Alma mater studiorum – Università di Bologna
DOTTORATO DI RICERCA IN
DIRITTO EUROPEO
curriculum Diritto ed economia europea
Ciclo XXVIII
Settore concorsuale di afferenza: 12/B1 – Diritto Commerciale Settore scientifico disciplinare: IUS/04 – Diritto Commerciale
L’ORIZZONTE
DI
LUNGO
PERIODO
DELLE
IMPRESE
DI
ASSICURAZIONE
VITA
Quo vadis? Le principali sfide tra un contesto di bassi tassi di interesse e la
prospettiva di unione dei mercati dei capitali
Presentata da Elena Zingaretti
Coordinatore Dottorato
Chiar.ma Prof.ssa Claudia Golino
Relatore
Chiar.mo Prof. Marco Lamandini
L’ORIZZONTE DI LUNGO PERIODO
DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE VITA
Quo vadis? Le principali sfide tra un contesto
di bassi tassi di interesse e la prospettiva
di unione dei mercati dei capitali
Abstract
Il presente lavoro prende in esame il tema delle imprese di assicurazione vita e, segnatamente, indaga l’orizzonte di lungo periodo dell’attività svolta sul mercato assicurativo europeo.
Lo studio è condotto in un’escalation di tre principali fasi: quella della nascita delle assicurazioni (Capitolo I – L’evoluzione storica delle assicurazioni), quella del nuovo regime di vigilanza prudenziale del settore assicurativo Solvency II (Capitolo II – Il nuovo regime di vigilanza prudenziale Solvency II) e quella dell’impresa di assicurazione vita (Capitolo III – L’impresa di assicurazione vita nell’orizzonte di lungo periodo). Quest’ultima fase è stata concepita in triplice prospettiva finalizzata a fornire una dimensione, per quanto possibile, completa dell’orizzonte di lungo periodo dell’impresa di assicurazione vita.
Ciò è avvenuto tramite lo studio dell’impresa di assicurazione vita in quanto operante sul mercato, considerando i prodotti offerti e gli investimenti effettuati (Capitolo III – Sezione I: Analisi sui prodotti e investimenti). L’impresa di assicurazione vita è stata studiata poi nell’ambito del contesto di riferimento caratterizzato da bassi tassi di interesse, in un’ottica microprudenziale e macroprudenziale (Capitolo III – Sezione II: L’impresa di assicurazione vita nel
contesto di riferimento: riflessioni di natura microprudenziale e
macroprudenziale). L’analisi si è infine conclusa con lo studio dell’impresa di assicurazione nell’ambito della cosiddetta capital markets union (Capitolo III –
A Filippo, che ci ha creduto sempre e ancora prima di me
L’ORIZZONTE DI LUNGO PERIODO
DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE VITA
Quo vadis? Le principali sfide tra un contesto
di bassi tassi di interesse e la prospettiva
di unione dei mercati dei capitali
Indice
Abstract ... iii
Executive summary ... xi
Capitolo I - L’evoluzione storica delle assicurazioni ... 21
1. La nascita dell’assicurazione nel Medioevo (dal V al XV secolo) ... 21
1.1. La nascita dell’assicurazione ... 24
2. L’età del Mercantilismo (dal XVI al XVIII secolo) ... 27
2.1. Le prime forme assicurative ... 29
2.1.1. L’assicurazione contro gli incendi ... 29
2.1.2. L’assicurazione sulla vita ... 30
2.2. I Lloyd’s ... 32
3. Gli effetti dello sviluppo industriale nel settore assicurativo (dal XVIII al XIX secolo) ... 33
3.1. Le assicurazioni marittime in Inghilterra ... 34
3.2. Le assicurazioni nel territorio italiano ... 35
4. Le assicurazioni private e le assicurazioni sociali (dal XIX al XX secolo) ... 38
4.1. Le assicurazioni private ... 39
4.2. Le assicurazioni sociali ... 41
4.2.1. Le assicurazioni sociali in Italia ... 43
5. Le assicurazioni nel mondo contemporaneo (dal XX al XXI secolo) ... 45
5.1. L’espansione dell’attività assicurativa ... 45
5.3. Le assicurazioni sociali e Welfare State ... 49
5.3.1. La previdenza sociale in Italia ... 51
5.4. Il contesto competitivo di riferimento ... 53
5.4.1. Accenni di diritto comunitario: Solvency 0 e Solvency I ... 54
Bibliografia ... 58
Capitolo II - Il nuovo regime di vigilanza prudenziale Solvency II ... 63
1. Introduzione ... 63
2. L’evoluzione normativa dei regimi di solvibilità ... 64
2.1. Da Solvency I a Solvency II ... 66
2.2. Gli obiettivi e i principi di Solvency II ... 70
2.3. La struttura e i principali impatti di Solvency II ... 70
3. Il nuovo regime di vigilanza prudenziale Solvency II ... 72
3.1. La quantificazione e la governance dei rischi ... 72
3.1.1. La quantificazione dei rischi ... 73
3.1.1.1. I rischi di un’impresa di assicurazione ... 73
3.1.1.2. Il bilancio secondo le logiche di Solvency II ... 77
3.1.1.3. I requisiti di capitale ... 84
3.1.1.3.1. Il Solvency Capital Requirement ... 85
3.1.1.3.2. Il Minimum Capital Requirement ... 91
3.1.1.3.3. Il periodo di recovery ... 92
3.1.2. La governance dei rischi ... 93
3.1.2.1. Il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi ... 95
3.1.2.1.1. Il processo di gestione dei rischi ... 102
3.1.2.1.2. Il sistema di governance del Modello Interno ... 104
3.1.2.1.3. L’esternalizzazione ... 107
3.1.2.1.4. I soggetti e gli organi che amministrano l’impresa o che svolgono funzioni chiave ... 108
3.1.2.2. Il sistema di qualità dei dati ... 110
3.1.2.3. L’Own Risk Solvency Assessment ... 113
3.2. La trasparenza dei rischi ... 117
Capitolo III - L’impresa di assicurazione vita nell’orizzonte di lungo periodo .
... 125
Introduzione ... 125
Sezione I - L’impresa di assicurazione vita: analisi sui prodotti e investimenti ... 129
1. L’impresa di assicurazione vita ... 129
1.1. L’assicurazione sulla vita ... 131
1.2. Le obbligazioni delle parti ... 140
1.3. Il business vita in Europa ... 141
1.3.1. Il campione ... 142
1.3.2. I premi vita ... 143
1.3.3. Le riserve tecniche vita ... 147
1.4. Gli investimenti ... 150
1.4.1. Gli investimenti delle imprese di assicurazione vita ... 152
1.4.2. Le gestioni separate ... 156
1.4.3. Litterature review ... 160
1.4.4. Il campione ... 162
1.4.5. I dati ... 163
1.4.6. Le principali imprese di assicurazione vita italiane ... 169
Bibliografia ... 187
Sezione II - L’impresa di assicurazione vita nel contesto di riferimento: riflessioni di natura microprudenziale e macroprudenziale ... 191
1. Introduzione ... 191
2. Il contesto di riferimento ... 192
3. Le misure intraprese dalle imprese di assicurazione vita in ottica microprudenziale ... 201
4. Le imprese di assicurazione vita in un’ottica macroprudenziale ... 202
4.1. Le imprese di assicurazione vita e il rischio sistemico ... 202
4.1.1. Attività non tradizionali e non assicurative ... 205
4.1.3. Vulnerabilità a uno scenario sfavorevole combinato ... 210
4.1.4. Concentrazione del portafoglio di investimento ... 213
4.1.5. Adeguati livelli di capitalizzazione e riservazione ... 214
4.2. Le sfide delle imprese di assicurazione vita in un’ottica macroprudenziale ... 215
4.2.1. Le misure correttive del mercato e delle Autorità di Vigilanza 216 4.2.2. Gli obiettivi da perseguire in ottica macroprudenziale ... 217
5. Gli elementi chiave per monitorare gli effetti del contesto di riferimento ... 223
Bibliografia ... 225
Sezione III - L’impresa di assicurazione e l’unione dei mercati dei capitali ... ... 229
1. Introduzione ... 229
2. Il quadro generale ... 230
2.1. La libertà di circolazione dei capitali ... 230
2.2. L’unione dei mercati dei capitali ... 231
2.2.1. L’integrazione finanziaria ... 232
3. Il settore assicurativo ... 236
3.1. Il ruolo delle imprese di assicurazione nei mercati dei capitali ... 236
3.2. Alcune misure per l’unione dei mercati dei capitali ... 237
3.2.1. Gli investimenti in infrastrutture ... 237
3.2.2. La cartolarizzazione nel settore assicurativo ... 240
3.2.3. Gli investimenti cross border ... 242
3.2.4. La creazione di un sistema di risanamento e risoluzione ... 244
4. Considerazioni conclusive ... 246
Bibliografia ... 249
L’ORIZZONTE DI LUNGO PERIODO
DELLE IMPRESE DI ASSICURAZIONE VITA
Quo vadis? Le principali sfide tra un contesto
di bassi tassi di interesse e la prospettiva
di unione dei mercati dei capitali
Executive summary
Il presente lavoro prende in esame il tema delle imprese di assicurazione vita e, segnatamente, indaga l’orizzonte di lungo periodo dell’attività svolta sul mercato assicurativo europeo.
Lo studio è condotto in un’escalation di tre principali fasi: quella della nascita delle assicurazioni (Capitolo I – L’evoluzione storica delle assicurazioni), quella del nuovo regime di vigilanza prudenziale del settore assicurativo Solvency II (Capitolo II – Il nuovo regime di vigilanza prudenziale Solvency II) e quella dell’impresa di assicurazione vita (Capitolo III – L’impresa di assicurazione vita nell’orizzonte di lungo periodo). Quest’ultima fase è stata concepita in triplice prospettiva finalizzata a fornire una dimensione, per quanto possibile, completa dell’orizzonte di lungo periodo dell’impresa di assicurazione vita.
Ciò è avvenuto tramite lo studio dell’impresa di assicurazione vita in quanto operante sul mercato, considerando i prodotti offerti e gli investimenti effettuati (Capitolo III – Sezione I: Analisi sui prodotti e investimenti). L’impresa di assicurazione vita è stata studiata poi nell’ambito del contesto di riferimento caratterizzato da bassi tassi di interesse, in un’ottica microprudenziale e macroprudenziale (Capitolo III – Sezione II: L’impresa di assicurazione vita nel
contesto di riferimento: riflessioni di natura microprudenziale e
macroprudenziale). L’analisi si è infine conclusa con lo studio dell’impresa di assicurazione nell’ambito della cosiddetta capital markets union (Capitolo III –
Sezione III: L’impresa di assicurazione e l’unione dei mercati dei capitali).
Nel Capitolo I sono state analizzate l’assicurazione e l’impresa di assicurazione fino dalla loro nascita, con riferimento al loro importante ruolo nel tessuto sociale di riferimento. L’evoluzione del contesto finanziario ha portato significativi cambiamenti anche nel settore assicurativo che, dapprima deregolamentato, lasciato a regole aleatore non scritte o clausole contrattuali talvolta non del tutto
lecite, si è sviluppato consentendo una migliore e rafforzata tutela degli assicurati e stabilità del settore assicurativo e finanziario.
Gli studiosi erano soliti associare l’origine dell’assicurazione – intesa come nell’epoca contemporanea quale un accordo che consenta il trasferimento di un rischio a un soggetto terzo a fronte del pagamento di un premio in denaro – al Medioevo, intorno al Trecento.
Tuttavia, già secoli prima si avviavano le basi per l’assicurazione. In Grecia, si
sviluppavano le associazioni con finalità religiose che sostenevano
finanziariamente i membri nelle spese funerarie dei propri familiari data la loro onerosità. A Roma, le associazioni assistenziali erano civili – collegia tenuiorum – o militari – collegia militum – aventi lo scopo di fornire sostegno economico alla famiglia del defunto. Le origini dell’assicurazione erano considerate come evoluzione della scommessa, ovvero come una miglioria del cosiddetto contratto di prestito a cambio marittimo.
Nel XV secolo si iniziava a regolare l’attività assicurativa per la prima volta tramite interventi legislativi che avevano finalità di ordine pubblico. Il primo
corpus normativo omogeneo e organico relativo alle assicurazioni veniva
introdotto con le Ordinanze di Barcellona intorno alla metà del 1400, che stabilivano gli elementi fondamentali dell’accordo assicurativo. A seguito dell’epoca medioevale, l’assicurazione si sviluppava sia a livello organizzativo e territoriale sia con riferimento alla gamma dei servizi offerti. Venivano istituite le prime imprese di assicurazione di tipo moderno sotto forma di società o di associazioni mutualistiche.
Durante l’età del Mercantilismo (dal XVI al XVIII secolo) l’assicurazione marittima rimaneva predominante e iniziavano a prendere piede altre forme assicurative, come l’assicurazione contro gli incendi e sulla vita.
Lo sviluppo industriale degli anni seguenti dava un importante impulso all’evoluzione del settore assicurativo. L’assicurazione riguardante la navigazione marittima veniva affiancata dall’assicurazione contro gli incendi delle fabbriche e a copertura dei rischi sul lavoro a favore degli operai. Nascevano altresì le assicurazioni sociali che garantivano coperture assicurative in caso di danni derivanti dal lavoro.
A partire dalla metà del XX secolo, si assisteva a trasformazioni economiche e sociali rilevanti che portavano a maggiori consumi di beni e servizi da parte della popolazione. L’incremento demografico e il miglioramento del tenore di vita stimolavano la crescita e lo sviluppo del settore assicurativo. Si sviluppavano le assicurazioni sanitarie private, specialmente nei Paesi in cui l’assistenza pubblica garantiva livelli molto bassi di servizio a favore di una parte limitata di popolazione. I cambiamenti della struttura della popolazione, in cui si alzava l’età
media, e le ingenti spese del sistema sanitario nazionale, facevano emergere esigenze di modifica del sistema previdenziale.
A livello europeo, vi era l’esigenza di fornire una linea guida di disciplina del settore assicurativo, che consentisse di omogeneizzare, per quanto possibile, le diverse regolamentazioni nazionali in materia. Con riferimento al mercato assicurativo europeo, il primo passo veniva compiuto dal regime cosiddetto
Solvency 0 introdotto dalle Direttive europee degli anni Settanta che avevano
l’obiettivo di armonizzare il settore assicurativo all’interno dell’Unione europea, autorizzando le imprese di assicurazione con sede legale in uno Stato membro a operare, mediante proprie succursali, agenzie, filiali, in un altro Stato membro dell’Unione europea.
Successivamente, veniva introdotto il regime cosiddetto Solvency I tramite le Direttive del 2002. Tale intervento normativo, pur rappresentando una forte innovazione per il settore assicurativo rispetto all’assetto precedente, presentava alcuni limiti non trascurabili. In particolare, non erano considerati né valutati i rischi cui l’impresa di assicurazione era esposta, non teneva conto dei rischi specifici di ogni singola impresa di assicurazione. Infatti, in base all’approccio
Solvency I, due imprese di assicurazione avevano un medesimo livello di
rischiosità a parità di premi e di sinistri. Invece, come sarà considerato con
Solvency II, queste due tipologie di imprese possono portare all’interno del
proprio business differenti livelli di rischiosità. Inoltre, tale regime di vigilanza era orientato a determinare requisiti di tipo quantitativi, tralasciando ogni previsione normativa attinente all’ambito del sistema di governo, di controllo interno e di gestione dei rischi.
La fase di revisione della disciplina Solvency I, che avrebbe portato all’introduzione del nuovo regime di vigilanza prudenziale cosiddetto Solvency II, seguiva i lineamenti definiti nell’ambito della cosiddetta Procedura Lamfalussy. Al Capitolo II, l’analisi conduce quindi al nuovo regime di vigilanza prudenziale
Solvency II, introdotto a livello europeo con la Direttiva 2009/138/CE, pienamente
in vigore dal 1° gennaio 2016, che rappresenta l’ultimo gradino attualmente disponibile della regolamentazione assicurativa a livello europeo. Il nuovo regime rappresenta un’importante opera di level playing field della regolamentazione assicurativa a livello europeo in ragione del fatto che interviene in luogo a numerose Direttive europee (n.14) che lasciavano ampia discrezionalità di recepimento agli Stati membri. Inoltre, Solvency II è considerato fortemente innovativo per la struttura introdotta a tre pilastri della regolamentazione, in cui il Pilastro 1 disciplina la quantificazione dei rischi, il Pilastro 2 la governance dei rischi e il Pilastro 3 la trasparenza dei rischi. Di seguito si riportano i principali aspetti innovativi di ciascun pilastro.
Nell’ambito del Pilastro 1, sono previsti criteri valutativi del bilancio basati su un approccio market consistent. Ciò significa in particolare che il valore delle attività e delle passività di un’impresa di assicurazione rappresenta nel continuo una grandezza di mercato, consentendo una migliore comparabilità tra le imprese operanti nel settore in termini di solidità e solvibilità patrimoniale. Non mancano tuttavia aspetti negativi derivanti da questo tipo di approccio, quali ad esempio l’eccessiva volatilità del bilancio e prociclicità degli investimenti. Con Solvency II la dotazione di capitale necessaria per sviluppare il business non è più definita sulla base di parametri fissi, bensì secondo un approccio di tipo risk-based basato su scenari predefiniti, la cosiddetta Formula Standard, e/o su modelli interni appositamente sviluppati dalle imprese di assicurazione e approvati dall’Autorità di Vigilanza. Sono previsti due livelli di requisiti di capitale, il Solvency Capital
Requirement e il Minimun Capital Requirement, l’inosservanza dei quali
determina l’attivazione di procedure di recovery.
Con riferimento al Pilastro 2, esso stesso rappresenta un aspetto di innovazione di
Solvency Il. La struttura di governance diventa un prerequisito necessario ai fini
della solvibilità dell’impresa di assicurazione. Ciò significa che con Solvency II il profilo di rischio di un’impresa di assicurazione non è più considerato in una logica settoriale e quantitativa, divisa per aree verticali, ma la quantificazione e la cosiddetta governance dei rischi sono sempre più gestite in modo integrato a tutti i livelli dell’organizzazione aziendale, con una visione olistica dei rischi che permette di coglierne le correlazioni. Alcuni rischi possono essere affrontati solo tramite l’apparato di governance, altri anche tramite l’imposizione di requisiti quantitativi di capitale. Sono stabilite quindi norme relative a governance, controllo interno e gestione dei rischi.
Nell'ambito del proprio sistema di gestione dei rischi, le imprese devono condurre la valutazione interna del rischio e della solvibilità, cosiddetta Own Risk Solvency
Assessment (ORSA), sulla base della quale sono assunte le decisioni strategiche e
nell’ambito della quale sono svolti esercizi di stress che testano la resilienza dell’impresa al verificarsi di determinati scenari negativi, anche improbabili ma possibili. L'obiettivo finale del processo ORSA è quello di dare consapevolezza agli organi sociali, al management e alle diverse business unit dei rischi cui l’impresa è o potrà essere esposta in futuro.
Infine, il Pilastro 3 riguarda la trasparenza e prevede obblighi di informativa verso il mercato e l’Autorità di Vigilanza, tramite reporting di tipo qualitativo e quantitativo, aventi per oggetto informative e dati della vita dell’impresa di assicurazione, tra cui il sistema di governance, dati di bilancio, dati relativi agli attivi e all’assett allocation, alle riserve tecniche, ai fondi propri, riferibili ai requisiti di capitale, etc. Gli adempimenti in materia di informativa sono
aumentati, sia in termini di frequenza e ampiezza del dato informativo sia a livello di granularità delle informazioni richieste.
Conoscendo il quadro regolamentare di riferimento del settore assicurativo europeo, al Capitolo III, l’analisi porta allo studio delle imprese di assicurazione vita quali soggetti operanti sul mercato assicurativo europeo.
La Sezione I del Capitolo III prende in esame le imprese di assicurazione vita considerando le due principali componenti di bilancio, le liabilities, ossia le obbligazioni assunte dall’impresa nei confronti degli assicurati, e gli assets, ossia gli investimenti svolti dall’impresa al fine di adempiere a dette obbligazioni. A tal fine, lo studio di un campione di Paesi europei e di imprese di assicurazione vita, selezionati secondo criteri basati in prevalenza sul grado di significatività del
business rispetto alla complessità del settore assicurativo europeo, ha fornito
alcune evidenze specifiche del settore di riferimento1.
Dall’analisi della produzione vita degli ultimi dieci anni dei principali Paesi europei in termini di premi vita raccolti, è emerso che la produzione è rimasta sostanzialmente costante e in linea con le tendenze storiche del Paese considerato. Ad esempio, in Italia e in Francia si è registrata una produzione vita maggiore con riferimento ai prodotti assicurativi tradizionali (per esempio, di ramo I) rispetto ai prodotti finanziari assicurativi (per esempio, unit linked). Nel periodo considerato, si è tuttavia verificato, con riferimento al campione interessato, un graduale aumento della raccolta di ramo III, i cosiddetti prodotti linked.
Con riferimento agli investimenti, invece, è emerso che i debt securities e gli
other fixed income securities, tra cui rientrano principalmente gli investimenti in bonds, rappresentano l’asset class più consistente. Ciò dipende prevalentemente
dalla capacità di tali attivi di essere utilizzati a copertura delle riserve tecniche considerando la durata nel tempo. Questo vale a eccezione del Regno Unito. Infatti, le imprese di assicurazione inglesi sono tradizionalmente orientate a prodotti in cui il rischio di investimento è prevalentemente a carico dell’assicurato. Ciò implica un portafoglio di assets caratterizzato da una rilevante porzione di investment funds.
I risultati sono in linea anche con i modelli di capitalismo tradizionalmente adottati dai Paesi presi in esame. Infatti, il modello di capitalismo anglosassone, basato su organizzazioni societarie ad azionariato diffuso, in cui la proprietà è ben
distinta dal management interno, è tradizionalmente orientato alla
massimizzazione dei risultati di breve periodo, sacrificando talvolta obiettivi più strategici di lungo periodo. Ciò comporta, tra l’altro, un mercato azionario ben strutturato e sviluppato, a differenza di quanto accade nei Paesi con modelli di
1 Si precisa che i risultati riportati si riferiscono al campione esaminato, non sono pertanto
capitalismo differenti, come quello renano, tipico dell’Europa occidentale. In Paesi come l’Italia, come peraltro è emerso anche dalle analisi svolte, in cui si ha un’economia più “conservatrice” orientata a risultati di stabilità di lungo periodo e caratterizzata da imprese gestite per lo più da chi detiene la proprietà, a sua volta molto concentrata, il mercato azionario è meno sviluppato e gli investimenti vertono prevalentemente sul mercato obbligazionario.
Sempre con riferimento al mercato assicurativo italiano, da un’analisi più granulare dei dati relativi alle principali imprese di assicurazione vita, inoltre, è emerso che le dimensioni dell’impresa di assicurazione possono influenzare la strategia di investimento.
In un contesto di persistenti bassi tassi di interesse, come quello attuale (anno 2016), possono tuttavia sorgere criticità legate alla capacità dell’impresa di assicurazione di riconoscere all’assicurato la prestazione contrattualmente garantita. In tale ambito, la Sezione II del Capitolo III analizza le imprese di assicurazione vita nel contesto attuale di riferimento, caratterizzato da bassi tassi di interesse che provocano effetti negativi sull’imprese stesse. Anche in questa Sezione, l’analisi tiene conto del campione di Paesi europei oggetto delle precedenti valutazioni.
È dapprima analizzato il contesto di riferimento, dando evidenza delle principali cause e degli effetti che prolungati bassi tassi di interesse possono comportare a seconda delle caratteristiche delle imprese di assicurazione vita. I principali effetti negativi riguardano le imprese di assicurazione vita caratterizzate da una differenza significativa di duration tra attivi e passivi, tra cui le imprese tedesche. Successivamente sono analizzate le imprese di assicurazione nel contesto di bassi tassi di interesse a livello microprudenziale di singola impresa e a livello macroprudenziale di intero settore assicurativo e finanziario europeo
A livello microprudenziale, l’analisi riguarda le misure correttive finalizzate alla sana e prudente gestione dell’impresa di assicurazione, tra cui l’abbassamento dei rendimenti delle polizze in essere, la diversificazione del portafoglio prodotti, realizzato tramite l’incremento dell’offerta di prodotti di tipo linked, il cambiamento di asset allocation al fine di stimolare i rendimenti tramite l’acquisizione di asset illiquidi, l’adozione di strategie di copertura tramite l’utilizzo di strumenti derivati al fine di ridurre il gap di duration tra attivi e passivi.
A livello macroprudenziale, l’analisi indaga le imprese di assicurazione vita nell’ambito più ampio del sistema finanziario, in particolare in termini di rischio sistemico. Negli ultimi anni, il settore assicurativo vita ha acquisito maggiore importanza sistemica. Da studi è emerso che il settore assicurativo vita contribuisce maggiormente alla crescita del rischio sistemico dallo scoppio
dell’ultima crisi finanziaria, sostanzialmente in ragione dell’aumento delle esposizioni comuni all’interno del settore. L’importanza sistemica delle imprese di assicurazione vita risulta tuttavia inferiore a quella delle banche e, con riferimento invece alle imprese di assicurazione non vita, questa non riporta tendenze in aumento nel tempo.
Tra i fattori che favoriscono effetti di natura sistemica è compresa la detenzione/conduzione delle cosiddette attività non tradizionali e non assicurative – ossia quelle che si discostano dal tradizionale business assicurativo, come l’offerta di prodotti finanziari (linked) o operazioni di finanza speculativa – in quanto possono dare avvio a interconnessioni negative con il sistema finanziario. Un altro fattore di rilevanza sistemica favorito da un contesto di bassi tassi di interesse è dato dalla possibile prociclicità nei portafogli di investimento verificata tramite strategie di investimento cosiddette fire sales o search for yield.
In terzo luogo, le imprese di assicurazione vita sono risultate vulnerabili a uno scenario sfavorevole combinato in cui a seguito di un periodo di bassi tassi di interesse si verifichi un improvviso aumento degli stessi e un contestuale aumento delle richieste di estinzione anticipata del contratto assicurativo. Tale circostanza rappresenta un fattore di criticità in termini di default delle imprese di assicurazione vita.
Altri fattori che incidono sul livello di rischio sistemico del settore assicurativo, inoltre, sono dati dal grado di concentrazione del portafoglio di investimento dell’impresa – principalmente in ragione del fatto che un’eccessiva concentrazione può comportare una maggiore esposizione e vulnerabilità dell’impresa di assicurazione alle difficoltà finanziarie dell’emittente verso cui vanta l’esposizione o di un settore in cui ha concentrato una consistente parte degli investimenti – nonché dai livelli di capitalizzazione e di riservazione, considerando che la ricerca dei guadagni in periodi in cui mercati finanziari sono deboli può portare le imprese ad adottare politiche di livellamento delle tariffe o di sottostima delle riserve tecniche, creando criticità sostanziali in termini di concorrenza sul mercato e di capacità di adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti degli assicurati.
Le principali sfide delle imprese di assicurazione vita in ottica macroprudenziale sono illustrate tenendo conto delle misure correttive già intraprese dal mercato e dalle Autorità di Vigilanza, nonché degli obiettivi prudenziali e di monitoraggio da perseguire al fine di attenuare il più possibile effetti di natura sistemica del settore assicurativo vita.
Alla luce delle trattazioni precedenti, nella Sezione III del Capitolo III l’impresa di assicurazione (in questo caso non specificatamente vita) è considerata e
analizzata nell’ambito della cosiddetta capital markets union, che prevede un forte coinvolgimento del settore assicurativo europeo.
Inizialmente è fornito il quadro generale in cui si colloca questo importante progetto europeo. In particolare, l’unione dei mercati dei capitali si erige su uno dei pilastri fondanti dell’Unione europea, ossia la libertà di circolazione dei capitali, sancita compiutamente nell’ambito del Trattato di Maastricht del 1992, che prevedeva per la prima volta – a determinate condizioni – il divieto di tutte le restrizioni ai movimenti dei capitali e sui pagamenti sia tra gli Stati membri sia tra questi ultimi e i Paesi extra Unione europea.
Per capital markets union si intende il progetto lanciato dalla Commissione europea all’inizio dell’anno 2015 al fine di incentivare la mobilitazione dei capitali in Europa in particolare per i) indirizzare questi ultimi verso le imprese operanti sul mercato, per lo più le cosiddette piccole-medie imprese, e a supporto di progetti riguardanti infrastrutture, ii) incrementare i volumi degli investimenti internazionali, nonché iii) rendere il sistema finanziario nel complesso più stabile e resistente in ragione della più ampia disponibilità di fonti di finanziamento. La natura bank-based del sistema finanziario europeo, che si differenzia da quella statunitense che invece è caratterizzata anche da altre forme di finanziamento, come le azioni o fondi di investimento, dapprima considerata come fattore di stabilità del sistema, congiuntamente alla scarsità di alternativi canali di finanziamento, è identificata come uno dei principali elementi alla base della crisi finanziaria europea e ostativi alla realizzazione di adeguate misure risolutive. Dalla crisi finanziaria è accresciuta la necessità di mitigare l’eccessivo affidamento al credito bancario e di sviluppare fonti alternative di finanziamento non bancario.
In tale ambito è analizzato il ruolo delle imprese di assicurazione nell’unione dei mercati finanziari specialmente di investitori istituzionali. Il Regolatore sta operando negli ultimi anni al fine di incentivare le imprese di assicurazione a indirizzare i propri ingenti investimenti verso lo sviluppo di misure e progetti diversi rispetto alle attività tradizionali, a disposizione di altri soggetti operanti sul mercato, quali le piccole-medie imprese.
Tra le misure di sostegno all’unione dei mercati dei capitali si indagano nello specifico gli investimenti in infrastrutture, agevolati dal recente intervento normativo relativo alla creazione di specifici requisiti di capitale per tale tipologia di investimenti. Viene poi preso in esame il meccanismo delle cartolarizzazioni nel settore assicurativo, ancora non del tutto maturo, che rappresenta non solo un impulso alla movimentazione dei capitali ma anche una misura di mitigazione del cosiddetto rischio di longevità che tende ad aumentare nel tempo date le migliori condizioni economiche e nutrizionali della società contemporanea. Inoltre, viene
studiata l’operatività transfrontaliera delle imprese di assicurazione in ragione del fatto che uno degli obiettivi intrinsechi dell’unione dei mercati dei capitali è quello di rafforzare la distribuzione cross border dei capitali al fine di ampliare le opportunità di investimento sia per gli investitori sia per le imprese, specialmente per le piccole-medie imprese. Dall’analisi emerge che le imprese di assicurazione già da tempo realizzano significativi volumi di business cross border, in misura maggiore rispetto alle banche. L’analisi è poi indirizzata verso la creazione di un sistema di risanamento e risoluzione, attualmente non presente per il settore assicurativo a livello europeo, che consentirebbe una migliore riallocazione dei capitali e una maggiore crescita grazie, in particolare, al fatto che l’investitore sentirebbe massimizzate le proprie prospettive di recupero degli assets investiti nei casi di insolvenza della controparte.
Infine, sono illustrate brevi considerazioni conclusive sostanzialmente attinenti al principio fondamentale della trasparenza dei mercati, quale elemento imprescindibile della capital markets union in quanto condizione fondamentale affinché il costo del capitale sia correttamente associato alla propria qualità.
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE STORICA DELLE ASSICURAZIONI
1. La nascita dell’assicurazione nel Medioevo (dal V al XV secolo). – 1.1. La nascita dell’assicurazione. – 2. L’età del Mercantilismo (dal XV al XVIII secolo). – 2.1. Le prime forme assicurative. – 2.1.1 L’assicurazione contro gli incendi. – 2.1.2. L’assicurazione sulla vita. – 2.2. I Lloyd’s. – 3. Gli effetti dello sviluppo industriale nel settore assicurativo (dal XVIII al XIX secolo). – 3.1. Le assicurazioni marittime in Inghilterra. 3.2. Le assicurazioni nel territorio italiano. – 4. Le assicurazioni private e le assicurazioni sociali (dal XIX al XX secolo). – 4.1. Le assicurazioni private. – 4.2. Le assicurazioni sociali. – 4.2.1. Le assicurazioni sociali in Italia. – 5. Le assicurazioni nel mondo contemporaneo (dal XX al XXI secolo). – 5.1. L’espansione dell’attività assicurativa. – 5.2. I principali modelli di capitalismo. – 5.3. Le assicurazioni sociali e Welfare State. – 5.3.1. La previdenza sociale in Italia. – 5.4. Il contesto competitivo di riferimento. – 5.4.1. Accenni di diritto comunitario: Solvency 0 e Solvency I. – Bibliografia.
1. La nascita dell’assicurazione nel Medioevo (dal V al XV secolo)
Gli studiosi erano soliti associare l’origine dell’assicurazione – intesa come nell’epoca contemporanea quale un accordo che consenta il trasferimento di un rischio a un soggetto terzo a fronte del pagamento di un premio in denaro – al Medioevo, intorno al Trecento. Ciò posto, gli elementi che la costituiscono, ossia la mutualità e il trasferimento del rischio, sono stati pervenuti anche in tempi più remoti2.
Con riferimento all’elemento della mutualità, l’associazione di più persone per fini assistenziali nasceva nell’antichità come fenomeno organizzativo volontario di famiglie, persone, gruppi, tribù che provvedevano a fornire supporto ai loro
2 Vari sono i riferimenti bibliografici relativi alla storia delle assicurazioni nel Medioevo, si
citano i principali: Piattoli L., Ricerche intorno all’assicurazione nel medioevo. Una scritta di sicurtà veneziana del 1395, Assicurazioni, 1938; La Torre A., I germi dell’assicurazione a premio nel diritto romano, Assicurazioni, 1988; La Torre A., L’assicurazione nella storia delle idee, Roma, 1995; Bonomelli M., Quaderni di sicurtà. Documenti di storia delle assicurazioni. La biblioteca Mansutti, Antea, Milano, 1996; De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011.
membri che si fossero trovati in condizioni di disagio, specialmente legate alla perdita di un familiare. In molti Paesi, come l’India, la Persia, la Palestina, l’Egitto, la Fenicia, vi erano associazioni, poco numerose, che raccoglievano periodicamente piccole somme di denaro dai propri iscritti per fare fronte all’onere di sostituire un’imbarcazione danneggiata da una burrasca o rimpiazzare il bue morto o rubato.
In Grecia, si sviluppavano le associazioni con finalità religiose che sostenevano finanziariamente i membri nelle spese funerarie dei propri familiari data la loro onerosità. A Roma, le associazioni assistenziali erano civili – collegia tenuiorum
– o militari – collegia militum3. Le prime erano associazioni di persone poco
abbienti e avevano lo scopo di dare ai membri una semplice sepoltura e talvolta supporto finanziario alle vedove o orfani dei defunti. Le seconde erano, invece, associazioni di soldati che garantivano ai militari sostegno in caso di spese dovute a incidenti sul campo o per il corredo funebre.
Con riferimento, invece, all’altro elemento che caratterizza l’assicurazione, ossia il trasferimento del rischio a un soggetto terzo, questo richiede una società con basi giuridiche evolute. Gli studiosi attribuivano ai Romani i primi accordi tra privati che prevedevano una sorta di meccanismo di trasferimento del rischio. Non esistevano contratti tipici, ma erano previste clausole accessorie ad altri contratti legati in particolare al commercio. Ad esempio, vi era un soggetto che si impegnava a pagare una certa somma di denaro in caso l’oggetto dell’accordo, molto spesso una nave di merci, fosse arrivato a destinazione. Tale costruzione rappresentava una scommessa più che un modo per trasferire il rischio dato dall’aleatorietà dell’evento. Era opinione condivisa dagli studiosi, infatti, che i Romani non avessero praticato l’assicurazione a premi ma che avessero utilizzato forme di scommessa o impegni a pagare molto diverse dal meccanismo di trasferimento del rischio.
Altri studiosi tentarono di mostrare la presenza dell’istituto dell’assicurazione a Roma rifacendosi alla letteratura e racconti di storia. Si citava un racconto di Tito Livio al tempo della seconda guerra punica (215 a.C.) in cui la Repubblica si faceva carico dei rischi di navigazione di un carico di armi e rifornimenti destinati all’esercito di Scipione in Spagna. Ancora, Svetonio riportava che la Repubblica rispondeva dell’eventuale perdita di navi affondate a causa di tempeste per
3 Rossetti M., Il diritto delle assicurazioni, Vol. III, CEDAM, Milano, 2013. In particolare,
l’autore illustra un ritrovamento di un’iscrizione dalla quale si apprende che nel 203 d.C. i suonatori di corni di una legione in Algeria avevano costituito un collegium con lo scopo di pagare le spese funerarie degli associati. A tal fine, era previsto il pagamento di un contributo e di una quota di ammissione. Sul tema, si veda anche Fingland J. A., An introduction to the history of life insurance, E. P. Dutton and Company, New York, 1912; Volterra E., Istituzioni di diritto privato romano, La Sapienza Editrice, Roma, 1972; Levi M.A., L’Italia nell’evo antico, Padova, 1988.
garantire il rifornimento di viveri durante un periodo di carestia (41 d.C.). Questi esempi tuttavia non potevano essere considerati come una forma di assicurazione statale, bensì un’assunzione (e non un trasferimento) di alcuni rischi di navigazione da parte dello Stato. Inoltre, si era soliti considerare assicurazione una richiesta che Cicerone fece al pro-questore di Laodicea per assicurarsi che il bottino di guerra dalla Cilicia arrivasse a Roma. Cicerone chiedeva di trovare persone che fossero disponibili a garantire il trasferimento del denaro pubblico “in
modo che il popolo Romano fosse coperto da ogni rischio [di truffa]”4. Anche in
questo caso, non veniva assicurato il bottino bensì le persone prescelte si impegnavano a garantire il pagamento di una determinata somma di denaro in una
diversa località, senza necessariamente dover trasferire il bottino5.
Altra forma “pre-assicurativa” praticata nell’antichità del mondo greco e romano era il cosiddetto foenus nauticum, dapprima limitato ai trasporti marittimi e poi
applicato anche a quelli terrestri6. Rientrava nelle forme contrattuali di tipo
aleatorio e prevedeva il pagamento di una somma di denaro al proprietario o capitano della nave, che veniva restituita al prestatore solo qualora la tratta fosse andata a buon fine. Questa forma contrattuale si avvicinava a un rapporto di mutuo aleatorio e non di assicurazione, in cui il mutuatario aveva a disposizione una somma di denaro da impiegare nell’operazione commerciale e il mutuante
nutriva un forte interesse nella medesima operazione7.
Si poteva pertanto dedurre che sia i Romani sia i Greci conoscevano i principi dell’assicurazione sotto forma della mutualità assistenziale e non del contratto assicurativo con la previsione di un trasferimento del rischio a fronte del pagamento di un premio.
L’evoluzione delle forme precedenti l’assicurazione vedeva nascere le cosiddette
gilde nel periodo dell’alto Medioevo8. Erano anch’esse associazioni assistenziali
politiche e religiose che avevano funzioni più ampie rispetto all’epoca dei Greci e Romani. Provvedevano non solo alla sepoltura e al supporto dei parenti del defunto ma a un completo sostentamento in caso di disgrazie di varia natura, dall’incendio della dimora ai furti del bestiame. Le gilde furono ammesse come associazioni di mutua assistenza e si diffusero specialmente in Europa
4 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 11. 5 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 11.
6 Nunè F., Il contratto di prestito a cambio marittimo nel codice di commercio marittimo ottomano, Oriente Moderno, 1, 1996, pp. 13-33.
7 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 12.
8 La Torre A., Cinquant’anni col diritto: diritto delle assicurazioni, Vol. II, Giuffrè Editore,
Milano, 2008, p. 10. A riguardo, l’autore cita, tra l’altro, un elaborato di Luzzatto G., Gilda, Enc. It, XVII, Roma, 1933, in cui viene ricordato il contenuto dello statuto della gilda dei sarti di Londra; in particolare, era contenuta questa norma: ”Se qualche membro della gilda cade in miseria e si trova senza mezzi di sussistenza, egli riceverà per tutto il corso della sua vita sette pence la settimana”.
settentrionale tra i secoli VIII e X. I servizi delle gilde erano talvolta offerti anche dalle corporazioni di arti e mestieri, i cui statuti peraltro spesso prevedevano l’erogazione di mutuo soccorso ai propri membri. Tuttavia, non sembrava corretto ancora considerare tali forme di assistenza delle vere e proprie attività assicurative, come sono attualmente concepite.
1.1. La nascita dell’assicurazione
Le origini dell’assicurazione sono ricondotte al momento in cui si diffusero i primi contratti assicurativi nel campo del commercio marittimo, in Italia. Di fatti, i Romani non avevano la necessità di ridurre il rischio dato il numero esiguo di trasporti via mare e l’ingente disponibilità finanziaria delle poche compagnie di pubblicani che si occupavano di trasporti a rimediare a eventuali danni a un’imbarcazione.
La ripresa dei traffici nel Mille ad opera di piccoli commercianti era sempre affiancata da un sistema precursore di assicurazioni. Questi mercanti rischiavano la propria vita e merce per cause di forza maggiore, come le tempeste, o per furti di pirati e, per sopravvivere, avevano necessità di essere coperti da tali rischi. Così, a partire del XI secolo si diffondevano clausole accessorie a contratti quali la compravendita, mutuo, commenda, relative al traffico marittimo. Queste clausole erano del tipo “salvi in terra”, in cui il venditore si impegnava a consegnare la merce, ovvero “a rischio, pericolo e fortuna di mare e di genti” in cui era il compratore che si faceva carico di tutti i rischi del trasporto. Queste contrattazioni, non ancora riconducibili a un vero sistema assicurativo, venivano
utilizzate per oltre due secoli9.
Le origini dell’assicurazione erano considerate da alcuni studiosi come evoluzione della scommessa, mentre da altri come una miglioria del contratto di prestito a
cambio marittimo10.
La scommessa rappresentava un azzardo del mercante il quale, in caso la merce o la nave altrui non fosse arrivata a destinazione, non doveva risarcire alcuna somma di denaro. In sostanza, il mercante scommetteva sull’arrivo della nave o della merce per garantirsi dai rischi derivanti dalla propria attività. Era uno strumento molto diffuso, il diritto canonico lo prevedeva tra i contratti aleatori benché non si fondasse su cause disoneste. Al riguardo, in quei tempi vi erano molte frodi dovute alle scommesse, in particolare si scommetteva su navi che in realtà non avevano merci, oppure si scommetteva più volte su uno stesso carico, o ancora il capitano affondava volontariamente la nave dichiarando che fosse piena
9 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 13.
10 Per entrambi, si veda Cottino G., L’assicurazione tra passato e presente, contenuto
nell’elaborato di Cagnasso O., Cottino G. e Irrera M., L’assicurazione: l’impresa e il contratto, Trattato di diritto commerciale, Vol. X, Padova, 2001, p. 12.
di pietre preziose posto che non avrebbe dovuto affrontare gli oneri della perdita. Si assisteva quindi a ciò che nell’era contemporanea sarà chiamato cosiddetto azzardo morale.
Erano pertanto necessarie formulazioni giuridiche più precise dell’assicurazione, che la facessero differenziare dalla scommessa. Nel secolo XV veniva sancita la prima forma scritta della polizza assicurativa sotto il controllo di un pubblico ufficiale. L’accordo assicurativo era caratterizzato da due elementi contrattuali distinti: il pagamento di un importo anticipato per la copertura dei rischi – il premio, derivante dal latino praemĭu(m) ossia “ciò che si prende prima”, composto da prāe- “pre-” ed emĕre “prendere” – e dall’impossibilità di assicurare l’evento rischioso più di una volta. L’assicuratore tuttavia non riusciva ancora ad attirare un numero sufficiente di assicurati, e quindi di premi, che gli consentissero di fare fronte alle spese di eventuali sinistri. Continuava ad affidarsi alle scommesse che spesso erano fraudolente in quanto venivano assicurati valori non corrispondenti, più alti rispetto a quelli reali, oppure, si consideravano navi vuote dichiarandole come piene. Sovente l’assicuratore si accordava direttamente con l’assicurato per fissare i termini della scommessa che avrebbe pattuito con un soggetto terzo. Si doveva aspettare la nascita delle imprese di assicurazione per
poter contare sulla “legge dei grandi numeri”11, per la quale il rischio che le stesse
imprese sopportano risulta inferiore alla somma di tutti i rischi che altrimenti dovrebbero sopportare i soggetti assicurati.
Con riferimento all’accordo di prestito a cambio marittimo, questo nasceva come un’evoluzione del foenus nauticum, che nel frattempo era stato censurato sotto il pontificato di Gregorio IX (1237 d.C.) in quanto considerato come contratto
usuraio12. Il nuovo accordo si avvicinava alla ratio dell’assicurazione ma non
pienamente. Con questo contratto, il capitano della nave anticipava una somma di denaro, inferiore rispetto al valore della merce, al mercante il quale si occupava del recapito della merce medesima. Qualora la consegna fosse andata a buon fine, il mercante avrebbe riconsegnato la somma di denaro, compreso il nolo della nave. Un’altra forma assunta dal prestito per cambio marittimo era la compravendita, tramite la quale il mutuante, ossia l’assicuratore, comprava la nave o le merci al mutuatario, ossia il proprietario di queste ultime, che rappresentava l’assicurato. Il mutuante recuperava la somma versata, maggiorata per l’attività svolta, a condizione del buon fine dell’operazione. Altrimenti, quest’ultimo perdeva i denari e l’assicurato veniva risarcito del danno. Tale rapporto non era ancora considerato un contratto assicurativo in quanto il pagamento del sinistro avveniva prima del suo accadimento e il premio era nascosto nel rapporto di compravendita, ossia nella maggiorazione del prezzo.
11 Che sarà teorizzata per la prima volta dallo svizzero Jakob Bernoulli (1654-1705). 12 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 14.
Vi erano studiosi che legavano il passaggio a una struttura più vicina all’assicurazione, con l’indennizzo posticipato in caso di sinistro e il premio come prezzo della prestazione, a interventi di diritto canonico che abbandonavano il negozio di credito. Altri studiosi, invece, facevano risalire il primo contratto di assicurazione alla fine del 1200 come cosa nuova e non riconducibile ad altra forma contrattuale, finalizzata a soddisfare il bisogno di “viver segur quando i po”
13. Gli esperti del mestiere, quali i notai, continuavano tuttavia ad assimilare il
contratto assicurativo a quello di compravendita o mutuo consentendo sostanzialmente di inserirlo negli schemi tipici del diritto romano per meglio garantirne l’osservanza e l’efficacia.
Intorno alla prima metà del 1300, i contratti assicurativi erano diffusi in tutta Italia, in particolare, nelle zone portuali e iniziavano a essere utilizzati anche in Europa, specialmente nelle zone delle Fiandre, Inghilterra e Spagna. Gli assicuratori erano inizialmente i proprietari della nave o i noleggiatori, successivamente gli stessi mercanti provvedevano ad assicurare i beni. Questi esercitavano l’“attività assicurativa” singolarmente ovvero tramite una pluralità di sottoscrittori per ciascun contratto, i quali si impegnavano a risarcire una parte del sinistro a fronte della percezione di una parte di premio.
L’oggetto dell’assicurazione era la nave (o corpo), o la merce (o facoltà o nolo), oppure entrambe per i rischi legati alle rotte, ossia per i danni derivanti da tempeste, atti di pirateria, incendi, avarie. Le merci assicurate erano principalmente tessuti, allume (sale minerale per fissare i colori nei tessuti), spezie.
Iniziavano a regolare l’attività assicurativa tramite interventi legislativi che
avevano finalità di ordine pubblico14. Il primo corpus normativo omogeneo e
organico relativo alle assicurazioni veniva introdotto a Barcellona intorno alla
metà del 140015, successivamente a Burgos, Siviglia, Bilbao e Anversa. Le
Ordinanze di Barcellona recavano limiti e specificità all’esercizio dell’attività assicurativa, alla forma e all’efficacia del contratto, alla copertura parziale del valore dell’imbarcazione o della merce, al pagamento del premio al momento di stipula del contratto, all’esistenza di un interesse dell’assicurato alla stipula del contratto. Inoltre, inizialmente, avevano posto il divieto agli stranieri di stipulare
13 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 16.
14 Di norma, si citano gli interventi posti in essere a Genova e Firenze di fine Trecento
concernenti il divieto di opporre eccezione di usura al contratto; ovvero il divieto entrato i vigore sempre a Firenze e Genova a inizio Quattrocento relativo alla proibizione di assicurare merci di soggetti stranieri; o ancora, il divieto introdotto a inizi Quattrocento a Genova di assicurare le cose per il loro intero valore. Per dettagli, si veda De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 18.
15 Guccione A.V., Le assicurazioni, in Storia della legislazione bancaria, finanziaria e
assicurazioni. Poi, con la terza Ordinanza di Barcellona del 1484 cadeva tale divieto e gli stranieri potevano assicurare navi e merci a tre quarti del loro importo. A seguito di quest’ultima Ordinanza, inoltre, la presenza di un pubblico officiale, ossia del notaio non era più richiesta. Infatti, i contratti potevano essere stipulati con atto privato, tramite l’opera dei cosiddetti sensali, una sorta di mediatori di affari che fungevano da intermediari tra l’assicuratore e l’assicurato16.
Il premio assicurativo era calcolato tenendo conto di certi elementi, quali l’oggetto assicurato, nonostante non si riscontravano ampie differenze di premi a fronte di oggetti molto diversi, navi o merci. Si teneva inoltre conto della stagione; assicurare navi o merci nella stagione invernale era più oneroso. Il premio variava anche in base all’itinerario e al mezzo utilizzato per il trasporto. Si narrava che il premio era più basso se veniva utilizzata la galera che all’epoca era considerata
l’imbarcazione più sicura17.
Tra i più importanti interventi legislativi in ambito assicurativo, gli studiosi ricordavano anche l’Ordinanza di Ferdinando I, re del Portogallo (1367 – 1383), che, tra l’altro, istituiva una compagnia di assicurazione alla quale dovevano essere iscritte, oltre le navi della marina militare portoghese, anche tutte quelle
della Nazione superiori a un certo peso18.
Nell’era medioevale, di fatto, si diffondeva l’assicurazione contro i rischi della navigazione marittima. Le altre forme assicurative, come quella sui corpi terrestri o sulla vita, si affermavano solo nei secoli seguenti.
2. L’età del Mercantilismo (dal XVI al XVIII secolo)
A seguito dell’epoca medioevale, l’assicurazione si sviluppava sia a livello organizzativo e territoriale, sia con riferimento alla gamma dei servizi offerti. Venivano istituite le prime imprese di assicurazione di tipo moderno sotto forma di società o di associazioni mutualistiche.
Con le società e associazioni di grandi dimensioni, dato il maggiore numero di contratti stipulati, si poteva quindi contare su un ragionevole equilibrio tra rischi assunti e garanzia del pagamento del sinistro.
A livello territoriale, il Mediterraneo rallentava i traffici e nelle piazze del nord Europa, specialmente quella di Londra, e dei Paesi maggiormente coinvolti dagli eventi legati al Nuovo Mondo, quindi Spagna e Francia, l’assicurazione diventava
16 Come riportato da Forni S., Assicurazione e impresa, Giuffrè Editore, Milano, 2009, p. 6,
esemplare a riguardo è la figura del mezzano di sicurtà nella Venezia del XVI secolo, che coniuga peraltro l’attività di mediazione e di consulenza, oltre a quella di tenuta dei libri dei conti sia per l’assicuratore sia per l’assicurato.
17 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 20. 18 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 21.
un vero business. L’assicurazione marittima rimaneva predominante e iniziavano a prendere piede altre forme assicurative, come l’assicurazione sulla vita.
Un’altra novità sotto il profilo organizzativo era rappresentata dal diverso ruolo attribuito all’intermediario di affari, compresi quelli assicurativi, il cosiddetto sensale, che continuava a operare nell’ambito delle assicurazioni marittime mentre per gli altri contratti si iniziava a fare riferimento agli agenti di assicurazione, una figura più specializzata dell’intermediario nel campo delle assicurazioni.
Le Ordinanze fiorentine del 1523 rappresentavano un’ulteriore innovazione rispetto al passato; si introduceva un modello di polizza assicurativa standardizzato, sia nella forma sia nel contenuto, che aiutava la corretta diffusione
dell’istituto dell’assicurazione19.
Nelle Ordinanze spagnole del 1555 si citava la figura del “mezzano di sicurtà” che si occupava dell’affare assicurativo e teneva un registro in cui annotava gli
estremi del contratto20.
A Londra nel 1575, Sir Gresham apriva la prima Camera delle assicurazioni presso la Royal Exchange in cui venivano registrate tutte le polizze assicurative. Questo istituto consentiva una maggiore standardizzazione e pubblicità dell’accordo assicurativo. A seguito di un incendio, che distrusse gran parte degli archivi ove erano annotate le polizze, si distinguevano due tipi di assicurazioni: pubbliche, ossia quelle registrate, e private di cui non si conoscevano gli estremi. Con il tempo, la Camera delle assicurazioni veniva sostituita dalla figura del
broker assicurativo21.
L’assicurazione marittima in Italia diventava meno prestigiosa dell’era passata. Talvolta, gli assicuratori delle zone marittime si associavano in via temporanea solamente per sostenere un unico affare. Al fine di costituire imprese di assicurazioni più solide e solventi, iniziavano i primi tentativi di creare monopoli assicurativi tramite concessione dei pubblici poteri. L’opera riusciva per la prima volta a Genova ove, intorno al 1740, istituivano la Compagnia Generale delle Assicurazioni Marittime, a fronte di un prestito in favore dell’erario senza interessi22.
19 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 26.
20 Forni S., Assicurazione e impresa, Giuffrè Editore, Milano, 2009, p. 6 e Cottino G., L’assicurazione tra passato e presente, contenuto nell’elaborato di Cagnasso O., Cottino G. e Irrera M., L’assicurazione: l’impresa e il contratto, Trattato di diritto commerciale, Vol. X, Padova, 2001, p. 2.
21 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 28.
22 Rossetti M., Il diritto delle assicurazioni, Vol. III, CEDAM, Milano, 2013. Come precisato
nell’elaborato, la citata Compagnia riuscì, in cambio di un ingente prestito senza interessi, a ottenere nel 1742 dal governo della Repubblica di Genova il diritto di privativa sull’esercizio dell’attività assicurativa, che conservò sino al 1778.
2.1. Le prime forme assicurative
2.1.1. L’assicurazione contro gli incendi
Gli incendi erano temuti dalla popolazione. Arrecavano gravi disagi e distruggevano una grande quantità di case, data l’organizzazione urbana del tempo che si sviluppava nelle città e che era organizzata con tante abitazioni costruite vicine. L’assicurazione contro gli incendi, dapprima accordata dalle gilde medioevali che riconoscevano una somma denaro al membro che aveva perso la casa a causa di incendi, non si diffondeva molto rapidamente. Nell’Europa del nord, specialmente in Germania, venivano istituite società che provvedevano al risarcimento del danno da incendio a fronte del pagamento obbligatorio, stabilito dai pubblici poteri, di un premio periodico e, per i risarcimenti più onerosi, di un indennizzo aggiuntivo in proporzione al valore dell’abitazione. Seguendo la medesima logica, anche in Inghilterra incominciavano a creare casse comuni alimentate dalla raccolta di offerte nelle Chiese per fare fronte ai danni derivanti dagli incendi. L’assicurazione per l’incendio non si sviluppava rapidamente in particolare perché quest’ultima, a differenza dell’assicurazione marittima, che riguardava per lo più un unico viaggio e il valore della somma assicurata poteva essere diviso su una pluralità di soggetti, richiedeva una copertura per un rischio di lungo periodo e l’esigenza di assicurare numerosi immobili, dislocati in diverse zone geografiche al fine di diversificare il rischio. La prima impresa di assicurazione di protezione dagli incendi veniva istituita da un costruttore di case a Londra a seguito del grande
incendio del 1666 che distrusse gran parte della città23.
Alla fine del 1600, a Londra, venivano autorizzate le prime imprese di assicurazione contro gli incendi. L’impresa di assicurazione fondata da Sir Bandon nel 1680 era una società costituita da quattro soci a responsabilità personale e illimitata. Il pagamento dei sinistri era garantito da un fondo investito in titoli a cui affluivano i premi pagati dagli assicurati annualmente. I premi erano calcolati in percentuale del valore della casa (circa il 2%) e dipendevano dal materiale di costruzione dell’immobile (i.e. se era in muratura, l’assicurazione
costava di meno)24. A seguire, veniva costituita un’impresa di mutuo soccorso, la
Friendly Society, in cui era versata una quota iniziale come deposito, che veniva
restituita al termine del rapporto assicurativo, e l’assicurato doveva contribuire all’esborso dei sinistri di altri assicurati. Sempre sotto forma di società mutualistica, veniva costituita l’Amicable Contributors for Insuring Houses from
Loss by Fire (anche Hand-in-Hand) in cui i soci erano gli stessi assicurati,
rispondevano dei sinistri altrui e partecipavano agli utili d’impresa.
23 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 31.
24 A seguire, per i dettagli sulle imprese costituite si rimanda a De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 32.
Iniziavano a svilupparsi imprese che assicuravano contro incendi beni diversi dalle abitazioni, come i beni mobili e le merci, anche in zone fuori dall’area metropolitana di Londra. Il primo caso che gli studiosi ricordavano era l’impresa
Charitable Corporation del 170725.
Le imprese di assicurazione che si dimostravano le più solide erano quelle legate a forme di mutualità, in cui anche l’assicurato contribuiva al risarcimento del danno altrui. L’impresa costituiva un deposito a garanzia, vincolato per tutta la durata del rapporto, di norma sette anni. Queste forme assicurative si diffondevano più tardi anche in altri Paesi europei, sebbene con alcune peculiarità. In particolare, nei Paesi scandinavi o in Germania e Svizzera si sviluppavano in via prevalente le assicurazioni mutualistiche, mentre in altri Paesi come la Francia e l’Inghilterra predominavano forme assicurative di iniziativa privata a premio fisso (e non contributivo)26.
2.1.2. L’assicurazione sulla vita
L’assicurazione sulla vita presupponeva due elementi fondamentali. In primo luogo, la conoscenza del tasso di mortalità tramite tecniche di calcolo basate su principi probabilistici. Inoltre, era necessario attirare un ingente numero di assicurati per raccogliere un fondo consistente di risorse al fine di risarcire il beneficiario in caso di morte dell’assicurato. Con riferimento alla prima condizione, era necessaria la conoscenza delle cosiddette tavole di mortalità e del calcolo delle probabilità, che iniziavano ad essere studiati alla fine del XVII secolo. Lo studioso di riferimento di quell’epoca era l’inglese Edmund Halley, dai
cui l’omonima cometa27. A differenza del Medioevo, in cui si stipulavano
scommesse sulla vita altrui, durante l’era del Mercantilismo iniziavano a svilupparsi le basi per le assicurazioni sulla vita del mondo moderno. In Italia, ad esempio, si diffondevano le assicurazioni dotali, costituite al momento della nascita di una bambina. La stessa poteva usufruirne, di un valore decuplicato, una volta sposata e al compimento del diciottesimo anno di età. Dato l’elevato tasso di
25 De Simone E., Breve storia delle assicurazioni, FancoAngeli, Milano, 2011, p. 33. 26 Borzaga C. & Fazzi L., Manuale di politica sociale, FrancoAngeli, Milano, 2005, p. 56 ss. 27 Rossetti M., Il diritto delle assicurazioni, Vol. III, CEDAM, Milano, 2013. Come precisato
nell’elaborato, tra il XVII e il XVIII secolo vengono gettate le basi scientifiche della statistica, che è necessaria al lavoro dell’assicuratore moderno. L’autore cita appunto l’inglese Edmund Halley (1656-1742) quale creatore della prima tavola di mortalità. Sono citati inoltre altri importanti studiosi della materia, tra cui il filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662) che, insieme a Pierre de Fermat (1601-1665), fu l’inventore del calcolo delle probabilità; lo svizzero Jakob Bernoulli (1654-1705), inventore della legge dei grandi numeri; gli olandesi Jan de Witt (625-1672) e Johannes Hudde (1628-1704), inventori del calcolo delle rendite vitalizie e temporanee; il francese Abraham De Moivre (1667-1754), autore della The doctrine of change, tradotta e pubblicata in Italia nel 1776 con il titolo La dottrina degli azzardi. Si narra che De Moivre adottando le proprie teorie abbia correttamente predetto la data della propria morte naturale.