• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 2"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 2

IMPATTO DEGLI INQUINANTI SULLE OPERE D’ARTE

2.1 EFFETTI DEGLI INQUINANTI ATMOSFERICI SUI BENI

ARTISTICI CUSTODITI IN MUSEI E COLLEZIONI

L’aria presente in ambienti chiusi, quali musei e collezioni, può essere contaminata a causa della penetrazione degli inquinanti esterni attraverso le porte, le finestre, i sistemi di ventilazione e gli stessi visitatori, che, trasportano all’interno gli inquinanti esterni con l’abbigliamento e le scarpe e causano il risollevamento delle polveri già depositate sui pavimenti.

Inoltre, i visitatori sono anche fonte diretta di particelle, provenienti dalla pelle e dalle fibre tessili, e di alcuni tipi di sostanze volatili, che condensando generano a loro volta il particolato. Queste specie volatili sono sia molecole organiche come aldeidi, chetoni, alcoli e esteri, sia gas inorganici prodotti con la respirazione come CO2 e NH3 [11]. Nei musei possono esistere anche delle sorgenti interne di alcune sostanze inquinanti quali idrocarburi, acidi carbossilici, alcoli, chetoni e aldeidi. Tali sostanze vengono rilasciate dagli arredamenti, dalle vernici, dai materiali da costruzione e dai materiali per l’isolamento; la formaldeide ad esempio può essere emessa da materiali in legno, da tessuti [14] e tappeti [20].

Gli stessi cassetti o armadietti in legno pensati per la conservazione possono rilasciare inquinanti, soprattutto acidi carbossilici, dannosi per le opere in essi conservati [13]. Nonostante ciò i materiali in legno sono ancora i più usati per la conservazione dei beni nelle stanze di deposito dei musei in quanto il legno è un materiale a basso costo e molto versatile.

Per quanto possa sembrare inverosimile, alcune sostanze potenzialmente nocive per le opere d’arte sono rilasciate da materiali usati per trattare e conservare le opere stesse; ne sono esempi:

(2)

- Il naftalene e l’1,4 diclorobenzene, usati in passato come insetticidi e fungicidi anche sulle opere d'arte [13];

- gli NOx, e l’acido acetico, derivanti dalla degradazione del nitrato di cellulosa (un

materiale pellicolare usato per la conservazione degli antichi scritti negli archivi) [14];

- l’acido formico, rilasciato da alcune sostanze usate per conciare le pelli di animali custodite nei musei di preistoria [13];

- la formaldeide, emessa dalle soluzioni di formalina usate per la conservazione di campioni zoologici [13].

A titolo esemplificativo di seguito descriverò gli effetti dell’inquinamento atmosferico su alcuni beni artistici custoditi all’interno dei musei, quali dipinti, affreschi, arazzi, armature e sculture metalliche, antichi scritti, manufatti in cuoio e materiali calcarei. Gli inquinanti gassosi che vengono assorbiti sulla superficie dei dipinti ad olio e a tempera li danneggiano soprattutto attraverso la corrosione dei pigmenti, e, dunque, l’attenuazione dei colori. I principali responsabili di tale deterioramento sono NOx, SOx, H2S, acido nitrico e ozono, tra le specie inorganiche, e gli idrocarburi alogenati , l’acido acetico e la formaldeide, tra quelle organiche [14].

La deposizione degli ossidi di azoto causa l’ossidazione del ferro(II) a ferro(III) sui dipinti murali e sugli affreschi che presentano il pigmento terra verde (silico alluminati di ferro(II), ferro(III), magnesio e potassio)

[

7]; mentre l’assorbimento dell’anidride

solforosa causa la solfatazione dello strato più superficiale dei dipinti, con formazione di solfati di tipologia diversa a seconda dei pigmenti usati:

- solfato di rame, in presenza di pigmenti contenenti rame, come l’azzurite (2CuCO3·Cu(OH)2);

- solfato di piombo, sulla superficie delle opere contenenti il pigmento bianco di piombo (2PbCO3·Pb(OH)2);

- solfato di zinco, in presenza di bianco di zinco (ZnO);

- solfato di calcio (gesso, CaSO4·2H2O), sulla superficie delle opere d’arte che

presentano pigmenti a base di calcio, come il Bianco S.Giovanni (CaCO3) [7].

Sia l'acido nitrico che quello nitroso si depositano sulla superficie dei dipinti, ma mentre HNO2 tende facilmente ad essere liberato in fase gassosa, l’acido nitrico tende a rimanere assorbito sullo strato più superficiale delle opere d’arte ed interagisce con i pigmenti.

(3)

La reazione più importante che porta alla formazione di questi acidi in atmosfera li produce in uguale concentrazione molare, per tale motivo, l’acido nitroso si trova in concentrazione maggiore nell’aria interna ai musei rispetto a HNO3, che è assorbito sui dipinti.

NO2 +H2OÆ HNO2 +HNO3

Ciò può, quindi, essere utile per valutare la quantità di acido nitrico depositato sulle opere d’arte

[

6].

NOx e SOx danneggiano non solo i pigmenti ma anche i leganti che li tengono uniti, in particolare quelli a base di olio di semi di lino, a causa della formazione di gruppi OH, e quindi di acidi carbossilici o alcoli secondari sulla superficie esterna dei dipinti, con conseguente modificazione dello spettro IR [7].

Sia gli acidi inorganici che la formaldeide deteriorano i leganti pittorici, in quanto causano reazioni di idrolisi ed ossidazione. In particolare, è stata osservata la denaturazione dei leganti proteici (uovo, caseina e collagene) [14].

Un altro importante agente inquinante che arreca danno alle opere pittoriche è il particolato atmosferico. Le particelle sospese provocano impolveramento e annerimento dei dipinti, e, poiché sono un naturale veicolo di trasporto di acidi, anche corrosione [14], decolorazione, perdita di lucentezza e diminuzione dello spessore dello strato di pittura [12].

Le particelle con diametro medio inferiore a 0,1 micron mostrano un comportamento più simile agli inquinanti gassosi. Queste particelle non si depositano sulle superfici per effetto di sedimentazione ma aderiscono alle superfici per effetto delle forze di Van der Walls o per interazione elettrostatica, e, dunque, sono più difficilmente risospese rispetto alle particelle più grandi (di diametro compreso tra 2,5 e 100 µm), che, al contrario, tendono a cadere al suolo più facilmente [14].

SOx, NOx, ozono e VOC acidi, quali acido formico e acetico, formaldeide e acetaldeide, esercitano la loro azione corrosiva, non solo sui dipinti, ma anche sui tessuti di cui sono costituiti gli arazzi (che si indeboliscono e cambiano di colore) [14,20], e sulle armature e le sculture in metallo che subiscono annerimento e corrosione.

I metalli di cui sono costituiti alcuni beni possono essere danneggiati, oltre che dai VOC acidi [20], anche dagli IPA [13], dall’idrogeno solforato, dagli ossidi di azoto e di zolfo e dal particolato atmosferico, che è un veicolo di trasporto degli acidi e per la sua natura igroscopica ha la capacità di assorbire il vapor d’acqua e quindi di causare l’ossidazione del ferro [14].

Gli antichi scritti custoditi nei musei e nelle collezioni possono, invece, subire diversi tipi di deterioramento per mezzo di differenti inquinanti atmosferici:

(4)

- decolorazione, ad opera dell’anidride solforosa [14], - ingiallimento, per effetto degli idrocarburi alogenati [13], - corrosione, a causa dell’azione dell’acido acetico.

L’acido acetico può essere rilasciato anche dai materiali pellicolari a base di nitrato di cellulosa usati per la conservazione delle stesse opere letterarie negli archivi [14]. Inoltre, tale materiale pellicolare si può ammorbidire a causa dell’azione degli idrocarburi alogenati e, tra questi, può assorbire l’1,4-diclorobenzene, usato in passato come insetticida e fungicida anche sulle opere d'arte [13].

Gli acidi carbossilici, soprattutto l’acido acetico e l’acido formico, causano la corrosione dei materiali calcarei , come le conchiglie, i cammei, la madreperla e i gusci d’uovo, che sono custoditi nelle collezioni naturalistiche [14]. Oltre a ciò, possono essere assorbiti dai manufatti in cuoio conservati nei musei di preistoria che si deteriorano a causa dell'eccesso di acidità. Tra le fonti emissive di queste sostanze sono presenti anche gli stessi materiali che sono usati per trattare le pelli di animali [13].

Nella tabella 3 vengono riassunti gli effetti dell’inquinamento atmosferico riscontrati in ambiente confinato o semiconfinato.

(5)

Tabella 3 Effetti degli inquinanti sulle opere d’arte custodite in musei e collezioni.

opera d’arte inquinante effetto bibliografico riferimento

NOx

Corrosione del pigmento terra verde a causa dell’ossidazione del ferro(II) a ferro(III).

Alterazione dei leganti, tramite la formazione di gruppi OH, e quindi di acidi carbossilici o alcoli secondari, con conseguente modificazione dello spettro IR.

12

SOx

Solfatazione dello strato più superficiale dei dipinti, con formazione di solfati diversi a seconda del tipo di pigmento.

Alterazione dei leganti, tramite la formazione di gruppi OH, e quindi di acidi carbossilici o alcoli secondari, con conseguente modificazione dello spettro IR. 12 H2S, acido nitrico, ozono, idrocarburi alogenati , acido acetico e formaldeide

Deterioramento dei leganti pittorici proteici con reazioni di idrolisi ed

ossidazione. 4

dipinti

particolato atmosferico

Annerimento, abrasione e corrosione (poiché le particelle sono un naturale veicolo di trasporto di acidi), perdita di lucentezza, diminuzione dello spessore dello strato di pittura.

2,4 arazzi SO2, NOx, ozono, acido formico e acetico, formaldeide e acetaldeide Corrosione, indebolimento e cambiamento di colore 4,11 armature e le sculture in metallo

VOC acidi, IPA, H2S

NOx, SOx e particolato atmosferico annerimento e corrosione 11,3,4 SO2 decolorazione 4 idrocarburi

alogenati ingiallimentoammorbidimento del nitrato di della carta e cellulosa usato per proteggere gli scritti

3

antichi scritti

acido acetico corrosione 4

materiali

calcarei acidi carbossilici corrosione 4

manufatti in

cuoio acidi carbossilici

deterioramento a causa dell'eccesso

di acidità 3

resine

(6)

2.2 EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E DELLE

VARIAZIONI MICROCLIMATICHE SUI BENI ARTISTICI

ESPOSTI ALL’APERTO

Edifici in pietra, monumenti e sculture esposte all’aperto sono stati degradati per secoli da cause naturali, come vento, pioggia e freddo. L’alterazione della roccia non è, quindi, un fenomeno contemporaneo, ma nell’ultimo secolo i monumenti e gli edifici sono diventati ricettacoli di inquinanti che si depositano sulla loro superficie per deposizione secca o umida, modificando la natura della roccia.

La crosta nera (black crust) si forma sulle parti della roccia bagnate dalla pioggia ma protette dal ruscellamento intenso. La black crust è composta da una matrice minerale di gesso (CaSO4·2H2O) nella quale rimangono intrappolati sia inquinanti aerei, quali

idrocarburi alifatici, idrocarburi policiclici aromatici e particolato, sia microrganismi. La formazione del gesso è causata dalla reazione tra l’acido solforico e la calcite di cui la roccia è costituita; l’acido solforico si forma o per ossidazione dell’anidride solforosa in atmosfera e sua deposizione su materiale lapideo, o per sua solubilizzazione nell’acqua di condensa e successiva ossidazione, secondo lo schema seguente:

2SO2(g)+O2Æ 2SO3(g)

SO3(g)+H2OÆ H2SO4(l)

H2SO4(l)+ CaCO3(s)+ H2OÆ CaSO4·2H2O(s)+CO2(g)

Tra i contaminanti intrappolati nella crosta nera quelli che procurano maggior danno ai monumenti sono le particelle carboniose che costituiscono il particolato atmosferico e che determinano l’annerimento della roccia.

Il carbonio organico presente in queste particelle, di origine biogenica o antropica, è costituito da alcani, alcheni, idrocarburi aromatici e policicliciaromatici, acidi carbossilici, aldeidi, chetoni, esteri e fenoli.

L'annerimento della superficie dovuto alla black crust provoca la diminuzione dell'albedo della roccia e dunque un incremento dell'assorbimento della radiazione solare da parte della stessa. Questi continui cicli di riscaldamento/raffreddamento fanno sì che gli edifici e i monumenti subiscano uno stress che, con il passare del tempo, porta al distaccamento dei frammenti di roccia superficiali ricoperti dalla crosta nera [12].

Nella zona degli edifici e dei monumenti in marmo in cui predomina il ruscellamento dell’acqua piovana, l’erosione della roccia può essere causata da due possibili fattori:

(7)

- l’azione solubilizzante e dilavante della pioggia, il cosiddetto effetto carsico, che porta alla trasformazione del carbonato di calcio in bicarbonato, più solubile:

CaCO3+H2O+CO2 →← Ca2+ + 2HCO3-

- l’effetto corrosivo di contaminanti, quali NOx e SOx, che generano le cosiddette

piogge acide, in quanto aumentano l’acidità della pioggia, normalmente dovuta alla sola anidride carbonica [21,12]:

CaCO3+ 2H+ Æ Ca2+ + H2O+ CO2 ↑

Le opere d’arte sono danneggiate, oltre che dagli inquinanti atmosferici e dall’azione solubilizzante della pioggia, anche dalle continue e naturali variazioni delle condizioni microclimatiche. Queste variazioni costringono gli oggetti, così come gli uomini e gli animali, ad adattarsi ad esse in una situazione sempre dinamica, ma, mentre gli esseri viventi riescono in parte a difendersi attraverso le proprie capacità di adattamento, gli oggetti rispondono in maniera passiva a queste sollecitazioni.

Ripetendosi nel tempo, questi stress inducono variazioni dimensionali, igroscopiche e termiche, che risultano dannose per i materiali che costituiscono le opere d’arte [19]. Il microclima è il clima dei luoghi (come una piazza o una stanza) in cui è presente un monumento o in generale un’opera d’arte ed è determinato da due fattori, che influenzano il bilancio di calore e l’equilibrio del vapor d’acqua dei beni artistici: l’umidità e la temperatura.

All’interno delle piramidi e delle tombe etrusche questi due fattori per secoli si sono mantenuti costanti, e ciò ha permesso la buona conservazione delle opere qui custodite [8]. Al contrario, il mantenimento di un microclima costante è praticamente impossibile per i beni esposti all’aperto, che, dunque, sono soggetti a continui stress. Inoltre, diversamente da quanto si possa pensare, al giorno d’oggi ciò risulta di difficile realizzazione anche in ambienti chiusi. In primo luogo perchè le opere d’arte esposte nei musei sono costituite da diversi tipi di materiali, quali marmo, legno, tessuto ecc., ognuno dei quali richiede diverse condizioni microclimatiche per essere preservato. In secondo luogo, a causa dell’influenza che l’ambiente esterno esercita su quello interno ai musei e della presenza di impianti di riscaldamento e di aria condizionata, necessari per rendere l’ambiente confortevole per i turisti [9].

(8)

2.3 TECNICHE IMPIEGATE PER VALUTARE LA REATTIVITA’

DEGLI INQUINANTI NEI CONFRONTI DELLE OPERE D’ARTE

Gli studi di monitoraggio ambientale volti alla salvaguardia del patrimonio artistico hanno due principali obiettivi:

- identificare la natura e le sorgenti degli inquinanti che possono interagire con le opere d’arte;

- valutare la reattività dei contaminanti nei confronti dei materiali di cui le opere sono costituite.

Per raggiungere questi obiettivi ci si basa su due tipi di indagine: monitoraggio della qualità dell’aria e valutazione della sensibilità dei materiali nei confronti degli inquinanti. Dei primi parleremo diffusamente nel capitolo tre, di seguito, invece, parleremo delle tecniche adottate per studiare i materiali.

Queste tecniche sono volte sia a valutare lo stato di degrado delle opere d’arte a seguito dell’esposizione alle sostanze inquinanti, sia a determinare l’emissione dei contaminanti da parte delle opere stesse.

Per prevedere gli effetti dell’esposizione di opere d’arte ad agenti inquinanti atmosferici occorre prima di tutto simulare manufatti artistici con materiali più simili possibile a quelli dell’opera d’arte in esame. In tal modo si realizzano materiali di riferimento che, sottoposti a particolari protocolli di invecchiamento, permettono lo studio del degrado. La riproduzione delle tecniche di realizzazione dei materiali utilizzati nell’antichità si basa sull’interpretazione dei testi storici, quali ad esempio “Il Libro dell’Arte” di Cennino Cennini (1859). Più problematica è, in ambito pittorico, la riproduzione degli effetti dell’invecchiamento.

I metodi di invecchiamento più diffusi simulano l’esposizione continuativa delle opere alla luce del sole e agli inquinanti gassosi per ottenere informazioni sul deterioramento delle superfici sia pittoriche che lapidee.

Alcuni studiosi [7] a questo scopo hanno utilizzato delle tegole di ceramica sulle quali è stato applicato uno strato di materiale dipinto:

- intonaco, per simulare gli affreschi e i dipinti murali;

- una miscela di gesso e colla animale, per simulare le opere eseguite su supporto mobile (tela o tavole).

(9)

Questi materiali di riferimento vengono sottoposti ad invecchiamento accelerato, in camere climatiche. Le camere di invecchiamento sono degli ambienti appositamente predisposti nei quali sono mantenute sotto controllo le condizioni microclimatiche di temperatura, di umidità relativa e di irraggiamento luminoso. Inoltre, in tali ambienti è possibile realizzare concentrazioni note di inquinanti volatili.

I test eseguiti in queste camere misurano indirettamente la deposizione di inquinanti, tramite la diminuzione della loro concentrazione all’interno delle camere stesse, dove è collocato il campione da studiare.

Si possono eseguire test in camere di invecchiamento anche per studiare i meccanismi di degrado causato dagli inquinanti volatili su monumenti ed edifici in pietra. Oltre a ciò, per questo tipo di opere, si può ricorrere a studi di esposizione sul campo, tramite l’uso di provini lapidei, e studi eseguiti direttamente sui monumenti e gli edifici storici. Questi ultimi hanno come obiettivo la quantificazione del materiale eroso dalla pioggia stessa, a causa dell’effetto carsico o dell’acidità dovuta a NOx e SOx, e l’analisi dei componenti presenti nelle croste nere.

Gli studi di esposizione sul campo, invece, consistono nel posizionare provini di materiali diversi, in diversi siti, sia riparati dalla pioggia che non, per determinati periodi di tempo, al fine di misurare la perdita di materiale a seguito del deposito di gesso e di inquinanti organici [12].

Questo metodo ha il notevole vantaggio di studiare il degrado del campione in condizioni reali, d’altra parte, però, presenta anche degli svantaggi significativi:

1. le condizioni meteo e di inquinamento cambiano da un sito all’altro; 2. il numero di siti è limitato;

3. risultati significativi di deposito si ottengono solo con lunghi tempi di esposizione (dell’ordine di 10 anni) [12].

Oltre a stimare i danni a cui sono soggette le opere d’arte situate in un ambiente inquinato, un obiettivo importante dei test eseguiti sui materiali è la valutazione

dell’emissione di inquinanti organici volatili da parte degli stessi manufatti artistici,

testata tramite apposite camere climatiche.

Il campione viene posizionato all’interno di un microambiente controllato del quale sono note la temperatura, l’umidità e i parametri di ricambio dell’aria interna.

Le camere devono essere realizzate con materiali che presentano proprietà di adsorbimento minime nei confronti dei composti volatili in studio e ciò permette di definire sia dal punto qualitativo che quantitativo l’emissione del campione, analizzando la composizione dell’aria interna alla camera [20].

(10)

2.4 IL CAMPOSANTO MONUMENTALE DI PISA

La realizzazione del Camposanto fu iniziata nel 1277 da Giovanni di Simone, come ultimo degli edifici monumentali presenti in Piazza dei Miracoli: l'occasione fu data, secondo una leggenda, dall'arrivo di "terra santa" proveniente dal Golgota, portata dalle navi pisane di ritorno dalla Seconda Crociata.

Fig.7 Visione esterna del Camposanto monumentale di Pisa.

All'esterno il Camposanto si presenta come un edificio in marmo bianco, con 43 archi ciechi e due porte (vedi figura 7), all'interno, invece, assomiglia ad un chiostro, con quattro ampi loggiati e, al centro, una parte rettangolare scoperta, adibita a prato (vedi figura 8)

[

22].

(11)

Dal 1360, mentre ancora la struttura architettonica era in corso di completamento, si iniziò a decorare ad affresco le pareti con soggetti legati al tema della vita e della morte, ai quali lavorò uno tra i più grandi pittori allora viventi: Buonamico Buffalmacco, autore del celebre Trionfo della Morte (in figura 9 è mostrato un particolare), oggi conservato in una stanza dedicata, sul lato nord del Camposanto.

Fig.9 Particolare del Trionfo della Morte.

Lungo le pareti esterne sono conservati molti sarcofagi di epoca romana [23], che in età medioevale sono stati spesso riutilizzati per seppellire le maggiori personalità cittadine, come i rettori e i più prestigiosi docenti dell'Università di Pisa, i governanti e i membri delle famiglie più in vista.

L'edificio ha subito nel corso dei secoli molti restauri

[

22]. In epoca romantica le

condizioni di conservazione destavano già numerose preoccupazioni, per via di alcuni vistosi segni di decadimento e il rovinare a terra di alcune intere parti di scene.

Fin da allora iniziò l’opera di restauro, per tentare di arginare lo sfarinamento del colore e i distacchi dell'intonaco. L’intervento più grosso si ebbe dopo i gravi danni arrecati al monumento nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando le bombe degli alleati incendiarono il tetto del Camposanto e danneggiarono gli affreschi in modo gravissimo, in seguito ad un incendio che durò parecchi giorni. Attualmente i lavori di restauro sono ancora in corso, e, proprio per questo motivo, e per le difficoltà di conservazione del Camposanto Monumentale, il monumento, nel tempo, ha perso prestigio nei confronti degli altri presenti in Piazza dei Miracoli.

Per tale motivo l’Opera della Primaziale Pisana (OPA) ha promosso una attività di ricerca, mirata a raggiungere i seguenti obiettivi:

1. valutare il livello di degrado delle opere d’arte custodite;

(12)

3. valutare la qualità dell’ambiente che ospita dette opere d’arte. L’ultimo punto si articola in due attività:

1. la determinazione degli inquinanti inorganici e della concentrazione di CO2 all’interno e all’esterno della sala, e la valutazione dei parametri meteorologici, quali: intensità e direzione del vento (nel cortile del Camposanto), temperatura, e umidità relativa (sia all’interno che all’esterno della sala);

2. la determinazione degli inquinanti organici volatili, sia all’interno che all’esterno della stanza.

La prima attività viene svolta dai ricercatori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR di Bologna, mentre la seconda viene svolta presso il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e riguarda lo svolgimento di questa tesi.

Comprendere quali sono le condizioni di qualità dell’aria, sia all’interno che all’esterno della sala, permetterà di:

1. prendere opportune decisioni per ciò che riguarda la conservazione degli affreschi restaurati e ricollocati nei loggiati;

2. valutare la necessità di affrontare il restauro degli affreschi del Trionfo della Morte e di riposizionarli nella loro originaria e storica collocazione, nei loggiati.

Figura

Tabella 3  Effetti degli inquinanti sulle opere d’arte custodite in musei e collezioni

Riferimenti

Documenti correlati

Anche le anidridi si rivelano più reattive degli acidi carbossilici, non solo perchè gli elettroni che l’ossigeno centrale dona per risonanza devono essere

Sulla sinistra vi sono molecole più semplici, sulla destra sono riportate molecole

Nell'acido formico i due legami carbonio-ossigeno hanno lunghezze diverse, mentre nel formiato di sodio i legami carbonio-ossigeno dello ione sono identici (la lunghezza è

 Trovare la catena più lunga di Trovare la catena più lunga di atomi di carbonio contenente il atomi di carbonio contenente il gruppo aldeidico..

I derivati degli acidi carbossilici danno reazioni

Si ottiene un prodotto di addizione nucleofila nucleofila. Aldeidi e chetoni danno reazioni di Aldeidi e chetoni danno

L’idrogeno rappresenta infatti un vettore che potrebbe essere ottenuto da varie fonti energetiche e che inoltre potrebbe contribuire a ridurre l’inquinamento

Alcoli, Aldeidi e Chetoni, Acidi carbossilici sono composti con grado di ossidazione crescente del gruppo funzionale. Le aldeidi e i chetoni si trovano in una posizione intermedia e