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Ottimizzazione di un modulo ORC per il recupero del calore di scarto di una microturbina alimentata a biogas

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Relatori

Prof. Lorenzo Ferrari

Dott. Andrea Baccioli

Dott. Guido Francesco Frate

Candidata

Elena Lucchesi

Anno Accademico 2017/2018

Ottimizzazione di un modulo ORC per il

recupero del calore di scarto di una

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Sommario

Il presente lavoro di tesi prende a riferimento un impianto a biogas esistente, provvisto di una microturbina a gas da 600 kWe a scopo cogenerativo, analizzando la possibilità di

utilizzare un ciclo Rankine organico per il recupero di parte del calore dei gas di scarico, al fine di incrementare la produzione di potenza elettrica. L’obiettivo dello studio consiste nel creare un modello del modulo ORC, ottimizzandone sia il design che l’off-design, in funzione delle condizioni ambientali e di funzionamento.

Nella prima parte dell’elaborato, è stato implementato in ambiente MATLAB un problema di ottimizzazione vincolata, la cui risoluzione ha permesso di ottenere un design preliminare del ciclo, in base al fluido selezionato, ai vincoli imposti e alle condizioni al contorno scelte, massimizzando la potenza elettrica netta prodotta.

Nella seconda parte dello studio è stato sviluppato il modello in ambiente Aspen HYSYS, dove, definiti gli stati termodinamici del processo, è stato possibile effettuare il dimensionamento dettagliato dei vari componenti, introducendo le geometrie degli scambiatori di calore e le curve di prestazione della turbina e delle pompe.

Realizzato il modello, ne è stato analizzato, in condizioni stazionarie, il comportamento al variare delle condizioni operative. A partire dai risultati ottenuti, è stata stimata la producibilità annua dell’ORC, consentendo di confrontare le prestazioni tra l’impianto di riferimento e l’impianto proposto. Infine, è stata effettuata un’analisi di tipo economico del modulo ORC, per valutare l’effettiva convenienza dell’investimento.

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Indice

Sommario ... 3

Indice ... 4

Indice delle figure ... 5

Indice delle tabelle ... 7

1. Introduzione ... 8

2. Digestione anaerobica ... 10

2.1. Biomasse utilizzabili ... 10

2.2. Processo di digestione anaerobica ... 11

2.2.1. Parametri di processo... 12

2.3. Utilizzi del biogas ... 13

2.3.1. Recupero del calore di scarto: stato dell’arte... 15

3. ORC ... 18

3.1. Generalità... 18

3.2. Proprietà dei fluidi organici ... 20

3.3. Componenti dell’ORC ... 26 3.3.1. Scambiatori di calore ... 26 3.3.2. Espansori ... 26 3.3.3. Pompe di alimentazione... 28 4. Caso studio ... 30 4.1. Impianto di riferimento ... 30

4.2. Impianto con ORC ... 32

5. Modello dell’impianto in ambiente MATLAB ... 35

5.1. Clustering ... 35

5.2. Design preliminare ... 38

6. Modello dell’impianto in ambiente Aspen HYSYS ... 51

6.1. Design ... 51 6.1.1. Scambiatori di calore ... 52 6.1.2. Pompe ... 59 6.1.3. Espansore ... 61 6.2. Off-design ... 69 7. Risultati ... 72 7.1. Simulazioni in off-design ... 72

7.2. Stima della producibilità annua ... 78

7.2.1. Confronto impianto con e senza ORC ... 80

7.3. Analisi economica ... 82

8. Conclusioni ... 85

Appendice ... 88

(5)

Indice delle figure

Figura 2.1: Resa indicativa in biogas per vari tipi di biomasse [1] ... 10

Figura 2.2: Fasi del processo di digestione anaerobica [1]... 11

Figura 2.3: Effetto della temperatura sulle cinetiche di degradazione anaerobica. Sono indicati i campi ottimali di lavoro e, in grigio, gli intervalli in cui il processo non è ottimizzato [2] ... 13

Figura 2.4: Impianto di cogenerazione a biogas con motore a combustione interna [4] .... 14

Figura 2.5: Gruppi cogeneratori basati sull’utilizzo di motori a ciclo Otto alimentati a biogas, con potenze inferiori a 1000 kW [5] ... 14

Figura 2.6: Impianto con microturbine e schema operativo [4] ... 15

Figura 3.1: Configurazione base di un ciclo Rankine organico [18] ... 18

Figura 3.2: Curve di saturazione dell'acqua e di alcuni fluidi organici sul piano T-s [19] . 19 Figura 3.3: Cicli organici Rankine per fluido isoentropico, umido, secco [19] ... 20

Figura 3.4: Configurazione di un ciclo organico Rankine con rigenerazione [18] ... 21

Figura 3.5: Efficacia del surriscaldamento negli ORC ... 21

Figura 3.6: Ingresso nella campana nella fase iniziale dell'espansione, per fluidi asciutti, per pressioni di evaporazione del ciclo vicine alla pressione critica del fluido [21] ... 23

Figura 3.7: Curve di scambio termico per fluidi operativi con diverso calore latente di evaporazione (acqua a sinistra, un fluido organico a destra) [24] ... 24

Figura 3.8: Classificazione di sicurezza dei refrigeranti - ASHRAE Standard 34 [25] ... 25

Figura 3.9:Espansore a vani rotanti (in alto a sinistra), a vite (in alto a destra), a pistone (in basso a sinistra), scroll (in basso a destra) [26] ... 27

Figura 3.10: Turbina radiale centripeta con IGV variabile [28] ... 28

Figura 4.1: Impianto di riferimento [30] ... 30

Figura 4.2: Efficienza della microturbina a gas in funzione della potenza elettrica prodotta, per temperatura ambiente pari a 15°C [32] ... 31

Figura 4.3: Schema dell'impianto con ORC [33] ... 32

Figura 5.1: Valore medio delle silhouette, al variare del numero dei cluster ... 37

Figura 5.2: Rappresentazione delle silhouette dei 4 cluster ... 37

Figura 5.3: Schema dell'impianto modellato in ambiente MATLAB ... 39

Figura 5.4: Rappresentazione sul piano T-s del ciclo ORC di design ... 48

Figura 6.1: Schema del modello realizzato in Aspen HYSYS ... 52

Figura 6.2: Esempio di scambiatore a batterie alettate [43] ... 53

Figura 6.3: Configurazioni scambiatore a fascio tubiero (TEMA) [44] ... 54

Figura 6.4: Setting plan e layout dei tubi dello scambiatore primario ... 55

Figura 6.5: Profili di temperatura nello scambiatore primario ... 56

Figura 6.6: Setting plan e layout dei tubi dell'evaporatore dell'ORC ... 56

Figura 6.7: Profili di temperatura dell'evaporatore dell'ORC ... 57

Figura 6.8: Setting plan e layout dei tubi del rigeneratore dell'ORC ... 57

Figura 6.9: Profili di temperatura del rigeneratore dell'ORC ... 58

Figura 6.10: Setting plan e layout dei tubi del condensatore dell'ORC ... 59

Figura 6.11: Profili di temperatura del condensatore dell'ORC ... 59

Figura 6.12: Curva di prevalenza della pompa del ciclo ORC ... 60

Figura 6.13: Curva di efficienza della pompa del ciclo ORC ... 60

Figura 6.14: Curva di prevalenza e di efficienza della pompa di circolazione del loop dell'olio ... 61

Figura 6.15: Ellisse di Stodola per un numero infinito di stadi (non bloccati sonicamente) [46] ... 62

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Figura 6.17: Effetto del numero di stadi sul raggiungimento delle condizioni soniche [46] ... 64 Figura 6.18: Costruzione della forma dell’ellisse di Stodola per numero di stadi finiti, con raggiungimento delle condizioni soniche [46] ... 65 Figura 6.19: Sezione del cono di Stodola con piano normale all'asse della pressione a valle [50] ... 66 Figura 6.20: Coefficiente di flusso costante ... 67 Figura 6.21: Coefficienti correttivi per determinare l'efficienza isoentropica della turbina in off-design ... 68 Figura 6.22: Rappresentazione sul piano T-s del ciclo ORC ... 68 Figura 7.1: Potenza elettrica netta prodotta dall’ORC in funzione della portata dei fumi, per varie temperature dei fumi, fissata la potenza termica richiesta dai fanghi ... 72 Figura 7.2: Potenza elettrica netta prodotta dall’ORC in funzione della temperatura dei fumi, per varie portate dei fumi, fissata la potenza termica richiesta dai fanghi ... 73 Figura 7.3: Mappe potenza elettrica netta ORC in funzione di portata e temperatura dei fumi, fissata la potenza termica richiesta dai fanghi ... 74 Figura 7.4: Potenza elettrica netta ORC in funzione della potenza termica richiesta dai fanghi in ingresso ai digestori, per varie temperature dei fumi, fissata la portata dei fumi 75 Figura 7.5: Potenza elettrica netta ORC in funzione della temperatura dei fumi, per varie temperature dell’acqua refrigerante in ingresso, fissate la potenza termica richiesta dai digestori e la portata dei fumi ... 76 Figura 7.6: Ciclo ORC al variare delle condizioni al contorno ... 77 Figura 7.7: Mappa della portata del fluido organico in funzione della portata e della

temperatura dei gas di scarico della microturbina ... 77 Figura 7.8: Istogramma potenza elettrica netta ORC ... 79 Figura 7.9: Istogramma della potenza elettrica prodotta dall'impianto con e senza ORC .. 81 Figura 7.10: Andamento dei flussi di cassa dell'ORC ... 83

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7

Indice delle tabelle

Tabella 4.1: Caratteristiche R245fa ... 34

Tabella 5.1: Valori dei centroidi dei quattro cluster ... 38

Tabella 5.2: Valori delle variabili di ottimizzazione e della potenza elettrica netta prodotta dall'ORC ... 48

Tabella 5.3: Valori di temperatura e pressione per i punti dell'ORC di design ... 49

Tabella 5.4: Parametri di design ORC ... 49

Tabella 5.5: Parametri impianto ... 50

Tabella 6.1: Valori di pressione e temperatura dei punti del ciclo ORC di design ... 69

Tabella 6.2: Parametri ORC ... 69

Tabella 6.3: Intervalli di valutazione delle condizioni al contorno del sistema ... 70

Tabella 6.4: Variabili di ottimizzazione ... 71

Tabella 7.1: Corrispondenza tra temperatura di bulbo secco e umidità relativa [53] ... 78

Tabella 7.2: Specifiche ORC ... 80

Tabella 7.3: Specifiche impianto con e senza ORC e relativo confronto ... 81

Tabella 7.4: Caratteristiche dell'impianto ORC e parametri economici ... 82

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1. Introduzione

Negli ultimi anni la questione energetica ha acquisito sempre maggiore importanza a causa del progressivo aumento della richiesta globale di energia, a fronte di una crescente diminuzione delle riserve disponibili di combustibili fossili. Lo sfruttamento intensivo delle fonti fossili ha portato con sé problematiche rilevanti, legate all’inquinamento, al riscaldamento globale e alla difficoltà di approvvigionamento, con conseguente aumento dei prezzi e creazione di rapporti di dipendenza verso quei paesi che possiedono la maggior parte delle riserve. In questa ottica, le risorse rinnovabili risultano la via più promettente per limitare le emissioni di inquinanti e ridurre il consumo di combustibili fossili. Tra queste, la biomassa costituisce una delle fonti alternative che suscitano maggiore interesse, grazie alla possibilità di essere facilmente accumulata e convertita, direttamente o mediante processi intermedi, in energia elettrica e/o termica. Sempre più attenzione è stata rivolta soprattutto agli impianti di digestione anaerobica, poiché capaci di produrre una valida alternativa ai combustibili fossili, sia per la generazione di potenza, sia per il settore automobilistico, a partire da prodotti di scarto. L’applicazione più comune del biogas consiste nell’alimentazione di un’unità cogenerativa, consentendo la produzione di potenza elettrica e termica. Soddisfatti i bisogni elettrici e termici interni dell’impianto, mentre la potenza elettrica in eccesso può essere valorizzata mediante immissione nella rete elettrica nazionale, il calore non utilizzato viene generalmente dissipato. In uno scenario energetico rivolto al risparmio e al potenziamento degli impianti esistenti, acquista forte interesse la possibilità di recuperare il calore di scarto, permettendo di incrementare prestazioni e profitti.

Il presente lavoro di tesi prende a riferimento un impianto a biogas esistente, provvisto di una microturbina a gas da 600 kWe a scopo cogenerativo, analizzando la possibilità di

utilizzare un ciclo Rankine organico con rigenerazione interna per il recupero di parte del calore dei gas di scarico, al fine di incrementare la produzione di potenza elettrica. L’obiettivo dello studio consiste nel creare un modello del modulo ORC, ottimizzandone sia il design che l’off-design, in funzione delle condizioni ambientali e di funzionamento.

Nella prima parte dell’elaborato, è stato implementato in ambiente MATLAB un problema di ottimizzazione vincolata, la cui risoluzione ha permesso di ottenere un design preliminare del ciclo, in base al fluido selezionato e ai vincoli imposti, massimizzando la potenza elettrica netta prodotta. Per effettuare il dimensionamento è stato necessario eseguire il

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9 clustering dei dati, in modo da individuare la combinazione dei valori delle condizioni al contorno del sistema che si ripetesse con maggiore probabilità durante l’anno, periodo di tempo preso in considerazione per l’analisi.

Nella realizzazione del modello dell’ORC effettuato in MATLAB, non è stato possibile tenere conto dei reali componenti dell’impianto, discostandosi dalle effettive condizioni di funzionamento riscontrabili nella pratica. Nella seconda parte dello studio è stato quindi sviluppato il modello in ambiente Aspen HYSYS, dove, definiti gli stati termodinamici del processo, è stato possibile effettuare il dimensionamento dettagliato dei vari componenti, introducendo le geometrie degli scambiatori di calore e le curve di prestazione delle pompe e della turbina. Creato il modello in condizioni di design, se ne è analizzato, in condizioni stazionarie, il comportamento al di fuori delle condizioni progettuali, in modo da valutare le prestazioni al variare della portata e della temperatura della sorgente, della potenza termica necessaria ai digestori per mantenere la temperatura ottimale di processo costante e delle condizioni ambientali.

A partire dai risultati ottenuti dalle simulazioni effettuate in condizioni di off-design, è stato possibile implementare un codice in MATLAB che permettesse di stimare la potenza elettrica netta prodotta dall’ORC nel corso dell’anno, in funzione delle medie orarie dei dati d’impianto in possesso. Confrontate le prestazioni tra l’impianto di riferimento originario e l’impianto proposto, si è riscontrato un effettivo miglioramento sia in termini di efficienza, sia di producibilità. Infine, è stata effettuata un’analisi di tipo economico dell’ORC, valutando il VAN e il tempo di recupero per vari prezzi dell’energia elettrica, dimostrando la convenienza dell’investimento. I risultati dell’elaborato evidenziano, quindi, l’interessante potenziale della soluzione proposta.

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2. Digestione anaerobica

2.1. Biomasse utilizzabili

Nella progettazione di un impianto di digestione anaerobica, la scelta della tipologia e della struttura è determinata principalmente dal tipo e dall’ammontare della materia prima disponibile. L’importo del materiale determina la taglia del reattore e la capacità di stoccaggio, mentre la tipologia e la qualità (contenuto di sostanza secca, struttura, origine, etc.) definiscono i sistemi di pretrattamento necessari e la tecnologia di processo da adottare. Una grande varietà di biomasse può essere utilizzata come substrato per il processo di digestione anaerobica, ma le matrici più idonee da un punto di vista biochimico ed economico sono costituite dagli effluenti zootecnici, dai fanghi di depurazione, dalle frazioni organiche dei rifiuti solidi urbani (FORSU), dai residui agroindustriali e dalle colture energetiche. In Figura 2.1 sono riportati i valori delle rese indicative in biogas per alcune delle biomasse utilizzabili per la digestione anaerobica.

Figura 2.1: Resa indicativa in biogas per vari tipi di biomasse [1]

Mediante la codigestione di differenti tipologie di sostanza organica si possono ottenere migliori prestazioni nel processo di conversione, incrementando la produzione di biogas. Inoltre, essa consente di compensare eventuali fluttuazioni stagionali della biomassa disponibile, garantendo maggiore stabilità al processo.

In base alla composizione della materia prima e al tipo di processo di digestione anaerobica adottato, può essere necessario sottoporre le biomasse ad alcuni pretrattamenti, prima di poter essere introdotte nel digestore. Il principale obiettivo dei pretrattamenti consiste nell’aumentare la digeribilità della materia prima, in modo da ottimizzare il processo di digestione anaerobica, aumentando la velocità di reazione e la produzione di biogas. Esistono varie operazioni possibili da effettuare, tra cui la selezione e la rimozione degli

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11 elementi problematici, la triturazione della materia prima e, quando necessario, l’aggiunta di acqua, per ottenere una miscela pompabile. Inoltre, se il materiale in questione è incline a contaminazione, è necessario includere una fase di igienizzazione nel progetto dell’impianto.

2.2. Processo di digestione anaerobica

Il processo di digestione anaerobica viene effettuato all’interno di serbatoi appositamente progettati, dove, in condizioni di assenza di ossigeno, microrganismi batterici convertono la frazione biodegradabile della biomassa utilizzata in biogas. Esso è costituito principalmente da metano (50÷70%) e anidride carbonica (20÷50%), con una percentuale minima di altri gas, tra cui acido solfidrico, idrogeno, azoto e idrocarburi a basso peso molecolare. La composizione del biogas è essenzialmente funzione della sostanza organica di partenza e delle condizioni in cui avviene il processo di digestione anaerobica.

In Figura 2.2 sono state schematicamente illustrate le fasi in cui si suddivide il processo di digestione anaerobica, caratterizzate da differenti ceppi batterici.

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12 Nella fase di idrolisi, grazie all’azione degli enzimi extracellulari rilasciati dai batteri idrolitici, i lipidi, i carboidrati e le proteine contenute nella sostanza organica di partenza vengono ridotti in composti solubili più semplici, quali acidi grassi, monosaccaridi e amminoacidi. Nella fase di fermentazione, tali sostanze vengono ulteriormente degradate mediante reazioni di acidogenesi, portando alla formazione di alcoli e di acidi grassi volatili, a partire dai quali i batteri acetogenici producono acetato, anidride carbonica e idrogeno molecolare. Infine, i batteri metanigeni convertono queste sostanze in metano e anidride carbonica, prodotti finali del processo.

Il processo di digestione anaerobica è caratterizzato da tempi relativamente lunghi, se confrontati con quelli di altri processi biologici, ma consente di ottenere un gas combustibile a potere calorifico piuttosto elevato (20-24 𝑀𝐽/𝑁𝑚3).

2.2.1. Parametri di processo

I microrganismi batterici anaerobici presentano basse velocità di crescita e di reazione. Ciò evidenzia la necessità di mantenere l’ambiente di reazione in condizioni ottimali, per ottenere rese soddisfacenti in termini di produzione di metano e di stabilizzazione della sostanza organica. Numerosi sono, infatti, i parametri ambientali, fisici e chimici, la cui variazione può fortemente influenzare lo sviluppo e l’attività della popolazione batterica. Essendo coinvolte specie di batteri differenti, si deve cercare un compromesso tra le loro diverse esigenze, per consentirne la crescita contemporanea. Tra i fattori di maggiore interesse vi sono la temperatura interna del digestore e il pH del substrato.

• Temperatura

Il processo può avvenire in condizioni psicrofile (temperature inferiori a 20°C), mesofile (temperature comprese tra i 20 e i 40°C) o termofile (temperature superiori ai 45°C). Aumentare la temperatura favorisce notevolmente la crescita e l’attività della popolazione microbica, portando ad una maggiore produzione di gas e ad un minor tempo di ritenzione del materiale all’interno del digestore, a discapito, però, di un rischio più alto di instabilità del processo. Inoltre, la temperatura deve essere mantenuta il più costante possibile a causa della forte sensibilità dei batteri metanigeni alle variazioni termiche improvvise, con conseguenze negative sulla produzione di biogas. A tal fine si impiegano coibentazioni e sistemi per il riscaldamento del materiale all’interno del digestore.

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13 In Figura 2.3 è mostrato l’effetto della temperatura sulle cinetiche di degradazione anaerobica, evidenziando i campi ottimali di lavoro per i tre tipi di processo.

Figura 2.3: Effetto della temperatura sulle cinetiche di degradazione anaerobica. Sono indicati i campi ottimali di lavoro e, in grigio, gli intervalli in cui il processo non è ottimizzato [2]

• pH

Il valore del pH misura l’acidità/alcalinità del substrato presente all’interno del digestore. In base ad esso si può valutare la stabilità dell’ambiente di reazione, in quanto una sua alterazione è associata a variazioni dell’equilibrio tra le specie microbiche coinvolte nel processo. L’intervallo ottimale in cui operano i batteri metanigeni è molto stretto, (6,5÷7,5), rendendo la fase di conversione particolarmente delicata.

2.3. Utilizzi del biogas

Mediante un opportuno processo di purificazione (disidratazione, desolforazione, rimozione di ammoniaca, mercaptani e polveri) e di rimozione dell’anidride carbonica (upgrading), il biogas può essere convertito in biometano. Raggiungendo caratteristiche simili a quelle del gas naturale, il biometano può essere sostituito ad esso in tutti i suoi impieghi. Dopo adeguata compressione ed odorizzazione, può essere perfino immesso nella stessa rete del gas naturale. Tuttavia, i costi di purificazione e di upgrading del biogas sono ancora molto elevati e anche nei paesi dove il biometano è già una realtà, sono giustificabili solo per impianti di una certa taglia (>500 kWe).

Tra le varie soluzioni impiantistiche, l’applicazione che risulta più conveniente consiste nell’utilizzo del biogas per l’alimentazione di un’unità cogenerativa, consentendo la produzione di potenza elettrica e termica. Le tecnologie più diffuse a questo scopo sono i motori a combustione interna e le microturbine a gas [3].

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14 I motori a combustione interna rappresentano la tecnologia al momento più utilizzata, offrendo la possibilità di lavorare in un ampio range di potenze con rendimenti elettrici elevati (30÷40%). Si tratta prevalentemente di motori concepiti per la combustione di gasolio, modificati in modo da poter essere adattati alla combustione di biogas (Figura 2.4).

Figura 2.4: Impianto di cogenerazione a biogas con motore a combustione interna [4]

In genere risulta vantaggioso agire anche sul biogas stesso, rimuovendo alcune componenti che potrebbero risultare nocive per il motore, come il vapor acqueo, i composti a base di zolfo ed il particolato. A dimostrazione del crescente interesse per questo tipo di impiego, molti produttori di motori stanno studiando linee di produzione appositamente dedicate per l’alimentazione a biogas (Figura 2.5), risultando meno sensibili ai composti presenti.

Figura 2.5: Gruppi cogeneratori basati sull’utilizzo di motori a ciclo Otto alimentati a biogas, con potenze inferiori a 1000 kW [5]

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15 Tra le tecnologie emergenti, suscitano notevole interesse le microturbine a gas, con le quali si identificano le turbine di piccola taglia, generalmente compresa tra i 30 e i 250 kW, con rendimenti elettrici dell’ordine del 25-30% (Figura 2.6).

Figura 2.6: Impianto con microturbine e schema operativo [4]

Rispetto ai motori a combustione interna, le microturbine presentano efficienze elettriche minori, ma costi operativi e di manutenzione sensibilmente più bassi. Inoltre, le microturbine sono più silenziose, presentano dimensioni assai compatte e forniscono una quantità di calore estremamente maggiore, venendo quindi preferite ai motori a combustione interna, nei casi di impianti di piccola taglia.

Nelle realtà che si sono diffuse, il recupero di calore è stato spesso considerato come soluzione marginale. Soddisfatti i bisogni elettrici e termici interni dell’impianto, l’energia elettrica prodotta in surplus viene valorizzata mediante l’immissione nella rete elettrica nazionale, mentre l’energia termica in eccesso viene generalmente dissipata. Da quando i ricavi ottenuti dalla vendita di energia elettrica hanno iniziato a diminuire [6], è stato rivolto un interesse sempre maggiore nella ricerca di valide soluzioni applicative per il recupero del calore di scarto, al fine di incrementare prestazioni e profitti dell’impianto.

2.3.1. Recupero del calore di scarto: stato dell’arte

In letteratura, molti autori hanno proposto varie valide soluzioni per lo sfruttamento del calore di scarto dei sistemi cogenerativi alimentati a biogas. Una proposta interessante consiste nell’utilizzare i gas di scarico di una microturbina per alimentare un chiller ad assorbimento, al fine di ridurre la temperatura dell’aria in ingresso alla turbina, aumentandone la potenza e l’efficienza [7]. Altre soluzioni analizzate, in grado di

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16 incrementare i profitti economici dell’impianto, sono: il teleriscaldamento, la trigenerazione, l’upgrading del biogas in biometano e la valorizzazione del digestato [8] [9]. Altrimenti, Kang et al. [10] [11] hanno proposto di utilizzare i gas di scarico di una turbina a biogas per alimentare un ciclo a vapore, con lo scopo di incrementare l’efficienza del sistema. A causa delle basse temperature operative tipiche di queste applicazioni, l’utilizzo del vapore come fluido di lavoro presenta, però, notevoli limiti, comportando un rilevante incremento degli ingombri e dei costi d’installazione e di esercizio. Si preferisce, quindi, l’adozione di un ciclo Rankine organico, tecnologia flessibile ed economica, particolarmente adatta per lo sfruttamento delle sorgenti termiche a bassa e media temperatura, tipiche delle energie rinnovabili, caratterizzate da forte aleatorietà.

A dispetto della grande disponibilità di analisi sui cicli organici in letteratura, pochi si focalizzano sull’utilizzo di un ORC per il recupero termico del calore di scarto di un impianto a biogas.

Benato et al. hanno analizzato la possibilità di accoppiare un motore a combustione interna alimentato a biogas ad un ciclo Rankine organico [12], consentendo di incrementare l’efficienza del sistema e la potenza elettrica prodotta, con conseguente aumento dei profitti economici.

Schulz et al. [13] e Niemczewska [14] suggeriscono di applicare un ORC ad un impianto a biogas, nel caso che questi disponga di una potenza termica in eccesso disponibile di almeno 300 kWth, sfruttando l’ORC solo per produzione di potenza elettrica e non per

applicazioni termiche.

Kane et al. [15] hanno proposto di incrementare l’efficienza elettrica di un motore a combustione interna da 400 kWe alimentato a biogas, sfruttandone il calore di scarto tramite

un ciclo organico dotato di un espansore volumetrico Scroll, mentre Sung et al. [16] hanno analizzato l’adozione di un ORC, provvisto di turbina radiale, per l’utilizzo dei gas di scarico di una microturbina a biogas, evidenziandone le buone prestazioni, anche da un punto di vista economico.

Bacenetti et al. [17] hanno valutato la sostenibilità ambientale di un impianto di digestione anaerobica, con e senza il recupero del calore di scarto dell’unità cogenerativa tramite ORC mostrando come gli impianti con ciclo organico abbiano un minore impatto sull’ambiente, soprattutto se di grossa taglia.

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17 L’indagine svolta in letteratura evidenzia, quindi, le grandi potenzialità di questa tecnologia per il recupero del calore di scarto degli impianti a digestione anaerobica. Purtroppo, come sottolineato in [12], il design di un ORC risulta essere piuttosto complesso poiché la tipologia e la temperatura della sorgente termica influenzano significativamente la scelta del fluido di lavoro e della configurazione di impianto ottimali. La sorgente termica, in questo caso, dipende, oltre che dalle condizioni ambientali, anche dalla composizione del biogas, che, a sua volta, dipende dalla biomassa che alimenta l’impianto, parametro assai variabile. Si comprende come questa tecnologia sia, quindi, di difficile standardizzazione, dovendone progettare la configurazione ottimale caso per caso.

Nel capitolo seguente verrà fornito un breve richiamo teorico sui cicli Rankine organici, descrivendone le principali caratteristiche, i componenti e le proprietà dei fluidi organici.

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3. ORC

3.1. Generalità

Negli ultimi anni si è registrato un crescente interesse nei confronti dei cicli Rankine organici (ORC), grazie alla loro capacità di sfruttamento delle sorgenti termiche a bassa e media temperatura, tipiche delle energie rinnovabili, grazie alla loro semplicità e ai bassi costi [18]. L’ORC si basa sullo stesso principio del tradizionale ciclo Rankine a vapore, la cui configurazione base è costituita da una pompa di alimentazione, un generatore di vapore, un espansore e un condensatore (Figura 3.1).

Figura 3.1: Configurazione base di un ciclo Rankine organico [18]

Il fluido liquido viene pompato dalla pompa di alimentazione in un generatore di vapore, dove viene riscaldato, vaporizzato ed eventualmente surriscaldato, grazie al calore ceduto dalla sorgente termica, per poi essere espanso, con produzione di lavoro utile, e successivamente condensato.

La principale differenza con i cicli tradizionali consiste nell’utilizzo di fluidi bassobollenti, generalmente di natura organica, al posto dell’acqua. La minore temperatura normale di ebollizione, a pari pressione rispetto all’acqua, rende infatti possibile l’utilizzo degli ORC nello sfruttamento di fonti di calore a bassa temperatura, applicazione in cui il tradizionale ciclo Rankine presenta notevoli svantaggi, come ad esempio:

• incremento delle dimensioni dei tubi e degli scambiatori, a causa dell’alto volume specifico dell’acqua in fase di espansione e condensazione;

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19 • incremento dell’area di scambio dell’evaporatore, a causa della necessità di

surriscaldare, per evitare l’ingresso di goccioline all’interno dell’espansore; • macchine con palettamenti più lunghi negli stadi di bassa pressione, a causa della

bassa densità di vapore a fine espansione

• presenza di degasatore, per pressioni di condensazione subatmosferiche, per la rimozione delle infiltrazioni esterne.

È facilmente capibile come il forte incremento degli ingombri e, quindi, dei costi, non renda conveniente questa opzione nel caso di applicazioni a bassa temperatura. Le diverse proprietà dei fluidi operativi degli ORC comportano, invece, un’architettura del ciclo più semplice ed economica. In Figura 3.2 vengono messe a confronto sul piano T-s le curva di saturazione dell’acqua e di alcuni fluidi organici.

Figura 3.2: Curve di saturazione dell'acqua e di alcuni fluidi organici sul piano T-s [19]

Si può notare come la pendenza della curva limite superiore dell’acqua sia negativa, al contrario della maggior parte dei fluidi organici, obbligando al surriscaldamento del fluido, per non avere umidità nella fase di espansione. Si osserva, inoltre, come, per i fluidi organici, la differenza di entropia tra la curva di saturazione del vapore e quella del liquido sia decisamente minore, ben adattandosi alle applicazioni in cui l’input termico è di piccola scala o a bassa temperatura.

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3.2. Proprietà dei fluidi organici

In questa sezione sono state descritte sinteticamente alcune delle proprietà dei fluidi organici che maggiormente influenzano le prestazioni di un ciclo Rankine organico.

• Pendenza della curva limite superiore

I fluidi organici possono essere classificati in tre diverse categorie in base alla pendenza della curva limite superiore nel piano T-s (ds/dT):

- Fluidi isoentropici, con pendenza della curva limite superiore nulla; - Fluidi bagnati (wet), con pendenza negativa;

- Fluidi asciutti (dry), con pendenza positiva.

Come si può notare in Figura 3.3, la forma della curva limite superiore influenza notevolmente l’architettura del ciclo. Ad esempio, si osserva che nel caso di fluidi bagnati, l’espansione isoentropica, a partire da un punto della curva limite superiore, cade all’interno della campana, rendendo quindi necessario il surriscaldamento del fluido. Questo consente un lieve incremento del rendimento, ma comporta anche un forte aumento dei costi di impianto.

Figura 3.3: Cicli organici Rankine per fluido isoentropico, umido, secco [19]

Questo problema non sussiste per i fluidi asciutti o isoentropici, non rendendo necessario il surriscaldamento prima dell’ingresso in turbina. Inoltre, nel caso dei fluidi asciutti, al termine dell’espansione, è presente ancora un certo grado di surriscaldamento, che può essere sfruttato, in parte, mediante uno scambiatore rigenerativo, per preriscaldare il fluido liquido in uscita dalla pompa di alimentazione (Figura 3.4). L’efficienza del ciclo aumenta, ma comporta un costo aggiuntivo e una complessità maggiore dell’impianto.

(21)

21

Figura 3.4: Configurazione di un ciclo organico Rankine con rigenerazione [18]

Per valutare se il surriscaldamento del fluido in un ORC porta ad un effettivo miglioramento dell’efficienza del ciclo, si definisce una efficienza incrementale 𝜂′, rispetto

ad un punto di riferimento, come il rapporto tra l’incremento del lavoro ottenuto e l’incremento del calore da fornire al fluido:

𝜂′ =∆𝑊 ∆𝑄 =

∆ℎ1− ∆ℎ2 ∆ℎ1

Affinché ci sia un incremento dell’efficienza del ciclo, che comunque non significa che induca ad un aumento dell’efficienza globale, l’efficienza incrementale deve essere maggiore dell’efficienza del ciclo calcolata nelle condizioni di riferimento (Figura 3.5). Generalmente, il surriscaldamento aumenta l’efficienza del ciclo nel caso di fluidi bagnati, mentre è sconsigliato per fluidi asciutti, se non vi è rigenerazione.

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22 • Peso molecolare

I fluidi organici sono caratterizzati da un peso molecolare maggiore rispetto al vapore, che comporta un minore salto entalpico attraverso l’espansore, rendendo necessario un numero minore di stadi nella turbina. A dimostrazione della precedente affermazione si può esprimere la differenza di entalpia tra due punti generici, in una espansione isoentropica, ipotizzando che il vapore in espansione sia approssimabile ad un gas ideale, come:

∆ℎ = 𝑘𝑅̃𝑇1 𝑘 − 1 [1 − ( 𝑃2 𝑃1) 𝑘−1 𝑘 ] = 𝑘𝑅𝑇1 𝑀𝑊(𝑘 − 1) [1 − ( 𝑃2 𝑃1) 𝑘−1 𝑘 ]

dove 𝑀𝑊 indica il peso molecolare del fluido.

Le turbine degli ORC generalmente richiedono un singolo stadio [20], rendendole molto interessanti dal punto di vista economico, per le applicazioni su piccola scala.

• Punto critico

La temperatura critica è un parametro fondamentale per la scelta del fluido di lavoro. È necessario che non vi sia troppa differenza tra la temperatura critica del fluido e quella della sorgente di calore, a causa delle grandi irreversibilità che nascerebbero dalla forte distanza tra le curve di scambio all’interno dell’evaporatore, e delle limitazioni che verrebbero poste sull’efficienza del ciclo, essendo la temperatura di evaporazione del ciclo assai minore rispetto alla temperatura massima teorica raggiungibile, corrispondente a quella della fonte. Invece, la pressione di evaporazione del ciclo non deve essere troppo vicina a quella critica del fluido perché nelle vicinanze del punto critico, a piccole variazioni di temperatura corrispondono forti variazioni di pressione, che rendono il sistema instabile. Inoltre, per fluidi asciutti, per pressioni di evaporazione vicine a quella critica, si rischia di entrare all’interno della campana nella fase iniziale dell’espansione, come mostrato in Figura 3.6.

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Figura 3.6: Ingresso nella campana nella fase iniziale dell'espansione, per fluidi asciutti, per pressioni di evaporazione del ciclo vicine alla pressione critica del fluido [21]

• Calore latente di evaporazione

I fluidi organici hanno calore latente di evaporazione minore rispetto all’acqua, ma può comunque variare fortemente da un fluido ad un altro.

Generalmente, sono preferibili fluidi con maggiore calore latente di evaporazione (𝜆𝑒𝑣) perché permettono un maggiore assorbimento di energia della fonte termica durante l’evaporazione, con conseguente riduzione della portata massica necessaria, portando a minori consumi di energia da parte della pompa [22]. Tramite la relazione di Clausius-Clapeyron, che descrive la transizione di fase liquido-vapore:

𝑑𝑃 𝑑𝑇 = 𝜆𝑒𝑣 𝑇𝛥𝑣≅ 𝜆𝑒𝑣 𝑇𝑣𝑣𝑎𝑝

ipotizzando che la legge dei gas ideali valga anche nel caso del vapore: 𝑣𝑣𝑎𝑝 =

𝑅𝑇 𝑃

è possibile dimostrare che i fluidi con 𝜆𝑒𝑣 maggiore permettono di ottenere un lavoro specifico maggiore, a parità di rapporto di espansione [23]:

𝑃2 𝑃1 = 𝑒𝑥𝑝 [𝜆𝑒𝑣 𝑅 ( 1 𝑇1 − 1 𝑇2 )] ∆ℎ𝑖𝑠 = 𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1 [1 − ( 𝑃2 𝑃1 ) 𝑘−1 𝑘 ] = 𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1 [1 − 𝑒𝑥𝑝 ( 𝜆𝑒𝑣 𝑅 ( 1 𝑇1 − 1 𝑇2 )) 𝑘−1 𝑘 ]

Un salto entalpico maggiore comporta, però, anche alte velocità periferiche o un maggior numero di stadi di espansione, con quindi maggiori costi.

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24 Nel caso di sfruttamento di sorgenti termiche a bassa temperatura risulta quindi conveniente lavorare con fluidi con basso calore latente di evaporazione, consentendo anche un miglior accoppiamento tra i profili termici, riducendo la produzione di entropia durante lo scambio di calore (Figura 3.7).

Figura 3.7: Curve di scambio termico per fluidi operativi con diverso calore latente di evaporazione (acqua a sinistra, un fluido organico a destra) [24]

• Densità del vapore

A pari condizioni operative, una densità del vapore minore comporta una portata volumetrica del fluido maggiore, che porta ad un aumento delle perdite di carico negli scambiatori e delle dimensioni dell’espansore, con conseguente incremento dei costi.

• Viscosità

La viscosità del fluido influenza sia le perdite di carico che i coefficienti di scambio termico. Sono preferibili basse viscosità, in modo da limitare le perdite di carico ed incrementare lo scambio termico.

• Stabilità chimica del fluido

Diversamente dall’acqua, i fluidi organici sono soggetti a problemi di deterioramento e decomposizione chimica, che comportano dei limiti nella scelta della temperatura massima del ciclo. Inoltre, è necessario verificare che il fluido scelto sia compatibile con i materiali che compongono i dispositivi dell’impianto.

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25 • Sicurezza e parametri ambientali

Nella scelta del fluido di lavoro di un ciclo organico, le prime considerazioni da effettuare riguardano il grado di pericolosità del fluido e gli effetti che esso può avere sull’ambiente. La classificazione di sicurezza dei refrigeranti proposta dalla ASHRAE permette di catalogare i fluidi in base al loro livello di tossicità e di infiammabilità (Figura 3.8). Generalmente, si preferisce utilizzare fluidi appartenenti alla classe A, per il loro basso grado di tossicità, mentre per quanto riguarda l’infiammabilità, non si evidenziano particolari problemi, a meno che non siano presenti sorgenti di innesco nelle vicinanze o si lavori con fluidi con lunghe catene molecolari di alcani, soggette ad autoaccensione. È comunque preferibile mantenere sempre una buona ventilazione dei locali e scegliere con accuratezza i materiali dei dispositivi presenti nell’impianto.

Figura 3.8: Classificazione di sicurezza dei refrigeranti - ASHRAE Standard 34 [25]

L’impatto ambientale da parte dei fluidi organici è misurato tramite due indici: l’ODP (Ozone Depletion Potential) e il GWP (Global Warming Potential). Il primo esprime l’impatto di un composto chimico sull’ozono, rispetto al refrigerante R11, a cui corrisponde un valore di ODP unitario; il secondo misura il contributo di una sostanza nell’incrementare l’effetto del surriscaldamento globale, su un arco temporale di 100 anni, rispetto all’anidride carbonica, che ha valore unitario.

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26

3.3. Componenti dell’ORC

3.3.1. Scambiatori di calore

Le tipologie di scambiatori più utilizzate in un ORC sono gli Shell&Tube, gli scambiatori a piastre, a spirale e coassiali. Gli scambiatori a fascio tubiero sono utilizzati negli impianti di taglia maggiore, o in quei casi dove le temperature o le pressioni di lavoro sono maggiori, rispetto a quelle che gli altri tipi di scambiatori sono in grado di sopportare. Gli scambiatori a piastre hanno il vantaggio di essere compatti, comportando piccoli volumi di ingombro, a parità di superficie di scambio.

L’utilizzo di fluidi di lavoro di tipo organico può provocare, alle alte temperature, dei problemi maggiori per quanto riguarda lo sporcamento o il deterioramento delle superfici di scambio. Per questo motivo, risulta conveniente adottare per gli scambiatori dei materiali più resistenti, che comportano, però, costi maggiori.

3.3.2. Espansori

La scelta dell’espansore dipende da un gran numero di fattori, come per esempio la potenza dell’impianto, il titolo del vapore a fine espansione, il tipo di fluido, la portata volumetrica, la pressione e la temperatura di ammissione, la necessità di lubrificazione e il costo. L’espansore può essere di tipo volumetrico, generalmente utilizzato nel caso di impianti di piccola taglia, grazie al basso costo e alla capacità di elaborare piccole portate, o un turboespansore, caratterizzato da alta efficienza, più adatto agli impianti di taglia maggiore.

A differenza dei cicli Rankine tradizionali, dove l’elevata differenza di densità tra l’immissione e lo scarico dell’espansore non consente l’impiego di espansori volumetrici, l’utilizzo di questi dispositivi negli ORC, soprattutto per piccole taglie, risulta molto conveniente. Rispetto alle turbine presentano, infatti, maggiore flessibilità, mantenendo il rendimento isoentropico della macchina quasi costante al variare delle condizioni di funzionamento. Le minori velocità di rotazione riducono la probabilità di guasti, dovendo ricorrere a minore manutenzione. Inoltre, al contrario delle turbine, sono in grado di tollerare presenza di condensa all’interno del vapore. Tra i vari tipi di espansori volumetrici, quelli più utilizzati negli ORC sono l’espansore a pistone, lo scroll, l’espansore a vani rotanti, a vite (Figura 3.9).

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Figura 3.9:Espansore a vani rotanti (in alto a sinistra), a vite (in alto a destra), a pistone (in basso a sinistra), scroll (in basso a destra) [26]

I dispositivi dinamici si suddividono, invece, in turbine assiali e turbine radiali. Le turbine assiali sono adatte ai casi in cui si trattano alte portate volumetriche e si hanno bassi rapporti di espansione, mentre quelle radiali vengono utilizzate per basse portate, ma alti rapporti di espansione [27]. Le turbine utilizzate negli ORC hanno caratteristiche differenti rispetto a quelle utilizzate con aria o vapore, a causa delle diverse proprietà dei fluidi organici. Ad esempio, l’alto peso molecolare dei fluidi organici comporta una bassa velocità di trasmissione delle perturbazioni di pressioni (velocità del suono), per cui diventa più probabile il raggiungimento delle condizioni soniche all’uscita degli ugelli. Inoltre, i modesti salti entalpici negli ORC consentono l’utilizzo di macchine con un minor numero stadi, o addirittura monostadio, con una velocità periferica modesta e quindi soggetta a minori sforzi meccanici, anche se la velocità di rotazione rimane molto alta. Per una data differenza di temperatura, le turbine degli ORC hanno un rapporto di espansione maggiore, ma un salto entalpico minore, che comporta un aumento delle perdite del dispositivo.

Alle turbine assiali, si preferiscono generalmente quelle radiali, dotate di distributore a geometria variabile (IGV), risultando assai più flessibili (Figura 3.10). Le turbine radiali sono, inoltre, di più facile produzione. Esse possono essere di tipo centripeto o centrifugo.

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28 Le prime raggiungono i più alti valori di efficienza (> 0,85), ma sono caratterizzate da velocità di rotazione molto elevate, che richiedono l’utilizzo ci cuscinetti ad alta velocità e comportano alti costi di manutenzione. Le seconde dispongono di una maggiore area di passaggio per il fluido, limitando le perdite fluidodinamiche e consentendo un migliore accoppiamento nelle installazioni multistadio, ma ha il grande svantaggio di avere la velocità periferica in ingresso minore rispetto a quella in uscita, causando una riduzione del lavoro specifico estraibile, in accordo con l’espressione di Eulero:

𝐿 =𝑐𝑖𝑛 2 − 𝑐 𝑜𝑢𝑡2 2 + 𝑤𝑜𝑢𝑡2 − 𝑤𝑖𝑛2 2 + 𝑢𝑖𝑛2 − 𝑢𝑜𝑢𝑡2 2

Pertanto, la tipologia di turbina più utilizzata nei cicli ORC corrisponde a quella radiale, centripeta.

Figura 3.10: Turbina radiale centripeta con IGV variabile [28]

3.3.3. Pompe di alimentazione

La pompa di alimentazione di un ORC influenza in maniera maggiore le prestazioni del sistema, rispetto all’influenza che generalmente esercita una pompa in un ciclo Rankine tradizionale. Il parametro utilizzato per misurare l’influenza della pompa è il Back Work

Ratio (BWR), espresso come il rapporto tra la potenza necessaria al pompaggio e la potenza

utile estratta dall’espansore. In un ciclo Rankine organico questo parametro è dell’ordine del 10%, mentre per un ciclo tradizionale un valore tipico sta sullo 0,4%.

Un problema caratteristico delle pompe di alimentazione è la cavitazione. Esso ha luogo all’aspirazione della pompa, quando il valore della pressione diminuisce rispetto a quello di saturazione, a causa delle perdite di carico sulla linea di alimentazione della pompa, o per l’accelerazione che il fluido riceve dal vano mobile della pompa, oppure se il fluido si è

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29 riscaldato. Per evitare questo fenomeno si può ricorrere a differenti strategie, come incrementare la pressione idrostatica, ponendo la pompa sotto battente, sottoraffreddare, oppure utilizzare una pompa di prealimentazione.

Le pompe più utilizzate in un ciclo organico sono quelle centrifughe, a causa della maggiore efficienza.

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4. Caso studio

4.1. Impianto di riferimento

Il presente lavoro fa riferimento ad un impianto di digestione anaerobica esistente gestito da “SEA Risorse s.p.a.” [29], localizzato nella città di Viareggio, la cui configurazione viene presentata in Figura 4.1.

Figura 4.1: Impianto di riferimento [30]

All’interno dell’impianto sono presenti due digestori anaerobici, di forma cilindrica, con una capacità totale di 4600 m3. Questi vengono alimentati da 8,8 t/h di una miscela di fanghi, ottenuti dalla depurazione di acque reflue urbane, in codigestione con rifiuti organici urbani, con un rapporto di 4:1, e con contenuto di solidi totali pari al 7%1. I digestori operano ad una temperatura costante di 37 °C, producendo biogas, con una concentrazione di metano pari al 65%. Il biogas viene desolforizzato, stoccato in un gasometro e successivamente utilizzato per alimentare una microturbina Capstone C600s [31], prodotta appositamente per lavorare con biogas, composta da tre moduli da 200 KWe ciascuno, per un totale di 600 KWe. I tre

moduli operano in modo da massimizzare l’efficienza di conversione in funzione della quantità disponibile di biogas: se n moduli sono attivi e la produzione di energia diminuisce

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31 rispetto a quella prodotta da n-1 moduli, allora rimangono attivi solo n-1 moduli (Figura 4.2).

Figura 4.2: Efficienza della microturbina a gas in funzione della potenza elettrica prodotta, per temperatura ambiente pari a 15°C [32]

La scelta è ricaduta su di una microturbina, principalmente a causa dei minori costi di manutenzione richiesti rispetto ad un motore a combustione interna. La potenza elettrica prodotta viene utilizzata per soddisfare i bisogni interni dell’impianto, immettendo nella rete elettrica nazionale la quota in eccesso. I gas di scarico vengono inviati ad uno scambiatore, dove trasferiscono calore ad un circuito intermedio ad acqua che, a sua volta, permette di riscaldare i fanghi in ingresso ai digestori. Mediante bypass si regola la quantità di calore da cedere ai fanghi per mantenere costante la temperatura all’interno dei digestori: l’energia termica in eccesso viene dissipata. Prima di entrare nello scambiatore, una parte della biomassa interna ai reattori viene ricircolata con i fanghi in ingresso, con un rapporto di ricircolazione pari a 23.

Grazie a studi precedenti relativi all’impianto [33], è stato possibile usufruire di dati ottenuti da simulazioni effettuate in condizioni transitorie, con cadenza di quindici minuti per un periodo di tempo di un anno. Essi consistono in:

• portata massica dei gas di scarico della microturbina; • temperatura dei gas di scarico;

• composizione dei gas di scarico, ipotizzata costante nel tempo, costituita da 0,038% di anidride carbonica, 0,02% di acqua, 0,19% di ossigeno e 0,752% di azoto; • energia termica contenuta nel biogas;

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32 • potenza termica richiesta dai fanghi in ingresso ai reattori, per mantenere costante

la temperatura ottimale di digestione anaerobica.

Per quanto riguarda le condizioni ambientali della città di Viareggio si è fatto riferimento a serie storiche di dati climatici ottenuti da [34].

4.2. Impianto con ORC

L’obiettivo del presente elaborato consiste nell’analisi di una nuova possibile configurazione dell’impianto, che consenta di ottenere prestazioni e profitti maggiori. La soluzione esaminata prevede la possibilità di sfruttare il contenuto termico dei gas di scarico della microturbina per alimentare un Ciclo Rankine Organico (ORC), aumentando la produzione di potenza elettrica. In Figura 4.3 viene mostrato lo schema dell’impianto proposto.

Figura 4.3: Schema dell'impianto con ORC

I gas di scarico della microturbina cedono calore al fluido termovettore del circuito intermedio, che, a differenza dello scenario di riferimento, scambia calore sia con il fluido organico nell’evaporatore dell’ORC, sia con i fanghi in ingresso ai digestori. I fanghi vengono precedentemente preriscaldati tramite il calore ceduto dal digestato in uscita dai digestori e mediante la ricircolazione di biomassa già in parte trattata all’interno dei reattori, così da ridurre, anche se in piccola parte, la quota di energia termica richiesta dai fanghi in ingresso ai digestori, in modo da incrementare quella disponibile per il ciclo organico. La regolazione dell’energia termica disponibile viene effettuata mediante un air cooler inserito

Gasometer Sewage feeding Cooling Tower Capstone C600S ORC Stack Circulating pump Bio- digester 1 Bio-digester 2 Sewage Biogas Diathermic Oil Exhaust Gas ORC Cooling Water

Desulfurizer Sewage heating Digestate discharge Recirculation line Sewage Regenerator

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33 nell’anello intermedio, a monte della pompa di circolazione. Esso consente di smaltire l’eventuale energia termica disponibile in eccesso, presente quando l’impianto lavora in condizioni di off-design. Rispetto all’utilizzo di un bypass, questa soluzione permette allo scambiatore di lavorare a portata costante, in condizioni ottimali di scambio di calore, con perdite di carico minori.

Considerando le temperature operative raggiungibili nel circuito intermedio, è preferibile utilizzare un olio diatermico come fluido termovettore, rispetto all’acqua. Gli olii diatermici consistono in miscele di olii, la cui temperatura di ebollizione a pressione atmosferica rientra nell’ordine dei 250÷350°C, consentendo di lavorare con salti termici elevati rimanendo in fase liquida e mantenendo, comunque, basse pressioni nello scambiatore. Essi garantiscono, quindi, una maggiore sicurezza, semplicità nelle operazioni e nella manutenzione e una minore sensibilità ai cambiamenti di carico. Nel caso analizzato, è stato selezionato come fluido termovettore l’olio diatermico Therminol66, fluido sintetico ad alte prestazioni, ampiamente utilizzato per il trasferimento di calore. Il Therminol66 può operare in un range molto ampio di temperature che va da 0 a 350°C, offrendo alta stabilità anche alle temperature più elevate e un ciclo di vita duraturo [35].

Per quanto riguarda il ciclo Rankine organico, si è optato per una configurazione subcritica, con rigenerazione interna. Essa consente di sfruttare una parte del grado di surriscaldamento del fluido ancora presente al termine dell’espansione per preriscaldare il liquido in uscita dalla pompa di alimentazione, incrementando il rendimento termico del ciclo. Generalmente questa soluzione non viene considerata nel caso di recupero termico di calore di scarto, poiché, riducendo la quantità necessaria di calore esterno da apportare, la sorgente non viene sfruttata in maniera ottimale. Nel problema studiato, la rigenerazione interna risulta invece conveniente, dato che il calore di scarto dei gas della microturbina non viene utilizzato solo per l’alimentazione dell’ORC, ma anche per soddisfare la richiesta termica da parte dei digestori anaerobici, al fine di mantenere costante la temperatura di processo ottimale. Dovendo sottostare a questo vincolo, è importante per l’ORC poter usufruire anche dell’apporto di energia interno, soprattutto in visione di un funzionamento frequente in condizioni di off-design.

Il fluido operativo scelto corrisponde al Pentafluoropropano (R245fa), fluido refrigerante asciutto, tra i più utilizzati negli impianti ORC in commercio. In molti lavori di ricerca l’R245fa viene indicato come uno dei fluidi più appropriati in termini sia economici, sia

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34 prestazionali, per gli ORC che sfruttano fonti di calore a medio-bassa temperatura [36]. Inoltre, esso presenta caratteristiche relativamente buone per quanto riguarda sicurezza e influenza sull’ambiente [37]. Le principali caratteristiche del fluido selezionato sono riportate in Tabella 4.1 [38].

Pcrit [bar] Tcrit [°C] PM[g/mol] ODP GWP ASHRAE

R245fa 36,51 153,86 134,05 0 1030 B1

Tabella 4.1: Caratteristiche R245fa

Per quanto concerne il sistema di raffreddamento, esso prevede l’utilizzo di una torre evaporativa.

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35

5. Modello dell’impianto in ambiente MATLAB

Uno dei maggiori campi di applicazione degli impianti ORC è il recupero del calore di scarto. Essendo, in tale ambito, la tipologia di sorgente molto eterogenea e considerando la forte influenza che essa ha sulla configurazione d’impianto ottimale, si comprende come questa tecnologia sia di difficile standardizzazione, rendendo necessaria la ricerca del dimensionamento ottimale caso per caso. Per ottenere un dimensionamento preliminare dell’impianto in analisi, il sistema è stato modellato all’interno dell’ambiente di lavoro MATLAB [39], implementando un problema di ottimizzazione vincolata, la cui risoluzione permettesse di ottenere la configurazione corrispondente alla massima potenza elettrica netta prodotta dall’ORC. Il dimensionamento dell’impianto viene effettuato sulla base dai valori di design scelti delle condizioni al contorno del sistema, corrispondenti alla portata e alla temperatura dei gas di scarico e all’ammontare di potenza termica richiesta dai digestori per mantenere costante la temperatura ottimale di processo. Il criterio con cui vengono determinati tali valori assume, quindi, rilevante importanza. Privilegiando l’operatività dell’impianto, è stato deciso di individuare i valori delle condizioni al contorno corrispondenti alle condizioni di lavoro che si ripetono con maggiore probabilità nel corso dell’anno. Per effettuare ciò, è stato implementato in ambiente MATLAB un codice che permettesse di eseguire il clustering delle terne di dati, in modo da tener conto della correlazione che sussiste tra di essi.

5.1. Clustering

Il clustering consiste in un insieme di tecniche di analisi dei dati che ne consente la selezione e la partizione in gruppi distinti, all’interno dei quali gli elementi mostrano forte similarità l’uno con l’altro, e forte dissimilarità con gli elementi degli altri cluster. Tra gli algoritmi più utilizzati per effettuare il clustering vi sono quelli di tipo partizionale, nei quali l’appartenenza ad un gruppo viene definita tramite la distanza dell’elemento ad un punto rappresentativo del cluster (centroide), e quelli di tipo gerarchico, in cui viene costruita una gerarchia di partizioni caratterizzate da un numero decrescente di gruppi, visualizzabile con una rappresentazione ad albero. Nel caso in cui si abbia a disposizione un numero molto elevato di dati, le tecniche partizionali risultano essere più adatte, in quanto presentano maggiore semplicità ed efficienza, sebbene abbiano lo svantaggio di dover definire a priori

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36 il numero di cluster. Nello studio corrente è stato pertanto deciso di utilizzare l’algoritmo

k-means, il più rappresentativo tra gli algoritmi di tipo partizionale [40]. K-means opera in

maniera iterativa: inizialmente assegna ai k cluster i dati a disposizione in modo casuale; successivamente calcola il centroide di ogni cluster, ridefinendo di conseguenza una nuova partizione, associando ogni dato al cluster, il cui centroide è a distanza minore; dunque ricalcola i centroidi per i nuovi cluster, e così a seguire, fino a convergenza. Come per molti altri tipi di minimizzazioni numeriche, la soluzione che k-means raggiunge dipende dai punti iniziali di calcolo, con la possibilità che si trovi un minimo locale e che esista quindi una soluzione migliore. Per superare questo problema, è stata utilizzata l’opzione Replicates, che permette di ripetere il calcolo per un selezionato numero di volte, iniziando quindi ogni volta da un differente set di centroidi di partenza, essendo essi scelti in maniera casuale. K-means può trovare più di un minimo locale, ma la soluzione che restituisce è, tra tutti i calcoli ripetuti, quella con la minima somma totale delle distanze.

Per determinare il numero ottimale di cluster per il set di dati a disposizione, è stato effettuato il clustering per un range di numeri di cluster k che va da 2 a 10, calcolando il valor medio delle silhouette dei cluster per ogni caso e scegliendo il valore di k per il quale la media delle silhouette è maggiore. Il valore della silhouette, compreso tra -1 e +1, per l’i-esimo punto di un cluster, è infatti definito come [41] [39]:

𝑆𝑖 = (𝑏𝑖− 𝑎𝑖) max (𝑎𝑖, 𝑏𝑖)

dove 𝑎𝑖 è la distanza media tra l’i-esimo punto e gli altri punti dello stesso cluster, mentre 𝑏𝑖 è la distanza media minima tra l’i-esimo punto e i punti di un differente cluster, minimizzata tra i vari cluster. Un valore di silhouette prossimo ad 1 indica, quindi, la corretta assegnazione del punto al corrispondente cluster, un valore nullo indica che il punto non appartiene in maniera definita ad un cluster rispetto che ad un altro, mentre un valore negativo indica che il punto è stato assegnato al cluster sbagliato. In Figura 5.1 sono rappresentati i valori medi delle silhouette calcolati per i diversi casi analizzati. La metrica utilizzata è stata quella che ha permesso di ottenere i maggiori valori delle silhouette:

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Figura 5.1: Valore medio delle silhouette, al variare del numero dei cluster

Dalla figura emerge come il numero ottimale di cluster, al quale corrisponde il valore medio delle silhouette maggiore, sia pari a quattro. A conferma di ciò, si osserva dalla rappresentazione delle differenze relative dei valori, come, prendendo un numero di cluster maggiore di quattro, non vi sarebbero miglioramenti sensibili. Si mostrano in Figura 5.2 i valori delle silhouette per il caso con quattro cluster. Gli elevati valori di silhouette ottenuti dalla maggior parte dei dati dimostrano la correttezza del clustering effettuato.

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38 A causa del rumore insito nella grande quantità di dati a disposizione, è stato scelto di effettuare il clustering non sull’intero dataset, ma sui dati mediati sulle ventiquattro ore, al fine di ottenere risultati più stabili. La scelta progettuale risulta adeguata, considerando la dinamica molto lenta del digestore anaerobico.

In Tabella 5.1 sono riportati i valori dei centroidi dei cluster ottenuti dal clustering effettuato, evidenziando i valori scelti per effettuare il dimensionamento dell’impianto, corrispondenti al centroide del cluster maggiormente popolato. Tali valori corrispondono anche a quelli in grado di restituire la maggiore potenza elettrica.

Cluster Qdig [kW] mfumi [kg/s] Tfumi [°C] popolaz. [%]

1 134,53 3,35 250,44 32,14

2 165,64 3,3 238,85 24,45

3 151,46 2,8 255,97 22,8

4 176,3 2,82 245,26 20,6

Tabella 5.1: Valori dei centroidi dei quattro cluster

5.2. Design preliminare

Per effettuare il dimensionamento preliminare dell’impianto, è stato implementato in ambiente MATLAB un problema di ottimizzazione vincolata, la cui risoluzione ha permesso di ottenere la migliore configurazione in grado di massimizzare la funzione obiettivo desiderata. Per determinare le proprietà termodinamiche dei fluidi selezionati, è stata importata in MATLAB la libreria CoolProp [42]. Al fine di agevolare il calcolo, il modello è stato costruito sotto alcune ipotesi semplificative, in base alle quali ogni componente è stato analizzato come un sistema aperto operante in condizioni stazionarie e le perdite di carico negli scambiatori e nei condotti del ciclo sono state ipotizzate nulle.

La parte dell’impianto modellata nel codice, comprendente l’ORC e l’anello del fluido termovettore, è stata rappresentata in Figura 5.3. Il dimensionamento dell’impianto viene effettuato in modo che nelle condizioni progettuali venga interamente sfruttata la potenza termica disponibile. Pertanto, nella fase di design, è stato ipotizzato di trascurare la presenza del cooler situato a monte della pompa di circolazione dell’olio, la cui funzione consiste nello smaltimento dell’eventuale potenza termica in eccesso non utilizzabile.

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39

Figura 5.3: Schema dell'impianto modellato in ambiente MATLAB

La ricerca della configurazione d’impianto ottimale è stata effettuata tramite il solutore

fmincon, capace di trovare il minimo di un problema non lineare vincolato del tipo:

min 𝑥 𝑓(𝑥) { 𝑐(𝑥) ≤ 0 𝑐𝑒𝑞(𝑥) = 0 𝐴 ∙ 𝑥 ≤ 𝑏 𝐴𝑒𝑞∙ 𝑥 = 𝑏𝑒𝑞 𝑙𝑏 ≤ 𝑥 ≤ 𝑢𝑏

dove 𝑥, 𝑏, 𝑏𝑒𝑞, 𝑙𝑏, 𝑢𝑏 sono vettori, 𝐴 e 𝐴𝑒𝑞 sono matrici, 𝑐(𝑥) e 𝑐𝑒𝑞(𝑥) sono funzioni vettoriali ed 𝑓(𝑥) è una funzione scalare, considerando che le funzioni 𝑓(𝑥), 𝑐(𝑥) e 𝑐𝑒𝑞(𝑥) possono essere non lineari. In altre parole, fmincon consente di determinare i valori delle variabili di ottimizzazione, 𝑥, che permettono di minimizzare la funzione obiettivo 𝑓(𝑥), all’interno di un dominio individuato dai limiti inferiori e superiori di dette variabili (𝑙𝑏 ≤ 𝑥 ≤ 𝑢𝑏), rispettando vincoli di uguaglianza e disuguaglianza lineari (𝐴 ∙ 𝑥 ≤ 𝑏; 𝐴𝑒𝑞∙ 𝑥 = 𝑏𝑒𝑞) e non (𝑐(𝑥) ≤ 0; 𝑐𝑒𝑞(𝑥) = 0), a partire da valori iniziali, ipotizzati, 𝑥0.

Tra gli algoritmi proposti da fmincon, è stato utilizzato l’SQP (Sequential Quadratic

Programming), valido per problemi di ottimizzazione vincolata non lineari. Esso consente

di soddisfare i vincoli ad ogni iterazione, presentando elevata robustezza e velocità di

Source in Source out ORC 1 ORC 2 ORC 2R ORC 3 ORC 4 ORC 4R Recuperator Condenser Expander Evaporator Air Cooler Cool in Cool out Circulating pump Pump Loop 1 Loop 2 Loop 3 Loop 4 Loop 5 Heat Exchanger

Sew in Sew out Sewage Diathermic Oil Exhaust Gas ORC Cooling Water Sewage heating

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40 calcolo. Inoltre, affinché il minimo trovato dal problema sia globale, è stata utilizzata la funzione Globalsearch.

Nel presente lavoro, il dimensionamento dell’impianto è stato effettuato in funzione della massima potenza elettrica netta prodotta dall’ORC. Dato che fmincon risolve solo problemi di minimizzazione, è stato inserito nel codice un segno negativo davanti all’espressione della potenza, per poter essere massimizzata.

Le variabili di ottimizzazione del problema sono: • la temperatura di evaporazione dell’ORC [°C]; • la temperatura di condensazione dell’ORC [°C]; • il grado di surriscaldamento dell’ORC [°C];

• la temperatura dell’olio diatermico in ingresso all’evaporatore [°C]; • la temperatura dell’olio diatermico in uscita dall’evaporatore [°C]; • la portata massica dell’olio diatermico [kg/s].

Per ciascuna delle variabili di ottimizzazione, sono stati definiti i valori limite inferiore (Lower Bounds) e superiore (Upper Bounds), in modo da definire il dominio di ricerca:

{ 0 ≤ 𝑇𝑒𝑣𝑂𝑅𝐶 ≤ 𝑇𝑐𝑟𝑖𝑡𝑂𝑅𝐶 − 10 𝑇𝑐𝑜𝑜𝑙𝑜𝑢𝑡≤ 𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑𝑂𝑅𝐶 ≤ 𝑇𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑖𝑛− ∆𝑇𝑝𝑝,𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑚𝑖𝑛 5 ≤ ∆𝑇𝑠ℎ𝑂𝑅𝐶 ≤ 50 0 ≤ 𝑇𝑙𝑜𝑜𝑝1≤ 𝑇𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑖𝑛 0 ≤ 𝑇𝑙𝑜𝑜𝑝2≤ 𝑇𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑖𝑛− ∆𝑇𝑝𝑝,𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑚𝑖𝑛 0,01 ≤ 𝑚̇𝑙𝑜𝑜𝑝≤ ∞ dove:

• 𝑇𝑐𝑟𝑖𝑡𝑂𝑅𝐶 corrisponde alla temperatura critica del fluido organico;

• 𝑇𝑐𝑜𝑜𝑙𝑜𝑢𝑡 è la temperatura dell’acqua refrigerante in uscita dal condensatore; • 𝑇𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑖𝑛 è la temperatura dei gas di scarico in ingresso allo scambiatore di

recupero, determinata mediante il clustering dei dati;

• ∆𝑇𝑝𝑝,𝑠𝑜𝑢𝑟𝑐𝑒𝑚𝑖𝑛 corrisponde al minimo valore ammissibile ipotizzato per il pinch point tra i gas di scarico e l’olio diatermico.

È stato, inoltre, definito il vettore 𝑥0 dei valori delle variabili di ottimizzazione da cui

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