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Ruolo dell'ecocardiografia doppler nella selezione dei pazienti candidati all'impianto dei dispositivi di assistenza ventricolare

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Università di Pisa

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

Ruolo dell’ecocardiografia Doppler nella selezione dei pazienti

candidati all’impianto di dispositivi di assistenza ventricolare

Candidato

Alberto Lombardo

Relatore

Prof. Mario Marzilli

Tutor

Dott. Dini FL

Correlatore

Prof. Francesco Giunta

Dott. Mattia Glauber

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Abstract

Il numero di pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, terminale ed insensibile al trattamento medico convenzionale è in rapido aumento. Una delle più promettenti alternative al trapianto cardiaco è l'uso di dispositivi di assistenza ventricolare (VAD). Questa tesi affronta i criteri di selezione dei pazienti candidati a VAD. Il campo del supporto circolatorio meccanico è avanzato molto negli ultimi 10 anni, con conseguente rapida crescita dei pazienti con insufficienza cardiaca avanzata che possono beneficiare di dispositivi impiantabili. Con il progresso della tecnologia, le limitazioni associate all'età, le dimensioni del corpo e comorbilità sono diventate progressivamente meno limitanti l’impianto dei VAD.

I VAD vengono utilizzati come ponte per il trapianto cardiaco, ponte per una decisione futura, ponte per il recupero o come terapia finale di destinazione. L’ecocardiografia svolge un ruolo chiave nella gestione dei pazienti supportati con un VAD ed è di fondamentale importanza in quattro aree: valutazione pre-operatoria dei potenziali candidati, guida durante l'inserimento del dispositivo, individuazione delle complicanze e monitoraggio cardiaco del recupero della funzione ventricolare. Nuove frontiere possono essere previste per l’ecocardiografica, ed in particolare per l’ecocardiografia da stress farmacologico, per una corretta selezione dei pazienti candidati a supporto meccanico.

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Introduzione: le basi fisiopatologiche

La contrattilità cardiaca è una capacità intrinseca del miocardio di contrarsi indipendentemente dai cambiamenti di pre-carico e post-carico a frequenze cardiache costanti1.

Nella pratica clinica è notevolmente difficile la determinazione della contrattilità del ventricolo sinistro (LV). Vengono utilizzati dei sostituti come la frazione d’eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), la cinesi parietale regionale o la frazione d’accorciamento. A volte questi surrogati vengono utilizzati erroneamente come sinonimi del più complesso termine di contrattilità.

In passato sono stati fatti diversi tentativi di trasferire il concetto fisiologico di contrattilità, espresso come la massima velocità di contrazione della fibra miocardica isolata priva di carico (Vmax), al

cuore battente. Suga e Sagawa ricavarono il concetto di contrattilità dall’analisi delle curve pressione/volume nel cuore battente2. La relazione pressione volume è l’indice più affidabile di contrattilità nella circolazione integra ed è quasi indifferente ai cambiamenti di pre- e post-carico. Gli esperimenti di Suga e Sagawa e la comprensione delle curve pressione-volume sono stati di fondamentale importanza per tentare di costruire dei derivati ecocardiografici di contrattilità miocardica.

Gli esperimenti di Suga e Sagawa e la contrattilità cardiaca nel cuore

battente

Nel 1973 venivano pubblicati i lavori che mostravano le variazioni delle curve pressione-volume in preparati di ventricolo sinistro di cane2. La Figura 1 mostra i risultati degli esperimenti. Il rapporto variabile nel tempo della pressione istantanea, P(t), con il volume istantaneo V(t) venne definito come E(t) =P(t)/[V(t) — Vd], dove Vd era un fattore di correzione determinato sperimentalmente. Tutte le curve E(t) erano simili nella forma e raggiungevano il picco vicino la fine della fase di eiezione a prescindere dal carico meccanico, dallo stato contrattile o dalla frequenza cardiaca. Inoltre, a frequenza cardiaca costante, ampie variazioni di pre- o post-carico o di entrambi non alteravano il picco di E(t) (Emax), o il tempo per raggiungere Emax dall’inizio della sistole (Tmax). I

parametri che esprimevano E(t) venivano invece ampiamente modificati dall’infusione di epinefrina con un aumento di Emax e riduzione di Tmax. E(t), rappresentato da Emax e Tmax, rifletteva

esplicitamente la contrattilità ventricolare sinistra. In Figura 1/A La pressione arteriosa media veniva tenuta costante a tre livelli, mentre la gittata cardiaca veniva tenuta costante durante i controlli (curve continue) e durante l’infusione di epinefrina (curve discontinue). Il movimento da 1 a 2 esprime la fase di contrazione isovolumica, da 2 a 3 la fase di eiezione, da 3 a 4 la fase di

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rilasciamento isovolumico ed infine da 4 a 1 la fase di riempimento diastolico. Le linee continua e discontinua venivano disegnate in modo da connettere l’angolo superiore sinistro della curva pressione volume. Le due linee intersecavano l’asse delle ascisse in un singolo punto, maggiore di zero e questo punto era indipendente dallo stato contrattile. Questo punto venne definito come il volume di correzione Vd. La pendenza della linea discontinua, ricavata dalla curve pressione-volume durante infusione di epinefrina, è maggiore rispetto ai controlli. Nella figura 1/B la pressione arteriosa venne tenuta costante durante il controllo dello stato contrattile, mentre veniva cambiata 4 volte la gittata cardiaca. Malgrado la variazione della gittata cardiaca, l’angolo superiore sinistro della curva pressione-volume era molto vicino o sovrapposto alla linea continua del grafico mostrato in figura 1/A, indicando che il rapporto pressione-volume non subisce variazioni dalle variazioni di pre-carico. La linea continua viene riportata da A2.

Figura 1 Curve pressione volume del cuore denervato2.

Nella definizione di Suga – Sagawa nella rappresentazione della contrattilità (Et) era necessaria la presenza di Emax (minore volume al massimo della pressione arteriosa raggiunga) e di Tmax, il tempo

necessario per raggiungere Emax.

La relazione tra pressione e volume per definire la contrattilità, usato nelle sperimentazioni sull’animale, è di difficile applicazione nella pratica clinica e non può prescindere dal cateterismo cardiaco con tutte le conseguenze dell’invasività della procedura e dell’utilizzo di mezzo di contrasto.

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I parametri di contrattilità possono essere misurati nel laboratorio di ecocardiografia da stress utilizzando dei parametri derivati, molti simili a quelli utilizzati da Suga e Sagawa. La misurazione del rapporto pressione-volume telesistolico (ESPVR End-Systolic Pressure-Volume Ratio) a frequenze cardiache crescenti è realizzabile3,4,5, sia con stimolo farmacologico o con stimolazione da pacemaker.

Metodologia eco-stress per la valutazione della contrattilità

Malgrado diversi studi hanno dimostrato che l’ecocardiografia da stress farmacologico, con la valutazione della riserva di contrattilità, può migliorare la definizione prognostica nei pazienti con disfunzione sistolica del VS6,7,8, il suo uso resta ancora molto limitato nel work-up diagnostico dell’insufficienza cardiaca (HF), sia per la mancata diffusione di queste tecniche diagnostiche, sia per la mancanza di consenso sui protocolli da adottare.

Sono stati utilizzati diversi dosaggi di dobutamina. Un basso dosaggio di dobutamina è stato definito l’uso di 10 mcg/kg/min9, anche se alcuni autori hanno utilizzato il dosaggio di 20 mcg/kg/min10. Alto dosaggio è stato uniformemente associato a 40 mcg/kg/min6. Non c’è consenso circa la durata di ogni stadio di infusione di dobutamina che può variare da 3 minuti11, a 5 minuti6. Alcuni autori sospendono il beta-bloccante prima del test, altri lo continuano10. Al contrario della dobutamina, il dipiridamolo viene utilizzato a dosaggio standard di (0.84 mg/kg in 10 minuti)12. La riserva contrattile viene definita come la differenza tra un determinato indice al picco dello stress ed il suo valore basale.

Frazione d’eiezione (LVEF)

Questo è certamente l’indice più usato per valutare la performance del ventricolo sinistro. Si ottiene dal calcolo del volume telediastolico (EDV) e telesistolico (ESV) dalla formula LVEF (%) = (EDV-ESV)/EDV. L’American Society of Echocardiograpraphy raccomanda la regola di Simpson per il calcolo dei volumi ventricolari13 . Anche se concettualmente molto semplice non riflette accuratamente la contrattilità del ventricolo sinistro per la sua dipendenza dalle condizioni di pre- e post-carico. L’insufficienza mitralica, soprattutto quella severa, può rendere inaffidabile la valutazione della contrattilità del ventricolo sinistro. Nell’insufficienza mitralica severa il post-carico è notevolmente ridotto per la presenza del rigurgito in una camera a bassa resistenza e questo può comportare un aumento paradosso della LVEF14. L’attivazione neuroendocrina può aumentare il post-carico e parallelamente ridurre la LVEF15 , 16. Il preload ventricolare è dipendente dall’interazione interventricolare, un rapporto frequentemente alterato nei pazienti con HF e

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ipertensione polmonare17. La dobutamina ha un’influenza variabile sull’afterload, determinandone sia un aumento che una riduzione nei pazienti con HF18.

Malgrado tutti gli svantaggi, la variazione della LVEF durante stress ha mostrato di avere un significato prognostico nei pazienti con miocardiopatia dilatativa (DCM). Un aumento della LVEF ≥5% o una variazione rispetto al basale ≥20% durante stress farmacologico, identifica pazienti con una riserva contrattile preservata e con migliore prognosi19. In pazienti con recente diagnosi di DCM le variazioni di LVEF durante stress con alte dosi di dobutamina possono essere considerate parte del protocollo di valutazione pre-trapianto. Un atteggiamento conservativo si può mantenere nei pazienti che mostrano un miglioramento della LVEF con dobutamina ad alte dosi20.

Punteggio di movimento parietale (Wall motion score index)

Il Wall motion score index (WMSI) è stato usato nell’ecocardiografia da stress farmacologico per la diagnosi di malattia coronarica21. Il ventricolo sinistro può essere suddiviso in 16 o 17 segmenti ed un punteggio attribuito in rapporto all’alterazione della cinesi parietale in base alle raccomandazioni della Società Americana di Ecocardiografia13 (normale cinesi = 1, ipocinesia = 2, acinesia = 3, discinesia = 4). Nei pazienti con DCM idiopatica un cambiamento di WMSI ≥ 0,44 durante ecocardiografia da stress alla dobutamina identifica i pazienti con migliore prognosi (Figura 2)22. Il maggiore svantaggio del WMSI è l’elevata variabilità intra- ed inter-osservatore, soprattutto in pazienti con blocco di branca sinistra.

Figura 2 Curve di sopravvivenza Kaplan-Meir (soltanto morte) in rapporto alle variazioni del WMSI indotte dall’ecostress alla dobutamina22.

Il WMSI durante infusione di basse dosi di dobutamina riesce ad identificare i pazienti con recupero funzionale della funzione sistolica del VS (Figura 3). Nel lavoro di Kitaoka H et al23 i pazienti con

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con miglioramento del WMSI all’ecostress mostravano un netto miglioramento della LVEF del ventricolo sinistro al follow-up (p < 0.05).

Figura 3 Cambiamenti del WMSI durante dobutamina. I pazienti nel gruppo A, con miglioramento del WMSI all’ecostress, mostravano un un miglioramento della LVEF al follow-up (p < 0.05). Modificata da Kitaoka H et al23.

Anche lo stimolo al dipiridamolo ha mostrato di avere un potere predittivo e di produrre informazioni prognostiche simili alla dobutamina nei pazienti con malattia arteriosa coronarica24. Il dipiridamolo è meglio tollerato ed è meno aritmogeno rispetto alla dobutamina25. Migliora la riserva contrattile attraverso un aumento del flusso coronarico e l’accumulo di adenosina endogena26,27. L’uso del dipiridamolo non è influenzato dalla terapia con beta-bloccanti, frequentemente usata nello HF. Nei pazienti con DCM un aumento del WMSI ≥0.15 con stress al dipiridamolo identifica pazienti con prognosi migliore12.

Variazione del volume telesistolico del ventricolo sinistro.

Il volume telesistolico può essere calcolato usando la formula biplana (Simpson modificata)13. La variazione del volume telesistolico del VS indicizzato per la superficie corporea (ESVI) tra il valore ottenuto a riposo e dopo infusione di basse dose di dobutamina [((valore picco dose-valore basale)/valore basale)x100] può essere utilizzato come indice di riserva contrattile del VS. La variazione percentuale di volume telesistolico (%ESVI) si correla significativamente con il picco di consumo di ossigeno VO228 (Figura 4) .

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Figura 4 Correlazione lineare (linea continua) e intervallo di confidenza 95% tra picco di consumo di ossigeno (Peak VO2) e variazione %ESVI (volume telesistolico indicizzato per superficie corporea).

All’analisi multivariata una minore riduzione della %ESVI (riduzione <15%) dopo infusione di dobutamina era significativamente associata al verificarsi di eventi clinici (morte o ospedalizzazione per HF)28. Un’ulteriore stratificazione nei pazienti con consumo di ossigeno (VO2 max) tra 10 e 14 ml/kg peso corporeo per minuto si può ottenere con le variazioni di diametro

telesistolico e di stress parietale dopo infusione di basse dosi di dobutamina29.

Rapporto pressione/volume telesistolico ventricolare sinistro (ESPVR)

La tensione sviluppata dal muscolo cardiaco aumenta con la frequenza di stimolazione e, al contrario, riducendo la frequenza parallelamente si riduce la tensione. Questo proprietà intrinseca del cuore venne descritta da Henry Pickering Bowditch alla fine del 19 secolo30. L’aumento progressivo della tensione a frequenze più alte, conosciuto come scala positiva (positive staircase degli autori anglosassoni o treppe, termine tedesco per scala) è una delle manifestazioni della contrattilità frequenza-dipendente conosciuta come relazione forza-frequenza (FFR, force-frequency

relationship). L’FFR è ridotta o alterata nel cuore scompensato, o con latente disfunzione sistolica,

e questo indice può essere usato per monitorare la progressione o la regressione della malattia miocardica31. L’ecocardiografia può essere di grande ausilio nello stabilire i cambiamenti inotropici dallo stato di riposo al picco dello stimolo. Un intervento inotropico positivo si manifesta con una riduzione del volume telesistolico del VS ed una pressione telesistolica più elevata32,33.

La pressione omerale sistolica può essere utilizzata come sostituto della pressione telesistolica del VS (ESP) e il volume telesistolico può essere misurato con l’ecocardiografia bidimensionale sia a riposo che dopo stress. Il volume telesistolico del VS, indicizzato per la superficie corporea (LVESV, ml/mq), si ottiene dalla finestra 4- e 2-camere apicale usando la formula biplana di

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Simpson13. Viene considerato ESV il frame con il volume più piccolo e nella sua misurazione viene tracciato il bordo endocardico, escludendo i muscoli papillari. La pressione telesistolica del VS (LVESP, mm Hg) si ottiene come LVESP = 0.9 * pressione arteriosa sistolica omerale34. Il rapporto pressione-volume telesistolico (ESPVR mmHg/mL/m2) si ottiene dal rapporto della pressione telesistolica (ESP) e il volume telesistolico del VS indicizzato per la superficie corporea. Il ESPVR può essere determinato sia a riposo che durante stress. La Figura 5 mostra un esempio pratico di determinazione del rapporto ESPVR, a varie frequenze cardiache, in un soggetto normale. Lo pendenza della curva esprime il rapporto forza-frequenza (FFR). La pendenza, come in questo caso, è definita “up-sloping” quando il valore di picco di ESPVR è più alto del valore a riposo e dei valori intermedi. Lo slope (coefficiente angolare della relazione lineare) nel paziente della Figura 5 è risultato 9,86*10-2.

Figura 5 Andamento up-sloping della curva ESPVR. [Modificata da Grosu et al.4].

La Figura 6 mostra una curva bifasica, con una fase iniziale up-sloping, seguita da una fase

down-sloping.

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La Figura 7 evidenzia un andamento piatto o down-sloping, quando il valore a riposo è uguale o minore di quello di partenza.

Figura 7 Andamento piatto o down-sloping della curva ESPVR. [Modificata da Grosu et al4].

Non vi è corrispondenza tra il valore di ESPVR e la LVEF. Pazienti con LVEF nella norma possono avere ESPVR anomali (bifasiche o piatte) ed una buona percentuale di pazienti con LVEF ridotta possono avere una normale ESPVR4. Una curva piatta o bifasica di ESPVR è risultata un predittore indipendente di mortalità.

La Figura 8 mostra le curve di sopravvivenza senza-eventi (event-free survival) in pazienti con variazioni della LVEF ventricolare sinistra inferiore (-EF% reserve) o maggiore (+EF% reserve) al 5% e nei pazienti curva ESPVR piatta o bifasica, paragonati ai pazienti con curva up-sloping. L’aspetto della curva piatto-bifasico è correlato alla peggiore prognosi.

Figura 8 Curve di sopravvivenza Kaplan-Meier (eventi totali come un endpoint) in rapporto all’andamento piatto-bifasico o in crescita o con riserva contrattile della LVEF > 5% (+EF% reserve) o < 5% (-EF% reserve).

Rapporto Peak Power Output / massa ventricolare sinistra

Il power output è un indice di funzione cardiaca e riflette il lavoro esterno (lavoro pressione-volume) effettuato dal ventricolo35. Si ottiene utilizzando la pressione arteriosa e la gittata cardiaca.

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La capacità del ventricolo sinistro può essere espressa come il valore massimo del power output e può essere determinata in modo non invasivo durante esercizio fisico massimale o stress farmacologico. Il power output si è dimostrato un buon indice prognostico in pazienti con HF cronico36,37,38,39.

Il miocardio ventricolare sinistro adatta la sua massa al lavoro di pressione o di volume imposto su di esso. Il power output è espressione del numero di unità contrattili ventricolari. Il ventricolo sinistro può essere considerato come un generatore di pressione la cui performance può essere correlata alla massa ventricolare. Gli indici che correlano il picco di power output alla massa, come il rapporto picco power output / massa del VS (peak power/mass) ed il picco della massa indicizza per la superficie corporea / power output (peak mass/power) sono stati proposti per la valutazione della funzione sistolica ventricolare. Questi indici si possono facilmente ottenere con l’ecocardiografia Doppler e si sono dimostrati utili nella prognosi dello HF, con potere discriminativo superiore alla LVEF40. Il power output del VS viene calcolato dalla formula [(133 x 10-6) * gittata sistolica (mL) * frequenza cardiaca (battiti/minuto)]/60 secondi. Il rapporto

power/mass viene calcolato come il power output del VS per 100 g di massa ventricolare sinistra:

100 * VS power output/mass VS (W/100g), mentre il rapporto mass/power viene stimato dividendo la massa VS indicizzata per la superficie corporea / power output (g/m2/W). Lloyd Dini et al hanno trovato che un valore di power/mass ≤ 0.58 W/100 g aveva il più alto potere predittivo con una sensibilità 80% e specificità 90% nella predizione degli eventi (Figura 9)40. Il cutoff peak

mass/power > 91 g/m2/W mostrava una elevata sensibilità (85%) e specificità (90%).

Figura 9 Curve di sopravvivenza Kaplan-Meier senza eventi per peak power output/LV mass.

Entrambi gli indici hanno mostrato un potere predittivo sugli eventi maggiore rispetto alla LVEF. Il

peak power/mass (potenza in Watt sviluppati da 100 g di massa ventricolare sinistra) e il peak mass/power (massa del VS indicizzata necessaria per sviluppare 1 W di potenza) analizzano il

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di questi indici si basa sull’assunto che un ventricolo più forte, con maggiore massa muscolare, produrrà un maggiore power output dopo stimolo. Il cambiamento di struttura e di dimensioni del ventricolo sinistro è un processo dinamico che varia in base al tipo di sovraccarico imposto al miocardio41. I cambiamenti di dimensioni e di struttura sono fondamentali nel determinare gli

outcome clinici42. La transizione verso l’insufficienza comporta un progressivo declino del

rapporto massa/volume, malgrado un aumento della massa del VS. Si verifica quindi un continuo rimodellamento che progressivamente si trasforma da compensatorio a “non adatto” a sostenere la fisiologia del circolo43. Quando il power output per unità di massa ventricolare sinistra si riduce la funzione ventricolare rapidamente diminuisce. La riduzione del rapporto peak power/mass potrebbe riflettere variazioni istomorfologiche del ventricolo sinistro con riduzione della quantità di tessuto miocardico funzionante per la presenza di cicatrici infartuali o per la presenza di fibrosi interstiziale che riducono le prestazioni del ventricolo durante stress. La LVEF è l’indice più usato, ma riflette poco la contrattilità del VS e fornisce poche informazioni prognostiche nei pazienti in classe NYHA avanzata. Una stessa LVEF ≤35% si può riscontrare in pazienti in classe NYHA I con lieve dilatazione del VS o in pazienti con classe NYHA III con severa dilatazione ventricolare44. Nel primo caso domina un rimodellamento compensatorio, nel secondo caso il rimodellamento è guidato dalla perdita di funzione contrattile per unità di muscolo funzionante. Con tutte le limitazioni di ogni metodo il peak power/mass, combinando gittata sistolica, pressione arteriosa e massa del VS al massimo dell’esercizio o stress farmacologico, fornisce un valido strumento per analizzare un avverso rimodellamento ventricolare e fornisce importanti informazioni prognostiche.

Doppler tissutale pulsato (TDI)

La tecnica Doppler convenzionale registra la velocità del sangue ad alta frequenza e bassa ampiezza di segnale. Nel TDI lo stesso principio è usato per quantificare i segnali a bassa frequenza ed alta ampiezza provenienti dal tessuto cardiaco in movimento. Il TDI misura il vettore di movimento parallelo al raggio ultrasonoro e viene utilizzato per misurare il picco delle velocità del miocardio ed è particolarmente adatto per misurare l’accorciamento longitudinale delle fibre miocardiche. Il trasduttore viene posto all’apice cardiaco e viene valutato lo spostamento dell’anello valvolare mitralico quale surrogato della contrazione e rilasciamento longitudinale del VS. Il volume campione, di piccole dimensioni (<5 mm), viene essere posizionato a livello dell’anello valvolare mitralico. L’American Society of Echocardiography suggerisce di posizionare il volume-campione alla giunzione tra la parete ventricolare sinistra laterale e l’anello mitralico45. Il pattern standard del TDI pulsato visualizza una velocità miocardica sistolica (Sm) anterograda (al di sopra della linea di

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base) e due velocità miocardiche diastoliche, proto-diastolica (Em) ed atriale (Am), retrograde.

Sull’asse delle ascisse possono essere misurati anche i tempi miocardici (in ms) (Figura 10).

Figura 10 TDI dell’anelo mitralico laterale (a destra). Am = velocità miocardica atriale; Em = velocità miocardica sistolica; IVRa = rilasciamento isovolumetrico; IVCa = contrazione isovolumica; Sm = velocità miocardica sistolica [modificata da46 ].

La Tabella 1 mostra i valori di normali e patologici del Doppler tissutale pulsato.

Tabella 1 Valori di normali e patologici del Doppler Tissutale Pulsato47.

Parametro Normale Alterazione lieve Alterazione severa Velocità Sm dell’anello valvolare mitralico >9 cm/s 7-4 cm/s <3 cm/s Velocità Em dell’anello valvolare mitralico >9 cm/s 7-4 cm/s <3 cm/s Rapporto E/Em del ventricolo sinistro <8 >15

Il picco di velocità miocardica sistolica (Sm) è una misura della funzione sistolica longitudinale e si correla con la LVEF48 e con il picco dp/dt49

. La valutazione della velocità di funzione sistolica TDI

(Sm) normalmente aumenta con l’esercizio e l’infusione di dobutamina e diminuisce con l’ischemia50,51,52.

La risposta del TDI allo stress, come indicatore di eventi futuri, è stato studiato in aggiunta al WMSI nei pazienti sottoposti ad eco-stress alla dobutamina. In questo studio è stava valutata la media delle velocità TDI ottenute nei segmenti basali e medi del VS. Mentre il WMSI non è risultato significativamente diverso nei pazienti con e senza eventi al follow-up, la media della velocità di picco sistolico nei pazienti con eventi era significativamente più bassa rispetto ai pazienti senza eventi (4.9 ± 1.7 cm/s vs. 6.4 ± 6.5 cm/s; p < 0.001). La curva ROC (Receiver Operating

Characteristic) ha identificato un valore ottimale di cut-off di 6 cm/sec nel predire i pazienti a

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Figura 11 Pazienti con una velocita media di picco sistolico Av Sm ≤ 6 cm/s avevano una mortalità più alta rispetto a quelli con Av Sm > 6 cm/s50.

Strain e Strain Rate miocardico

Lo studio della funzione regionale miocardica con Doppler tissutale è influenzato dal movimento cardiaco globale, dalla rotazione cardiaca e dalla contrazione e trascinamento di segmenti adiacenti. Il gradiente di velocità, espresso dalla differenza tra due velocità in un segmento miocardico in rapporto alla distanza tra i due punti, è un nuovo parametro di funzione ventricolare indipendente dai movimenti attivi e passivi del segmento miocardico esaminato. Negli ultimi anni si è cercato di superare i limiti imposti dalla valutazione con TDI introducendo il concetto di deformazione miocardica regionale. Lo Strain misura la quantità totale di deformazione miocardica. È un indice adimensionale che valuta la variazione di lunghezza in risposta alla forza applicata e può essere espresso in frazione o in percentuale. Lo Strain Rate (SR) è la velocità con cui la deformazione miocardica regionale si produce.

In uno studio sperimentale con eco-stress alla dobutamina, Weidemann e coll. hanno dimostrato che nel miocardio normale il picco sistolico dello SR si correla in maniera significativa con l’indice di contrattilità invasivo dp/dt, mentre lo strain sistolico (ε) si correla con lo stroke volume e la LVEF, risultando, quindi, maggiormente influenzato dalle condizioni di carico53,54.

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Figura 12 Correlazioni lineari tra dp/dt max e picco sistolico di strain rate e tra frazione d’eiezione e strain sistolico in rapporto al tipo di stimolo (pacing atriale, dobutamina ed esmololo)53.

Lo SR può riflettere la funzione contrattile regionale, mentre lo strain sistolico riflette cambiamenti della geometria ventricolare in toto.

La deformazione miocardica nei suoi vari assi non è soltanto il risultato della contrazione del muscolo cardiaco, ma anche una complessa interazione tra forza contrattile intrinseca, movimenti del cuore in toto e condizioni di carico imposte su di un tessuto con diverse proprietà contrattili ed elastiche. Lo SR e lo strain sistolico sono sostituti della contrattilità cardiaca, ma non sono misure dirette di contrattilità55.

Studi sperimentali suggeriscono che i parametri ricavati dall’imaging strain possono essere utili nell’identificare e quantizzare anomalie indotte dall’ischemia e nell’identificare miocardio vitale in cui lo SR in aree stunned si normalizza dopo dobutamina o dipiridamolo56,57. Gli studi clinici non hanno però confermato la superiorità della valutazione della funzione regionale del tissue Doppler rispetto alla valutazione soggettiva dell’operatore58,59.

Nei diabetici la risposta inotropa valutata con SR durante infusione di dobutamina, in pazienti senza malattia arteriosa coronarica, è risultata ridotta ad ogni livello di stimolazione indicando, in questa particolare popolazione di pazienti, un’alterata risposta contrattile60.

Insufficienza cardiaca con ridotta frazione d’eiezione (HFrEF)

In circa la metà dei pazienti con HF il ventricolo sinistro mostra gradi variabili di dilatazione ed una riduzione della EF. I trials randomizzati nei pazienti con HF hanno arruolato pazienti con EF ≤ 35% o ≤ 40% ed è soltanto in questi pazienti che la terapia si è dimostrata efficace. Nelle linee guida 2013 American College of Cardiology Foundation (ACCF)/ American Heart Association (AHA)61, lo HF con ridotta EF viene definito come “diagnosi clinica di HF con EF ≤40%”.

La Tabella 2 riporta i principali parametri per definire uno HF con ridotta frazione d’eiezione (HFrEF) e con frazione d’eiezione preservata (HFpEF)

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Classificazione EF (%) Descrizione I. HF con ridotta frazione d’eiezione (HFrEF)

≤40% Conosciuta anche come HF sistolico. I trials clinici randomizzati hanno principalmente arruolato pazienti con HFrEF e solo in questi pazienti è stata dimostrata l’efficacia della terapia.

II. HF con preservata frazione d’eiezione (HFpEF)

≥50% Conosciuta anche come HF diastolico. Diversi criteri sono stati usati per definire ulteriormente la HFpEF. La diagnosi è impegnativa perché si basa sulla esclusione di altre potenziali cause non cardiache di sintomi di HF. Non sono state identificate possibili terapie efficaci.

a. HFpEF,

borderline

41 a 49 Pazienti borderline o nel gruppo intermedio. Le loro caratteristiche, modalità di trattamento ed “outcome” clinici appaiono simili ai pazienti con HFpEF. b. HFpEF,

improved

>40 È stata riconosciuta in un sottogruppo di pazienti con HFpEF precedentemente HFrEF. Questi pazienti con miglioramento o recupero possono essere clinicamente distinti da quelli con EF persistentemente preservata o ridotta. Ulteriori ricerche sono necessarie per caratterizzare questi pazienti.

EF indica frazione d’eiezione; HF, HF; HFpEF, HF con frazione d’eiezione preservata; e HFrEF, HF con frazione d’eiezione ridotta.

La classificazioni dello HF fornite da ACCF/AHA62 e la classificazione funzionale della New York Heart Association (NYHA)62,63 forniscono informazioni complementari sulla presenza e severità di HF. Gli stadi ACCF/AHA focalizzano l’attenzione sullo sviluppo e progressione della malattia e possono essere usati per descrivere i pazienti o le popolazioni di pazienti, mentre le classi NYHA focalizzano l’attenzione sulla capacità di esercizio e sullo stato sintomatico (Tabella 3).

Tabella 3 Classificazione dello HF

ACCF/AHA stadi di HF62 Classificazione funzionale NYHA63

A Ad alto rischio di HF ma senza malattia strutturale cardiaca o sintomi di HF

Nessuna B Malattia strutturale cardiaca ma senza

segni o sintomi di HF I Nessuna limitazione dell’attività fisica. L’attività fisica ordinaria non causa sintomi di HF. C Malattia strutturale cardiaca con

sintomi di HF precedenti o attuali

I Nessuna limitazione dell’attività fisica. L’attività fisica ordinaria non causa sintomi di HF.

II Lieve limitazione dell’attività fisica. Nessun sintomo a riposo, ma l’attività fisica ordinaria causa sintomi di HF.

III Marcata limitazione dell’attività fisica. Nessun sintomo a riposo, ma un’attività fisica inferiore all’ordinario causa sintomi di HF.

IV Non in grado di condurre qualsiasi attività fisica senza sintomi di HF, o sintomi di HF anche a riposo. D HF refrattario che richiede interventi

specializzati

IV Non in grado di condurre qualsiasi attività fisica senza sintomi di HF, o sintomi di HF anche a riposo.

ACCF indica American College of Cardiology Foundation; AHA, American Heart Association; HF, HF; e NYHA, New York Heart Association.

Gli stadi ACCF/AHA hanno un risvolto terapeutico ben preciso che viene schematizzato nella Figura 13.

(18)

Figura 13 Stadi dello HF e terapia raccomandata in rapporto allo stadio

ACEI indica inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina; AF, fibrillazione atriale; ARB, bloccanti dei recettori dell’angiotensina; CAD, malattia arteriosa coronarica; CRT, terapia di resincronizzazione cardiaca; DM, diabete mellito; EF, frazione d’eiezione; GDMT, terapia medica guidata dalle linee guida; HF, HF; HFpEF, HF con frazione d’eiezione preservata; HFrEF, HF con frazione d’eiezione ridotta; HRQOL, qualità di vita correlata allo stato di salute; HTN, ipertensione arteriosa; ICD, defibrillatore impiantabile; LV, ventricolo sinistro; LVH, ipertrofia del ventricolo sinistro; MCS, supporto circolatorio meccanico; e MI, infarto miocardico. Adattato da Hunt et al62.

(19)

Un parte dei pazienti con HF cronico continua a progredire nello HF malgrado una terapia medica ottimale. Diverse termini sono stati adattati per descrivere questo gruppo di pazienti: “HF avanzato”, “HF end-stage” e “HF refrattario”. La società Europea di Cardiologia ha sviluppato una definizione di HF avanzato con criteri oggettivi che possono facilitare l’identificazione di questi pazienti (Tabella 4)64.

Tabella 4 Definizione ESC di HF avanzato64.

1. Sintomi severi di HF con dispnea e/o fatica a riposo o dopo minimo esercizio (NYHA III o IV).

2. Episodi di ritenzione di fluidi (congestione polmonare e/o sistemica, edemi periferici) e/o riduzione della gittata cardiaca a riposo (ipoperfusione periferica)

3. Evidenza oggettiva di disfunzione cardiaca severa evidenziata da almeno uno dei segmenti criteri: a) LVEF < 30%

b) Pattern di riempimento mitralico pseudonormale o restrittivo.

c) PCWP media > 16 mmHg e/o RAP > 12 mmHg al cateterismo arterioso polmonare. d) Livelli plasmatici elevati di BNP e NT-proBNP in assenza di cause non cardiache. 4. Severa riduzione della capacità funzione evidenziata da almeno uno dei segmenti criteri:

a) inabilità all’esercizio

b) distanza percorsa in 6 minuti < 300 metri c) Picco Vo2 <12 to 14 mL/kg/min

5. Più di una ospedalizzazione per HF negli ultimi 6 mesi.

6. Presenza di tutte le precedenti caratteristiche malgrado “tentativi di ottimizzare” la terapia, incluso i diuretici e GDMT, a meno che sono scarsamente tollerati o controindicati, e quando è indicata la CRT.

BNP indica peptide natriuretico di tipo B; CRT, terapia di resincronizzazione cardiaca; ESC, European Society of Cardiology; GDMT, terapia medica guidata dalle linee guida; HF, HF; LVEF, frazione d’eiezione del ventricolo sinistro; NT-proBNP, N-terminale peptide natriuretico di tipo B; NYHA, New York Heart Association;; PWCP, pressione arteriosa capillare polmonare; and RAP, pressione atriale destra. Adattata da Metra et al64.

Insufficienza cardiaca avanzata e selezione dei pazienti per dispositivi

di assistenza ventricolare (ventricular assist device, VAD): la nuova

frontiera dell’ecocardiografia.

I progressi nel trattamento dello HF e l’allungamento dell’aspettativa di vita hanno creato un sempre maggiore numero di pazienti progressivamente refrattari alla terapia medica ottimale. Fino a qualche anno fa l’unica risorsa terapeutica era rappresentata dal trapianto cardiaco. Mentre questa estrema ratio sembra avere raggiunto un plateau in quasi tutti i paesi industrializzati, il numero di pazienti trattati con dispositivi di assistenza ventricolare (VAD) è in progressivo e costante aumento (Figura 14).

(20)

Figura 14 Dinamica del trapianto cardiaca e dell’impianto di LVAD negli Stati Uniti65.

La stima dei potenziali beneficiari di questa terapia varia in rapporto ai criteri usati per definire lo stadio avanzato o refrattario dello HF con una prevalenza che varia dallo 0,2% dei pazienti scompensati fino al 3,1% di tutti gli adulti66,67.

Negli Stati Uniti, con una popolazione di circa 300 milioni di persone, si stima che il numero di candidati teorici a VAD si aggira intorno a 150-250000 pazienti68. Le line guida dell’American

Heart Association (AHA)/American College of Cardiology (ACC) del 2005 raccomandano

l’impianto di un VAD come “ragionevole in pazienti altamente selezionati con HF terminale

refrattario al trattamento e con una stima di mortalità ad un anno del 50% circa in terapia medica”69. Questa raccomandazione non è stata cambiata nell’aggiornamento del 200970.

Il trattamento medico, anche se massimale, non riesce a variare la prognosi dello HF terminale, soprattutto quando i pazienti vengono frequentemente ospedalizzati per il peggioramento delle loro condizioni cliniche65.

I VAD hanno mostrato, rispetto alla terapia medica ottimale, di migliorare la prognosi dei pazienti con grave compromissione della funzione contrattile del VS. L’introduzione dei sistemi di seconda generazione con flusso continuo, come l’HeartMate II (Thoratec Corporation) ha mostrato un aumento della sopravvivenza ad un anno del 68% in un trial clinico dove il dispositivo veniva utilizzato come ponte al trapianto71 e del 85% nei pazienti arruolati nel registro INTERMACS (Interagency Registry for Mechanically Assisted Circulatory Support)72. Il trial ADVANCE (Action in Diabetes and Vascular Disease: Preterax and Diamicron MR Controlled Evaluation) con il device a flusso continuo Heartware (HeartWare, Framingham, MA), ha evidenziato una sopravvivenza a 6 mesi del 91% ed ad un anno del 84% nei pazienti in attesa di trapianto cardiaco73. La Figura 15 mostra le curve di sopravvivenza nei pazienti con VAD.

(21)

Figura 15 Curve di sopravvivenza nei pazienti con VAD74.

Tassi di sopravvivenza in due Trial con LVAD come Destination Therapy. Le curve con etichetta 2009 sono riportate da Slaughter et al71, quelle con etichetta 2001 sono riportate dal trial REMATCH78.

Dagli studi clinici emerge che, in atto, vi sono tre indicazioni principali all’uso del VAD:

1. Bridge to transplantation. Nei pazienti in una fase molto avanzata dello HF in cui non è disponibile un donatore o che presentano delle transitorie controindicazioni al trapianto cardiaco.

2. Destination therapy. Come supporto a vita nei pazienti non candidabili a trapianto

cardiaco.

3. Bridge to myocardial recovery. Nei pazienti in cui è prevedibile un ripristino della

funzione contrattile cardiaca.

Un quarta indicazione conosciuta come bridge-to-a-bridge si applica in quei pazienti che esordiscono con severo shock cardiaco o dopo un arresto cardiaco e che vengono temporaneamente supportati da un VAD per verificare se possano diventare candidati ad un device di assistenza ventricolare a lunga scadenza. L’indicazione al VAD può cambiare durante il follow up clinico. Per esempio un paziente con grave compromissione della funzione epatica e renale candidato alla

destination therapy, nel caso di miglioramento dei parametri clinici ed un progressivo

miglioramento dell’ipertensione polmonare, può ritornare all’indicazione bridge to transplantation. Al contrario pazienti destinati al trapianto che hanno una “buona” qualità di vita con il VAD possono volontariamente accettare di restare in destination therapy. I registri dell’International Society for Heart and Lung Transplantation evidenziano che circa il 33% dei pazienti sottoposti a trapianto hanno un VAD già impiantato75,76. La durata del supporto meccanico non ha alcun impatto negativo sulla mortalità dopo il trapianto77.

Le indicazioni al supporto circolatorio meccanico derivano dai criteri di inclusione dei trials più rappresentativi. La Tabella 5 riporta i principali criteri adottati per la destination therapy.

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Tabella 5 Criteri di inclusioni alla destination therapy nei trials clinici.

Trial REMATCH, 200178 HeartMate II, 200971

Scenario clinico 1. Classe NYHA IV per almeno 90 giorni,

malgrado migliore terapia medica. 1. Classe NYHA IIIb o IV per almeno 45 giorni malgrado migliore terapia medica o per 60 giorni prima dell’arruolamento o

2. Dipendenza da inotropi 2. Contropulsazione aortica con pallone per 7 giorni o

3. Dipendenza da inotropi per almeno 14 giorni prima dell’arruolamento. LVEF <25% <25% Picco consumo di ossigeno ≤12 ml/kg/min ≤14 ml/kg/min o <50% previsto LVEF = frazione d’eiezione del ventricolo sinistro; NYHA = New York Heart Association.

Il criterio generalmente più utilizzato, che testimonia la presenza di una causa cardiaca nell’insufficienza avanzata e quindi l’idoneità al trapianto cardiaco o all’assistenza meccanica, è un picco di consumo di ossigeno (VO2) < 14 ml/kg/min o un valore <50% di quello predetto per l’età,

sesso e superficie corporea nello stress test di valutazione cardiopolmonare. Non vi sono criteri emodinamici ben precisi anche se un indice cardiaco < 2 l/min/m2, in presenza di agenti inotropi, deve incoraggiare l’uso di un sistema ventricolare di assistenza.

I pazienti con HF ed avanzata compromissione emodinamica possono essere suddivisi sulla base della classificazione derivata dal registro INTERMACS79 (Tabella 6)

Tabella 6 Livelli INTERMACS – Profili e tempistica di intervento.

Descrizione dei Profili INTERMACS Tempistica di intervento

Livello 1: Shock cardiogeno critico – “Crush and burn”

Pazienti con ipotensione severa nonostante rapido aumento del supporto inotropo, “critica” ipoperfusione d’organo, spesso associata a peggioramento dell’acidosi e/o dei livelli di lattati

Necessario intervento definitivo entro poche ore

Livello 2: Declino progressivo – “Sliding on inotropes”

Pazienti con declino funzionale nonostante supporto inotropo e.v., può manifestarsi con peggioramento della funzione renale, declino dello stato nutrizionale, impossibilità di ripristinare un adeguato equilibrio volemico. Descrive, inoltre, lo stato di declino di quei pazienti intolleranti alla terapia con inotropi (e.g. a causa di aritmie)

Necessario intervento definitivo entro pochi giorni

Livello 3: Stabile ma dipendente da inotropi – “Stable but inotrope dependent” Pazienti con stabilità della pressione arteriosa, della funzione d’organo, dello stato nutrizionale e dei sintomi con supporto inotropo continuo e.v. (o con dispositivo supporto circolatorio temporaneo o entrambi), ma con ripetuti fallimenti dei tentativi di svezzamento dal supporto inotropo/meccanico, a causa del ripresentarsi di ipotensione severa o disfunzione renale.

Intervento definitivo elettivo nell’arco di settimane o pochi mesi

Livello 4: Sintomi a Riposo – “Frequent flyer”

Il paziente può essere stabilizzato in condizioni prossime all’euvolemia, ma presenta quotidianamente sintomi da congestione a riposo o durante le normali attività quotidiane. Generalmente il dosaggio del diuretico si attesta su valori molto alti. Devono essere adottati sia una gestione più intensiva che strategie di monitoraggio, che, in alcuni casi, possono compromettere la compliance e di conseguenza il risultato, con qualsiasi terapia. Alcuni pazienti possono fluttuare tra il livello 4 e 5.

Intervento definitivo elettivo nell’arco di settimane o pochi mesi

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Paziente asintomatico a riposo e durante le normali attività quotidiane, ma incapace di intraprendere qualsiasi altra attività, vivendo prevalentemente in casa. È un paziente asintomatico a riposo, ma può avere comunque un sovraccarico di volume refrattario alla terapia diuretica, e spesso associato a insufficienza renale.

nutrizionale, dalla disfunzione d’organo e dalla tolleranza all’esercizio

Livello 6: Limitazione all’esercizio – “Walking wounded”

Il paziente, scevro da sovraccarico di volume, è asintomatico a riposo, durante le normali attività quotidiane e le piccole attività fuori casa, ma diventa rapidamente sintomatico dopo pochi minuti di attività fisica significativa. L’attribuzione ad un sottostante deficit cardiaco richiede una attenta misurazione del picco di consumo di ossigeno, e, in alcuni casi, una valutazione emodinamica, a conferma della severità della disfunzione cardiaca.

Variabile, dipende dallo stato nutrizionale, dalla disfunzione d’organo e dalla tolleranza all’esercizio

Livello 7: NYHA III avanzata – “Advanced NYHA class III”

Questo livello si apre a future nuove descrizioni più precise. Include pazienti senza attuali o recenti episodi di instabilità e ritenzione di fluidi, che vivono asintomatici e sono in grado di tollerare attività fisiche significative fino all’attività fisica lieve.

Trapianto o supporto circolatorio potrebbero non essere indicati al momento

Eventi in grado di aggravare il profilo INTERMACS

TCS – Temporary Circulatory Support (supporto circolatorio temporaneo)

Include contropulsazione aortica (IABP), ECMO, TandemHeart, Levitronix, BVS5000 o AB5000, e Impella. Si applica solo a pazienti ricoverati in ospedale.

Applicabile ai Livelli 1, 2, 3 di pazienti ospedalizzati

A – Aritmia

È applicabile a qualsiasi profilo. Tachi-aritmia ventricolare ricorrente che recentemente ha sostanzialmente contribuito alla compromissione clinica del paziente. Include frequenti interventi appropriati dell’ICD o la necessità di defibrillazione elettrica esterna, solitamente più di 2 volte a settimana.

Applicabile a tutti i Livelli INTERMACS FF – “Frequent Flyer”

È applicabile solo a pazienti non ospedalizzati, descrivendo quei pazienti che richiedono frequenti rivalutazioni cliniche in emergenza o ospedalizzazioni per terapia diuretica, ultrafiltrazione, o infusione temporanea di terapia vasoattiva.

Livello 3, se a domicilio, 4, 5, 6. Un Paziente “Frequent Flyer” è raramente ad un livello 7

La maggior parte dei pazienti che usufruiscono di un VAD si trovano nelle prime tre classi INTERMACS: livello 1 19.7%, livello 2 40.1%, livello 3 22.8%.

La Tabella 7 riassume le principali controindicazioni relative ed assolute all’impianto di VAD.

Tabella 7 Principali controindicazioni relative ed assolute all’impianto di VAD80. Controindicazioni relative

Età > 65 anni, salvo pochi o nessun altro fattore di rischio clinico Insufficienza renale con valori di creatinina sierica > 3 mg/dl

Severa malnutrizione cronica (BMI < 21 Kg/m2 negli uomini e < 19/m2 nelle donne) Obesità severa (BMI > 40 Kg/m2)

Ventilazione meccanica

Stenosi mitralica severa o insufficienza aortica da moderata a severa, o insufficienza mitralica non correggibile

Controindicazioni

Causa potenzialmente reversibile di HF. Rischio chirurgico alto per un impianto efficace. Stroke recente o in fase acuta.

Deficit neurologici che impediscono l’abilità di gestire il dispositivo. Coesistenti condizioni terminali (per esempio cancro metastatico, cirrosi) Aneurisma dell’aorta addominale ≥ 5 cm

Insufficienza cardiaca biventricolare in pazienti più anziani di 65 anni. Infezione sistemica attiva o rischio cronico maggiore di infezione Ipertensione polmonare o portale stabile

Severa disfunzione polmonare (per esempio FEV1 < 1 L) Incombente insufficienza renale o epatica.

Insufficienza organico multisistemica Incapacità a tollerare l’anticoagulazione Trombocitopenia indotta dall’eparina.

Significativa malattia psichiatrica o mancanza di un supporto sociale che possa compromettere la capacità di mantenere e fare funzionare il VAD.

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BMI, indice di massa corporea; and FEV1, volume espiratore forzato in un secondo

Il processo decisionale che porta all’impianto del VAD può essere riassunto nella Figura 16.

Figura 16 Algoritmo per la selezione dei pazienti candidati a VAD.

Sotto il profilo emodinamico la maggiore controindicazione al trapianto cardiaco è una ipertensione polmonare severa e stabile (pressione arteriosa polmonare sistolica > 60 mm Hg, gradiente transpolmonare medio di 15 mm Hg o resistenze vascolari polmonari > 6 unità Wood) che non reagisce a nessun agente farmacologico. Questi criteri sono ovviamente correlati ad un alto rischio di HF destro dopo trapianto. L’ipertensione polmonare non è una controindicazione al posizionamento di un VAD a meno che non vi sia una severa insufficienza del ventricolo destro. Anzi il VAD può essere il migliore strumento per una riduzione delle resistenze vascolari polmonari non sensibili ad alcuna forma di trattamento.

Il rischio di insufficienza del ventricolo destro dopo il posizionamento di un VAD sinistro (LVAD) avviene in circa il 20% dei pazienti, soprattutto se affetti da HF da causa non ischemica, dove entrambi i ventricoli sono ugualmente compromessi. In alcuni casi è necessario un’assistenza biventricolare. Di solito la riduzione del carico del ventricolo sinistro ha effetti favorevoli sulla funzione del ventricolo destro81. La probabilità di insufficienza del ventricolo destro dopo impianto di LVAD varia dal 5 al 13%82,83. In un piccolo gruppo di pazienti è stato dimostrato che un aumento della TAPSE del 40% o un incremento della pressione arteriosa polmonare sistolica superiore al 30% durante eco-stress con basse infusioni di dobutamina è in grado di escludere uno HF destro

(25)

dopo l’impianto di LVAD, con una sensibilità e specificità del 100%. Da questo studio appare chiaro che la valutazione della capacità contrattile del ventricolo destro rappresenta il maggiore determinante per la prognosi dei pazienti da sottoporre a VAD.

L’impianto di VAD va progressivamente crescendo sia come ponte al trapianto cardiaco, sia come terapia definitiva nel trattamento dello HF sistolico in fase avanzata. In diversi centri i pazienti vengono programmati per un trattamento elettivo con VAD. I pazienti con un profilo INTERMACS meno severo al tempo dell’impianto del VAD non solo hanno una migliore sopravvivenza, ma anche un decorso ospedaliero più breve rispetto ai pazienti con profili avanzati di HF o in shock cardiogeno84. Maggiori informazioni in tal senso saranno disponibili quando verranno pubblicati i risultati dello studio “The Evaluation of VAD InterVEntion Before Inotropic Therapy

(REVIVE-IT).85 , 86” Questo è uno studio randomizzato che confronterà il HeartMate II LVAD versus la

migliore terapia medica in pazienti con HF avanzato, ma la cui malattia non sia così avanzata da richiedere un trapianto o un LVAD permanente in accordo con le recenti linee guida. La fine dello studio è prevista per il dicembre 2016. Se questo studio dovesse provare che la terapia con LVAD dovesse migliorare non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità di vita e molto probabile che la terapia con LVAD avrebbe un repentino incremento su scala mondiale. Lo studio MedaMACS fornirà, inoltre, importanti informazioni sull’utilizzo del supporto meccanico alla circolazione nei pazienti con HF “moderatamente” avanzato87. L’industria ha anche sponsorizzato lo studio

osservazionale, prospettico, non randomizzato, ROADMAP in pazienti ambulatoriali in classe funzionale NYHA III/IV, non dipendenti da inotropi88.

Dispositivi di assistenza ventricolare: il nuovo “gold standard” per lo

HF avanzato?

Nei pazienti con HF avanzato (AdHF), l’obiettivo primario da raggiungere è la riduzione di sintomi intollerabili come la dispnea, la letargia e la stanchezza. L’obiettivo secondario, subordinato all’obiettivo primario, è migliorare la sopravvivenza. Nessuno dei due obiettivi è facilmente realizzabile nei pazienti con insufficienza cardiaca in fase refrattaria (Stage D o NYHA IV). In questa fase avanzata della malattia il “gold standard” resta il trapianto cardiaco, le cure palliative se questo obiettivo non può essere raggiunto. Il trapianto cardiaco può essere effettuato in una esigua, ed accuratamente selezionata, minoranza di pazienti89. Le cure palliative, non solo sono scarsamente efficaci nel ridurre i sintomi, ma, come nel caso degli inotropi, possono a volte accelerare la morte del paziente. I pazienti con AdHF negli ultimi mesi di vita vengono frequentemente ospedalizzati (almeno tre volte negli ultimi 6 mesi) e l’aspettativa di vita si riduce

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parallelamente al numero di ricoveri (). I costi sanitari sono notevoli ed il calvario per i pazienti “end-of-life/dying” difficile da prevedere per ogni individuo.

Figura 17 La sopravvivenza mediana si riduce progressivamente dopo ogni ospedalizzazione per HF.90

Nei 7.000.000 pazienti con insufficienza cardiaca in Nord America e in Europa, il 60% ha una disfunzione sistolica, il 10% è classificato in Fase D e il 20% di questi ha meno di 65 anni. Ciò equivale a circa 100000-150000 pazienti potenzialmente candidati a trapianto, ma con un numero di cuori inferiore a 2500 all’anno. Inoltre, a causa delle comorbidità (grave insufficienza renale, ipertensione polmonare e HF acuto) pochi pazienti soddisfano i rigorosi i criteri del trapianto cardiaco. I candidati al trapianto sono, infatti, accuratamente selezionati, con una funzione renale conservata e con resistenze vascolari polmonari necessariamente <2,5 unità Wood91. La maggior parte dei centri ha un limite di età di 65 anni. La mortalità in lista d’attesa varia tra l’8 e il 10%. Per la mancanza di donatori, sempre più spesso vengono accettati organi con qualità borderline, con ripercussioni negative sul risultato finale92.

Lo United Network for Organ Sharing dati (UNOS) mette in discussione il valore del trapianto per i pazienti ambulatoriali che non hanno ancora raggiunto uno stato critico di bassa gittata cardiaca. Un chiaro vantaggio sulla sopravvivenza può essere ottenuto solo per i pazienti UNOS stato 1 che sono ricoverati in ospedale e sottoposti a terapia con inotropi o con supporto circolatorio meccanico (MCS) (Inter-Agency Registro per la meccanica assistita circolatorio Support (INTERMACS) 1 o 2)93. Predittori di un cattivo risultato a lungo termine nel trapianto cardiaco sono il diabete, l’insufficienza renale, l’obesità e l’ipertensione. Queste caratteristiche sono presenti in una grande proporzione dei pazienti con cardiomiopatia ischemica suggerendo che il trapianto ha un valore limitato proprio nei pazienti con la causa più frequente di HF.

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Il supporto cardiaco meccanico a lungo termine (destination therapy o per tutta la vita), può potenzialmente sostituire il trapianto con un rapporto di 20:1. I LVAD di prima generazione a flusso pulsatile erano poco affidabili e con un alto numero di complicazioni meccaniche, ma comunque in grado di ridurre i sintomi nei pazienti in classe NYHA IV94. La tecnologia delle pompe è cambiata ed il flusso pulsatile non è di fondamentale importanza nella fisiologia del corpo umano. Le nuove pompe “a flusso continuo” sono di dimensioni contenute, di facile utilizzo e con una netta riduzione delle complicazioni meccaniche. I metodi di impianto chirurgico sono migliorati con una riduzione della mortalità e del tasso di sanguinamento. Queste caratteristiche rendono i moderni LVAD una soluzione facile per il miglioramento dei sintomi e della qualità di vita nei pazienti senza possibilità di accesso ad una lista trapianti.

Uno degli effetti più evidenti dopo impianto di LVAD è il ridursi dell’ipertensione polmonare. Il calo della pressione polmonare riduce il carico di lavoro per il ventricolo destro e la conseguente riduzione della pressione venosa centrale allevia la congestione degli organi ed i dolori addominali. Wieselthaler et al. hanno dimostrato che la resistenza vascolare polmonare preoperatoria con valori fino a 10 unità Wood comincia a diminuire dopo 3-4 giorni e raggiunge valori normali <2,5 U entro 6 settimane95. In parallelo, il LVAD inverte il processo di rimodellamento ventricolare con una riduzione delle dimensioni ed un miglioramento della contrattilità96. Questa inversione di disfunzione miocardica è di fondamentale importanza per i pazienti selezionati con miocardite e con cardiomiopatia dilatativa idiopatica e post-partum, dove un continuo miglioramento può consentire la rimozione LVAD97.

La relazione annuale INTERMACS (2012) ha mostrato che pazienti fino a 70 anni in flusso LVAD continuo senza shock, diabete o insufficienza renale avevano una sopravvivenza a 1 e 2 anni del 85%, paragonabile a quella con trapianto cardiaco98. Fattori di rischio per un esito sfavorevole erano l’impianto del device durante shock cardiogeno, insufficienza cardiaca destra con disfunzione epatica secondaria, evidenziata da un tasso di bilirubina elevata, un alto indice di massa corporea, il diabete, l’età avanzata ed una precedente chirurgia di rivascolarizzazione con bypass aorto-coronarico99. La maggior parte di questi fattori di rischio si ritrovano in pazienti con insufficienza cardiaca terminale INTERMACS livello 1 o 2 (ospedalizzati in terapia con inotropi o con MCS temporanea), che storicamente rappresentano la stragrande maggioranza degli impianti di LVAD100. Con il miglioramento dell’affidabilità meccanica e la sicurezza dei LVAD, l’immagine del VAD come ultima chance o come terapia last-minute per la morte imminente sta cambiando.

In un’analisi del database INTERMACS nei pazienti con device a pompa ruotante, Boyle et al.101 hanno mostrato una significativa differenza nella sopravvivenza a 3 anni tra i pazienti operati con urgenza in shock cardiogeno (INTERMACS 1) rispetto ai pazienti ambulatoriali gravemente

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sintomatici, ma impiantati elettivamente e con profilo INTERMACS 4-5 (51 vs 96%, P = 0.01). Per i pazienti dipendenti da inotropi con profili 2 e 3, la differenza di sopravvivenza è apparsa notevole, ma non è riuscita a raggiungere la significatività statistica (69 vs 96%, P = 0.065). I pazienti con impianto elettivo hanno un degenza media ospedaliera di 14 giorni contro 49 giorni per i sopravvissuti allo shock cardiogeno (P <0.001)101. Questi ed altri studi sottolineano come la corretta selezione dei pazienti ha un impatto notevole sul risultato dell’impianto dei LVAD con un netto miglioramento del rapporto costo-efficacia. In base al risultato delle ultime analisi, i candidati da preferire per la destination therapy (supporto circolatorio a vita ) dovrebbero essere quelli non ancora ricoverati e con necessità di supporto inotropo, ma quelli gravemente sintomatici, relegati ad una vita casalinga, con scarse prospettive di sopravvivenza (housebound)104.

Grazie ai registri UNOS e INTERMACS, stanno emergendo nuovi criteri per la selezione dell’idoneità al trapianto di cuore o per l’impianto di un LVAD “a vita”91,104 (Tabella 8).

Nella pratica clinica il periodo terminale (“end-of-life”) dello HF per il singolo paziente non è di facile previsione in base ai sintomi clinici (Figura 18). I livelli di dispnea o fatica non riescono a differenziare i pazienti in classe NYHA III e IV che possono andare incontro a morte improvvisa. Dati oggettivi come il consumo massimo di ossigeno o modelli di rischio come il Seattle Heart Failure Score102, possono identificare i pazienti a rischio di morte nei primi 6 – 12 mesi, ma in realtà molti pazienti vanno incontro ad una disfunzione multiorgano con squilibri metabolici, coma o morte improvvisa, in assenza di peggioramento della loro congestione o dispnea103. Con il progredire del grado di HF fino allo shock cardiogeno e lo squilibrio metabolico questi pazienti, malgrado i più bisognosi, diventano a rischio eccessivo per una procedura chirurgica.

Tabella 8 HF refrattorio alla terapia. Caratteristiche per la scelta del trattamento

Demografia Trapianto

cardiaco Pompa rotatoria palliativa Cura

Candidato a chirurgia (indice di fragilità) Sì Sì No

Età (anni) < 55 < 80 Tutte le età

Profilo INTERMACS I II 1-6

Stato UNOS I II N/A

Indice massa corporea > 35 kg/m2 Controindicazione Accettabile N/A

Resistenze vascolari polmonari < 3 < 7,5 N/A

HF destro (CVP > 20 mmHg) N/A Controindicazione N/A

Insufficienza renale (creatininemia 2,5 mg/dl) Controindicazione Accettabilea N/A Diabete tipo I con disfunzione da danno d’organo Controindicazione Accettabile N/A Precedente tumore maligno con limitazione dell’aspettativa

di vita Controindicazione Accettabile N/A

Malattia vascolare avanzata Controindicazione Accettabile N/A

Disordini della coagulazione Accettabile Controindicazione N/A

a non quando dipendenti dalla dialisi

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Figura 18 Il decorso imprevedibile dello HF avanzato

(A) Inizio sintomatico: diagnosi ed inizio del trattamento medico. Potrebbe essere necessario il ricovero ospedaliero per ritenzione idrica o dispnea. Alcuni muoiono durante questa fase.

(B) Stabile con il trattamento medico + terapia cardiaca di resincronizzazione. Persistono la limitazione dell’esercizio fisico e la possibilità di morte cardiaca improvvisa (NYHA II-III).

(C) Periodi di instabilità correlati ad aritmie o insufficienza renale. Peggioramento dell’esercizio fisico (NYHA III-IV). Possono essere sottoposti ad impianto di defibrillatore (Profili INTERMACS 5-7).

(D) Insufficiente risposta al trattamento medico (NYHA IV) con necessità di numerosi ricovero ospedalieri. Alto rischio di rapido peggioramento del grado di compenso o morte cardiaca improvvisa (Profili INTERMACS 3-4).

(E) Fase terminale con shock cardiogeno, cachessia cardiaca. Modificata da Goodlin103

Il grafico di Goodlin (Figura 18) sull’imprevedibilità dello HF avanzato serve ad enfatizzare le difficoltà nello stabilire il tempo corretto per il trapianto cardiaco visto che, ad oggi, solo i pazienti con UNOS stato 1 manifestano un beneficio clinico con questo tipo di trattamento91. Lo stabilire un trattamento con LVAD è meno problematico considerato che il cuore nativo continua a contribuire alla gittata sistemica. Inoltre un impianto di LVAD non esclude il trapianto come soluzione definitiva in alcune categorie di pazienti, anzi riduce il sovraccarico ventricolare e migliora la candidabilità del paziente al trapianto104.

Il candidato ideale per il trapianto è <50 anni di età, in classe UNOS Stato I (INTERMACS 1-2), senza fattori di rischio metabolici o malattia vascolare periferica, con disfunzione renale ed epatica recuperabile e bassa resistenza vascolare polmonare104. Per avere una sopravvivenza prolungata è

necessario inoltre un donatore giovane (<40 anni) con un tempo di ischemica dell’organo breve. Al contrario, un candidato a pompa a flusso continuo non ha alcun limite rigoroso di età, potrebbe essere in classe UNOS Stato II (INTERMACS 3-5: Stable but inotrope dependent, Frequent flyer,

Housebound) senza insufficienza cardiaca destra, disfunzioni epatiche, fattori di rischio metabolici,

insufficienza renale dialisi-dipendente o controindicazione alla terapia anticoagulante. Il paziente potrebbe sottoporsi ad un impianto elettivo per il sollievo sintomatico e non ultimo anche per

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migliorare la sua prognosi. Di fondamentale importanza è la presenza di un entourage familiare collaborante o un supporto sanitario equivalente104. Pertanto, per le caratteristiche del paziente, le opzioni di trattamento sono complementari e non competitive (Tabella 8).

Krabatsch et al.105 suggeriscono un impianto di LVAD come trattamento primario per tutti i pazienti idonei con insufficienza cardiaca. La loro argomentazione si basa su una disponibilità illimitata di LVADs, insieme ad una idoneità per almeno il 90% dei candidati. Gli autori evidenziano un tempo di attesa di 1 anno per un donatore in Germania, durante il quale il 20-30% muore. Nel post-trapianto ad un anno il 22% muore, non solo per complicanze post-operatorie, ma anche per la minore selezione nella scelta dei donatori. Ne consegue che i risultati clinici a 3 – 5 anni sono essenzialmente gli stessi per trapianto cardiaco ed impianto di LVAD. Il trapianto urgente può essere utilizzato sempre come riserva per affrontare le complicazioni LVAD.

Le evidenze presenti ad oggi ci consentono di cambiare il “gold standard” per il trattamento dei pazienti con HF avanzato? Un LVAD impiantato elettivamente fornisce il miglior sollievo sintomatico, le migliori prospettive per la prognosi e la migliore qualità di vita per un paziente notevolmente sofferente, la cui altra “unica” opzione è il solo trattamento medico, a volte solo palliativo. Il profilo di sicurezza dei LVAD, la gestione clinica ed i risultati continuano a migliorare, fornendo una buona qualità di vita con un accettabile tasso di complicazioni106.

L’ecocardiografia nell’impianto di VAD: strumento indispensabile

L’ecocardiografia è di fondamentale importanza per l’impianto dei VAD in almeno quattro aree: valutazione pre-operatoria dei potenziali candidati, guida durante l’inserimento dei VAD, il rilevamento di complicanze e di monitoraggio per il recupero cardiaco.

Durante il processo di selezione dei pazienti idonei a VAD, l’anatomia e la funzione cardiaca possono influenzare in modo significativo l’approccio chirurgico, la scelta del dispositivo di assistenza e il posizionamento della cannula.

Una disfunzione valvolare può significativamente influenzare il supporto emodinamico. Di particolare importanza è il rigurgito aortico (e polmonare se è richiesto un RVAD). Un rigurgito aortico significativo viene ulteriormente peggiorato dopo il posizionamento della cannula in aorta ascendente. Un rigurgito aortico moderato-severo dovrebbe essere corretto contestualmente all’inserimento del LVAD107. La stenosi aortica potrebbe limitare la gittata anterograda dal LV e richiedere, anch’essa una correzione durante l’inserimento del LVAD. Il rigurgito mitralico è frequente nei pazienti con HF. Il meccanismo è multifattoriale. In assenza di una compromissione anatomica dell’apparato valvolare, generalmente il rigurgito è dovuto ad una dilatazione dell’anello valvolare attribuibile al processo di rimodellamento del LV. Dopo l’impianto di un LVAD ed una

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riduzione del volume del LV generalmente si assiste ad una riduzione del grado di rigurgito. La valutazione dell’anatomia valvolare è di cruciale importanza nel predire la riduzione del rigurgito valvolare.

La presenza di una trombosi ventricolare sinistra influenza il posizionamento della cannula ventricolare. I pazienti con severa disfunzione del LV possono avere una trombosi apicale ed è necessario che questa dato sia conosciuto in anticipo per evitare embolie sistemiche durante il posizionamento del dispositivo. Il dubbio sulla presenza di un trombo può spingere ad effettuare una risonanza magnetica nucleare, tecnica “principe” per il rilevamento dei trombi apicali, particolarmente se piccoli e stratificati108.

L’ecocardiografia è necessaria per valutare la presenza di shunt intracardiaci come il forame ovale pervio (PFO) o difetti del setto interatriale (ASD) ed interventricolare. Un difetto del setto interventricolare, post-infartuale, richiede una correzione chirurgica contestualmente all’inserimento del LVAD. Un ASD ed un PFO possono causare ipossia ed embolia paradossa. Il PFO può essere accuratamente diagnosticato con ecocardiografia transesofagea e con l’uso del

color-flow per visualizzare direttamente lo shunt. Un PFO può non essere visibile fino all’impianto

di un LVAD. La riduzione della pressione atriale sinistra, nel contesto di una ipertensione polmonare permette l’instaurarsi di uno shunt atriale destro-sinistro.

La valutazione dell’aorta ascendente per escludere la presenza di una malattia aterosclerotica è indispensabile per il posizionamento della cannula di deflusso.

La presenza di un dispositivo VAD aumenta notevolmente il rischio di una trombosi di una protesi meccanica cardiaca ed una particolare considerazione dovrà essere fatta per stabilire l’utilità del cambio della protesi meccanica con una biologica. L’inserimento di un VAD rallenta molto il flusso attraverso la protesi meccanica con possibilità di trombosi ed embolizzazione. Non esiste un approccio univoco al problema e l’atteggiamento chirurgico è notevolmente variabile116,109.

L’ecocardiografica è l’indagine principale per stabilire la funzione ventricolare destra e sinistra prima dell’inserzione di un VAD. La stima della LVEF, nonostante imprecisa e molto soggettiva, rappresenta ancora uno cutoff ampiamente utilizzato nei trials71,78. Sebbene la valutazione della funzione diastolica non influenzi l’indicazione all’impianto dei VAD, fornisce comunque dati predittivi nei pazienti candidati a VAD110.

La valutazione preoperatoria del VAD della funzione ventricolare destra è di fondamentale importanza nel processo decisionale sul tipo di dispositivo da impiantare. Fino ad un terzo dei pazienti con necessità di LVAD richiede anche l’impianto di un RVAD111. I parametri utilizzati per aiutare a predire la disfunzione del VD dopo l’inserimento di un LVAD includono la dilatazione del ventricolo destro, una variazione del rapporto area VD in diastole/sistole < 20%, una ridotta

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