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Procedure di affidamento degli impianti sportivi

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Academic year: 2021

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UN I V E R S I T À D I PI S A

DI P A R T I M E N T O D I GI U R I S P R U D E N Z A

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Le procedure di affidamento degli impianti pubblici sportivi

Il Candidato

Roberto Alcamo

Il Relatore

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

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2 INDICE

INTRODUZIONE ... 5

CAPITOLO 1 ... 11

L’ ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO ... 11

1. La definizione del fenomeno sportivo. ... 11

2. “L’ordinamento giuridico tra monismo e pluralismo”. ... 13

2.1. Segue: La teoria pluralistico-ordinamentale: “la tesi del diritto dei privati”. ... 16

3. Lo sport come ordinamento giuridico sportivo. ... 21

4. L’ autonomia dell’ordinamento sportivo ed i relativi limiti: le situazioni di “rilevanza giuridica” nelle quali si ha giurisdizione statale. ... 25

5. Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico statale: “la questione della giustizia sportiva”. 31 6. L’organizzazione dell’ordinamento sportivo. ... 36

6.1. Le Federazioni Sportive Nazionali: natura giuridica, disciplina, Struttura ... 47

6.2. Le discipline sportive associate ... 59

6.3. Gli enti di promozione sportiva ... 61

6.4. Società ed associazioni sportive ... 64

6.5. Associazioni sportive ... 67

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CAPITOLO 2 ... 73 QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI IMPIANTI SPORTIVI PUBBLICI .. 73 1. L’evoluzione della disciplina legislativa in materia di sport ed impiantistica sportiva. ... 73 1.1. Segue: La costituzione del 1948 e il mancato riferimento, nel testo costituzionale, al fenomeno sportivo. ... 76 2. Lo sport nella legislazione statale. ... 79 3. La ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali. ... 83 3.1. Segue: La ripartizione delle competenze tra il C.O.N.I. e la Regione alla luce del D.P.R. 616/1977. 85 4. Il particolare ruolo ricoperto dagli Enti locali. .... 93 4.1. Segue: le competenze degli Enti locali in materia degli impianti sportivi ... 99 5. Gli impianti sportivi: “la definizione giuridica” . 101 5.1. Segue: il caso del Parma Calcio s.p.a. ... 104 5.2. Segue: la definizione strutturale degli impianti.

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5.3. Segue: la classificazione degli impianti sportivi pubblici. ... 108

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CAPITOLO 3 ... 109

LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEGLI IMPIANTI SPORTIVI PUBBLICI ... 109

1. Le classificazioni degli impianti sportivi sotto il profilo oggettivo e soggettivo. ... 109

2. La gestione dell’impianto sportivo come servizio pubblico. ... 116

3. Le diverse forme di gestione degli impianti sportivi. 130 4. La disciplina dell’affidamento dell’impianto sportivo sul piano pubblicistico. ... 134

CONCLUSIONI ... 149

BIBLIOGRAFIA ... 156

Ringraziamenti ... 160

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Introduzione

Alla base di questo lavoro vi è l’analisi della gestione e dell’affidamento degli impianti pubblici da parte degli enti locali, come le Province, le Città Metropolitane ed i Comuni, così come disciplinato dall’ordinamento italiano. In particolare, si prenderanno in considerazione le peculiari dinamiche inerenti al fenomeno dell’impiantistica sportiva, ricercando le soluzioni possibili e, in determinati casi, preferibili, allo scopo di rendere la gestione delle infrastrutture dedicate alla attività sportive maggiormente agevole per gli amministratori locali.

Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tematica sono il forte interesse verso la materia sportiva, sulla quale vorrei intraprendere una carriera professionale.

L’obiettivo di questa tesi di laurea è quello di fornire un quadro accurato dell’ordinamento sportivo italiano, calato nella complessa materia dei contratti pubblici, recentemente riformata per mezzo del D.lgs. 18 aprile 2016, n.50, al fine di valutare quali siano le modalità di affidamento della gestione degli impianti sportivi e quali siano le problematiche e i vantaggi che da esse derivano.

La tesi è articolata in tre capitoli.

Nel primo di essi si cercherà di illustrare, innanzitutto, cosa si deve intendere con fenomeno sportivo e quali definizioni sono state elaborate della dottrina e del legislatore. In seguito, sarà necessario portare l’attenzione sulla diatriba dottrinale

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inerente alla concezione monista o pluralista

dell’ordinamento giuridico, che vide protagonisti autori come S. Romano e H. Kelsen. Lo scopo di questa analisi è comprendere se possano esistere ordinamenti giuridici differenti rispetto all’ordinamento giuridico generale ovvero se esso debba essere considerato come l’unico ordinamento giuridico possibile.

Preliminare a tale interrogativo è l’individuazione dei caratteri necessari di un qualsivoglia ordinamento giuridico, per valutare successivamente la possibile esistenza di una molteplicità di ordinamenti all’interno di una singola entità statale.

Se, nel corso dell’indagine inerente al quesito suddetto, si dovesse addivenire ad una risposta positiva - nel senso della pluralità degli ordinamenti giuridici all’interno del nostro Stato - allora ci si potrebbe interrogare circa la configurabilità, tra di essi, di un ordinamento sportivo, autonomo o subordinato rispetto a quello generale. Inoltre, non ci si potrebbe esimere dal valutare e analizzare gli eventuali rapporti tra i due ordinamenti, ricercando quali possano essere i caratteri distintivi dell’ordinamento sportivo.

In tal senso, si dovrebbero analizzare le eventuali disposizioni legislative e gli arresti giurisprudenziali in materia, addivenendo ad un quadro chiaro e completo circa

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le situazioni di rilevanza giuridica nelle quali si dovrebbe avere la giurisdizione statale e non quella sportiva.

Una volta esaurita tale indagine, ci si soffermerà

sull’organizzazione dell’ordinamento sportivo

internazionale, anche sotto il profilo olimpico, ed italiano. Come noto, l’organo di vertice dell’ordinamento sportivo italiano è il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), al quale viene delegato l’esercizio della funzione amministrativa nel settore sportivo.

Si procederà, conseguentemente, ad un’analisi del C.O.N.I., tanto dal punto di vista storico, quanto da quello giuridico-amministrativo, analizzando la relativa disciplina legislativa, partendo dagli interventi del legislatore della prima metà del secolo scorso fino ad arrivare al c.d. Decreto Melandri e al c.d. Decreto Urbani-Pisacane.

Parimenti, non si potrà tralasciare l’analisi della disciplina inerente alle Federazioni Sportive Nazionali, coeve del C.O.N.I., ma con funzioni ed ambiti di intervento notevolmente differenti. Di esse si prenderanno in considerazione le questioni afferenti alla natura giuridica, particolarmente dibattuta in dottrina, alla relativa disciplina normativa e alla struttura.

La trattazione proseguirà con la disamina dell’ulteriore moltitudine di soggetti facenti parte dell’ordinamento sportivo.

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Nel secondo capitolo si approfondirà il quadro normativo di riferimento in materia di impianti sportivi pubblici, partendo da una ricostruzione storica della legislazione dai primi dell’Ottocento fino ad oggi.

Non si potrà non tener conto della grande rivoluzione che investì il sistema italiano delle fonti normative nel 1948, nel momento in cui entrò in vigore la Costituzione, che tuttavia non faceva espresso riferimento allo sport: su tale questione fu ampio il dibattito in dottrina circa le ragioni della mancanza del riconoscimento di una qualche forma di dignità costituzionale al fenomeno sportivo.

Esaurita tale tematica, si sposterà l’attenzione sulle fonti di rango primario che investono lo sport, sotto diverse forme e con modalità diverse fra loro. In tale ambito, ci si interrogherà sulla competenza legislativa, analizzando l’art. 117 Cost., al fine di comprendere se il fenomeno sportivo è preso in considerazione in maniera diretta o indiretta e se vi sia competenza statale, regionale o concorrente fra Stato e Regione.

Una peculiarità dell’ordinamento sportivo è quella della ripartizione delle competenze tra la Regione e il C.O.N.I., data la particolare qualificazione che tale organo ha in materia.

Si giungerà, infine, al cuore del lavoro, analizzando il ruolo ricoperto dagli Enti locali in tale quadro articolato, partendo innanzitutto dalla qualifica che viene loro riconosciuta dalla

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nostra Carta costituzionale all’art. 114. Si porrà l’accento sul loro grado di autonomia e sull’opportunità che tali enti

gestiscano determinati settori della pubblica

amministrazione, secondo il principio di sussidiarietà verticale, ai sensi dell’art. 118 Cost. Si passeranno in rassegna le fonti normative e regolamentari che conferiscono forza e operatività a tali enti, senza tralasciare gli ulteriori aspetti che sono alla base della disciplina degli enti locali. In tale ottica, l’art. 119 Cost. stabilisce l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per gli enti locali e si dovranno analizzare le ripercussioni di ciò in ambito sportivo.

Si affronterà, quindi, la questione delle specifiche competenze degli Enti locali in materia di impianti sportivi pubblici, andando a ricercare anche una definizione di impianti sportivi, cercando in tal modo di perimetrare l’ambito oggettivo del lavoro.

A tal punto, si procederà all’analisi del caso giurisprudenziale del Parma Calcio S.p.a., in merito alla natura giuridica del bene “impianto sportivo”.

Nel terzo capitolo si prenderanno in considerazione le procedure di affidamento degli impianti sportivi pubblici, ponendo innanzitutto l’attenzione sull’importanza di una classificazione degli impianti sportivi, sotto il profilo oggettivo e sotto il profilo soggettivo, a causa delle

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eterogeneità degli impianti e delle conseguenti differenti discipline e gestioni a questi applicabili.

Successivamente si prenderà in considerazione la tesi secondo cui la gestione di un impianto sportivo da parte di un ente locale può essere considerata come servizio pubblico. Preliminarmente, sarà necessario dare la definizione di servizio pubblico, analizzando la disciplina normativa, la dottrina e la giurisprudenza di legittimità nonché di merito. In tal senso, potrà essere molto rilevante tentare di distinguere la gestione di un impianto sportivo da parte di un ente locale a seconda della rilevanza economica o meno che riveste tale attività e comprendere se tale distinzione sia utile ai fini dell’oggetto di questo lavoro.

Infine, avviandoci verso la conclusione della tesi, verranno analizzate le diverse tipologie di gestione di un impianto pubblico sportivo e, conseguentemente, si presenterà un quadro delle modalità di affidamento possibili, sulla base delle considerazioni fino a quel punto svolte, elaborando delle soluzioni che saranno dettagliatamente illustrate nelle conclusioni finali di questa tesi.

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CAPITOLO 1

L’ ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO

1. La definizione del fenomeno sportivo.

Prima di addentrarci nella trattazione oggetto di tesi, è opportuno fornire alcune indicazioni, sul piano generale, riguardo al fenomeno sportivo. Detto ciò risulta indispensabile fornire una definizione di sport e nel far questo mettiamo da parte il significato comune del termine sport, che si riferisce a qualsiasi attività motoria esercitata durante il tempo libero, e recepiamo il termine prima menzionato da un punto vista organizzativo, cioè come “ogni attività ludica organizzata le cui regole sono universalmente accettate e ritenute vincolanti da coloro che la praticano”. 1

Da tale definizione non si evince che lo sport debba essere oggetto di una singola e specifica disposizione giuridica. Infatti, come più volte affermato da diversi autori della dottrina in molteplici manuali, lo sport “lungi dall’essere considerato come una materia unitamente intesa, imputata a un’unica sfera soggettiva e funzionale, tanto rispetto alle attività che agli impianti ad essa relativi, appare rinfrangersi in una varietà di elementi ordinamentali e organizzativi suscettibili di sussunzione sotto una pluralità di materie”2 . Da questa definizione è possibile comprendere l’essenza del fenomeno sportivo che dal 2001, alla luce della riforma 1V.B.MARCHETTI, in voce sport, di S.CASSESE, Trattato di diritto amministrativo,

Giuffrè, Milano, p.925.

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costituzionale avvenuta con la l. cost. 18 ottobre 2001, n 3, in base alla quale è stata legislativamente consacrata, almeno a livello definitorio, l’esistenza di un vero e proprio ordinamento sportivo; a livello definitorio in quanto non vengono indicati gli elementi sostanziali di tale ordinamento ma viene contemplato in relazione alla distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni come fissata dall’art 117 Cost. Soltanto dal 2003 il fenomeno sportivo viene riconosciuto all’interno di un vero e proprio ordinamento autonomo e non sovrano in quanto si trova ad operare nei limiti stabiliti dalle leggi statale.

Adesso, l’analisi dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale presuppone necessariamente una ricostruzione del quadro di sistema dell’ordinamento generale nell’attuale configurazione per poi poter procedere nella configurazione e analisi dell’ordinamento sportivo sul piano sostanziale.

Un preliminare inquadramento del concetto di ordinamento giuridico risulta necessario per comprendere, nell’ambito della pluralità degli ordinamenti giuridici, la configurazione del sistema sportivo come ordinamento giuridico, la sua

corretta collocazione dello stesso all’interno

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2. “L’ordinamento giuridico tra monismo e pluralismo”.

Per ordinamento giuridico si intende un Complesso di norme giuridiche e istituzioni con cui lo Stato regola lo svolgimento della vita sociale ed i rapporti tra i singoli individui. Questa è la definizione che possiamo ritrovare nella maggior parte dei manuali. Il concetto di ordinamento giuridico viene originariamente individuato in base a diverse teorie, tra le quali possiamo ricordare quelle più diffuse, cioè la prima definita “normativa” facente capo ad Hans Kelsen e la seconda c.d. “istituzionale” attribuita a S. Romano.

Secondo la teoria “normativista” l’ordinamento giuridico viene inquadrato come sistema normativo composto dal solo elemento della normazione. Secondo H.Kelsen, l’ordinamento giuridico sarebbe costituito dal solo elemento dal complesso delle norme vigenti in un determinato ambito territoriale. Tali norme, tra loro riconnesse in un rapporto di gerarchia decrescente, si potrebbero raffigurare come una struttura piramidale, al cui vertice troverebbe luogo la c.d. “norma fondamentale” di carattere “originario”, dalle quali scaturirebbero le altre norme “derivate”, tutte poste ad un rango di effettiva inferiorità rispetto a quest’ultima.

Nei primi anni del 900’ questa impostazione viene superata dalla teoria “istituzionalistica” facente capo a S.Romano, secondo la quale l’elemento della normazione, elemento qualificante l’ordinamento giuridico per H. Kelsen, non risulta affatto sufficiente per esprimere il concetto di ordinamento giuridico, in quanto quest’ultimo risulta essere

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il prodotto della coscienza sociale, posto in essere dai rappresentanti del popolo. Infatti, secondo S.Romano si può parlare di ordinamento giuridico nel momento in cui sono presenti i seguenti elementi:

• Pluri-soggettività (cioè il tessuto sociale)

• Organizzazione (l’insieme delle istituzioni pubbliche)

• Normazione

Questi elementi preesistono e producono l’elemento della normazione, con la conseguenza che il concetto di ordinamento giuridico si sovrappone con quello della società, c.d. “ubi societas, ibi ius”. Santi Romano, in una sua opera, definisce l’ordinamento giudico “come un istituzione e, viceversa, ogni istituzione è un ordinamento giuridico”. Per istituzione si intende, nella ricostruzione proposta, ogni “ente o corpo sociale”3. Secondo la teoria istituzionalistica del giurista palermitano: “ogni ordinamento giuridico è un istituzione, e viceversa ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione tra questi due concetti è necessaria ed assoluta”4.

La teoria Romanista gioca sul concetto di istituzione: l’ordinamento giuridico non può essere considerato quale unione di norme ma qualcosa di più; l’ordinamento giuridico è considerato quale la somma tra istituzione e il prodotto che queste creano; l’istituzione è organizzazione e il momento istitutivo produce quello normativo.

3 V.S.ROMANO, L’ordinamento giuridico, Firenze, 1977,p.25 ss.

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Con il trascorrere dei decenni del novecento questa teoria istituzionale inizia a diffondersi anche in altri Paesi: in particolare, in Francia con Maurice Hauriou, in Germania con Max Weber, negli USA con Thorstein Veblen. Non solo si diffonde in maniera rapida ed efficace, ma riscuote molto successo proprio perché è stata l’unica teoria ad offrire una spiegazione allo sviluppo della vita e della società civile del Novecento: «la società si articola in organizzazioni riconosciute come portatrici di interessi collettivi, la cui presenza è legittimata anche nell’ambito del potere pubblico. Questa nuova realtà viene definita come Istituzione. I due elementi che la caratterizzano sono l’appartenenza alla sfera sociale e l’organizzazione razionale» 5

Tra le critiche mosse alla predetta teoria possiamo menzionare, in primo luogo, quella esposta da L. Di Nella, secondo il quale, per S. Romano l’essenza dell’istituzione è espressa dalla parola organizzazione. Infatti, “non è dubbio che l’istituzione sia un’organizzazione sociale”6. Quindi, sempre secondo Di Nella, il diritto nasce nel momento in cui il gruppo sociale diviene gruppo organizzato, “si istituzionalizza creando una organizzazione e attraverso questo diventa ordinamento giuridico”7. Oltre al Di Nella altre critiche vengono mosse da T. Martines e V. Crisafulli, i quali sostengono che la teoria istituzionalista non riesce a superare un certo “vuoto logico…Manca nella visione di S. 5 V.S. CASSESE, Istituzione: un concetto ormai inutile, in Pol.Dir., 1979, p. 59. 6 V. S.ROMANO, Op.cit. p.27.

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Romano un punto fermo da cui procedere alla ricerca del fenomeno di giuridicizzazione del fatto, cioè della realtà sociale”8

2.1. Segue: La teoria pluralistico-ordinamentale: “la tesi del diritto dei privati”.

Il primo, a cui bisogna dare il merito di aver applicato la teoria istituzionale al fenomeno sportivo, è stato Cesarino Sforza il quale, definendo come diritto dei privati” quello che i privati medesimi creano per regolare determinati rapporti di interesse collettivo in mancanza della legge statuale”9 individua “ un complesso di norme che autorità statuali emanano per regolare determinate relazioni giuridiche tra le persone ad esse sottoposte”10 l’ambito dei diritti dei privati si identifica con quello delle organizzazioni che si formano senza l’intervento dello Stato, ma sorgono spontaneamente come “unione di persone caratterizzata dal fatto che queste cooperano per uno scopo comune”11. Ecco che Cesarino Sforza, partendo dall’ impostazione di S. Romano, secondo cui ogni gruppo sociale tende a creare un diritto positivo proprio e ogni ordinamento sociale è giuridico proprio in quanto ordinamento, con la sua teoria prima richiamata, “ prendendo le mosse da un angolo visuale dal quale la realtà giuridica viene vista come un complesso di relazioni tra diritti 8 V. T. MARTINEZ, Diritto costituzionale, Milano, 8 ed, 1994, p.18; V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, I, Roma, 2 ed,1970.

9 V. W. CESARINI SFORZA, Il diritto dei privati, in Riv.It.Sc.Giurid., 1929, p.3. 10V. W. CESARINI SFORZA, Op.cit., p. 4.

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ed obblighi, individua la cellula primitiva e il nucleo irriducibile di ogni realtà sociale nel rapporto giuridico, concepito come frutto dell’interdipendenza delle azioni di due soggetti stabilita da una norma”12; in questo modo una parte di tale rapporto sia titolare di un diritto nei confronti della controparte e quest’ultima sia soggetta ad un obbligo verso la prima parte del rapporto. In questo caso, secondo l’autore, “la giuridicità dei rapporti nei quali il diritto si incarna non è fatta derivare dall’appartenenza della norma ad un dato sistema normativo, in particolare a quello statale, ma risulta frutto della regolarità con cui tali rapporti sociali si esplicano”13. Quindi, il concetto di ordinamento giuridico non si ricava attraverso le norme che lo esprimono ma è possibile reperirlo nei rapporti in cui esso si concreta, venendo in considerazione ogni volta qual volta da un rapporto si può risalire ad una volontà regolatrice (del rapporto).

Quindi, scompare l’idea del diritto come “volontà che si impone come suprema in un sistema gerarchico che esclude tutte le altre volontà possibili”14.

Questo vuol dire che il ruolo che svolge lo Stato nella vita giuridica non esclude, ma presuppone l’esistenza di altri ordinamenti giuridici nonché l’affermazione di altre di norme giuridiche che si atteggino come tali; la superiorità delle

12 R.M.PELLEGRINI,L’evoluzione dei rapporti tra fenomeno sportivo e ordinamento

statale, p.13.

13R.M.PELLEGRINI, Op.cit., p.25. 14 R.M. PELLEGRINI,Op.cit.

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norme statali non viene considerata quale qualità innata, ma derivante dal fatto che lo Stato viene considerato come” l’ente che applica la parte più significativa ed importante del diritto”15.

Più nello specifico la giuridicità di una norma coincide con il momento in cui sorge il rapporto giuridico, ovvero nel momento in cui si combinano le due volontà secondo una certa relazione caratteristica, e non sorge nel momento in cui questa(la norma) viene applicata, fase in cui può subentrare una forza coattiva impressa da un soggetto terzo, il cui intervento, però, “ non significa certo che il processo di creazione del diritto possa tradursi nell’imposizione di una volontà sopra un'altra ovvero, in altri termini, nel monopolio di un potere socialmente sovrano”16.

In sostanza, la teoria di Cesarini Sforza, nel dire che il diritto vige anche in rapporti che non traggono la loro giuridica esistenza dalla volontà dello Stato, riconosce la sussistenza di una forza giuridica sia nell’ordinamento giuridico supremo, cioè quello statale, e sia negli altri ordinamenti che si connettono a volontà normative genericamente private, “ nell’acquisita consapevolezza che l’unica del diritto sotto il concetto di stato si riferisce unicamente al predominio che quest’ultimo detiene nell’applicazione delle norme, mentre la molteplicità degli ordinamenti si basa sulla spontaneità creatrice della coscienza giuridica”17. Quindi, più nello

15 R.M.PELLEGRINI,Op,cit.

16 R.M.PELLEGRINI,Op.cit.

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specifico, se si ammette che il diritto abbia origine da esigenze di carattere sociale che siano indipendenti dallo Stato allora la giuridicità di un ordinamento non coincide con la sua statualità e quindi è possibilità configurare l’esistenza di una pluralità di ordinamenti.

Una volta che, in base alla teoria appena illustrata, viene riconosciuta l’esistenza di vari ordinamenti diversi da quello dello Stato, il rapporto che il l’ordinamento statuale può avere con gli altri ordinamenti può essere il seguente:

• Lo Stato, di fronte ad una pluralità di ordinamenti, può farli propri riproducendone le norme o effettuandone un rinvio alle stesse. In questo caso l’altro ordinamento, essendo inglobato da quello statale, in questo caso scompare

• Lo Stato può ignorare gli altri ordinamenti esistenti, ritenendolo irrilevante, e perciò può negare la tutela dei diritti che scaturiscono dagli altri ordinamenti diversi: in questo caso, il suddetto ordinamento vivrà di una propria esistenza, accanto all’ordinamento statale.

Sulla base di tali premesse, la teoria del “diritto dei privati” di Sforza tenta di fornire una prima ricostruzione

dell’ordinamento sportivo; secondo quest’ultimo

l’ordinamento sportivo non sussisteva una impostazione contrattualistica, basata sull’istituto di adesione. Infatti, secondo tale prospettiva, il carattere vincolante delle norme

federali veniva spiegato attraverso un fenomeno,

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al quale l’iscrizione del soggetto ad una federazione sportiva comportava l’accettazione delle disposizioni poste in precedenza dalla federazione stessa e il conseguente obbligo contrattuale alla loro osservanza. Per Sforza la nascita dell’ordinamento sportivo corrisponde al movimento associativo che porta alla formazione di corpi sociali o istituzioni.

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3. Lo sport come ordinamento giuridico sportivo.

Ecco che, una volta fornita una definizione generale di ordinamento giuridico, e una volta richiamata la tesi del “Diritto dei privati” di Cesarini Sforza, un altro autore a cui si da il merito di essersi occupato della ricostruzione del fenomeno sportivo è Massimo Severo Giannini, il quale, grazie all’affermazione e riconoscimento della teoria pluralistica, ha riscontrato nell’ordinamento sportivo i caratteri tipici di un ordinamento autonomo:

- pluri-soggettività; - normazione; - organizzazione.

Affinchè si possa avere l’elemento della pluri-soggettività è necessario che un certo numero di persone osservino delle norme che, nei loro confronti, debbano ritenersi

vincolanti. Tale aspetto è possibile rinvenirlo

nell’ordinamento sportivo, composto da moltissimi soggetti quali atleti (dilettanti o professionisti), dirigenti, preparatorie, in generale, tutti coloro che esercitano una funzione all’interno di questo.

Quello sportivo è un ordinamento giuridico settoriale a formazione spontanea, funzionalizzato al raggiungimento di un fine particolare che non è imposto né istituito dall’ordinamento generale statale ma che è nato in maniera spontanea da un gruppo sociale.

Un altro carattere dell’ordinamento sportivo è che esso è “mondiale”. Infatti, si tratta di un ordinamento

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statale che non deve essere confuso né con l’ordinamento internazionale, poiché i singoli Stati sono rilevanti non come soggetti giuridici ma come sede delle sue articolazioni, né come ordinamento territoriale, dal momento che il territorio non rappresenta un suo elemento costitutivo. È un ordinamento originario, essendo la sua efficacia fondata solo ed esclusivamente sulla propria forza e non su quella di altri ordinamenti, ma non è sovrano, poiché manca la piena effettività della forza su un territorio determinato.

Per ciò che concerne il profilo normativo, «l’attività sportiva appare divisa in tre parti: una zona è retta da norme dei diritti statali, ed esclusivamente da esse; un’altra, solo ed esclusivamente da norme degli ordinamenti sportivi. Vi è poi una zona intermedia, nella quale le due normazioni vi si trovano in contatto, e in alcuni punti si sovrappongono, in altri si escludono a vicenda, in cui altri configgono» 18. Gli elementi dell’ordinamento giuridico, come definiti da Giannini, sono tra di loro complementari: «non è possibile reperire nella realtà giuridica un’organizzazione pura, una normazione pura, una pluri-soggettività pura»19 . Ciò significa che ognuno dei tre elementi assume a proprio oggetto l’altro, e modificandosi modifica l’altro.

18 V.M.S. GIANNINI, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv.

dir. sport., 1949, n. 1-2, p. 10 ss.

19 V.M.S. GIANNINI, Gli elementi degli ordinamenti giuridici, in Riv. trim. dir.

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Quindi, da quanto affermato possiamo desumere che il Giannini, attraverso i suoi studi, ha cercato di inquadrare il fenomeno sportivo come ordinamento e, inoltre, si occupò di ricostruire i rapporti con l’ordinamento statuale. Questa ricostruzione ha da ultimo ispirato anche il legislatore del 2003 come è possibile riscontrare nella relazione di accompagnamento al disegno di legge(l. 280/2003) di conversione; questa si apre con un richiamo alla teoria del pluralismo giuridico: “l’ordinamento sportivo- inteso quale insieme di regole tecniche e disciplinari, applicabili alle discipline sportive ed ai soggetti affiliati alle federazioni sportive- è riconosciuto quale ordinamento autonomo, secondo la nota teoria del pluralismo degli ordinamenti giuridici”20. Questa tesi del pluralismo giuridico fu considerata talmente importante che fu definita dalla maggior parte della dottrina come” l’architrave su cui si fondano i presupposti teorici del diritto sportivo”21. Secondo altri autori , che hanno fatta propria le riflessioni Gianniniane, quali Inigo e Alberto Marani Toro, la ragione della nascita dell’ordinamento sportivo è dovuta al passaggio dall’agonismo occasione ovvero a programma limitato (gare isolate e non collegate per ottenere graduatorie di valore dei partecipanti o gare collegate ma solo entro limiti di categorie o di territorio ben definiti) a quello di agonismo a programma 20 Cfr.La relazione è possibile consultarla presso il sito parlamento.it

21 V.M. ANTONIOLI, Sui rapporti tra giurisdizione amministrativa e ordinamento

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illimitato(gare collegate senza limiti di spazio e di tempo con conseguente necessità di creare apparati organizzativi e di fissare regole scritte per rendere comparabili i risultati). Se nelle prime due ipotesi non si configurano particolari problemi organizzativi ne dal punto di vista dell’esecuzione, ne sotto il punto di vista dell’organizzazione dei soggetti, nell’agonismo a programma illimitato, in cui gli esercizi sono eseguiti secondo un programma che collega formalmente i diversi risultati, diventa necessario fissare delle regole scritte tali da non rendere comparabili i diversi risultati; inoltre si rendono necessari meccanismi di controllo, di accertamento, di utilizzazione e di archiviazione dei risultati stessi. Ecco quindi che era necessario la creazione di un’organizzazione al cui interno sono collocate delle istituzioni in grado di poter tutelare al massimo grado il fenomeno sportivo, attraverso anche la previsione di regole tecniche, specifiche, complesse. È possibile percepire la peculiarità fenomeno sportivo solo se lo si configura come ordinamento; tale peculiarità “consiste nel fatto che il fine essenziale e fondamentale degli ordinamenti sportivi e dei loro soggetti è quello del miglioramento continuo del risultato sportivo”22

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4. L’ autonomia dell’ordinamento sportivo ed i relativi limiti: le situazioni di “rilevanza giuridica” nelle quali si ha giurisdizione statale.

Prima di giungere all’analisi dei rapporti tra ordinamento giuridico statale e ordinamento giuridico sportivo, è opportuno di apportare qualche cenno di carattere generale riguardo l’autonomia dell’ordinamento. “Il profilo di interesse dell’autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto all’altro si traduce nel rapporto tra l’attuazione di due ordini di norme”23.

A livello generale, nei rapporti tra l’ordinamento sportivo e ordinamento statale possono individuarsi tre ambiti di zone:

• Una zona in cui troviamo norme, esclusivamente, norme di diritto statale

• Una zona regolata soltanto da norme di diritto sportivo

• Una zona in cui vigono sia norme di diritto statale e sia norme di diritto sportivo

Soltanto nel terzo caso si potrebbero verificare i conflitti tra norme appartenenti a due ordinamenti diversi, cioè ne momento in cui i due ordinamenti qualificano diversamente uno stesso fatto. In linea generale, nel momento in cui accada ciò, quindi in caso di contrasto tra due norme , quella statale dovrebbe prevalere sulla norma

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dell’ordinamento settoriale( sportivo); ma attraverso il riconoscimento del principio di autonomia gli organi di normazione dell’ordinamento sportivo hanno tentato di garantire la riduzione in concreto di possibili conflitti, facendo sottoscrivere ai consociati una clausola

compromissoria, cioè una clausola comportante

l’impegno a non adire nessun autorità giurisdizionale statale pena l’inflizione di una sanzione. Infatti, il decreto-legge 220/2003, aveva configurato un sistema in cui risultava centrale l’autonomia dell’ordinamento sportivo, con conseguente impossibilità di configurare una giurisdizione statale in materia sportiva.

Il già citato articolo 1 d.l. 19 agosto 2003, n°220, affronta direttamente il problema dei rapporti tra l’ordinamento sportivo e ordinamento della Repubblica ed evidenzia, nel secondo comma, che essi “sono regolati in base al principio dell’autonomia, salvi i casi di effettiva rilevanza di situazioni giuridiche soggettive insorte nell’ambito dell’ordinamento sportivo”. La parte finale della norma tiene conto dell’orientamento individuabile nella giurisprudenza delle sezioni unite che aveva individuato come “rilevante” per l’ordinamento statale ogni situazione giuridica suscettibile di essere tradotta in termini di diritto soggettivo od interesse legittimo.” Le situazioni giuridiche soggettive dei singoli, se sono rilevanti per l’ordinamento statale, e quindi meritevoli di tutela, limitano il principio generale di autonomia e la

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conseguente totale separazione dei due ordinamenti; la rilevanza si traduce nella meritevolezza dell’interesse del singolo e nella conseguente garanzia di tutela giurisdizionale da parte dello stato”24. Questo limite della “rilevanza” richiamato dal secondo comma decreto salva-calcio del 2003 è un limite che trova fondamento nell’art 24 Cost, il cui primo comma stabilisce che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Dunque, eludere questo diritto posto in essere dall’art 24 Cost attraverso l’elaborazione di un ordinamento autonomo dotato di organi giurisdizionali autosufficienti” avrebbe fatto dell’ordinamento sportivo un ordinamento giuridico perfettamente autonomo, ma avrebbe inevitabilmente posto la normativa in contrasto con la costituzione, tanto da renderla inoperante”25.

Con alcune modifiche apportate al testo del decreto-legge 220/2003, la legge di attuazione al decreto, l. 280/2003, ha drasticamente ridotto l’area di autonomia

dell’ordinamento sportivo ed ampliato l’area

dell’ordinamento statale. In particolare, tale legge, pur

confermando il riconoscimento dell’autonomia

dell’ordinamento sportivo nazionale, ha apportato delle modifiche fondamentali. Una delle modifiche di fondamentale importanza è quella della soppressione del termine “effettiva” rilevanza (termine previsto dall’art 1,

24 V.C.ALVISI,Il diritto sportivo nel contesto nazionale ed europeo,p.7. 25 C.ALVISI,Op.cit.

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comma 2, del decreto-legge, che limitava in modo decisivo l’intervento del giudice statale previsto soltanto ni casi estremi di notevole rilevanza giuridico- economica degli interessi lesi). Inoltre, come possiamo, rilevare dalla lettura dell’art. 2 del testo della legge 280/2003(il cui testo sarà riportato nel successivo paragrafo), il legislatore ha soppresso le lettere c e d del secondo comma dell’art. 2 facente capo alle questioni c.d. “amministrative; successivamente la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto, attraverso una interpretazione sistematica dell’art. 2 lett.b.) anche la potenziale rilevanza delle questioni disciplinari. La regola posta dalla legge n. 280/2003 è stata dunque quella di riconoscere “ l’autonomia, salvo i casi di rilevanza giuridica”; “ nell’interpretazione comunemente data al concetto di rilevanza giuridica dalla giurisprudenza comunitaria e statale, tale concetto ha finito per coincidere con la rilevanza economica degli interessi lesi; in sostanza nel momento in cui un provvedimento emanato da una federazione sportiva nei confronti di un proprio tesserato( persona fisica) o affiliato( società) va ad incidere e ad ledere non soltanto gli interessi sportivi del destinatario, ma anche gli interessi economici e giuridici dello stesso( incidendo ad esempio sulla capacità di esercitare la propria attività professionale o commerciale e quindi sulla propria capacità di produzione economica), tale provvedimento assume indiscutibilmente una rilevanza

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giuridica anche per l’ordinamento statale, e pertanto, può essere impugnato innanzi ai giudici dello stato.”

Secondo il prof. Enrico Lubrano, “ si ritiene che il legislatore sia incorso in un grave errore, concretizzandosi in una vera e propria invasione di campo, ovvero della sfera di competenza riservata alla valutazione del giudice”26, laddove- dopo aver correttamente delineato il quadro dei rapporti tra Sport e Stato in termini di autonomia, salvo rilevanza – non si è limitato a codificare tali principi, lasciando al giudice l’individuazione della rilevanza delle singole situazioni dedotte in giudizio, ma ha preteso di individuare, in via generale, la rilevanza o meno delle situazioni giudico soggettive con riferimento a ciascuna delle aree riguardanti le quattro

macro-aree di questioni sportive (tecniche, tecniche,

amministrative e patrimoniali)”. In sostanza, il principio di autonomia, sempre secondo Lubrano, andrebbe interpretato dai giudici in termini abbastanza ristretti in quanto questo principio rappresenta l’applicazione dei

principi statali all’ordinamento sportivo, cioè

applicazione dell’art. 5 della Cost. (autonomia e decentramento).

Enrico Lubrano nei suoi tesi cerca di spiegare, attraverso vari esempi, il motivo secondo il quale il principio di autonomia nell’ordinamento sportivo non può essere inteso diversamente rispetto a quello previsto in un altro 26 V. E. LUBRANO, dispensa diritto dello sport.

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ordinamento derivato dallo stato (settoriale): in linea generale l’ordinamento statale decentra agli ordinamenti settoriali, attraverso varie forme di finanziamento, il perseguimento di tutti gli interessi generali appartenenti ai cittadini. In questo sistema è pacifico che nel momento in cui le istituzioni pubbliche emanano un provvedimento lesivo di interessi giuridicamente rilevanti nei confronti dei cittadini, questi ultimi hanno tutto il diritto di impugnare tali provvedimenti di fronte ai giudici dello stato. Quindi, per lo sport non dovrebbe essere fatto un discorso diverso: “ la codificazione dell’autonomia dello sport operata dalla legge 280/2003 deve essere intesa esclusivamente come mera applicazione di un principio generale( al pari dell’autonomia dell’ordinamento giudiziario, dell’ordinamento universitario e di tutti gli altri ordinamenti),in quanto, laddove si riconoscesse allo sport un diverso livello di autonomia rispetto agli altri ordinamenti settoriali, si determinerebbe un aporia di

sistema, di estremamente dubbia legittimità

costituzionale, poiché si realizzerebbe all’interno dello Stato un sistema palesemente discriminatorio” 27

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5. Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico statale: “la questione della giustizia sportiva”.

Parlando del principio di autonomia vigente per l’ordinamento sportivo abbiamo più volta richiamato la legge 280/2003, in cui al secondo comma viene espressamente sancito tale principio. Tale legge è importante anche per quanto riguarda la disciplina dei rapporti tra i due ordinamenti, in quanto proprio il secondo comma dell’art 1 dispone che il principio regolatore dei rapporti tra i due ordinamenti è proprio quello autonomistico. È opportuno premettere alle considerazioni che seguono il testo dei primi due articoli della suddetta legge:” ART. 1 C.1” La

Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia

dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. C.2 ”I rapporti tra

l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della

Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo”. Art. 2 “autonomia dell’ordinamento sportivo” 1. In applicazione dei principi di cui all'articolo 1, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il

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corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive;

2. Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui agli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo.

2-bis. Ai fini di cui al comma 1, lettera a), e allo scopo di evitare l'insorgere di contenzioso sull'ordinato e regolare andamento delle competizioni sportive, sono escluse dalle scommesse e dai concorsi pronostici connessi al campionato italiano di calcio le società calcistiche, di cui all'articolo 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91, che siano controllate, anche per interposta persona, da una persona fisica o giuridica che detenga una partecipazione di controllo in altra società calcistica. Ai fini di cui al presente comma, il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile”28

Dalla lettura dei primi due articoli del suddetto decreto riportato si può evincere, prendendo atto della complessità organizzativa e strutturale dell’ordinamento sportivo, che i rapporti tra questo e l’ordinamento dello stato sono regolati 28 Cfr.www.parlamento.it

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in base al principio di autonomia “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art 1, primo comma). Il legislatore del 2003, dedicando un apposito articolo all’autonomia dell’ordinamento sportivo, introduce un ambito di esclusiva competenza della c.d. giustizia sportiva, individuando il proprio fondamento nei principi sanciti dall’art .1. Infatti, tale articolo dispone che è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a- L’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive

b- I comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.

Di fronte a tali questioni, definite di natura c.d. tecnica, il legislatore ha ritenuto che non ci siano situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale e quindi, in caso di violazione di tali norme, non operi il limite dell’autonomia previsto dall’art 1 “salvo i casi di rilevanza”. Nelle materie indicate dall’art 2 vige il c.d. vincolo di giustizia sportiva. Tale vincolo impone a tutte le società, le associazioni, gli affiliati e ai tesserati l’onere di adire, secondo quanto previsto dagli statuti e dai regolamenti del C.O.N.I. e delle federazioni

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sportive, gli organi di giustizia interni all’ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma). In questo caso troviamo un sistema, per quanto riguarda le questioni sulle quali è stabilita l’autonomia dell’ordinamento sportivo, impernato sull’onere di adire gli organi di giustizia sportiva. Quindi possiamo affermare che i rapporti tra l’ordinamento statale e quello sportivo sono incentrati sul riparto della competenza giurisdizionale che prevede che le questioni di natura tecnica sono di competenza degli organi giurisdizionali sportivi; mentre le controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, ai sensi dell’art. 3 della legge 280/2003, sono devolute alla competenza del giudice ordinario.

Sempre nel campo della competenza giurisdizionale non possiamo non ricordare la competenza esclusiva del giudice amministrativo, definita anche residuale. Questa competenza viene collocata accanto all’area riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo. infatti, ai sensi dell’art. 3 della legge 280/2003, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del C.O.N.I o delle federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tale attribuzione della materia

sportiva alla giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo trova la propria ratio nel riconosciuto carattere pubblicistico dell’attività posta in essere dalle federazioni sportive quali articolazioni del C.O.N.I(ente

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pubblico): cioè trattasi di un’attività consistente nell’organizzazione dei campionati delle varie discipline sportive alle quali sono preposte. Anche prescinde dalla natura formalmente di diritto privato alle stesse attribuite dall’art. 15 del decreto legislativo 23 marzo 1999, n. 242 (c.d. Melandri) che riconosce comunque la valenza pubblicistica dell’attività svolte da queste federazioni. “Si tratta di una giurisdizione residuale, non soltanto dal punto di vista dell’oggetto della cognizione, che è appunto costituito da tutte le controversie non devolute alla giustizia tecnica, ma anche dal punto di vista strettamente procedurale, giacché sopravvive in questo ambito il c.d. vincolo sportivo. Ciò significa che il giudice amministrativo può essere adito, nelle materie residuali, solo una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva” 29. Questa necessità di sottoporre le controversie non riservate prima alla giustizia sportiva in tutti i suoi gradi, e solo successivamente al giudice amministrativo, solleva dubbi di costituzionalità in quanto contrastante con alcune disposizioni costituzionali. Nello specifico si potrebbero dubbi di costituzionalità per contrasto con l’art. 111, secondo comma, della costituzione che prevede che la legge deve assicurare la ragionevole durata di ogni processo.

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6. L’organizzazione dell’ordinamento sportivo.

Per comprendere la struttura ed il funzionamento dell’ordinamento sportivo è necessario premettere che il fenomeno sportivo di ogni Nazione poggia le proprie basi nell’ordinamento sportivo internazionale. Storicamente il primo ordinamento che comincia a dettare norme che disciplinano il fenomeno sportivo è il C.I.O (comitato internazionale olimpico) attraverso il suo statuto definito Carta Olimpica, vero e proprio statuto dell’ordinamento sportivo internazionale. Al C.I.O., considerato l’ente supremo dell’ordinamento sportivo mondiale, sono associate le federazioni sportive internazionali, una per ogni singola disciplina sportiva. Queste ultime rappresentano la massima istituzione mondiale di ogni singolo ordinamento. Il C.I.O. persegue funzioni che si possono riassumere nella promozione del movimento olimpico e del dilettantismo sportivo. Nello specifico ad esso viene assegnato il compito di redazione del protocollo e del programma dei giochi olimpici, le decisioni relative al dilettantismo degli atleti ammessi alle gare, la designazione della città ospite dei giochi e la convocazione del congresso olimpico al quale prendono parte i rappresentanti dei vari comitati olimpici nazionali e delle federazioni nazionali. “Così, mentre il C.I.O. è fondamentalmente un ente organizzatore di gare, anche se atipico in ragione degli scopi perseguiti, le federazioni internazionali hanno il potere di regolamentazione tecnica

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delle singole discipline sportive” 30. Secondo una dottrina Il C.I.O eserciterebbe anche un ulteriore funzione oltre a quelle richiamate, cioè quella di supervisore nei confronti delle federazioni internazionali. “In proposito, sembra doversi accogliere l’opinione, più realistica, di chi ritiene che il rapporto tra tali federazioni e il C.I.O. non è di tipo gerarchico in quanto quest’ultimo avrebbe natura di ente organizzatore, anche se atipico”31. Ecco che l’insieme degli ulteriori scopi da questo perseguiti “ha portato a confondere la posizione giuridica istituzionale del C.I.O. con il ruolo effettuale che esso ricopre nel mondo sportivo e a farne una sorte di organo supremo dell’organizzazione sportiva mondiale”32

Quindi, in un primo momento l’ordinamento sportivo si manifesta quale organizzazione a livello mondiale. Soltanto in un secondo momento si crea, nei singoli stati, una struttura parallela a quella dell’ordinamento sportivo mondiale: nascono i vari ordinamenti sportivi nazionali aventi al vertice un comitato olimpico proprio, all’interno del quale troviamo le diverse federazioni sportive

nazionali dipendenti dalle Federazioni sportive

internazionali. Una volta aver sviluppato questa premessa,

adesso, è necessario concentrarsi nell’analisi

organizzativa dell’ordinamento sportivo italiano.

30 V.L.DI NELLA, Op.cit. p. 186. 31V. L.DI NELLA, Op.cit.

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Quest’ultimo, com’è noto, si basa su un’organizzazione che fa capo al C.O.N.I e alle federazioni sportive nazionali: a questi organi viene delegato l’esercizio della funzione amministrativa nel settore sportivo33. Questi due organi non sono gli unici che svolgono delle funzioni ai fini dell’organizzazione della regolamentazione dello sport. Infatti, nel sistema sportivo particolari compiti vengono ricoperti anche dall’amministrazione statale attraverso l’esercizio di funzioni di vigilanza e di finanziamento delle attività sportive; queste mansioni vengono ricoperte dal Ministero dei beni e delle attività culturali e dall’istituto per il credito sportivo. Infine, non possiamo non menzionare anche il ruolo delegato alle amministrazioni regionali, cui hanno rilevanti funzioni in materia di impiantista sportiva e, più in generale, di promozione dell’attività sportiva di base.

• Il C.O.N.I.

ha trovato il suo originario riconoscimento con la legge 426/1942 attraverso la quale viene definito organismo di diritto pubblico. Per oltre cinquanta anni, l’assetto legislativo del C.O.N.I è stato regolato dalla legge appena citata e dal decreto di attuazione D.P.R. 2 agosto 1974 n.

33 È opportuno richiamare una pronuncia della cassazione, n. 625/1977, in cui la corte, nel definire i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale, afferma “ per la coincidenza tra la funzione amministrativa dell’ordinamento giuridico sportivo e la funzione amministrativa dell’ordinamento giuridico statale nel settore dell’ordinamento sportivo, l’ordinamento giuridico statale non si limita a riconoscere l’ordinamento giuridico sportivo, ma gli attribuisce anche la funzione amministrativa nel settore sportivo”.

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530 (norme di attuazione della legge 16 febbraio n. 426/1942). La legge del 1942 ha avuto il merito di aver definito i compiti di tale ente, i quali sono, secondo l’originaria formulazione dell’art. 2: “provvede all’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale e l’indirizzo verso il perfezionamento atletico, con particolare riguardo al miglioramento fisico e morale della razza” (il termine “razza” indicato nell’articolo due ci fa capire in quale epoca sono state codificate le funzioni del comitato olimpico nazionale italiano”34. All’art. 3 viene previsto che: il Coni nell’espletamento dei compiti di cui all’articolo precedente:

- provvede alla conservazione, al controllo e all’incremento del patrimonio sportivo nazionale; - coordina e disciplina l’attività sportiva comunque e da

chiunque esercitata;

- ha il potere di sorveglianza e di tutela su tutte le organizzazioni che si dedicano allo sport e ne ratifica, direttamente o per mezzo delle federazioni sportive nazionali, gli statuti ed i regolamenti;

- appronta gli atleti ed i mezzi idonei per le olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o

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internazionali, con riguardo alla preparazione olimpionica o per il raggiungimento di altre finalità”35 Successivamente, attraverso vari interventi di riforma legislativa, sono stata introdotte delle modifiche alla disciplina generale prevista nel 42’. L’ordinamento sportivo in generale e l’ente C.O.N.I sono stati interessati da sensibili interventi di modifica, tra i quali possiamo ricordare:

• il decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242 (c.d. decreto Melandri)

• l’introduzione dello statuto del C.O.N.I nel 2000. • Il d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con alcune

modifiche, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, il quale prevede la costituzione di una società per le erogazioni di servizi, denominata “CONI servizi S.p.a”.

• Il decreto legislativo 8 gennaio 2004 n. 15(c.d. Decreto Urbani-Pisacane), avente ad oggetto modifiche e integrazioni al decreto Melandri.

Attraverso il decreto Melandri sono state ridisegnate le finalità, l’organizzazione e la stessa collocazione del C.O.N.I all’interno del governo dello sport.

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Questo decreto legislativo è stato è emanato in base alle disposizioni contenute nell’art. 11, comma 1, lett b) all’interno del quale veniva prevista la possibilità da parte del governo di poter riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza. In primo luogo, è stata confermata la natura giuridica pubblica del CONI, posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali (articolo 1). Inoltre, più interessante è la disciplina contenuta nell’art. 2.

Come possiamo notare dalla sintesi legislativa esposta poc’anzi l’assetto normativo dell’ordinamento sportivo italiano, determinato sin dal 1942 è rimasto invariato per oltre mezzo secolo. Però, per comprendere l’attuale assetto organizzativo, soprattutto alla luce degli interventi legislativi appena citati, occorre ripercorrere brevemente le varie tappe normative che precedono l’ordinamento sportivo italiano. Nato nel 1914 come modello complesso a carattere permanente che andava a sostituire le organizzazioni tipicamente occasionali e finalizzate alla partecipazione degli atleti alle olimpiadi; in un primo momento nasce come ente di natura privata, tale per cui consentiva la presenza istituzionale dell’Italia nell’ordinamento sportivo internazionale. Successivamente, con la legge 426/1942, lo stato configura il C.O.N.I come ente pubblico avente la funzione di organizzare e potenziare lo sport nazionale,

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delegando alla disciplina di attuazione (decreto 2 agosto del 1977) una più dettagliata regolamentazione; infatti, è solo nel 1977 che si può dire effettivamente realizzata l’operatività de C.O.N.I. A tale ente di natura pubblica viene anche riconosciuto il potere di auto-normazione e auto-organizzazione con il d.lgs 3 febbraio 1993, n29. Nel 1999 si avverti il bisogno di una rimodulazione;

infatti, fin dalla relazione governativa che

accompagnava lo schema del decreto approvato dal consiglio dei ministri, risultava una volontà di voler riformare il complesso fenomeno sportivo. Ed ecco che la modifica tanto attesa venne realizzata con il decreto legislativo n242/1999 in attuazione dell’art 11 l. 15 marzo 1997 n. 59(legge Bassanini) in cui si delegava al governo la possibilità di riformare tutto l’apparato amministrativo, in cui l’intenzione era proprio quella di separare l’attività politica da quella gestionale, attribuendo alla classe dirigente il potere di attuare i programmi elaborati dalla classe politica. Ed infatti tale

decreto ha infatti ha inciso sostanzialmente

sull’organizzazione dello stesso rideterminandone le competenze degli organi di vertice, nonché fissando nuovi principi in materia di incompatibilità e di partecipazione democratica alla gestione del fenomeno sportivo. “L’adeguamento ai principi di democrazia interna nella composizione degli organi e nella realizzazione della separazione tra attività di direzione e

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di gestione, la distinzione tra l’ente e le federazioni sportive, la garanzia che le varie componenti diano un apporto nella gestione dell’attività professionista e dilettantistica, sono alla base delle principali novità realizzate”36 dal decreto Melandri. Successivamente il contenuto di tale decreto viene innovato e integrato con il decreto legislativo n. 15 del 8 gennaio 2004 recante “modiche e integrazioni al Dlgs 23 luglio 1999 n. 242”. Con questo intervento normativo il legislatore ha voluto codificare ed istituzionalizzare la piena equiparazione tra le Federazioni sportive nazionali e le Discipline associate, infatti lo stesso art. 2 del Decreto in oggetto, esordisce stabilendo che il CONI è la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate. Sempre nell’articolo 2 sono presenti anche altri due rilevanti integrazioni di principio riguardanti, l’una la lotta contro il doping, in quanto si stabilisce che cura, anche d’intesa con la Commissione per la vigilanza ed il controllo del doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita ai sensi dell’art. 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376, l’adozione di misure di prevenzione e repressione delle sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti e l’altra legata alla tutela ed alla dignità delle persone che svolgono attività sportiva, in quanto si

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sottolinea che il CONI, inoltre, assume e promuove le

opportune iniziative contro ogni forma di

discriminazione e di violenza nello sport.

Tra le novità previste dal decreto Melandri non possiamo non ricordare l’art. 14 che ha sancito decretato la possibilità per il CONI di costituire, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, delle società di capitali “ai fini di snellimento burocratico e per una migliore funzionalità dell’ente”37. Ed ecco che questo articolo 14 costituisce l’incipit della S.p.a. che verrà poi costituita nel 2002 in virtù della legge 8 agosto n. 178, accanto al CONI ente pubblico. Alcuni autori, come Martina Martinetti, utilizzarono l’espressione “CONI bifronte” per richiamare” l’immagine globale dell’ente, in cui da una parte si ha l’organo politico, Il CONI ente pubblico, e dall’altra l’organo operativo, la Servizi S.p.a.”38; questa, come disposto dall’art. 8, comma 1, della legge del 2002,

risponde infatti all’esigenza di far fronte

all’indebitamento del CONI come ente pubblico e di trovare le risorse economiche per avviare una nuova politica sportiva. “La CONI servizi S.p.A. viene apparentemente a configurarsi come una società di diritto privato, di proprietà del Ministero dell’economia, che espleta attività strumentali finalizzate al

37 Cfr. art 14 decreto 242/1999. 38 V.G. VALORI, Op.cit.

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perseguimento e all’attuazione di compiti dell’Ente pubblico CONI, garantendosi supposto adeguato alla sua attività istituzionale”39; viene definita come il braccio operativo del CONI ente pubblico; in definitiva si può dire che il CONI quale ente pubblico “ assume il ruolo di committente della CONI Servizi S.p.A.”40 Da ultimo, non possiamo non ricordare l’ultimo intervento legislativo voluto dal governo Conte. Trattasi di un disegno di legge per riorganizzare il CONI, già oggetto di polemiche tra il governo e il presidente G. Malagò.

La riforma dello sport prevede principalmente un riordino del CONI. Il governo ha deciso una netta divisione tra il comitato olimpico e il Coni servizi s.p.a, l’azienda il cui azionista unico è il ministero dell’economia, che si occupa dello sviluppo dello sport in Italia, distribuendo il maggior numero di finanziamenti annuali previsti dallo Stato. Il Coni servizi è stato già sostituito da un nuovo ente, la società Sport e Salute S.p.a.

Secondo il disegno di legge approvato dal senato, il 32% delle entrate fiscali derivate dallo sport che lo stato versa annualmente al CONI (il quale a sua volta finanziava il Coni servizi) verrebbe ora diviso tra CONI e Coni sport

39 V.G.VALORI, Op.cit.

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e salute prima del versamento. I 408 milioni di euro previsti per quest’anno si dovranno dividere in questa misura: 40 milioni di euro al Coni per il finanziamento della preparazione olimpica di alto livello e della giustizia sportiva e 368 milioni a Sport e salute per gli organismi sportivi, il funzionamento del Coni, l’antidoping, strutture territoriali e la promozione sportiva.

Secondo il governo questa divisione potrà semplificare il funzionamento del sistema sportivo, riducendo la burocrazia, aumentando la trasparenza ed eliminando i possibili conflitti.

Però, come affermando precedentemente, tale riforma è stata oggetto di molteplici contestazioni. A tal proposito merita segnalare una nota scritta dal CIO, secondo cui: “Il CONI non dovrebbe essere riorganizzato mediante decisioni unilaterale da parte del governo. La sua governance interna e le sue attività devono essere decise nell’ambito del proprio statuto”. Le entità che compongono il CONI dovrebbero rimanere vincolate agli statuti del comitato, dalla carta olimpica e agli statuti delle organizzazioni sportive internazionali alle quali sono affiliate. Dovrebbero inoltre completamente al CONI per ogni specifica assistenza finanziaria e tecnica che possono ricevere.

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Questa riforma, secondo il CIO, non sarebbe aderente ai principi della carta olimpica, il documento che regolamenta e definisce i doveri delle quattro organizzazioni che fanno parte del movimento olimpico: il CIO, le federazioni sportive, i comitati olimpici nazionali e i comitati organizzatori. Nello specifico si ritiene che con tale riforma viene meno l’autonomia del CONI, un elemento di fondamentale importanza.

6.1. Le Federazioni Sportive Nazionali: natura giuridica, disciplina, Struttura

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Facendo riferimento ad un ordine gerarchico, dopo aver illustrato la disciplina relativa al CONI (organo situato al vertice dell’ordinamento sportivo), è giunto il momento di illustrare le caratteristiche di un altro organo che svolge un ruolo essenziale in seno all’ordinamento sportivo.

Originariamente, la disciplina delle F.S.N. trova luogo nella stessa legge che ha istituito il CONI, l. n. 426/1942, che non si è limitata soltanto a riorganizzare la struttura dell’ente ma, proprio in ordine alla disciplina delle F.S.N. offre delle novità. Ricordiamo che la legge del 42’ qualificava le Federazioni come organo dell’ente pubblico sportivo, e quindi alle Federazioni, in quanto considerati “organi” del CONI, veniva attribuita niente altro che una personalità di diritto pubblico. Altro atto legislativo da non poter non menzionare è la l. 23 Marzo 1981 n°91, art. 14, secondo cui “le federazioni sportive nazionali sono costituite da società e dagli organismi ad esse affiliate e sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del principio di democrazia interna… alle federazioni sportive nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, auto- organizzativa e di gestione sotto la vigilanza del CONI”.

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• Natura giuridica:

L’attuale normativa, introdotta con il decreto Melandri non conferma la natura pubblicistica delle Federazioni in quanto organi del CONI, ma dispone che l’attività sportiva svolta dalle federazioni in qualità di “associazioni con personalità giuridica di diritto privato” si armonizzi con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifici aspetti di tale attività”41.

Il dibattuto problema che ha visto, nel corso dei decenni, l’evolversi di varie tesi sviluppate dalla dottrina riguarda la questione circa la natura giuridica delle F.S.N. La complessità consiste nel fatto che “la loro natura associativa si combina una matrice di carattere federativo, derivante a dalla partecipazione alla struttura del Coni, la quale finisce per attenuare, la piena autonomia propria delle associazioni in nome di esigenze di carattere pubblico”42. A tal proposito, nel corso dei decenni possiamo riscontrare una dottrina abbastanza divisa:

• Un primo orientamento di matrice pubblicistica ritiene che le Federazioni abbiano la stessa natura dell’ente CONI in virtù dell’art 5 che li considera

41 Cfr.Art 15, decreto legislativo 242/1999 42 V.R.M. PELLEGRINI, Op.cit.

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