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Le microangiopatie trombotiche in gravidanza; non solo HELLP

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Academic year: 2021

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1 Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

“Le microangiopatie trombotiche in gravidanza;

non solo HELLP”

Relatore Candidata

Professor Tommaso Simoncini Federica Mei

Correlatore

Dottoressa Lorella Battini

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Indice

1.Introduzione ... 5

1.1 Le microangiopatie trombotiche... 5

1.2 Classificazione delle MAT4 ... 6

1.3 Gravidanza e MAT ... 7 1.4 Epidemiologia ... 9 1.5 Presentazione Clinica ... 9 2. Pre-eclampsia ed Eclampsia ... 12 2.1 La Pre-eclampsia ... 12 2.2 Epidemiologia ... 13

2.3 L’evoluzione della Gestosi/Pre-eclampsia ... 13

2.4 Eziopatogenesi ... 14

2.5 Fattori coadiuvanti o predisponenti ... 18

2.6 Profilassi ... 19

2.7 Trattamento della Gestosi sintomatica o Pre-eclampsia lieve12 ... 23

2.8 Trattamento Eclampsia imminente o Pre-eclampsia grave12 ... 25

2.9 Gestione Gestosi Post-partum12 ... 27

2.10 Gestione Eclampsia convulsiva ... 28

3. La sindrome HELLP ... 31 3.1 Fisiopatologia ... 32 3.2 Clinica ... 33 3.3 Diagnosi ... 34 3.4 Trattamento ... 35 3.4.1 Il parto ... 37 3.5 Prognosi e complicanze ... 38 3.6 La diagnosi differenziale ... 39

4. Porpora trombotica trombocitopenica ... 41

4.1 Storia ... 41

4.2 La fisiopatologia ... 42

4.3 Forme di TTP ... 44

4.3.2 TTP congenita (cTTP) ... 46

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4.4 Presentazione clinica della TTP ... 48

4.5 Diagnosi ... 50 4.6 Trattamento TTP ... 54 4.6.1 Plasmaferesi ... 55 4.6.2 Corticosteroidi ... 55 4.6.3 Terapie biologiche ... 56 4.6.4 Splenectomia ... 56

4.6.5 Altri farmaci immunomodulatori ... 57

5. La Sindrome Emolitico Uremica ... 59

5.1 Classificazione ... 59 5.2 Fisiopatologia ... 61 5.3 Genetica ... 62 5.4 Clinica ... 63 5.5 Diagnosi ... 65 5.6 Trattamento ... 66

6. Coagulazione intravascolare disseminata ... 68

7. Altri imitatori della sindrome HELLP ... 70

7.1 Il fegato grasso acuto in gravidanza ... 70

7.2 Lupus Eritematoso Sistemico ... 73

7.3 Sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi ... 74

7.4 Sepsi Virale Sistemica ... 74

7.5 Sepsi ... 75

8. La Diagnosi Differenziale nelle MAT ... 77

9. Studio Clinico ... 87

9.1 Obiettivi ... 87

9.2 Strumenti e metodi ... 89

9.3.1 Casi clinici e Discussione ... 91

9.3.2 Secondo caso ... 92

9.3.3 Terzo caso ... 94

9.3.4 Quarto caso ... 95

9.3.5 Quinto caso ... 97

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4 9.3.7 Settimo caso ... 99 9.3.8 Ottavo caso ... 101 9.3.9 Nono caso ... 102 9.3.10 Decimo caso ... 103 10.1 Conclusioni ... 106

Raccomandazioni sul management di pazienti con sospetta TTP 31: ... 107

Raccomandazioni sul management di pazienti con sospetta SEUa31: ... 108

I punti critici: ... 108

La nostra proposta: ... 109

Bibliografia ... 110

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1.Introduzione

1.1 Le microangiopatie trombotiche

Le microangiopatie trombotiche (MAT) descrivono una raccolta di disturbi con presentazione simile ma diversa patogenesi e spesso diverse terapie1.

Le microangiopatie trombotiche (MAT) comprendono un gruppo eterogeneo di sindromi che condividono caratteristiche patologiche comuni, ovvero danno alle cellule endoteliali e trombosi microvascolare, e una triade clinica caratterizzata da trombocitopenia, anemia emolitica e segni di sofferenza ischemica a vari distretti corporei, principalmente, ma non limitato, a rene e SNC 2.

Ne fanno parte:

 Pre-eclampsia/ Eclampsia  Sindrome HELLP

 Porpora trombotica trombocitopenica (TTP)

 Sindrome emolitico-uremica atipica (aSEU) e tipica (STEC-SEU)  Coagulazione intravasale disseminata (CID)

 Sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

Le MAT sono disturbi complessi, dovuti al disequilibrio tra i sistemi della coagulazione, del sistema immunitario e del complemento.

L’attivazione del complemento determina un danno endoteliale a livello del microcircolo (arteriole e capillari), che si verifica a livello locale e sistemico.3

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1.2 Classificazione delle MAT

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Le microangiopatie trombotiche si dividono in forme autoimmuni e non autoimmuni.

Forme Primarie:

 Autoimmuni:

- Auto-anticorpi contro ADAMTS 13 (a disintegrin-like and metalloprotease (reprolysin type) with thrombospondin type 1 motif, 13): TTP

o -idiopatica o -da farmaci

- Auto-anticorpi contro fattori del complemento (SEU atipica) - Lupus Eritematoso Sistemico (LES)

- Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (AFS).  Non Autoimmuni:

- Deficit di ADAMTS 13 (TTP)

- Disregolazione genetica del sistema del complemento (SEUa)

Forme Secondarie:3

- SEU tipica Shiga-toxin mediata - SEU tipica neuroaminidasi mediata - CID

- HELLP

- Gravidanza e post-partum - Ipertensione Maligna

- Farmaci (gentamicina, inibitori della calcineurina e mitomicina C) - Vasculiti, LES e sclerodermia

- Pre-eclampsia/ Eclampsia

- Trapianto Renale/ di cellule staminali emopoietiche - Neoplasie

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La differenza tra le forme primarie e secondarie consiste nel fatto che nelle prime la malattia è definita dalla presenza della MAT, mentre nelle seconde si associano altre condizioni mediche alla cui risoluzione la MAT regredisce.

1.3 Gravidanza e MAT

La gravidanza si associa a fisiologiche modificazioni del microcircolo e dell’equilibrio emostatico, che possono slatentizzare una condizione di MAT congenita fino ad allora silente, o può essere essa stessa in condizioni patologiche il fattore scatenante di una MAT secondaria.

In Gravidanza si assiste ad un quadro di ipercoagulazione e ipofibrinolisi, con stato fisiologico di CID “larvata”, dovuto principalmente a stimoli ormonali, necessari per proteggere la madre dalle complicanze emorragiche durante la gravidanza, ma soprattutto nel periodo del parto e del post-partum5.

Per tali ragioni la gravidanza si può associare a complicanze tromboemboliche. Le modificazioni dell’emostasi fisiologiche in gravidanza sono5:

 Riduzione fisiologica della conta piastrinica del 10%, soprattutto nel terzo trimestre

 Aumento progressivo con l’età gestazionale dei livelli del fattore di Von Willebrand (vWF), che promuove l’aggregazione piastrinica ed è un vettore del fattore 13 della coagulazione, che pertanto sarà più concentrato

 Aumento dell’ematocrito e della viscosità del sangue  Maggiore attivazione del sistema del complemento  Aumentata attivazione del fibrinogeno.

I cambiamenti fisiologici del sistema del complemento e della coagulazione coinvolgono sia processi innati che adattativi, assicurano l’annidamento dell’embrione e la formazione della placenta; pertanto è un meccanismo di difesa sia per la madre che per il feto. Il sistema del complemento cambia proprio per proteggere il feto dal

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sistema immunitario della madre, grazie alla presenza sui trofoblasti placentari della proteina CD46 (proteina ubiquitaria che limita la deposizione della frazione C3b del complemento, che pertanto protegge i trofoblasti dalla lisi immunitaria). Infatti i livelli di C3 sono ridotti nel primo trimestre, e aumentano progressivamente nel secondo e nel terzo trimestre, con ritorno ai livelli fisiologici dopo 2-5 giorni dal parto6.

In uno studio effettuato sulla popolazione del South East England, la gravidanza è stata riscontrata come la causa scatenante nel 5% dei casi di TTP sia congenita che acquisita. I livelli del vWF e del fattore VIII aumentano progressivamente durante la gravidanza, specialmente durante il secondo e terzo trimestre, e determinano una riduzione dei livelli di ADAMTS 13, a cui contribuisce anche l’ambiente ormonale. Nelle donne con TTP congenito si ha una riduzione drammatica dell’ADAMTS 13 tale da slantetizzare o causare una recidiva della sindrome clinica. In altri casi la gravidanza può indurre una TTP secondaria dalla produzione di anticorpi contro l’ADAMTS 137.

Inoltre nel 21% dei casi del registro francese delle MAT la gravidanza è stata rilevata come fattore scatenante della SEU atipica. Modelli animali hanno dimostrato l'importanza dell'inibizione del complemento all'interfaccia fetale per il successo della gravidanza; grazie alla funzione protettiva della CD46 espressa sui trofoblasti placentari, la quale riesce a eludere la sorveglianza immunitaria, e quindi favorire la placentazione e ridurre i danni del SI al feto.Non sembra quindi sorprendente che la gravidanza possa innescare un episodio acuto di SEU in una paziente con una predisposizione genetica alla disregolazione del complemento7.

Tutto ciò porta ad una maggiore tendenza alla coagulazione, che può essere a sua volta favorita da alterazioni genetiche note o non note, che aumentano ulteriormente la probabilità di danno endoteliale con il successivo sviluppo di una MAT primaria o secondaria5.

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1.4 Epidemiologia

Le MAT sono sindromi relativamente rare che aumentano di incidenza durante la gravidanza e con alta mortalità.

Le varie incidenze sono:

 Preclampsia 1/20 gravidanze  HELLP 1/1.000 gravidanze

 TTP 1/200.000 gravidanze con una mortalità del 95% nelle forme non trattate6

 SEUa 1/25.000 gravidanze con una mortalità del 80% nelle forme non trattate e rischio di evoluzione in insufficienza renale terminale in più del 50% dei casi a 3-5 anni dall’esordio.6

TABELLA 16LA TABELLA MOSTRA LINCIDENZA DELLE MAT IN GRAVIDANZA, IL GRADO DI TROMBOCITOPENIA, LA

PRESSIONE ARTERIOSA, IL DANNO RENALE, I DISTURBI NEUROLOGICI E L’ATTIVITÀ DI ADAMTS13.

1.5 Presentazione Clinica

Le MAT si caratterizzano per la presenza di trombocitopenia, anemia emolitica e danno d’organo variabile a seconda dell’entità e dell’estensione del danno trombotico/ischemico tissutale.

Sotto il profilo ematologico a livello microvascolare si assiste a:

 Aggregazione piastrinica locale e sistemica: trombocitopenia (<150.000/mm3)

si considera invece <100.000/mm3 in gravidanza8

 Lesione meccanica degli eritrociti con la formazione di schistociti > 1% / 1000 globuli rossi, nello striscio periferico

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 Anemia emolitica microangiopatica che si manifesta con:

- Elevati livelli di LDH (largamente derivati da tessuti ischemici o necrotici piuttosto che da emazie lisate)9

- Decremento aptoglobina - Decremento emoglobina.

L’aptoglobina è una mucoproteina prodotta dal fegato, la sua funzione è quella di legare l’emoglobina liberata dai globuli rossi in corso di emolisi, per evitare l’ossidazione dell’emoglobina. Questo complesso viene rapidamente rimosso dalla circolazione e indirizzato al fegato per la distruzione e il riciclaggio del ferro. Pertanto in corso di emolisi si ha una riduzione concorde sia dell’emoglobina che dell’aptoglobina, che può quindi essere considerata una stima indiretta dell’emoglobina.

Le MAT si associano inoltre ad un ampio spettro di disordini clinici; infatti la diagnosi si avvale di almeno uno o più di questi sintomi:

 Sintomi Gastrointestinali: nausea e vomito, diarrea con o senza sangue, dolore addominale al quadrante superiore destro e gastroenteriti

 Sintomi Neurologici: confusione mentale, cefalea, disturbi visivi (tipici della TTP)

 Disturbi renali: aumento creatinina, riduzione della VFG, aumento della pressione sanguigna e sintomi urinari (tipici della SEU tipica e atipica). La diagnosi differenziale tra questi disturbi è molto complessa, sia perché hanno caratteristiche cliniche sovrapponibili, sia perché fanno parte di varie discipline trasversali (ginecologia, ematologia, nefrologia etc). Quasi sempre, durante o dopo il parto, vengono diagnosticate come HELLP o Eclampsia severa (PE-SF).

La confusione deriva dal fatto che la HELLP e la PE-SF sono complicanze molto più comuni della gravidanza, rispetto invece alla TTP e alla SEU che sono complicanze molto rare9. Inoltre, la presentazione clinica e laboratoristica cambia progressivamente e rapidamente nel tempo, quindi le donne vanno seguite costantemente ed è fondamentale fare una diagnosi precoce per l’outcome della paziente. Ogni sindrome

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ha un trattamento specifico e particolare che se somministrato tempestivamente può salvare la vita della paziente. Pertanto si enuncia come sia importante la diagnosi differenziale e più precoce possibile di queste sindromi, data la loro alta mortalità. In queste circostanze, è fondamentale conoscere per saper riconoscere, arrivando in tempo e, ove possibile per prevenire.

L’ applicazione nella pratica quotidiana dei principi e delle procedure dell’Evidence Based Medicine è altrettanto importante per ottimizzare l’outcome materno-fetale.

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2. Pre-eclampsia ed Eclampsia

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2.1 La Pre-eclampsia

La pre-eclampsia, nota anche con il nome di gestosi EPH (Edema, Proteinuria, Hypertension) o Rippmann syndrome dal nome del fondatore dell’Organization Gestosis, è una sindrome caratterizzata dalla comparsa, nella seconda metà della gravidanza (dopo la ventesima settimana) di edemi, proteinuria e ipertensione, in varia associazione.

Gli edemi sono espressione di abnorme ritenzione idrica; compaiono inizialmente nella regione pretibiale e perimalleolare, poi alle mani e infine al viso ed al tronco. La ritenzione idrica si manifesta precocemente con un aumento del peso corporeo, infatti sono da considerare con sospetto tutti i casi che mostrano un aumento ponderale superiore a 500 gr/settimana, dopo la ventesima settimana di gestazione, nonostante solo una minoranza dei casi sviluppi poi realmente la sindrome.

La proteinuria per essere diagnostica deve essere uguale o superiore a 0,3 gr/1000 ml di urina nelle 24 ore.

La pressione arteriosa per risultare diagnostica deve essere uguale o superiore di 140 mmHg per la sistolica e 90 mmHg per la diastolica.

Allo scopo di rendere uniformi i criteri di giudizio, l’Organizzazione Gestosi⁎ ha proposto un indice numerico per definire la gravità della Pre-eclampsia:

Punteggio 0 1 2 3 Edemi assenti pretibiali generalizzati -

Proteinuria (g/1000 ml)

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13 Pressione sistolica <140 140-160 161-180 >180 Pressione diastolica <90 90-100 101-110 >110

TABELLA 2⁎ L’ORGANIZZAZIONE GESTOSI È L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE FONDATA DA E.T.RIPPMANN PER LO STUDIO E LA CURA DELLA GESTOSI E DELLA FISIOPATOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE.

2.2 Epidemiologia

La frequenza della gestosi è di valutazione problematica soprattutto perché non esiste uniformità nei criteri di definizione. Inoltre, nei paesi industrializzati una precoce ed attenta assistenza prenatale, verosimilmente, evita che in un numero imprecisato di casi la malattia progredisca fino ad essere classificata come gestosi.

Con queste limitazioni, la frequenza della EPH oscilla tra 1% e il 10% di tutte le gravide al terzo trimestre a seconda dei vari luoghi e delle popolazioni.

In Italia si stima che la frequenza sia del 5% mentre è prossima al 10% nelle popolazioni inglesi e nordamericane. Dovunque la sua frequenza è più alta nelle classi economiche inferiori, infine negli USA sono colpite maggiormente le popolazioni di origine africana in confronto alla popolazione caucasica.

2.3 L’evoluzione della Gestosi/Pre-eclampsia

I quadri clinici che esprimono l’evoluzione della malattia sono:

 Gestosi sintomatica (Pre-eclampsia lieve per linee guida AIPE Associazione Italiana Pre-eclampsia)

 Eclampsia imminente (Pre-eclampsia grave per linee guida AIPE)  Eclampsia convulsiva (Eclampsia per linee guida AIPE)

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Si parla di gestosi sintomatica quando sono presenti i sintomi oggettivi (segni) fondamentali (edemi, proteinuria e ipertensione) ma senza manifestazioni soggettive particolari. Se vi è solo un sintomo oggettivo si parla di gestosi monosintomatica; si parla di gestosi polisintomatica (bisintomatica o trisintomatica) quando sono presenti due o tre sintomi.

Il passaggio dalla gestosi polisintomatica alla forma più grave denominata eclampsia imminente è caratterizzato dalla comparsa di alcuni sintomi soggettivi, precisamente:  Cefalea intensa e persistente, per lo più frontale ma spesso con irradiazione

alle regioni temporali ed all’occipite

 Disturbi neurologici come iperriflessia a clono, segni di lato, parestesie, confusione mentale e disorientamento spazio-temporale

 Disturbi visivi, come scotomi, fosfeni, diplopia,visione offuscata, cecità mono o bilaterale transitoria

 Disturbi addominali, quali vomito neurogenico e dolore epigastrico “a barra”.

Il termine eclampsia convulsiva viene riservato a quei casi che manifestano uno o più attacchi convulsivi seguiti da perdita di coscienza. L’eclampsia convulsiva è la manifestazione più grave della gestosi e può essere tuttora causa di morte materna e fetale.

2.4 Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi della gestosi è dovuta ad alterazione endoteliali secondaria ad una anomala placentazione nelle forme primarie della sindrome.

Infatti la presenza del feto non è necessaria all’insorgenza della gestosi, come dimostra l’osservazione già fatta in passato di comparsa di gestosi in donne portatrici di mole idatiforme.

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I meccanismi eziopatologici sono:

 Il deficit di NO (ossido nitrico) nei vasi placentari. L’ossido nitrico è fondamentale nel mantenere una bassa pressione della perfusione fetoplacentare ed è il fattore che evita la trombosi intervillosa

 Il deficit della PGI2 (prostaciclina) un potente vasodilatatore

 Aumento delle sostanze vasocostrittrici come TX-A-2 (trombossano) e l’angiotensina 2

 Risposta anomala alla bradichinina (polipeptide ad azione vasodilatatrice) nelle donne pre-eclamptiche

 Iperattivazione del tono ortosimpatico, si ritiene sia dovuto ad un deficit di progesterone e di altri fattori simili che inducono una disregolazione del sistema autonomo

 Inoltre grazie agli studi effettuati proprio a Pisa da De Luca Brunori e Battini agli inizi del 2000, è ben noto il ruolo della componente genetica sia materna che paterna. La placenta, infatti, funge da barriera immunologica tra la madre e l '"innesto" fetale, consentendo a due organismi anti-geneticamente diversi di tollerarsi a vicenda. Hanno dimostrato come nelle placenta di donne pre-eclamptiche, vi sia una rottura della barriera placentare che porta alla miscelazione di sangue geneticamente diverso materno e fetale. Questa condizione potrebbe essere responsabile dell'innesco di una reazione di rigetto materno, che presumono essere alla base della sindrome pre-eclamptica. Pertanto, tramite gli studi degli antigeni DR di classe II dei leucociti umani (HLA-DR), hanno dimostrato il ruolo statisticamente significativo dell'omozigosi HLA-DR, e di una ridotta varietà antigenica nelle donne e nei loro partner che sembrano essere associate a un rischio maggiore di pre-eclampsia. Pertanto la gestosi è stata denominata "malattia di coppia"11.

 Inoltre si ha un anomala espressione dei fattori di crescita endoteliali a livello placentare, che induce un deficit dello sviluppo e della differenziazione dei villi terminali, e una ridotta ramificazione dei capillari fetali

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 Nonché ridotta espressione di VEGF che potrebbe essere responsabile delle modificazioni morfologiche placentari

 Ridotta escrezione urinaria di PIGF (fattore di crescita placentare)

 Inoltre negli ultimi anni molte ricerche hanno documentato l’importanza dell’alterata espressione dei fattori placentari FLT-1 (recettore vascolare del VEGF) e sFLT-1 (recettore solubile del VEGF)

L’interazione tra VEGF e PIGF con la FLT-1 (recettore tirosinchinasico transmembrana) espresso sui trofoblasti, mette in moto l’angiogenesi placentare; invece, quando i due fattori nominati interagiscono con la forma solubile della FLT-1 (sFLT-1), essi vengono sequestrati. L’azione della forma solubile è dunque anti-angiogenetica, ed il risultato finale è di uno squilibrio angiogenetico accompagnato da disfunzioni endoteliali.

Sulla base delle premesse è stato possibile dimostrare che un alto livello di sFLT-1 e un basso livello di PIGF costituiscono i marcatori precoci per lo sviluppo della gestosi/pre-eclampsia.

Tutto ciò porta a lesioni placentari come:

 Aumento del numero e del volume delle proliferazioni nodulari del sinciziotrofoblasto

 Aumento del numero e del volume degli infarti placentari

 Aumentata frequenza di piccoli ematomi retroplacentari (piccoli distacchi di placenta)

 Proliferazione citotrofoblastica

 Zone di ispessimento della membrana basale del trofoblasto, alternate a zone di estremo assottigliamento

 Necrosi dei villi (secondaria ad endoarterite dei vasi fetali)

 Soluzioni di continuo dell’endotelio, con fuoriuscita di cellule ematiche fetali nello stroma dei villi

 Degenerazione fibrinoide della parete e delle diramazioni periferiche delle arterie uterine

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Le conseguenze più note del complesso di lesioni sopra descritto sono:  Alterato metabolismo steroideo, con talvolta aumento della beta HCG

 Patologica riduzione della permeabilità placentare (alle sostanze nutritizie, ai cataboliti fetali, agli scambi gassosi) e diminuzione della superficie di scambio  Aumentata dismissione di microemboli trofoblastici nel torrente circolatorio

materno

 Probabile aumentata tendenza ad un distacco intempestivo di placenta, normalmente inserita.

Recentemente è stata attribuita molta importanza all’inadeguata modificazione strutturale delle arterie spirali in fase di placentazione. Pertanto, in molti casi che evolveranno verso una gestosi/pre-eclampsia (ma non in tutti), verrebbe a mancare (o anche solo a ridursi) l’invasione delle arterie spirali da parte del citotrofoblasto extravilloso. Questa invasione delle arterie spirali uterine riduce il calibro dei vasi e aumenta la resistenza alla perfusione placentare, con conseguente ipoperfusione. In base a ciò si può verificare un’ischemia placentare più o meno marcata in proporzione al danno vascolare.

Le alterazioni endoteliali e le lesioni placentari inducono l’insorgenza di uno stato di ipercoagulabilità sia a livello placentare che sistemico, con la formazione di microemboli a partenza trofoblastica che si immettono nel circolo sanguigno, sia la possibile insorgenza di una coagulazione intravascolare disseminata (CID).

Questo stato di ipercoagulabilità induce lesione glomerulari, sia dovute alle lesioni delle cellule endoteliali dei capillari con fenomeni di microvacuolizzazione citoplasmatica, tanto che il lume capillare ne viene quasi ostruito, dovute anche al deposito di materiale amorfo, identificato come “profibrina”, un prodotto di degradazione del fibrinogeno, a livello della membrana basale.

Le conseguenze di tali lesioni sono la riduzione del flusso plasmatico renale e la riduzione del filtrato glomerulare, per cui risulta oliguria con la formazione di urine concentrate, ritenzione di sodio e acqua. Alla ritenzione di sodio e acqua contribuisce con un ruolo molto importante anche l’attivazione del sistema

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aldosterone (RAAS, con un’attività in gravidanza di 5-10 volte superiore alle condizioni extra-gravidiche). Inoltre il progesterone ha effetto natriuretico ma nella gestosi/pre-eclampsia si assiste ad un calo rispetto alle gravidanze fisiologiche. A sua volta la ritenzione di sodio contribuisce a determinare un’aumentata risposta vascolare alle sostanze ad azione ipertensiva, questo come ovvio, facilita l’insorgenza di uno stato di vasocostrizione generalizzata e induce un circolo vizioso, aumentando e inducendo a sua volta ulteriori danni endoteliali.

Inoltre la CID intensifica l’aggregazione piastrinica tanto quanto le lesioni endoteliali e tutte le sostanze pro-coagulanti iperespresse nella gestosi, che concorrono ad originare una più o meno marcata trombocitopenia da consumo.

Le manifestazioni soggettive della eclampsia imminente (dolore epigastrico, disturbi visivi, cefalea) e della eclampsia convulsiva, sono dovute alla formazione di microtrombi di fibrina e piastrine a livello dei vari distretti corporei interessati, associati a fenomeni di infarcimento emorragico perivascolare, per l’induzione di emolisi che aggrava la tendenza alla coagulazione disseminata.

A seconda del numero e dell’estensione di tali lesioni, nonché dall’entità dello spasmo vascolare che le accompagna (encefalopatia gestosica), si potrebbero verificare le manifestazioni convulsive, il grave coma eclamptico e la morte secondaria a lesioni cerebrali massive.

Una delle complicanze della gestosi può essere la sindrome HELLP (hemolysis, elevated liver enzymes, low plateles), come conseguenza dei danni microvascolari a livello epatico.

2.5 Fattori coadiuvanti o predisponenti

Molti fattori coadiuvanti o predisponenti possono costituire il punto di partenza della gestosi/pre-eclampsia intervenendo sul circolo vizioso patologico principale, come:

 Ipertensione essenziale ed altre forme di ipertensione preesistenti  Malattie renali con o senza ipertensione

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 Diabete e obesità

 Sindrome da anticorpi antifosfolipidi  Lupus Eritematoso Sistemico

 Stati trombofilici (Mutazione fattore 5 Leiden, iperomocisteinemia, deficit AT3, proteina C e S)

 Malattia trofoblastica  Idrope fetale

 Alcune patologie endocrine (Cushing, feocromocitoma, iperaldosteronismo)  Malformazioni vascolari che coinvolgono le arterie renali

 Rene policistico

Altri fattori di rischio riconosciuti sono la nulliparità, la familiarità o l’anamnesi personale di gestosi/pre-eclampsia in una precedente gravidanza, gravidanza multipla, tabagismo, carenza di calcio e magnesio, diete scorrette, insulino-resistenza e sindrome metabolica, fattori immunologici e alterazioni vascolari utero-placentari.

2.6 Profilassi

La profilassi della gestosi dovrebbe iniziare già in epoca preconcezionale; essa comprende misure generali intese a prevenire le malattie renali, vascolari e metaboliche.

Secondo le linee guida dell’AIPE 12 del 2013 diversi farmaci e supplementazioni

dietetiche, nonché modifiche dello stile di vita sono stati oggetto di studio come metodiche di prevenzione della pre-eclampsia.

Stili di vita: né il riposo né un regolare esercizio fisico si sono dimostrati in qualche

modo utili nel ridurre l’incidenza di pre-eclampsia e quindi non sono raccomandati in gravidanza. Allo stesso modo una dieta iposodica non si è dimostrata in alcun modo in grado di prevenire la pre-eclampsia e non è quindi consigliata in gravidanza.

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20 Calcio: una supplementazione di calcio con la dieta è stata proposta dopo aver

osservato una bassa incidenza di pre-eclampsia nelle popolazioni con diete ad alto contenuto di calcio, e aver dimostrato che il basso contenuto di calcio sierico può stimolare la sintesi di paratormone o di renina, e causare un aumento del calcio intracellulare nella parete muscolare dei vasi, provocando vasocostrizione. In realtà sia una revisione della Cochrane, sia un trial clinico su un gruppo numeroso di gravide, non hanno dimostrato alcuna evidenza di una riduzione della incidenza, della severità e una diversa epoca di esordio della pre-eclampsia in donne sottoposte a supplementazione di calcio rispetto ai controlli. Una review più recente del 2007 ha in realtà dimostrato una riduzione significativa dello sviluppo di pre-eclampsia solo nelle donne con basso contenuto di calcio nella dieta. Ecco perché la supplementazione con calcio potrebbe eventualmente rivelarsi utile soltanto nelle popolazioni a basso regime dietetico (< 900 mg/die) e a dosi superiori a 2000 mg/die12.

Inoltre durante la gravidanza le pazienti con un rischio di sviluppare gestosi dovrebbero seguire una dieta con apporto di sodio medio-basso, apporto calorico ridotto, dieta bilanciata e riposo fisico.

Acidi grassi polinsaturi e antiossidanti: il razionale dell’utilizzo di acidi grassi

polinsaturi a lunga catena nella prevenzione della pre-eclampsia, si basa sull’osservazione che questi riducono la sintesi di trombossano e favoriscono la via metabolica che porta alla sintesi di prostaglandine. Tuttavia una revisione della Cochrane e una review di sei trials multicentrici europei non hanno dimostrato un effetto preventivo nei confronti della pre-eclampsia e dell’ipertensione indotta dalla gravidanza. Neppure una review del 2012 ha dimostrato i suoi potenziali effetti benefici sulla gravidanza e sul neonato, è riuscita a dimostrarne un qualche effetto che ne giustifichi l’utilizzo come profilassi della pre-eclampsia. Poichè lo stress ossidativo sembra giocare un ruolo importante nella genesi della pre-eclampsia, sono emerse evidenze a favore del ruolo degli antiossidanti, come le vitamine C ed E, nella sua prevenzione. In realtà il VIP trial del 2006 randomizzato, controllato su 2.410 gravide a rischio di pre-eclampsia non ha dimostrato alcun effetto preventivo di questi

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antiossidanti, dato questo che è stato confermato da un altro ampio recente studio del 2010 e che ne ha quindi sconsigliato l’utilizzo in gravidanza come prevenzione12.

Acido Acetilsalicilico: l’evidenza che l’aspirina in basse dosi blocchi selettivamente

la cicloossigenasi piastrinica e quindi la sintesi di trombossano, senza interferire con la sintesi endoteliale di prostaglandine, fu l’ipotesi sulla quale sin dalla fine degli anni ‘80 si basarono numerosissimi studi per dimostrarne l’efficacia come farmaco in grado di prevenire la pre-eclampsia, in pazienti a rischio. Una recente revisione pubblicata dalla Cochrane Database nel 2007 su 43 trials randomizzati, tra cui l’ASPRE trial13, e più di 32.000 pazienti sulla reale efficacia dell’aspirina nella profilassi della pre-eclampsia nelle gravide a rischio, ha concluso che vi è una riduzione del 10% nell’incidenza delle patologia nelle donne trattate rispetto ai controlli. La riduzione sembrerebbe anche significativamente maggiore se il dosaggio è superiore a 75mg/die. Quindi, sebbene altre linee guida (NICE) suggeriscano un utilizzo molto più esteso delle basse dosi di aspirina come prevenzione, la sua efficacia è attualmente dimostrata solo nelle pazienti definite ad alto rischio (anamnesi ostetrica di preeclampsia e/o IUGR ad esordio precoce, ovvero prima della 34° settimana, pazienti con ipertensione cronica in trattamento antipertensivo) e quindi il suo utilizzo è indicato in tali pazienti. Il dosaggio consigliato non deve essere inferiore a 100 mg e l’epoca gestazionale ideale per l’inizio della profilassi dovrebbe essere sicuramente, prima della 16a settimana, probabilmente entro la 12a settimana, epoca in cui l’invasione trofoblastica non è ancora completa e le modificazioni indotte dal farmaco possono ancora avvenire. Poiché, tuttavia non sono mai stati riportati effetti negativi sullo sviluppo fetale dall’utilizzo della profilassi con aspirina nel primo trimestre, tale profilassi può essere iniziata anche molto precocemente. Una categoria di pazienti a parte è quella costituita dalle gravide con trombofilia o patologia autoimmune per le quali la necessità e il tipo di profilassi vanno modulate sulla base del tipo di trombofilia e sulla anamnesi ostetrica e personale12.

Eparina: L’utilizzo di eparina in gravide con una anamnesi ostetrica sfavorevole

(pre-eclampsia precoce e severa, soprattutto se associata a IUGR) e trombofilia accertata è ancora controverso, non codificato e tutt’ora oggetto di studio.

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Il riconoscimento del beneficio dell’uso dell’eparina in donne gravide con un elevato rischio di pre-eclampsia fu riconosciuto già negli anni ’90 con il trial CLASP14, il quale riconosceva i benefici profilattici dell’eparina a basse dosi dal secondo trimestre, insieme al trial BLASP15 del’99 che dimostrò come l’uso dell’eparina a basse dosi in gravidanza fosse superiore all’aspririna.

Già negli anni ’70 de Luca Brunori dimostrò la ridotta concentrazione di eparina nelle placente centrifugate, di donne che avevano manifestato la gestosi rispetto a quelle di donne sane.

Una review della Cochrane del 2010 ha dimostrato una riduzione significativa nell’incidenza di pre-eclampsia nelle gravide profilassate con eparina a basso peso molecolare, ma le conclusioni degli autori sono che i numeri sono troppo piccoli e troppo poche le conoscenze sugli effetti collaterali a breve e lungo termine sui neonati, per poterla consigliare come profilassi efficace12.

Nello studio FRUIT, multicentrico randomizzato, su 139 donne con trombofilia e pregressi eventi ostetrici avversi (pre-eclampsia e SGA prima della 34 settimana), l’associazione di eparina a basse dosi di aspirina prima della 12settimana, ha dimostrato una significativa riduzione dell’incidenza di ricorrenza degli eventi avversi rispetto alla sola profilassi con aspirina12.

Un altro studio caso controllo su un piccolo numero di pazienti, ma non trombofiliche, che ha confrontato l’utilizzo di eparina associata ad aspirina versus sola aspirina nel prevenire la ricorrenza di pre-eclampsia su un campione di 54 gravide con anamnesi di pregressa pre-eclampsia precoce e severa, ha dimostrato la maggior efficacia preventiva dell’associazione di aspirina-eparina nei confronti della sola aspirina12. Le eparine a basso peso molecolare sono comunque il farmaco di scelta per il trattamento del TEV in gravidanza e nel puerperio 16(dalle raccomandazioni sul TEV in gravidanza), sono farmaci sicuri sia per la madre che per il feto, dato che non hanno la capacità di attraversare la placenta. Hanno un effetto immunomodulatore dimostrato da molti studi e in tale senso possono favorire l’impianto dell’embrione, visto come trapianto emiallografo (per metà differisce dalla madre).

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Anche gli ultimi studi riguardo i benefici delle eparine a basso peso molecolare in gravidanza, affermano come il risultato della terapia eparinica dipenda dall’inizio della terapia, ma anche se l’inizio avviene dopo la ventesima settimana porta comunque a miglioramenti e ad un migliore outcome sia della madre ma soprattutto del feto17. A tutt’oggi quindi le conclusioni dei lavori più recenti sono che studi più ampi sono necessari per confermare l’efficacia dell’eparina nella prevenzione della ricorrenza di pre-eclampsia, anche se tutti gli studi effettuati concordano che le eparine siano la migliore profilassi per migliorare la vascolarizzazione placentare e quindi anche fetale.

2.7 Trattamento della Gestosi sintomatica o Pre-eclampsia lieve

12

La terapia della gestosi/pre-eclampsia si avvale sia di un trattamento comportamentale, come quelli messi in atto per la profilassi e di un trattamento farmacologico.

Trattamento farmacologico antiipertensivo

L’utilizzo dei farmaci antiipertensivi nelle donne con preeclampsia lieve non sembra migliorare l’outcome feto-neonatale, ma sembra evitare l’incremento dei valori pressori materni. Non sono disponibili indicazioni precise su quando intraprendere il trattamento; si consiglia tuttavia di intraprendere un trattamento farmacologico in caso di valori pressori ≥ 150/100 mmHg e di adottare come obiettivo ragionevole il mantenimento dei valori pressori sistolici tra 130 e 150 mmHg e diastolici tra 80 e 100 mmHg.

Non vi sono evidenze che un farmaco sia migliore di un altro nel ridurre i valori pressori. Fino a quando non verrà dimostrata la superiorità di un farmaco rispetto ad un altro, ogni singolo caso dovrà essere valutato in base all’esperienza del clinico e alla tollerabilità da parte della paziente.

I farmaci antiipertensivi rappresentano il presidio terapeutico fondamentale nella gestosi (con l’eventuale eccezione dei casi più lievi); il loro effetto è soprattutto moderare l’ipertensione e limitarne le complicanze.

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Come farmaci antiipertensivi possiamo usare:

 Farmaci attivi sul sistema nervoso centrale: clonidina o la metildopa  Farmaci attivi sulla gittata cardiaca (b-bloccanti): atenololo o metoprololo  Farmaci che riducono le resistenze vascolari periferiche: (alfa-litici) idralazina

o (calcio-antagonisti) nifedipina

 Diuretici, da evitare ACE-i e sartani in gravidanza.

Lo scopo principale della terapia è quello di rallentare la progressione della malattia e ridurre le complicanze in previsione dell’espletamento del feto che è l’unica cura definitiva della gestosi.

Il trattamento “attendista” è possibile in tutte le pazienti con valori pressori stabilizzati dalla terapia, proteinuria < 3gr/24 h, oliguria che si risolve con l’assunzione di liquidi, enzimi epatici elevati ma senza dolore addominale o dolorabilità.

E’ indicato l’espletamento del parto in presenza di:  Età gestazionale ≥ 37 settimane

 Peggioramento delle condizioni materne e/o fetali (vedi dopo)

NB: il peggioramento isolato della proteinuria non è un indicazione all’espletamento del parto.

L’espletamento del parto entro 72 h è suggerito nei casi in cui sussistano una o più delle seguenti condizioni: ipertensione grave refrattaria, eclampsia, grave trombocitopenia, edema polmonare, enzimi epatici elevati con persistente dolore epigastrico, persistente e grave cefalea o alterazioni della vista, complicanze ostetriche come la rottura prematura delle membrane (PROM), sanguinamenti genitali o inizio del travaglio.

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25 FIGURA 1MANAGEMENT DELLA PRE-ECLAMPSIA LIEVE SECONDO LE LINEE GUIDA AIPE 201312

2.8 Trattamento Eclampsia imminente o Pre-eclampsia grave

12

Secondo le linee guida AIPE, la paziente con pre-eclampsia grave deve essere ricoverata immediatamente, se possibile in un ospedale dotato di personale qualificato, con esperienza specifica su tale tipo di patologia e con disponibilità di unità di terapia intensiva materna e neonatale, oppure trasferita a centri di secondo livello non prima di aver stabilizzato le condizioni materne (carico di 4 gr di solfato di magnesio + trattamento antiipertensivo con goal 130-150/80-100 mmHg) e controllate le condizioni fetali.

Il controllo della pressione arteriosa nei casi di pre-eclampsia grave è utile per prevenire complicanze acute materne soprattutto di tipo cerebrovascolare e cardiovascolare; non è certo invece che il trattamento antiipertensivo possa migliorare la perfusione utero-placentare e ridurre il rischio di distacco di placenta, e non sembra comunque in grado di arrestare la progressione della malattia.

E’ indicato iniziare il trattamento antiipertensivo in presenza di valori pressori sistolici ≥ 160 mmHg e/o diastolici ≥ 110 mmHg, con l’obiettivo di mantenere i valori pressori sistolici tra 130-150 mmHg e quelli diastolici tra 80-100 mm Hg.

Fino a quando non saranno disponibili risultati conclusivi, la scelta del farmaco da utilizzare si basa sull’esperienza del clinico.

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L’efficacia del MgSO4 nella prevenzione della crisi eclamptica è stata definitivamente dimostrata. La profilassi deve essere eseguita per almeno 24 ore nella fase di stabilizzazione, durante travaglio e per almeno 24 ore dopo il parto.

Il Solfato di Magnesio ha un proprio effetto antipertensivo che può potenziare quello della nifedipina.

Le terapie mediche della pre-eclampsia grave hanno l’obiettivo di stabilizzare la paziente prima dell’espletamento del parto e di prevenire l’insorgenza di complicanze soprattutto materne nei casi in cui sia previsto un comportamento di attesa.

La stabilizzazione prevede: a) Il controllo dei valori pressori b) La profilassi della crisi eclamptica

c) Se necessaria, la profilassi dell’ARDS neonatale.

Questi obiettivi devono essere raggiunti prima dell’espletamento del parto, a qualunque epoca gestazionale, ad eccezione dei casi in cui l’espletamento del parto sia reso immediatamente necessario da situazioni di emergenza (ad esempio, distacco di placenta). La stabilizzazione deve essere ottenuta nel minor tempo possibile, preferibilmente entro 24-48 ore. Stabilizzata la paziente, si deve scegliere tra un comportamento d’attesa o il tempestivo espletamento del parto.

In assenza di complicazioni materne o fetali che richiedano l’espletamento del parto, il fattore più importante per la decisione terapeutica è l’epoca gestazionale.

Nei casi, in cui si manifesta prima delle 24 settimane di gestazione, la possibilità di prolungare la gravidanza fino ad un’epoca sufficiente a garantire il benessere neonatale è bassissima. In tali casi è fondamentale fornire un corretto counselling ai genitori, che dovranno essere coinvolti nella scelta fra l’immediato espletamento del parto o la gestione conservativa, che espone al rischio di complicanze sia materne che feto-neonatali. In caso di gestione conservativa è indicata la profilassi per ARDS a partire da 24+0 settimane di gravidanza.

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Nei casi in cui la pre-eclampsia grave insorge dopo 32 settimane gestazionali la condotta di attesa non presenta alcun vantaggio per il feto, mentre aumentano i rischi di complicanze materne. In tali casi è indicato l’espletamento del parto. Al di sotto delle 34 settimane, e fino a 38 settimane in caso di previsione di taglio cesareo elettivo, è indicata la profilassi dell’ARDS neonatale con corticosteroidi.

Le pazienti in cui la preeclampsia grave insorge tra 24 e 32 settimane di gestazione possono essere sottoposte ad una condotta di attesa, compatibilmente con le condizioni materne e fetali. I dati ad oggi disponibili suggeriscono che il prolungamento della gravidanza di 7-15 giorni migliora significativamente gli esiti neonatali a breve termine.

2.9 Gestione Gestosi Post-partum

12

L’espletamento del parto può non tradursi in un immediato miglioramento del quadro clinico della pre-eclampsia grave. Un terzo delle crisi eclamptiche e numerose altre complicazioni si manifestano in puerperio. Devono pertanto essere proseguite la terapia antipertensiva, la profilassi anticonvulsivante ed il monitoraggio clinico e laboratoristico materno:

- proseguire il trattamento antipertensivo usato prima del parto, riducendolo progressivamente se la pressione arteriosa scende al di sotto di 140/90 mmHg.

- proseguire la profilassi con MgSO4 per almeno 24 ore

- controllo dei valori pressori almeno quattro volte al giorno nelle prime 72 ore di puerperio, quindi quotidianamente fino a normalizzazione

- controllo della diuresi nelle prime 24 ore di puerperio, e successivamente secondo indicazione (in presenza di oliguria)

- esame obiettivo almeno due volte al giorno con ricerca di rilevazione dei segni di allarme (cefalea, disturbi visivi, dolore a barra)

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- esami di laboratorio (emocromo con conta piastrinica, creatininemia, AST, ALT, LDH, bilirubina; altri esami, ad esempio test di coagulazione, proteine totali, elettroliti, devono essere eseguiti solo in presenza di indicazioni specifiche) a 12-24 ore dal parto. Se tali accertamenti risultano normali, non è indicato ripeterli. Se i parametri risultano anormali ma stabili o peggiorano, devono essere ripetuti con frequenza che dipende dalle condizioni cliniche della paziente, fino a normalizzazione.

FIGURA 2MANAGEMENT DELLA PRE-ECLAMPSIA GRAVE DELLE LINEE GUIDA AIPE 201312

2.10 Gestione Eclampsia convulsiva

Quando l’eclampsia convulsiva si manifesta la terapia deve prefiggersi i seguenti scopi terapeutici:

 Interrompere le convulsioni con diazepam mediante somministrazione endovenosa 5-10 mg (trattamento di attacco) e solfato di magnesio per prevenirne le recidive

 Ridurre la pressione arteriosa e l’edema cerebrale con farmaci antiipertensivi e diuretici come il mannitolo

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 Prevenire le complicanze materne

 Prevenire la mortalità e le morbosità perinatali  Garantire una buona ventilazione polmonare  Accesso venoso e controllo della diuresi

 Impedire le stimolazioni ambientali ed evitare lesioni traumatiche alla paziente  Espletamento del parto con taglio cesareo o l’induzione tramite amniorexi e ossitocina, effettuato preferibilmente dopo la cessazione delle convulsioni da almeno 2-4 h.

Si suggerisce di continuare il trattamento anticonvulsivante almeno per 24 h dal parto.

Come gestisco la gravidanza dopo un attacco eclamptico?

Se l’eclampsia è avvenuta durante la gravidanza, una volta cessate le convulsioni, e messe in atto le misure di stabilizzazione materna, si devono controllare le condizioni fetali mediante la cardiotocografia. L’ipossia materna che si instaura durante la convulsione, può causare alterazioni della frequenza cardiaca fetale oltre che del tono uterino. Dopo l’attacco eclamptico è relativamente frequente riscontrare bradicardia fetale, decelerazioni tardive, riduzione della variabilità e tachicardia compensatoria, alterazioni che si risolvono in genere entro 10-15 minuti dalla fine dell’attacco, grazie alla progressiva correzione della ipossiemia materna.

E’ importante proseguire l’osservazione per almeno 24-48 ore di queste pazienti secondo una modalità di sorveglianza di tipo semintensivo, che richiede il controllo e la registrazione su apposita scheda di monitoraggio, di alcuni parametri materni quali: la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, la presenza dei riflessi rotulei, la frequenza degli atti respiratori e la saturimetria periferica, il bilancio orario tra liquidi infusi e diuresi. E’ utile aumentare la concentrazione di ossigeno (ossigeno in maschera ad alto flusso) per rispondere alla aumentata richiesta (ossimetria periferica

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percutanea > 97%). E’ molto importante infine un attento controllo della quantità totale di liquidi infusi, in generale non superiore a 75-80 ml/ora, e della diuresi oraria. Riguardo alla modalità del parto, non è mai indicato eseguire un taglio cesareo in emergenza nemmeno con segnali di sofferenza fetale, non prima di aver stabilizzato le condizioni emodinamiche materne, vale a dire di aver instaurato la profilassi con MgSO4 e di aver controllato farmacologicamente l’ipertensione, pena il rischio di favorire emorragie cerebrali. Una volta stabilizzata la madre, il parto per via vaginale è consentito se c’è travaglio in atto, se c’è stata una piena ripresa di coscienza o se residuano solo minime alterazioni neurologiche (stordimento), e se non sono comparse altre complicazioni. È consigliato invece il parto cesareo quando permane uno stato di incoscienza, quando si manifesta uno stato di agitazione psicomotoria che non consente collaborazione, quando compaiono segnali di complicanze (metrorragia), quando il parto per via vaginale sia prevedibile in tempi troppo lunghi, quando persistano segni di sofferenza fetale, e in caso di chiare indicazioni ostetriche che controindichino il parto naturale.

Nessuna controindicazione all’uso di prostaglandine PGE2 e di ossitocina.

Procedere sempre all’espletamento del parto, anche con un apparente totale miglioramento delle condizioni materne e fetali, a qualunque epoca gestazionale.

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3. La sindrome HELLP

La sindrome HELLP (Hemolysis, Elevated Liver enzymes, Low Platet count) è una microangiopatia correlata alla lesione endoteliale, alla deposizione di fibrina e all’attivazione e consumo delle piastrine, associate ad aree di emorragia epatiche e necrosi1.

È una patologia della gravidanza, potenzialmente pericolosa per la vita e considerata spesso una variante grave o una complicanza della pre-eclampsia. Entrambe infatti possono insorgere nelle fasi tardive della gravidanza (dopo la ventesima settimana di gestazione) e talvolta dopo il parto.

La sindrome di HELLP si verifica dallo 0,05% allo 0,09% di tutte le gravidanze e dal 10% al 20% di quelle con grave pre-eclampsia. La mortalità materna è del 3-4% con mortalità fetale circa del 25%1.

La sindrome HELLP tipicamente si presenta nel 2 ° e 3 ° trimestre, anche se in un quarto di tutti i casi si verifica dopo il parto1.

La sindrome HELLP fu per la prima volta codificata come entità clinica separata dalla pre-eclampsia da Weinstein nel 1982.

I fattori di rischio, come nulliparità, età materna avanzata, precedente gravidanza con pre-eclampsia e storia familiare, sono gli stessi per la pre-eclampsia e la HELLP. La storia materna di diabete o l’ipertensione prima della gravidanza non sono associate ad un aumentato rischio di svilupparla8.

La sindrome può essere classificata secondo il grado di trombocitopenia:  HELLP di grado 1 (<50 x103/mm3),

 HELLP di grado 2 (tra 50 e 100 x103/mm3)

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3.1 Fisiopatologia

La predisposizione genetica materna e i fattori placentari nel primo trimestre determinano il processo di pre-eclampsia e HELLP. La placenta non si sviluppa normalmente e diventa sempre più disfunzionale durante la gravidanza. I fattori materni stimolano una risposta immunitaria eccessiva contro la placenta in via di sviluppo, che attiva quindi le cascate del complemento e la coagulazione. Le proteine multiple rilasciate dalla placenta interagiscono con le cellule endoteliali vascolari. Queste cellule endoteliali rilasciano quindi il fattore di Von Willebrand, che attrae e aderisce alle piastrine. L'endotelio si danneggia e inizia l’aggregazione piastrinica caratteristica della HELLP8.

L’emolisi e gli effetti epatotossici diretti da vari fattori placentari rilasciati nella circolazione materna, provocano il rilascio del fattore di necrosi tumorale (TNFα). Questa citochina infiammatoria innesca una cascata infiammatoria con l’aumento della distruzione cellulare epatica e dei marcatori infiammatori8.

Nella sindrome HELLP esiste anche una moderata disfunzione renale, dovuta al danno endoteliale diretto nefrogenico, che contribuisce alla proteinuria spesso osservata8. I fattori genetici giocano un ruolo significativo. L'espressione variabile dei geni materni, dei geni fetali e dei geni paterni contribuisce allo sviluppo della HELLP. Sorelle e figlie di donne che sviluppano HELLP sono a maggior rischio di sviluppare la sindrome8.

Altre ipotesi riguardo la patogenesi della sindrome HELLP sono l'attivazione del complemento, l’aumento di fattori che stimolano i monociti a produce sFlt-1, inibendo così il trofoblasto placentare alla differenziazione e alla invasione, tutto ciò porta ad un anomala placentazione1.

La disregolazione del complemento associata alla predisposizione genetica è stata identificata in pazienti con la sindrome; di 11 pazienti con HELLP e coinvolgimento renale significativo, quattro avevano mutazioni del gene del complemento e tre

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avevano bassi livelli di C3 nel siero e fattore B (indice di attivazione del complemento) senza mutazioni del gene del complemento documentate1.

3.2 Clinica

Le pazienti con tale sindrome possono presentare sintomi non specifici o sintomi organo-specifici, come dolore al quadrante superiore destro, nausea o vomito, mal di testa o visione offuscata. Questi sintomi sono simili a quelli associati alla pre-eclampsia.

Tra i sintomi più precoci si riportano8:

 Nel 90% dei casi, un dolore epigastrico descritto come “bruciore di stomaco” o dolore al quadrante superiore destro dell’addome

 Nel 90% dei casi malessere generale  Nel 50% dei casi nausea e vomito

 Nel 30% dei casi insorge una cefalea graduale e ingravescente, sensazioni di formicolio alle estremità, e visione offuscata.

I segni caratteristici per fare diagnosi sono8:  Aumento di peso  Edema  Ipertensione  Sanguinamenti  Ematuria  Porpora o petecchie

Sono in parte i segni e sintomi che caratterizzano la pre-eclampsia, infatti la sindrome HELLP è considerata una sua complicanza.

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TABELLA 31

ELENCO DEI SINTOMI E DEI SEGNI DELLA SINDROME HELLP.

3.3 Diagnosi

Sebbene la diagnosi di HELLP sia fatta nel 10% -20% delle donne con diagnosi di eclampsia grave, può essere effettuata senza una preesistente diagnosi di pre-eclampsia. Le informazioni raccolte con l'uso di più studi di laboratorio e il monitoraggio materno e fetale durante un periodo di osservazione consolidano la diagnosi.

Il lavoro diagnostico inizia con un emocromo e uno striscio periferico. Spesso i pazienti con pre-eclampsia o HELLP presentano un grado di anemizzazione, avranno l’emoglobina e un ematocrito anormalmente bassi. All'inizio della patogenesi della HELLP, l'anemia potrebbe non essere profonda. L'evidenza di emolisi su striscio periferico è patognomonica e comprenderà schistociti e cellule di Burr8.

Nella forma più grave di HELLP, le piastrine sono inferiori a 50.000/ mm3. Negli stadi

meno gravi o più precoci di HELLP è possibile vedere una riduzione progressiva e lenta delle piastrine. Quindi, l'andamento della conta piastrinica per un periodo di tempo prolungato, oltre lo scopo di una valutazione prognostica e clinica, è utile per valutare l’andamento della patologia8.

"EL" in HELLP si riferisce agli elevati enzimi epatici. Non c'è consenso sul grado di elevazione che solidifica la diagnosi di HELLP. A causa dell'emolisi, l'elevata bilirubina non coniugata è stata suggerita come criterio diagnostico. C'è spesso un aumento moderato dell'aspartato transaminasi (AST) e dell'alanina transaminasi (ALT), ma ci sono molte altre condizioni correlate alla gravidanza e indipendenti dalla

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gravidanza che possono causare l'elevazione di questi enzimi. Per la definizione rigorosa di HELLP, il paziente deve avere AST superiore a 70 UI / L, o superiore a 2 volte il limite superiore del normale8.

L'albumina può essere bassa a causa di perdite attraverso l'endotelio danneggiato. Altri test di laboratorio che possono essere utili nel fare la diagnosi o valutare l'estensione del danno dell'organo comprendono; LDH, acido urico, aptoglobina e un pannello metabolico di base. L'imaging radiografico non è generalmente utile8.

Il fegato è l'organo principalmente colpito nella sindrome e molto spesso si assiste ad un aumento dell’amiloide sierica A (SAA),però, un’ulteriore indagine è necessaria per determinare se questo dato è veramente un indicatore predittivo per lo sviluppo della HELLP o se è semplicemente un indice di disfunzione epatica1.

TABELLA 41TEST DIAGNOSTICI PER LA SINDROME HELLP:EMOCROMO PER VALUTARE ANEMIA E

TROMBOCITOPENIA, VALUTAZIONE ENZIMI EPATICI ELEVATI, INDICE RETICOLOCITARIO ELEVATO INDICE DI EMOLISI,LDH INDICE DI EPATONECROSI, ACIDO URICO INDICE DEL DANNO TUBULARE RENALE, APTOGLOBINA RIDOTTA MARKER INDIRETTO DI

ANEMIA, CREATININA ELEVATA INDICE DI DANNO RENALE, ESAMI STRUMENTALI COME ECO,TC E RM PER VALUTARE LA FUNZIONALITÀ EPATICA.

3.4 Trattamento

Il trattamento primario definitivo della sindrome HELLP è l’espletamento del parto, in particolare se la gravidanza ha progredito fino alla 34esima settimana di gestazione, perché l'aumento dei tassi di morbilità e mortalità materna aumentano in caso di HELLP.

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I pazienti con trombocitopenia significativa (piastrine <50.000 /mm3) possono trarre beneficio dai corticosteroidi, in particolare nel periodo peri-partum. I corticosteroidi aiutano a ridurre la risposta infiammatoria che porta all'attivazione piastrinica, all'aggregazione e alla distruzione. Inoltre, gli steroidi migliorano la maturità polmonare fetale e diminuiscono le complicanze respiratorie neonatali se somministrati almeno 24 ore prima del parto8.

C'è una controversia in letteratura sull'opportunità o meno di usare corticosteroidi per migliorare gli esiti materni. Nella più recente revisione della Cochrane sull'uso dei corticosteroidi nell'HELLP, non ci sono prove del beneficio del trattamento materno8. Il desametasone, quando somministrato per via parenterale, ha aumentato significativamente il conteggio delle piastrine materne, tuttavia, non è chiaro se ciò abbia fornito alcun beneficio. Sebbene sia il betametasone che il desametasone possono essere utilizzati, c'è una maggiore riduzione della sindrome da distress respiratorio neonatale (ARDS) con betametasone rispetto al desametasone8.

Gestione della pressione arteriosa e profilassi endovenosa con magnesio solfato sono agenti di prima linea nella gestione della sindrome HELLP. Le raccomandazioni sono di mantenere la pressione arteriosa sistolica inferiore a 160 mmHg o la pressione diastolica inferiore a 105 mmHg. Dopo l'inizio dell'infusione di magnesio solfato, se è necessaria una gestione aggiuntiva della pressione arteriosa per raggiungere questi parametri, si raccomanda di usare labetololo o idralazina per via endovenosa8.

Nella maggior parte dei pazienti la normalizzazione del conteggio piastrinico e la risoluzione dei sintomi si verifica entro il quinto giorno dal parto. Tuttavia si possono presentare casi con trombocitopenia persistente, emolisi, insufficienza d'organo o complicanze potenzialmente letali. In questi casi è stata usata la plasmaferesi, ma questo trattamento non è basato su prove cliniche e sperimentali1.

L'uso di trasfusioni piastriniche non ha ridotto l'incidenza di complicanze emorragiche neanche nelle forme più gravi di HELLP1.

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TABELLA 58 L

INEE GUIDA SUL TRATTAMENTO DELLA SINDROME HELLP.

3.4.1 Il parto

Il parto deve essere espletato in tutte le pazienti con epoca gestazionale < 24 e > 32 settimane, ed in presenza di sofferenza fetale o gravi complicanze materne (eclampsia, CID, distacco di placenta, insufficienza renale acuta, distress respiratorio, sospetto di ematoma epatico). Nelle pazienti con età gestazionale compresa tra 24 e 32 settimane è necessario, se possibile, intraprendere la profilassi corticosteroidea per la maturazione polmonare fetale, il parto deve essere espletato entro le 24 ore successive alla somministrazione dell’ultima dose12.

Esiste un generale consenso circa la non necessità di trasfusione profilattica di piastrine per valori > 50.000/mm3, in assenza di sanguinamento clinici o disfunzione piastrinica.

Per valori, invece, < 20.000/mm3 una trasfusione profilattica di piastrine deve essere considerata anche in caso di parto non operativo. Nel caso di una sindrome HELLP con conta piastrinica <50.000/mm3 è stata indicata la possibilità dell’uso di

corticosteroidi per il miglioramento degli indici ematologici e per aumentare le possibilità di effettuare un’anestesia loco regionale12.

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La sindrome HELLP non è un’indicazione assoluta al taglio cesareo. Nella scelta della via del parto devono essere prese in considerazione le condizioni materne e fetali. Il taglio dovrebbe essere preso in considerazione per età gestazionali inferiori a 30 settimane, in pazienti non in travaglio e con Bishop score sfavorevole, e dovrebbe essere raccomandato per età gestazionali inferiori a 32 settimane in presenza di restrizione della crescita fetale o oligoamnios. Nei casi di travaglio di parto avviato o di rottura delle membrane amniocoriali, in assenza di complicanze ostetriche, è raccomandato il parto vaginale. L’eventuale induzione del travaglio di parto può essere effettuata con ossitocina o prostaglandine nelle pazienti con età gestazionale superiore alla 30esima settimana senza considerare il reperto cervicale, un simile approccio può essere adottato sotto le 30 settimane ma con uno score cervicale di Bishop favorevole12.

In caso di parto vaginale non è controindicato l’uso di oppioidi a basse dosi o di anestesia regionale per episiotomia o riparazione di lacerazioni. L’anestesia loco-regionale in caso di taglio cesareo è controindicata per valori di conta piastrinica < 50.000/mm3 in rapporto all’elevato rischio di sanguinamento o ematoma12.

3.5 Prognosi e complicanze

Esistono complicanze materne, fetali e neonatali associate alla HELLP (tabella 6). Gravi complicazioni materne includono il distacco della placenta, CID ed emorragia post-partum. Associati alla CID, le pazienti possono sviluppare edema polmonare e insufficienza renale. Le complicanze del sistema nervoso centrale comprendono emorragia cerebrale, edema cerebrale e cecità corticale. Sebbene rara, la rottura di un ematoma epatico sotto-capsulare è una delle complicanze più gravi e si verifica in circa l'1% delle pazienti con HELLP, il trapianto di fegato è l’unico presidio terapeutico. Viene diagnosticata sui sintomi del dolore del quadrante superiore destro improvviso, o del dolore epigastrico associato a dolorabilità addominale, e può essere visualizzato con ultrasuoni, tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica (RM). La mortalità perinatale è elevata nelle pazienti affette dalla sindrome HELLP; è

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particolarmente grave per i neonati prima della 32esima settimana di gestazione, hanno un aumentato rischio di ridotto peso alla nascita, ARDS e displasia broncopolmonare8. Nelle gravidanze successive, c'è un aumento del rischio di patologia uteroplacentare, inclusa la pre-eclampsia, la sindrome HELLP ricorrente, IUGR, prematurità e distacco della placenta. Una revisione che ha incluso 341 pazienti seguite per 2-14 anni dopo un episodio della sindrome HELLP, il gruppo di controllo di 139 donne normotese con 192 gravidanze successive ha avuto complicazioni come pre-eclampsia (19%), parto pretermine (21%), IUGR (12%), distacco di placenta (2%), morte perinatale (4%) e sindrome di HELLP(3%). Il 6,2% presentava ipertensione cronica e 13 donne con ipertensione cronica preesistente hanno avuto un più alto tasso di Pre-eclampsia (75%), parto pretermine (80%), IUGR (45%), distacco di placenta (20%) e morte perinatale (40%), ma un tasso basso di sindrome di HELLP ricorrente (5%)1.

TABELLA 68ELENCO COMPLICANZE MATERNE E NEONATALI DELLA SINDROME HELLP.

3.6 La diagnosi differenziale

La sindrome HELLP presentandosi con una sintomatologia gastrointestinale, respiratoria ed ematologica, in associazione con disfunzione epatica e coagulativa, in assenza di ipertensione e proteinuria, può indurre ad errata diagnosi di infezione respiratoria, epatite, colecistite, pancreatite acuta, statosi epatica acuta della gravidanza (AFLP) o porpora trombocitopenica autoimmune. Il corredo di laboratorio, invece, può entrare in diagnosi differenziale con altre condizioni quali porpora trombotica trombocitopenica (TTP), la sindrome emolitico-uremica (HUS), il lupus eritematoso sistemico (LES), la sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS). L’accurata analisi di tutte le componenti cliniche e laboratoristiche, unitamente

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all’esperienza dell’ostetrico, dovrebbero consentire una precisa diagnosi differenziale tra tutte queste condizioni patologiche che richiedono specifico approccio metodologico e management ed hanno outcomes materno/fetali molto differenti12.

TABELLA 7(PRESA DALLE LINEE GUIDA AIPE 2013)DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA LA SINDROME HELLP, LA PORPORA TROMBOTICA TROMBOCITOPENICA (TTP), LA SINDROME EMOLITICO UREMICA (HUS) E IL FEGATO GRASSO ACUTO DELLA GRAVIDANZA (AFLP)

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4. Porpora trombotica trombocitopenica

La porpora trombotica trombocitopenica (PTT o sindrome di Moschcowitz) è una malattia rara caratterizzata da anemia emolitica, piastrinopenia da consumo e sintomi neurologici. È una anemia emolitica microangiopatica (MAT), Coombs negativa, associata a piastrinopenia con esordio acuto o subdolo e decorso spesso fulminante. Si accompagnano alterazioni fluttuanti dello stato di coscienza, febbre e deficit della funzione renale.

4.1 Storia

La TTP fu descritta per la prima volta da Eli Moschcowitz nel 1924, ma la sua scoperta rimase enigmatica fino a quando Moake riferì di quattro pazienti con TTP recidivante ai quali mancava la capacità di elaborare il fattore di Von Willebrand. Dal 1982 era noto che la TTP era caratterizzata nella sua forma familiare, dalla presenza insolita nel plasma di grandi fattori multimerici del fattore di Von Willebrand (vWF).

Successivamente negli anni ’90 altri ricercatori dimostrarono che la sindrome era dovuta a carenza o difetto di una metalloproteasi in grado di clivare il vWF. Quindi la TTP è stata definita come una microangiopatia trombotica con grave carenza dell'attività di ADAMTS 13.18

La grave carenza di ADAMS 13 (<10% della normale attività enzimatica) è il risultato di mutazioni omozigoti o eterozigoti del gene codificante (TTP congenita, cTTP) nota anche come sindrome di Upshaw-Schulman. Può essere dovuta anche alla formazione di autoanticorpi anti-ADAMTS 13 (aTTP) la forma immuno-mediata acquisita che è la più prevalente. TTP è una condizione cronica che può manifestarsi come episodi acuti di MAT.18

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4.2 La fisiopatologia

La fisiopatologia della TTP può essere meglio compresa con una spiegazione di 3 processi: carenza, accumulo e danno degli organi terminali. La fisiopatologia a cascata della PTT è in definitiva correlata alla carenza della proteasi che cliva il fattore von Willebrand (vWF) nota come ADAMTS 13. Nella fisiologia normale, l’ADAMTS 13 regola la scissione di grandi multimeri vWF in proteine più piccole. Senza l’ADAMTS 13 si assiste ad un accumulo di vWF che nel circolo ematico attrae e lega le piastrine. Questo sviluppo dell'aggregazione piastrinica diffusa provoca successivi trombi nel microcircolo sistemico e porta infine a danni agli organi terminali. In particolare, questa carenza di ADAMTS 13 può essere ereditata o acquisita attraverso un meccanismo autoimmune (spesso mediata da immunoglobulina G [IgG]), sebbene la maggior parte dei casi riguardi la forma acquisita (cellulo-mediata)8.

L’ADAMTS 13 è principalmente sintetizzato nel fegato, dalle cellule stellate epatiche e cellule epiteliali tubulari, ma anche i podociti renali, le piastrine e le cellule endoteliali sintetizzano ADAMTS 13 biologicamente attivo. Il che suggerisce che l'espressione di ADAMTS 13 in altri tessuti contribuisce ai livelli plasmatici normali di circa 1 μg per ml. L'enzima ha una emivita plasmatica di 2-3 giorni, ed è vincolato al vWF solubile. Non c'è un fisiologico inibitore dell'attività di ADAMTS 13 e, ad oggi, mancano informazioni sui percorsi coinvolti nella sua clearance18.

FIGURA 318S

TRUTTURA MOLECOLARE DELL’ADAMTS13

I multimeri vWF sintetizzati sono costitutivamente rilasciati dalle cellule endoteliali sottoforma di multimeri vWF ultra-large, insieme ad una quantità equimolare di propeptide vWF, i corpi di Weibel-Palade (granuli di stoccaggio) in cellule endoteliali

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o in α-granuli di megacariociti e piastrine. Su stimolazione da vari agonisti, come citochine (per esempio, fattore di necrosi tumorale o IL-8) e istamina, o da flusso turbolento e danni endoteliali. I multimeri vWF ultra-large vengono rapidamente secreti dalle cellule endoteliali e possono rimanere ancorati alla superficie endoteliale a lungo, o possono essere rilasciati in circolazione. In situazioni di danno endoteliale vengono esposti i siti di legame piastrinici altrimenti criptici e il sito di scissione dove agisce l’ADAMTS13.18

La proteolisi dei multimeri vWF generano frammenti più corti di peso molecolare variabile, a seconda di dove la scissione ha luogo. I multimeri risultanti più piccoli adottano una conformazione piegata, che impedisce l’aggregazione delle piastrine e un'ulteriore digestione tramite l’ADAMTS13.

FIGURA 418A. STRUTTURA FATTORE DI VON WILLEBRAND, B. STRUTTURA RIPIEGATA E NON DEL FVW E SITO DI LEGAME

DELL’ADAMTS13.

Quando manca l'attività di ADAMTS13, i multimeri vWF ultra-large persistono nella circolazione e il legame spontaneo delle piastrine non è più limitato. Pertanto, i multimeri vWF ultra-large si legano, accumulano e attivano le piastrine formando i microtrombi ricchi di vWF che sono un segno distintivo della TTP. Questi microtrombi, che causano la trombocitopenia, distruggono meccanicamente i globuli rossi, che determina l'anemia emolitica con globuli rossi frammentati (schistociti) che sono visibili sullo striscio di sangue periferico, occludono la microcircolazione e causano l'ischemia organica.

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