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MARCHI DI MODA E INVESTIMENTI NEL SETTORE ALBERGHIERO I casi: Lungarno Collection di Ferragamo e Rhinoceros di Fendi

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Academic year: 2021

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Ringraziamenti

Voglio ringraziare il Career Service del Campus Lucca per avermi fatto conoscere, attraverso un incontro organizzato in università, il mondo della Lungarno Collection e de Il Borro.

Il professore Alberto Bianchi per i suoi preziosi consigli e indicazioni.

La professoressa Martha Friel che é stata fonte di ispirazione per questo lavoro.

La dottoressa Cristina Fogliatto, direttrice della comunicazione e delle pubbliche relazioni di Lungarno Collection, con la quale ho avuto un interessante colloquio telefonico.

La dottoressa Eleonora Piomboni del reparto ufficio stampa e pubbliche relazioni de Il Borro, che ha risposto con disponibilità ed esaustività alle mie domande.

Il direttore dell’hotel Lungarno per la sua disponibilità e per avermi raccontato alcune curiosità riguardanti l’albergo.

Le ragazze del ricevimento dell’hotel Portrait Firenze che mi hanno permesso di visitare la penthouse, la migliore suite dell’albergo.

(2)

Indice

Introduzione 5

Capitolo 1 Il settore della creatività

Introduzione 6

1. I modelli di produzione culturale e creatività 10

2. Il modello italiano di creatività e il rapporto con il territorio 12

2.1 Le città e gli spazi creativi 12

2.2 I distretti culturali 12

3. Iniziative di valorizzazione dei distretti culturali 14

3.1 Città creative Unesco 14

3.2 Città creative a livello europeo 14

4. Alcuni dati sul Sistema Produttivo Culturale e Creativo 15

5. Industrie culturali e turismo 19

5.1 Primo livello: place branding e attrattività territoriale 20

5.2 Secondo livello: business to business 21

5.3 Terzo livello: il turismo segue il Made in Italy e viceversa 23 6. Il ruolo del “sistema produttivo culturale e creativo” nell’attivazione

della spesa turistica 24

7. Un’industria culturale di successo: la Moda 25

7.1 La moda in Italia 26

7.2 Alcuni dati sulla Moda 28

8. Interesse degli stranieri per Made in Italy e Turismo 29

8.1 Il problema della contraffazione del Made in Italy 31 9. Il vantaggio competitivo dell’Italia nel settore turismo 32

(3)

Capitolo 2 La moda come lifestyle e investimenti nel settore alberghiero

Introduzione 37

1. La moda diventa industria di lifestyle 37

2. Esperienze di lifestyle: dalle capsule collection ai nuovi souvenir 38

3. Stilisti e mondo dell’ospitalità 41

3.1 Armani Hotels 44

3.2 Castello di Montegridolfo Spa Resort (Alberta Ferretti) 44

4. Boutique Hotel 45

5. Una sotto-categoria dei Boutique Hotel: gli Art Hotel 47

5.1 Byblos Art Hotel Villa Amistà in Valpolicella 47

5.2 Atelier sul Mare Museo-Albergo in provincia di Messina 49

5.3 Alexander Museum Palace Hotel a Pesaro 50

5.4 Sixty Hotel di Riccione (Miss Sixty) 50

5.5 Gramercy Park Hotel di New York 51

6. Catene alberghiere e Art Hotel 51

6.1 21c Museum Hotel 54

6.2 Le Meridien 55

6.3 Ritz-Carlton 56

7. Valutazioni dei clienti riguardo ai principali hotel analizzati 58

Capitolo 3 I casi studio: Lungarno Collection di Ferragamo e Rhinoceros di Fendi

Introduzione 59

1. L’impresa Ferragamo 59

2. Storia economica di Ferragamo 60

3. Lungarno Collection 62

3.1 Hotel Portrait Firenze 65

3.1.1 Partner dell’hotel Portrait Firenze 66

3.2 Hotel Lungarno 68

3.2.1 Collezione d’arte 69

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3.4 Hotel Continentale 74

3.5 Lungarno Apartments 75

3.6 Hotel Portrait Roma 76

3.7 Tuscan Escapes 77

3.7.1 Villa Le Rose 77

3.7.2 Nautor’s Swan Yachts 78

3.7.3 Resort Baia Scarlino 78

3.8 Nuova apertura prevista per il 2020: Portrait Milano 80

3.9 Strategie per il futuro della Lungarno Collection 81

4. Il Borro (Ferragamo) 83

4.1 Borgo medievale 83

4.2 Aie del Borro 84

4.3 La storia 84

4.4 Biosostenibilità 85

4.5 Galleria Vino & Arte 85

4.6 Altre curiosità su Il Borro 87

5. L’impresa Fendi 89

6. Rhinoceros 89

6.1 La struttura del Rhinoceros 90

6.2 Iniziative culturali per l’inaugurazione 92

6.3 La Galleria: Rhinoceros Gallery 94

6.4 La parte alberghiera: The Rooms of Rome 96

Conclusioni 98

Bibliografia 102

(5)

Introduzione

L’elaborato di tesi analizza come i settori culturali e creativi possano collaborare con l’ambito alberghiero e approfondisce l’argomento degli investimenti dei marchi di moda nel settore alberghiero.

Lo studio è articolato in tre capitoli: i primi due sono di natura teorica, il terzo affronta i due casi studio.

Il primo capitolo riguarda il tema della creatività, dimostrando quale sia la sua rilevanza, anche con alcuni dati, e come possa essere incentivata attraverso politiche come l’Unesco Creative Cities Network e il Cultural and Creative

Cities Monitor lanciato dalla Commissione Europea.

Nel secondo capitolo si affronta il tema di come le case di moda puntino sempre di più a vendere “esperienze” e di come questa tendenza le spinga ad investire nel settore alberghiero, in cui da sempre l’esperienza è un elemento fondamentale. Questa collaborazione tra case di moda e hotel arricchisce entrambi: gli hotel diventano più esclusivi e i marchi di moda si aprono a nuovi canali di vendita di tipo lifestyle, sempre più apprezzato dai consumatori di alta gamma. Due elementi fondamentali molto apprezzati dai clienti sono la personalizzazione e la capacità di raccontare una storia, un territorio e le sue eccellenze.

Si approfondisce inoltre il tema degli Art hotel, sia gestiti da case di moda sia da altri hotel e catene alberghiere.

Nel terzo capitolo vengono trattati i due casi studio Rhinoceros di Fendi e Lungarno Collection di Ferragamo.

Così come le città creative Unesco e le città creative a livello europeo valorizzano il territorio e ne mettono in luce le sue peculiarità, così la Lungarno Collection di Ferragamo e Rhinoceros di Fendi hanno un forte legame con le città in cui si trovano e ne esaltano le loro peculiarità.

Questi alberghi soddisfano le esigenze dei nuovi turisti culturali, in questo caso di fascia alta, che non sono più interessati solamente a musei e monumenti, ma sono alla ricerca di modi sempre nuovi di sperimentare cultura.

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CAPITOLO 1: IL SETTORE DELLA CREATIVITÀ Introduzione

La creatività ha un peso importante nell’arte, nella scienza, nella cultura e non ultima nell’economia.

In Italia il macrosettore delle industrie culturali e creative nel 2018 rappresentava circa il 6,1% del Pil, con un valore aggiunto di oltre 95,8 miliardi di euro e il 6,1% dell’occupazione, con più di 1,55 milioni di addetti1.

È un macrosettore culturale tra i più importanti al mondo, che non si può più ignorare nella sua unità e nel suo valore strategico.

Sin dagli anni Novanta sono stati fatti molti studi su questo argomento, tuttavia non si è ancora arrivati ad una convenzione condivisa sulle definizioni di industria culturale e creativa.

Il governo inglese e il Department of Culture, Media and Sport sono stati i primi, sin dagli inizi degli anni Novanta, a dedicare attenzione alle industrie creative.

«Le industrie creative sono quelle che hanno origine dalla creatività individuale, abilità e talento. Esse hanno un potenziale di creazione di ricchezza e posti di lavoro attraverso lo sviluppo della proprietà intellettuale. Le industrie creative includono pubblicità, film, video, architettura, musica, arte e mercati antiquari, spettacolo dal vivo, computer e videogame, editoria, artigianato, software, design, tv e radio e moda2»

Altre definizioni, invece, sono più restrittive o più inclusive.

Tra le definizioni più restrittive abbiamo l’approccio del WIPO (World

Intellectual Property Organization) in base al quale i settori sono quelli

protetti dai diritti di proprietà intellettuale, letteraria e artistica:

1 AA.VV. “Io sono Cultura 2019. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, Fondazione Symbola e Unioncamere 2019 p. 9-10

2 W. Santagata “Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo” Milano, Università Bocconi Editore, 2009, p. 3

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«Quelle industrie che sono impegnate nella creazione, produzione, costruzione, performance, emissione, comunicazione, esposizione o distribuzione e vendite di opere e altri beni e servizi protetti3”»

Tra le definizioni più ampie vi è quella adottata da Walter Santagata nel “Libro bianco sulla creatività”, che aggiunge all’interpretazione dell’industria culturale e creativa fondata sulla produzione di contenuti, sulla loro protezione intellettuale e sulle nuove tecnologie della comunicazione, una variante che mette in primo piano il valore culturale delle industrie

design-based legate a un modello in cui la qualità, la tradizione e la cultura materiale

svolgono un ruolo strategico.

Negli ultimi due decenni è fortemente cresciuta l’importanza delle industrie culturali e della produzione di cultura secondo una catena di produzione del valore che parte dalla selezione degli artisti, l’ideazione dei beni, la conservazione, la produzione e arriva alla distribuzione e al consumo.

La domanda delle industrie culturali e creative è aumentata per due ragioni principali:

1. lo sviluppo della New Economy4, che ha origine da alcune

fondamentali innovazioni tecnologiche, ha permesso di produrre strumenti per il consumo di cultura audiovisuale disponibili a costi relativamente contenuti e accessibili in ogni parte del mondo a miliardi di persone;

2. il sistema del commercio internazionale si è innovato in termini sia di incremento degli scambi sia di varietà dei prodotti scambiati. In

3 W. Santagata “Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo” Milano, Università Bocconi Editore, 2009, p.4

4 Con la definizione di new economy (dall'inglese "nuova economia") o anche net economy (composto dell'accorciamento della parola network ed "economia") si fa riferimento alla fase di impetuoso sviluppo legato alla diffusione delle tecnologie informatiche e digitali (internet, telefoni cellulari, personal computer, prodotti informatici e digitali) che interessò l'ultimo scorcio del XX secolo, partendo dagli Stati Uniti per poi estendersi agli altri paesi industrializzati del mondo. https://it.wikipedia.org/wiki/New_economy consultato il 07/10/19

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particolare, il mercato dei beni fondati sulla cultura materiale è cambiato radicalmente, passando dalla concorrenza fondata sui bassi costi di produzione alla competizione basata sulla qualità dei prodotti, sul loro valore simbolico e sulla qualità dell’esperienza che essi consentono. L’ampio settore produttivo dei beni della cultura materiale, che in Italia in gran parte corrisponde ai settori del Made in

Italy (design, moda, casa, stili di vita, turismo, enogastronomia,

meccanica leggera) vede un aumento della domanda per prodotti di qualità, che si esprime nell’estetica, decorazione, design e conoscenza tradizionale.

Anche i processi decisionali relativi alle scelte di consumo sono differenti: mentre nel modello della creatività per l’innovazione prevalgono scelte razionali fondate sulla massimizzazione dei benefici economici, nel modello della creatività per la qualità sociale prevalgono scelte simboliche influenzate da processi di identificazione e da un allentamento dei nessi costi-benefici. Le due dimensioni che costituiscono le ragioni del successo delle industrie creative, ossia l’innovazione tecnologica e l’attenzione alla qualità sociale e culturale, tendono a confondersi e sovrapporsi. Ad esempio, il disegno industriale si occupa dei nuovi modelli di telefoni cellulari; la distribuzione online di prodotti di moda conquista quote di mercato significative.

Cultura tecnologica e cultura materiale hanno momenti di reciproca contaminazione e momenti di solitario successo.

La cultura è un bene universale consolidato che siamo così abituati a considerare nostro da sempre, da dimenticarci di valorizzarlo e di proteggerlo. In particolare è difficile misurarla e, a volte, è complicato attribuirle un valore in termini di mercato e di produzione.

La creatività non è un fine in sé, ma un processo, un mezzo straordinario per produrre nuove idee.

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Creatività e cultura sono un binomio indissolubile, elementi di successo che possono dare uno slancio economico all’Italia, in un passaggio strategico del processo di globalizzazione5.

La creatività è una risorsa fondamentale per la società post-moderna, che ha bisogno di crescenti capitali intellettuali per affrontare la sfida della società della conoscenza. Alcune domande che gli studiosi si pongono sono: se sia possibile produrre creatività e se sia possibile trasmetterla alle generazioni future.

Il processo creativo è influenzato molto dall’atmosfera culturale in cui si sviluppa. Più, infatti, l’ambiente culturale è libero, interdisciplinare e stimolante, maggiore è la produzione di creatività e di talenti. È quindi importante la formazione di capitale umano creativo sia attraverso il sistema educativo sia attraverso la formazione sul campo.

Le strategie per mantenere costante o accrescere il tasso sociale di creatività possono essere:

• processi formativi accademici;

• processi di formazione sul campo in contesti creativi, come nelle città e nei territori, in un distretto culturale o tra gli artisti e creatori di un sistema di produzione musicale;

• attrazione di talenti da paesi esteri;

• riduzione dei costi di accesso alla cultura, in modo che il paese abbia un più alto tasso individuale di partecipazione e di coinvolgimento nelle attività creative;

• applicazione dei diritti sulla proprietà intellettuale a tutela della creatività6.

5 W. Santagata “Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo” Milano, Università Bocconi Editore, 2009, pp. 3-7

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1. I modelli di produzione culturale e creatività

Cultura e creatività si combinano in modi diversi a seconda delle condizioni storiche dei vari paesi dando origine a modelli in parte differenti.

In alcuni prevalgono gli aspetti tecnologici e le innovazioni tecniche, in altri gli aspetti economici relativi allo sviluppo dei mercati e del business; in alcuni prevalgono gli aspetti giuridici e l’applicazione e sviluppo del copyright, in altri gli aspetti culturali, i richiami alla tradizione e alla qualità sociale.

Si possono distinguere due modelli principali:

1. il primo modello è quello secondo cui si considera la creatività e la produzione di cultura come input della società della conoscenza, delle tecnologie della comunicazione, delle innovazioni e delle industrie di contenuto. Questa concezione è molto presente nell’area anglosassone e scandinava e nella definizione commissionata dall’Unione Europea alla KEA7 nel 2006. Secondo questo modello che

può essere definito come “Creatività per l’innovazione”, la creatività è definita in relazione all’innovazione e a un modello industriale di produzione dei contenuti culturali;

2. il secondo modello è quello secondo cui si considera la creatività e la produzione di cultura come input alla qualità sociale. Questo modello può essere definito come “Creatività per la qualità sociale”. Si riferisce principalmente alle manifestazioni della cultura e del vivere sociale e ai settori che la esprimono. Particolare importanza ha il mondo della cultura materiale8; inoltre sono importanti fattori di progresso per la

qualità sociale, lo sviluppo delle industrie dei contenuti (cinema, radio, editoria, software, pubblicità) e la valorizzazione del patrimonio culturale (archivi, biblioteche, musei, monumenti, musica, arte,

7 Kea European Affairs è un centro di ricerca per la progettazione di politiche internazionali specializzato in cultura e industrie creative, sport, educazione e gioventù. https://keanet.eu/about/ consultato il 07/10/19

8 “Espressione con la quale si indicano tutti gli aspetti visibili e concreti di una cultura, quali i manufatti urbani, gli utensili della vita quotidiana e delle attività produttive.” Enciclopedia Treccani online consultata il 04/10/19

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spettacolo). Su questa impostazione si sviluppa principalmente il modello italiano che si caratterizza per la sua capacità di andare oltre l’impatto delle industrie culturali sui mercati e sugli affari, dando grande rilevanza alla qualità sociale.

La qualità sociale può essere definita come la misura in cui le persone sono capaci di partecipare alla vita sociale, economica e culturale e allo sviluppo delle loro comunità in condizioni che migliorano il benessere e il potenziale individuale.

La cultura rappresenta una componente importante della qualità sociale. Questo perché la sua produzione e consumo quotidiani favoriscono una valorizzazione del tessuto sociale in termini di coesione della comunità, qualità delle relazioni umane, sentimento di fiducia, disponibilità alla cooperazione, senso di identità. Tutto ciò modifica la vita quotidiana rendendo i suoi vincoli meno stringenti e le opportunità migliori e più numerose9.

L’Italia può vantare sia in termini di varietà e vastità del fenomeno, sia in termini quantitativi e di occupazione un macrosettore culturale tra i più importanti al mondo in grado di alimentare la qualità sociale10.

Il macrosettore delle industrie culturali e creative, infatti, nel 2018 rappresentava circa il 6,1% del Pil, con un valore aggiunto di oltre 95,8 miliardi di euro e il 6,1% dell’occupazione, con più di 1,55 milioni di addetti11.

9 Ivi, pp. 11-12

10 Ivi, p. 13

11 AA.VV. “Io sono Cultura 2019. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, Fondazione Symbola e Unioncamere 2019 p. 9-10

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2. Il modello italiano di creatività e il rapporto con il territorio

Il cuore del modello italiano è il legame della nostra creatività e produzione di cultura con la storia e il territorio. Le origini territoriali di una cultura e dei beni e servizi della conseguente produzione culturale non seguono modelli standard, ma dopo un avvio casuale si consolidano e si rilevano attorno al sistema delle economie di agglomerazione12.

Le nostre città storiche, moltissimi dei nostri distretti industriali, il nostro spettacolo e in grado minore le nostre innovazioni tecnologiche hanno una lunga storia di accumulazione di conoscenze ed esperienze.

2.1 Le città e gli spazi creativi

Le città creative sono il luogo in cui cultura e creatività rivelano tassi di qualità sociale molto elevati. Lo testimoniano gli stili di vita, la qualità dei consumi, l’offerta culturale, le politiche di inclusione sociale, la libertà di accesso al patrimonio storico artistico e la capacità di attrazione del turismo culturale. In Europa le città creative sono un fenomeno di rilievo, non solo nelle grandi metropoli, ma anche nei centri di piccola e media dimensione. In particolare in Italia la densità di città creative è massima rispetto ad altre realtà internazionali: migliaia di piccoli comuni di origini antiche custodiscono i segreti della forza del territorio, delle sue tradizioni, della sua capacità di inclusione sociale e delle sue comunità.

2.2 I distretti culturali

I distretti a vocazione industriale o turistica sono un’altra forma di esperienze spaziali legate al territorio che, per le loro peculiarità culturali, hanno una forte vocazione creativa. I distretti culturali e industriali, che producono beni di design fondati sulla cultura locale e sulla tradizione, sono la maggior parte dei distretti industriali italiani: la ceramica d’arte di Faenza, Deruta e

12 “Con questa espressione si fa riferimento ai benefici di carattere economico che possono derivare per un’impresa dal localizzare le proprie attività in prossimità di quelle di altre imprese.” Enciclopedia Treccani Online consultata il 21/10/19

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Caltagirone, la liuteria di Cremona, il tessile di Biella e l’oreficeria di Arezzo, Vicenza e Valenza Po. Una più efficace applicazione dei diritti collettivi della proprietà intellettuale permette di costruire attorno alla loro assegnazione e gestione seri incentivi per l’aumento della qualità della produzione distrettuale. Le loro principali funzioni sono quella informativa, quella manageriale e quella identitaria. Essi segnalano la qualità del prodotto, la reputazione dei produttori e favoriscono il rafforzarsi di un’identità territoriale. In particolare i marchi collettivi (DOC, DOP, IGP) sono uno strumento utile per valorizzare le componenti intangibili dei prodotti, creare un club di prodotto all’interno di un territorio circoscritto, invitare alla cooperazione e all’azione collettiva. Nella dinamica tipica dei distretti, la progettualità evolve negli ambiti tradizionali dei “saperi” locali e della cultura materiale. Inoltre, una società coesa, inclusiva e fiduciosa favorisce lo sviluppo perché rende le persone più libere di sfruttare opportunità altrimenti troppo rischiose o incerte e iniziare profondi e necessari processi di ristrutturazione industriale. Infine, la coesione e l’inclusione sociale e le connesse libertà sono elementi importanti per attrarre risorse nuove, diverse, inattese e qualificate.

Alla base dell’espressione creativa di un territorio si possono trovare anche altri fenomeni:

• la presenza di un’atmosfera di dinamismo sociale e intellettuale, di una comunità non conservatrice e in rapida trasformazione sociale; • la concentrazione spaziale di conoscenze e attività creative, che

favoriscono la realizzazione delle ambizioni individuali di carriera; • uno speciale rapporto con le imprese, con integrazioni orizzontali o

con integrazioni verticali.

I requisiti storici e spaziali non sono da soli sufficienti per il successo di un’industria culturale. È importante garantire un tasso elevato e costante di creatività, che può essere sostenuto da politiche pubbliche. In particolare, l’obiettivo dell’Italia dovrebbe essere replicare il successo delle sue città

(14)

storiche e dei suoi distretti della cultura materiale in tutti i settori delle industrie culturali e creative13.

3. Iniziative di valorizzazione dei distretti culturali 3.1 Città creative Unesco

L’Unesco Creative Cities Network è un programma nato nel 2004 con lo scopo di promuovere la collaborazione tra le città che hanno riconosciuto nella cultura e nella creatività il motore del proprio sviluppo.

Questa rete favorisce la collocazione e lo scambio di prodotti dei territori sui mercati nazionali e internazionali; inoltre permette alle singole città di interagire con i policy maker su tematiche condivise. Le 180 città a livello mondiale che costituiscono la rete sono raggruppate in sette categorie a seconda del campo della creatività in cui eccellono: Artigianato e Arti Popolari, Design, Film, Gastronomia, Letteratura, Musica e Media Arts.

Le città italiane che hanno ottenuto il riconoscimento di città creativa sono nove e dal 2016 si sono riunite nel “Sistema Italiano della Creatività Unesco”: per l’Artigianato e le Arti Popolari sono state scelte Fabriano e Carrara, per il Design Torino, per il Cinema Roma, per la Gastronomia Parma e Alba, per la Letteratura Milano e per la Musica Pesaro.

Naturalmente molte altre città italiane potrebbero far parte di questo circuito di eccellenze culturali e creative, ma sono le singole città a dover investire tempo e denaro per candidarsi a questo riconoscimento14.

3.2 Città creative a livello europeo

Solo con l’Agenda Europea della Cultura (2018) il tema dello sviluppo a base culturale è diventato una delle azioni prioritarie delle politiche europee.

A supporto di questa nuova direttiva, la Commissione ha lanciato il “Cultural and Creative Cities Monitor”: un’analisi quantitativa e qualitativa sullo stato

13 Ivi, pp. 14-17

14 https://www.ilsole24ore.com/art/creative-cities-conference-2019-ruolo-cultura-citta-futuro-ACp6ZcP?refresh_ce=1 consultato l’11/10/19

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delle città, con l’obiettivo di fornire ai governi nazionali un insieme di dati comparabili per sperimentare pratiche di scambio e cooperazione.

L’aspetto statistico del documento è registrato attraverso 29 indicatori riferiti a tre principali macroaree:

1. Cultural Vibrancy, che misura la presenza di infrastrutture culturali e la

partecipazione;

2. Creative Economy, che racchiude i dati relativi all’occupazione e alla

capacità del settore di creare nuovi posti di lavoro;

3. Enabling Environment ossia i beni tangibili e intangibili che aiutano la

città ad attrarre talenti creativi e a stimolare la partecipazione alla cultura.

Delle 168 città analizzate dal “Cultural and Creative Cities Monitor” del 2017, 22 sono anche Città Creative Unesco. Tra quelle italiane, Milano domina sia per la capacità di attrarre pubblico sia per le strutture e i servizi destinati alle attività culturali. Anche Torino e Firenze raggiungono ottimi risultati per la loro vivacità culturale e Parma per la sua capacità di sviluppare un’economia incentrata sul settore creativo15.

4. Alcuni dati sul Sistema Produttivo Culturale e Creativo

Il rapporto “Io sono Cultura” realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola16 distingue due ambiti del sistema produttivo culturale e creativo:

la dimensione culturale e creativa in senso stretto (core)

• attività che, pur non facendo parte della filiera, impiegano contenuti e competenze culturali per accrescere il valore dei propri prodotti (creative driven)

15 https://www.ilsole24ore.com/art/creative-cities-conference-2019-ruolo-cultura-citta-futuro-ACp6ZcP?refresh_ce=1 consultato l’11/10/19

16 “Symbola è la Fondazione per le Qualità Italiane. Nasce nel 2005 con l’obiettivo di promuovere un nuovo modello di sviluppo orientato alla qualità in cui si fondono tradizione, territorio, ma anche innovazione tecnologica, ricerca, design.” https://issuu.com/fondazionesymbola consultato il 9/11/19

(16)

L’inclusione delle attività creative driven è importante perché permette di cogliere al meglio la pervasività dei contenuti culturali nelle attività economiche del Paese, evidenziando le interconnessioni tra la cultura e le specializzazioni industriali e artigianali italiane.

All’interno delle attività core si possono individuare quattro settori principali: • le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio

storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, monumenti);

• le attività non riproducibili di beni e servizi culturali, definiti come performing arts e arti visive, ossia tutto ciò che ruota intorno agli spettacoli dal vivo (teatro, concerti, performance ecc.);

• le attività legate alla produzione di beni e servizi culturali secondo una logica industriale di replicabilità, definite come industrie culturali (cinema, radio e tv, videogame e software, editoria e stampa, musica);

• le industrie creative che fanno parte del mondo dei servizi (comunicazione, architettura e design)17.

I dati di contabilità economica, inerenti valore aggiunto e occupazione del sistema produttivo culturale e creativo, riportano l’apporto di questo comparto eterogeneo e trasversale, che nel 2018 conferma numeri e performance molto significative, con un valore aggiunto prodotto che sfiora i 96 miliardi di euro, in crescita (ancora più dell’anno precedente) del 2,9% rispetto al 2017 (con un andamento generale dell’economia al +1,8%).

Il settore culturale e creativo dà un apporto del 6,1% al PIL (nel 2017 era 6,0%) e denota una crescente capacità del sistema di generare valore (in cui la componente core rappresenta il 3,8%).

Gli occupati del settore nel 2018 sono 1,55 milioni, in crescita dell’1,5% rispetto al 2018 (con un +0,9% di occupati nell’economia in generale).

17 AA.VV. “Io sono Cultura 2019. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, Fondazione Symbola e Unioncamere 2019 p.38

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Il contributo all’occupazione complessiva del paese è pari al 6,1%, di cui anche in questo caso la componente core rappresenta il 3,8% e quella delle attività creative driven costituisce il 2,3%18.

Per quanto riguarda i valori assoluti le industrie culturali, che rappresentano circa un terzo del Sistema Produttivo Culturale e Creativo, hanno generato 35,1 miliardi di euro di valore aggiunto (corrispondenti al 2,2% del PIL) nel 2018. Seguono le industrie creative che apportano 13,8 miliardi di valore aggiunto e danno lavoro a quasi 267 mila occupati, valori che hanno un’incidenza sul PIL pari rispettivamente allo 0,9% e all’1,1%. Il terzo settore per valore è quello delle performing arts, che producono 8,2 miliardi di euro di valore aggiunto e occupano quasi 145 mila addetti.

Le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, hanno prodotto 2,9 miliardi di euro di valore aggiunto (in crescita significativa rispetto al 2017) e 51 mila occupati. Questo per quanto riguarda le attività

core19.

Per quanto riguarda, invece, le attività creative driven, questo insieme di attività genera circa 35,8 miliardi di euro (il 2,3% del PIL nazionale, in

18 Ivi, p.42 19 Ivi, p.44

(18)

crescita rispetto al 2,2% del 2017) e impiega 591 mila addetti (che corrispondono al 2,3% dell’occupazione complessiva).

Per quanto riguarda le industrie creative si possono scomporre in sotto-settori, tra cui quello dell’architettura e del design, che ha prodotto nel 2018, 8,9 miliardi di euro di valore aggiunto e ha rappresentato lo 0,6% del PIL, quello della comunicazione, che ha generato 4,9 miliardi di euro, con un peso sul totale dell’economia dello 0,3%.

Per quanto riguarda le industrie culturali, il sotto-settore più consistente è quello dell’editoria e stampa, che ha generato 13,7 miliardi di euro di valore aggiunto con un impatto sul PIL dello 0,9%, seguito a breve distanza del settore dei videogiochi e software con 13,6 miliardi di euro di valore aggiunto e con un impatto dello 0,9% sul PIL. Infine cinema, radio e televisione hanno prodotto 7,5 miliardi di valore aggiunto20.

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5. Industrie culturali e turismo

I turisti culturali sono una specie in evoluzione, non più interessati solamente a musei e monumenti, ma alla ricerca di modi sempre nuovi di sperimentare cultura.

Essi cercano prodotti identitari e percepiti come autentici, esperienze in cui avere un ruolo attivo di co-creazione, contatti con i residenti, acquisto di prodotti locali e made-in, occasioni per allargare i propri orizzonti e per apprendere e sperimentare in modo piacevole.

Questa evoluzione è stata denominata dallo studioso inglese Greg Richards come “turismo creativo”, ossia un turismo post-culturale in cui cambiano preferenze e ruoli dei turisti, si moltiplicano le tipologie di ricerca culturale e si allarga il concetto stesso di cultura: non solo arte e monumenti ma anche eventi, festival, arte contemporanea, architettura, moda, design, artigianato. Il turista, quindi, durante una visita a Delft in Olanda, oltre a visitare il museo di Vermeer vorrà imparare a dipingere le piastrelle o lungo la Via Francigena, vorrà sperimentare la vita vera del pellegrino medioevale, mangiando pietanze del XIII secolo21.

Il settore turistico ha dunque bisogno di innovarsi per rispondere a queste nuove esigenze dei turisti-consumatori. Alcune delle innovazioni più interessanti vengono dall’interazione tra turismo e industrie creative.

A partire dal 2012 è cresciuto l’interesse all’analisi del macro-settore delle industrie creative in relazione al turismo da parte di istituzioni come l’OCSE (che nel 2014 ha pubblicato uno studio dal titolo “Tourism and the Creative Economy”), la Commissione Europea, i governi regionali e locali che hanno dedicato nuove risorse per favorire occasioni di collaborazione cooperativa tra industrie culturali e creative e turismo.

L’interesse del turismo alla collaborazione con le industrie culturali e creative riguarda almeno tre ambiti:

21 A. Peres, M. Friel, “Futurismi. Nuova mappa per i viaggiatori di domani” Milano, Ulrico Hoepli Editore, 2016, pp. 81-82

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• il primo riguarda il contributo che le industrie culturali e creative danno e possono dare all’attrattività delle destinazioni;

• il secondo riguarda l’impiego delle industrie culturali e creative nella costruzione di nuovi servizi turistici attraverso la produzione e la fornitura di beni e servizi intermedi;

• il terzo è quello della promo-commercializzazione dei prodotti turistici e creativi attraverso canali comuni o complementari.

Quest’ultimo ambito in Italia consiste principalmente nel promuovere e vendere il Made in Italy sui mercati turistici di riferimento e vendere la destinazione Italia sui mercati già di riferimento per il Made in Italy22.

5.1 Primo livello: place branding e attrattività territoriale

Il primo livello di collaborazione tra turismo e industrie creative è quello dell’attrattività dei territori.

Le industrie creative infatti possono essere un elemento importante dell’offerta turistica di un territorio ed essere motivo di richiamo per flussi turistici. Un esempio è quello del design a Milano che grazie al Salone del Mobile e alla Design Week ha contribuito negli anni alla creazione di un’atmosfera speciale di richiamo per i turisti non-business.

Il cinema richiama flussi grazie ai suoi festival (Cannes, Berlino, Roma, Venezia ecc.), ma soprattutto grazie alle produzioni e al cineturismo23.

Altre destinazioni, come i paesi Baschi, hanno puntato sulla creatività legata al sistema del gusto e alla gastronomia.

A volte le industrie creative sono ben più di un elemento di attrattività di un territorio e diventano parte fondamentale dell’identità dei luoghi e delle strategie di place branding.

Alcuni esempi sono: le architetture iconiche come la Ciudad de las Artes y

las Ciencias (1996) a Valencia e la Cité des Civilizations du Vin di Bordeaux; 22 Ivi, p.86

23 “Il turismo cinematografico, la visita ai luoghi che hanno ospitato le riprese di film o sceneggiati di successo”. Enciclopedia Treccani Online consultata il 04/10/19

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la moda per Parigi, il design per Milano, il libro “Il Signore degli Anelli” per la Nuova Zelanda.

Un altro aspetto della collaborazione tra industrie creative e turismo è il nascente turismo nei distretti della produzione, che sta stimolando molte realtà aziendali e molti centri del made-in a dotarsi di servizi turistici o di musei e visitor center aziendali. Spesso però conciliare i tempi della produzione con quelli dell’accoglienza turistica richiede sforzi notevoli.

Anche molte destinazioni stanno adottando sistemi di offerta integrata legati alla creatività e alle industrie creative. In Europa troviamo iniziative come “Creative Austria” o “Creative Paris” che sono piattaforme di promozione di eventi culturali sul territorio. In Italia troviamo sperimentazioni interessanti legate ai distretti produttivi del made in Italy e dell’enogastronomia come “Brianza Experience” che promuove il saper fare del distretto brianzolo del mobile, o “Toscana Wine Architecture” che consiglia diversi itinerari alla scoperta delle cantine toscane progettate da architetti di fama internazionale24.

5.2 Secondo livello: business to business

Le industrie creative danno un contributo importante nell’offrire beni e servizi intermedi al settore turistico in una logica business to business, sostenendone i processi di innovazione. L’industria alberghiera e tutto il settore dell’extra-alberghiero sono oggi alle prese con una complessiva riprogettazione del servizio. Questo rinnovamento riguarda non solo nuovi modelli di business legati all’online booking, alla disintermediazione e alla

sharing economy, ma il settore è diventato un laboratorio di sperimentazione

per il design dell’esperienza, per il design dei servizi, per l’architettura, per la tecnologia, per nuove combinazioni con la moda e l’artigianato.

In Italia, la relazione tra hotel e design, hotel e moda si è dimostrato negli ultimi dieci anni un’opportunità strategica sia per rilanciare il concetto di ospitalità, sia per creare nuove opportunità di intervento e di ricerca per

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architetti e designer. Inoltre questa collaborazione dà l’opportunità di strutturare un sistema autoalimentante di promozione del Made in Italy e della creatività italiana.

Gli esempi di incontro tra mondo dell’hotellerie e mondo della moda sono molteplici.

Tra questi gli esempi più importanti sono gli Hotel Missoni, i Lungarno Hotels della famiglia Ferragamo, gli hotel e resort di Armani e Bulgari.

Nel caso delle grandi case di moda l’ingresso nel mondo della ricettività rappresenta uno strumento di diversificazione strategica, di posizionamento del brand e di promozione che meno ha a che fare con lo sviluppo vero e proprio del turismo. L’arte e soprattutto il design, però, possono dare un’impronta peculiare e incrementare l’appetibilità delle strutture turistiche. In Italia, prima che altrove, l’arte ha trovato negli alberghi nuove funzioni e nuovi spazi espositivi. Un esempio è l’Hotel Alexander Museum a Pesaro che ospita le opere di Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Sandro Chia, Giò Pomodoro e altri artisti selezionati da critici d’arte tra cui Achille Bonito Oliva. Un altro esempio è l’Art Hotel Atelier sul Mare di Antonio Presti a Castel di Tusa in provincia di Messina. Tali casi verranno approfonditi nel secondo capitolo.

Per quanto riguarda il design abbiamo una collaborazione sempre più stretta con l’hotellerie di ultima generazione, sia per il riposizionamento che il design fornisce agli alberghi, sia per motivi legati ai nuovi trend della progettazione sostenibile e dei budget hotel 25.

25 “Il budget hotel, come concetto, è un albergo che nasce espressamente da una progettazione ex novo dell’edifico. E ciò perché sussistono particolari aspetti progettuali, legati agli standard da applicare, che difficilmente permettono di adattare un edificio esistente.

In questi hotel, per esempio, la produzione di energia è programmata sfruttando risorse energetiche derivanti da fonti rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici o gli impianti geotermici, in modo da assicurare un costo-energia contenuto, grazie anche a un consumo fortemente ridotto... Al loro interno questi budget hotel sono quindi progettati con arredi e finiture realizzati utilizzando materiali riciclati e riciclabili, che nel processo di lavorazione hanno una bassa emissione di Co2.”

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https://www.jobintourism.it/news/low-Il più grande studio associato al mondo di design per alberghi è l’americano HBA/Hirsh Bedner Associates, ma anche in questo campo gli esempi italiani non mancano e godono di prestigio internazionale.

Oltre a design e architettura, è facile identificare il contributo di altre industrie creative al turismo: dal sistema del gusto all’artigianato, dall’industria dei contenuti (ad esempio la gamification26 in ambito turistico) all’arte

contemporanea.

Ci sono poi conseguenze turistiche dell’intrecciarsi di diversi settori creativi come quello tra il settore enogastronomico e quello dell’architettura e dell’arte, che sta ampliando il turismo del vino a un più ampio segmento di turisti culturali27.

5.3 Terzo livello: il turismo segue il Made in Italy e viceversa

Il terzo livello di interazione tra turismo e industrie creative consiste nel rafforzare la spesa turistica e lo sviluppo di nuovi mercati turistici attraverso la promozione del Made in Italy (o per gli altri paesi il proprio made-in) e allo stesso tempo promuovere i prodotti del Made in Italy grazie al turismo.

La sfida per il settore del turismo e quello della cultura è quella di estendere il loro rapporto su molteplici livelli, individuandone le opportunità culturali ed economiche in una prospettiva di valorizzazione integrata del territorio e delle sue produzioni.28

cost-non-significa-scadente/ consultato il 03/10/19

26 “Traendo vantaggio dall’interattività concessa dai mezzi moderni ed ovviamente dai principi alla base del concetto stesso di divertimento, la Gamification rappresenta uno strumento estremamente efficace in grado di veicolare messaggi di vario tipo, a seconda delle esigenze, e di indurre a comportamenti attivi da parte dell’utenza, permettendo di raggiungere specifici obiettivi, personali o d’impresa. Al centro di questo approccio va sempre collocato l’utente ed il suo coinvolgimento attivo.”http://www.gamification.it/gamification/introduzione-alla-gamification/ consultato il 04/10/19

27 Ivi, pp.89-90 28 Ivi, pp.91-92

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6. Il ruolo del “sistema produttivo culturale e creativo” nell’attivazione della spesa turistica

Il sistema produttivo culturale e creativo ha una relazione forte con l’attività turistica dei territori. Esiste un legame specifico che lega una parte del turismo alla attrattività del patrimonio storico e artistico locale e alle produzioni culturali e creative ad esso connesse. Molti prodotti, soprattutto quelli legati al brand “Made in Italy”, rappresentano di per sé una specifica motivazione d’interesse dei turisti.

È stato valutato, in uno studio congiunto di Fondazione Symbola e Unioncamere, l’apporto della componente culturale alla spesa turistica, stimata studiando i dati relativi sia ai luoghi, ossia le città d’arte, sia alle tipologie di spesa riferibili alle attività del sistema produttivo culturale e creativo. Questo studio stima che nel 2018 l’incidenza del sistema produttivo culturale e creativo sulla spesa turistica complessiva sia del 38,1%, con un valore pari a 31,9 miliardi di euro. Analizzando questi dati su scala comunale, possiamo vedere il peso del sistema produttivo culturale e creativo all’interno dei territori. Esso assume un grande rilevo nei comuni con più di 500 mila abitanti, dove il ruolo della spesa turistica associabile al sistema supera il 50%; ma anche nelle città di dimensione demografica medio-alta (dagli 80.000 ai 100.000 abitanti la media della spesa incide per circa il 38%), dove l’incidenza della spesa collegata al sistema produttivo culturale e creativo è cresciuta negli ultimi anni; anche nei piccoli comuni con una popolazione fino a mille abitanti, il sistema registra una percentuale di incidenza piuttosto elevata intorno al 43%29.

29 AA.VV. “Io sono Cultura 2019. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, Fondazione Symbola e Unioncamere 2019 p.94

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7. Un’industria culturale di successo: la Moda

La moda è un fenomeno che si manifesta alla congiunzione di due sistemi: quello del bisogno materiale, del consumo e della produzione, e quello simbolico e immateriale della creatività, del segno e dell’identità.

Il sistema della moda si deve quindi confrontare con il sistema produttivo e con quello simbolico e creativo esistenti su un certo territorio. Le missioni della moda sono principalmente due:

• da un lato, dare un servizio al mondo della produzione in termini di stile, di creazione di immagine collettiva, di reputazione internazionale, di sperimentazione con bassi rischi di impresa e formazione di profili professionali specifici. La moda crea il mercato della domanda e dell’offerta ed è ciò che induce i consumatori a sostituire i prodotti;

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• dall’altro offrire al territorio input di creatività e identità collettiva, con implicazioni economiche in termini di promozione e valorizzazione culturale, ma anche di produzione di reddito e posti di lavoro, di attrazione turistica attraverso la realizzazione di eventi internazionali (esposizioni, sfilate di alta moda) e la messa a disposizione di luoghi privilegiati di distribuzione (punti vendita, outlet, negozi monomarca)30.

7.1 La Moda in Italia

L’Italia ha solide e antiche tradizioni di eccellenza nel campo della moda, della confezione e della produzione tessile, che l’hanno resa in un passato recente un centro mondiale della moda.

Tutte le fasi della catena del valore contribuiscono a un settore che è trainato sia dalla creatività della concezione e dallo stilismo, sia dalla creatività delle formule produttive, come i distretti industriali, sia dalla innovazione nella fase di distribuzione.

I distretti industriali di Biella, Milano, Alba, Prato, Firenze, Carpi, della Campania e delle Marche sono poli internazionali di creazione e produzione della moda tessile e degli accessori.

Marchi di fama internazionale continuano la tradizione italiana nel campo della produzione tessile e laniera (Ermenegildo Zegna, Loro Piana, Piacenza, Lanificio Colombo), nell’alta moda e nel pret-à-porter31 (Armani, Dolce e

Gabbana, Versace, Valentino, Gucci, Trussardi, Prada, Fendi, Missoni), nella produzione dell’intimo e della calzetteria (Golden Lady, Sanpellegrino, Filodoro, Levante), nell’abbigliamento sportivo (Robe di Kappa, Invicta, Asics, Fila, Lotto, Diadora), nella produzione calzaturiera e in quella degli accessori, nella produzione orafa (a Valenza e Arezzo) e di occhiali (nel distretto bellunese di Agordo)32.

30 W. Santagata “Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo” Milano, Università Bocconi Editore, 2009, pp. 111-112

31 “Capi di vestiario confezionati in serie in varie taglie, anche su disegno di grandi stilisti, e a costi relativamente bassi” Enciclopedia Treccani consultata il 05/10/19

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La trasmissione della creatività tra generazioni è uno degli obiettivi principali di una politica industriale a favore della moda. Lo sviluppo della creatività, infatti, è alla base di ogni iniziativa che tenda a produrre e mantenere un elevato tasso sociale di creatività e a rafforzare l’identità collettiva di una comunità.

I fenomeni creativi di eccellenza tendono a mostrarsi in ondate che corrispondono a generazioni di stilisti attivi in determinati luoghi e tempi: Parigi negli anni Cinquanta e Sessanta, Milano negli anni Settanta e Ottanta, Los Angeles o New York negli anni Novanta e Duemila.

Il problema è che le generazioni di stilisti si succedono e non c’è garanzia di mantenere lo stesso tasso di creatività locale, se non attraverso politiche che si distinguono per almeno una grande idea creativa nel campo dell’organizzazione economica.

Se si analizza la storia della moda e delle ondate creative che si susseguono nel corso del tempo, possiamo osservare che nella Francia degli anni Cinquanta e Sessanta è stato creato il binomio alta moda/pret-à-porter, in Italia è stata realizzata quella forma di organizzazione flessibile e agglomerata dei distretti industriali, negli Stati Uniti c’è stata una affermazione del marketing e della logistica.

Tuttavia le ondate creative aumentano e si riducono naturalmente nel corso del tempo, a causa della diminuzione del tasso di creatività del sistema o dei singoli attori.

All’inizio degli anni Duemila è tornata nuovamente in auge la moda francese, quasi in contemporanea con la morte di alcuni grandi stilisti italiani (Versace, Moschino, Gucci) e sta portando a un nuovo vantaggio competitivo per quel paese. Si tratta di un vero e proprio rinnovamento delle case di moda tradizionali, che hanno ricercato e ricercano talenti internazionali (Tarlazzi per Guy la Roche, Ferré per Dior, Lagerfeld per Chanel) per penetrare in nuovi mercati stranieri e per indirizzarsi al nuovo mercato del pret-à-porter di lusso.

32 W. Santagata “Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo” Milano,

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LVMH è capofila di questo settore, in Italia ben rappresentato da Gucci, Armani, Dolce e Gabbana e altre griffe33.

7.2 Alcuni dati sulla Moda

La moda è l’industria culturale più importante e rappresentava circa il 3,6% del PIL e il 4,6% degli addetti nel 200434.

Secondo le stime del Centro Studi di Confindustria Moda nel 2017 il fatturato del settore moda – che comprende calzature, concia, pelletteria, pellicceria, occhialeria, oreficeria-gioielleria e tessile-abbigliamento – presenta una dinamica di crescita del +3,9%, rispetto all’anno precedente, che lo porta a superare i 94,8 miliardi di euro.

Il settore moda comprende 66.590 aziende in grado di occupare quasi 582.600 addetti.

Nel corso del 2017 il numero di aziende ha visto una diminuzione del -1,2%, mentre l’occupazione supera il trend negativo e registra una lieve dinamica positiva con un +0,4%, corrispondente a 2.359 addetti in più, rispetto all’anno precedente.

Gli ambiti della moda che crescono di più sono pelletteria, pellicceria e oreficeria, con percentuali di crescita a doppia cifra. Meno marcati, invece, sono gli incrementi degli altri comparti con una crescita del +3,5% per calzature e tessile-abbigliamento e del 2,4% per l’occhialeria.

Il settore moda in generale presenta un rilevante surplus commerciale con l’estero, che nel 2017 è pari a 27,7 miliardi di euro, guadagnando oltre 2 miliardi (+7,9%) rispetto al 201635.

33 Ivi, pp. 113-114 34 Ivi, p. 114

35 Report Confindustria Moda 2017.

https://www.confindustriamoda.it/wp-content/uploads/2019/02/Confindustria-Moda_Nota-Eco-dati-Anno-2017_REV_luglio18.pdf, consultato il 01/10/19

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8. Interesse degli stranieri per Made in Italy e Turismo

I risultati delle analisi realizzate da Google Trends mostrano un andamento in fortissima crescita delle ricerche relative al Made in Italy nel mondo.

I dati relativi a dieci paesi (Brasile, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Portogallo, Giappone, India, Russia, UK, USA), sulle parole chiave relative alle categorie Alimentare, Arredamento, Auto, Moda e Turismo ci dicono che l’interesse per il Made in Italy, in termini di ricerche online tramite Google, ha avuto un’enorme crescita (+56%) tra il 2015 e il 2018.

I paesi per i quali il numero di ricerche legate al Made in Italy (nei settori Alimentare, Arredo, Auto, Moda, Turismo) registra una crescita superiore alla media del 56%, manifestando un’attenzione sempre maggiore per l’Italia e le sue eccellenze produttive sono: India, Brasile, Stati Uniti e Portogallo. In particolare, il primo Paese per incremento di ricerche riguardanti il Made in

Italy è l’India con un +152% di traffico, poi il Brasile con un +110%, gli Stati

Uniti con un +98% e il Portogallo con un +86%.

In Regno Unito, Francia e Germania gli andamenti, seppur positivi, sono più limitati rispetto alla media. In particolare, il dato più basso di crescita, anche se fortemente positivo, lo registrano Francia e Germania, con rispettivamente un +34% e un +20%.

In termini di crescita di interesse, il turismo ha ricevuto il maggiore aumento di attenzione da parte degli utenti con un +84% delle ricerche dal 2015 al 2018. In forte aumento sono anche le ricerche legate all’Alimentare con un +51%, alle Auto con un +29% e alla Moda con un + 27%.

Quelle relative all’Arredamento, invece, sono in leggera decrescita con un - 9%.

Primo tra tutti il Turismo, quindi non un prodotto del Made in Italy in senso stretto, ha avuto un’attenzione crescente da parte del web. Negli ultimi anni (fino al 2018), sono stati i crescenti flussi turistici dall’estero, registrati anche dai dati Istat, a rinforzare la tenuta delle imprese turistiche italiane e a compensare il calo della domanda nazionale. Il turismo ha un doppio rapporto con il Made in Italy: da un lato, si serve della fama internazionale

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delle eccellenze produttive per attrarre visitatori internazionali interessati non solo alla storia, alla cultura, alla bellezza del Paese ma anche a visitare il luogo di realizzazione di prodotti apprezzati in tutto il mondo; dall’altro, promuove le esportazioni di quei prodotti che i turisti hanno conosciuto e provato durante la vacanza, come i prodotti legati al mondo della moda36.

36 AA.VV. “I.T.A.L.I.A 2019. Geografie del nuovo made in Italy” Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison pp. 20-23.

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8.1 Il problema della contraffazione del Made in Italy

L’interesse per il Made in Italy c’è ed è molto forte anche se è spesso minacciato dalla contraffazione. Secondo una stima dell’ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo), la contraffazione costa all’Italia 10,5 miliardi di euro all’anno negli undici settori economici considerati (cosmetici e igiene personale; abbigliamento, calzature e accessori; articoli sportivi; giocattoli e giochi; gioielleria e orologi; borse e valigie; musica registrata; alcolici e vini; prodotti farmaceutici; pesticidi e smartphone).

L’Italia è uno dei paesi europei più colpiti dalla contraffazione e le perdite economiche per questo motivo sono circa un sesto di tutte quelle dell’Unione Europea.37

È un problema non solo in termini economici per le aziende di questi settori, ma è una perdita anche di posti di lavoro. Si considera, infatti, che i produttori legittimi producano meno di quanto avrebbero fatto in assenza di contraffazione, offrendo quindi lavoro a meno manodopera.

L’analisi stima che in tutta l’Unione Europea, negli undici settori indicati, le perdite dirette arrivino a 486 mila posti di lavoro.

Tra i settori più colpiti ce ne sono alcuni in cui il Made in Italy è particolarmente forte: cosmetici; abbigliamento e calzature; gioielleria; borse e valigie; vini. Ma a livello europeo il mercato del falso riguarda anche l’igiene personale, i farmaci, i pesticidi e gli smartphone.

Per quanto riguarda l’Italia nel 2018, rispetto all’anno precedente, il volume delle vendite perse è diminuito in tutti i settori esaminati tranne che in quello relativo ad abbigliamento, calzature e accessori. Si tratta di un macro-settore di eccellenza del Made in Italy nonché del più grande di tutti i settori esaminati in termini di volume delle vendite e di occupazione. A livello europeo la perdita è stata di circa 28,4 miliardi, ovvero il 9,7% del totale, per

37 https://euipo.europa.eu/tunnel-web/secure/webdav/guest/document_library/observatory/ documents/Mapping_the_Economic_Impact_study/executive_summary_it.pdf consultato il 29/10/19

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l’Italia è andata ancora peggio con 6,4 miliardi all’anno, pari a circa il 13,7% delle vendite38.

9. Il vantaggio competitivo dell’Italia nel settore turismo

Il turismo costituisce un settore fondamentale per l’economia dell’Italia, perché ha un forte peso sia in termini di PIL sia in termini di occupazione; inoltre è un settore dove l’Italia gode di un vantaggio competitivo forte e duraturo nel tempo, da sfruttare per non perdere quote in un mercato internazionale che continuerà a essere positivo perché trainato dalla domanda delle economie ad alta crescita39.

Il contributo diretto del turismo al prodotto interno lordo dell’Italia, secondo i dati elaborati dal World Travel & Tourism Council (WTTC) arriva nel 2018 a 99 miliardi di euro (pari al 6% del PIL), mentre se consideriamo anche le ricadute dirette e indirette (prodotti e servizi intermedi, spesa pubblica, investimenti ecc.), l’intero comparto “viaggi e turismo” rappresenta il 13,2% del PIL, con un valore pari a 232,2 miliardi.40

10. La bilancia dei pagamenti turistica italiana

La bilancia dei pagamenti turistica ha registrato nel 2018 un ottimo trend di crescita già rilevato negli anni precedenti, ma raggiungendo un saldo netto positivo record di 16,2 miliardi di euro, a fronte dei 14,6 miliardi del 2017. La spesa dei viaggiatori stranieri in Italia ha raggiunto i 41,7 miliardi, con un aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente, mentre la spesa dei viaggiatori italiani all’estero pari a 25,5 miliardi, è cresciuta del 3,8%.

Il bacino prevalente delle entrate del turismo straniero nel nostro paese è costituito dall’Europa con una quota nel 2018 pari al 58,7%, per un valore di spesa pari a 24,5 miliardi di euro (+7,5 % rispetto al 2017) e un numero di pernottamenti superiore ai 256 mila. Il primo paese per spesa turistica nel

38 https://www.agi.it/economia/mercato_falso_costo_italia-5609567/news/2019-06-06/ consultato il 29/10/19

39 Ivi p.54 40 Ivi p. 56

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nostro paese è la Germania con circa 7,1 miliardi di euro (+ 8,2% rispetto al 2017) e oltre 78.000 pernottamenti. Altri paesi UE che spendono molto nel nostro paese sono: la Francia con 4,2 miliardi, il Regno Unito con 3,5 miliardi, l’Austria con 1,9 miliardi e la Spagna con 1,5 miliardi.

I paesi del continente americano hanno speso complessivamente nel 2018 sul nostro territorio circa 8,3 miliardi di euro, pari a 1/5 di tutte le entrate turistiche del nostro paese, registrando un +12,6% rispetto all’anno precedente.

Questo grazie soprattutto alla crescita a due cifre della spesa di Stati Uniti e Canada, pari rispettivamente a 5 miliardi di euro e 1,6 miliardi di euro. Anche il numero di pernottamenti mostra un trend in decisa crescita: +9,6% degli Stati Uniti e +14,7% del Canada.

In calo invece sono le entrate turistiche provenienti dalle macro aree di minore importanza in termini di spesa turistica, Africa e Asia, che spendono nel nostro paese rispettivamente 203 milioni di euro (-27% tendenziale41) e

2,8 miliardi (-2,4%). Per quanto riguarda l’Asia la diminuzione è dovuta principalmente al calo del Giappone (-7,4%), primo paese asiatico per spesa turistica nel nostro paese42.

41 “Con il termine “variazione tendenziale” si intende normalmente la variazione (in termini percentuali) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente...Con questa misurazione si cerca di esprimere una “tendenza” nell’andamento delle grandezze, che cerca di prescindere da possibili variazioni di breve periodo (per esempio mensili)” http://guide.supereva.it/economia_politica/interventi/2009/11/variazioni-tendenziali-e-variazioni-congiunturali consultato il 6/11/19

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Nel 2018 i 2/3 della spesa turistica straniera in Italia sono stati generati dai viaggi per le vacanze (pari a 27,5 miliardi), per un totale di circa 241 milioni di pernottamenti (pari all’89% del totale).

Al secondo posto troviamo i viaggi per lavoro, che costituiscono il 13% in termini di spesa totale (5,5 miliardi) e l’11% dei pernottamenti (circa 42 milioni). Al terzo posto troviamo i viaggi con lo scopo di visitare parenti e amici, che costituiscono il 10% della spesa estera (pari a 4,1 miliardi) e il 16% dei pernottamenti (circa 64 milioni). Gli altri scopi di viaggio più marginali (viaggi per studio, shopping e alti motivi personali) producono una spesa complessiva di 4,6 miliardi e 41,2 milioni di pernottamenti (pari rispettivamente al 12% e 10% del totale).

Se analizziamo la ripartizione della spesa turistica straniera del 2018 per regione italiana visitata, abbiamo al primo posto il Lazio, che con 7,4 miliardi di euro costituisce da solo il 18% della spesa turistica estera nel nostro paese, in aumento del 6,9% rispetto al 2017; segue la Lombardia con 6,7 miliardi (+4,3% tendenziale) e una quota sul totale nazionale pari al 16,4%; il Veneto con 6,1 miliardi di euro (+3,8%); la Toscana con 4,5 miliardi (+3,9%). È interessante notare come queste 4 regioni da sole assorbano ben i 2/3

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della spesa turistica straniera; per fare un confronto, il Sud e le Isole insieme arrivano a circa 6,3 miliardi (in aumento del 8,8% rispetto al 2017)43,

Analizzando invece la spesa dei viaggiatori italiani all’estero nel 2018, vediamo come essa sia originata per circa i 2/3 dai “viaggi per motivi personali” (17,7 miliardi, in aumento del 4,8% rispetto al 2017). In questa macro-categoria le due voci principali “vacanze” e “visite ad amici e parenti” generano rispettivamente 10,5 miliardi (+5,3% tendenziale) e 2,4 miliardi (+5,8%).

La spesa per i “viaggi per motivi di lavoro” raggiunge nel periodo considerato i 7,7 miliardi (+1,6%).

L’Unione Europea, con 12,7 miliardi di euro e un incremento del 4,8% rispetto al 2017, assorbe da sola la metà della spesa turistica italiana all’estero, con Francia e Spagna che rappresentano rispettivamente il secondo e il terzo mercato di destinazione (pari a 2,3 e 2,2 miliardi di euro in aumento del 5,7% e 9,6%). Anche gli altri principali paesi dell’area mostrano trend in crescita: il Regno Unito con un +4,3%, la Germania con un +6,5%, Austria con un +2,9%.

Gli Stati Uniti si confermano nel 2018 la meta verso la quale gli italiani spendono di più e con ritmi di crescita sempre più elevati. La spesa nel 2018, infatti, è stata di 2,8 miliardi di euro, con un aumento dell’11,4% rispetto all’anno precedente.

Si segnalano inoltre nel 2018 gli incrementi tendenziali di spesa verso il Giappone (+21,5%) seppure con una spesa ancora modesta (278 milioni di euro).

Il decremento di spesa turistica italiana verso Svizzera (-3,4%), Canada (-2,8%) e Australia (-18,9%) dimostra che gli italiani stanno optando per tipologie di viaggi meno impegnative e costose44.

43 Ivi p. 59 44 Ivi p. 60

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CAPITOLO 2 LA MODA COME LIFESTYLE E INVESTIMENTI NEL SETTORE ALBERGHIERO

Introduzione

In questo capitolo si affronta il tema di come le case di moda puntino sempre di più a vendere “esperienze” e di come questa tendenza le spinga ad investire nel settore alberghiero, in cui da sempre l’esperienza è un elemento fondamentale. Questa collaborazione tra case di moda e hotel arricchisce entrambi: gli hotel diventano più esclusivi e i marchi di moda si aprono a nuovi canali di vendita di tipo lifestyle, sempre più apprezzato dai consumatori di alta gamma. Due elementi fondamentali molto apprezzati dai clienti sono la personalizzazione e la capacità di raccontare una storia, un territorio e le sue eccellenze.

Si approfondisce inoltre il tema degli Art hotel, sia gestiti da case di moda sia da altri hotel e catene alberghiere.

1. La moda diventa industria di lifestyle

È il desiderio di conquistare nuove fette di mercato e di consolidare la propria immagine a spingere i brand di moda a realizzare progetti e investire nell’hotellerie. In questo modo le griffe riescono ad acquisire segmenti distanti dai propri core business.

Le case di moda diventano produttrici di lifestyle, non si occupano più solo di abbigliamento ma anche di accessori, arredamento e profumi. A queste attività si aggiunge l’hotellerie.

Muta il concetto di moda ma anche quello di albergo: da luogo dedicato semplicemente al soggiorno, ad occasione per concedersi il meglio ed accrescere il proprio benessere fisico e mentale.

Investire nel settore alberghiero diventa una operazione di brand recognizing, una operazione di marketing più che un investimento finanziario. Per le case di moda, infatti, il fatturato generato dal ramo alberghiero è limitato se confrontato con i ricavi complessivi.

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Ad esempio nel 2017 il fatturato di Lungarno Alberghi s.r.l. è stato di 28,88 milioni di euro con un utile di 2,4 milioni di euro1, mentre il fatturato

complessivo 2017 di tutto il gruppo Ferragamo è stato di 762,38 milioni di euro, con un utile di 113,01 milioni di euro2.

Nei paesi esteri le firme italiane raramente acquistano strutture alberghiere, solitamente agiscono in partnership con operatori locali firmando il design ed apponendo il proprio marchio, che viene adeguatamente remunerato da “fees” iniziali e royalties sul markup3 che il brand riesce a garantire.

La proprietà dell’hotel rimane ai costruttori ed il management è fornito da consolidate società di gestione alberghiera. In questo modo si realizzano

joint venture vincenti che generalmente garantiscono una pari

rappresentanza delle parti nella società e consentono alle case di moda di delegare la gestione con vincoli di esclusività4.

2. Esperienze di lifestyle: dalle capsule collection ai nuovi souvenir In questi anni è in costante crescita il lusso esperienziale (+11% tra 2010 e 2016 secondo Bain – Altagamma, a fronte di un +6% di quello legato agli oggetti). Il lusso esperienziale consiste in una radicale modifica nelle strategie di comunicazione e posizionamento di molti brand (del lusso, ma non solo). Fino a non molto tempo fa, la comunicazione era molto concentrata sul prodotto e sui suoi attributi (qualità, benefici, funzione o occasione d’uso). Oggi, invece, l’attenzione si sta man mano spostando verso la marca, o meglio, verso l’identità di marca. Soprattutto nel settore moda dove non ci sono grandissime differenze stilistiche tra i prodotti, e se ci sono vengono rapidamente e facilmente copiate, è la marca a fare la

1 https://www.reportaziende.it/lungarno_alberghi_srl consultato il 03/10/19 2 https://www.reportaziende.it/salvatore_ferragamo_spa consultato il 03/10/19

3 Differenza tra il prezzo di vendita di un bene o servizio e il suo costo di produzione, solitamente espressa in percentuale del costo stesso (http://www.treccani.it/enciclopedia/ mark-up_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/)

4 https://www.mastermeeting.it/Upload/magazine/database/riviste_pdf/149/5%20Lifestyle %20Moda%20hotellerie.pdf consultato il 27/09/19

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differenza. Specialmente nel settore del lusso, la marca è quasi sempre orientata a comunicare un mondo di riferimento, piuttosto che gli attributi del prodotto. Ma questo modo di comunicare si sta estendendo anche ai brand di fascia bassa. Le persone, infatti, hanno sempre meno bisogno di “comprare per possedere”, mentre desiderano sempre di più far parte di una comunità con cui condividere valori, opinioni e stile di vita. In poche parole, desiderano sempre più fare “esperienze”5.

La crescita del lusso esperienziale spinge il mondo dell’ospitalità e quello della moda a collaborare sempre più spesso, soprattutto attraverso collezioni in edizione limitata realizzate ad hoc per gli ospiti. È un incontro che arricchisce entrambi: gli hotel possono offrire un’ulteriore declinazione della loro esclusività, i brand di moda si aprono a nuovi canali di vendita e si evolvono verso un arricchimento di tipo lifestyle, sempre più apprezzato dai consumatori di alta gamma. Nelle collezioni realizzate per gli hotel si esprimono al meglio anche altre due tendenze del settore del lusso: la personalizzazione, che è anche desiderio di possedere qualcosa di davvero esclusivo, a prescindere dal suo valore, e la capacità di raccontare una storia, un territorio e le sue eccellenze.

Uno dei casi più tipici è la collaborazione tra Pucci, marchio fondato e prosperato a Firenze, e l’hotel Savoy, uno degli alberghi storici della città, proprietà della famiglia Ferragamo e gestito dal gruppo Rocco Forte.

Dopo la ristrutturazione la image director del brand, Laudomia Pucci, ha ideato un foulard che decora i tavolini del bistrò Irene (all’interno dell’hotel) e che i clienti possono acquistare (si sta valutando di realizzare anche altre creazioni).

Tra le novità c’è anche la realizzazione della “capsule collection” composta da kimono, pantaloni e giacca in seta firmata F.R.S., marchio di Francesca

5 https://www.myenglishmood.it/2019/02/nellera-del-lusso-esperienziale/ consultato il 07/10/19

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