

assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia” (art. 128 D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112, richiamato dall’art. 1 comma 2 L. 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”).

L’art. 35 Legge Regione Toscana 24.02.2005 n. 41 (in Bollettino Ufficiale Regione Toscana n. 19 del 07.03.2005) – in conformità a quanto già previsto dalla legislazione precedente - prevede appunto che la gestione di interventi o servizi sociali possa essere delegata dai Comuni alle Aziende Sanitarie Locali, mediante apposita convenzione. Il successivo art. 36 L.R. 24.02.2005 n. 41 introduce inoltre nel sistema le Società della Salute, considerate come “forme innovative di gestione unitaria dei servizi sociali e sanitari ... basate su modalità organizzative e di governo integrate tra comuni e aziende unità sanitarie locali”.

10 Tabella di riscontro delle attività delle associazioni di volontariato al 12.02.2015, allegato 1

11Il Tirreno, cronaca di Cecina, 03.02.2015: “Centro di via Ambrogi, apertura a primavera. La gestione affidata al volontariato, nasce un comitato. «Abbiamo avviato un percorso con le associazioni di volontariato sociale per mettere a punto un comitato che si occupi della gestione della struttura – afferma l’assessore Giovanni Salvini.

Sono una trentina le realtà coinvolte e impegnate nella redazione di una bozza di regolamento». Il complesso, inaugurato nel 2006, non è mai entrato in funzione. Da alcuni giorni sono iniziati i lavori per completare l’adeguamento degli spazi interni, sulla scorta del progetto già approvato nel 2013 per una spesa nell’ordine dei 174.000 euro. Per alcune realtà il Centro di via Ambrogi sarà anche la sede sociale. Le associazioni troveranno spazio al primo piano della struttura. «Avranno a disposizione delle stanze che dovranno essere utilizzate in modo condiviso – spiega Salvini. Il Centro sarà anche un luogo per la formazione e attività di tipo culturale». Tra i lavori in corso la realizzazione dello spazio mensa. «Qui arriveranno i venti pasti che con il nuovo appalto della mensa scolastica la Società

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Redatta la bozza di regolamento (anzi le bozze di tre regolamenti, quello del Market solidale, quello della Mensa solidale e quello della parte adibita a sede di associazioni e dello Spazio Eventi), questa veniva sottoposta all'attenzione del Direttore della Società della Salute, il quale chiedeva che venisse redatta una bozza di progetto complessivo.12

Intanto la Società della Salute deliberava la presentazione del progetto “La rete alimentare”, prevedendo come “linea progettuale di intervento una rete tra le locali associazioni di volontariato...mediante strutture capaci di fornire servizi di mensa giornaliera, distribuzione di pasti a domicilio, raccolta e fornitura di pacchi viveri...”.13

Nelle more della progettazione, sopravveniva la necessità di destinare l'immobile a sede della biblioteca comunale14 ed il passaggio alla fase attuativa del progetto subiva un ulteriore differimento.

Allo stato attuale, vi sarebbe la possibilità di iniziare a dare realizzazione al Progetto Market Solidale e al progetto Mensa Solidale, dal momento che la Biblioteca Comunale ha lasciato liberi gli spazi destinati a tali progetti.

Tuttavia, l’incognita sulla gestione dell’intera struttura, una volta che la Biblioteca, sarà tornata nella sua sede non consente per il momento neppure di iniziare a dare parziale attuazione al Progetto, con grande disappunto in primis delle associazioni che in esso avevano creduto, investendo tempo ed energie nella progettazione.

si è impegnata a fornire all’amministrazione comunale, saranno sporzionati e distribuiti alle persone indigenti seguite dai servizi sociali». Al piano terra, invece, in un angolo della maxi sala, prenderà forma un market sociale. «Stiamo studiando le procedure in modo da chiarire i compiti, i modelli a cui ci stiamo ispirando sono quelli di Prato e Pisa». In pratica, spazi attrezzati come un supermercato riservato però all’assistenza delle persone indigenti, munite di tessera a punti per “acquistare” generi alimentari e vestiario. E sugli scaffali i prodotti donati gratuitamente attraverso realtà come il Banco Alimentare, collette, donazioni private e progetti per il recupero dello spreco dalla grande distribuzione”.

12Il Tirreno, cronaca di Cecina, 26.05.2015

13Deliberazione della Giunta esecutiva Società della Salute della Bassa val di Cecina n. 2 del 29.05.2015

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13 2.2 Le modalità di progettazione

Come si è detto, l'Amministrazione comunale e la Società della Salute hanno insistentemente chiesto ai soggetti del Terzo Settore15 presenti nel territorio di rendersi protagonisti della fase di progettazione delle iniziative da svolgere nel Centro, identificate sostanzialmente in un potenziamento degli interventi già esistenti.16

Le istituzioni, in primo luogo il Comune, si sono dunque riservate un ruolo propulsivo e di stimolo. Esse hanno infatti inteso promuovere un processo di tipo inclusivo ed a questo scopo hanno sollecitato l’incontro fra le associazioni, proposto la costruzione di un sistema uniforme di gestione delle risorse ed hanno suggerito la realizzazione di un unico centro di raccolta e distribuzione.

Al tempo stesso le istituzioni pubbliche hanno svolto anche un ruolo direttivo, indirizzando l'elaborazione del progetto verso quelle soluzioni – tecniche e “politiche” - più congeniali alla struttura pubblica.

Il lavoro di progettazione si è dunque svolto con la gradualità resa necessaria dall'esigenza di contemperare le diverse idee ed aspirazioni di più associazioni, vincendo nel contempo i particolarismi e le reciproche diffidenze, dal momento che il gruppo di lavoro era composto da realtà

15 L’ art. 11 L.R. 24.02.2005 n. 41 individua nei Comuni i soggetti “titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti la realizzazione della rete locale degli interventi e servizi sociali, nonché della gestione e dell'erogazione dei medesimi”. La medesima Legge Regionale pone il Terzo Settore, al quale riconosce la rilevanza sociale dell’attività svolta ed il diritto di partecipare alla progettazione, attuazione ed erogazione degli interventi e dei servizi del sistema integrato fra i soggetti sociali, accanto alle famiglie ed alle associazioni familiari. Essa così definisce il Terzo Settore e ne disciplina la partecipazione ai processi di programmazione, attuazione ed erogazione (art. 17, comma 2, L.R. 24.02.2005 n. 41): “Ai fini della presente legge si considerano soggetti del terzo settore:

a) le organizzazioni di volontariato;

b) le associazioni e gli enti di promozione sociale; c) le cooperative sociali;

d) le fondazioni;

e) gli enti di patronato;

f) gli enti ausiliari di cui alla legge regionale 11 agosto 1993, n. 54

g) gli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese

h) gli altri soggetti privati non a scopo di lucro.”

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associative (Auser Cecina, Società di Pubblica Assistenza di Cecina, Eccomi–gruppo famiglie parrocchia Palazzaccio), diverse fra loro per consistenza numerica, organizzazione ed ispirazione.

In un primo momento si è pertanto condiviso uno schema generale, per individuare le diverse questioni da regolamentare.

Raggiunta un'intesa di massima sul lavoro da affrontare e sui principi di fondo ai quali si intendeva fare riferimento, si è scesi nel dettaglio, cercando di ipotizzare modalità di gestione ed utilizzazione del Centro che ne consentissero l’autosufficienza economica, ma anche un uso veramente aperto allo sviluppo della socialità, della solidarietà, della cittadinanza.

Sono state dunque redatte tre bozze di regolamenti (per le sedi e lo spazio eventi, per il Market Solidale e per la Mensa) condivise dal gruppo di lavoro con l'Amministrazione comunale.

Già in questa prima fase di lavoro venivano individuate alcune non trascurabili criticità, parte delle quali inerenti il contenuto stesso del progetto (la difficoltà di previsione dei costi di gestione della struttura e delle possibilità di autofinanziamento della stessa e la mancanza di un soggetto che, fin dall'inizio, si dichiarasse disponibile ad assumere il ruolo di capofila del progetto e si candidasse quale gestore della struttura) ed altre inerenti invece le modalità di lavoro e di interazione pubblico-privato (una insufficiente esplicitazione delle aspettative dell'Amministrazione comunale, l'assenza di confronto e condivisione fra tutti i soggetti interessati e con la Società della Salute circa le finalità del progetto e le modalità operative dello stesso).

Questo è il motivo per cui nei regolamenti sono state definite a grandi linee le modalità operative e di funzionamento della struttura o del servizio, ma al tempo stesso lasciati in sospeso le modalità ed i requisiti per l'accesso al servizio ed i referenti istituzionali dello stesso.

È opportuno evidenziare che, nei confronti dell’Amministrazione comunale, la richiesta di chiarimenti ed informazioni per giungere a definire le questioni ancora aperte, ovvero quelle più propriamente “politiche” (il servizio è rivolto ai residenti nel Comune? O anche in Comuni limitrofi? o nella Zona della Bassa Val di Cecina? A chiunque lo chieda? a persone inviate dai Servizi? Come viene rilasciata la tessera magnetica? In base a

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quali criteri sono assegnati i “punti”, ovvero il credito di spesa? In caso di scarsità delle risorse, vi sono criteri di priorità per il soddisfacimento della domanda? Quali?), è rimasta, in occasione di diversi incontri, priva di risposte.

Ciò è stato abbastanza indicativo delle intenzioni dell’Amministrazione comunale: da un lato risolvere l’annosa vicenda della mancata apertura del Centro, spesso oggetto di promesse elettorali e accesi dibattiti in Consiglio comunale,17 dall’altro offrire una risposta istituzionale ad una domanda di sostegno economico mediante l’utilizzo di risorse delle realtà associative già operanti nel settore ed in modo da poter costantemente monitorare la situazione.

Il coinvolgimento della Società della Salute ha consentito di iniziare a definire le questioni di cui sopra, individuando nell’intera Zona della Bassa Val di Cecina il bacino di utenza delle struttura (andando anche oltre le intenzioni dell’Amministrazione comunale, che aveva ipotizzato un utilizzo della struttura limitato al territorio comunale), nei soggetti inviati dai Servizi i fruitori, nella unificazione delle banche dati delle associazioni (previa acquisizione del consenso degli interessati) un possibile strumento di lavoro, che consentisse di iniziare a coordinare l’operato delle associazioni, razionalizzando nel contempo l’allocazione delle risorse.

17 cfr. Consiglio Comunale N° 503/28.02.2014 Dibattito Delibera C.C. n° 4 ad oggetto: Interrogazione Centro Polivalente Via Ambrogi

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3. ANALISI DEL PROGETTO SOTTO IL PROFILO DEI

CONTENUTI

Il progetto del Centro sociale polivalente di Via Ambrogi ha come obiettivo quello di consentire l'apertura del Centro ed il suo utilizzo per finalità sociali, come luogo di concreto esercizio della solidarietà e di formazione e promozione del benessere dei cittadini.

Il presupposto fondamentale del Progetto è che la struttura – conforme alle normative urbanistiche e di sicurezza ed adeguata allo svolgimento delle attività stesse del Progetto - sia gestita da un soggetto (cd. soggetto gestore), che si ponga come referente della gestione, anche economica, del centro nei confronti delle istituzioni.

Il Centro dunque si configura come un contenitore di più progetti, assai differenti quanto a finalità e caratteristiche, ma di fatto collegati.

Difatti nell’ambito del progetto del Centro si collocano: • il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi

• il progetto Market Solidale • il progetto Mensa

Il fatto che i diversi progetti sopra elencati siano destinati a svolgersi all’interno dello stesso immobile non costituisce l’unico elemento di connessione – oggettivo – fra di essi, dal momento che, almeno nelle intenzioni degli estensori del Progetto, fra i progetti dovrebbero esservi anche altri aspetti di collegamento, rappresentati dai soggetti coinvolti e dalle finalità stesse del progetto.

Si è infatti ipotizzato di riuscire ad estendere il coinvolgimento nei progetti Market solidale e Mensa solidale anche ad altre associazioni del territorio (in particolare a quelle interessate all’utilizzo della struttura); questo non tanto al fine di reperire risorse umane (cioè operatori volontari) ulteriori rispetto a quelle già impiegate nelle associazioni che operano nel campo degli aiuti alimentari, ma piuttosto per favorire una maggiore consapevolezza e condivisione della problematica, per far sì che essa sia

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avvertita come una questione di rilievo politico e sociale di tutto il territorio e non solo di alcune associazioni.

È interessante però notare come il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi sia stato pensato – oltre che come risposta ad un’esigenza delle associazioni del territorio – anche come possibile fonte di finanziamento della gestione dell’intera struttura e, indirettamente, anche degli altri due progetti.

Di seguito si esaminano le finalità e le caratteristiche di ciascuno di essi, con particolare attenzione a quelli di maggiore interesse ai fini del presente studio

3.1 Il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi

3.1.1 Il progetto Sedi Associazioni: descrizione e contesto

A Cecina sono presenti circa 200 associazioni (sportive, culturali e di volontariato), comprese quelle non iscritte all'albo comunale delle associazioni. Vi sono inoltre numerosi gruppi di cittadini associati in maniera informale, per promuovere iniziative di tipo culturale.

Alcune associazioni sono da anni alla ricerca di uno spazio da destinare a sede, mentre altre, pur avendo una sede, desiderano comunque porsi in relazione con altri gruppi e/o associazioni, per fare rete e collaborare alla realizzazione di singoli eventi.

Il progetto Sedi Associazioni prevede semplicemente l’assegnazione di alcune stanze del centro alle associazioni che ne facciano richiesta, per l’utilizzo, non esclusivo ma condiviso, come sede e/o segreteria, con possibilità di utilizzare inoltre una sala riunioni ed un una o più sale (cd. Spazio Eventi).

Costituiscono motivi di preferenza nell’assegnazione degli spazi l’iscrizione all'albo comunale delle associazioni e, fra più associazioni iscritte all'albo comunale delle associazioni, gli scopi dell’associazione (nell’ordine associazioni di volontariato o di promozione sociale, associazioni culturali e associazioni sportive).

A fronte dell’utilizzo delle stanze, della sala riunioni e dello Spazio Eventi è prevista una partecipazione alle spese di gestione della struttura

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(manutenzione, pulizia e utenze) in misura proporzionale all'utilizzo che ciascuna associazione fa di essa.

Tenendo presente la difficoltà di conciliare la presenza (e la diffidenza, si spera solo iniziale) di diverse associazioni, si è previsto che ogni 6 mesi (e comunque ogni volta che gliene faccia richiesta almeno il 50% delle associazioni) il Soggetto gestore presenti il rendiconto delle entrate e delle uscite, senza alcuna formalità, anche in forma scritta, alle associazioni, al fine di consentire loro di valutare l'andamento della gestione economica del Centro.

È prevista inoltre la costituzione di un Comitato di Valutazione (composto da cinque persone, di cui una designata dal Soggetto gestore e quattro designate dalle associazioni assegnatarie delle sedi) con lo scopo di verificare l'efficacia dell'organizzazione del centro, anche allo scopo di proporre modifiche e/o integrazioni del regolamento di utilizzo e/o esaminare proposte di modifica provenienti dalle associazioni.

3.1.2 Il progetto Spazio Eventi: descrizione e contesto

Il progetto Spazio Eventi prevede l’utilizzo da parte delle associazioni e, in secondo luogo, dei singoli e delle famiglie, del salone posto al piano terreno del Centro di Via Ambrogi per realizzare momenti di aggregazione, di confronto, di formazione e culturali rivolti agli associati ed alla cittadinanza.

Anche in questo caso è previsto che gli utilizzatori dello Spazio Eventi partecipino alle spese di gestione del Centro di Via Ambrogi (manutenzione, pulizia e utenze) in misura proporzionale all'utilizzo che essi fanno del salone.

3.1.3 Il progetto Sedi Associazioni e Spazio Eventi: gli obiettivi e l’oggetto

Il progetto ha come obiettivi la gestione della struttura, favorendone un utilizzo sociale, la messa a disposizione delle associazioni cecinesi di spazi per sedi, eventi ed attività (educative, culturali, di aggregazione, confronto, formazione) rivolte agli associati ed alla cittadinanza, la realizzazione di una “Casa delle Associazioni” (per incentivare il confronto delle idee e la

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collaborazione fra associazioni diverse), la (quasi) autonomia finanziaria della struttura ed il contributo di essa al finanziamento delle iniziative di solidarietà.

In considerazione di queste finalità il progetto è stato pertanto promosso dai soggetti istituzionali come strumento per la promozione del benessere in senso ampio e della qualità della vita della intera popolazione.

In concreto esso prevede l’affidamento dell’intera struttura18 ad un soggetto privato a titolo di comodato gratuito.19

Tale soggetto privato (da individuarsi fra le associazioni di volontariato) assume le funzioni di “soggetto gestore”, ovvero è responsabile della manutenzione ordinaria, dell’apertura e chiusura del Centro (dal lunedì al sabato dalle 8,00 alle 18,00), della riscossione delle quote di partecipazione alle spese, della gestione delle prenotazioni della sala riunioni e dello Spazio Eventi, del pagamento delle utenze, della rendicontazione della gestione.

18 l’immobile è così costituito: un ampio salone (di metratura variabile, essendo dotato di pareti mobili) e tre stanze (di cui una da adibire a mensa e l’altra a market) al piano terra; cinque stanze piuttosto piccole da adibire a sedi condivise di più associazioni, una sala riunioni, due stanze destinate al soggetto gestore, al piano primo

19Si è ritenuto che la stipula di un contratto di comodato gratuito con fissazione di un termine finale consentisse ad entrambi i soggetti, pubblico e privato, di essere sufficientemente tutelati, soprattutto riguardo al rispetto delle finalità del Centro, alla durata del contratto ed alla ripartizione delle spese di ordinaria e straordinaria manutenzione.

Al tempo stesso la cessione (temporanea) a titolo gratuito di un bene pubblico non contrasterebbe comunque con il principio generale di redditività del bene pubblico che, in presenza di certe condizioni, ben può essere escluso ove venga perseguito un interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello che viene perseguito mediante lo sfruttamento economico dei beni (Deliberazione 716/2012/PAR Corte dei Conti in http://www.corteconti.it). E ciò in linea col principio di massima valorizzazione funzionale dei beni attribuiti al patrimonio dell’ente locale, a vantaggio diretto o indiretto della collettività, di cui all’art. 2, comma 4, del Decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (in G.U. n.134 del 11.06.2010 “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42”; l’art. 2, comma 4 dispone “…L'ente territoriale, a seguito del trasferimento, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della medesima collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l'informazione della collettività circa il processo di valorizzazione, anche tramite divulgazione sul proprio sito internet istituzionale. Ciascun ente può indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.”

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Le quote di partecipazione alle spese proposte nel progetto, poste a carico degli utilizzatori del Centro, sono state definite in modo da essere comunque sostenibili per le associazioni, pur consentendo al Centro di raggiungere in breve tempo la propria autonomia finanziaria 20 e di mantenerla nel tempo.

L’obbligo di rendicontazione economica e la previsione di un Comitato di Valutazione di cui si è detto in precedenza dovrebbero assolvere alla necessità di garantire una gestione quanto più partecipata del Centro, consentendo così il superamento della diffidenza delle singole associazioni nei confronti del cd. soggetto gestore, cioè dell’associazione capofila che si assumerà la gestione del Centro.

Questa diffidenza, emersa sia nelle riunioni preparatorie che in quelle per la stesura dei Progetti, è da considerarsi in un certo senso fisiologica.

Occorre infatti considerare che, come si è detto, il progetto non nasce da una spontanea aggregazione di realtà locali, bensì è stato promosso e voluto dai soggetti istituzionali, che hanno scelto le associazioni da interpellare, fra tutte quelle esistenti sul territorio, sulla base di due criteri alternativi: lo svolgimento di un’attività simile a quella oggetto di parte del progetto o la loro necessità di trovare una sede.

Dunque alla base della riscontrata diffidenza si collocano l’eterogeneità dei soggetti e la mancanza di relazioni consolidate fra di loro (cioè fra le singole associazioni e fra di esse -o almeno alcune di esse - e le istituzioni) a fronte delle quali l’utilità immediata del progetto (acquisire spazi da destinare a sede dell’associazione e luoghi per eventi) è stata percepita – in una banale ed istintiva valutazione costi/benefici – come insufficiente a giustificare l’assunzione del rischio, sia economico che relazionale.

Da qui la necessità di uno sforzo organizzativo nel senso di favorire la convivenza e la collaborazione delle associazioni, mediante l’adozione di sovrastrutture e meccanismi (comitato di valutazione, obbligo di rendicontazione) che rappresentassero, oltre ad un appesantimento del progetto, anche un investimento di esso nel costruire relazionalità.

20 il Comune, per il primo anno, ha destinato la somma di € 10.000 a garanzia della copertura delle spese ipotizzabili per le utenze

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Nell’intenzione del comitato estensore dei progetti, il collegamento esplicito del Progetto Sedi e Spazio Eventi con i progetti Market Solidale e Mensa Solidale è rappresentato dall’invito alle associazioni fruitici della struttura “a prestare la propria opera volontaria, …, presso il Market Solidale” (art. 5 bozza regolamento sedi), dalla previsione che “in considerazione delle finalità sociali del Centro, chi vi accede è tenuto ad adottare un comportamento rispettoso dell’altrui dignità e di aperta e piena collaborazione con i volontari che vi prestano servizio” (art. 6 bozza regolamento sedi; cfr. art. 7 bozza regolamento spazio eventi), dalla prescrizione che le iniziative da svolgere nello Spazio Eventi ”non arrechino intralcio allo svolgimento delle iniziative sociali e di solidarietà (Market Solidale) alle quali è destinato il Centro stesso” (premessa bozza regolamento spazio eventi), dalla subordinazione della concessione dell’utilizzo del salone alla verifica di “compatibilità con lo svolgimento delle attività della Mensa e del Market Solidale”, dalla previsione di una partecipazione alle spese in misura inferiore per “associazioni e singole persone che svolgono servizio volontario presso la Mensa e/o il Market Solidale” (art. 3 bozza regolamento spazio eventi).

Non è certo sfuggito all’attenzione del comitato estensore della bozza dei regolamenti che il collegamento fra il progetto di utilizzo dello spazio del centro e gli altri due progetti di solidarietà è tanto esplicito quanto tenue, essendo affidato solo alla buona risposta delle Associazioni e dei singoli soci di esse ed alla capacità di attrattiva che il Market e la Mensa sapranno esercitare.

In questa fase iniziale, dunque, il collegamento di cui sopra non può rimanere che a livello di mera aspettativa, pur costituendo buona parte della scommessa rappresentata dal Progetto stesso, che intende costituire il Centro come luogo di collaborazione e di solidarietà e far uscire la questione della povertà a Cecina dall’ambito ristretto delle due o tre associazioni che già se ne occupano.

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3.2 I progetti di solidarietà: il Market Solidale e la Mensa 3.2.1 Il Market Solidale e la Mensa: finalità e definizioni.

I progetti Market Solidale e Mensa si collocano nell'ambito degli interventi volti a contrastare la povertà e l'esclusione sociale, che, insieme con l'occupazione, costituiscono i fattori socio-economici determinanti il contesto della salute, in senso ampio.

Da qui la necessità di approfondire il concetto di povertà, sia pure in maniera sintetica e necessariamente incompleta, tenuto conto della difficoltà di identificarla in maniera precisa, per la mutevolezza dei processi e dei fattori – individuali, societari ed economici - che concorrono a determinarla.

3.2.1.1 La dimensione economica della povertà

Un primo elemento conoscitivo è certamente costituito dalla misura del reddito disponibile o dei consumi delle famiglie, ma esso assume significato in riferimento al sistema socio-economico ed una più o meno marcata efficacia causale in relazione ai modi di organizzarsi della società.

Infatti è povero (o si considera tale) non solo chi non dispone dei mezzi per soddisfare le proprie necessità primarie, ma anche chi dispone dello stretto necessario per vivere o chi, pur avendo uno stipendio medio, deve privarsi di beni che le abitudini di consumo della nostra società non considera più voluttuari.

Dunque, in un'economia di mercato la disponibilità di risorse economiche, traducendosi in capacità di spesa per l'acquisto di beni e servizi essenziali, concorre a determinare il concetto di povertà in maniera preponderante ma non esclusiva, dovendosi considerare anche le risorse ed i meccanismi che attenuano la stretta logica di mercato e le sue dinamiche di discriminazione (es. solidarietà familiare, servizi pubblici, politiche di redistribuzione del reddito, istruzione e formazione).

La povertà assoluta (o la povertà come mancanza)

Il concetto di povertà assoluta descrive la mancanza assoluta di dotazione di risorse minime.

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Storicamente i primi studi sul fenomeno cercarono di individuare un criterio fisso da poter applicare, poi, a tutte le società e individuarono tale criterio nella insufficienza di risorse necessarie per sopravvivere.21

L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) considera assolutamente povera una famiglia, se essa sostiene una spesa mensile per consumi22 pari o inferiore alla soglia di povertà assoluta.

La soglia di povertà assoluta - il valore della quale varia in relazione alla dimensione e composizione per età della famiglia, alla ripartizione geografica ed alla dimensione del comune di residenza - rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi che nel contesto italiano sono considerati essenziali per una determinata famiglia per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.23

Il paniere (cd. paniere di povertà assoluta) è costituito da tre macro-componenti (alimentare, abitativa e residuale) 24 e viene aggiornato annualmente dall’ISTAT, tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo per ciascuna famiglia.

21 S. Rowentree, nel suo “Poverty: a study of town life”, dopo aver individuato un paniere di beni necessari per la salute e l’efficienza fisica, ne calcolò il valore monetario, fissando in tal modo una soglia, la cosiddetta “soglia della povertà”, e definendo povero chiunque disponesse di risorse al di sotto della stessa. Il concetto di povertà si identificava, dunque, con quello minimo di sussistenza.

22 Tra il 1997 e il 2013 la spesa familiare per consumi è stata rilevata dall’ISTAT attraverso l'Indagine sui consumi delle famiglie. Dal 2013 i comportamenti di spesa ed i movimenti turistici delle famiglie residenti in Italia vengono rilevati mediante l'Indagine sulle spese delle famiglie (tutte le spese sostenute dalle famiglie residenti per acquistare beni e servizi destinati al consumo familiare: generi alimentari, utenze, arredamenti, elettrodomestici, abbigliamento e calzature, medicinali e altri servizi sanitari, trasporti, comunicazioni, spettacoli, istruzione, vacanze, ecc.).

23 Ad esempio, secondo le stime ISTAT per l’anno 2014, un adulto (18-59 anni) che vive solo è considerato assolutamente povero se la sua spesa è inferiore o pari a 816,84 euro mensili nel caso risieda in un’area metropolitana del Nord, a 695,42 euro qualora viva in un piccolo comune centrale e a 584,73 euro se risiede in un grande comune meridionale; mentre invece è considerata assolutamente povera una famiglia composta da due adulti (18-59 anni) e due minori (4 -10 anni) se la sua spesa è inferiore o pari a 1.623,31 euro mensili nel caso risieda in un’area metropolitana del Nord, a 1.383,36 euro qualora viva in un piccolo comune centrale e a 1.231,90 euro se risiede in un grande comune meridionale (cfr. “Report 15 luglio 2015”, ISTAT)

24 Nella componente residuale viene incluso il minimo necessario per arredare e manutenere l’abitazione, vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi sul territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute

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La povertà relativa (o la povertà come deprivazione)

Ritenendo che non fosse possibile quantificare un’unica soglia di povertà valida indipendentemente dalle situazioni storico-sociali, si è giunti poi a definire la cd. “povertà relativa”.

Con questa locuzione si definisce dunque il fenomeno osservato rispetto al tenore di vita medio della popolazione o del gruppo sociale di riferimento e, in genere, rispetto a bisogni che vanno al di là della semplice sopravvivenza e, essendo dipendente dall’ambiente sociale, economico e culturale, è suscettibile di variazioni nel tempo e nello spazio.25

Essa viene calcolata dall'Istat adottando come variabile di analisi la spesa familiare, sulla base di una soglia convenzionale (cd. linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi.26

Tabella 1 - Linea di povertà relativa (media nazionale) per una famiglia di 2 componenti. Anni 2002-2014 (in euro) (Fonte: dati ISTAT)

Dunque, è definita povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore od uguale alla spesa media nazionale pro-capite. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene

25 Secondo Townsend persone, famiglie, gruppi di popolazione possono essere considerati poveri quando mancano di risorse per raggiungere quei tipi di alimentazione, partecipare a quelle attività ed avere quelle condizioni di vita e comodità che sono abituali o almeno largamente incoraggiati ed approvati nella società alle quali appartengono (cfr. Townsend, P., Poverty in United Kingdom. A Survey of Household Resources and Standards of Living, 1979: “Poverty can be defined objectively and applied consistently only in terms of the concept of relative deprivation. That is the theme of this book. The term is under-stood objectively rather than subjectively. Individuals, families and groups in the population can be said to be in poverty when they lack the resources to obtain the types of diet, participate in the activities and have the living conditions and amenities which are customary, or are at least widely encouraged or approved, in the societies to which they belong. Their resources are so seriously below those commanded by the average individual or family that they are, in effect, excluded from ordinary living patterns, customs and activities.”)

26 ISTAT, Report 15 luglio 2015: “La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese; nel 2014, è risultata di 1.041,91 euro (+1% rispetto al valore della soglia nel 2013, che era di 1.031,86 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere.”

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

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applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti.

Occorre però tenere presente che l'indicatore della povertà relativa è influenzato dall’aumento e dalla diminuzione delle differenze sociali, che possono non coincidere con un reale peggioramento o miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Invece la povertà relativa rimane la stessa se aumenta o diminuisce la ricchezza posseduta da tutti gli individui: l’aumento del benessere, infatti, sposta verso l’alto la soglia di ciò che viene percepito come essenziale e questo fa sì che una famiglia possa percepire la propria condizione come peggiorata non solo perché vede diminuire le risorse a propria disposizione ma anche perché sono aumentate quelle a disposizione degli altri, in mezzo ai quali vive e con i quali si confronta.

Rispetto alla dimensione economica della povertà, nei termini sopra esposti, è possibile osservare sia l'indice di incidenza della povertà relativa (ovvero il rapporto tra il numero di famiglie e persone in condizione di povertà e il numero complessivo di famiglie e persone residenti),

Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Toscana 10,1 6,2 8,4 7,9 10,7 6,5 7,1 7,8 7,2 8,1 9,1 6,5 5,1

Tabella 2 - Incidenza di povertà relativa. Anni 2002-2014 (in percentuale) (Fonte: dati ISTAT)

sia l'intensità della povertà, per comprendere di quanto, in termini percentuali, la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è inferiore al valore monetario del paniere di povertà assoluta.27

Il rischio di povertà ed esclusione sociale

Ancora in senso unidimensionale si colloca l'analisi effettuata dall’Unione Europea, la quale, ispirata in origine a principi liberisti, è gradualmente approdata ad un'idea di economia sociale di mercato, nella quale sono posti come obiettivi prioritari la piena occupazione, il progresso

27 ISTAT, Report 15 luglio 2015:” Nel 2014 l’intensità della povertà è risultata (a livello nazionale) pari al 22,1% e corrispondeva a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 811,31 euro mensili”

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sociale, l'integrazione, la protezione sociale, la solidarietà e la coesione sociale.28

28 Benché il Trattato di Roma (fatto a Roma il 25.03.1957, ratificato con Legge 14.10.1957, n. 1203, in G.U. 23.12.1957 n. 317) indicasse fra le finalità della Comunità Economica Europea anche “un elevato livello di occupazione e di protezione sociale” e “il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale”, le “Disposizioni sociali” (artt. 117-122) in esso contenute si limitavano ad auspicare un “miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera che consenta la loro parificazione nel progresso” (art. 117 Trattato di Roma) nella convinzione liberista che il funzionamento del mercato comune avrebbe di fatto consentito un miglioramento generalizzato delle condizioni sociali. Inoltre alle istituzioni comunitarie veniva riconosciuto il limitato compito di “promuovere una stretta collaborazione fra gli Stati membri” in tema di politiche sociali (art. 118 Trattato Roma).

La progressiva presa di coscienza dell'insufficienza delle logiche del mercato e della concorrenza ad assicurare il benessere dei cittadini europei, la crescente consapevolezza della disparità delle condizioni di vita negli Stati membri (consapevolezza che è andata aumentando con il progressivo allargamento dell’Unione Europea), la pressante domanda di intervento e di armonizzazione delle politiche sociali ha determinato un graduale cambiamento del ruolo delle istituzioni comunitarie e delle finalità stesse dell'Unione Europea.

Essa si è dunque ha finito con l’attribuirsi un ruolo attivo in ambito sociale (“combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore”, art 3 TUE), con il riconoscimento di “una competenza concorrente con quella degli Stati membri...nei principali seguenti settori: ….b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato” (art. 4 TFUE) ed un ruolo di coordinamento (eventuale) delle politiche occupazionali degli Stati membri e delle politiche sociali (art. 5 TFUE).

Ma l'attenzione europea alle politiche sociali emerge soprattutto dalla cd. clausola trasversale di cui all'art. 9 TFUE: “Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana.”

Il Titolo X “Politica Sociale” (artt. 151 – 161 TFUE) impegna pertanto l'Unione e gli Stati membri a promuovere “l'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione” (art. 151 TFUE), a facilitare il dialogo fra le parti sociali (art. 152 TFUE), a sostenere e completare “l'azione degli Stati membri nei seguenti settori: a) miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori; b) condizioni di lavoro; c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori; d) protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro; e) informazione e consultazione dei lavoratori; f) rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la cogestione, fatto salvo il paragrafo 5; g) condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio dell'Unione; h) integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, fatto salvo l'articolo 166; i) parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del

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L’Ufficio Statistico dell'Unione Europea (EUROSTAT), ritenendo il solo indicatore di povertà relativa insufficiente a rappresentare la situazione di esclusione sociale di un paese in maniera tale da garantirne la comparabilità internazionale, per le finalità dettate nell'ambito della strategia EU202029 ha individuato come indicatore statistico la percentuale di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale.30

Con tale espressione – riferita essenzialmente all'esclusione dal mercato del lavoro - EUROSTAT indica la percentuale di persone che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni:

lavoro ed il trattamento sul lavoro; j) lotta contro l'esclusione sociale; k) modernizzazione dei regimi di protezione sociale, fatto salvo il disposto della lettera c).”

La Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea (proclamata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione; ad essa l’art 6 del Trattato sull’Unione ha attribuito espressamente lo stesso valore giuridico dei trattati) infine riconosce ed afferma la dignità e la libertà della persona, il principio di uguaglianza e non discriminazione ed il godimento dei diritti politici e sociali (salute, contrattazione e sciopero, accesso ai servizi di collocamento, condizioni di lavoro eque e dignitose, divieto del lavoro minorile).”

29 Nel 2010 la Commissione Europea ha lanciato una strategia di crescita decennale (Europa 2020), ponendo cinque ambiziosi obiettivi – in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia – da raggiungere entro il 2020.

La strategia Europa 2020 (“EUROPA 2020, una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” Comunicazione della Commissione, Bruxelles, 3.3.2010 in http://eur-lex.europa.eu) pone tre priorità: crescita intelligente (sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione), crescita sostenibile (promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva), crescita inclusiva (promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale). Al fine di perseguire dette priorità, gli obiettivi da raggiungere entro il 2020 sono:

1. il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro; 2. il 3% del PIL dell'UE deve essere investito in ricerca e sviluppo;

3. riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le condizioni lo permettono) rispetto al 1990, 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili, aumento del 20% dell'efficienza energetica

4. il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato

5. 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà o esclusione sociale

30 ISTAT, Report 23.11.2015 Reddito e Condizioni di vita anno 2014, p. 1: “Nel 2014 si attesta al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale residenti in Italia, secondo la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020.”

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1) vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro

La bassa intensità di lavoro considera la percentuale di persone che vivono in famiglie la cui intensità di lavoro è inferiore a 0,20. L'intensità del lavoro è convenzionalmente definita come il rapporto fra il numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante l’anno di riferimento dei redditi (quello precedente all’anno di rilevazione) e il numero totale di mesi teoricamente disponibili per attività lavorative. Ai fini del calcolo di tale rapporto, si considerano i membri della famiglia di età compresa fra i 18 e i 59 anni, escludendo gli studenti nella fascia di età tra i 18 e i 24 anni. Le famiglie composte soltanto da minori, da studenti di età inferiore a 25 anni e da persone di 60 anni o più non vengono considerate nel calcolo dell'indicatore

2) vivono in famiglie a rischio di povertà31

Il rischio di povertà individua la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente (dopo i trasferimenti sociali) inferiore ad una soglia di rischio di povertà, fissata al 60% della mediana della distribuzione del reddito familiare disponibile equivalente nel paese di residenza

3) vivono in famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale

La grave deprivazione materiale è definita come una situazione di involontaria incapacità di sostenere spese per determinati beni o servizi e corrisponde alla percentuale di persone in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale su una lista di nove32.

31 “In merito a questo indicatore è interessante notare: “Per quanto sia indubbio l’effetto della crisi sulle condizioni di vita generali della popolazione, non è dato prevedere l’effetto sull’incidenza di povertà. La dinamica dell’incidenza della povertà nel breve periodo può essere influenzata infatti dai movimenti della soglia di povertà: in presenza di una recessione tale da ridurre significativamente il reddito mediano – che è il punto di riferimento rispetto al quale si costruisce la soglia di povertà nella metodologia UE – può anche accadere che le persone in condizione di povertà a ridosso della soglia escano dall’area della povertà, non perché sia migliorata la loro condizione, ma perché il loro reddito si è ridotto in proporzione minore rispetto al resto della popolazione (cosa peraltro non rara, agendo strumenti di protezione del reddito legati agli istituti di welfare nella coda bassa della distribuzione). Pertanto, non è scontato che l’incidenza della povertà in tempi di crisi aumenti, potendosi verificare viceversa una sua riduzione, per quanto paradossale possa apparire. È il contrario di quanto accade in paesi in rapida crescita economica, dove il miglioramento generale delle condizioni di vita potrebbe “nascondere” il miglioramento – assoluto, se non relativo – della situazione dei poveri” (“Povertà ed esclusione sociale. L’Italia nel contesto comunitario.” Anno 2012, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Quaderni della ricerca sociale 17)

32 Tuttavia: “In EU2020 si considera la grave deprivazione materiale (assenza di 4 su 9 sintomi di deprivazione), ma uno stato di deprivazione materiale può essere già osservato in una famiglia che presenta almeno 3 dei sintomi di

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