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LE INTERCETTAZIONI DI COMUNICAZIONI, TRA DISCIPLINA VIGENTE E PROSPETTIVE FUTURE

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LE INTERCETTAZIONI DI

COMUNICAZIONI,

TRA DISCIPLINA VIGENTE E PROSPETTIVE

FUTURE

INDICE

INTRODUZIONE………...

I. INTERCETTAZIONI: TRA GARANZIE

COSTITUZIONALI E CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

1. Le intercettazioni e la segretezza e l’inviolabilità della Comunicazione ………

2. Il contenuto dell’art. 15 della Costituzione in ordine all’oggetto: la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione………

3. L’art. 15 Cost. e l’autentico significato della

qualificazione espressa di inviolabilità

4. L’art. 15 nell’interpretazione della Corte costituzionale

5. Riserva di legge e di giurisdizione

6. Il quadro sovranazionale

7. La riserva di legge convenzionale: prevedibilità, finalità che giustificano l’intromissione, casi e modi di

intromissione………

(2)

II. L’ATTUALE REGIME GIURIDICO

1. Concetto di intercettazione

2. Art. 266 c.p.p.: limiti di ammissibilità

3. Art. 266 bis c.p.p.

3.1Il concetto di intercettazione del flusso di comunicazioni

3.2 I dati esterni della comunicazione telematica 3.3 La disciplina delle intercettazioni telematiche art. 266 bis c.p.p.

4. I presupposti dell’intercettazione ex art. 267 c.p.p.: i gravi indizi di reato; e l’intercettazione come atto assolutamente indispensabile

4.1 Deroghe ai presupposti ordinari

III. INTERCETTAZIONI INFORMATICHE

1. Intercettazioni informatiche: cosa sono

1.1 Differenza tra intercettazione informatica ed intercettazione telematica

1.2 Legge 23 dicembre 1993 n. 547

1.2.1 Diffusione reati informatici

1.2.2 Digital forensics e Computer forensics 1.2.3 Cenni storici

1.2.4 Esegesi della legge 23 dicembre 1993 n. 547

(3)

1.4 Cosa sono i trojan

1.5 Intercettazione con trojan, caso Torcasio

2. Acquisizione da remoto di dati digitali nel procedimento penale: evoluzione giurisprudenziale e prospettive di riforma

2.1 Indagini informatiche occulte mediante “virus trojan”: una vicenda complessa non ancora definita

2.2 L’uso dei captatori informatici, trojan, nelle intercettazioni “fra presenti”

2.3 Introduzione

2.4 Il contesto

2.4.1 L’ordinanza di remissione alle Sezioni unite

2.5 Le motivazioni della Corte

2.5.1 La definizione di captatore informatico e le proposte legislative in materia

2.5.2 Intercettazioni “ambientali” e intercettazioni “tra presenti”: la rilevanza del “luogo” nel decreto di autorizzazione

2.5.3 La disciplina derogatoria del d.l. 152/1991

2.5.4 I requisiti del decreto di autorizzazione delle intercettazioni “tra presenti”

2.5.5 L’ambito di applicazione della disciplina speciale: la definizione di “delitti di criminalità

organizzata”

2.6 La necessaria neutralità tecnica delle intercettazioni tra presenti

2.7 L’irrilevanza dell’indicazione del luogo ai fini della legittimità delle intercettazioni

2.8 Le fattispecie sostanziali selezionate dalla Corte

2.9 Evoluzione tecnologica delle indagini informatiche e tutela progressiva dei diritti fondamentali

2.10 Nuovi strumenti e nuove tutele

2.11 Questioni irrisolte e prospettive de iure condendo

IV. DDL 2067: RIFORMA ORLANDO

1. Premessa

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3. I contenuti del provvedimento

3.1 Quadro generale

3.2 La disciplina delle intercettazioni

4. Riforma Orlando, delega sulle intercettazioni

5. Più facile e frequente l’utilizzo dei trojan

6. L’utilizzo dei captatori informatici: le indicazioni delle S.U.

7. I profili tecnici contenuti dalla delega

8. L’ambito di applicazione delle disposizioni

9. Il coordinamento con le disposizioni di natura procedurale

V. RIFLESSIONI FINALI SULLA RIFORMA

ORLANDO DELLA GIUSTIZIA PENALE

BIBLIOGRAFIA………... GIURISPRUDENZA ………... SITOGRAFIA ………..

(5)

INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni si è sentito parlare sempre più spesso di intercettazioni, un termine che sta diventando sempre più utilizzato, e che, di conseguenza, è ormai entrato a far parte della nostra vita quotidiana.

Si sono venuti a creare però alcuni aspetti potenzialmente problematici a livello di interesse collettivo, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto il profilo pratico.

Nel contesto sociale odierno, hanno fatto ingresso anche le nuove tecnologie, accompagnate dal loro utilizzo molto spesso sistematico e spregiudicato.

Lo spazio pubblico è stato letteralmente invaso da una serie infinita di intercettazioni, imputabile tutto ciò soprattutto all’uso sconsiderato che i mezzi di comunicazione di massa hanno fatto delle nuove tecnologie, e così, da un lato vi sono state proteste sempre più fervide da parte di chi si è sentito danneggiato nel suo legittimo diritto alla privacy, mentre dall’altro, la stampa nazionale ha espresso il suo legittimo diritto ad informare, adducendo a sostegno della propria tesi che il diritto alla riservatezza deve “sopperire” di fronte all’interesse della collettività ad essere informata e ad avere notizie importanti e fondamentali e per la formazione dell’opinione pubblica.

La tematica in questione non poteva non riguardare anche giuristi e parlamentari, non solo per il fatto che le conversazioni intercettate e divulgate li riguardassero direttamente, ma soprattutto perché si possono contare numerose iniziative parlamentari sul tema, aventi lo scopo di regolamentare determinati aspetti, prova questa della delicatezza della tematica trattata e dell’ estrema difficoltà del

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tentativo di bilanciare due interessi contrapposti, da un lato la tutela della privacy, mentre dall’altro il diritto all’informazione.

Il presente lavoro è dedicato ad un excursus evolutivo del concetto di intercettazione, fino ad arrivare nello specifico ad analizzare la categoria delle intercettazioni telematiche, con i relativi profili di vantaggi e criticità.

Vi è poi una attenzione specifica dedicata allo strumento investigativo noto come captatore informatico, cd. trojan.

I “sistemi informatici di controllo da remoto” sono diventati indispensabili in qualsiasi tipologia di indagine, soppiantando di fattoi tradizionali mezzi di ricerca della prova.

Ed è alla luce di questa indispensabilità che viene in rilievo il pactum dolens, ossia trovare un corretto equilibrio tra le esigenze connesse all’accertamento del fatto, in ome della difesa sociale e la tutela dei diritti fondamentali degli individui coinvolti in tale accertamento

Ed è in questo contesto che merita a questo punto menzionare la parte sperimentale del lavoro, ossia la c.d. disciplina de iure condendo, individuata nel D.D.L. n. 2067, c.d. D.D.L. “Orlando”, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, presentato dal Ministro della giustizia Orlando di concerto con il Ministro dell’interno Alfano e con il Ministro dell’economia e delle finanze Padoan.

Il Titolo IV conferisce una delega al Governo per la riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario e, in materia di intercettazioni, fissa principi e criteri per garantire la riservatezza delle comunicazioni e per ridefinire le spese per le intercettazioni. Tra i principi si segnalano in particolare:

(7)

- le disposizioni per garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione;

- una nuova fattispecie penale per la diffusione del contenuto di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni telefoniche fraudolentemente captate, con la finalità di recare danno alla reputazione;

- una specifica disciplina restrittiva per le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni mediante i cd. trojan (cioè captatori informatici).

Lo scopo che si prefigge il DDL Orlando è questo :

per quanto riguarda le spese per le intercettazioni, l'obiettivo è un risparmio di costi di circa 80 milioni in tre anni; sono previsti inoltre principi a tutela della riservatezza delle comunicazioni ed é prevista, come anticipato sopra, una nuova fattispecie penale (punita con la reclusione non superiore a 4 anni), a carico di quanti diffondano il contenuto di conversazioni fraudolentemente captate, al solo fine di arrecare danno alla reputazione.

La punibilità è esclusa quando le registrazioni sono utilizzabili in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.

La riforma del processo penale previsto nel DDL in esame, ha come punti “caldi”:

- la delega sulle intercettazioni, della quale ci occuperemo nella seconda parte del nostro lavoro;

- l’ordinamento penitenziario;

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e contiene alcune norme che hanno destato perplessità da parte della magistratura, e che sono state causa di divisioni all’interno della maggioranza.

Ma, nonostante ciò, si è giunti recentemente all’approvazione anche da parte della Camera del presente decreto.

(9)

CAPITOLO I

INTERCETTAZIONI: TRA GARANZIE

COSTITUZIONALI E CONVENZIONE EUROPEA DEI

DIRITTI DELL’UOMO

SOMMARIO: 1. LE INTERCETTAZIONI E LA SEGRETEZZA E L’INVIOLABILITA DELLA COMUNICAZIONE 2. IL CONTENUTO DELL’ART. 15 IN ORDINE ALL’OGGETTO: LA LIBERTA E LA SEGRETEZZA DELLA CORRISPONDENZA E DI OGNI ALTRA FORMA DI COMUNICAZIONE 3. L’ART. 15 COST. E L’AUTENTICO SIGNIFICATODELLA QUALIFICAZIONE ESPRESSA DI INVIOLABILITA’ 4. L’ART. 15 NELL’INTERPRETAZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE 5. RISERVA DI LEGGE E RISERVA DI GIURISDIZIONE 6. IL QUADRO SOVRANAZIONALE 7. LA RISERVA DI LEGGE CONVENZIONALE: PREVEDIBILITA’, FINALITA’ CHE GIUSTIFICANO L’INTROMISSIONE, CASI E MODI DI INTROMISSIONE 8. L’UTILIZZAZIONE DEI RISULTATI ACQUISITI

1. Le intercettazioni e la segretezza e l’inviolabilità della Comunicazione

La libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, è prevista dall’art. 15 della Costituzione, ed è un diritto inviolabile. Si distingue dagli altri diritti per una più stringente tutela.

Così recita l’art. 15 Cost.:

“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”. Nel carattere della segretezza e della libertà di comunicazione, c’è la selezione con cui ognuno intende porsi in rapporto confidenziale o

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riservato con altri, esprimendo con chiarezza la volontà di volerne la divulgazione1.

Quello che emerge dal dibattito dottrinale è la specialità dell’art. 15 della Cost., rispetto agli altri diritti inviolabili.

Specialità che pare subito evidente confrontando l’art. 15 Cost. con gli articoli 13 e 14 della Costituzione, dedicati rispettivamente alla libertà personale e alla libertà di domicilio, inviolabili anch’esse, ma, in casi di urgenza, è consentita la loro compressione ad opera degli agenti di polizia (salvo convalida dell’auotorità giudiziaria). Facoltà questa non attribuita nella libertà di comunicazione. Il costituente ha infatti previsto che la limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Merita specificare che la libertà e la segretezza della corrispondenza incidono non soltanto sul diritto dell’indagato, ma anche sui soggetti terzi (conviventi, interlocutori occasionali), il che spiega appunto il carattere di specialità.

Il problema di incompatibilità tra la disciplina delle intercettazioni e il diritto inviolabile della segretezza sancito dalla Costituzione, si è posto sin dall’entrata in vigore della Costituzione rispetto all’art. 226 del previgente codice di procedura penale, il quale autorizzava gli ufficiali di polizia giudiziaria ad accedere agli uffici ed impianti telefonici di pubblico servizio per trasmettere, intercettare o impedire comunicazioni, prenderne cognizione o assumere altre informazioni, tali facoltà spettavano al giudice istruttore.

Quest’articolo presentava un difetto di garanzia, ed infatti intervenne la Corte Costituzionale che, invece di dichiararlo costituzionalmente illegittimo, procedette a fissare le garanzie

1L. Arcidiacono, A. Carullo, G. Rizza, Istituzioni di diritto pubblico, Bologna, Monduzzi, pag. 268.

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minime indispensabili per eseguire le intercettazioni in conformità al dettato costituzionale.

Fra le garanzie minime furono introdotte: la sindacabilità del decreto di autorizzazione all’attività di intercettazione ed il conseguente divieto di utilizzare i risultati ottenuti qualora il provvedimento risultasse carente; l’obbligo del segreto per chiunque partecipi alle operazioni d’ascolto; il dovere di acquisire agli atti solo il materiale probatorio rilevante per il giudizio; la predisposizione di servizi tecnici idonei ad assicurare un controllo effettivo dell’autorità giudiziaria sull’intercettazione in corso2.

Nei lavori preparatori del nuovo codice di procedura penale si è fatto riferimento ai principi indicati dalla Corte Costituzionale. Si rende necessaria inoltre un’ulteriore precisazione riguardo la linea di demarcazione tra libertà di comunicazione e libertà di manifestazione del pensiero, prevista quest’ultima dall’art. 21 della Costituzione.

L’art. 15 Cost. garantisce le sole espressioni di pensiero che non solo siano indirizzate a soggetti scientemente determinati ed individuati, ma anche siano state sottratte alla conoscibilità dei terzi, con le normali cautele a disposizione del mittente. Invece, l’art. 21 della Costituzione, tutela e disciplina quelle espressioni di pensiero che il soggetto intende ‹‹manifestare e diffondere›› rendendole pubbliche3.

Nulla ha a che vedere, invece, con le garanzie dell’art. 15 della Carta Fondamentale il divieto di intercettare le comunicazioni telefoniche intercorrenti tra imputato e suo difensore (art. 103,

2A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, pag. 5.

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comma 5 c.p.p.), il quale costituisce attuazione del diritto di difesa (art. 24 Costituzione)4.

2. Il contenuto dell’art. 15 della Costituzione in ordine all’oggetto: la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione

Dopo la breve introduzione effettuata al punto 1., vediamo più nel dettaglio la disciplina contenuta nell’art. 15 Cost..

Il suddetto articolo rappresenta una regola armonica ma, allo stesso tempo, a tratti complessa.

E’ molto importante quindi individuare l’oggetto della tutela costituzionale.

‹‹La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge››.

Così recita, a protezione della libertà e della segretezza delle comunicazioni, qui definite ‹‹inviolabili››, l’art. 15 Cost.

Da una prima e sommaria lettura della prima proposizione dell’art. in questione, appare evidente come l’oggetto della tutela costituzionale non sia rappresentato dalla “corrispondenza” e dalle “comunicazioni”, bensì dalla “libertà” e dalla “segretezza” di queste ultime5, ossia il rapporto che viene a crearsi tra il bene

4C. Di Martino, Procaccianti T., Le intercettazioni telefoniche, CEDAM, 2001, pag. 3.

5V. Italia, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, Milano, Giuffrè, 1961.

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corrispondenza o comunicazione ed i soggetti della comunicazione stessa6.

Il Costituente non ha, in maniera ragionata e volontaria, attribuito ai termini “corrispondenza” e “comunicazione” un particolare significato. Ciò perché, molto probabilmente, vi era la consapevolezza che una definizione scrupolosa e dettagliata sarebbe stata restrittiva in vista delle nuove tecnologie che nel tempo avrebbero fatto il loro ingresso nella realtà sociale quotidiana e, di conseguenza, modificato i sistemi di comunicazione, come tra l’altro è poi avvenuto.

Si parla quindi di una clausola c.d. aperta.

In particolar modo, merita evidenziare come il Costituente abbia voluto definire con un’accezione particolarmente ampia l’ambito di applicazione dell’art. 15 in merito al suo oggetto: non solo la corrispondenza in senso stretto (epistolare/telefonica/telegrafica), ma anche “ogni altra forma di comunicazione”.

Dunque, risulta essere oggetto della tutela, qualunque forma di comunicazione, dato che il soggetto titolare del diritto ha la piena libertà di scelta in merito al mezzo di corrispondenza, ‹‹anche in rapporto ai diversi requisiti di riservatezza che questo assicura, sia sotto il profilo tecnico, sia sotto quello giuridico››7.

Si può affermare quindi che, per definire l’oggetto della tutela costituzionale ex art. 15, non è necessario determinare la nozione di corrispondenza, quanto piuttosto quella più lata di comunicazione, al cui interno può ricomprendersi, come species particolare, anche il concetto di corrispondenza8.

6A. Valastro , Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, Milano, Giuffrè, 2001, pag. 109.

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Facendo riferimento al metodo di classificazione scientifica, i concetti di comunicazione e corrispondenza potrebbero essere classificati, rispettivamente, quali genere e specie.

Queste considerazioni non sono fine a se stesse, in quanto, ai fini della definizione dell’oggetto della tutela costituzionale ex art. 15, ci aiuteranno a distinguerlo, in maniera più adeguata, dall’ambito di applicazione di un altro diritto costituzionalmente garantito, ossia la libertà di manifestazione del pensiero, tutelata e garantita dall’art. 21 della Costituzione.

La libertà ex art 15 Cost. non è considerabile come una ‹‹sottospecie›› della libertà di manifestazione del pensiero, tutelata e garantita dall’art. 21 della Costituzione, dato che non vengono, da questa, tutelate le espressioni indirizzate ad un numero indeterminato di destinatari, bensì quelle indirizzate a soggetti determinati9 o

determinabili10.

Dunque, la chiave per individuare con esattezza il contenuto dell’art. 15 in ordine all’oggetto è la tutela della segretezza e, allo stesso tempo, per distinguerlo da un altro diritto garantito dalla Costituzione, quale l’art. 2111. Infatti, mentre le espressioni del

8P. Barile, E., Corrispondenza (libertà di), in Enc. dir., vol. X, Giuffrè, Milano, 1973, pag. 744 e ss; P. Caretti, U. De Siervo, Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli, Torino, 1996, pag. 599.

9P. Barile, E. Cheli, Corrispondenza (libertà di), in Enc. dir., vol. X, Milano, 1962, pag. 744; nonché A. Pace, Commento all’art. 15 Cost., in Commentario della

Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna, 1977, pag. 83 e ss.; per una lettura

sistematica degli articoli in commento, cfr. A. Valastro, Libertà di comunicazione e

nuove tecnologie, Milano, Giuffrè, 2001, pag. 155 e ss.

10A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996, pag. 16.

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pensiero tutelate dall’art. 15 sono principalmente indirizzate a destinatari preventivamente individuati (profilo della libertà), sottratte alla conoscibilità dei terzi tramite l’utilizzo di mezzi di comunicazione tecnicamente idonei a mantenere segreto e riservato il contenuto delle comunicazioni (profilo della segretezza), quali causa ed effetto del fatto che la libertà e la segretezza costituiscono i due aspetti inscindibili della medesima situazione soggettiva costituzionalmente garantita, al contrario, le espressioni del pensiero tutelate dall’art. 21 Cost., sono caratterizzate dall’intima intenzione del soggetto di voler “manifestare” e “diffondere”, e quindi, rendere pubblico, il contenuto delle stesse, vuoi per l’importanza che egli riconnette al pensiero in se stesso (che supera la persona del destinatario), vuoi per l’irrilevanza che egli attribuisce all’ eventuale conoscenza da parte dei terzi del contenuto del suo messaggio. In altre parole, la differenza ed il confine tra i due diritti garantiti dalla Carta Fondamentale è così ben individuata: affinché una data espressione del pensiero vada identificata come “comunicazione” è necessario che le modalità di trasmissione del pensiero, scritto o orale, siano tali da non rendere manifesto a terzi (cioè al pubblico) il contenuto del messaggio trasmesso.

Infatti, la “segretezza”, nel contesto dell’art. 15, non è soltanto una tecnica per garantire la “libertà” dell’espressione del pensiero, ma è altresì la principale caratteristica delle comunicazioni qui disciplinate.

Quindi, discorsi ad alta voce o corrispondenza su cartoline postali sono, sostanzialmente, manifestazioni e non comunicazioni di pensiero: come tali esulano dalla disciplina dell’art. 15, ben più garantistica di quella dell’art. 21 della Costituzione.

In conclusione: la definizione del contenuto dell’art. 15 in ordine all’oggetto riguarda quelle comunicazioni che, rivolte a soggetti ben determinati, sono necessariamente effettuate con l’uso di mezzi

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tecnicamente idonei a mantenere segreto e riservato il contenuto delle comunicazioni, in un contesto non pubblico o comunque non volontariamente aperto all’altrui conoscenza.

Pertanto, alla luce di tali conclusioni, ci si può rendere conto dell’importanza della norma rispetto al passato: con una radicale innovazione rispetto allo Statuto Albertino, l’art. 15 pone in essere la tutela di alcune forme di espressione del pensiero (segrete e riservate) diverse e diversificate rispetto alle manifestazioni intrinsecamente pubbliche, alla luce della quale il disegno sistematico del Costituente negli artt. 13, 14 e 15, si palesa in tutta la sua coerenza: tutelando la libertà della persona fisica, la libertà di domicilio e la libertà delle comunicazioni interindividuali, esso intendeva garantire, con riserva assoluta di legge e di giurisdizione, il minimo “inviolabile” della libertà umana12.

3. L’art. 15 Cost. e l’autentico significato della qualificazione espressa di inviolabilità

La protezione della “socialità” dell’uomo – intesa come l’invito a collegarsi spiritualmente coi propri simili, corrispondendo e comunicando con loro, nonché la garanzia che tali espressioni del pensiero possano liberamente giungere al destinatario – è assunta nell’art. 15 come aspetto inviolabile della persona umana13.

Recita, infatti, l’articolo in esame: “la liberta e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”.

È, pertanto, l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza il valore costituzionale sotteso dall’art. 15.

12P. Barile, E. Cheli, Corrispondenza (libertà di), in Enc. dir., vol. X, Milano, 1962, pag. 744; P. Caretti, Diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 275.

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Nella concezione di fondo del costituzionalismo moderno, i diritti vengono prima della costituzione, costituiscono un patrimonio soggettivo proprio e inalienabile dei cittadini e, anzi, da tali diritti nasce l’atto di delega ai rappresentanti, titolari del potere legislativo14.

In particolare, talune costituzioni – come la nostra – riconoscono ai diritti tradizionali l’appellativo di inviolabili; un’inviolabilità che va tenuta presente sotto un duplice profilo:

a) inviolabilità negativa, di fronte alla quale, per ciò che concerne i diritti, si arresta la possibilità di svuotamento o di eliminazione da parte dei poteri pubblici, compreso il potere di revisione costituzionale;

b) inviolabilità positiva, in forza della quale i diritti, se pure soggetti a bilanciamento e a comparazione con altri beni costituzionalmente protetti, hanno un’efficacia erga omnes ed esigono un’attuazione diretta nei rapporti della vita associata, sicché anche nell’interpretazione si deve tener presente la loro posizione privilegiata.

Premesso tutto questo, l’inviolabilità di cui parla l’art. 15, sebbene, per parte della dottrina, non coincida con l’insopprimibilità della presente libertà costituzionale attraverso procedura di revisione costituzionale15, tuttavia, non può non esprimere un peculiare grado

di protezione nei confronti di quegli interventi normativi, come tali, rivolti a disciplinare l’oggetto in questione.

In tal senso, l’introduzione di una norma sulla libertà di corrispondenza e il riconoscimento della sua inviolabilità costituiscono elementi di profonda discontinuità, quantomeno 14G. Morbidelli, L. Pegoraro, A. Reposo, M. Volpi, Diritto pubblico comparato, Filodritto, Torino, 2000, pag. 44.

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formale, rispetto allo Statuto Albertino che nel proprio catalogo delle libertà, non ne faceva alcuna menzione.

Orbene, il mutamento di prospettiva operato dai costituenti è stato realizzato essenzialmente attraverso due direzioni: da un lato, è stato ampliato l’oggetto della tutela, riconoscendo la garanzia costituzionale non più soltanto alla corrispondenza in senso stretto (epistolare, telefonica ed epistolare) ma, bensì, ad ogni altra forma di comunicazione; dall’altro, si è realizzato un rafforzamento della stessa tutela, conseguenza del fatto che la libertà in esame è stata inserita in una norma costituzionale rigida, cioè non suscettibile di essere modificata attraverso procedimento legislativo ordinario, determinando, a livello generale, un complesso di innovazioni rispetto alla passato16.

Sebbene in dottrina17 non manchino posizioni tendenti a

ridimensionare la portata innovatrice delle disposizioni costituzionali relative ai diritti inviolabili e, quindi, all’art. 15, ravvisando nell’atteggiamento dei Costituenti una certa arretratezza rispetto ai problemi reali che andavano emergendo, soprattutto a causa della ”contraddizione culturale” tra ispirazione ideologica volta a superare la vecchia concezione liberale dello stato, ed una cultura giuridica 16G. Bascheri, La Costituzione italiana, Firenze, 1949, pag. 89: l’autore ritiene che l’art. 15 presenta un “complesso di innovazioni” – riconoscimento della libertà, rilevanza costituzionale del diritto al segreto epistolare, la sua estensione ad ogni specie di comunicazione, riconoscimento a tutti questi diritti, norma diretta al legislatore di tutelarli anche di fronte ai privati – che si completano a vicenda e che rendendolo l’articolo in esame tecnicamente ”perfetto”

17A. Barbera, Commento all’art. 2, in Commentario della Costituzione (a cura di G. Branca), Zanichelli, Bologna - Roma, 1975, pag. 53: “l’autore citato raffigura i Costituenti come troppo impegnati nella disputa circa la priorità dei diritti sui doveri e della persona sullo stato, nel tentativo di pervenire ad un astratto equilibrio fra gli stessi, tale da non trovare energia e volontà nel tentare di abbattere una concezione impersonale ed astratta dello stato, che ne individua finalità ed interessi in maniera del tutto avulsa dagli interessi e dalle finalità delle singole comunità, dei singoli ceti e categorie, delle classe sociali”.

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che invece ne subiva ancora l’influenza18, tuttavia, l’inserimento dei

diritti inviolabili in un sistema costituzionale rigido ha prodotto, in ogni caso, una serie di conseguenze di indiscutibile rilievo.

La prima di queste consiste nel fatto che il connotato di inviolabilità costituisce un limite, non solo al potere esecutivo, ma anche al potere legislativo ordinario; infatti, sotto questo profilo, si riconosce, alle libertà inviolabili la c.d. forza espansiva: ovvero quella portata immediatamente precettiva che, se per un verso, impone al legislatore di uniformare l’ordinamento giuridico al nucleo essenziale dei valori della personalità tali da garantire “un livello minimo di garanzia”, per un altro, determina la sua diretta applicazione da parte dei giudici, anche in assenza di una specifica disciplina legislativa che ne regolamenti la materia19.

La seconda implicazione del concetto di inviolabilità risiede nell’aspetto che esso costituisce un limite anche all’intervento del legislatore costituzionale, ovvero la non sottoponibilità dei diritti inviolabili al procedimento di revisione costituzionale20.

In particolare, per quanto riguarda l’art. 15, sebbene le considerazioni appena fatte costituiscono solo alcuni dei corollari connessi alla categoria generale dei diritti inviolabili ex art. 2 Cost., 18A. Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, Giuffrè, Milano, 2001, pag. 89.

19Corte cost. 11 marzo 1993 n.81 in www.cortecostituzionale.it: La Corte ha precisato che “la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità comporta un vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo”.

20Corte cost. 29 dicembre 1988 n. 1146 in www.cortecostituzionale.it : La Corte ha riconosciuto l’esistenza nella Costituzione di alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro nucleo essenziale neppure la leggi di revisione costituzionale e ha ricondotto, a tali principi supremi, l’intera categoria dei diritti inviolabili”.

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ulteriori e più particolari osservazioni si richiedono nell’analizzare il connotato di inviolabilità che la Costituzione attribuisce alla libertà di comunicazione: l’aspetto che il Costituente abbia espressamente qualificato alcuni diritti come inviolabili (artt. 13, 14, 15 e 24 Cost.), impone, infatti, di attribuire a tale qualifica un significato diverso rispetto a quello di “irrivedibilità costituzionale”, solitamente riservato alla categoria generale dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost., ovvero una qualificazione espressa di inviolabilità, a cui fa riferimento l’articolo in esame, da intendersi diversamente, sia rispetto all’art. 2 Cost., norma cardine che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia come nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, sia rispetto agli artt. 13 e 14. Cost., i quali, nel disegno sistematico del Costituente, erano chiamati a garantire, insieme con l’articolo 15, il minimo “inviolabile” della libertà umana.

In particolare, in riferimento alla prima considerazione, mentre nell’art. 2 Cost. la garanzia dell’inviolabilità ha un raggio di riferimento semantico molto ampio, una fattispecie a carattere aperto21 a cui deve ricondursi, essenzialmente, il carattere della

irrivedibilità costituzionale22, invece, l’inviolabilità di cui all’art. 15,

dovrebbe intendersi come “preferenza in caso di dubbio”, nel senso che le situazioni giuridiche soggettive garantite da tale norma, qualora si verificasse una collisione con altre libertà o poteri

21A. Barbera, C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, il Mulino, pag. 124: “tesi fatta propria dalla Corte Costituzionale per cui la stessa considera l’art. 2 un testo c.d. a fattispecie aperta, suscettibile cioè di garantire tutela costituzionale ai nuovi diritti che vengano considerati come inviolabili dal corpo sociale e siano perciò riconosciuti dal legislatore o dalla giurisprudenza o dalle dichiarazioni universali”.

22Corte cost. 29 dicembre 1988 n.1146 e 23 luglio 1991 n.366 in www.cortecostituzionale.it

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costituzionalmente rilevanti, debbono comunque essere preferite nel bilanciamento costituzionale23.

Tuttavia, non manca chi in dottrina, giungendo alla medesima conclusione (una diversa connotazione di inviolabilità tra le norme costituzionali in esame) , parla della c.d. scala di valori costituzionali: ovvero la considerazione che, accanto ai diritti inviolabili originari o generali (la libertà personale, la libertà domiciliare, la liberta delle comunicazioni) esistano i diritti inviolabili derivati o speciali (altri diritti fondamentali connessi al possesso di più particolari status), in ragione della quale, la gerarchia di valori costituzionali che se ne verrebbe a delineare, determinerebbe una sorta di graduazione tra gli stessi, determinando una posizione di preferenza per i diritti connotati da espressa inviolabilità24.

Pertanto, alla luce delle considerazioni appena fatte, riconosciamo all’inviolabilità espressa di cui all’art. 15 Cost. una ”duplice caratterizzazione”: infatti, mentre in base all’art. 2 Cost. il diritto ad una comunicazione libera e segreta è inviolabile nel senso generale che il suo contenuto essenziale non può essere oggetto di revisione costituzionale, in quanto incorpora un valore della personalità avente carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal Costituente, invece, il base all’art. 15 Cost. lo stesso diritto è inviolabile nel senso che è norma di preferenza nel bilanciamento con altri diritti costituzionalmente garantiti, il cui contenuto di valore (le situazioni giuridiche soggettive garantite da tale norma) non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in 23A. Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, Giuffrè, Milano, 2001, pag. 93.

24Non mancano pronunce favorevoli: Corte cost. 6 Aprile 1995 n. 108 in www.cortecostituzionale.it

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ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante25.

Per quanto riguarda, invece, la seconda considerazione (rapporto tra l’art. 15 e gli artt. 13 e 14), possiamo sin d’ora anticipare che, da una lettura sistematica delle tre libertà costituzionali, l’articolo in esame, sottintende ad un diverso ed ulteriore significato di inviolabilità.

In particolare, così come già ricordato, l’art. 15 Cost., dichiarando inviolabili “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”, ha inteso fondere, in un’unica norma, la libertà e la segretezza quali aspetti inscindibili della medesima situazione soggettiva costituzionalmente garantita; in questo modo, si è inteso tutelare la possibilità di far pervenire liberamente ad un dato destinatario determinate forme espressive (profilo della libertà), senza che i terzi possano prendere conoscenza del contenuto del messaggio (profilo della segretezza); in altri termini: l’articolo in esame tutela, non solo il diritto della persona a comunicare segretamente con destinatari determinati ma anche, e in particolar modo, il diritto del destinatario a raccogliere l’espressione del pensiero senza l’interferenza di terzi.

Pertanto, ancora una volta, è lo stretto rapporto tra libertà e segretezza, e la conseguente duplice forma di tutela, sia dell’autore, sia del destinatario della comunicazione, la chiave di lettura per individuare nell’articolo in esame, rispetto agli artt. 13 e 14 Cost., un’ulteriore e diversa specificazione del significato di inviolabilità. Giungiamo a quest’ultima conclusione se analizziamo le proposizioni contenute nelle norme poste a garanzia della libertà personale e domiciliare.

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Entrambe, infatti, attribuiscono agli organi di polizia poteri provvisori limitativi delle due libertà in questione, cosa che invece non si evince da una attenta lettura dell’art. 15.

Lo stesso infatti semplicemente recita: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

A questo punto ci si potrebbe chiedere per quale ragione il Costituente non abbia attribuito agli organi di polizia, sul modello degli artt. 13 e 14 Cost., poteri provvisori limitativi del diritto in esame, considerato che l’iniziale disegno prevedeva una contestuale ed uniforme disciplina dei tre aspetti “inviolabili” della persona umana da racchiudersi in un’unica norma, tale da tutelare congiuntamente la libertà in senso fisico e la proiezione spaziale e spirituale della persona26.

Orbene, questa apparente “anomalia” , per molto tempo, è stata ritenuta priva di una giustificazione razionale27 e, di conseguenza,

mentre da un lato è stata suggerita la revisione costituzionale dell’art. 15 Cost.28, dall’altro si è audacemente sostenuta la possibilità di una

interpretazione estensiva del 2° comma dell’art. 15 “con le garanzie stabilite dalla legge”, tale da equipararlo alla formula del 2° comma dell’art. 14 che richiama il 3° comma dell’art. 13 Cost. “in casi 26F. Caprioli, Colloqui riservati e prova penale, Giappichelli, Torino, 2000, pag.60; P. Caretti, U. De Siervo, Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli, Torino, 1996, pag. 598.

27A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali., Cedam, 2003, pag. 251

28V. Italia, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, Milano, Giuffrè, 1961, pag.134.

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eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”29.

In realtà, un attento esame dei lavori preparatori fa ritenere che l’assenza non è dovuta ad una svista, dato che nei Costituenti erano presenti gli abusi che si sarebbero certamente verificati, qualora fossero stati attribuiti agli organi di polizia, sul modello fascista, poteri provvisori, anche se sottoposti a successiva convalida dell’autorità giudiziaria: le intercettazioni delle comunicazioni costituiscono, infatti, delle restrizioni che, sotto certi aspetti, possono essere considerate anche più gravi di quelle disposte a carico delle libertà di cui agli artt. 13 e 14 Cost.

In tal senso, alla luce di tutto questo, riteniamo che la mancata attribuzione agli organi di polizia di poteri provvisori limitativi dell’art. 15, in virtù dello stretto rapporto tra libertà e segretezza, possa essere da sostegno verso una diversa ed ulteriore connotazione del concetto di inviolabilità: infatti, mentre la libertà personale e domiciliare, e le relative limitazioni colpiscono solo il soggetto sottoposto a procedimento penale, invece nelle restrizioni della libertà di comunicazione è sempre coinvolto un terzo la cui sfera di riservo viene perciò incisa anche quando quest’ultimo non sia incorso in alcuna violazione di precetti giuridici e nei cui confronti, quindi, l’intrusione dell’autorità (di polizia) non trova alcuna giustificazione di necessità e di urgenza processuale. Inoltre, mentre, perquisizioni ed ispezioni personali compiute dalla polizia

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comportano nel soggetto consapevolezza nelle limitazioni che sta subendo, invece, nelle intercettazioni lo stesso limite non opera30.

Pertanto traendo le opportune conclusioni, si può affermare che l’inviolabilità di cui all’art. 15, rispetto agli artt. 13 e 14 Cost., denoti un’ulteriore e specifica connotazione: protezione da altri organi dello stato, quali gli organi di polizia, da eventuali abusi e subdole ingerenze, in cui il bene giuridico della segretezza non è sacrificabile da parte dell’autorità di polizia nei casi di necessità ed urgenza, condizioni necessarie per l’adozione di misure precautelari limitative della libertà personale domiciliare.

4. L’art. 15 nell’interpretazione della Corte Costituzionale L’art. 15 Cost. dichiara inviolabili “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”.

E aggiunge al 2° comma che “la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Da una prima lettura, si può desumere come il Costituente abbia imposto una duplice riserva, di legge e di giurisdizione, a garanzia delle “inviolabili” libertà e segretezza delle comunicazioni; in tal modo si è attribuito al legislatore in subiecta materia il monopolio normativo e all’autorità giudiziaria il potere, sostanzialmente esclusivo, nel valutare i presupposti per l’adozione di atti, adeguatamente motivati, che incidono su di essa.

30G. Corso, L’ordine pubblico, il Mulino,Bologna, 1979, pag. 212: “la differente disciplina dettata dagli artt. 13 e 14 Cost., da un lato, e dall’art. 15 Cost., dall’altro, è stato interpretato in varie guise. Di recente è stata spiegata in modo persuasivo con il richiamo ad una duplice ragione. La prima è che la misura restrittiva della libertà e della segretezza della comunicazione colpisce non solo il soggetto inquisito, ma anche un’altra persona (l’interlocutore telefonico, il mittente o il destinatario della lettera); la seconda è connessa alla maggiore facilità con cui, di fatto, l’intercettazione può essere compiuta dalla polizia, a fronte di perquisizioni personali perché, mentre queste trovano una remora nella presenza fisica dell’interessato (e comunque nella consapevolezza, da parte sua, delle limitazioni che sta subendo), lo stesso limite non opera nelle intercettazioni”.

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L’affermazione di tale libertà rappresenta il terzo aspetto di un unico disegno sistematico del Costituente in merito alla disciplina degli inviolabili diritti della persona.

Infatti, così come l’art. 13 tutela la libertà personale, e l’art. 14 tutela il domicilio, allo stesso modo, l’art. 15 tutela la libera e segreta comunicazione del soggetto.

La conferma di tutto questo è rinvenibile guardando al passato, ai lavori dell’Assemblea Costituente del 1948.

Si rileva, in tal senso, quale fosse l’intenzione dell’Assemblea Costituente: riunire, in un unico articolo, una sola norma che garantisse un più generico “diritto costituzionale all’inaccessibilità (o intimità) della propria sfera privata, da intendersi come diritto a coltivare la propria personalità in ambiti spirituali (libera segreta comunicazione) e spaziali (il domicilio) sottraendoli all’ascolto e all’osservazione degli estranei“31.

La locuzione utilizzata dal Costituente “con le garanzie stabilite dalla legge” non equivale esattamente alla dizione “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge”, utilizzata dall’art. 13 Cost.32 e alla quale

rinvia l’art. 14 Cost.33.

Ciò lascerebbe intendere qualcosa di più: si potrebbe ipotizzare, sulla base di una interpretazione sistematica34, che “oltre alle garanzie

consistenti nelle riserve anzidette, in se stesse considerate, altre 31F. Caprioli, Colloqui riservati e prova penale, Giappichelli, Torino, 2000, pag.60.

32Art. 13 Cost. : La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa lacuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

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(garanzie) debbano essere istituite dalla legge o secundum legem”35,

infatti, l’espressione usata dall’art. 15 comma 2, rispetto all’art. 13, sembrerebbe alludere ad un quid pluris rispetto alla mera predeterminazione dei casi e dei modi nei quali si ammette la compressione del valore tutelato.

Tale ipotesi indurrebbe alla conclusione secondo cui quel quid pluris, così come variamente ipotizzato in dottrina, potrebbe essere individuato nel ruolo svolto dalla Corte Costituzionale, e nell’operato del legislatore, anche e soprattutto alla luce delle diverse indicazioni fornite dal giudice delle leggi.

Il grande merito della Consulta è stato quello di avere rimediato, in via interpretativa, a quello che in dottrina era stato ritenuto un serio difetto dell’art. 15 Cost. : imporre al legislatore la fissazione di “garanzie” senza specificare quali esse siano36.

La Corte, oltre a chiarire i parametri che dovevano guidare l’autorità giudiziaria nella decisione sul provvedimento autorizzativo, si è impegnata in una difficilissima ricostruzione dell’intero istituto,

33Art. 14 Cost. : Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

34R. Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, Giuffrè, Milano, 1993, pag. 378.

35L. Filippi, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997, pag. 42; Mazziotti di Celso M., Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, Giuffrè, Milano, 1993, pag. 261; Marinelli C., Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca

della prova, Giappichelli, Torino, 2007, pag. 69.

36A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, pag. 3 ss

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volta ad individuare quali, fra le possibili cautele, dovessero essere considerate come doverose.

Pertanto, la normativa in esame è stata valorizzata anche e soprattutto alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, quid pluris sottointeso dalla norma costituzionale in esame, cui si deve l’enucleazione di ulteriori margini di tutela che assurgono a condizioni necessarie di legittimità della legge ordinaria. In una celebre sentenza della Corte Costituzionale37 vennero

ricavate dall’art. 24 Cost. e dai principi generali del processo penale, regole implicite contenute nel codice di procedura penale.

In quella occasione la Consulta affermò che l’eccezione di costituzionalità in relazione all’art. 15 Cost. era infondata: “la norma costituzionale, non si limita a proclamare l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione ma enuncia che la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Nel precetto costituzionale trovano, in tal senso, protezione due distinti interessi: quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità dall’art. 2 Cost., e quello connesso all’esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale, inoltre la compressione del diritto alla 37Corte Cost. 6 aprile 1973, n. 34., in www.cortecostituzionale.it. Nella fattispecie concreta, il Tribunale di Bolzano, dopo aver rilevato che uno dei principali indizi a carico degli imputati era stato acquisito nel corso delle indagini preliminari per mezzo di intercettazioni dell’apparecchio telefonico dell’albergo dove si sospettava che avvenissero gli incontri organizzati dagli imputati, pronunciava ordinanza con la quale sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 266 c.p.p. ultimo comma (ormai abrogato) per violazione degli artt. 15 e 24 Cost. In tale ordinanza, il giudice a quo rilevava che l’intercettazione telefonica era un mezzo di indagine lesivo della facoltà riconosciuta anche a chi sia soltanto indiziato o sospettato di un reato (indagato), di non rispondere agli interrogatori degli inquirenti: infatti, mediante l’intercettazione, vengono ricavate dalla voce dell’indagato ammissioni di argomenti di prova che possono poi essere utilizzati contro lo stesso.

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riservatezza delle comunicazioni telefoniche, che l’intercettazione inevitabilmente comporta, non resta affidata all’organo di polizia ma si attua sotto il diretto controllo del giudice“ ; pertanto, il rispetto dell’art. 15 Cost. si ha nel lasciare alla valutazione del magistrato il contemperamento dei due interessi costituzionali protetti, accertando, di volta in volta, se ricorrono effettive esigenze che legittimano tale mezzo di ricerca della prova e se sussistono fondati motivi per ritenere che mediante lo stesso possono essere acquisiti argomenti di prova positivi per le indagine in corso.

La Corte Costituzionale nella sentenza in esame, non si è limitata ad individuare gli interessi distinti che la norma costituzionale sottintende, ma si è soffermata su quali siano le ulteriori garanzie richieste per il rispetto della norma ex art. 15 Cost.38: il giudice deve

dare adeguata e specifica motivazione al provvedimento autorizzativo; il decreto di autorizzazione deve stabilire la durata delle intercettazioni; ogni proroga deve essere giustificata da una motivata e concreta esigenza; la necessità di servizi tecnici idonei a far si che l’autorità giudiziaria possa controllare in fatto che si proceda solo alle intercettazioni autorizzate e nel limite delle stesse invitando il legislatore, sul punto, a realizzare opportuni interventi legislativi; ulteriori garanzie di ordine giuridico riguardanti i limiti entro i quali il materiale raccolto, attraverso intercettazioni, possa essere utilizzato come prova del dibattimento.

Sull’ultimo punto la Consulta dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale riferita all’art. 24, comma 2 Cost. sulla quale si sofferma l’ordinanza di rimessione del giudice a quo.

38Ulteriore indizio a favore della tesi secondo cui, la diversa locuzione utilizzata dall’art. 15 Cost. rispetto agli artt. 13 e 14 Cost., sembrerebbe alludere volontariamente ad un quid pluris rispetto alla duplice riserva, di legge e di giurisdizione, ovvero un qualcosa di più rinvenibile nel ruolo della Corte Costituzionale e nell’operato del legislatore, anche e soprattutto alla luce delle diverse indicazioni fornite dal giudice delle leggi.

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Specifica la Corte che “il richiamo della garanzia del diritto di difesa, in collegamento con la facoltà oggi riconosciuta all'imputato di serbare il silenzio dinanzi all'autorità giudiziaria o all'ufficiale di polizia giudiziaria interrogante, non é affatto pertinente alla ipotesi di indagine preliminare effettuata col mezzo delle intercettazioni telefoniche che viene in considerazione.

La garanzia del diritto al silenzio é una recente specificazione del diritto di difesa enunciato dalla Costituzione e che il legislatore del 1969 ha introdotto nel nostro ordinamento unicamente con riferimento alla situazione dell'interrogatorio dell'imputato, cioè è riferita unicamente all’ipotesi in cui l’indagato viene posto in contatto diretto con l’autorità procedente : scopo dell’istituto è quello di rafforzare la libertà morale dell’indagato, per sollevarlo dallo stato di soggezione psicologica in cui possa venire a trovarsi a cospetto dell’autorità e per porlo al riparo da eventuali pressioni che su di lui possono essere esercitate” ; pertanto, poiché durante l’intercettazione, il soggetto non è posto a confronto diretto con l'autorità, non può subire pressioni e, quindi, non può invocare il diritto a non rispondere39.

Il ruolo della Corte Costituzionale è stato tale da avere individuato, a più riprese, quei parametri ai quali si sarebbe dovuto rifare il legislatore nel regolare la materia.

39Secondo la dottrina maggioritaria, quest’ultima considerazione è espressiva di un sistema caratterizzato da un’irrimediabile antinomia: infatti, l’istituto delle intercettazioni, pur puntando essenzialmente a captare inconsapevoli confessioni, è collocato all’interno di un sistema processuale che garantisce il principio del Nemo

tenetur se detegere . Così Conso G., Grevi V. in Commentario breve al c.p.p.,

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In una pronuncia del 199140 viene affermato che il diritto tutelato

dall’art. 15 Cost. rientra tra i valori supremi dell’ordinamento, tanto da essere qualificato come “diritto inviolabile”.

In tal senso, ne viene sottolineata la stretta attinenza al nucleo essenziale dei valori della personalità “che inducono a qualificarlo come parte necessaria di quello spazio vitale che circonda la persona senza il quale questa non può esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana.

Tale inviolabilità comporta una duplice caratterizzazione: in base all’art. 2 Cost., il diritto a una comunicazione libera e segreta è inviolabile, nel senso generale che il suo contenuto essenziale non può essere oggetto di revisione costituzionale, in quanto incorpora un valore della personalità avente un carattere fondante rispetto al sistema democratico voluto dal Costituente; in base all’art. 15 Cost., lo stesso diritto è inviolabile nel senso che il suo contenuto di valore non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante”.

Il riconoscimento dell’inviolabilità dell’art. 15 Cost. per mano della Consulta può essere spiegato quale apertura della stessa giurisprudenza costituzionale, nel solco già tracciato dalla dottrina tedesca41, verso il riconoscimento di un Wesensgehalt, inteso come il

contenuto essenziale dei diritti, non comprimibile, impiegato per indicare che un certo assetto degli interessi è squilibrato perché uno degli interessi in gioco è di fatto negato: un limite di resistenza al bilanciamento, collegabile ai principi supremi dell’ordinamento costituzionale, per proteggere gli stessi da eventuali erosioni causate 40Corte Cost., 23 Luglio 1991, n.361 cit.

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dall’ingresso di norme non nazionali , nonché dalla stessa revisione costituzionale42.

In tal senso, tramite il Wesensgehalt, si distingue tra il diritto, il suo contenuto essenziale e le modalità concrete di tutela e applicazione in modo che, distinguendo il nucleo forte del diritto dal suo ambito di applicazione, si possono individuare gli interessi in gioco: ciò ha consentito alla Consulta, nella sentenza prima citata, di estrapolare dalla norma gli interessi in gioco, la riservatezza di ogni forma di comunicazione e la repressione del crimine, e di individuare quali tra i due interessi concorrenti fosse stato sacrificato a vantaggio dell’altro.

Questo argomento interno alla strategia del bilanciamento ha portato la Corte Costituzionale a chiarire che “le intercettazioni, poiché dotate di una formidabile capacità intrusiva, estremamente penetrante, in grado di invadere anche la privacy di soggetti terzi, necessitano di condizioni di validità particolarmente rigorose, commisurate alla natura indubbiamente eccezionale dei limiti opponibili a un diritto personale di carattere inviolabile, quale la libertà e la segretezza delle comunicazioni “.

Inoltre, un’ulteriore disamina sulla giurisprudenza costituzionale italiana porta a considerare una sentenza del 199443 in cui l’art. 15

Cost. viene utilizzato come parametro per dichiarare manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 270 c.p.p., comma 1, sollevata dal giudice a quo, nella parte in cui consente l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti, solo limitatamente ai casi in cui esse “risultino

42WWW.ROBERTOBIN.IT

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indispensabili per l’accertamento dei delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza”.

La Corte afferma in tal senso che, una trasformazione della disciplina tale da permettere la piena utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni nell’ambito di procedimenti penali diversi da quelli per i quali le stesse erano state disposte, sarebbe “apertamente contrastante con le garanzie poste dall’art. 15 Cost. a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni, dal momento che trasformerebbe l’intervento del giudice in un’inammissibile autorizzazione in bianco a disporre le intercettazioni, con conseguente lesione della sfera privata legata al riconoscimento del diritto inviolabile di libertà di comunicazione al connesso dovere di riservatezza incombente su tutti coloro che, per ragioni d’ufficio, vengano a conoscenza di fatti inerenti quella sfera”.

Precisa la Consulta che i limiti imposti da detta norma si riferiscono soltanto a processi diversi e all’utilizzabilità di quei risultati come elementi di prova, mentre non escludono la possibilità di dedurre notizie di reato dalle intercettazioni legittimamente disposte nell’ambito di un altro procedimento44.

Inoltre, scopo del divieto sancito all’art. 270 comma 1 c.p.p. è quello di evitare che, attraverso l’uso delle intercettazioni in altro procedimento, perda di significato la garanzia costituzionale della motivazione: si osserva, infatti, che il giudice non provvederebbe ad un vaglio preventivo, in quanto i presupposti per il rilascio del decreto sono stati già accertati, ma solo in riferimento ad un contesto investigativo indifferente, che non riguarda la posizione dell’indagato nel procedimento ad quem45.

44A. Nappi, sub artt. 266-271 in c.p.p. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, Vol.

III, Milano, 2003, pag. 381

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Ancor di più, la ratio della disposizione risiede nell’esigenza che l’atto giudiziale di autorizzazione delle intercettazioni, in linea con la riserva di giurisdizione, debba essere puntualmente motivato nel senso che in esso debbano essere predeterminati, sia i soggetti da sottoporre al controllo, sia i fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede: la mancanza della garanzia rappresentata dal controllo preventivo del giudice giustifica che le informazioni ottenute a seguito di intercettazioni disposte nell’ambito di un determinato procedimento, sulla base di un dato provvedimento autorizzativo, non siano utilizzabili nell’ambito di un diverso procedimento46.

Diversamente, si osserva in dottrina, l’impiego trasversale delle intercettazioni da un procedimento ad un altro può suscitare sospetti di legittimità costituzionale in rapporto sia al mancato rispetto della riserva di giurisdizione, dal momento che sul nuovo reato è mancata la garanzia del previo intervento del giudice, sia all’art. 3 Cost., perché situazioni identiche subiscono un trattamento diverso a seguito di un evento (la riunione o la separazione dei procedimenti) puramente casuale: la norma, dunque, evitando il verificarsi di queste “patologie”, è in linea con la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 15 Cost.

La Corte Costituzionale, come si può notare dalle sentenze esaminate, è stata ripetutamente chiamata ad affrontare numerosi dubbi di costituzionalità sulla disciplina delle intercettazioni.

46L. Filippi, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997, pag. 182: “ la ratio del divieto sta nel fatto che l’impiego dei risultati delle intercettazioni in un altro procedimento fa venire meno la garanzia del previo atto motivato dell’autorità giudiziaria sul diverso fatto, sul quale è mancato il controllo giurisdizionale in ordine alla sussistenza dei presupposti che garantiscono la legittimità dell’intercettazione) “.

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Benché si tratti, come è ovvio che sia, di pronunce totalmente diverse, la Suprema Corte si è sempre appellata all’esigenza di un contemperamento tra due opposti interessi costituzionalmente rilevanti: da un lato, l’inviolabilità della libera e segreta corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art. 15 Cost.), dall’altro, garantire l’esercizio dell’azione penale, repressiva dei fatti costituenti reato (art. 112 Cost.).

In tal senso, alla luce delle recenti prospettive di riforma, si spera che l’azione riformatrice del legislatore possa tenere in considerazione quel quid pluris rappresentato dalle diverse pronunce della Corte Costituzionale, in modo che i dubbi di costituzionalità sollevati nel passato non debbano ripresentarsi in un imminente futuro.

5. Riserva di legge e riserva di giurisdizione

Come detto, l’art. 15 Cost. pone a protezione della libertà e segretezza delle comunicazioni una duplice riserva, di legge e di giurisdizione.

Quanto alla prima, assoluta, preme evidenziare come la Costituzione, nel demandare unicamente alla legge il compito di disciplinare la materia, imponga al legislatore di stabilire i «casi» nei quali libertà e segretezza delle comunicazioni possono essere limitate; di precisare gli scopi della misura limitativa47; e di

apprestare le necessarie garanzie in merito.

Critica, al riguardo, la dottrina48, la quale ha stigmatizzato il fatto

che il codice di rito, nel consentire le intercettazioni, non apponga 47V. Grevi, Intercettazioni telefoniche e principi costituzionali, in Riv. it. dir. proc.

pen., 1971, pag. 1074.

48L. Filippi, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997, pag. 49 e ss.

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alle medesime alcun serio limite oggettivo e soggettivo. Sotto il primo profilo, infatti, esso, se, da un lato, non struttura il ricorso allo strumento istruttorio di cui trattasi in termini di extrema ratio cui ricorrere unicamente laddove altri mezzi di ricerca della prova non abbiano sortito effetti, dall’altro lato, non limita le captazioni a reati di particolare gravità, consentendole anche in relazione a crimini di modesto allarme sociale.

Gli artt. 266 e ss. c.p.p., inoltre, non impongono alcuna proporzionalità tra sacrificio della segretezza delle comunicazioni ed esigenze della repressione penale, non prescrivendo in nessun modo al giudice di arrecare la minore lesione possibile del bene costituzionalmente protetto.

Al giudicante, dunque, non è ordinato di graduare il potere limitativo di detta segretezza, autorizzando, a seconda dei casi, la sola acquisizione dei dati esterni delle conversazioni, ovvero (anche) le intercettazioni (telefoniche, ambientali extradomiciliari e domiciliari).

Ancora. La legge processuale consente che le intercettazioni disposte in relazione al reato di minaccia col mezzo del telefono possano costituire il primo atto di indagine.

Non impone che le captazioni possano essere esperite unicamente nell’ambito di un procedimento penale già radicatosi.

Non prevede alcuna «durata ragionevole» delle stesse, consentendo che esse si protraggano fino alla sentenza definitiva, laddove finalizzate alla ricerca del latitante (art. 295 comma 3 c.p.p.). Non appresta alcun mezzo di impugnazione avverso il provvedimento che decide sulla richiesta di limitare la segretezza delle comunicazioni. Con riguardo al profilo soggettivo, infine, si è osservato come «l’assenza di indicazioni legislative sul soggetto passivo dell’intercettazione faccia sì che questa sia divenuta un metodo ordinario sia di investigazione, sia di ricerca del latitante, sia

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di prevenzione; le intercettazioni probatorie sono anzi utilizzate per ottenere dalla persona informata sui fatti le informazioni utili per l’indagine, sacrificando la segretezza delle comunicazioni di questa e di tutti coloro che per caso comunicano con essa, anziché procedere all’assunzione del mezzo di prova tipico (testimonianza o sommarie informazioni)».

Quanto alla riserva di giurisdizione, preme evidenziare come i giudici costituzionali abbiano affermato la necessità che l’atto dell’autorità giudiziaria sia sorretto da adeguata e specifica motivazione, idonea a dimostrare la concreta sussistenza di esigenze istruttorie49.

A tal proposito, la Corte Costituzionale, se, già con la sentenza n. 34 del 1973, ebbe a puntualizzare che, «nel nostro sistema, la compressione del diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche si attua sotto il diretto controllo del giudice, il quale nelle proprie valutazioni deve tendere al contemperamento dei due interessi costituzionali protetti, onde impedire che il diritto alla riservatezza venga ad essere sproporzionatamente sacrificato dalla necessità di garantire una efficace repressione degli illeciti penali»50,

nella successiva sentenza n. 366 del 1991, ha ribadito che «l’atto dell’autorità giudiziaria deve essere puntualmente motivato, nel senso che in esso devono quantomeno essere predeterminati sia i soggetti da sottoporre al controllo, sia i fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede»51.

49Corte Cost., 26 febbraio 1993, n. 81, cit.; Corte Cost., 23 luglio 1991, n. 366, cit.; Corte Cost., 6 aprile 1973, n. 34, cit.

50Corte Cost., 6 aprile 1973, n. 34, cit.

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Sotto altro profilo, si è sottolineato in letteratura come, benché la norma costituzionale si limiti a parlare genericamente di «autorità giudiziaria», debba pacificamente ritenersi che solo l’organo giurisdizionale sia abilitato a limitare libertà e segretezza delle comunicazioni52.

In questo senso, deporrebbero due argomenti di carattere sistematico.

Per un verso, è noto come l’analoga locuzione contenuta nell’art. 13 Cost. sia uniformemente interpretata in senso restrittivo, quale sinonimo di «giudice», con esclusione, quindi, del pubblico ministero53; per l’altro verso, l’art. 111 comma 2 Cost. afferma

testualmente che i «provvedimenti sulla libertà personale sono pronunciati dagli organi giurisdizionali»: vero ciò, «non esistono ragioni perché la conclusione debba essere diversa riguardo alla libertà e alla segretezza ex art. 15 Cost.

E’ pur vero che il codice consente al pubblico ministero di limitare la libertà personale col fermo dell’indiziato di delitto, ma tale potere è attribuito dall’art. 13 comma 3 Cost. all’ ”autorità di pubblica sicurezza” e quindi pure al pubblico ministero come capo della polizia giudiziaria»54.

52L. Filippi, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997, pag. 61.

53A. Pace, voce Libertà personale (dir. cost.), in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, pag. 309.

54L. Filippi, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997, pag. 61. Del resto, annota A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, pag. 109 e ss., «la funzione delle norme costituzionali sui diritti inviolabili è quella di fissare limiti […]; spetta, invece, al legislatore ordinario il compito di fissare una disciplina analitica degli istituti. Perciò, dalla [mera] circostanza che la Costituzione parli di “autorità giudiziaria” non si può desumere un divieto di tracciare distinzioni funzionali tra gli organi che rientrano nella locuzione, ma solo la necessità di non oltrepassare i confini del termine, come avverrebbe se la competenza a disporre un’intercettazione fosse attribuita ad organi

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