• Non ci sono risultati.

Il reflusso faringo-laringeo: correlazioni con la malattia da reflusso e valutazione dell'accuratezza delle scale RSI e RFS

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il reflusso faringo-laringeo: correlazioni con la malattia da reflusso e valutazione dell'accuratezza delle scale RSI e RFS"

Copied!
86
0
0

Testo completo

(1)

INDICE

RIASSUNTO ………4

INTRODUZIONE ………5

CAPITOLO I: Epidemiologia ………...9

1.1 Associazione tra MRGE e patologie ORL: dati epidemiologici ………9

1.2 Fattori di rischio ……….10

CAPITOLO II: Fisiopatologia ………11

2.1 Fisiopatologia malattia da reflusso gastroesofageo ………..11

2.2 Fisiopatologia reflusso faringolaringeo ………..14

CAPITOLO III: Manifestazioni ORL della malattia da reflusso ………..18

3.1 Introduzione ………..18

3.2 Disfonia da reflusso ………...19

3.3 Laringite cronica posteriore ……….19

3.4 Ulcere e granuloma da contatto ………20

3.5 Laringospasmo ………..22

3.6 Stenosi Laringee ……….22

3.7 Paradoxical Vocal Fold Dysfunction (PVDF) ………23

3.8 Tosse cronica ………..26

3.9 Neoplasie laringee ………..26

3.10 Otite Media Cronica Essudativa ………..27

3.11 Rinosinusite cronica (RSC) e Post Nasal Drip Syndrome (PNDS) ……….28

3.12 Erosioni dentarie ………..30

3.13 Apnee ostruttive del sonno ………...30

CAPITOLO IV: Diagnosi di reflusso faringo-laringeo ………...32

4.1 Introduzione ………...32

4.2 Endoscopia faringo-laringea ……….33

(2)

4.4 Test diagnostico con uso di Inibitori Pompa Protonica (IPP)……….35

4.5 Esofagogastroduodenoscopia (EGDS) ………36

4.6 pH-metria esofagea 24h ………37

4.7 pH-impedenziometria multicanale (pH-MII) ………..38

4.8 Altre indagini strumentali gastroenterologiche: ………...40

4.8.1 Manometria Esofagea Computerizzata ………..40

4.8.2 Manometria ad alta risoluzione ……….42

4.8.3 Impedenzio-manometria ………42

4.8.4 Sistema capsula pH BravoTM ……….42

4.8.5 Test barostatico ………...42

4.8.6 Ultrasuoni nel lume ………...43

4.8.7 Bilitec ………...44 CAPITOLO V:Terapia ………...46 5.1 Introduzione ………..46 5.2 Igiene alimentare ………...46 5.3 Trattamento farmacologico ………...47 5.4 Trattamento chirurgico ……….50

5.5 Trattamento logopedico-riabilitativo del RFL……….51

CAPITOLO VI: Esperienza personale………53

6.1 Scopo della Tesi………...53

6.2.1 Pazienti………54

6.2.2 Gruppo di controllo……….54

6.3 Materiali e metodi………...55

6.3.1 EGDS………55

6.3.2 Manometria stazionaria computerizzata………55

6.3.3 Studio di pH impedenzometria multicanale (pH-MII)………...56

6.4 Valutazione dei dati………57

(3)

6.6 Risultati………....59

6.7 Discussione………...68

6.8 Conclusioni………...72

(4)

RIASSUNTO

La malattia da reflusso faringo-laringeo, spesso abbreviata come RFL (in inglese LPR, Laryngo-Pharyngeal Reflux), è una malattia di interesse gastroenterologico che viene causata dal reflusso in faringe ed in laringe di gas contenuti nello stomaco. La reale incidenza di questa patologia non è univocamente determinabile. Recentemente, nella pratica clinica, sta prendendo forma il dubbio che tale patologia venga sovrastimata, in quanto ad essa vengono attribuiti sintomi talora di altra origine e di difficile interpretazione funzionale da parte dello specialista ORL. Lo scopo dello studio è stato quello di determinare quanti pazienti con sintomatologia ed obiettività compatibile con reflusso faringo-laringeo durante la visita ORL/Foniatrica, fossero realmente affetti da malattia da reflusso, di valutare l'accuratezza diagnostica, la sensibilità e la specificità della scala RSI (Reflux Symptom Index), e la correlazione delle scale RSI e RFS (Reflux Findings Score) con i risultati gastroenterologici. Sono stati studiati 56 pazienti con sintomi extraesofagei e sovraesofagei (sintomatologia correlabile con laringite da reflusso faringo-laringeo) afferiti presso l’U.O. Otorinolaringoiatria Audiologia e Foniatria dell’Università di Pisa per effettuare visita ORL, laringoscopia a fibre ottiche flessibili e/o laringostroboscopia. Dopo aver valutato i pazienti ed aver compilato l’RFS (Reflux finding Score) e l’RSI (Reflux Symptom Index), i pazienti sono stati inviati a visita gastroenterologica dove venivano valutati attraverso una serie di parametri clinici e strumentali (EGDS, manometria, pH-impedenzometria nelle 24 ore) per evidenziare una eventuale correlazione tra sintomatologia, obiettività ORL ed obiettività gastroenterologica, ed in particolare per valutare quanti casi di LPR ipotizzati alla visita ORL/Foniatrica fossero realmente affetti da malattia da reflusso. Del gruppo di studio costituito da 56 pazienti, 27 soggetti (48,2%) avevano una sintomatologia correlabile con reale reflusso faringo-laringeo. Di questi, 15 soggetti (26,8%) erano veri patologici e presentavano patologia da reflusso faringo-laringeo e GERD, mentre 12 pazienti (21,4%) risultavano ipersensibili ad un numero di reflussi patologici. Inoltre, le differenze osservate alla pH-impedenzometria tra reflusso

(5)

erosivo/non erosivo, ipersensibilità e pazienti sani, non erano dimostrate con le scale di valutazione RSI e RFS. In aggiunta, è stata riscontrata una correlazione (pazienti patologici VS soggetti sani), sulla base dei risultati endoscopici, della pH-impedenzometria, del numero di eventi di reflusso e dei reflussi prossimali, dei reflussi gassosi e dei sintomi associati al passaggio dei gas. Nessun risultato posto a confronto si è dimostrato statisticamente significativo. Solamente il numero dei reflussi di gas è stato relazionato all' RFS (p=0.028). Pertanto, sulla base dei nostri risultati, i sintomi laringofaringei non sempre sono legati alla malattia da reflusso gastroesofageo e al reflusso laringofaringeo. Questo studio conferma che la valutazione clinica ORL/Foniatrica e l'applicazione degli score validati quali l'RSI e l'RFS per sospetto reflusso faringo-laringeo, tendono a sovrastimare la diagnosi di LPR, in quanto meno del 50% dei soggetti presenta una vera patologia da reflusso o sono ipersensibili a reflussi fisiologici. Inoltre, sebbene le scale RFS e RSI siano validate a livello internazionale, ed utilizzate in ambito ORL/foniatrico, non è possibile identificare con accuratezza i pazienti con reflusso faringo-laringeo. Questi dati, che necessitano di conferma dallo studio di un numero maggiore di pazienti, acquisiscono oggi notevoli implicazioni clinico-diagnostiche e terapeutiche.

(6)

INTRODUZIONE

La malattia da reflusso è una patologia notevolmente diffusa, soprattutto nel mondo occidentale, con una prevalenza variabile tra il 10% e il 20% della popolazione generale, mentre in Asia oscilla tra il 2,6% e il 6,7% (El Serag et al., 2009; Wong RK et al., 2006).

Generalmente, i reflussi sono di breve durata (~5secondi) e sono legati a rilasciamenti transitori (o inappropriati) dello sfintere esofageo inferiore (LES), innescati dalla stimolazione di barocettori cardiali per effetto della distensione del fondo gastrico che accoglie il cibo ingerito.

Una esposizione prolungata dell’esofago (~30 secondi) e frequente all’acido ed agli enzimi digestivi presenti nel contenuto gastrico e duodenale può causare esofagite (ERD), ma si può avere reflusso sintomatico anche in assenza di lesioni mucose (NERD) e presenza di esofagite in pazienti asintomatici.

La prima intuizione in letteratura del coinvolgimento delle strutture anatomiche di pertinenza ORL, nella patologia da reflusso, risale al 1903, quando Coffin ipotizzò che il “reflusso di gas dallo stomaco” e l' ”iperacidità” fossero responsabili di raucedine e rinorrea posteriore, intuizione misconosciuta per molti decenni. La scoperta che il reflusso di succhi gastrici sia in grado di dare sintomi fino a vere e proprie lesioni, non solo a livello esofageo (reflusso gastroesofageo propriamente detto), ma anche a livello dei distretti ORL, in particolar modo a carico della regione rinofaringolaringea e tubarica (reflusso laringeofaringeo - LPR), la si deve al miglioramento della tecnologia utilizzata ai fini diagnostici.

Il reflusso laringofaringeo è causa di una serie di manifestazioni cliniche, tuttavia, nessuna di esse altamente specifica. La disfonia è presente nel 71-92% dei pazienti, ed è solitamente intermittente; l'eventuale persistenza può essere indice di lesione cordale o di alterazione della motilità (Koufman, 1991). L'eccessiva necessità di schiarirsi la voce è presente nel 42-50%, ed è legata all'aumento della secrezione mucosa tracheale in risposta all'acidificazione dell'esofago; la tosse cronica è stimata intorno al 44-51%, il globo faringeo con sensazione di

(7)

corpo estraneo intorno al 33-47% (Kouffman JA, 1991; WooP et al., 1996), la disfagia intorno al 27% (Cohen JT et al., 2002). Più raramente il reflussato può esacerbare malattie del tratto respiratorio quali asma (Eryuksel E et al., 2006), stenosi laringea o sottoglottica (Little FB et al., 1985), laringospasmo (Loughin CJ et al., 1996). Recentemente reflussi non acidi e gassosi sono stati implicati come possibile causa di LPR (De Bortoli, 2013). Le varie opzioni terapeutiche disponibili nei pazienti con LPR includono: igiene alimentare, modificazioni delle abitudini, terapia riabilitativa logopedica e respiratoria, antiacidi, antagonisti dei recettori H2, inibitori di pompa protonica e “fundoplicatio” (Martinucci, 2013).

Sebbene il gold standard nella diagnosi di LPR sia la pH impedenzometria multicanale nelle 24 ore, nella routine clinica ORL e foniatrica, la diagnosi viene posta sul quadro sintomatologico e sulla obiettività laringea (esame rinofaringolaringoscopico a fibre flessibili ed esame laringostroboscopico a fibre ottiche rigide). L’eventuale presenza e severità della LPR vengono definite sulla base di due scale distinte relative all’obiettività laringea e al quadro sintomatologico: Reflux Finding Score (RFS), scala ad otto parametri, basata sul quadro obiettivo osservabile durante la laringoscopia. I parametri inclusi sono: edema sottoglottico, obliterazione ventricolare, eritema/iperemia, edema delle corde vocali, edema diffuso della laringe, ipertrofia della commissura posteriore, granuloma e muco secco endolaringeo. Il range totale di questa scala è compreso tra 0 (quadro obiettivo normale) e 26 (Belafsky, 2001). Gli Autori sostengono che un individuo sia affetto da LPR, nel 95% dei casi, per valori di RFS superiori a 7 (Belafsky, 2001). La seconda scala (RSI) è un test di autovalutazione basato su nove quesiti. Per ogni parametro il range è compreso tra 0 (nessun problema riferito) e 5 (stadio severo), con uno score totale massimo di 45 (Belafsky, 2002). Gli Autori considerano un RSI superiore a 13 come indicativo di LPR (Belafsky, 2002).

Nonostante l’ RFS e l’RSI siano validati a livello internazionale, negli ultimi anni diversi Autori hanno sottolineato come non sempre sia possibile diagnosticare la LPR con l’utilizzo di queste scale. Inoltre è possibile che valori di RSI e/o RFS, suggestivi di LPR, non correlino in realtà con i risultati della pH impedenzometria multicanale. Alcuni Autori suggeriscono ulteriori investigazioni per confermare definitivamente la validità e l’affidabilità dell’RFS (Sataloff,

(8)

2010). Recentemente è stato dimostrato che l’RFS non correla con l’RSI e che debba essere posta attenzione nel diagnosticare la LPR sulla sola base della sintomatologia, o utilizzando l’RSI e l’RFS separatamente (Watson, 2013). In Letteratura esistono studi atti a ricercare nuovi segni rinofaringolaringoscopici potenzialmente associati alla LPR (iperemia faringea, rigonfiamento della base linguale, metaplasia mucosa rinofaringea), da inserire nell’ RFS per migliorare la sensibilità e la specificità dello score (Watson, 2013; Neri, 2013).

La molteplicità e la non specificità dei sintomi legati al reflusso faringolaringeo, e la mancata correlazione delle scale RFS e RSI, suggeriscono l'importanza di inserimento di parametri di valutazione più precisi a cui far riferimento, in associazione ai tests clinico-diagnostici effettuati dal gastroenterologo, per giungere ad una diagnosi più precisa di laringite da reflusso.

(9)

CAPITOLO I

EPIDEMIOLOGIA

1.1 Associazione tra MRGE e patologie ORL: dati epidemiologici

La MRGE è la patologia più comune dell’esofago. Negli USA il 25%-35% della popolazione riferisce sintomi legati al reflusso gastro-esofageo (pirosi e/o rigurgito di acido) ( Johnston et al., 2009). Nel Regno Unito (Kennedy e Jones, 2000), Belgio (Louis et al., 2002) e Nuova Zelanda (Haque et al., 2000) il 28,4-45,2% della popolazione adulta riporta di aver sofferto dei sintomi tipici di MRGE almeno una volta a settimana nel corso dell’ultimo anno.

In un recente lavoro è stato rilevato che l’incidenza di MRGE nei paesi occidentali è approssimativamente 5/1000 soggetti all’anno. La patologia inoltre è più comune in Europa rispetto ai paesi asiatici e la bassa incidenza rispetto alla prevalenza riflette la tendenza della MRGE a divenire una malattia cronica.

In un recente studio condotto in Giappone e pubblicato nel Settembre 2005, è stato dimostrato che la prevalenza di EP-MRGE(Endoscopy Positive-MRGE) nella popolazione giapponese è pari al 5,8% (Shimazu et al, 2005). In Italia esistono pochi dati epidemiologici disponibili sulla MRGE. I motivi sono principalmente due: l’abitudine del paziente alla automedicazione e l’abitudine dei medici di famiglia di curare sintomi che appaiono correlabili con MRGE, senza nessun tipo di indagine diagnostica (Baldi et al., 2004).

Diversi lavori sostengono l’associazione tra MRGE e patologie dei distretti di competenza ORL (Vaezi et al., 2003). La prevalenza delle manifestazioni ORL associate a MRGE non è ancora stata definita anche se è possibile affermare che la presenza di MRGE è molto elevata in pazienti con patologia del laringe e la frequenza di sintomi ORL aumenta con l’aumentare dei sintomi tipici di MRGE (Wong, 2004). Il 20-60% dei pazienti con MRGE presenta sintomi ORL senza accusare pirosi o reflusso acido (Rosanowski, 2001; Vaezi, 2003; Burton, 2005). Il sintomo più comune è la sensazione di globo ma sono frequenti anche altre manifestazioni

(10)

come laringiti, faringiti, sinusiti, otiti, laringospasmo, edema laringeo e granuloma della glottide.

1.2 Fattori di Rischio

Per quanto concerne i fattori di rischio della malattia da reflusso, gran parte degli studi riportano prevalenza simile fra soggetti di sesso maschile e femminile per pirosi retrosternale. D’altro canto il sesso maschile sembra essere maggiormente colpito da esofagite da reflusso pertanto l’appartenenza a questo genere sembra essere un fattore di rischio. Altri fattori di rischio sono il fumo, l’alcool, le abitudini alimentari (pasti abbondanti, cibi ricchi di grassi, caffeina), l’assunzione di alcuni farmaci (anticolinergici, miorilassanti, calcioantagonisti, antidepressivi etc.), l’obesità (BMI superiore a 25) e l’ernia iatale quando la sua dimensione supera i 2cm di lunghezza.

In particolare un alto indice di massa corporea si associa ad un aumento di rischio da 2,5 a 5 volte per la manifestazione delle patologie suddette. L’infezione da Helicobacter pylori sembra invece poter giocare un ruolo protettivo per la MRGE, poiché contribuisce allo sviluppo di gastrite che a sua volta diminuisce le cellule parietali e quindi anche la secrezione acida. Alcuni studi mettono in evidenza la prevalenza di sintomi legati a reflusso in gemelli monozigoti rispetto ai dizigoti proponendo una predisposizione genetica come fattore di rischio. I meccanismi genetici sono ad ora sconosciuti, ma potrebbero trovare una connessione con la disorganizzazione della muscolatura liscia associata ad ernia iatale, bassa pressione del SEI ed alterata motilità esofagea.

La MRGE comprende un ampio spettro di manifestazioni cliniche, che vanno dai pazienti con sintomi senza lesioni della mucosa esofagea (NERD) a quadri endoscopici di esofagite erosiva (ERD), con o senza complicanze quali le stenosi, l’esofagite erosiva, l’esofago di Barrett e l’adenocarcinoma esofageo.

(11)

CAPITOLO II

FISIOPATOLOGIA

2.1Fisiopatologia Malattia da Reflusso Gastroesofageo

La malattia da reflusso gastro esofageo (MRGE) deve essere considerata come una patologia complessa a patogenesi multifattoriale. Essa può insorgere in presenza di un alterato equilibrio tra meccanismi difensivi e fattori potenzialmente aggressivi; quest’ultimi dipendono dalla qualità e dal tempo di contatto del materiale refluito. I meccanismi difensivi consistono nella barriera antireflusso, nella clearance esofagea e nella barriera mucosa esofagea.

La barriera antireflusso è costituita da componenti anatomo-funzionali che hanno il compito di impedire il reflusso di materiale gastrico o duodeno-gastrico in esofago. I principali componenti della barriera sono: la pressione basale e la localizzazione intraddominale dello sfintere esofageo inferiore (SEI), la compressione dello stesso da parte del diaframma crurale, l’integrità del legamento freno-esofageo ed il mantenimento dell’angolo acuto di His tra esofago distale e stomaco prossimale.

Un ruolo cardine è svolto dallo sfintere esofageo inferiore. Esso corrisponde alla zona di alta pressione della giunzione gastro-esofagea, caratterizzata, in condizioni fisiologiche, da una lunghezza di almeno 2cm e da un tono basale di contrazione compreso fra 10-30 mmHg. Il tono basale del SEI è influenzato da numerosi fattori fisiologici (respirazione, attività gastrica, cambiamenti posturali) ed ormonali, oltre che da alcuni farmaci (anticolinergici, miorilassanti) e sostanze quali caffè, alcool, fumo di sigaretta, cioccolato, ecc (Castel et al., 2004). Quando la pressione del SEI scende al di sotto di 8-10 mmHg, si creano le condizioni per avere una cavità comune tra i due organi contigui e il materiale gastrico refluisce costantemente nell’esofago. Ciò si verifica tipicamente in alcune malattie del connettivo con frequente interessamento viscerale esofageo. Tuttavia, gli studi manometrici su vaste popolazioni di pazienti reflussori hanno dimostrato che la stragrande maggioranza ha una pressione del SEI del tutto normale. L’elemento cruciale nel passaggio da fisiologia a patologia

(12)

è allora rappresentato dai rilasciamenti transitori del SEI, indipendenti dalla deglutizione, che rappresentano il principale meccanismo di reflusso nel 70-80% dei casi. La causa scatenante di tale rilasciamento non è stata completamente definita, ma è probabile che vi sia uno squilibrio fra componente eccitatoria e componente inibitoria con prevalenza di quest’ultima, esattamente l’inverso di ciò che accade nell’acalasia esofagea. La presenza di ernia iatale non è certamente sinonimo di reflusso, ma essa può senza dubbio favorirlo quando la sua dimensione supera i 2cm di lunghezza. Questa azione favorente è legata al disaccoppiamento tra sfintere interno (SEI) e sfintere esterno, rappresentato dai pilastri del diaframma e dalla permanenza di refluito nel sacco erniario, che aumenta il volume del successivo episodio di reflusso (Figura 1).

Inoltre, l’attività peristaltica del corpo esofageo, che dovrebbe garantire una rapida clearance del materiale refluito, è compromessa in circa la metà dei pazienti con MRGE (Ang et al., 2009). Infine, un ritardato svuotamento gastrico (gastroparesi diabetica o idiopatica, collagenopatia, stenosi pilorica, discinesia antro-piloro-duodenale) è in grado di determinare un aumento del gradiente pressorio gastroesofageo, favorendo il ristagno di materiale gastrico (distensione del fondo con rilasciamento transitorio del SEI).

La mucosa esofagea è in grado di tollerare il reflusso di materiale gastrico per le sue caratteristiche strutturali che dipendono: dalla presenza di epitelio pavimentoso

(13)

pluristratificato, dal turnover cellulare (capacità riparativa), dalla coesione fra le cellule (che è garantita dalla presenza di membrane e giunzioni strette intercellulari), dal film di muco e bicarbonato (secreto dalle ghiandole sottomucose) che ritardano la retrodiffusione degli idrogenioni, e dal flusso ematico sottomucoso che provvede al mantenimento dell’equilibrio acido-base tissutale.

La lesività del materiale refluito dipende dalla composizione, dal tempo di contatto e dalla integrità della mucosa. I dati della letteratura evidenziano che reflussi prolungati esercitano un danno sulla mucosa esofagea maggiore rispetto a reflussi brevi e ripetuti e che la presenza di reflussi prolungati si associa a una disfunzione più severa della barriera antireflusso. Nella maggior parte dei casi il reflusso è acido, ma può essere anche debolmente acido con pH da 4 a 7 e, molto raramente, alcalino con un pH> 7 (Sifrim et al., 2007). Il ruolo dell’acido come agente lesivo è ben documentato e confermato in numerosi studi. L’acido non solo presenta un effetto lesivo diretto sulla mucosa ma consente l’attivazione di enzimi proteolitici, quali il pepsinogeno, che a pH<4 raggiunge la forma biologicamente attiva di pepsina. Inoltre, la contemporanea presenza nel refluito di acidi biliari, incrementa la lesività della componente acida in quanto essi, grazie ad un’azione detergente sulla mucosa esofagea, modificano la sua permeabilità, favorisce la retrodiffusione degli idrogenioni. Le altre sostanze dannose per la mucosa esofagea sono rappresentate dalla lisocetina e dagli enzimi pancreatici (tripsina). L’entità dell’esposizione dell’esofago all’acido è correlata con la severità del danno mucoso: pazienti con esofagite erosiva presentano esposizione all’acido maggiore di soggetti con malattia da reflusso non erosiva (Avidan, 2002). Il ruolo fondamentale dell’acido è inoltre confermato dall’azione dei farmaci antisecretivi che, inibendo la secrezione acida gastrica senza intervenire sui meccanismo antireflusso, consentono di ottenere la guarigione delle lesioni mucose in oltre il 90% dei casi.

Il ruolo del reflusso biliare nel reflusso gastroesofageo come unico fattore patogenetico della MRGE sembra limitato ai pazienti con alterazioni anatomiche come i soggetti gastro-resecati; inoltre, misurazioni endoluminali del reflusso biliare ed acido hanno suggerito che il danno

(14)

mucoso avviene in presenza di materiale acido e biliare, facendo supporre una loro azione sinergica.

Tale differenziazione molto precisa è stata resa possibile dalla recente applicazione clinica di una nuova metodica: la pH-impedenzometria multicanale delle 24 ore (pH-MII).

La presenza di sintomi tipici di MRGE, in pazienti con endoscopia negativa (assenza di lesioni mucose esofagee), ha consentito di ipotizzare e di dimostrare negli ultimi anni al microscopio elettronico e successivamente al microscopio ottico, una nuova lesione istopatologica rappresentata dalla dilatazione degli spazi intercellulari (Orlando et al., 2010), specie nelle biopsie effettuate sulla linea Z o 2 cm al di sopra di essa. Tale marcatore istologico è presente in più dell’80% dei pazienti con la forma non erosiva di MRGE, la cosiddetta NERD (non erosive reflux disease), di frequente riscontro nella pratica clinica (60-70% dei casi) e spiega molto bene le ragioni per le quali questi pazienti riferiscono pirosi di intensità pari a quella dei pazienti con esofagite erosiva (Zentilin et al., 2005); gli idrogenioni, infatti, possono penetrare attraverso le giunzioni intercellulari dilatate e stimolare le fibre nervose intramucose (plesso nervoso sottomucoso dell’esofago), determinando l’insorgenza dei sintomi (iperalgesia viscerale).

In conclusione, la MRGE deve essere considerata come una malattia multifattoriale, nella quale i disordini della motilità digestiva (non solo esofagea e gastrica, ma anche intestinale) sono prevalenti (Richter et al., 2007). L’incompetenza del SEI gioca un ruolo cruciale, ma il contenuto del refluito (Sifrim et al., 2007) e la resistenza della mucosa esofagea (Orlando et al., 2010) sono fattori altrettanto importanti.

2.2 Fisiopatologia Reflusso Faringolaringeo

La relazione MRGE-manifestazioni ORL si basa su almeno 2 meccanismi patogenetici: azione irritativa diretta della mucosa da parte del complesso “acido-pepsina” ed attivazione da parte del reflusso acido, dell’arco riflesso vagale esistente tra esofago e vie aeree superiori (Burton et al.2005; Cipollini, 2004).

(15)

Esperimenti su animali hanno dimostrato che il complesso “acido cloridrico-pepsina” determina a livello del laringe un danno maggiore rispetto alla presenza di solo acido, mentre nessun danno a carico della laringe degli animali è stato provocato da acido biliare, da tripsina o da una combinazione dei costituenti biliari a diversi valori di pH. Studi sperimentali hanno invece dimostrato un danno legato al reflusso di “acido cloridrico-acidi biliari” (Vaezi, 2003).

2.2.1 Azione della acidità

Il reflusso faringo-laringeo (RFL) è il risultato dell’aggressione della mucosa laringea e faringea da parte dell'acido cloridrico e della pepsina: a differenza dell’epitelio esofageo quello faringo-laringeo risulta più sensibile all’azione dell’acido ( Johnston et al., 2010).

La peristalsi esofagea e la secrezione salivare favoriscono una clearance rapida del materiale refluito a livello faringo-laringeo. Un'alterazione della peristalsi e/o dei meccanismi di difesa antireflusso (precedentemente descritti) aumenta la tossicità dell'acido. Inoltre, mentre l'epitelio esofageo esprime l'anidrasi carbonica I o IV, che produce bicarbonati a protezione della mucosa (Blanchet e Mondain, 2010), l'epitelio laringeo, invece, presenta solo l'anidrasi carbonica III che, sfortunatamente, è ridotta in caso di reflusso acido ( Johnston et al., 2004) . Il valore esatto del pH tossico per l'esofago inferiore è di 4; questo valore non è stato ancora determinato con precisione a livello faringeo (pH 5 o pH 6) ( Johnston et al., 2003).

2.2.2 Azione della pepsina

Gli enzimi più importanti del succo gastrico sono le pepsine, proteasi secrete dalla mucosa come zimogeni inattivi (pepsinogeni). I pepsinogeni vengono trasformati in pepsine attive dall’acidità. Il processo di trasformazione inizia a pH inferiore a 5 e procede autocataliticamente. La pepsina presenta la sua massima attività a pH 2 ma può causare danni tissutali anche a pH superiori. Essa diventa inattiva a livelli di pH superiori a 6,5 ma rimane in una forma stabile reversibile fino a pH 8,0 così da riattivarsi al ridursi del pH ( Johnston et al., 2009). Con una tossicità propria a livello faringo-esofageo, la pepsina può modificare l'espressione delle proteine dello stress (proteina S70) e diminuire il tasso di anidrasi

(16)

carbonica III, il che altera le difese antiacide, e di E-caderina (Reichel et al., 2008) che svolge un ruolo nella coesione intercellulare epiteliale (possibile ruolo nello sviluppo delle neoplasie laringee) (Blumin et al., 2008).

2.2.3 Infiammazioni e alterazioni cellulari

A livello istologico è dimostrata un'infiammazione dell'esofago superiore nei pazienti che presentano un RFL (Wada et al., 2009). A livello immunoistologico, Rees et al. hanno dimostrato un'iperespressione di CD1d, con una co-localizzazione di linfociti T NK su biopsie laringee di soggetti che presentano un RFL (Rees et al., 2008). Su colture di cellule epiteliali ipofaringee la pepsina a pH 7,0 provoca lesioni intracellulari (apparato di Golgi e mitocondri) con iperespressione di geni implicati nello stress e nella citotossicità ( Johnston et al., 2009). L’ Helicobacter pylori è presente nel 62% delle biopsie gastriche dei pazienti senza alcuna correlazione con la sintomatologia del RFL (Toros et al., 2009; Kotby et al., 2010).

È presente anche una disfunzione ciliare dell’epitelio respiratorio della laringe posteriore che provoca una stasi di muco, responsabile della sensazione di parestesia faringea e/o di rinorrea posteriore e della necessità di ripetuti raschiamenti di gola (Charles and Ford, 2005). La tosse e lo spasmo laringeo possono essere legati all'irritazione acida che può determinare un processo infiammatorio sulla mucosa laringea. La flogosi favorisce anche i traumi vocali. Infine, altri cofattori possono aggredire la mucosa: fumo, alcool, traumi e stress.

2.2.4 Riflesso vagale

Il riflesso vagale faringo-laringeo secondario, al contatto dell'acido con l'esofago, è responsabile delle manifestazioni di laringospasmo o di tosse cronica (Duke et al., 2001). E’ stato ipotizzato anche un aumento della soglia di sensibilità faringolaringea che potrebbe facilitare le microinalazioni di boli solidi o liquidi (Thompson, 2003).

(17)

2.2.5 Differenze con il RGE

I pazienti con un RFL presentano un reflusso che predomina di giorno (Koufmann et al., 1996) ed in posizione eretta, anche il sovrappeso o l'obesità hanno un ruolo importante come nel RGE (Halum et al., 2005).

La tossicità non è unicamente legata all'acidità, pertanto, vi è una strategia di indagini di laboratorio proprie del RFL da definire. Analogamente si comprende che la terapia antiacida non può controllare, da sola, tutti i fattori e che gli alginati o la chirurgia trovano un loro spazio. L'assenza di una risposta terapeutica del RFL al trattamento anti-RGE classico non permette da sola di rimettere in causa un RFL.

(18)

CAPITOLO III

MANIFESTAZIONI ORL DELLA MALATTIA DA REFLUSSO

3.1 Introduzione

Il quadro clinico della malattia da reflusso gastro-esofagea (MRGE) comprende manifestazioni esofagee/digestive e manifestazioni extradigestive. Tra le prime ricordiamo: pirosi (bruciore/dolore retrosternale), rigurgiti acidi o alimentari, disfagia. Altri sintomi di origine gastro/esofagea legati a dispepsia motoria presenti in caso di MRGE sono: nausea, senso di tensione epigastrica e sazietà precoce.

Le manifestazioni extradigestive possono essere suddivise in: polmonari, toraciche ed otorinolaringoiatriche. Le manifestazioni polmonari comprendono: asma bronchiale, tosse cronica, bronco-polmonite, bronchite cronica e fibrosi polmonare. Le manifestazioni toraciche invece sono rappresentate dal dolore toracico non cardiaco (Bruley Des Varannes, 2004). Tra le manifestazioni ORL ricordiamo le laringiti croniche posteriori (aritenoiditi), ulcere da contatto e granulomi del processo vocale, edema di Reinke, noduli vocali, Paradoxycal Vocal Cord Dysfunction (PVCD), pachidermia laringea, artriti cricoaritenoidee, faringiti croniche, rinosinusiti croniche, apnee ostruttive del sonno, carie dentali; più raramente stenosi laringee e neoplasie ipofaringee e laringee.

Questi quadri, si traducono sul piano clinico in un insieme altrettanto variegato di sintomi: disfonia mattutina (raucedine), tosse persistente soprattutto notturna, disfagia, sensazione di globo faringeo, necessità di schiarirsi la voce costantemente, dolore retrosternale, scialorrea, post nasal drip, cervicalgia, otalgia, laringospasmo parossistico (Rosanowski, 2001; Chevalier, 2003; Vaezi, 2003; Shaker, 2004; Watanabe, 2004; Wong, 2004; Burton, 2005; Lieu, 2005). Di seguito è riportata una descrizione degli aspetti clinici otorinolaringoiatrici che più frequentemente si osservano nella malattia da reflusso.

(19)

3.2 Disfonia da Reflusso

Il reflusso di materiale acido gastrico provoca a contatto con la mucosa laringea un’infiammazione cronica sul piano glottico, in particolare della regione posteriore della laringe e del terzo posteriore delle corde vocali.

L’irritazione delle corde vocali provoca disfonia, che inizialmente è di tipo disfunzionale, e tosse che si presenta continua o a crisi (Villari et al., 2002).

3.3 Laringite cronica posteriore

La laringite cronica posteriore è la manifestazione della malattia da reflusso di più comune riscontro nella pratica otorinolaringoiatrica, la cui sintomatologia è caratterizzata da disfonia saltuaria, raucedine ed affaticamento vocale precoce.

Il quadro obiettivo è caratterizzato dalla presenza di edema aritenoideo ed interaritenoideo, che può estendersi fino ad interessare superiormente le false corde ed inferiormente la regione sottoglottica. Talvolta, è possibile osservare in corrispondenza della commissura posteriore la presenza di ipercheratosi con la tendenza a desquamare e a formare la cosiddetta “pachidermia laringea” (Figura 2).

Figura 2 Pachidermia laringea: ipercheratosi commissura posteriore.

L’edema indotto dalla MRGE a livello della commissura posteriore altera la clearance muco-ciliare della intera regione glottica con conseguente ulteriore accentuazione dello stato

(20)

irritativo e della disfonia. Per cercare quindi di migliorare la propria emissione vocale, il paziente tende a «forzare» la voce mediante un’iperadduzione delle false corde (Figura 3).

Figura 3. Edema commissura posteriore.

E’ da evidenziare che le lesioni mucose superficiali della commissura posteriore presentano scarsa tendenza alla guarigione sia per il perpetuarsi dello stimolo meccanico della iperadduzione interaritenoidea, sia per il persistere del reflusso, in quanto la pepsina e l’acido continuano ad esercitare la loro azione lesiva; tutto ciò si verifica spesso sulla sottile mucosa del processo vocale, formando delle vere e proprie ulcere mucose a cui possono fare seguito pericondriti: i granulomi.

A questo punto la disfonia da disfunzionale diventa organica (Villari et al., 2002).

3.4 Ulcere e granuloma da contatto

I granulomi del processo vocale sono lesioni benigne della glottide posteriore che interessano il processo vocale della cartilagine aritenoidea. Sono sinonimi i termini di ulcera da contatto, granuloma da contatto, granuloma laringeo, ulcera peptica della laringe, pachidermia da contatto, granuloma piogenico della laringe. Queste lesioni sono causate da abuso vocale con contatto forzato tra le aritenoidi, anche se la malattia da reflusso faringo-laringeo (RFL), il trauma da intubazione laringea e le infezioni, possono giocare un ruolo importante (Kenneth, 2005). Il sesso maschile è più interessato soprattutto tra i 40 ed i 50 anni, quando l’agente eziologico è il RFL. Il granuloma è il risultato di un processo riparativo/reattivo nel quale, a

(21)

partire da un epitelio squamoso ulcerato, si forma tessuto di granulazione che può essere sostituito da tessuto fibrotico e successivamente da tessuto iperplasico (Kenneth, 2005)(Figura4). Il granuloma può staccarsi spontaneamente quando la sua base di impianto è filiforme, raramente è ostruttivo e non evolve in una forma neoplastica (Shin, 1994). Macroscopicamente, il granuloma si presenta come una lesione ulcerativa della mucosa oppure come una lesione occupante spazio di forma sferica o plurilobulata, sessile o peduncolata, di colore variabile, a carico di una o di entrambe le corde vocali a livello dell’apice del processo vocale dell’aritenoide (Bradley, 1997). La voce è disfonica e monotona. Altri sintomi sono: tosse stizzosa, odinofagia e senso di fastidio o dolore laringeo durante la deglutizione.

Figura 4: Granuloma (bilobato)del processo vocale di sinistra.

La terapia logopedica, secondo la maggior parte degli Autori, rappresenta la modalità terapeutica più efficace. Al trattamento riabilitativo vanno associate terapie mediche con inibitori di pompa protonica in presenza di malattia da reflusso ed eventuale terapia corticosteroidea per ridurre le componenti infiammatorie. Il trattamento chirurgico è indicato in caso di lesioni voluminose, responsabili di dispnea, nelle situazioni nelle quali si renda necessaria una verifica istologica oppure nei pazienti nei quali non è possibile applicare il protocollo riabilitativo (Luppi, 2002). Una delle caratteristiche peculiari dei granulomi è quella di riformarsi rapidamente dopo l’asportazione chirurgica, soprattutto se permangono i

(22)

fattori favorenti (disfonia ipercinetica, attacchi duri, reflusso faringo-laringeo, flogosi croniche).

3.5 Laringospasmo

Il laringospamo da malattia da reflusso è un’entità clinica nota dal 1977 (Chodosh). Esso è determinato da un’improvvisa, vigorosa e prolungata adduzione delle corde vocali. Al momento secondo il meccanismo patogenetico più accreditato, il laringospasmo è da ricondurre ad un esagerato riflesso laringeo quale risposta ad un insulto cronico. L’arco riflesso coinvolto è costituito da un ramo afferente identificato nel nervo laringeo superiore (NLS) e da un ramo efferente, riconosciuto nel nervo laringeo inferiore (NLI).

Diversi studi hanno dimostrato che la stimolazione elettrica del NLS provoca l’eccitazione nervosa del NLI, conseguendone un’adduzione prolungata delle corde vocali.

Loughlin ha osservato che solo il 33% dei pazienti con laringospasmo riferiva una sintomatologia tipica da reflusso; al contrario, all’esame obiettivo il 92% mostrava segni clinici di reflusso e alla PH-metria l’83% risultava positivo.

3.6 Stenosi laringee

Le stenosi laringee presentano una elevata morbidità mettendo a rischio la vita del paziente. La regione sottoglottica ed in particolare la giunzione cricotracheale sembra essere la zona interessata dalla stenosi (Blumin, 2011).

Ad oggi, la eziopatogenesi rimane sconosciuta. La maggior parte delle stenosi laringee sono definite “idiopatiche”, solo una piccola percentuale riconosce una causa nota. L’ipotesi più accreditata identifica come primum movens un danno a livello della mucosa della giunzione cricotracheale, a cui fanno seguito ischemia e fibrosi.

I fattori di rischio sono le malattie vascolari del collagene (granulomatosi di Wegner), le alterazioni ormonali, i traumi e la malattia da reflusso gastro-esofageo (Damrose, 2008).

(23)

Recentemente, il reflusso faringo-laringeo è stato considerato un fattore favorente nello sviluppo di stenosi sottoglottica nella popolazione pediatrica, anche se si è dimostrato non esserne la sola causa (Mark, 2008).

Koufman (1991), ha esaminato 32 pazienti con stenosi sottoglottica o tracheale con la pH-metria delle 24 ore ed ha evidenziato che i tre quarti di essi (78%) aveva un reflusso gatroesofageo con un reflusso acido nella faringe. In una casistica di 12 pazienti con stenosi laringotracheale, Toohill (1998) ha eseguito la pH-metria per livello e riscontrato reflusso faringeo acido in otto pazienti su 12 (rispetto a sette su 34 della casistica di controllo senza stenosi); il numero di episodi di reflussi faringei e la durata dell'esposizione acida della faringe erano più alti nei pazienti portatori di stenosi, mentre non vi era alcuna differenza significativa per i due gruppi per quanto riguarda l'esofago.

3.7 Paradoxical Vocal Fold Dysfunction

Con il termine di paradoxical vocal fold dysfunction (PVFD) si intende una discinesia laringea caratterizzata da una eccessiva adduzione delle corde vocali durante l’inspirazione (Perkins, 2002). Alcuni Autori definiscono il PVFD, come un’adduzione paradossa delle corde vocali vere, che determina una riduzione dello spazio respiratorio superiore al 50% (Murry, 2004). In letteratura sono stati introdotti numerosi termini per indicare il PVFD: Munchausen’s stridor, vocal cord dysfunction (VCD), emotional laryngeal wheezing, adductor breathing dystonia, functional inspiratory stridor, factitious and hysterical asthma, irritable larynx syndrome, episodic paroxysmal laryngospasm and paradoxical vocal fold motion (Altman,2002; Patel, 2004). Uno dei termini più appropriati è “paradoxical vocal fold dysfunction” in quanto l’esame laringoscopico durante la crisi dimostra, come conseguenza di un movimento paradosso del piano glottico, una inappropriata adduzione delle corde vocali vere durante l’ispirazione (Nacci, 2007).

Essa è una patologia relativamente rara, prevalente nel sesso femminile, con un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni. Viene descritta anche nella popolazione pediatrica/adolescenziale (Sandage, 2004) ed è stato riportato il caso aneddotico di un

(24)

bambino di 4 mesi in cui il fenomeno rappresentava la conseguenza di un reflusso gastro-esofageo (Heatley, 1996). Spesso il movimento paradosso delle corde vocali risulta correlato con diverse patologie psichiatriche (in particolar modo disturbi d’ansia e/o depressione) (Vlahakis, 2002). Il PVFD inoltre, sembra manifestarsi con elevata prevalenza nei soggetti che lavorano in ambiente sanitario. Recentemente il movimento di adduzione paradossa delle corde vocali, è stato osservato anche in atleti professionisti durante la pratica sportiva, rendendo in questi casi necessaria una diagnosi differenziale con l’asma da sforzo (Powell,2000).

La patogenesi del PVFD è ancora sconosciuta anche se sono probabilmente implicati fattori psicogenici. Recentemente, è stato posto l’accento sul possibile ruolo della patologia da reflusso in quanto la maggior parte dei pazienti presenta manifestazioni laringee compatibili con MRGE (Powell,2000; Vlahakis, 2002). Al momento però, l’associazione tra PVFD e MRGE non è stata ancora stabilita con sicurezza (Perkins, 2000). È possibile che a livello laringeo episodi frequenti di pH inferiore a 2,5 possano indurre uno spasmo della muscolatura laringea attraverso meccanismi mediati da vie vagali e attraverso la sensibilizzazione di chemorecettori mucosali. È stato ipotizzato, quindi, che una iper-responsività laringea, conseguente allo stimolo irritativo cronico dato dal basso pH, possa predisporre al PVFD (Ayers, 2003). Un ruolo ancora non del tutto chiarito è quello giocato da sostanze inalanti: è stato evidenziato che in alcuni soggetti una storia di PVFD ha inizio dopo l’inalazione di sostanze irritanti. In questa variante della PVFD, lo stimolo iniziale e/o trigger della crisi, è dato dalla transitoria esposizione ad una sostanza inalatoria irritante; per questo motivo gli Autori definirono questa forma clinica come “I-VCD” (irritant associated vocal cord dysfunction) (Perkner, 1998). Una volta inalata la sostanza a concentrazione irritante che causa la prima crisi dispnoica, comincia la vera e propria I-VCD: infatti non solo si verificano sintomi respiratori al momento di un eventuale successivo contatto con quella stessa sostanza (anche a concentrazioni che danno percezione olfattiva ma che non dovrebbero dare sintomi respiratori), ma anche dopo l’inalazione di moltissime altre sostanze odoranti quali profumi, detergenti, disinfettanti, capaci anch’essi a quel punto, di scatenare la crisi di PVFD. È probabile che la prima

(25)

inalazione di una (elevata) concentrazione irritante del gas, rappresenti uno stimolo incondizionato responsabile dei sintomi respiratori con una conseguente risposta associata a panico. Una volta risolta la crisi però, rimarrebbe una risposta condizionata con l’insorgenza della crisi (ansia ed iperventilazione) anche quando viene inalata una concentrazione non irritante (bassa) dello stesso gas o di un gas diverso, capace in condizioni normali, di determinare soltanto una percezione olfattiva; la sintomatologia respiratoria sarebbe legata a quel punto ad uno stimolo condizionato (Shussterman, 2001).

Indipendentemente dalla patogenesi del PVFD, il quadro clinico è generalmente costante ed è caratterizzata da una serie sintomi/segni respiratori ricorrenti che insorgono e recedono improvvisamente; nella maggior parte dei casi compaiono durante il giorno mentre sono rarissimi di notte. Tra questi, quelli che caratterizzano maggiormente la patologia sono: dispnea acuta ad esordio improvviso, tosse cronica, respiro corto, sensazione di pressione alla gola.

Il PVFD ha caratteristiche cliniche molteplici ed è spesso associato a diverse patologie respiratorie (asma, asma da sforzo, rinosinusite cronica, malattia da reflusso gastro-esofageo), per cui la diagnosi e la diagnosi differenziale non sempre risultano agevoli.

Dal punto di vista terapeutico inoltre, non esiste un trattamento accettato universalmente. Occorre innanzitutto risolvere la crisi dispnoica acuta e successivamente instaurare un trattamento più complesso che risolva quelle situazioni di base che determinano, o contribuiscono a determinare, l’attacco acuto. In presenza di disturbi psicosomatici o francamente psichiatrici, devono essere adottate terapie rivolte alla patologia di base. Oltre al trattamento con psicofarmaci, dove necessario, le diverse modalità terapeutiche prevedono la psicoterapia, la riabilitazione respiratoria, la terapia logopedica e la terapia con farmaci antireflusso ed antiallergici (in caso di associazione con reflusso gastro-esofageo o allergie). L’efficacia della terapia logopedia è stata ampiamente descritta e, per molti Autori, rappresenta il trattamento di elezione (Powell, 2000; Vlahakis, 2002; Murry, 2004, Nacci, 2007). Utilizzando un approccio prevalentemente psicologico e logopedico sono stati dimostrati miglioramenti significativi nell’88% dei casi di PVFD (Murry, 2001).

(26)

3.8 Tosse cronica

Attualmente la malattia da reflusso è considerata la terza causa di tosse cronica sia nel bambino che nell’adulto dopo il post nasal drip e l’asma (Vaezi, 2003).

E’ stato osservato che sintomi da malattia da reflusso sono più frequenti nei pazienti con asma. La malattia da reflusso gastro-esofagea viene considerata, secondo le ipotesi più accreditate, come la causa scatenante di riacutizzazioni bronchitiche o di stati d’asma refrattari alla terapia (Brinke et al, 2005), soprattutto nei pazienti anziani e nei bambini.

L’insorgenza di broncospasmo e di iperproduzione di muco sarebbe mediata da riflessi vagali a diretta partenza dalla mucosa esofagea con conseguente riflesso tussigeno (Irwin, 2006). Inoltre, l’inalazione di materiale peptico potrebbe provocare alterazioni a carico delle cellule ciliate (commissura posteriore) con disfunzionalità della clearance muco-ciliare, con alterazioni delle cellule mucipare, con modificazioni qualitative e quantitative del muco

bronchiale, con alterazioni dei recettori β2 ed irritazione dei recettori vagali tracheobronchiali

e con conseguente iperattività bronchiale (Villari, 2002).

Pertanto la terapia antireflusso dovrebbe essere associata, anche con significato ex-adiuvantibus, in tutti quei casi in cui la sola terapia di tipo respiratorio non fornisca validi risultati.

3.9 Neoplasie laringee

Appena 30 anni fa il reflusso gastro-esofageo (RGE) era considerato come un sintomo di poco rilievo. Negli ultimi anni, mentre l’RGE veniva riconosciuto alla base di molte patologie infiammatorie-funzionali delle vie aeree superiori, si è iniziato ad attribuirgli anche un ruolo anche nella carcinogenesi dei distretti extraesofagei. (Palma, 2009).

La diffusione e l’incremento negli ultimi anni dei disturbi da reflusso sembra abbiano accompagnato in parallelo l’incremento del tumore sia dell’esofago che della laringe., Diverse pubblicazioni, infatti, hanno evidenziato la prevalenza di RGE nei pazienti con tumore

(27)

laringeo, attribuendogli quindi un valore di fattore di rischio indipendente (Galli, 2006; Quadeer, 2006).

Tuttavia, l’elevata prevalenza di RGE in questi pazienti, può rappresentare, da una parte, il risultato dell’incremento della patologia nella popolazione generale, dall’altra parte, la conseguenza degli effetti reflussogeni che fumo e alcool (fattori presenti comunemente nei pazienti con carcinoma della laringe) esercitano sullo sfintere esofageo. E’ oramai dimostrato che l’alcool ed il fumo di sigaretta riducono il tono del SEI, stimolano una peristalsi esofagea patologica e aumentano le secrezioni gastriche (Smit, 2001).

Molti degli studi in cui viene data una correlazione tra malattia da reflusso e carcinoma della laringe sono stati rivisti da Qadeer e coll., la cui severa analisi ha riscontrato difetti di impostazione con conseguente errata valutazione dei reali effetti del fattore in osservazione (Qadeer, 2006).

Gli unici due studi ritenuti sufficienti per la qualità dei dati confrontati, non riportano differenze di incidenza di RGE sia nel gruppo di studio che in quello di controllo (pazienti rispettivamente con e senza tumore laringeo) (Chen, 1998; Geterude, 2003).

La MRGE, quando combinata con il tabacco o alcool, risulta peggiorativa rispetto ai soli due fattori di rischio maggiore. Quindi una terapia antireflusso diminuirebbe, anche se di poco, il rischio di carcinogenesi, attribuendo al fumo e all’alcool il valore maggiore di riduzione del rischio.

3.10 Otite media Cronica Essudativa

L’otite media cronica essudativa (OME) è la più comune causa di ipoacusia nei bambini, e l’otite media, in generale, è la più comune diagnosi nei pazienti pediatrici negli USA (Bluestone, 1996).

L’OME è un'infiammazione cronica della mucosa dell'orecchio medio, ossia della cassa del timpano, delle cavità annesse e della tuba uditiva, che persiste da più di tre mesi, caratterizzata dalla presenza di essudato.

(28)

L’eziologia è multifattoriale: infezioni batteriche e virali delle vie respiratorie, ostruzioni della tuba di Eustachio (vegetazioni adenoidee), e formazioni di biofilms batterici suggeriscono avere un ruolo nello sviluppo di questa patologia (Hall-Stoodley, 2006). Negli ultimi anni anche il RGE viene riconosciuto come co-fattore nella patogenesi dell’otite media. Il reflusso di materiale acido e di pepsina nell’orecchio medio, con conseguente infiammazione della mucosa della cassa del timpano, avviene attraverso la tuba di Eustachio che, in particolare in età pediatrica, risulta immatura e con un’alterata funzione ( Johnston, 2004; Bradley, 2010). Recenti studi (Capko, 2007; Johnston, 2009), hanno dimostrato che la pepsina rimane stabile ed inattiva nella cassa del timpano ad un pH compreso tra 6.0 e 7.6 e può essere riattivata da un nuovo episodio acido di reflusso o da una riduzione di pH; quest’ultima è resa possibile dall’effetto sinergico tra la pepsine ed i due più comuni agenti batterici responsabili di otite media: Streptococcus pneumoniae e Haemophilus Influenzae entrambi produttori di metaboliti acidi (Capko, 2007).

Pertanto, la pepsina inattiva potrebbe essere attivata dalla presenza di un’infezione batterica acuta, che riduce i livelli di pH dell’orecchio medio, e da una disfunzione tubarica.

3.11 Rinosinusite cronica (RSC) e Post nasal drip Syndrome

Si definisce Rinosinusite un processo infiammatorio della cavità nasale e della mucosa dei seni paranasali (Fokkens et al, 2007). Rinite e sinusite solitamente coesistono e sono concomitanti nella maggioranza dei pazienti.

Fattori predisponenti sono: le infezioni virali, batteriche e funginee, le inalazione di allergeni, l’intolleranza a farmaci antisteroidei antiinfiammatori, i fattori genetici e le alterazioni anatomiche locali (Kennedy, 2004). Recentemente, il reflusso gastro-esofageo è stato chiamato in causa come agente responsabile di edema della mucosa nasale e sinusale, di ostruzione degli osti e di alterazioni mucociliari con stasi di muco; favorendo la sovrainfezione batterica e la eventuale espressione di poliposi ( Jecker, 2006).

(29)

Nei bambini con RSC, la malattia da reflusso gastro-esofagea è considerata come la causa di fallimento del trattamento antibiotico (Delehaye, 2009).

Di Baise ipotizza una correlazione tra queste due patologie, in quanto ha evidenziato un miglioramento dei sintomi rinosinusali in pazienti affetti da MRGE dopo trattamento per 3 mesi di Omeprazolo. Altri studi mostrano come la stimolazione della mucosa esofagea con materiale gastrico provochi edema della mucosa nasale (Loehrl, 2002), disfunzione della tuba di Eustachio (White, 2002) e malattie polmonari (Yellom, 2001). Il meccanismo patogenetico più accreditato suppone che, la stimolazione dei recettori esofagei da parte dell’acido cloridrico e della pepsina, provochi un riflesso vagale efferente con conseguente risposta neuro-infiammatoria delle mucose (Stein, 2003). In questo modo la rinosinusite può esistere senza un effettivo coinvolgimento della mucosa laringea. (Delehaye, 2009).

Postnasal drip syndrome (PNDS) rappresenta la prima causa di tosse cronica come è dimostrato in diverse pubblicazioni (Pratter, 1993; Mello, 1996; Palombini, 1999). Viene definita come la sensazione di secrezioni nelle fosse nasali che scendono in rinofaringe (“gocciolamento retronasale”) e in laringe; rendendo frequente il bisogno di schiarirsi la gola e di soffiarsi il naso.

Ogni giorno, produciamo circa 20-40 ml di secrezioni nasali che eliminiamo con l’espettorato o mediante la deglutizione (O’Hara, 2006). Ad oggi non si conosce il meccanismo patogenetico che porta alla produzione della tosse. E’ stato ipotizzato che le secrezioni possano direttamente o indirettamente (mediatori dell’infiammazione) stimolare i recettori della tosse a livello faringeo-laringeo (Macedo et al., 2009).

Sono numerose le patologie rinologiche che determinano la PNDS: rinosinusiti allergiche, non allergiche ed infettive. Anche il reflusso gastroesofageo può talvolta essere la causa dei sintomi associati a questa sindrome (Ford, 2005).

(30)

Pratter et al. hanno riportato, che il 20% dei pazienti con tosse cronica presentano la sensazione del “gocciolamento retronasale”. Al contrario, solo una piccola percentuale di pazienti con PND presenta tosse cronica.

Dal momento che PNDS è definita solo sulla base della presenza dei sintomi, le ultime linee guida dell’American College of Chest Physicians propongono di impiegare un altro termine per definire questa sindrome quale UACS (Upper Airway Cough Syndrome) perché spesso sono presenti alterazioni delle vie aeree superiori come anche una maggiore iper-responsività delle vie aeree extratoraciche (Macedo et al., 2009).

3.12 Erosioni Dentarie

Tra le sindromi extra-esofagee della malattia da reflusso, vi sono le erosioni dentarie. Tale associazione è presente, soprattutto, in quei pazienti che presentano i tipici sintomi da reflusso gastroesofageo, con una forte correlazione tra l’entità dell’esposizione all’acido e la severità delle lesioni dentarie (Oginni et al., 2005). Infatti, sebbene la prevalenza delle erosioni dentarie nella popolazione generale sia stimata al 5-16% ( Jarvinen et al, 1991), essa può raggiungere il 40% nei pazienti con malattia da reflusso (Schroeder et al, 1995).

L’erosione dentaria interessa, in particolare, il tratto posteriore dell’arcata dentaria. Essa nelle fasi iniziali si presenta come un’area piatta, circoscritta, con perdita di lucentezza superficiale e smalto asciutto. Successivamente lo smalto si assottiglia e diventa di colore giallo (Farrkhi, 2007).

3.13 Apnee ostruttive del sonno

I pazienti con apnee ostruttive del sonno (OSAS) presentano alterazioni metaboliche e cardiologiche con complicanze cerebrovascolari o neurocognitive (Suzuki, 2010).

Attualmente il RGE è riconosciuto come una delle conseguenze dell’OSAS (Zanation, 2005). E’ da ricordare, che lo stato di ipossiemia ed ipercapnia induce, spesso, come effetto secondario, un rilassamento della componente neuromuscolare, consistente essenzialmente in un’ipotonia muscolare che coinvolge anche gli sfinteri esofagei (Villa, 1997).

(31)

Pertanto, la riduzione di tono dello sfintere esofageo inferiore (SEI) favorisce il reflusso faringo-laringeo di acido; ciò determina: tosse, edema laringeo e quindi facilitazione del risveglio, contribuendo così a frammentare ulteriormente il sonno ed a facilitare ancora di più il rilasciamento del SEI in un circolo vizioso di difficile interruzione spontanea.

Il reflusso, inoltre, può essere favorito durante le apnee per aumento della pressione negativa intratoracica con conseguente aumento del gradiente pressorio addome-torace.

L’uso della CPAP riduce gli episodi di reflusso sia nei soggetti OSAS che non OSAS: questo implicherebbe la presenza di un effetto terapeutico aspecifico.

La terapia con antiacidi è efficace nella riduzione dei risvegli ma non delle apnee.

(32)

CAPITOLO IV

DIAGNOSI DI REFLUSSO FARINGO-LARINGEO

4.1Introduzione

La diagnosi di Reflusso faringo-laringeo non è agevole. L’obiettività clinica non è sufficiente a chiarire il quadro generale: ciò si spiega con la transitorietà e la soggettività della sintomatologia. Infatti, è frequente osservare, mediante endoscopia faringo-laringea, pazienti che negano qualsiasi tipo di disturbo dispeptico in presenza di un quadro endoscopico oggettivo correlabile a malattia da reflusso.

Inoltre, l’esperienza clinica acquisita negli ultimi anni, ha dimostrato che l’endoscopia gastro-esofagea risulta dimostrativa solo nel 50% dei pazienti che presentano sintomi tipici da malattia da reflusso gastro-esofagea (MRGE), e nel 20 % dei pazienti con reflusso faringo-laringeo (RFL)(Vaezi, 2004). Le metodiche per immagine danno delle informazioni parziali ed incostanti. Ad esempio, lo studio del transito esofageo (pasto baritato o videofluorografia) è affidabile nell’individuare la presenza di RGE e nel dare informazioni con buona approssimazione sulla motilità e sulla clearance esofagea, ma incostante nel fornire informazioni sull’entità e sul tipo di reflusso. Anche l’impiego di metodiche sofisticate quali la scintigrafia con gamma camera, ha mostrato carenze applicative, risultando capace di evidenziare reflusso solo nel 30% dei pazienti con diagnosi endoscopica di MRGE (Villari et al., 2002).

Nella pratica clinica, gli esami diagnostici a disposizione dello specialista ORL/Foniatra sono rappresentati dall’endoscopia faringo-laringea, dai test di valutazione e di autovalutazione, e dal test empirico con uso di inibitori di pompa protonica (IPP); mentre i principali test diagnostici impiegati dal gastroenterologo sono la esofagogastroduedonoscopia (EGDS) e la pH-metria (pH esofagea 24 h e pH-Impedenziometria Intraluminale Multicanale).

(33)

4.2 Endoscopia faringo-laringea

Oltre ad un quadro clinico ben preciso relativo all’interessamento dei distretti ORL, la malattia da reflusso gastro-esofageo può determinare alterazioni caratteristiche a livello della regione laringea, dimostrabili attraverso un esame laringoscopico. I reperti endoscopici faringo-laringei riportati in letteratura sono rappresentati da (Milstein, 2005; Ford, 2005)

 Iperemia/Edema della regione aritenoidea;

 Iperemia/Edema della porzione posteriore delle corde vocali;

 Tessuto infiammatorio “a barra” a livello della commissura posteriore;

 Edema della regione retroaritenoidea;

 Pseudosulcus;

 Obliterazione del ventricolo laringeo;

 Ulcere e Granulomi dell’aritenoide;

 Edema della parete posteriore del faringe.

Tutti i segni endoscopici relativi ad una laringopatia da reflusso gastro-esofageo sono più facilmente osservabili attraverso una endoscopia a fibre ottiche flessibili rispetto alle ottiche rigide (p< 0.01) (Milstein, 2005).

(34)

4.3 Test di Autovaultazione (RSI) e di Valutazione (RFS)

Belafsky et al. (2002) hanno definito test di autovalutazione (RSI- Reflux Symptom Index) e di valutazione dei segni endoscopici (RFS- Reflux Finding Score) al fine di selezionare i pazienti da avviare ad un trattamento terapeutico empirico, o da sottoporre ad esami di pertinenza non ORL (visita gastroenterologica, gastroscopia, pH-metria ed altre indagini strumentali) in maniera mirata e selettiva (Grillo, 2004; Ford, 2005).

Il questionario di autovalutazione (RSI) assegna un punteggio da 0 a 5 ai seguenti sintomi (Tabella 1):

Negli ultimi mesi ha sofferto di questi sintomi? 0=nessun sintomo

5=sintomo di severa entità

1- Raucedine o problemi di voce 0 1 2 3 4 5 2- Necessità di raschiare la gola 0 1 2 3 4 5 3- Eccesso di muco in gola o muco che discende dal naso 0 1 2 3 4 5 4- Difficoltà ad ingoiare cibi, liquidi o pillole 0 1 2 3 4 5 5- Tosse dopo aver mangiato o dopo essersi disteso 0 1 2 3 4 5 6- Respiro difficoltoso o crisi di soffocamento notturno 0 1 2 3 4 5 7- Tosse stizzosa 0 1 2 3 4 5 8- Sensazione di qualcosa che punge in gola o di massa in gola 0 1 2 3 4 5 9- Bruciore, dolore toracico, pesantezza o reflusso acido dallo stomaco 0 1 2 3 4 5

Tabella 1: Test di autovalutazione RSI

Il limite patologico per sospettare di reflusso faringo-laringeo è un punteggio al di sopra di 13 (Belafsky et al., 2002).

Il Reflux Finding Score (RFS) (Tabella 2) è, invece, una scala soggettiva di valutazione sulla base di 8 reperti endoscopici a cui è associato un determinato punteggio: quando esso risulta superiore a 7 è suggestivo di RFL (Habermann et al., 2011).

(35)

Findings Score

1- Edema subglottico 0=assente 2=presente 2- Obliterazione ventricolare 0=assente

2=parziale 4=completa 3- Eritema/Iperemia 0=assente

2=limitata alle aritenoidi 4=diffusa

4- Edema delle corde vocali 0=assente 1=lieve 2=moderato 3=grave 4=polipoide 5- Diffuso edema laringeo 0=assente

1=lieve 2=moderato 3=grave 4=ostruente 6-Ipertrofia della commissura

posteriore 0=assente 1=lieve 2=moderato 3=grave 4=ostruente 7- Granuloma/Granulazioni 0=assente 2=presente 8- Muco denso endolaringeo/Altro 0=assente

2=presente

Tabella 2. Test di valutazione RFS

4.4 Test diagnostico con uso di IPP

Una veloce risposta sintomatica agli inibitori di pompa protonica (IPP) in pazienti con diagnosi presuntiva di MRGE è comunemente considerata validante per la diagnosi. L’IPP risulta essere un ottimo test diagnostico per l’alta precisione e la bassa invasività.

Il IPP-test è differente dal trattamento con inibitori di pompa protonica che si attua per 6-8 settimane nei pazienti con pirosi retrosternale non complicata. Questo test è consigliabile in presenza di sintomi atipici di RGE (ad esempio tosse e disfonia) e consiste nell’ottenere un riscontro terapeutico ai IPP somministrati per 1-2 settimane a dosaggi doppi rispetto allo standard (fino a 40-80 mg di omeprazolo) associati a precise norme igienico-dietetiche (vedi terapia)(Pace, 2010).

(36)

Qualora, nonostante i dosaggi elevati, persistessero i sintomi, è necessario procedere alla pH-metria delle 24 ore (Tutian e Castell, 2003).

4.5 Esofagogastroduodenoscopia (EGDS)

L’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) rappresenta un’indagine di primo livello in quanto permette di:

- identificare il reflusso;

- quantificare, quando presenti, le alterazioni morfologiche secondarie al reflusso;

- eseguire prelievi bioptici;

- porre diagnosi differenziale con altre forme di esofagite e con patologie gastro-duodenali;

- identificare la giunzione esofago-gastrica e precisarne i rapporti con lo iato diaframmatico.

Essa risulta negativa nei casi di assenza di lesioni apprezzabili che, però, possono nascondere una positività microscopica. Infatti fino al 70-80% dei pazienti endoscopicamente negativi portano segni microscopici di esofagite. La presenza di erosioni definisce la diagnosi. Altri segni, come edema ed eritema, se presenti da soli non bastano a definire la malattia poiché intervengono anche in altre patologie. Inoltre, considerata l’invasività dell’esame, spesso non viene eseguito in pazienti con sintomi evidenti; questi pazienti sono avviati immediatamente alla terapia con PPI, con diagnosi quindi unicamente clinica.

Le indicazioni per eseguire un’endoscopia in un paziente con sospetto di MRGE sono:

1. “sintomi atipici” (asma, dolore toracico, raucedine, tosse) 2. “sintomi d’allarme” (anemia, calo ponderale)

(37)

3. età > 50 anni

4. mancata risposta ai IPP

5. pazienti con disfagia per effettuare una diagnosi differenziale (esclusione di cause neoplastiche o conferma di esofagite severa).

4.6 pH-metria esofagea 24h

La pH-metria esofagea 24h ha rappresentato per molto tempo il test maggiormente sensibile per la diagnosi di reflusso (sensibilità 90%, specificità 95%). L’esame viene eseguito mediante l’introduzione per via nasale di un sondino con due elettrodi. Essi registrano le variazioni di pH, distano tra loro 15cm e possono essere posizionati in modo differente in base alle necessità: il distale nello stomaco e il prossimale nell’esofago oppure entrambi nell’esofago (in questo caso il distale viene posizionato 5cm al di sopra del SEI). Il sondino viene collegato ad un sistema di registrazione portatile che il paziente deve tenere con sé per 24 ore, durante le quali deve seguire le normali abitudini comportamentali (pasti, riposo, attività lavorativa, ecc.).

L’esame, meglio tollerato rispetto all’endoscopia, rimane comunque invasivo. Durante l’esame vengono registrati numerosi parametri (Criteri di De Meester):

- tempo totale di reflusso a pH inferiore a 4 (indice più sensibile);

- tempo totale di reflusso in ortostatismo;

- tempo totale di reflusso in clinostatismo;

- frequenza di reflussi (numero totale di episodi);

(38)

- durata dell’episodio più lungo.

Ad ogni parametro viene attribuito un punteggio che si ritiene patologico se superiore al limite fissato dall’analisi delle Roch Curve (Reiceving Operatine Charateristic). Questo valore, nel soggetto normale, deve essere <di 4 al 95° percentile, corrispondente ad uno score di 14,9. Il limite tollerato è 16,5; al di sopra l’esame è da ritenersi positivo. Inoltre, tramite diversi punteggi, viene anche considerato l’indice sintomatologico che è il rapporto, espresso in %, tra il numero totale dei sintomi associati al reflusso e il numero totale di sintomi; si considera positivo se superiore al 50%.

Il limite della pH-metria tradizionale è che misura solo i reflussi acidi. Tuttavia, anche i reflussi non acidi possono causare sintomi.

4.7 pH-impedenziometria multicanale (pH-MII)

La pH-metria 24h è considerata il “gold standard” per la rilevazione del reflusso gastroesofageo ma non quando il contenuto del reflusso è debolmente acido o non acido. Ad oggi, questa tecnica risulta superata in accuratezza dalla pH-impedenziometria intraluminale multicanale (pH-MII), metodica di ultima generazione ancora in via di standardizzazione e validazione, che consente di identificare il tipo di reflusso caratterizzandone sia la composizione chimica che fisica.

Il pH-MII si basa sulla misurazione della resistenza del contenuto esofageo alla corrente alternata. L’impedenza (misurata in Ohm), è l’inverso della conduttanza, ovvero rappresenta la resistenza elettrica di un bipolo (misura inversa della conduttività) al passaggio di una corrente alternata che, attraverso il contenuto di un organo, identifica l’ostacolo al passaggio di una corrente elettrica. Quando un paio di elettrodi, separati da un isolatore, sono posizionati nell’esofago il circuito elettrico è chiuso dalle cariche elettriche presenti nella mucosa dell’esofago e nel lume che circonda il catetere. La comparsa di un bolo liquido nel segmento in esame determina una rapida caduta d’impedenza in quanto l’aumento del

(39)

contenuto ionico del bolo migliora la conduttività elettrica fra i due elettrodi. L’impedenza inizierà ad aumentare una volta che il bolo verrà eliminato dal segmento. La comparsa di gas, invece, è riconosciuta come un rapido innalzamento dell’impedenza dal momento che non ci sono cariche elettriche a chiudere il circuito quando i due elettrodi sono sospesi in aria. La presenza di un bolo misto è riconosciuta dai cambiamenti dell’impedenza di entrambi i tipi. I cateteri per lo studio pH-impedenziometrico sono assemblati in modo da avere 6 segmenti misuranti l’impedenza posti a 3, 5, 7, 9, 15 e 17cm dal SEI e un elettrodo misurante il pH posto a 5 cm dalla punta del catetere. Utilizzando un catetere multicanale è possibile determinare la presenza del bolo a vari livelli ed anche la direzione del suo movimento. Gli episodi di reflusso sono individuati come un cambiamento nell’impedenza che progredisce dai canali distali a quelli prossimali.

Durante il periodo del monitoraggio i pazienti vengono istruiti a riprodurre il più possibile lo scenario quotidiano in cui normalmente avvertono i sintomi.

I vantaggi rispetto alla pH-metria delle 24H sono:

- caratterizzazione delle proprietà fisiche (liquido, gas, misto);

- caratterizzazione delle proprietà chimiche (acido o non acido);

- valutazione dell’estensione prossimale del reflusso nell’esofago specialmente nei pazienti con sintomi laringei e respiratori;

- verifica della capacità di clearance del succo gastrico da parte dell’esofago.

Un’ulteriore vantaggio è rappresentato dal fatto che lo strumento consente di individuare il cosiddetto “re-reflusso acido” ovvero la presenza di due reflussi temporalmente molto vicini

Riferimenti

Documenti correlati

© The Author(s). European University Institute. Available Open Access on Cadmus, European University Institute Research Repository... A major source on electoral

Naturalization grants foreign-born nationals the same rights and access to benefits as the US-born; but of some 8.8 million LPRs who were eligible in 2012, only

le aspirazioni all’unità nazionale, a suo avviso difficilmente realizzabile in un Paese come l’Ita- lia, diviso in tanti Stati e popolazioni troppo diverse tra loro e non

La prima sessione si conclude con l’esempio di tre dei 45 progetti che negli ultimi cin- que anni hanno usufruito degli stanziamenti erogati dalla Regione del Veneto per inter-

Le finalità di questo percorso sono l’educazione al patrimonio e l’educazione alla cittadinanza. Più precisamente, si vuole portare gli allievi a un’attenzione curiosa nei

Esistono, inoltre, pochi dati relativi all’efficacia dei trattamenti; mancano trials clinici che comparino l’efficacia delle terapie rispetto alla storia natura- le migliorativa

Argomento: si tratta di un aggiornamento delle linee guida sulla malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) del 2009 delle due società NASPGHAN ed ESPGHAN.. Obiettivo e

Per queste manifestazioni è stato posto il sospetto di reflusso gastroesofageo ed è stata avviata terapia con ranitidina mantenuta fino al quinto mese di vita con