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Regolamentazione e vigilanza bancaria a confronto:Stati Uniti vs Europa

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE……….3

CAPITOLO 1……….5

DALLA CRISI FINANZIARIA ALL’UNIONE BANCARIA. 1.Crisi finanziaria: cause ed interventi………...………....5

2.L’evoluzione del quadro normativo-istituzionale dei controlli sulla finanza in Europa………...9

2.1.Dall’armonizzazione minima all’armonizzazione massima………11

2.2.L’evoluzione degli assetti di vigilanza bancaria in Europa dopo la crisi finanziaria del 2007-2009……….12

3.L’Unione Bancaria e i tre pilastri……….17

3.1.Il Meccanismo di Vigilanza Unico………..……….17

3.1.1.L’attività di vigilanza oggi: il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP)………..………...25

3.2.Il Meccanismo di Risoluzione Unica………..………...28

3.3.Il Sistema di Garanzia dei Depositi Bancari………..…………32

CAPITOLO 2………..……….36

IL SISTEMA BANCARIO STATUNITENSE. 1. L’evoluzione della regolamentazione bancaria………..…………..36

2.L’assetto della supervisione finanziaria prima del Dodd-Frank Act………..…...37

3.La risposta americana alla crisi finanziaria 2007-2009……….……...41

3.1.Trump e il Financial Choice Act……….………..45

4.Le valutazioni dei regolatori federali sulle banche: il CAMELS Rating System.……47

CAPITOLO 3……….………..75

EUROPA VS STATI UNITI 1.Un confronto fra le azioni impostate da Federal Reserve Board e Banca Centrale Europea………75

2.Il “Dodd- Frank” Act e il Regolamento sull’MVU………...78

3.I risultati conseguiti dai due sistemi di vigilanza……….80

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2 3.2.La vigilanza bancaria statunitense………84 CONCLUSIONI………..92

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3 INTRODUZIONE

L’entità e la portata globale della crisi finanziaria, scoppiata inizialmente nel segmento dei mutui sub-prime statunitense nel luglio del 2007, ha richiesto una risposta fortemente coordinata a livello internazionale.

Nel 2008, l’aggravarsi della crisi e la sua propagazione nel resto dei Paesi sviluppati, in forza della sempre maggiore interconnessione tra i sistemi finanziari, ha rafforzato la consapevolezza della necessità di una più stringente e solida regolamentazione e di un migliore esercizio dell’attività di vigilanza per il settore finanziario e bancario.

Alla luce di questi avvenimenti “epocali”, questo elaborato intende ripercorrere ed analizzare le tappe salienti dell’ampio processo di riforma dell’impianto di regolamentazione e supervisione bancaria che ha interessato le due sponde dell’Atlantico e propone un confronto sulle reazioni, sugli strumenti e sulle modalità di superamento della crisi attraverso le diverse politiche economiche attuate dall’UE e dagli USA.

In particolare, il primo capitolo è interamente dedicato al sistema bancario europeo e alla sua evoluzione. Verranno descritti il susseguirsi degli eventi che hanno caratterizzato la crisi del 2007, si presenteranno le motivazioni e le tappe che che hanno portato al raggiungimento di un quadro finanziario integrato che si sostanzia nella previsione della costruzione di una Unione Bancaria Europea volta a: centralizzare la Vigilanza; centralizzare la soluzione delle crisi bancarie; “spezzare il circolo vizioso Stato-Banche”; risanare il sistema bancario dell’Eurozona.

Si descriveranno, poi, le scelte compiute dalle istituzioni europee al fine di stabilizzare il settore bancario dell’Eurozona, concentrando l’attenzione sui tre pilastri che fondano l’Unione (un Meccanismo Unico di Vigilanza; un Meccanismo Unico di Risoluzione delle crisi; un Fondo di Garanzia dei Depositi centralizzato) e sulla nuova metodologia di revisione e valutazione prudenziale (SREP).

Per il secondo capitolo si è scelto un metodo di analisi affine al precedente. Difatti si presenterà un’introduzione sugli argomenti riguardanti la crisi e gli organismi preposti ad affrontarle. In particolare ci si soffermerà sulla configurazione del nuovo sistema di vigilanza macro e micro prudenziale introdotto dal Dodd-Frank Act caratterizzato, da un lato, dal rafforzamento della presenza di un regolatore, il “Financial Stability Oversight Council”, diverso dalla banca centrale, con compiti di vigilanza relativi all’insorgenza di rischi sistemici e, dall’altro, da un’apposita authority dedita alla tutela dei consumatori nei confronti degli intermediari finanziari, il “Bureau of Financial Consumer Protection”.

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4 Infine, per un quadro completo ed esaustivo, si descriverà e si analizzerà la struttura del sistema di valutazione dei regolatori federali sulle banche, il Camels Rating System con le sei componenti di valutazione per gli intermediari bancari che lo compongono: Capital adequacy, Assets, Management, Earnings, Liquidity, Sensitivity to market risk.

Nel terzo e ultimo capitolo, che rappresenta il fulcro dell’elaborato, si cercherà di mettere in atto un confronto tra i sistemi di vigilanza europeo e statunitense, per quanto possibile date le profonde differenze storiche, culturali e istituzionali dei due Paesi. Inizialmente si parlerà dei due principali modelli di banca centrale di riferimento nel mercato finanziario internazionale: la Federal Reserve americana (FED) e la Banca Centrale Europea (BCE). Si vedranno in dettaglio le loro differenze e analogie in termini di funzioni, strumenti e obiettivi. Sul finire del secolo scorso, infatti, si è assistito ad una profonda modificazione del ruolo assegnato alle banche centrali nei diversi Stati.

I legislatori sono intervenuti ridisegnando gli obiettivi, le relazioni istituzionali e le modalità di funzionamento delle banche centrali, producendo una radicale trasformazione degli assetti legali e istituzionali delle medesime. Di norma, le banche centrali si occupano, in via principale, di gestire la politica monetaria dei singoli Paesi o delle aree economiche che condividono la stessa moneta attraverso la regolamentazione di quest’ultima, del controllo del sistema creditizio e della vigilanza sull’intero mondo bancario.

Verranno raffrontati, in seguito, i regolamenti che hanno modificato interamente gli impianti della supervisione bancaria e finanziaria d’Europa e d’America: il regolamento dell’MVU e il Dodd-Frank Act.

Si concluderà con un’analisi dettagliata di quelli che sono i risultati attuali, quantitativi e qualitativi, delle performance delle due realtà bancarie, mettendo in luce i traguardi raggiunti in questi ultimi anni, come il rafforzamento della resilienza delle banche in termini di capitale, leva finanziaria, provvista e assunzione di rischio, e i tanti miglioramenti ancora da apportare principalmente in Europa.

L’attualità dell’argomento ha reso la ricerca bibliografica particolarmente complessa, perché la letteratura disponibile è relativamente scarsa e poco consolidata data la continua evoluzione sul dibattito e della conseguente produzione di nuovi lavori. Si è cercato, perciò, di procedere ad una continua revisione delle fonti in modo da presentare un lavoro che contenga le informazioni più aggiornate e veritiere.

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5 CAPITOLO 1.

Dalla crisi finanziaria all’Unione Bancaria Europea.

1. Crisi finanziaria: cause e interventi.

Le crisi sono il principale fattore dei processi di cambiamento e di innovazione che danno vita alle più importanti riforme delle legislazioni bancarie e finanziarie.

Un primo riferimento è la crisi di fine ottocento in Italia, che portò alla nascita della Banca d’Italia come istituto di emissione1, altro esempio è la grande crisi degli anni trenta

del secolo scorso che fu seguita, sempre nel nostro Paese, dall’approvazione della legge bancaria del 1936 basata sull’ordinamento sezionale del credito. Allo stesso modo, l’attuale progetto dell’Unione Bancaria Europea si sviluppa come risposta a una situazione di profonda instabilità economica e finanziaria.

La crisi finanziaria del periodo 2007-2009, sottovalutata in principio nell’ Europa continentale perché ritenuta strettamente di natura angloamericana2 , si è trasformata

presto in una profonda recessione per l’economia mondiale.

Ai fini del presente lavoro può risultare utile ripercorrere brevemente i gravi eventi verificatisi e capire come è stato possibile che una crisi che ha interessato un solo segmento del sistema finanziario americano ha contagiato in modo dilagante tutto il mondo occidentale.

Nel decennio precedente all’estate del 2007 le condizioni macro-finanziarie si presentavano, apparentemente, molto favorevoli grazie all’adozione di determinate scelte economiche e politiche3. L’economia mondiale cresceva vigorosamente, la liquidità nei

mercati dei capitali si espandeva rapidamente per via dei saggi d’interesse molto bassi e

1A. Pisaneschi, Banca centrale europea, vigilanza bancaria e sovranità degli stati, Federalismi.it, 2014, 17. 2Nell’articolo “Financial Crisis: US will lose superpower status, claims German minister” pubblicato il

25/09/2008 su The Telegraph viene riportata la dichiarazione dell’allora ministro delle finanze tedesco, Peer Steinbrück, al Parlamento secondo cui "La crisi finanziaria è soprattutto un problema americano. Gli altri ministri finanziari del G7 nell'Europa continentale condividono questo parere " e dunque "Gli Stati Uniti perderanno lo status di superpotenza nel sistema finanziario globale".

3Nel 1999 venne abolito, dall’amministrazione Clinton, il Glass-Steagall Act, introdotto negli Stati Uniti

nel 1931 dopo la grande crisi, consentendo nuovamente agli istituti di credito di svolgere sia la tradizionale attività bancaria che quella di banche d’affari e ha limitato i controlli su banche

d’investimento e istituti di credito ipotecario. Per approfondimenti M.Mariani, Lezioni per il Futuro, Il Sole 24 Ore, Milano,2009.

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6 il settore finanziario offriva rendimenti elevati, i prezzi delle attività aumentavano e infine i premi al rischio erano alquanto moderati.

E’ in tale contesto che viene registrato un aumento significativo dell'erogazione dei mutui subprime, ossia prestiti ad alto rischio concessi a soggetti che versavano in condizioni di merito creditizio al di sotto dei parametri normalmente richiesti dalle banche, attraverso le operazioni di cartolarizzazione che permettevano agli istituti creditizi di trasferire i mutui, dopo averli trasformati in titoli, a soggetti terzi, le cosiddette società veicolo (Special Purpose Vehicle-SPV)4, e di recuperare così una parte del credito che altrimenti

avrebbero riscosso solamente alla scadenza dei mutui stessi. La diffusione delle cartolarizzazioni segna quindi un passaggio del modello di business delle banche dall’approccio tradizionale originate to hold, in cui le banche mantenevano nei propri bilanci gli attivi che esse creavano con conseguente maggiore responsabilizzazione sulla loro qualità e sul loro realizzo a scadenza, all’approccio originate to distribute, basato sulla creazione dei crediti e sulla loro successiva cessione in un’ottica di trasferimento del rischio sul mercato.

Dinnanzi a questo propizio quadro economico, all’inizio del 2004, la FED comincia ad innalzare i tassi d’interesse. I mutui diventano più costosi e i casi di insolvenze delle famiglie americane, incapaci di restituire rate sempre più onerose, aumentano con andamento esponenziale. Ciò porta ad una riduzione della domanda degli immobili che ha come conseguenza lo scoppio della c.d. bolla immobiliare e la contrazione del valore delle ipoteche a garanzia dei mutui esistenti. A partire da luglio 2007 e per tutto il 2008 si susseguono vari declassamenti del merito di credito di titoli cartolarizzati da parte delle agenzie di rating che pertanto perdono ogni valore e diventano illiquidabili, costringendo le società veicolo a chiedere fondi alle banche che li avevano emessi e che avevano garantito linee di liquidità. Molte banche, tuttavia, non sono in grado di reperire la liquidità necessaria per soddisfare tali richieste, poiché nessun istituto finanziario è disposto a fare loro credito.5

Dalla crisi di fiducia si sviluppa, dunque, una crisi di liquidità che si estende rapidamente a tutto il sistema finanziario propagandosi ad altre economie. Le banche centrali, a questo

4Tali società, denominate anche conduit, spesso risultano una filiazione legittima delle banche stesse che

hanno preferito fare ricorso ad essi per evitare di sopportare i costi legati al fatto di detenere capitali. Le banche hanno trasferito, infatti, le attività più rischiose a tali entità formalmente fuori bilancio, assegnando ad esse un capitale minimo al fine di ridurre il capitale detenuto. Vedi M.Longo,”Sarà improbabile assistere al crack di grandi banche”, Il Sole 24 Ore, 25 marzo 2008.

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7 punto, cercano di fronteggiare l’insorgere della crisi ricorrendo a piani di salvataggio tradizionali, concedendo linee di liquidità a favore di istituti insolventi e sottoponendoli a vendita e fusione con partner presumibilmente più solidi.

Nonostante queste misure, nell’autunno del 2008 il sistema finanziario si trova sull’orlo del tracollo dopo il default della banca d’affari americana Lehman Brothers. La decisione delle autorità americane di lasciar fallire un colosso delle istituzioni finanziarie, con un’importante operatività al di fuori degli Stati Uniti, genera non poche preoccupazioni sulla solidità di altre banche d’affari e sugli effetti dell’esposizione verso questi istituti di tutti gli altri partecipanti al mercato. In breve, attraverso il sistema delle relazioni interbancarie e la circolazione dei prodotti finanziari, la crisi finanziaria, divenuta crisi dell’economia reale, acquisisce così una dimensione globale, diffondendosi quindi in tutto il mondo.

A livello europeo, tutti i governi, in assenza di un programma d’azione comune, adottano misure di salvataggio del sistema bancario, finanziario ed assicurativo, attraverso operazioni di swap e di separazione patrimoniale (ring-fencing), attraverso l’acquisto diretto da parte dello Stato delle cosiddette “attività tossiche” e mediante l’ingresso statale nel capitale degli operatori economici e degli intermediari finanziari.

Il primo salvataggio tocca al Northern Rock, l’istituto di credito britannico specializzato nei mutui immobiliari, oggetto a metà settembre del 2007 di una corsa agli sportelli. La Banca centrale britannica decide di nazionalizzare l'istituto, impegnando circa 110 miliardi di sterline. A questo seguono altri consistenti interventi pubblici per istituti di credito in difficoltà predisposti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia. Nel complesso gli aiuti erogati dai governi alle banche dei rispettivi sistemi nazionali hanno raggiunto i 3.166 miliardi di euro in Europa, sotto forma di garanzie (2.443 miliardi), ricapitalizzazioni (472 miliardi) e linee di credito e prestiti (251 miliardi)6.

I salvataggi bancari non hanno l’effetto sperato ma piuttosto scaturiscono una crescita significativa del debito pubblico dei Paesi coinvolti. Si assiste, così, a un passaggio della crisi dal settore privato e dell’economia reale alla finanza pubblica che procurò disoccupazione e gravi conseguenze sociali per ampie fasce delle popolazioni dei Paesi

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8 PIIGS7 , già vulnerabili per l’indebitamento accumulato negli anni, per l’incremento

incontrollato del deficit e per i bassi tassi di crescita del Pil.

L’area euro risulta tra le più colpite a causa della grave situazione di insolvenza della finanza pubblica in cui si trovava la Grecia per la quale, nei Paesi dell’Eurozona, viene predisposto un consistente piano di aiuti.

L’impatto che il default della Grecia produce sugli altri Paesi europei è dirompente, arrivando a minacciare la stabilità dell’intera Unione.

Gli Stati dell’Unione europea coinvolti a salvare la finanza privata e ad intervenire per arginare la recessione economica si trovano, dunque, a loro volta, nella condizione di essere salvati e a dover predisporre misure di risanamento delle rispettive finanze pubbliche. Tutto ciò si riversa nuovamente sulle banche generando una crisi di liquidità dovuta alla presenza in bilancio di numerosi titoli di stato di nazioni potenzialmente non solvibili.

Dalla metà del 2011, le tensioni di questi paesi si rifletteno immediatamente su tutti i principali mercati finanziari, ove si sono registrati cali di ampie dimensioni. Le maggiori agenzie di rating abbassano inoltre il merito di credito di diversi paesi europei e, conseguentemente, di diverse banche con sede in tali paesi. Alcuni sistemi bancari entrano in default e vengono salvati con misure di sostegno internazionali, concesse a determinate condizioni di aggiustamento dei bilanci.8

La crisi, quindi, mette in luce tutte le debolezze e i rischi di un assetto costituzionale e istituzionale di un’Europa che ha ancora una visione nazionale a fronte di dinamiche che hanno assunto dimensione e portata globali.

Superata la fase di emergenza risulta necessario, attraverso l’utilizzo di strumenti straordinari e non convenzionali da parte di governi, banche centrali e autorità di risoluzione delle crisi, per le Autorità di Vigilanza e degli Organismi internazionali, intraprendere un percorso di studio e azione per approfondire le cause dei vari eventi manifestatisi e realizzare i necessari rimedi e le necessarie modifiche al fine di evitare nel futuro la replica degli errori alla base delle insolvenze bancarie.

7Acronimo coniato dalla stampa anglosassone dal 2007, per indicare i 5 paesi dell’Unione Europea

finanziariamente più deboli: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.

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9 2. L’evoluzione del quadro normativo-istituzionale dei controlli sulla finanza in Europa.

Per meglio comprendere la portata del cambiamento che il progetto di riforme avviato dalla metà del 2012 dalla Commissione europea, come risposta alla crisi finanziaria, ha apportato nell’assetto istituzionale della supervisione sulla finanza in Europa, bisogna guardare al passato prima di procedere all’analisi dei testi normativi recentemente approvati.

Nel 1957, con l’intento di unificare il mercato dei servizi bancari in Europa, viene creato il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea che si proponeva l’obiettivo dell’abolizione delle restrizioni alla libera circolazione dei fattori produttivi, con riferimento a persone, merci, servizi e capitali. Un presupposto fondamentale, in tal senso, è costituito dall’armonizzazione delle regole di tutti i settori economici nei diversi Stati.

A livello bancario questo processo ha avuto l’avvio con la Prima direttiva di coordinamento delle disposizioni in materia bancaria del 1977, Direttiva 77/780/CEE, che ha stabilito una definizione di “ente creditizio” secondo i canoni comunitari9 e ha

armonizzato le condizioni di accesso al mercato bancario al fine di renderlo più concorrenziale e di ridurre i vincoli. Le condizioni da rispettare per essere autorizzati all’esercizio di attività bancaria furono individuate in una dotazione di capitale minimo iniziale; in requisiti di professionalità e onorabilità di almeno due soggetti in grado di influenzare la gestione; in requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale; nella presentazione di un programma di attività.

Le novità introdotte dalla prima direttiva bancaria non furono sufficienti a incanalare i sistemi bancari nazionali verso un mercato unico. Fin da subito vennero riscontrate delle difficoltà legate non solo alle resistenze dei singoli Paesi ma anche al complesso processo di produzione delle norme che richiedeva tempi molto lunghi.

Una svolta in questo progetto di realizzazione di un sistema uniforme di norme è avvenuta il 1° luglio 1987 con l’entrata in vigore dell’Atto unico europeo10 che introduce

i principi di mutuo riconoscimento e dell’equivalenza negli altri paesi comunitari delle

9Secondo la direttiva 77/780/CE è “ente creditizio un’impresa la cui attività consiste nel ricevere depositi

o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per proprio conto”. Tale definizione è rimasta invariata anche nelle seguenti direttive che hanno modificato la normativa europea sul punto.

10Vedi in dettaglio: COSTI, Banca e attività bancaria nelle direttive comunitarie, in Banca, Impresa e

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10 regole stabilite in un singolo Paese dell’Unione11. Viene affermato che le disposizioni

europee vigenti in uno Stato membro sono considerate equivalenti a quelle applicate in un altro Stato membro e che tutto ciò è valido solo se si raggiunge un accordo su alcune disposizioni comuni: armonizzazione minima.

Viene quindi emanata, nel 1989, la seconda direttiva di coordinamento in materia bancaria, direttiva 646/89/CE, in modo da stabilire le regole di armonizzazione minima nel settore creditizio e consentire il mutuo riconoscimento delle normative bancarie.

Dal termine ultimo del recepimento in tutti gli Stati membri di questa direttiva, che doveva essere realizzato entro il 31 dicembre 2012, le banche hanno potuto operare in tutto il territorio europeo sulla base dell’autorizzazione del paese d’origine, rimanendo assoggettate al controllo delle autorità competenti di quest’ultimo paese svolto sulla base delle regole del paese d’insediamento.

Nonostante le più rosee aspettative riposte da molti nel periodo precedente l’avvio del mercato unico europeo, anche la seconda direttiva comunitaria non comportò un incremento nella circolazione dei servizi bancari fra i paesi comunitari.

Le cause possono essere ricercate in più ambiti, in primis nelle caratteristiche intrinseche dei prodotti delle banche. Il rapporto fra banche e clienti è caratterizzato da un elemento fiduciario alquanto importante. Il soggetto che affida i propri risparmi a una banca, di norma, si rivolge a intermediari insediati nel territorio di residenza da lungo tempo di cui conosce la reputazione passata. Allo stesso modo, il credito alle imprese, specie se di medio-piccole dimensioni, richiede la conoscenza da parte della banca della situazione patrimoniale, finanziaria e organizzativa dei soggetti finanziati. Per questo motivo i mercati bancari sono principalmente locali.

Inoltre, per operare in altri paesi non basta l’armonizzazione delle regole bancarie in quanto rimangono altri aspetti diversi che ostacolano la circolazione delle imprese come le regole societarie, fallimentari o la disciplina applicabile ai contratti con la clientela.

Altro punto di debolezza era rappresentato dal fatto che il principio dell’ home country control presuppone un sistema forte di cooperazione fra le autorità di vigilanza dei paesi membri, che pur previsti, sono risultati poco efficaci nei fatti.

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11 2.1 Dall’armonizzazione minima all’armonizzazione massima.

Negli ultimi anni del novecento ci si rese conto che erano ancora tante ed importanti le differenze fra le regole adottate dai paesi comunitari. Vennero, quindi, avviate nuove analisi per accelerare l’armonizzazione della regolamentazione e rafforzare i poteri degli organi comunitari.

Prese forma, nel novembre 2000, il rapporto Lamfalussy12 , noto anche come

“Rapporto dei saggi”, dedicato alla securities regulation in Europa, che promosse la nascita di nuovi organismi, con competenze specifiche di ausilio alla Commissione e composti anche da rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri, in modo da favorire un’armonizzazione massima delle regole13, riducendo la discrezionalità delle

autorità nazionali nel recepimento della normativa comunitaria, in tempi più brevi. Il nuovo sistema di regolamentazione si articola su quattro livelli. Al vertice del sistema, primo livello, vi è la normativa primaria (direttive e regolamenti) con la quale si dettano i principi generali della regolamentazione14 i cui contenuti specifici vengono

definiti, nel secondo livello, tramite provvedimenti regolamentari di attuazione che la Commissione emana solo dopo aver consultato l’organo composto da autorità di vigilanza e sulla base di una decisione dell’organo stesso con natura politica. Successivamente, nel terzo livello, il Comitato, costituito da organi di natura amministrativa, esercita un’altra attività regolamentare attraverso l’emanazione di linee guida di attuazione della disciplina comunitaria, al fine di assicurare il corretto recepimento delle direttive da parte degli Stati membri. L’ultima fase normativa è rappresentata dalla verifica della Commissione della coerente applicazione della disciplina comunitaria da parte degli Stati membri. Per il settore bancario venne istituito il Comitato Europeo dei Supervisori Bancari (CESB)15,

composto da rappresentanti di alto livello delle autorità di vigilanza e delle banche centrali dell’Unione europea, che aveva le funzioni di consulenza tecnica alla commissione europea in merito a proposte normative in materia bancaria, di promozione di un’applicazione omogenea delle direttive comunitarie, di convergenza delle pratiche di vigilanza da parte degli Stati membri e di rafforzamento della cooperazione nel campo

12Rapporto del Comitato dei Saggi sulla regolamentazione dei mercati finanziari europei, febbraio 2001.

Il rapporto è stato approvato dal Consiglio Europeo di Stoccolma di marzo 2001.

13Come previsto dal Financial Services Action Plan.

14L’elaborazione delle proposte normative è affidata alla Commissione, la quale si avvale dell’aiuto di

appositi gruppi di esperti nazionali costituiti presso la Commissione e il Consiglio.

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12 della vigilanza. Per lo svolgimento della sua attività il CESB si avvaleva, infine, del Gruppo di contatto di cui facevano parte le autorità di vigilanza europee del settore bancario.

La riforma del processo di produzione normativa in campo finanziario lasciò, però, inalterato il sistema delle competenze per la supervisione. In particolare, non modificò l’allocazione delle responsabilità per l’esercizio della vigilanza bancaria, che restavano ancora saldamente imperniate sulle autorità nazionali, ma rafforzò solamente il principio della cooperazione fra le autorità, prima, attraverso la creazione dei comitati tecnici presieduti dalle autorità di vigilanza nazionali e poi, con le direttive comunitarie n.2006/48 e n.2006/49 (cosiddetta Basilea II) che attribuivano all’autorità responsabile della vigilanza su base consolidata (consolidating supervisor) specifici poteri di coordinamento dell’azione di vigilanza sui gruppi cross-border, mantenendo fermo il principio dell’home country control.

2.2 L’evoluzione degli assetti di vigilanza bancaria in Europa dopo la crisi finanziaria del 2007-2009.

La crisi finanziaria del 2007-2009 ha costituito un importante banco di prova per la validità delle regole e dell’architettura istituzionale della supervisione bancaria e della gestione delle crisi bancarie a livello europeo. Il test è risultato fortemente negativo: le numerose insolvenze bancarie verificatesi in molti Paesi hanno fatto emergere le numerose carenze nella gestione dei rischi da parte delle istituzioni finanziarie e le gravi lacune nella regolamentazione e supervisione del settore finanziario con la conseguente necessità di un più avanzato e articolato assetto regolamentare in termini di obiettivi, regole e strumenti.

Nel febbraio 2009 è stato quindi istituito un gruppo di lavoro, costituito da esperti e guidato da Jacques de Larosière, al fine di individuare alcune raccomandazioni per rafforzare la vigilanza macro-prudenziale e micro-prudenziale sul sistema finanziario europeo.

Il Rapporto de Larosière ha sottolineato come non potesse essere più sufficiente un’attività di vigilanza microprudenziale basata esclusivamente sull’home country control e sul coordinamento fra Autorità, data l’esistenza di fattori di rischio di carattere generale che sfuggono ai controlli delle singole Autorità degli Stati membri e possono essere gestiti solo attraverso un maggiore coordinamento a livello europeo.

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13 In seguito alle indicazioni fornite nel rapporto16 di fine febbraio 2009 la Commissione europea ha dato vita al Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria (SEVIF) al fine di intensificare la collaborazione nella regolamentazione e supervisione delle istituzioni finanziarie con operatività transfrontaliera. Il SEVIF è composto da tre autorità dedicate alla vigilanza micro-prudenziale: per il settore bancario l’Autorità Europea per le Vigilanza Bancaria (European Banking Authority, EBA), per il settore dei mercati mobiliari l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (European Securities and Market Authority, ESMA) e per il settore delle assicurazioni e dei fondi pensione l’Autorità europea delle Assicurazioni e delle Pensioni aziendali e professionali (European Insurance and Occupational Pensions Authority, EIOPA).

Ciascuna delle tre Autorità coopera con il Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (CERS), che si occupa della vigilanza macroprudenziale.

Figura 1. Il sistema europeo di vigilanza finanziaria

Il CERS è responsabile del monitoraggio e dell’analisi del rischio nel sistema finanziario nel suo complesso. Per raggiungere tale obiettivo, in particolare: identifica e classifica i rischi sistemici17 in base ad un ordine di priorità; emette segnalazioni qualora

16“de Larosière report”, by the High-Level Group on financial supervision in the Ee, claired by Jacques de

Larosière, Brussels, 25 February 2009,

ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_en.pdf.

17Per rischio sistemico si intende “un rischio di perturbazione del sistema finanziario che può avere gravi

conseguenze negative per il mercato interno e l’economia reale”, art.2 Reg.1092/2010. Joint Committee

ESMA

Autorità di Vigilanza nazionali

EBA

European Supervisory Authorities (ESA) 3 Agenzie con funzioni di vigilanza microprudenziale

EIOPA Comitato europeo per il rischio (CERS) con funzioni di vigilanza macroprudenziale

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14 i rischi sistemici siano considerati significativi (early warning); emette raccomandazioni per l’adozione di azioni correttive e monitora la realizzazione delle misure necessarie a superare i problemi identificati.18 E’ composto da un General Board, con 61 membri, e da

uno Steering Committee, oltre a comitati di consulenza tecnica e scientifici, ai quali possono partecipare le banche centrali nazionali, le autorità di vigilanza e le istituzioni comunitarie. La Banca Centrale Europea (BCE) fornisce assistenza analitica, statistica, logistica e amministrativa per lo svolgimento delle funzioni del Board attraverso il segretariato dello stesso CERS.

Non avendo poteri di enforcement, il Comitato Europeo per il rischio sistemico agisce attraverso le altre autorità europee e nazionali. Esso è chiamato a collaborare con le European Supervisory Authorities, distinte per settore di intermediazione bancario, assicurativo e finanziario, allo scopo di assicurare che le valutazioni macroprudenziali ricadano sulla supervisione microprudenziale. Le tre autorità di vigilanza collaborano nell’ambito di un furum, il Comitato congiunto (Joint Committee), che assicura uno scambio informativo continuativo e la coerenza delle prassi di vigilanza. La sua attività si riferisce, particolarmente, alla vigilanza sui conglomerati finanziari, agli aspetti contabili e di audit, ai prodotti di investimento retail, alle misure di antiriciclaggio.

All’EBA, nello specifico, vengono affidati molteplici ruoli e funzioni riconducibili essenzialmente all’ambito regolamentare in quanto la supervisione sulle singole banche (day to day supervision) rimane di competenza delle autorità di vigilanza nazionali.

Obiettivo primario dell'EBA è quello di proteggere l'interesse pubblico, contribuendo alla stabilità ed efficacia del sistema finanziario a beneficio dell'economia

dell'Unione Europea.

Nell'ambito dell’attività di vigilanza sul mercato bancario europeo, l'autorità bancaria svolge principalmente i seguenti compiti:

 elabora proposte di norme di regolamentazione e di attuazione19, per la definizione

di standard tecnici comuni volti a superare le differenze interpretative e applicative della legislazione europea, attraverso la realizzazione di un single rulebook;

 al fine di garantire l'interpretazione e l'applicazione uniforme della normativa comunitaria, svolge indagini su specifiche questioni e adotta raccomandazioni nei

18Per approfondimenti si veda: eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT

19Regulatory technical standards e Implementing technical standards, norme tecniche adottate con

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15 confronti delle Autorità nazionali non aventi carattere vincolante ma basate sul principio “comply or explain”20;

 rafforzare la supervisione dei gruppi cross-border tramite la partecipazione ai collegi di supervisori;

 coordinare lo svolgimento di stress-test a livello europeo per valutare la capacità di resistenza delle istituzioni finanziarie a sviluppi di mercato avversi;

 in situazioni di emergenza e di divergenza tra le singole Autorità nazionali in relazione a situazioni transfrontaliere che richiedano cooperazione o decisioni congiunte, ha il potere di: prestare assistenza al fine di risolvere tale contrasto e facilitare il raggiungimento di un accordo; in mancanza di accordo, imporre l'adozione di specifiche misure o l'astensione da qualsiasi attività, al fine di risolvere la questione; qualora le Autorità nazionali non si conformino alla decisione dell'EBA, quest'ultima può adottare provvedimenti direttamente vincolanti nei confronti dei singoli intermediari finanziari;

 promuovere la trasparenza, semplicità e correttezza a favore dei consumatori dei prodotti o servizi finanziari nel mercato interno.21

Nel 2011 però, due fatti, in particolare, hanno portato le autorità europee a comprendere che le soluzioni pensate nel 2010 non erano sufficienti a fronteggiare una nuova fase di instabilità finanziaria: da una parte la crisi finanziaria si trasforma in crisi del debito sovrano e questo spinge la BCE sia ad interventi non convenzionali sulla liquidità, sia ad interventi di sostegno, come l’acquisto sul mercato secondario, di titoli di Stato dei paesi periferici; dall’altra parte l’EBA decide di utilizzare una norma del regolamento 1093\2010 per effettuare stress test sulle banche europee, calcolando come componenti di patrimonio, le eventuali minusvalenze teoriche maturate sui titoli di Stato detenuti in portafoglio dalle banche.

Ciò ha portato ad uno scontro tra le funzioni svolte dall’ EBA e le politiche monetarie portate avanti dalla BCE, in quanto, se le banche dovevano inserire nel patrimonio le minusvalenze teoriche dei titoli di Stato significava implicitamente che lo Stato poteva

20Principio secondo il quale i destinatari delle raccomandazioni posso decidere di non aderirvi ma hanno

l’obbligo di motivare la loro decisione.

21Si veda:

(16)

16 “fallire”, mentre la BCE, con l’acquisito dei medesimi titoli di Stato, voleva dimostrare l’esatto contrario.

In questo clima viene improvvisamente abbandonato il percorso delineato dal rapporto de Larosière e viene dato il via ad un cambiamento radicale di prospettiva con la creazione della Road Map verso l’Unione Bancaria del settembre 2012 redatta dalla Commissione europea.22

Già nella Comunicazione del 30 maggio 2012, la Commissione europea aveva sollevato la necessità di un’Unione bancaria allo scopo non solo di salvaguardare la solidità del sistema bancario ma anche di ripristinare la fiducia nelle banche e nell’euro23.

Nel settembre 2012 vengono elaborate due proposte di regolamento e una comunicazione finalizzate all’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico che prevede specifici compiti di vigilanza in capo alla BCE, l’adeguamento delle competenze dell’EBA al nuovo quadro per la vigilanza bancaria e la formulazione di una tabella di marcia verso l’unione bancaria.

A poco più di un anno dalla definizione della roadmap del 2012, è talmente forte la volontà dei paesi dell’area euro di trovare in tempi brevi un accordo sui punti programmatici espressi in quel documento che si è arrivati in pochi mesi al perfezionamento di un regolamento sul meccanismo accentrato di vigilanza. Con il Regolamento (UE) n.1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013 vengono attribuiti alla Banca Centrale Europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e viene istituito quindi il primo pilastro dell’Unione bancaria europea.

Il Consiglio ha, altresì, approvato il 28 novembre 2013 un testo di compromesso con una proposta per stabilire regole e procedure uniformi per la risoluzione di banche e altri intermediari finanziari in una cornice che prevede un Meccanismo di Risoluzione Unico (MRU) e un Fondo Unico per le risoluzioni bancarie (FURB) da costituire con risorse finanziarie messe in comune da parte degli intermediari bancari europei. Tale proposta si è poi concretizzata con il Reg. 806/2014 approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio UE il 15 luglio 2014.

22Così Andrea Pisaneschi,Banca centrale europea, vigilanza bancaria e sovranità degli Stati, 17

settembre 2014, federalismi.it.

(17)

17 Infine, nel marzo 2014, Parlamento e Consiglio hanno raggiunto anche un accordo politico su un Sistema di garanzia dei depositi (DGS) che, insieme al Meccanismo europeo di stabilità24(MES), forma il terzo pilastro dell'Unione bancaria.

3. L’Unione Bancaria e i tre pilastri.

L’Unione bancaria25 nasce per armonizzare a livello dell'Unione europea le

competenze in materia di vigilanza, risoluzione e finanziamento imponendo alle banche della zona euro di conformarsi alle medesime norme. Tali norme assicurano che le banche economicamente non sostenibili siano soggette a risoluzione senza ricorrere al denaro dei contribuenti ma paghino esse stesse il prezzo degli eventuali errori commessi facendo fronte alle proprie perdite e al rischio di una chiusura, garantendo, così, sicurezza e affidabilità nel settore bancario.

Essa si compone, dunque, di tre diversi elementi costitutivi principali: il meccanismo unico di supervisione, il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie e lo schema unico di assicurazione dei depositi.

Nei paragrafi successivi vengono esaminati i singoli pilastri dell’Unione bancaria seguendo un’ottica principalmente descrittiva e facendo luce sugli aspetti problematici del meccanismo unico di vigilanza.

3.1 Il Meccanismo di Vigilanza Unico.

Il Regolamento UE n. 1024/2013 ha istituito il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) che è divenuto operativo dal 4 novembre 2014. Si tratta di una realizzazione istituzionale di rilevante portata che segna il passaggio da una logica di vigilanza tipicamente nazionale a un approccio europeo. Il considerando n.5 del regolamento recita,

24Il Meccanismo europeo di stabilità, detto anche Fondo salva-Stati(in inglese European Stability

Mechanism-ESM), istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011, nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro. Il fondo emette prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà e acquista titoli sul mercato primario, ma a condizioni molto severe. Queste condizioni rigorose "possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite". Possono essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli Stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione i cui proventi andranno ad aggiungersi allo stesso MES.

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM:ec0009

25Si veda: http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/,

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18 infatti, “il coordinamento tra autorità di vigilanza è essenziale, ma la crisi ha dimostrato che il solo coordinamento non è sufficiente, in particolare nel contesto della moneta unica. Per preservare la stabilità finanziaria dell’Unione e aumentare gli effetti positivi sulla crescita e il benessere dell’integrazione dei mercati, è opportuno aumentare l’integrazione delle competenze di vigilanza. Ciò è importante per garantire un controllo efficace e solido di un intero gruppo bancario e della sua solidità complessiva e per ridurre il rischio di diverse interpretazioni e decisioni contraddittorie a livello del singolo ente”.

Il Meccanismo di Vigilanza Unico persegue una pluralità di obiettivi:

 contrastare la frammentazione dei mercati finanziari europei che avrebbe potuto ostacolare l’integrità della moneta unica e del mercato interno;

 superare gli atteggiamenti troppo tolleranti da parte dei regolatori di ciascun Paese soprattutto nei confronti delle banche nazionali vigilate di maggiori dimensioni;

 rompere il legame a doppio filo che lega la crisi di istituzioni finanziarie, che detengono quantitativi elevati di titoli pubblici, a quella dei debiti sovrani degli Stati in situazione di grave disequilibrio finanziario i cui titoli deprezzati hanno un impatto negativo sui bilanci bancari.

La principale valenza innovativa del nuovo Regolamento MVU risiede nel fatto che esso accentra l’esercizio della supervisione bancaria sulle banche dei Paesi dell’Area dell’euro e di buona parte dei relativi poteri alla BCE, in collaborazione con le autorità di vigilanza nazionali (ANC). L’MVU si applica a tutti gli enti creditizi dell’Eurozona mentre per gli Stati dell’Unione non aderenti all’euro è prevista la possibilità di aderirvi, su base volontaria, attraverso un accordo di “cooperazione stretta”.

L’avvio del Meccanismo Unico di Vigilanza, è stato preceduto da una “valutazione approfondita” (comprehensive assessment) delle banche che ne fanno parte. Alla base di tale accertamento si sono posti diversi obiettivi: rafforzare i bilanci delle banche attraverso l’adozione di azioni correttive e risolutive; aumentare la trasparenza e l’affidabilità dei bilanci bancari attraverso una migliore qualità delle informazioni disponibili sulla situazione delle banche e, infine, rafforzare la fiducia del mercato nella solidità del sistema finanziario europeo.

(19)

19 La valutazione approfondita è stata compiuta dalla BCE su 130 enti creditizi che nel complesso ammontano a 22.000 miliardi di euro, pari all’81,6% del totale delle attività bancarie comprese nell’MVU26.

La prima fase del Comprehensive Assessment è stata un’analisi quantitativa e qualitativa del profilo di rischio di ciascuna banca, in termini di liquidità, leverage e funding (Supervisory Risk Assessment). A seguire è stata effettuata una revisione della qualità degli attivi (Asset Quality Review, AQR) delle banche al 31 dicembre 2013 che ha avuto lo scopo di verificare se il capitale di migliore qualità (Common Equity Tier 1, CET 1) delle banche era sufficiente a fronteggiare la rischiosità dei vari attivi (prestiti, titoli ecc) rilevati alla fine 201327.

Infine, la valutazione ha riguardata un esercizio di stress-test, svolto in collaborazione con l’EBA ed effettuato tenendo in considerazione le informazioni emerse dall’AQR, per valutare la capacità delle banche di resistere a shock ipotetici con una bassa probabilità di realizzazione.28

L’obiettivo ultimo della valutazione approfondita, quindi, è stato quello di verificare quali banche all’esito dell’AQR e dello stress test presentino carenze di capitale e richiedano, pertanto, interventi di ricapitalizzazione.

Una volta effettuati tutti i test preliminari, ai fini dell’MVU, gli enti creditizi vengono classificati in due sottogruppi in base alle loro dimensioni, alla loro importanza per l’economia dell’UE e alla rilevanza della loro attività cross-border. Si ottengono intermediari di “significativa” rilevanza (more significant banks), la cui vigilanza è affidata alla BCE, assistita dalle Autorità di vigilanza nazionali, e intermediari di “minor” rilevanza (less significant banks), la cui vigilanza è affidata alle autorità di vigilanza nazionali, sulla base di linee guida indicate dalla BCE.

26 Banca centrale europea, Rapporto aggregato sulla valutazione approfondita, Francoforte, Ottobre 2014,

p. 3.

27 Nell’ambito dell’AQR il coefficiente minimo richiesto alle banche è, con riferimento al capitale

primario di classe 1 (Common Equity Tier 1, CET1), pari all’8%, più elevato sia rispetto al minimo regolamentare, 4,5%, sia rispetto al minimo aumentato del margine di conservazione del capitale 7,0%. Banca d‟Italia, Risultati dell’esercizio di “valutazione approfondita” (Comprehensive Assessment), Comunicato stampa del 26 ottobre 2014, p. 1.

28Nello specifico per lo stress test sono stati ipotizzati due scenari per ciascun Paese: uno di base, ripreso

dalle previsioni della Commissione europea del febbraio del 2014, e uno avverso. La simulazione è stata condotta sui dati di bilancio di fine 2013 modificati per tenere conto dei risultati dell’AQR. Nello scenario di base è stato richiesto alle banche di detenere un coefficiente minimo di CET1 dell’8% mentre nello scenario avverso il requisito relativo a tale coefficiente era pari al 5,5%. Banca d’Italia, Risultati dell’esercizio di “valutazione approfondita” (Comprehensive Assessment), Comunicato stampa del 26 ottobre 2014, p. 2.

(20)

20 Come descritto nella “Guida alla vigilanza bancaria”, a cura della BCE, un ente creditizio è considerato more significant se soddisfa almeno una delle seguenti condizioni:

 il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro o, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro, supera il 20% del PIL nazionale;

 è uno dei tre enti creditizi più significativi in uno Stato membro;

 riceve assistenza diretta dal meccanismo europeo di stabilità;

 il valore totale delle attività supera i 5 miliardi di euro e il rapporto tra le attività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le attività totali è superiore al 20% o il rapporto tra le passività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le passività totali è superiore al 20%.

Indipendentemente dal rispetto di questi criteri, l’MVU può qualificare un ente significativo per assicurare l’applicazione coerente di standard di vigilanza di elevata qualità.

Seguendo il Regolamento quadro sull’MVU, la BCE ha pubblicato un elenco contenente i nominativi dei “soggetti” e “gruppi vigilati” che ricadono sotto la vigilanza diretta della BCE, specificando la motivazione o il criterio considerato della vigilanza diretta, e un elenco dei soggetti che ricadono sotto la vigilanza delle autorità nazionali competenti (ANC) con il nome della rispettiva ANC di competenza. Entrambi gli elenchi sono stati compilati in base alle informazioni fornite dalle ANC con data di riferimento il 30 giugno 2014 e tengono, altresì, conto di successivi aggiornamenti pervenuti dalle ANC, che la BCE provvede ad inserire. La BCE conduce, infatti, almeno una volta l’anno la verifica della sussistenza dei requisiti per la classificazione di un ente vigilato come significativo, e con la medesima frequenza avviene anche quella delle autorità nazionali di vigilanza su banche e gruppi “meno significativi” per constatare il ricorrere delle condizioni per la vigilanza diretta della BCE29.

La vigilanza diretta della BCE riguarda 120 gruppi bancari principali della zona euro, che comprendono oltre l'85% degli attivi bancari, mentre la vigilanza decentralizzata alle autorità di vigilanza nazionali riguarda circa 3700 enti.

29“Avendo ricevuto notifica di mutamenti nella struttura di alcuni gruppi bancari, sia significativi sia

meno significativi, successivamente al 4 settembre 2014, la BCE ha emendato diverse decisioni sulla significatività (modificando il relativo elenco delle filiazioni). Nel febbraio 2015 si è provveduto a integrare tali modifiche nell‟elenco dei soggetti vigilati significativi e degli enti creditizi meno significativi, che la BCE continuerà ad aggiornare periodicamente”: Banca Centrale europea,

(21)

21 L'attività corrente di vigilanza è svolta da gruppi di vigilanza congiunti (GVC, in inglese Joint Supervisory Teams), guidati da un coordinatore della BCE e composti da personale esperto di vigilanza e altamente qualificato sia della BCE sia delle Autorità di vigilanza nazionali degli Stati membri partecipanti. Essi sono responsabili della day-to-day supervision sugli enti significativi e rappresentano il principale veicolo di cooperazione tra le Autorità nazionali e la BCE e il primo interlocutore degli intermediari.

Tra i compiti affidatigli si inserisce l’attuazione del processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process- SREP) sull’intermediario o gruppo sul quale il team medesimo esercita la vigilanza30. Lo SREP richiede alle autorità

di vigilanza di esaminare i dispositivi, le strategie, i processi e i meccanismi messi in atto dalle banche per conformarsi ai requisiti prudenziali. Lo SREP dell’MVU racchiude tre aree principali:

1. un sistema di analisi dei rischi (Risk Assessment System, RAS), che valuta i livelli di rischio e le attività di controllo delle banche;

2. una revisione complessiva del processo interno di valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP) e del processo interno di valutazione dell’adeguatezza della liquidità (Internal Liquidity Adequacy Assessment Process, ILAAP);

3. una metodologia di quantificazione delle necessità di capitale e di liquidità alla luce dei risultati della valutazione dei rischi

Nel caso, invece, degli enti creditizi “meno rilevanti” i controlli sono affidati in via autonoma alle autorità nazionali di vigilanza (ANC).

Figura 2. Divisione dei compiti nell’MVU

30Come definito dalla direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV), lo SREP prevede che la valutazione e

il riesame deve riguardare i rischi cui gli enti sono o possano essere esposti, i rischi che un ente pone al sistema finanziario, tenendo conto dell’individuazione del rischio sistemico, e i rischi rilevati dalle prove di stress. BCE Supervisiona il sistema Vigilanza indiretta Vigilanza diretta GVC Enti ANC significativi Enti meno significativi

(22)

22 Un aspetto peculiare della nuova architettura istituzionale della vigilanza è costituito dalla chiara individuazione dei confini tra le competenze della BCE e quelle delle autorità di vigilanza nazionali. L’articolazione dei poteri e delle competenze di vigilanza all’interno dell’MVU è demandata al regolamento quadro (Framework Regulation) entrato in vigore il 15 maggio 2014.

Alla BCE sono affidati i compiti in materia di:

 rilascio e revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria;

 verifica del rispetto dei requisiti prudenziali minimi di capitale, concentrazione dei rischi, liquidità, leverage;

 fissazione dei requisiti prudenziali più elevati rispetto a quelli minimi dei buffers di capitale31;

 verifica dell’adeguatezza del governo societario, dell’organizzazione e dei controlli interni delle banche;

 conduzione del processo di revisione e valutazione prudenziale e definizione del contenuto dell’informativa al pubblico;

 conduzione degli esercizi di stress test.

Alle Autorità di vigilanza nazionali sono affidati, in primis, compiti di natura preparatoria delle decisioni della BCE: esse partecipano al processo decisionale sulle questioni di vigilanza attraverso la presenza nel Consiglio di vigilanza. Conducono, inoltre, le necessarie verifiche di vigilanza di tipo operativo (day to day verifications), allo scopo di sfruttare al meglio i vantaggi derivanti dall’esperienza del proprio personale.

Infine, le ANC, mantengono i seguenti compiti:

 la responsabilità in via esclusiva della regolamentazione e supervisione sulle banche per tutte le materie diverse dalla vigilanza prudenziale come la trasparenza, la correttezza dei rapporti con la clientela, antiriciclaggio,usura;

 i controlli sugli intermediari diversi dalle banche;

31I buffers di capitale secondo le nuove regole sono: Requisiti patrimoniali: l’importo del capitale

necessario per coprire perdite inattese e rimanere solvibili in caso di crisi è fissato all’8% delle attività ponderate per il rischio; Requisiti di liquidità: le banche devono disporre di attività liquide sufficienti a coprire i deflussi netti di cassa in condizioni di forte stress su un periodo di 30 giorni. Il requisito sulla liquidità prevede che il valore del rapporto tra lo stock di attività liquide di elevata qualità e il totale dei flussi di cassa in uscita nei 30 giorni (liquidity coverage ratio) successivi non sia inferiore al 100%; Riserva di Capitale: la riserva di conservazione del capitale deve essere pari al 2,5% dell’esposizione al rischio complessivo. Per approfondimenti si veda: M.Chiti e V. Santoro, “L’Unione bancaria europea”, 2016, Box1,pag.33 ss.

(23)

23

 la vigilanza sui servizi di pagamento;

 la vigilanza sulle attività delle banche nei mercati degli strumenti finanziari;

 la supervisione sulle banche di paesi terzi che operano nella Ue mediante succursali.

Altri confini nettamente delimitati sono stati quelli relativi alle competenze della BCE e dell’EBA.

In realtà i rapporti tra le due autorità erano già compromessi prima dell’approvazione del Regolamento n. 1024/2013 che attribuisce i poteri di supervisione alla BCE.

La scelta della BCE, come responsabile unica dell’MVU, era stata, infatti, largamente dibattuta per motivi diversi. L’alternativa alla BCE era rappresentata dall’EBA, la quale,essendo stata costituita qualche anno prima con lo scopo di garantire la stabilità dei mercati, rappresentava la soluzione più logica. Tuttavia esistevano motivazioni giuridiche ed anche politiche che impedivano di conferirle l’incarico. Prima fra tutte vi era la ragione secondo la quale la vigilanza bancaria dell’Eurozona doveva essere affidata ad un organismo che “appartenesse” all’Eurozona e l’EBA, avendo competenza su tutti gli Stati dell’Unione, anche quelli non appartenenti all’Eurozona, si sarebbe potuta trovare in situazioni di conflitto di interessi. Alcuni esponenti del Parlamento europeo avevano, allora, proposto di istituire un organismo ad hoc al quale affidare i compiti afferenti la vigilanza bancaria, ma questa soluzione avrebbe comportato la necessità di una modifica dei Trattati con tempi non certo brevi. Peraltro l’apertura di una procedura di modifica dei Trattati avrebbe comportato il rischio che alcuni Stati avrebbero potuto approfittare dell’occasione per cercare di negoziare regole a loro più favorevoli con un allungamento dei tempi di approvazione che l’emergenza della situazione non consentiva.

Non ultimo, la BCE poteva contare su una notevole reputazione, costruita sulle competenze tecniche acquisite nella gestione della politica monetaria, che si era anche vistosamente rafforzata in virtù del comportamento e degli interventi adottati durante la fase più acuta della crisi.

Queste considerazioni hanno portato all’identificazione della BCE come miglior scelta dell’istituzione alla quale affidare la guida del nuovo sistema di vigilanza bancaria dell’Eurozona.

Scelta che sollevò ulteriori critiche da parte di molti esponenti, sia degli organi dell’Unione che degli Stati aderenti, connesse ai possibili conflitti d’interesse che potevano insorgere nell’esercizio congiunto delle funzioni di politica monetaria e di

(24)

24 vigilanza bancaria. Non di meno, con riguardo al rapporto tra BCE e EBA, essi temevano per i rischi derivanti dalla sovrapposizione dei poteri normativi dei due enti.

Per la realizzazione dell’MVU il legislatore europeo ha deciso di avvalersi della cosiddetta “enabling clause” prevista dal par. 6 dell’art. 127 del TFUE: “Il Consiglio, deliberando all’unanimità mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, previa consultazione del Parlamento europeo e alla Banca centrale europea, può affidare alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione”.

Tale soluzione ha consentito di affidare alla BCE la responsabilità della vigilanza senza dover apportare modifiche al Trattato e ha superato il rischio di potenziali conflitti di interesse tra politica monetaria ed esercizio della vigilanza attraverso l’istituzione, all’interno della BCE, di un Consiglio di vigilanza (Supervisory Board) autonomo32.

Contestualmente all’approvazione dell’MVU, dunque, sono stati apportati emendamenti al Regolamento n. 1093/2010 istitutivo dell’EBA allo scopo di adeguare la disciplina di detta autorità al nuovo assetto di vigilanza.

Nel nuovo disegno istituzionale le funzioni della BCE e dell’EBA sono state ben distinte con non poche perplessità: alla BCE è affidata la funzione di vigilanza, mentre all’EBA è attribuita la funzione regolamentare, unitamente alla Commissione Europea.

Spetta all’EBA, oltre alla formulazione di raccomandazioni e linee guida per le autorità di vigilanza o per gli intermediari, la costituzione di un effettivo single rulebook all’interno dell’Unione con l’emanazione di regole tecniche di regolamentazione (Regulatory Technical Standards) e di attuazione (Implementing Technical Standards), nell’ottica di assicurare la necessaria convergenza delle regole e delle prassi di vigilanza e di promuovere la sicurezza e la solidità dei mercati di vigilanza.

La BCE è tenuta a uniformarsi alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione emanate dell’EBA ma può, tuttavia, contribuire all’elaborazione di norme tecniche dell’EBA o segnalarle la necessità dell’emanazione di norme tecniche.

32Il Consiglio è un organo collegiale composto da un presidente e un vice-presidente, da quattro membri

eletti dal Consiglio direttivo della BCE(non coinvolti direttamente in politica monetaria) e da un rappresentante delle autorità di vigilanza nazionali di ciascun Stato dell’area euro. Al suo interno opera un Comitato Direttivo che assiste il Board nelle sue attività compresa la preparazione delle riunioni pur non avendo poteri decisionali.

(25)

25 In ogni caso, sebbene l’aggiustamento del quadro normativo abbia cercato di definire nel modo più netto possibile le competenze dell’ABE e della BCE, sussiste comunque un potenziale rischio di sovrapposizione.

Quanto affermato dal presidente dell’ABE sintetizza perfettamente la delicatezza del problema:“È importante identificare chiaramente le diverse responsabilità, per evitare sovrapposizioni nei ruoli che minerebbero l’efficienza e l’efficacia dell’intero sistema. Inoltre, è cruciale che sia preservata l’integrità del Mercato Unico, che comprende tutti i 28 Paesi dell’UE, evitando una polarizzazione tra l’area dell’euro e gli altri Stati membri ins e outs"33.

Lo squilibrio che la creazione dell’Unione Bancaria, con il conferimento di certi poteri alla BCE, ha inevitabilmente comportato, nei rapporti tra gli enti dell’Unione e i compiti loro assegnati, conduce ad una duplice considerazione: la prima, forse più semplice, è che occorre rivedere il quadro normativo complessivo in un’ottica di razionalizzazione dei compiti e dei poteri, anche attraverso la riduzione del numero degli enti esistenti; la seconda (auspicata da molti) riguarda la creazione di un nuovo ente che accentri sia le attività di regolamentazione secondaria che quelle di vigilanza34.

3.1.1 L’attività di vigilanza oggi: il Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (SREP).

Sulla base della normativa prudenziale, le autorità di vigilanza svolgono un regolare esercizio di valutazione e misurazione dei rischi a livello di singola banca. Nello specifico in questo momento fondamentale dell’attività di vigilanza, noto come “processo di revisione e valutazione prudenziale”35, si mette a fuoco la situazione dell’intermediario

in termini di requisiti patrimoniali, grandi rischi, limiti posti all’assunzione di partecipazioni e si esprime un giudizio sulla sua situazione attuale e prospettica che determina l’adozione di misure correttive in tempi prestabiliti.

In sé lo SREP non è nulla di nuovo dato che veniva svolto in precedenza dalle autorità di vigilanza nazionali. La novità nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico

33A. ENRIA, Presidente dell’Autorità Bancaria Europea - ABE - Il sistema bancario italiano nella

prospettiva della vigilanza europea, op. cit .

34M. CLARICH, "Come va cambiata la vigilanza bancaria europea", articolo disponibile in formiche.net

del 28 ottobre 2014.

(26)

26 è l’applicazione di una metodologia e una tempistica comuni a tutte le banche significative dell’area dell’euro.

Lo SREP si articola sostanzialmente in due fasi:

 una periodica: “ciclo di valutazione”;

 una eventuale: “correzione/follow-up”.

Il “ciclo di valutazione” si distingue in tre diversi momenti: la “pianificazione” che mira a individuare l’area della valutazione (profili di rischio, linee di business, entità giuridiche da esaminare), la tipologia di strumenti da utilizzare (approfondimenti a distanza, convocazioni di esponenti aziendali, accertamenti ispettivi), l’orizzonte temporale del “ciclo di valutazione”, la tempistica e l’estensione delle analisi da condurre; le attività di “controllo e analisi” che vengono svolte attraverso il confronto con gli intermediari mediante lo scambio di informazioni e consistono nella verifica dell’osservanza della normativa in materia di regole prudenziali, bilancio ufficiale e informativa al pubblico e nell’analisi della situazione aziendale con riguardo al procedimento aziendale di determinazione del capitale complessivo ritenuto adeguato dall’intermediario per fronteggiare i rischi assunti (ICAAP) e all’esposizione a tutti i rischi rilevanti assunti dall’intermediario e ai relativi presidi organizzativi, mediante il Sistema di Analisi Aziendale (SAA)36; la “valutazione” che si sostanzia nell’attribuzione

di un giudizio sulle aree di rischio e sui profili trasversali compresi nel Sistema di Analisi Aziendale e che confluiscono nel punteggio complessivo dell’intermediario.

In forma tabellare, il giudizio complessivo è rappresentata come segue: Figura 337

a RISCHIO STRATEGICO E SISTEMI DI GOVERNO E DI CONTROLLO

1-6

b RISCHIO DI CREDITO 1-6

c RISCHI FINANZIARI 1-6

36Il Sistema di Analisi Aziendale definisce le metodologie di analisi e i criteri di valutazione. Esso

consente di apprezzare l’esposizione ai rischi e l’adeguatezza dei relativi fattori di controllo per giungere alla formulazione del giudizio complessivo. Sulla base di specifici “schemi di analisi”, formano oggetto di valutazione: le aree di rischio (strategico; credito; mercato-incluso il rischio di controparte; liquidità; tasso d’interesse) e i profili trasversali (sistemi di governo e di controllo; redditività; adeguatezza patrimoniale). Si veda: GUIDA PER L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA Circolare n. 269 del 7 maggio 2008

37GUIDA PER L’ATTIVITÀ DI VIGILANZA Circolare n. 269 del 7 maggio 2008,6° Aggiornamento del

(27)

27

d RISCHIO DI LIQUIDITA’ 1-6

e RISCHI OPERATIVI E DI REPUTAZIONE 1-6

f REDDITIVITA’ 1-6

g ADEGUATEZZA PATRIMONIALE 1-6

GIUDIZIO COMPLESSIVO 1-6

Il punteggio complessivo è compreso in una scala da 1 a 6, nella quale il punteggio più alto esprime la valutazione peggiore dove si ha una grave inadeguatezza patrimoniale, ripetute irregolarità e violazioni della normativa di vigilanza mentre il punteggio più basso esprime la valutazione migliore caratterizzata dall’assenza di elementi di debolezza in ciascun profilo considerato e quindi da una situazione complessiva più che soddisfacente.

L’unica differenza la troviamo per gli intermediari appartenenti a gruppi cross-border, i cui giudizi di profilo e complessivo sono raccordati con quelli stabiliti dalle linee guida del CEBS/EBA.

Il ciclo di valutazione ha, generalmente, una durata annuale ma nel caso di intermediari caratterizzati da elevata complessità operativa, può avere una durata superiore in quanto si deve tener conto anche della ripartizione dei compiti nell’ambito dei collegi di supervisione e dei tempi necessari alle Autorità di vigilanza estere per espletare le attività di competenza.

In base agli esiti del ciclo di valutazione, nella fase della “correzione” vengono definiti, dove necessario, gli interventi correttivi, graduati in relazione alla tipologia e alla gravità delle anomalie riscontrate. Mentre nella fase di “follow-up” si procede a monitorare lo stato di attuazione del piano definito dall’intermediario per rispondere alle richieste della Vigilanza, alla luce dell’evoluzione dell’operatività e della situazione aziendale.

Grazie a questo processo di revisione, dunque, la vigilanza bancaria europea rende più sicure tutte le banche in quanto mediante la metodologia comune è possibile fornire ad ogni banca soggetta alla vigilanza della BCE indicazioni quantitative e qualitative specifiche, assicurando al tempo stesso parità di condizioni in Europa. Gli esiti del secondo processo di revisione e valutazione prudenziale, condotto nel 2016 su 123 enti

(28)

28 significati in 19 paesi, pubblicati dalla BCE dimostrano, infatti che la distribuzione dei rischi all’interno del sistema resta sostanzialmente stabile.

Figura 438

I requisiti patrimoniali aggregati per il 2017 richiesti alle banche soggette a vigilanza diretta rimangono comparabili a quelli per il 2016, con una media e una mediana del capitale primario di classe 1 (Common Equity Tier 1, CET139) pari a circa il 10%.

Oltre ai requisiti patrimoniali, la BCE ha imposto alle banche determinate misure di liquidità quantitative come un coefficiente di copertura della liquidità (liquidity coverage ratio, LCR) superiore al minimo regolamentare, un periodo di sopravvivenza minimo specifico, un importo minimo di attività liquide, nei casi di eccessivo ricorso alla provvista all’ingrosso a breve termine o di gestione inadeguata dei rischi associati alla gestione delle garanzie. Ha imposto inoltre misure qualitative per porre rimedio alle debolezze della governance.

3.2 Il Meccanismo di Risoluzione Unico.

Nel marzo 2014 Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico sulla realizzazione del secondo pilastro dell'Unione bancaria, il Meccanismo di risoluzione

38Da: Metodologia SREP dell’MVU -Edizione 2016- Parità di condizioni, Elevati standard di vigilanza,

Solida valutazione dei rischi; Banca Centrale Europea, www.ecb.europa.eu.

39Il CET1 rappresenta il capitale di qualità più elevata di una banca, costituito soprattutto da azioni

ordinarie, e misura la sua solidità patrimoniale. 0,02 0,44 0,43 0,11 0,02 0,47 0,4 0,11 1 2 3 4 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5

Risultati dello SREP complessivi 2015-2016

SREP 2015 SREP 2016

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