• Non ci sono risultati.

VULNERABILITA’ SISMICA DI EDIFICI SCOLASTICI NEL COMUNE DI ROSIGNANO MARITTIMO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "VULNERABILITA’ SISMICA DI EDIFICI SCOLASTICI NEL COMUNE DI ROSIGNANO MARITTIMO"

Copied!
206
0
0

Testo completo

(1)

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile e delle

Costruzioni Civili

TESI DI LAUREA

VULNERABILITA’ SISMICA DI EDIFICI

SCOLASTICI NEL COMUNE DI

ROSIGNANO MARITTIMO

RELATORI

Prof. Ing. Mauro Sassu

Prof. Ing. Linda Giresini

Ing. Mario Lucio Puppio

Ing. Martina Ferrini

Ing. Fabio Doveri

CANDIDATO

Francesco Ciappi

Matricola n. 533487

(2)

2

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio in primo luogo il Professor Mauro Sassu, la Professoressa Linda Giresini, e l’Ingegner Mario Lucio Puppio per avermi dato la possibilità di svolgere questo lavoro di tesi.

Ringrazio gli Ingegneri Fabio Doveri e Martina Ferrini per la guida che mi hanno fornito durante i mesi di studio e di lavoro che sono stati necessari alla redazione di questa tesi.

Ringrazio i miei genitori e la mia famiglia, che in questi anni mi hanno supportato al meglio, e dato la possibilità di raggiungere questo importante obiettivo.

Ringrazio la mia amica di sempre, i miei compagni di studio e tutti coloro che hanno dato un contributo o un aiuto nel mio percorso universitario.

(3)

3

CAPITOLO 1 ... 7

Aspetti generali sulle costruzioni in c.a. e in muratura e inquadramento normativo ... 7

1.1 Aspetti costruttivi delle strutture in cemento armato ... 7

1.2 Aspetti costruttivi delle strutture in muratura ... 8

1.2.1 Comportamento strutturale della muratura ... 11

CAPITOLO 2 ... 14

Modelli lineari e non lineari per l’analisi sismica di edifici in c.a e in muratura ... 14

2.1 Criteri generali di modellazione ... 14

2.2 Analisi statica lineare ... 15

2.2.1 Metodo POR ... 18

2.3 Analisi dinamica lineare ... 18

2.4 Analisi statica non lineare ... 19

2.4.1 Modelli a macro-elementi ... 23

2.4.2 Modelli agli elementi finiti ... 24

2.5 Analisi dinamica non lineare ... 25

2.6 Risposta alla variabilità spaziale del moto, alle diverse componenti dell’azione sismica . 25 CAPITOLO 3 ... 27

Casi studio ... 27

3.1 Descrizione generale delle opere ... 27

3.1.1 Scuola materna Modì ... 27

3.1.2 Scuola materna Bruno Ciari ... 29

3.1.3 Asilo nido Nghé... 31

3.2 Rilievo geometrico e strutturale ... 33

3.3 Progetto simulato Nghè ... 36

3.3.1 Normativa utilizzata ... 36

3.3.2 Primo progetto simulato: anno stimato di progettazione dal 1975 in avanti ... 37

3.3.3 Secondo progetto simulato: anno stimato di progettazione 1972-1975 ... 42

3.4 Caratterizzazione dei materiali ... 43

3.4.1 Muratura ... 43

3.4.2 Calcestruzzo armato ... 46

3.5 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza ... 46

3.6 Determinazione dei parametri meccanici dei materiali ... 51

CAPITOLO 4 ... 53

Analisi dei carichi ... 53

(4)

4 4.2 Carichi variabili ... 54 4.3 Carico vento ... 56 4.4 Carico neve ... 58 4.5 Azione sismica ... 61 CAPITOLO 5 ... 64

Analisi delle strutture in muratura ... 64

5.1 Modellazione con 3D-Macro ... 64

5.2 Analisi statiche... 75

5.2.1 Verifiche... 75

Verifica a pressoflessione nel piano ... 75

Verifica a pressoflessione fuori piano ... 76

Verifica a taglio (Criterio di Turnesek e Cacovic) ... 80

5.3 Analisi modale ... 87

5.4 Analisi pushover ... 89

5.4.1 Capacity dominium ... 142

5.4.2 Indice di Rischio ... 148

5.5 Analisi locali ... 148

5.5.1 Individuazione delle pareti oggetto di indagine ... 149

5.5.2 Determinazione del moltiplicatore orizzontale di attivazione del meccanismo . 151 5.5.3 Determinazione della curva di capacità... 153

5.5.4 Determinazione della curva di capacità dell’oscillatore equivalente ... 157

5.5.5 Verifica allo SLV ... 158

CAPITOLO 6 ... 161

Analisi della struttura in c.a. ... 161

6.1 Modellazione con SAP2000 ... 161

6.2 Analisi lineare dinamica ... 164

6.2.1 Verifiche... 170

Verifica a flessione ... 170

Verifica a taglio ... 170

6.3 Indice di rischio ... 179

CAPITOLO 7 ... 180

Consolidamento delle strutture ... 180

7.1 Consolidamento di edifici in muratura ... 180

7.2 Consolidamento di edifici in c.a. ... 196

(5)

5 CAPITOLO 8 ... 202 Conclusioni ... 202 BIBLIOGRAFIA ... 205

(6)

6

ALLEGATI

- Tavola di inquadramento fotografico scuola elementare Modì TAV.1

- Pianta della scuola elementare Modì TAV.2

- Prospetti della scuola elementare Modì TAV.3

- Tavola di inquadramento fotografico scuola elementare B.Ciari TAV.4

- Pianta della scuola elementare B.Ciari TAV.5

- Prospetti della scuola elementare B.Ciari TAV.6

- Tavola di inquadramento fotografico asilo nido Nghè TAV.7

- Pianta dell’asilo nido Nghè TAV.8

- Sezioni dell’asilo nido Nghè TAV.9

(7)

7

CAPITOLO 1

Aspetti generali sulle costruzioni in c.a. e in muratura e

inquadramento normativo

1.1 Aspetti costruttivi delle strutture in cemento armato

Il calcestruzzo armato è un materiale composito da costruzione oggi largamente utilizzato in Italia, dato dall’unione di due materiali costituenti: il calcestruzzo, economico e dotato di notevole resistenza a compressione e scarsa resistenza a trazione, e l’acciaio, più costoso e dotato di ottima resistenza a trazione. La sinergia tra due materiali così diversi fa si che il calcestruzzo sopporti principalmente sforzi di compressione, mentre l’acciaio, affogato nella sezione di calcestruzzo sotto forma di barre, collabora sopportando essenzialmente sforzi di trazione. La grande duttilità dell’acciaio attribuisce alle sezioni in calcestruzzo armato anche capacità dissipative fondamentali dal punto di vista sismico.

Coefficienti di dilatazione termica molto simili fanno si che la collaborazione tra i due materiali non risenta di autotensioni dovute a differenti dilatazioni in risposta alle variazioni di temperatura che l’elemento strutturale si trova a sopportare durante la sua vita.

La matrice o getto è ottenuta con impasto di inerti naturali od artificiali di forma tondeggiante con dimensioni selezionate (ghiaia, ghiaietto, sabbia), di cemento, di acqua e di eventuali additivi; la miscela, di consistenza pastosa, è confezionata con appositi mescolatori ed è posta in opera all’interno delle forme in legno od acciaio che delimitano la geometria della struttura e contengono gli elementi lineari in acciaio o barre di armatura. La possibilità di realizzare con tale semplice tecnologia elementi strutturali anche complessi ed ossature complete costituisce la principale prerogativa del calcestruzzo armato.

Il legame tensione/deformazione del materiale calcestruzzo armato dipende dai legami tensioni/deformazioni dei suoi materiali costituenti, che sono fortemente non lineari per il calcestruzzo, di tipo elastico/plastico per l’acciaio normale e di tipo elastico con incrudimento per l’acciaio presollecitato. Il comportamento strutturale è quindi complesso e dipende da molteplici fenomeni intrinsechi al materiale nonché, nell’insieme, dal tempo.

Il calcestruzzo armato ha avuto la prima, notevole diffusione in Italia a partire dal 1950-1960; in questi anni il numero di nuovi edifici costruiti con i sistemi tradizionali, in muratura, è andato progressivamente diminuendo in favore della nuova tipologia costruttiva. All’epoca gli edifici in cemento armato erano progettati tenendo conto della presenza dei soli carichi verticali, secondo un approccio esclusivamente di calcolo delle capacità resistenti degli elementi. La prima normativa sismica in Italia è databile al 1974, con l’emanazione della Legge n. 64 del 2 febbraio “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, e solo in tempi

(8)

8 ancor più recenti, con l’avvento di nuove metodologie di calcolo, i progettisti hanno sviluppato una sensibilità alla trattazione dei problemi riguardanti il sisma e la risposta dinamica degli edifici. Di conseguenza si registrano, ad oggi, un numero di edifici in cemento armato carenti in misura più o meno importante di adeguate capacità di dissipazione sismica e di resistenza nei confronti di questo tipo di azioni dinamiche, pari a circa il 35% degli edifici esistenti.

1.2 Aspetti costruttivi delle strutture in muratura

Le strutture in muratura sono composte da elementi resistenti, artificiali o naturali, legati tra loro tramite malta. Con il termine “elementi naturali” si indicano le pietre (tufo, calcarenite, pietra calcarea, pietra lavica, ciottoli di fiume ecc.), mentre con il termine “elementi artificiali” si intendono principalmente mattoni o blocchi, in genere di laterizio o cemento. Sul territorio italiano questa tipologia costruttiva è stata predominante fino all’avvento del calcestruzzo, ed è quindi presente nella maggior parte degli edifici esistenti e storici, che si diversificano fra loro per tipo, pezzatura e forma del materiale utilizzato. Tali caratteristiche costruttive, soprattutto per gli edifici più datati, sono fortemente legate al materiale disponibile sul sito di costruzione e alla tradizione costruttiva locale.

Le murature possono essere classificate, secondo quanto proposto dall’AeDES (Agibilità e Danno nell’Emergenza Sismica) in:

- Muratura irregolare: l’irregolarità è legata sia alla forma (pietra arrotondata con superficie liscia o pietra grezza di forma arrotondata) che alla pezzatura;

- Muratura sbozzata: composta da elementi semilavorati e quindi dalla forma più regolare; - Muratura regolare: costituita da elementi naturali lavorati in modo da conferirgli forma

squadrata, o da elementi artificiali, tipicamente mattoni.

La muratura può anche essere composta da una commistione di elementi più regolari, di solito utilizzati per realizzare gli angolari o per legare trasversalmente le murature disposte su più filari (muratura listata) e muratura irregolare o sbozzata. In ogni caso all’aumentare della regolarità dei blocchi aumenta la possibilità di realizzare una muratura regolare.

Negli edifici esistenti, oltre alla tessitura muraria, è necessario indagare la sezione trasversale del muro, la quale è costituita dall’accostamento di più elementi che possono risultare ben collegati, mal collegati o del tutto scollegati. Nel caso di murature costituite da elementi naturali il collegamento trasversale è realizzato inserendo diatoni o ricorrendo a listature di mattoni. In questi casi si dice che il muro ha un buon ammorsamento; viceversa, se il muro è costituito da due o più paramenti fra i quali è interposto un riempimento di materiale con scadenti caratteristiche, si parla di cattivo ammorsamento. Nelle murature a sezione piena (che hanno spessori in genere inferiori ai 60cm) costituite da elementi artificiali, un buon collegamento si ottiene attraverso lo sfalsamento dei giunti verticali.

(9)

9 Come si può vedere nella figura seguente, è possibile distinguere tra:

- Muratura ad unico paramento;

- Muratura a due paramenti ammorsati; - Muratura a due paramenti accostati; - Muratura a sacco.

Figura 1.1 - Sezioni di paramenti ben collegati o ad unico paramento (da Aedes)

L’altro elemento costituente la muratura, la malta, svolge la funzione di legante tra gli elementi resistenti, in modo da realizzare la monoliticità del paramento murario, e ripartisce i carichi sulle superfici degli elementi evitando contatti localizzati e concentrazioni di tensione. Le malte sono composte da un legante, acqua e sabbia, e si possono distinguere in malte di calce (detta calce “aerea” se capace di indurire solo a contatto con l’aria o “idraulica” se l’indurimento può avvenire anche in acqua) e malte cementizie. Le caratteristiche meccaniche della muratura sono fortemente influenzate dalla qualità della malta, che tra i due componenti della struttura resistente è quello che presenta una minor resistenza a rottura. Anche per le malte si possono distinguere diverse qualità in funzione della loro resistenza; le malte di cemento presentano normalmente caratteristiche migliori.

L’interazione tra gli elementi resistenti e la malta è legata all’affinità chimica tra il legante e l’inerte, e dalla scabrosità superficiale dei blocchi.

La muratura, così come è stata descritta, è un materiale molto eterogeneo, derivante dall’unione di un materiale molto resistente (i blocchi) e da un secondo materiale con caratteristiche solitamente peggiori: il comportamento meccanico marcatamente non lineare caratterizzato da una scarsa resistenza a trazione e una spiccata variabilità della resistenza a compressione entro un range molto ampio.

L’andamento tipico sforzo-deformazione di una prova monoassiale di compressione, evidenziato nella figura seguente, evidenzia la maggiore tensione di rottura e il più alto modulo elastico dei

(10)

10 blocchi rispetto alla malta, mentre la muratura, composizione dei due elementi, ha caratteristiche intermedie:

Figura 1.2 - Comportamento del laterizio, della malta, e della muratura alla prova monoassiale di compressione (Binda 1994)

I due materiali, sottoposti separatamente alla prova di compressione, a causa della diversità dei loro moduli elastici si deformano trasversalmente in misura differente: la malta è sempre molto più deformabile dei blocchi. A causa dell’attrito e del legame chimico presente tra la malta e il blocco, però, è ragionevole supporre che i due materiali non possono subire deformazioni trasversali indipendenti. Di conseguenza la malta, durante la prova, si trova sottoposta ad uno stato triassiale di compressione, mentre sul blocco agisce, oltre alla tensione di compressione, anche uno stato di sforzo biassiale sul piano perpendicolare alla direzione del carico. Queste tensioni, evidenziate nella figura seguente, sono legate direttamente allo spessore dei giunti, oltre che alla qualità della malta e alla tipologia di blocco: più i giunti sono spessi e maggiore è la loro deformabilità, e di conseguenza le tensioni di trazione nel blocco che, se molto alte, aumentano la probabilità che quest’ultimo possa rompersi. Quest’ultima considerazione ha validità fondamentalmente per blocchi molto squadrati (tipicamente è una considerazione che vale per muratura in mattoni con giunti di malta di spessore compreso tra 0.5 e 1.5cm): per la muratura in pietra, infatti, a causa della notevole variabilità della forma dei blocchi la funzione della malta diventa molto più complessa e di difficile interpretazione.

(11)

11 L’estrema variabilità dei parametri meccanici, unita alla varietà del comportamento macroscopico delle differenti tipologie murarie, illustrata in questo paragrafo, comporta che il termine “muratura” assuma un significato estremamente generico e variabile caso per caso. Ne consegue che, preventivamente a qualunque studio di intervento su un organismo murario, è necessaria un’attenta attività rivolta alla caratterizzazione della muratura sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. L’analisi di un edificio in muratura, data l’incertezza dei parametri elastomeccanici che affligge il materiale “muratura” nel suo insieme, è tutt’oggi uno dei problemi più complessi dell’ingegneria strutturale, in particolare quando si parla di edifici esistenti. Per descrivere il più fedelmente possibile il comportamento di una struttura in muratura sono quindi nate diverse metodologie di calcolo e modellazione, che verranno esaminate nel proseguo.

1.2.1 Comportamento strutturale della muratura

Una struttura in muratura è composta da muri portanti, muri di controvento e solai che, collegati fra loro vanno a costituire un insieme tridimensionale. L’efficacia del collegamento tra i vari elementi strutturali permette una cooperazione nella trasmissione dei carichi verticali e delle azioni orizzontali, e quindi una ridistribuzione degli sforzi all’interno della struttura. Maggiore è il grado di collegamento tra gli elementi, migliore è il comportamento scatolare della struttura nel suo insieme.

Nell’insieme costruttivo di una struttura scatolare ogni elemento svolge un ruolo differente, e partecipa in modo efficace alla resistenza della struttura nel suo insieme.

Lo schema portante principale delle strutture in muratura è costituito dalle pareti, che offrono resistenza prevalentemente nel proprio piano. Da un punto di vista statico una parete in muratura si può considerare composta da:

- Maschi murari: porzione di muratura posta tra le aperture e con continuità verticale, soggetta ai carichi verticali;

- Fasce di piano: elementi di collegamento nel piano tra due maschi murari, disposte sopra e sotto le aperture.

(12)

12 Quando una parete è sottoposta ad un’azione orizzontale nel proprio piano, il ruolo delle fasce di piano diventa cruciale nella risposta. Infatti:

- Se le fasce di piano sono prive di rigidezza assiale e flessionale, il loro contributo è nullo, i maschi murari sono scollegati gli uni dagli altri e si comportano come un insieme di mensole soggette a pressoflessione (Figura 1.5a);

- Se le fasce presentano rigidezza assiale non nulla, cosa che avviene per esempio in presenza di cordoli o catene, costituiscono un elemento di collegamento tra i maschi murari, che si comportano quindi come mensole collegate da pendoli. In questo caso si genera un meccanismo a puntone inclinato e il collasso delle fasce avviene per taglio (Figura 1.5b); - Se le fasce hanno rigidezza assiale e flessionale non nulla, costituiscono un ritegno solido

tra i maschi murari. In questo caso il collasso delle fasce avviene per taglio o pressoflessione, a seconda della rigidezza r3elativa di maschi e fasce (Figura 1.5c).

Figura 1.5 - Comportamento delle fasce di piano

Per quanto riguarda gli orizzontamenti (solai e volte), questi costituiscono delle lastre che chiudono le celle formate dalle pareti murarie. A seconda della tipologia, è possibile distinguere tra solai deformabili, solai semirigidi e solai rigidi. Il comportamento sismico dell’edificio è legato al tipo di solaio presente: tanto migliore è l’ammorsamento del solaio e delle pareti, tanto più il solaio funge da vincolo per le pareti, ripartendo l’azione sismica tra tutti gli elementi resistenti verticali in funzione della loro rigidezza e impedendo il ribaltamento fuori piano delle singole pareti. Ovviamente questa funzione è svolta dal solaio in maniera più o meno efficace a seconda della sua rigidezza: tanto più il solaio è deformabile, tanto minore è la sua capacità di ridistribuire le forze sismiche.

L’osservazione del comportamento degli edifici esistenti durante il sisma ha portato all’individuazione di due meccanismi di danno, che si possono verificare separatamente o

(13)

13 contemporaneamente a seconda delle caratteristiche costruttive e tipologiche dell’edificio, e delle sue carenze strutturali.

I meccanismi di primo modo si possono verificare su pareti murarie investite da azioni sismiche dirette ortogonalmente ad esse, provocando sollecitazioni di pressoflessione e taglio fuori piano e fenomeni di ribaltamento.

I meccanismi di secondo modo impegnano le pareti nel loro piano, provocando danni tipicamente per taglio e pressoflessione.

Questi meccanismi rappresentano una conseguenza del comportamento scatolare dell’edificio. Un buon comportamento scatolare della struttura nel suo insieme è condizione necessaria al buon comportamento della stessa; se non c’è sufficiente ammorsamento tra le pareti, se il collegamento tra solaio e muri è inefficace o sono presenti lesioni o danneggiamenti nelle strutture resistenti, le pareti lavorano in modo indipendente le une dalle altre e la risposta dell’edificio è dominata dal comportamento fuori piano e dai meccanismi di primo modo.

I meccanismi del secondo modo possono verificarsi solo quando sono stati impediti quelli di primo modo.

(14)

14

CAPITOLO 2

Modelli lineari e non lineari per l’analisi sismica di edifici

in c.a e in muratura

Le attuali normative (EC8, NTC2018) indicano due tipi di approccio all’analisi e alla progettazione sismica di un edificio: un approccio di tipo lineare, e uno di tipo non lineare.

Le analisi lineari riconducono la struttura in esame ad un oscillatore semplice ad un grado di libertà, il cui moto può essere descritto mediante un parametro fondamentale che è il periodo proprio dell’oscillatore. Questo tipo di analisi, sia statica che dinamica, prevede l’utilizzo di spettri di risposta per la valutazione delle forze agenti sul sistema strutturale durante il sisma, mentre nella risposta vengono trascurate le non linearità, siano essere geometriche che relative al materiale. Le forze e gli spostamenti vengono valutati in regime elastico lineare, e al limite corretti mediante l’adozione di coefficienti semplificati che tengono conto in maniera approssimata delle non linearità presenti. Le analisi non lineari, di più complessa trattazione ed implementazione numerica, tengono conto esplicitamente delle non linearità presenti all’interno del sistema, e garantiscono quindi, a fronte di una più elevata complessità di utilizzo, una modellazione più accurata e coerente con la struttura reale del modello.

La scelta di un tipo di analisi piuttosto che dell’altra dipende dalle caratteristiche dell’edificio in esame (regolarità, periodi propri), dalla conoscenza del sistema strutturale e dei materiali presenti, e dall’importanza della struttura, perché sono richieste analisi tanto più accurate tanto maggiore è il “valore” dell’edificio.

2.1 Criteri generali di modellazione

Il modello della struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione alle situazioni nelle quali componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali.

Nella definizione del modello alcuni elementi strutturali, considerati secondari, e gli elementi non strutturali autoportanti, possono essere rappresentati unicamente in termini di massa, considerando il loro contributo alla rigidezza e alla resistenza del sistema strutturale solo qualora essi possiedano rigidezza e resistenza tali da modificare significativamente il comportamento del modello.

Gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano, a condizione che siano realizzati in cemento armato, oppure in latero – cemento con soletta in c.a. di almeno 40 mm di spessore, o in struttura mista soletta in cemento armato almeno 50 mm di spessore collegata da

(15)

15 connettori a taglio opportunamente dimensionati agli elementi strutturali in acciaio o in legno e purché le aperture presenti non ne riducano significativamente la rigidezza.

Per rappresentare la rigidezza degli elementi strutturali si possono adottare modelli lineari, che trascurano la non linearità di materiale e geometriche, e modelli non lineari, che le considerano; in ambo i casi si deve tener conto della fessurazione dei materiali fragili. In caso non siano effettuate analisi specifiche, la rigidezza flessionale e a taglio di elementi in muratura, cemento armato, acciaio – calcestruzzo, può essere ridotta sino al 50% della rigidezza dei corrispondenti elementi non fessurati, tenendo debitamente conto dell’influenza della sollecitazione assiale permanente.

Nel caso di comportamento non dissipativo si adottano unicamente i modelli lineari.

Nel caso di comportamento dissipativo si possono adottare sia modelli lineari sia modelli non lineari.

Il legame costitutivo utilizzato per modellare il comportamento non lineare della struttura dovuto alla non linearità di materiale deve essere giustificato, anche in relazione alla corretta rappresentazione dell’energia dissipata nei cicli di isteresi.

Le azioni conseguenti al moto sismico sono modellate sia direttamente, attraverso forze statiche equivalenti o spettri di risposta, sia indirettamente, attraverso accelerogrammi.

Nella definizione dell’azione sismica sulla struttura è possibile tenere conto della modifica del moto sismico indotta dall’intersezione fondazione – terreno. A meno di analisi numeriche avanzate, la fondazione può essere schematizzata con vincoli visco – elastici, caratterizzati da opportuna impedenza dinamica. Questa schematizzazione può rendersi necessaria per struttura alte e snelle, nelle quali gli effetti del secondo ordine non sono trascurabili, e per strutture fondate su terreni molto deformabili. Conseguentemente, nel calcolo dell’impedenza dinamica è necessario tener conto della dipendenza delle caratteristiche di rigidezza e smorzamento dal livello deformativo. Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolare alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.

2.2 Analisi statica lineare

L’analisi statica lineare è applicabile solo a strutture che soddisfano specifiche condizioni di regolarità in altezza, e solo se il periodo associato al primo modo di vibrare principale nella

(16)

16 direzione in esame, 𝑇1, non supera 2𝑇𝐶 o 𝑇𝐷. Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia distribuita in modo approssimativamente uniforme lungo l’altezza, 𝑇1 (in secondi) può essere stimato, in assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:

𝑇1 = 2√𝑑

Dove d è lo spostamento laterale elastico del punto più alto dell'edificio, espresso in metri, dovuto alla combinazione di carichi 2.5.7 di Normativa.

L’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo 𝑇1 e

la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella direzione in esame, valutata in modo approssimato.

La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è data dalla formula seguente: 𝐹𝑖 = 𝐹ℎ∙ 𝑧𝑖 ∙

𝑊𝑖 ∑ 𝑧𝑗 𝑗𝑊𝑗

Dove:

- 𝐹ℎ = 𝑆𝑑(𝑇1) 𝑊 𝜆/𝑔

- 𝐹𝑖 è la forza da applicare alla massa i-esima;

- 𝑊𝑖 e 𝑊𝑗 sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j;

- 𝑧𝑖 e 𝑧𝑗 sono le quote, rispetto al piano di fondazione, delle masse i e j;

- 𝑆𝑑(𝑇1) è l’ordinata dello spettro di progetto;

- 𝑊 è il peso complessivo della costruzione;

- 𝜆 è un coefficiente pari a 0.85 se 𝑇1 < 2𝑇𝐶 e la costruzione ha almeno tre orizzontamenti, uguale a 1,0 in tutti gli altri casi;

- 𝑔 è l’accelerazione di gravità.

In tutte le analisi lineari, il comportamento non lineare dell’edificio è tenuto in conto tramite il fattore di struttura 𝑞, che permette di ridurre lo spettro di risposta elastico in quello di progetto per il calcolo delle forze orizzontali.

Il valore del fattore di struttura 𝑞 da utilizzare per ciascuna direzione dell’azione sismica dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e prende in conto le non linearità del materiale. 𝑞 può essere calcolato tramite la seguente espressione: 𝑞 = 𝑞0𝐾𝑅

(17)

17 Dove:

- 𝑞0 è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla

tipologia strutturale e dal rapporto 𝛼𝑢/𝛼1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si

verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione; - 𝐾𝑅 è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della

costruzione.

Per le costruzioni non regolari in pianta, si possono adottare valori di 𝛼𝑢/𝛼1 pari alla media tra 1

ed i valori di volta in volta forniti per le diverse tipologie costruttive. La scelta del fattore di struttura deve essere adeguatamente giustificata. Il valore adottato deve dar luogo ad azioni di progetto agli stati limite ultimi coerenti con le azioni di progetto assunte per gli stati limite di esercizio.

Per la componente verticale dell’azione sismica il valore di q utilizzato, a meno di adeguate analisi giustificative, è pari a 1,5 per qualunque tipologia strutturale e di materiale, tranne che per i ponti per i quali è uguale a 1.

Le non linearità geometriche sono prese in conto, quando necessario, attraverso il fattore 𝜃 appresso definito. In particolare, per le costruzioni civili e industriali esse possono essere trascurate nel caso in cui ad ogni orizzontamento risulti:

𝜃 =𝑃 ∙ 𝑑𝑟

𝑉 ∙ ℎ ≤ 0.1 Dove:

- 𝑃 è il carico verticale totale della parte di struttura sovrastante l’orizzontamento in esame; - 𝑑𝑟 è lo spostamento orizzontale medio d’interpiano, ovvero la differenza tra lo

spostamento orizzontale dell’orizzontamento considerato e lo spostamento orizzontale dell’orizzontamento immediatamente sottostante;

- 𝑉 è la forza orizzontale totale in corrispondenza dell’orizzontamento in esame; - ℎ è la distanza tra l’orizzontamento in esame e quello immediatamente sottostante.

Quando 0.1 ≤ 𝜃 ≤ 0.2 gli effetti delle non linearità geometriche possono essere prese in conto incrementando gli effetti dell’azione sismica orizzontale di un fattore pari a 1

1−𝜃; 𝜃 non può

comunque superare il valore di 0.3.

Questo metodo è evidentemente molto approssimato, in quanto considera solo il primo modo di vibrare della struttura, trascurando l’influenza di tutti i modi superiori.

(18)

18

2.2.1 Metodo POR

Si tratta di un metodo, specifico per edifici in muratura, risalente agli anni ’80, in un periodo in cui ancora non esistevano software di calcolo strutturale. E’ quindi un metodo che prevede una schematizzazione molto semplificata della struttura, tale da rendere possibile la sua applicazione anche attraverso procedimenti di calcolo manuale. Il metodo POR si basa su un modello monodimensionale, in cui cioè gli elementi murari vengono schematizzati utilizzando degli elementi asta, le cui caratteristiche di rigidezza e duttilità devono essere opportunamente tarate; ed è un modello a geometria fissa, in cui la geometria della struttura rimane immutata durante l’analisi e coincidente con la configurazione iniziale. Condizione necessaria ad una corretta modellazione POR, è che l’edificio oggetto di analisi presenti impalcati di piano rigidi posti a collegamento della struttura resistente costituita da elementi murari disposti verticalmente che, a causa della presenza dell’impalcato rigido, sono schematizzati come incastrati in sommità. La rigidezza reale delle fasce orizzontali di muratura non viene presa in considerazione, e spesso viene trascurata anche la rigidezza fuori piano dei pannelli murari.

Le pareti di ogni piano dell’edificio si comportano come un sistema di molle in parallelo che collegano i due impalcati confinanti le pareti. I setti costituiscono delle molle alla traslazione nella direzione della parete stessa, il legame costitutivo considerato è elastico-perfettamente plastico con una resistenza limitata in termini di spostamenti.

I carichi orizzontali vengono applicati nel centro di massa di ogni impalcato, e si ridistribuiscono sul sistema resistente a seconda della rigidezza delle molle. Durante l’analisi quando una parete giunge al proprio limite di snervamento inizia a deformarsi senza incrementare il proprio carico, fino al raggiungimento del valore ultimo dello spostamento. A questo punto tale parete viene eliminata dallo schema di calcolo in quanto non è più in grado di portare carico. L’analisi procede finché è possibile garantire l’equilibrio.

Il modello POR, a causa della vincolante ipotesi iniziale di considerare gli impalcati infinitamente rigidi, fornisce in genere valori di carico ultimo e rigidezza della struttura sovrastimati.

2.3 Analisi dinamica lineare

L’analisi dinamica modale è quella che la normativa definisce normale, ed è quindi il metodo di analisi standard richiesto per la definizione delle sollecitazioni di progetto. La differenza fondamentale rispetto ad un’analisi lineare statica è che, con l’analisi dinamica lineare si tengono conto di tutti i modi di vibrare con massa partecipante superiore al 5%, oppure di un numero di modi tale per cui la massa partecipante risulti superiore all’85%. In questo modo si può tenere conto di tutti i modi di vibrare “importanti” della struttura, e non solo del primo. Gli effetti associati ai singoli modi di vibrare vengono poi combinati per ottenere l’effetto “globale”.

(19)

19 Poiché tutti i modi non raggiungono il massimo simultaneamente e poiché, se risulta 𝑇𝑗 ≤ 0,9 ∗

𝑇𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑇𝑗 < 𝑇𝑖, le risposte nei modi di vibrare si possono considerare indipendenti le une dalle altre e le norme consentono di calcolare il loro più probabile valore massimo utilizzando una combinazione SRSS (radice quadrata della somma dei quadrati delle quantità considerate). Il generico parametro di risposta risulta allora definito tramite la relazione:

𝐸 = √∑ 𝐸𝑗2 𝑗

Dove 𝐸𝑗 è il valore dell’effetto relativo al modo j.

Se i modi di vibrare non possono essere considerati indipendenti l’uno dall’altro, le norme suggeriscono di utilizzare una combinazione quadratica completa CQC data dalla relazione: 𝐸 = √∑ ∑ 𝜌𝑖𝑗 ∙ 𝐸𝑖 ∙ 𝐸𝑗

𝑖 𝑗

Dove:

- 𝐸𝑖, 𝐸𝑗 sono gli effetti relativi al modo i e al modo j;

- 𝜌𝑖𝑗 il coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j, e assume valori

compresi tra 0 e 1. 𝜌𝑖𝑗 = 8 ∙ 𝜉 2∙ 𝛽 𝑖𝑗 3/2 (1 + 𝛽𝑖𝑗) ∙ [(1 − 𝛽𝑖𝑗)2+ 4 ∙ 𝜉2 ∙ 𝛽 𝑖𝑗] Dove:

- 𝜉 è lo smorzamento viscoso dei modi i e j;

- 𝛽𝑖𝑗 è il rapporto tra l’inverso dei periodi di ciascuna coppia i-j di modi.

2.4 Analisi statica non lineare

Le analisi lineari descritte nei due paragrafi precedenti impiegano il fattore di struttura 𝑞 per tenere conto approssimativamente degli effetti delle non linearità presenti all’interno del sistema, ma non sono tuttavia capaci di tenere conto passo passo dei cambiamenti che si verificano all’interno della struttura durante il sisma, e cioè della plasticizzazione progressiva di parti della struttura, dell’effettiva distribuzione delle zone plasticizzate e della reale capacità deformativa della struttura, cioè della sua duttilità.

(20)

20 L’analisi statica non lineare supera le limitazioni delle analisi lineari, ed è capace di tenere conto dei cambiamenti che si verificano all’interno della struttura progressivamente “spinta” in campo non elastico, da indicazioni più precise sulla disposizione delle zone dissipative, evidenzia i meccanismi di collasso globali e parziali.

L’analisi non lineare statica richiede che al sistema strutturale reale sia associato un sistema strutturale equivalente non lineare.

Nel caso in cui il sistema equivalente sia ad un grado di libertà, a detto sistema strutturale equivalente si applicano i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, in corrispondenza degli orizzontamenti della costruzione, forze orizzontali proporzionali alle forze d’inerzia aventi risultante (taglio alla base) 𝑉𝑏. Tali forze sono scalate in modo da far crescere

monotonamente, sia in direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento orizzontale 𝑑𝑐 di un punto di controllo. Il diagramma

𝑉𝑏− 𝑑𝑐 rappresenta la curva di capacità della struttura.

La figura seguente illustra meglio il concetto di curva di capacità. Si può infatti vedere (Figura a) come si traccia il primo punto di passaggio della curva, all’atto della formazione delle prime cerniere plastiche; all’aumentare del numero di cerniere plastiche all’interno della struttura si ricavano quindi tutti gli altri punti della curva, fino a definirla completamente (Figura b).

(21)

21 Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle distribuzioni principali e l’altra nelle distribuzioni secondarie appresso illustrate.

Distribuzioni principali:

- distribuzione proporzionale alle forze statiche (calcolate con l’analisi statica lineare) applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione la 2 a);

- distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla forma del modo di vibrare applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%;

- distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura è superiore a TC.

Distribuzioni secondarie:

a. distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione uniforme di accelerazione lungo l’altezza della costruzione;

b. distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.

Questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la componente del terremoto considerata è governato da un modo di vibrare naturale principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa.

L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale equivalente ad un grado di libertà.

(22)

22 La forza 𝐹∗ e lo spostamento 𝑑 del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti grandezze

𝐹𝑏 e 𝑑𝑐 del sistema reale dalle seguenti relazioni:

𝐹∗ = 𝐹𝑏/𝛤 𝑑∗ = 𝑑𝑐/𝛤

Dove 𝛤 è il fattore di partecipazione modale definito dalla relazione:

𝛤 = 𝜑

𝑇𝑀𝜏

𝜑𝑇𝑀𝜑

Il vettore 𝜏 è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma considerata; il vettore 𝜑 è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale normalizzato ponendo 𝑑𝑐 = 1; la

matrice 𝑀 è la matrice di massa del sistema reale.

Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare avente un tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico. Detta 𝐹𝑏𝑢 la resistenza massima del

sistema strutturale reale e 𝐹𝑏𝑢= 𝐹

𝑏𝑢/𝛤 la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto

elastico si individua imponendo il passaggio per il punto 0.6𝐹𝑏𝑢 della curva di capacità del sistema

equivalente, la forza 𝐹𝑦∗ si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare

e dalla curva di capacità per lo spostamento massimo 𝑑𝑢∗ corrispondente ad una riduzione di

resistenza minore di 0.15𝐹𝑏𝑢.

Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:

𝑇∗ = 2𝜋√𝑚

𝑘∗

Dove:

- 𝑚∗ = Ф𝑇𝑀𝜏;

- 𝑘∗ è la rigidezza del tratto elastico della bilineare.

Nel caso in cui il periodo della costruzione 𝑇∗ risulti maggiore di 𝑇

𝑐, la domanda in spostamento

per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema elastico di pari periodo: 𝑑𝑚𝑎𝑥= 𝑑

𝑒,𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑆𝐷𝑒(𝑇∗)

Nel caso in cui 𝑇∗ sia minore di 𝑇

𝑐, la domanda di spostamento per il sistema anelastico è

maggiore di quella di un sistema elastico di pari periodo e si ottiene da quest’ultima mediante l’espressione: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗ 𝑞∗ [1 + (𝑞∗− 1) 𝑇𝑐 𝑇∗] ≥ 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥

(23)

23 Dove 𝑞∗ = 𝑆

𝑒(𝑇∗)𝑚∗/𝐹𝑦∗ rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di

snervamento del sistema equivalente. Se risulta 𝑞∗ < 1 allora si ha 𝑑

𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥.

Figura 2.3 - Domanda di spostamento

Una volta trovata la domanda in spostamento 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ per lo stato limite in esame, si verifica che

𝑑𝑚𝑎𝑥∗ < 𝑑𝑢∗, e si controlla la compatibilità degli spostamenti per gli elementi/meccanismi duttili e

si verificano le resistenze per gli elementi/meccanismi fragili.

Questo tipo di analisi permette di verificare in ogni momento le risorse di capacità della struttura, sia in termini di resistenza che di deformabilità, e permette quindi una determinazione della duttilità strutturale molto più accurata rispetto all’utilizzo del fattore di struttura 𝑞. Quest’ultima considerazione è particolarmente importante per lo studio delle strutture esistenti, che possono essere state progettate e realizzate solo in termini di resistenza, e non di duttilità, e che quindi comportano una grande difficoltà nella determinazione del corretto fattore di struttura.

2.4.1 Modelli a macro-elementi

Questo tipo di modellazione, specifica per edifici in muratura, prevede la presenza di una serie di macro-elementi che, assemblati insieme, vanno a costituire la struttura intera. In genere ogni macroelemento è studiato per rappresentare il comportamento di un singolo, intero pannello murario, e presenta perciò caratteristiche “medie” del pannello stesso, mentre si perde ogni informazione riguardo al comportamento locale. Pur con una schematizzazione molto più grossolana dei vari elementi componenti il sistema resistente rispetto ad un modello agli elementi finiti, il modello a macroelementi consente una consistente riduzione del numero di gradi di libertà e quindi un onere computazionale molto minore. Per contro, proprio il dover schematizzare un continuo disomogeneo come la muratura con una serie di macroelementi crea la maggior difficoltà attribuibile a questo metodo: tarare opportunamente i parametri che caratterizzano i macroelementi

(24)

24 in modo che il loro comportamento sia comunque assimilabile al comportamento della struttura reale.

Questo metodo si può considerare intermedio tra un modello POR e un modello agli elementi finiti, in quanto consente di ottenere modelli più raffinati rispetto alla schematizzazione POR, pur mantenendo una più ridotta difficoltà computazionale rispetto al metodo agli elementi finiti. Per tale motivo costituisce al momento un approccio ottimale allo studio del comportamento sismico di edifici in muratura esistenti.

2.4.2 Modelli agli elementi finiti

La modellazione agli elementi finiti si basa su una schematizzazione dell’elemento strutturale come un continuo, generalmente omogeneo, caratterizzato da legami costituitivi non lineari definiti mediante tecniche di omogeneizzazione. E’ il metodo più raffinato, e nel contempo quello più oneroso dal punto di vista computazionale, di grande valenza soprattutto nell’ambito della ricerca, ma realizzabile solo con programmi di calcolo automatico. L’analisi di un edificio con il metodo agli elementi finiti è notevolmente influenzata da alcuni parametri costitutivi del modello, e della mesh adottata (l’analisi è tanto più significativa quanto maggiore è il grado di dettaglio della mesh); inoltre è possibile avere problemi di convergenza della soluzione, che comportano un arresto preventivo dell’analisi, prima che sia stato raggiunto il collasso effettivo.

La definizione dei parametri necessari per la caratterizzazione del continuo richiede grande accuratezza nelle analisi sui materiali, e un livello di dettaglio ancora non generalmente contemplato nelle normative ricavabile quindi solo attraverso analisi sperimentali. Per questo motivo è una tipologia di modellazione difficilmente attuabile per edifici esistenti.

Inoltre, i risultati di analisi di questo tipo forniscono grafici e mappe rappresentative dello stato tensionale localizzato. Questo è un problema, specialmente per edifici in muratura, perchè i criteri di resistenza degli elementi murari prevedono caratteristiche della sollecitazione derivanti dalla ridistribuzione delle tensioni locali. Per tale motivo, per eseguire correttamente un’analisi agli elementi finiti è necessario rielaborare i risultati della modellazione facendo uso di tecniche di media e di integrazione.

(25)

25

Figura 2.4 - Caratteristico output di analisi di un modello agli elementi finiti

2.5 Analisi dinamica non lineare

L’analisi dinamica non lineare rappresenta il metodo di calcolo più preciso, ma allo stesso tempo più dispendioso dal punto di vista dell’onere computazionale. E’ un tipo di analisi passo-passo che richiede l’integrazione diretta delle equazioni non lineari del moto. L’azione sismica in questo caso è rappresentata da gruppi di accelerogrammi diversi, artificiali o naturali, agenti contemporaneamente nelle tre direzioni principali, e scelti in modo tale da riprodurre efficacemente le caratteristiche sismogenetiche della sorgente e delle condizioni del suolo del sito sul quale è situata la struttura.

2.6 Risposta alla variabilità spaziale del moto, alle diverse

componenti dell’azione sismica

Se la risposta viene valutata mediante analisi statica o dinamica in campo lineare, essa può essere calcolata separatamente per ciascuna delle tre componenti; la risposta a ciascuna componente, ove necessario, è combinata con gli effetti pseudo statici indotti dagli spostamenti relativi prodotti dalla variabilità spaziale della componente stessa, utilizzando la radice quadrata della somma dei quadrati. Gli effetti sulla struttura (sollecitazioni, deformazioni, spostamenti, ecc.) sono combinati successivamente, applicando la seguente espressione:

1.00 ∙ 𝐸𝑥+ 0.30 ∙ 𝐸𝑦+ 0.30 ∙ 𝐸𝑧

Con rotazione dei coefficienti moltiplicativi e conseguente individuazione degli effetti più gravosi. La componente verticale verrà tenuta in conto ove necessario.

(26)

26 Se la risposta viene valutata mediante analisi statica in campo non lineare, ciascuna delle due componenti orizzontali (insieme a quella verticale, ove necessario, e agli spostamenti relativi prodotti dalla variabilità spaziale del moto, ove necessario) è applicata separatamente. Come effetti massimi si assumono i valori sfavorevoli così ottenuti.

Nel caso in cui sia necessario valutare gli effetti della variabilità spaziale del moto, l’analisi deve essere eseguita imponendo alla base della costruzione storie temporali del moto sismico differenziate ma coerenti tra loro e generate in accordo con lo spettro di risposta appropriato per ciascun supporto.

In definitiva la scelta di un tipo di analisi e di modellazione piuttosto di un altro è funzione della richiesta di accuratezza delle analisi, ma anche degli strumenti software a disposizione del progettista e delle caratteristiche dell’edificio oggetto di analisi.

Per gli edifici in c.a. sono possibili analisi lineari e non lineari, statiche o dinamiche, in funzione della regolarità strutturale che l’edificio presenta. Per superare l’incertezza nella scelta del fattore di struttura, e per ottenere un modello che simuli in modo più fedele il comportamento dinamico dell’edificio, sono comunque da preferirsi analisi non lineari.

Per le murature sono comunque preferibili metodi di analisi non lineari, statiche o dinamiche. La scelta definitiva del modello adottato viene quindi demandata ai seguenti capitoli, in seguito all’indagine storico-archivistica degli edifici oggetto della tesi, dello studio dei progetti originali (ove possibile) e delle metodologie di costruzione dell’epoca, e della visione e del rilevo tecnico delle scuole, in modo da evidenziare lo stato attuale dei materiali e delle strutture.

(27)

27

CAPITOLO 3

Casi studio

3.1 Descrizione generale delle opere

3.1.1 Scuola materna Modì

La scuola Modì, situata in via V.Veneto a Rosignano Solvay, è una scuola materna costruita in muratura di superficie lorda pari a 420𝑚2. Il progettista è stato l’ingegnere comunale A.Michetti, e

la ditta appaltatrice che ha edificato l’opera è la Coop. Edile “Risorgimento” di Livorno.

La scuola ha una forma irregolare, con le tre aule che si sviluppano intorno a un grande atrio centrale, e un’ala allungata sul lato sud dell’edificio dove si trovano l’ingresso e i locali accessori e di servizio.

Il fabbricato ha strutture portanti in muratura di mattoni pieni, allo stacco delle fondazioni di spessore cm. 40, superiormente il primo solaio spessore cm.25. I tramezzi sono in mattoni forati. Le fondazioni sono continue di calcestruzzo, a sezione rettangolare 100x35cm, con ferri longitudinali costituiti da 4Ф12 superiori e 4Ф12 inferiori e staffe Ф6/25’’ (le staffe hanno dimensione 95x31cm). Il copriferro è di 2cm. I solai in laterizio armato con sovraccarico di kg. 400/mq. Per il primo solaio, architravatura (travi) e pensiline in c.a. con cordolo di collegamento al piano dei solai, sopra il solaio di copertura, costituito da pannelli in laterizio armato di altezza pari a cm.20 (con sovraccarico di 150Kg/mq), è steso uno strato di isolamento rigido di cm. 5 in polistirolo, sovrastante uno strato di cm. 4 di malta di spianamento per la posa in opera della impermeabilizzazione di tipo ALAJMO Milano, rivestito a sua volta da lamiera grecata.

La pensilina esterna è sostenuta da colonne in ferro costituite da ferri tubolari del diametro di cm. 20, con piastra in ferro dello spessore di cm. 1.5 per appoggio su fondazione, armatura interna con 6Ф12 e staffatura a spirale Ф6, riempite in calcestruzzo.

Questo riassume, in pratica, tutte le informazioni che è stato possibile ricavare dalla ricerca d’archivio. Purtroppo, trattandosi di strutture in muratura costruite a metà degli anni ’70, non c’era l’obbligo di deposito dei progetti al Genio Civile; e complice anche il fatto che la progettazione è a firma di un tecnico ingegnere del Comune di Rosignano Marittimo, le informazioni ricavate sono esigue.

(28)

28

Figura 3.1 - Pianta scuola Modì

Figura 3.2 - Prospetto Ovest Modì

(29)

29

Figura 3.4 - Prospetto Est Modì

Figura 3.5 - Prospetto Nord Modì

3.1.2 Scuola materna Bruno Ciari

La scuola materna Bruno Ciari è situata in via XX Giugno a Vada, e presenta sostanziali similitudini con la scuola Modì. I due edifici, infatti, sono opera dello stesso progettista, e sono state costruite nello stesso periodo (i contratti sono entrambi del 1974), e dallo stesso costruttore, la Coop. Edile “Risorgimento” di Livorno. Le somiglianze si riscontrano sia nello schema della pianta e nella distribuzione degli spazi, con le aule provviste di ingresso indipendente dall’esterno, i w.c. annessi, gli spazi di distribuzione di forma irregolare e la concentrazione dei locali di servizio (cucina, sala computer, locali tecnici) nell’ala est del fabbricato, sia nella presenza di grandi infissi e superfici finestrate, e nella configurazione del loggiato d’ingresso.

Si notano differenze sostanziali solo per quanto riguarda la superficie lorda delle due scuole: Modì è più piccola, circa 420𝑚2, mentre Bruno Ciari è molto più grande, avendo una superficie, loggiato

di ingresso incluso, di 840𝑚2. Anche le modalità costruttive sono analoghe.

Questo riassume, in pratica, tutte le informazioni che è stato possibile ricavare dalla ricerca d’archivio. Purtroppo, trattandosi di strutture in muratura costruite a metà degli anni ’70, non c’era l’obbligo di deposito dei progetti al Genio Civile; e complice anche il fatto che la progettazione è a firma di un tecnico ingegnere del Comune di Rosignano Marittimo, le informazioni ricavate sono esigue.

(30)

30

Figura 3.6 - Pianta scuola Bruno Ciari

Figura 3.7 - Prospetto Est Bruno Ciari

Figura 3.8 - Prospetto Ovest Bruno Ciari

(31)

31

3.1.3 Asilo nido Nghé

L’asilo nido Nghè si trova in via Pietro Gigli a Rosignano Solvay (angolo via Veneto). Si tratta di una struttura in calcestruzzo armato costruita agli inizi degli anni ’70, e successivamente ristrutturata e ampliata. L’edificio è costituito da un piano terra nel quale si sviluppano le sezioni del nido ed i servizi generali; in particolare le aule per medi e grandi sono concentrate sul lato ovest dell’edificio, e sono provviste di locali annessi (servizi igienici e stanza riposo); l’aula piccoli invece si trova sul lato est, a sinistra dell’ingresso, e presenta tre locali annessi: refettorio, fasciatoio e stanza riposo. Tutti i locali di servizio, la cucina, il refettorio, le stanze del personale e le sale per attività fisica si trovano nel lato nord dell’edificio.

Figura 3.10 - Pianta Nghè

(32)

32

Figura 3.12 - Prospetto Sud Nghè

Figura 3.13 - Prospetto Ovest Nghè

Figura 3.14 - Prospetto Nord Nghè

Il nucleo originario di Nghè è una struttura in calcestruzzo armato prefabbricato costituito da un’orditura monopiano in pannelli portanti prefabbricati in c.a. a sezione Pi-greco di dimensioni 2.60x7.80 metri, appoggiati tramite le due nervature di altezza 44cm sulla piattabanda inferiore di travi prefabbricate in c.a. a sezione ad Omega, a loro volta vincolate a colonne in c.a. prefabbricate. Il fabbricato è modulare, costituito da un aggregato di 8 moduli di pianta quadrata, ciascuno di lato circa 7.8m, sugli spigoli sono posizionate le colonne; le travi ad Omega sono appoggiate su quest’ultime e sono continue fino agli aggetti, posizionati sui due lati opposti dell’edificio. Purtroppo, la ricerca storica su questa porzione di fabbricato ha fornito informazioni praticamente nulla: non esiste più un progetto originale, tutti i dati riportati derivano da indagini condotte dai progettisti che sono intervenuti nel restauro e nell’ampliamento dell’edificio.

Il primo intervento di restauro e ampliamento risale al 2000, ad opera dello studio Arco Architettura. In questi anni l’Amministrazione Comunale ha deciso di intervenire in modo importante sull’edificio, che si presentava ormai in stato di decadenza, per poterlo riportare alla piena funzionalità, e di ampliarlo aggiungendo una sezione. L’intervento ha comportato la demolizione di tutte le partizioni interne ed esterne, sostituite rispettivamente con paramenti in mattoni forati leggeri, e con pannellature metalliche termoisolanti delle finestrature e di quant’altro

(33)

33 facesse parte dell’edificio originario ad eccezione delle strutture verticali e orizzontali. La copertura è stata rifatta: in sostituzione del tetto rovescio originale è stata posta in opera una copertura a due falde in lastre tipo Coverib sorrette da piedini distanziatori poggianti sul vecchio solaio. Si sono inoltre ampliate le zone coperte da pensiline esterne, e si è creato un nuovo spazio all’ingresso. A completamento è stata adeguata l’impiantistica, la cucina, la pavimentazione, e sono state posizionate nuove porte e infissi. L’ampliamento è costituito da un telaio in c.a. Rbk300 con colonne 30x30 armate con 4ϕ18 e staffe ϕ8/150mm in acciaio FeB44k con copriferro di 25mm. Le travi hanno sezione 65x28, 30x28cm e sorreggono un solaio di copertura a travetti. Di questo intervento sono stati reperiti i progetti e la relazione di calcolo dell’ampliamento, con i particolari di colonne e fondazione, ma non delle travi, delle quali non è indicata o rappresentata la sezione. La struttura è stata inoltre interessata, nel 2003, da un intervento di miglioramento sismico della copertura. L’intervento consiste in un incatenamento in direzione dei pannelli Pi-Greco tramite barre in acciaio Fe 430 con estremità filettate, diametro 16mm, con manicotti filettati per le giunzioni intermedie, e piastre 100x100x15mm con dadi di serraggio per realizzare gli ancoraggi di estremità, questi ultimi costituiti da elementi in acciaio zincato a caldo e conformati in modo da costituire efficace contrasto sulle travi di bordo. Inoltre, poiché i pannelli Pi-greco nelle zone in aggetto sono privi di nervature di irrigidimento, è stato realizzato un rinforzo della zona di appoggio mediante profili metallici ad L 100x10 zincati a caldo; questi sono stati fissati alle piattabande inferiori delle travi ad Omega mediante barre filettate metalliche e filatoidi in bicomponente di resina epossidica, a loro volta imbullonate sull’ala verticale del profilo ad L. Il progettista ha così ottenuto un miglioramento sismico, assicurando una buona monoliticità della copertura.

3.2 Rilievo geometrico e strutturale

Modì, Bruno Ciari

Su entrambe le strutture è stato fatto un sopralluogo preliminare, insieme ai Relatori, e un rilievo geometrico approfondito.

In entrambi i casi l’esterno dell’edificio si presenta in buone condizioni, non risultano visibili lesioni, cedimenti o danni agli elementi strutturali e non. Si sono riscontrate unicamente alcune riprese di colore in facciata, e alcune macchie scure nel sottogronda. Non si tratta di un problema strutturale, ma probabilmente di scarsa manutenzione delle gronde.

Dal vivo si nota subito la grande irregolarità delle strutture, sia in pianta che in altezza: le aule sono disassate rispetto all’asse principale dell’edificio, i disimpegni antistanti le aule hanno forma irregolare, i tetti sono a più falde sfalsate e diversamente inclinate. Questo fa presagire un comportamento strutturale non sismicamente ottimale. Le importanti superfici finestrate, con infissi di grande lunghezza, rappresenteranno probabilmente uno degli aspetti ai quali prestare attenzione durante lo svolgimento dell’analisi sismica.

(34)

34 In ottica sismica si è notato anche che la scuola Bruno Ciari è confinante con una struttura di più recente costruzione, la scuola “Arcobaleno”, dalla quale risulta essere separata da giunto sismico. Modì è invece una struttura isolata, a sé stante.

Le informazioni raccolte sono sufficienti alla creazione di un modello di calcolo, pur se approssimato, e verranno integrate con prove e saggi descritti in un apposito paragrafo.

(35)

35

Nghè

Anche sulla scuola Nghè è stato fatto un sopralluogo preliminare, insieme ai Relatori, e un rilievo geometrico approfondito.

L’esterno dell’edificio si presenta in buone condizioni, non risultano visibili lesioni, cedimenti o danni ai tamponamenti verticali, né agli infissi e alle finestrature; sono invece presenti delle listature danneggiate all’intradosso dell’aggetto della copertura lato est. I supporti risultano arrugginiti. Anche in questo caso si è notata la presenza di importanti superfici finestrate, con infissi di grande lunghezza, che rappresenteranno probabilmente uno degli aspetti ai quali prestare attenzione durante lo svolgimento dell’analisi sismica.

Le informazioni raccolte sono sufficienti alla creazione di un modello di calcolo accurato per quanto riguarda la parte dell’edificio costruita nel 2000, mentre sono insufficienti alla modellazione del nucleo originario, per il quale è stato necessario ricorrere ad un progetto simulato. Sono state anche eseguite provi e saggi sulle strutture.

(36)

36

3.3 Progetto simulato Nghè

Poiché la ricerca di archivio non ha consentito di raggiungere una conoscenza della parte “vecchia” della struttura adeguata alla creazione di un modello di calcolo, si rende necessario provvedere ad un progetto simulato secondo la normativa dell’epoca.

Il progetto simulato consiste nell’effettuare un dimensionamento e una verifica degli elementi strutturali secondo le normative in vigore negli anni di progettazione e costruzione della struttura in esame; tramite questo progetto sarà possibile la determinazione dei dettagli costruttivi e dei quantitativi di armatura di acciaio delle membrature della struttura.

3.3.1 Normativa utilizzata

Il nucleo originario di Nghè è databile agli inizi degli anni ’70. Purtroppo, la ricerca di archivio non ha fornito il progetto originario, né qualsivoglia documento riguardante l’anno esatto di costruzione.

La normativa italiana sulle costruzioni è variata molto tra gli anni ’60 e ’80 del 900. In particolare, nel seguito si farà riferimento alle norme seguenti:

• Regio decreto n.2229 del 16-11-1939

“Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice ed armato”; • Circolare n.1472 del 23-05-1962;

• Legge n.1684 del 25-11-1962

“Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche”; • CNR-UNI/67 10012

• Legge n.1086 del 05-11-1971

“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”;

• D.M. 30-05-1972

“Norme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni in conglomerato cementizio, normale e precompresso ed a struttura metallica”;

• Legge n.64 del 02-02-1974

“Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”; • D.M. n.40 del 03-03-1975

“Approvazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”

Data l’incertezza sulla data di costruzione e progettazione della struttura, si procederà nel modo di seguito illustrato.

Si farà un primo progetto simulato dell’edificio supponendo che sia stato progettato dopo il 1975, quindi utilizzando la più recente normativa sismica (per l’epoca). La geometria delle colonne è nota;

(37)

37 se sarà possibile configurare un’armatura “ragionevole” che soddisfi le verifiche, si potrà ritenere che l’edificio sia stato effettivamente progettato e costruito dopo il 1975. Infatti, poiché la normativa sismica è diventata sempre più stringente negli anni, se è possibile configurare le sezioni resistenti con la normativa del ’75, queste sezioni verificheranno sicuramente anche le normative precedenti. Se così non fosse, se cioè non è possibile configurare una sezione resistente “ragionevole” in termini di diametro e numero di ferri di armatura che possa soddisfare le verifiche secondo il DM del ’75, significa che l’edificio è stato progettato secondo le normative precedenti, e si provvederà quindi ad un secondo progetto simulato, adottando la normativa sismica del ’62 e le indicazioni del DM ’72 per il calcolo della struttura in c.a. Di nuovo si potrà ritenere che, se le verifiche sono soddisfatte, l’edificio sia stato costruito tra il 1972 e il 1974. Se così non fosse significa che l’edificio è stato costruito tra il 1970 e il 1972, cioè secondo la normativa sismica del ‘62 ma con le indicazioni del Regio Decreto del ’39 per quanto riguarda le indicazioni sul calcolo degli elementi in c.a. Si procederà quindi, in quest’ultimo caso, ad un terzo progetto simulato.

3.3.2 Primo progetto simulato: anno stimato di progettazione dal 1975 in

avanti

Per questo primo progetto simulato si farà riferimento al D.M. n.40 del 03-03-1975 per il calcolo dell’azione sismica, alle norme CNR-UNI/67 10012 per il calcolo delle altre azioni sulla struttura (peso proprio, sovraccarichi, neve, vento), e al D.M. 30-05-1972 per la combinazione delle suddette azioni statiche e per le modalità di calcolo degli elementi in c.a.

Si riportano le principali prescrizioni riguardanti la tipologia di struttura in esame contenute in queste norme:

• CNR-UNI/67 10012

Il carico di esercizio del solaio è di 350 𝑘𝑔/𝑐𝑚2 per il solaio di calpestio, e 150 𝑘𝑔/𝑐𝑚2

per il solaio di copertura. La neve è valutata, per la zona di costruzione, in 60 𝑘𝑔/𝑐𝑚2.

L’azione del vento può essere calcolata con la formula seguente: 𝑝 = 𝑐 ∙ 𝑘 ∙ 𝑞

Dove:

- 𝑞 è la pressione cinetica

La pressione cinetica vale 100 𝑘𝑔/𝑐𝑚2 per la fascia costiera della zona C, e può essere

ridotta a 75 𝑘𝑔/𝑐𝑚2 poiché l’edificio ha un’altezza massima inferiore ai 10m;

- 𝑘 = {1 𝑝𝑒𝑟 𝐻 𝑏 < 6 1 + 0.5 (1 −6𝑏 ℎ) 𝑝𝑒𝑟 𝐻 𝑏 > 6 è il coefficiente di snellezza; - 𝐻 è la massima altezza dell’edificio;

(38)

38 - 𝑐 è il coefficiente di esposizione e di forma, e vale 0.8 per le zone sopravento e -0.4

per le zone sottovento. • D.M. 30-05-1972

- 2.2. CONDIZIONI DI CARICO

Le condizioni di calcolo da utilizzare sono deducibili dalla 10012 CNR-UNI/67. - 2.3. TENSIONI DI COMPRESSIONE AMMISSIBILI NEL CONGLOMERATO

Si distinguono sei classi di resistenza (intesa come resistenza caratteristica a compressione su provino cubico a 28gg di maturazione): 150, 200, 250, 300, 400, 500. La prima classe non è ammessa per l’impiego in strutture in c.a., mentre le ultime due sono adatte ad usi gravosi, e devono sottostare a prescrizioni aggiuntive non illustrate nel seguito.

La tensione ammissibile da utilizzare nel calcolo, per elementi pressoinflessi, è: 𝜎𝑏′ = 60 +𝑅𝑏𝑘′ −150

4 [𝑘𝑔/𝑐𝑚

2]

- 2.4.1 VALORI AMMISSIBILI DELLE TENSIONI TANGENZIALI La massima tensione tangenziale non deve superare:

𝜏𝑏1= 14 +

𝑅𝑏𝑘′ −150

75 [𝑘𝑔/𝑐𝑚

2]

Non è richiesta la verifica delle armature a taglio e torsione quando le tensioni tangenziali massime nel conglomerato non superano il valore:

𝜏𝑏0= 4 +

𝑅𝑏𝑘′ −150

75 [𝑘𝑔/𝑐𝑚

2]

- 2.6 METODO DELLE TENSIONI AMMISSIBILI

“Le tensioni del conglomerato compresso e dell’armatura sono calcolate prescindendo dal contributo a trazione del conglomerato, assumendo come area della sezione resistente quella corrispondente al conglomerato compresso ed alle aree metalliche tese e compresse affette di norma dal coefficiente convenzionale di omogeneizzazione 𝑛 = 10. E’ ammesso anche l’impiego del coefficiente 𝑛 = 15”.

- 2.12 LIMITI DI ARMATURA NEI PILASTRI

L’armatura longitudinale deve essere superiore allo 0.6% e inferiore al 5% dell’area della sezione di conglomerato strettamente necessaria per il calcolo assiale, e superiore allo 0.3% dell’area effettiva della sezione.

Il diametro dei ferri longitudinali deve essere ≥ 12𝑚𝑚.

“Deve essere prevista una staffatura posta ad interasse non maggiore di 15 volte il diametro minimo dei ferri impiegati per l’armatura longitudinale, con un massimo di 25cm”.

Il diametro delle staffe deve essere ≥ 6𝑚𝑚. - 4.5 COPRIFERRO ED INTERFERRO

(39)

39 • LEGGE n.64 del 02-02-1974

La norma impone di tenere conto delle sole azioni orizzontali, e non delle azioni verticali derivanti dal sisma.

“Le azioni sismiche orizzontali si schematizzano attraverso l’introduzione di due sistemi di forze orizzontali agenti non contemporaneamente secondo due direzioni ortogonali”. “si devono verificare gli elementi resistenti per le possibili combinazioni degli effetti sismici con tutte le altre azioni esterne, senza alcuna riduzione dei sovraccarichi, ma con l’esclusione dell’azione del vento”

• D.M. n.40 del 03-03-1975

Gli effetti sismici possono essere valutati mediante analisi statica. In particolare, per le strutture intelaiate, si devono introdurre forze statiche applicate in corrispondenza dei baricentri dei solai, pari a:

𝐹𝑖 = 𝐾ℎ𝑖 ∙ 𝑊𝑖

Dove:

- 𝐾ℎ𝑖 = 𝐶 ∙ 𝑅 ∙ 𝜀 ∙ 𝛽 ∙ 𝛾𝑖;

- 𝐶 = (𝑆 − 2)/100 è il coefficiente di intensità sismica; - 𝑆 è il grado di sismicità della zona di cotruzione;

- 𝑅 = {

1 𝑠𝑒 𝑇0 ≥ 0.8𝑠

0.862

𝑇02/3 𝑠𝑒 𝑇0 < 0.8𝑠

è il coefficiente di risposta;

la valutazione del periodo 𝑇0 deve essere fatta sulla base di apposite analisi dinamiche;

qualora tali analisi non vengano eseguite si potrà assumere 𝑅 = 1; - 𝜀 è il coefficiente di fondazione, di norma pari a 1;

- 𝛽 è il coefficiente di struttura, di norma pari a 1; - 𝛾𝑖 =

ℎ ∑𝑁𝑗=1𝑊𝑗

∑𝑁𝑗=1𝑊𝑗ℎ𝑗 è il coefficiente di distribuzione;

- 𝑁 è il numero di piani dell’edificio;

- ℎ𝑗 è la quota del piano in esame rispetto allo spiccato delle fondazioni;

- 𝑊𝑗 = 𝐺𝑗 + 𝑠𝑄𝑖 è il ““peso” da considerare per la valutazione delle azioni sismiche”;

- 𝐺𝑗 è la somma del peso proprio del piano j-esimo dell’edificio e del sovraccarico permanente su di esso gravante;

- 𝑠 è il coefficiente di riduzione del sovraccarico, che per le scuole è pari a 0.5; - 𝑄𝑖 è il sovraccarico accidentale al piano i-esimo.

“La ripartizione delle forze sismiche di piano tra gli elementi verticali resistenti può in generale essere eseguita facendo l’ipotesi che i solai siano infinitamente rigidi nei confronti di azioni ad essi complanari”.

Riferimenti

Documenti correlati

Per classi di cls C &lt; Cmin il valore del copriferro deve essere aumentato di 5mm In funzione delle condizioni ambientali e della classe di resistenza del cls deve essere

Nel caso di un unico rompitratta, questo sarà disposto (per entrambe le tipologie di travetto) nella mezzeria della campata. Nel caso di di pannelli e le lastre di solito sino a

 con Deliberazione n.441 del 01/07/2019 è stata effettuata la prese d’atto della Determina Dirigenziale SUA RB n. 20AB.2019/D.00074 del 09/04/2019 avente ad

[r]

Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia, quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare.. Ella si va, sentendosi laudare,

Nel metodo delle tensioni ammissibili la crisi in un elemento strutturale è rappresentata dal raggiungimento, nel punto più sollecitato della sezione, di una tensione pari

FIGURA 115 - PARTICOLARE POSA E MATERIALI (PIGNATTE E TRAVETTI TRALICCIATI) UTILIZZATI REALIZZAZIONE SOLAIO DEL PIANO TERRA... Realizzazione Pilastri e preparazione solaio

Gli elementi di separazione orizzontali, presenti nella struttura in acciaio, sono costituiti da un solaio 5+24+5 cm a lastre tralicciate con blocchi di