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L’irrilevanza dell’indicazione del luogo ai fini della legittimità delle intercettazion

L’ATTUALE REGIME GIURIDICO

III. INTERCETTAZIONI INFORMATICHE

2. Acquisizione da remoto di dati digitali nel procedimento penale: evoluzione giurisprudenziale e prospettive d

2.7 L’irrilevanza dell’indicazione del luogo ai fini della legittimità delle intercettazion

In attesa di un tale intervento legislativo ed alla luce del quadro normativo vigente, la ricostruzione dei presupposti per le intercettazioni fra presenti effettuata dalle Sezioni unite con la sentenza in esame ha apportato la necessità di non più rinviabile aggiornamento degli strumenti di indagine penale previsti dall’attuale codice di procedura.

In particolare, apprezzabile è la chiarezza con cui la Corte ha sottolineato l’assenza di basi legali per sostenere che la predeterminazione del luogo di svolgimento delle intercettazioni sia un requisito richiesto a pena di inutilizzabilità dalla legge, dalla giurisprudenza o dalla Costituzione198.

196Atteso che il concetto di “intercettazione di comunicazioni” appare al momento solidamente definito al concetto di dialogo fra soggetti a seguito della sentenza Torcasio, cfr. Cass., Sez. un., 28 maggio 2003, dep. 24 settembre 2003, n. 36747, Pres. Marvulli, Rel. Milo, Imp. Torcasio, in Cass. pen., 2004, p. 2094 con nota di L. Filippi, Le Sezioni Unite decretano la morte dell'agente segreto "attrezzato per

il suono"; commentata anche da Fumu, Registrazione di colloqui tra presenti effettuata a cura della polizia giudiziaria: insuperabili i limiti alla testimonianza indiretta, in Riv. pol., 2003, p. 762. Sul punto si veda anche Illuminati, La disciplina processuale delle intercettazioni, pag. 27.

197A. Testaguazza, I sistemi di controllo remoto, pag. 766.

198In tal senso, non sembra invece che la giurisprudenza in materia di variazioni del luogo, citata a supporto di tesi opposte sia nella sentenza Musumeci sia nelle due pronunce Scurato, possa fornire un elemento decisivo al dibattito. In particolare, mentre da un lato questa può essere utile per rigettare l’idea di un luogo rigidamente predeterminato, dall’altro la specificità dei casi in materia (tutti riferiti a carceri o veicoli) limita in parte la possibilità di usarla come base giuridica determinante su cui fondare i presupposti delle intercettazioni fra presenti.

Questa affermazione ha infatti il pregio di riconoscere la necessità di non confinare l’applicazione della disciplina delle intercettazioni ad uno specifico strumento di captazione ad installazione “fissa” (come le microspie), ma di aprire il sistema delle indagini penali ad una tutela dei diritti tecnicamente neutra.

Tale conclusione non porta certamente a ritenere utilizzabili in modo indiscriminato forme di intercettazione lesive del diritto alla riservatezza del domicilio in ogni contesto, come viene sottolineato dagli stessi giudici di legittimità.

Le conclusioni prospettate dalle Sezioni unite, tuttavia, trovano immediata applicazione nella disciplina speciale di cui all’art. 13 d.l. 152/1991, che chiaramente afferma l’indifferenza della collocazione spaziale delle intercettazioni, e la cui omessa considerazione costituisce il principale elemento di fragilità della sentenza Musumeci, ma non solo di questa decisione.

Apparentemente, tale disciplina e la conseguente differenza fra i requisiti richiesti quando si proceda per un delitto “comune” rispetto ad uno di “criminalità organizzata”, non sembra mai essere stata presa in considerazione nemmeno negli altri casi citati in materia di surveillance e affrontati precedentemente dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, pure tutti riferibili ai delitti di cui agli artt. 416 e 416-bis c.p.199.

Nell’ambito di applicazione della normativa speciale, sollevare il giudice e il pubblico ministero dalla necessità di indicare preventivamente il luogo dove si svolgeranno le intercettazioni contribuisce a rendere più trasparente la richiesta – e 199Né da parte di alcuna dottrina che di tali pronunce si è occupata, così ad esempio Lorenzetto, Il perimetro delle intercettazioni ambientali, secondo cui i principi costituzionali e sovranazionali «impongono la rigorosa interpretazione dell’art. 266 comma 2 c.p.p., mettendo a rischio i risultati dell’intercettazione ambientale ove manchi la predeterminazione dei luoghi in cui si svolgono le operazioni»; sulla stessa linea anche A. Testaguazza, I sistemi di controllo remoto, pag. 761.

nell’autorizzazione, la necessità – di realizzare forme di controllo omnicomprensive, sia per gli strumenti tecnici utilizzati sia per il coinvolgimento di numerosi soggetti che pongono in essere multiple e diversificate forme comunicative.

In questo senso, è possibile evitare di ricorrere a finzioni giuridiche di facciata che non consentono in realtà alcuna tutela sostanziale all’indagato, quali l'indicazione della “stanza” o del “luogo in cui è ubicato”200 il dispositivo e che, al di là del dato

testuale, chiaramente alludono a forme di controllo che prescindono da limiti spaziali determinati.

Altrettanto imprecisi, sia sul piano tecnico sia su quello della certezza del diritto, appaiono anche quei parametri che rimettono la definizione dell’ambiente di captazione al raggio entro cui lo specifico mezzo utilizzato può registrare a distanza, atteso che al momento non pare esserci una definizione sufficientemente condivisa delle effettive qualità tecniche dei vari dispositivi sul mercato.

La possibilità di porre in essere forme di surveillance più intrusive in relazione a reati di particolare gravità, d’altro canto, trova riscontro anche nel quadro convenzionale.

Come indicato dalle Sezioni unite, infatti, la Corte di Strasburgo ha chiaramente identificato nella propria giurisprudenza i requisiti minimi per la legittimità di una normativa nazionale in tema di intercettazioni senza includervi l’indicazione del luogo.

Per la verità, nella sentenza Zakharov c. Russia201 il parametro del

luogo viene, in certa misura, preso in considerazione dalla Corte, 200Trib. Palermo, Sez. riesame, ord. 11 gennaio 2016, pag. 3.

201E nei casi che l’hanno preceduta, si veda ad esempio Corte EDU, Vetter c. Francia, 31 maggio 2005, ricorso n. 59842/00; Kennedy c. Regno Unito, 18 maggio 2010, ricorso n. 26839/05.

sebbene con riferimento piuttosto generico all’«insieme dei luoghi» interessati da intercettazioni e non invece all’indicazione precisa dell’ambiente in cui la captazione deve essere sviluppata.

Anche così configurato, tuttavia, l’elemento topografico può dirsi comunque irrilevante ai fini del tema trattato, poiché richiesto dalla Corte solo in via secondaria ed alternativa all’identificazione del soggetto che deve essere sottoposto ad intercettazioni202.

In pratica, secondo la giurisprudenza di Strasburgo, se la persona (l’indagato o soggetto terzo) interessata dalla misura di surveillance è chiaramente indicata nel decreto di autorizzazione, non è necessario specificare l’ambiente in cui la captazione deve svilupparsi203.

Non sembra quindi appropriato, per lo meno allo stato attuale, invocare l’art. 8 CEDU per sostenere la necessità di specificare l’indicazione del luogo ai fini della legittimità dell’intercettazione. Ritenere inutile l’indicazione del luogo per taluni reati di particolare gravità – per effettiva mancanza di basi legali – non significa tuttavia automaticamente ridurre i diritti dei soggetti affetti da questo tipo di misure. Come infatti si dirà più avanti, l’uso della tecnologia informatica nel campo delle indagini penali deve certamente essere bilanciata da adeguate e specifiche garanzie per tutelare i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini.