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Liberalizzazione commerciale e politica ambientale tra gli Stati membri del NAFTA

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Academic year: 2021

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A mio nonno Il mio supereroe, il mio modello di vita e il mio amore più grande.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

Capitolo 1

L’istituzione del NAFTA

1.1 I soggetti coinvolti nella negoziazione dell’accordo NAFTA .. 7

1.2 Le fasi negoziali ... 19

1.3 I rapporti tra il NAFTA ed il sistema del WTO ... 34

Capitolo 2

Il NAFTA e l’ambiente

2.1 Le disposizioni ambientali presenti nell’accordo NAFTA ... 46

2.2 L’accordo sulla cooperazione ambientale... 56

2.2.1 La “North American Commision For Environmental

Cooperation” ... 63

2.2.2 Gli obiettivi della North American Commision For

Environmental Cooperation ... 68

2.2.3 Il meccanismo di risoluzione delle controversie ... 71

2.3 Le altre iniziative ambientali portate avanti parallelamente al nafta ... 76

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Capitolo 3

La prassi applicativa rilevante in materia ambientale

3.1 Il diritto di iniziativa riconosciuto agli individui per far valere

il rispetto delle normative in materia ambientale ... 85

3.2 I “ rapporti di fatto” elaborati dal segretariato del NAAEC .. 89

3.2.1 Il caso delle automobili del Quebec ... 92

3.2.2 Il caso del lago Chapala II ... 97

3.2.3 Il caso delle centrale elettriche a carbone ... 102

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ... 106

BIBLIOGRAFIA ... 109

LISTA SITI INTERNET CONSULTATI ... 114

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INTRODUZIONE

Il libero commercio ha assunto in questi anni un ruolo di estrema importanza a livello politico internazionale. Esso sta alla base di un profondo,quanto inarrestabile, processo di integrazione economica di cui tutti sono partecipi tanto da divenire il maggior motore di crescita economica dei nostri tempi. A livello mondiale, infatti, le relazioni commerciali hanno fatto registrare un tasso d’incremento molto superiore rispetto alle economie nazionali.

Allo stesso tempo, dati inquietanti circa la salute del nostro pianeta hanno portato l’attenzione di molti a concentrarsi sulle problematiche ambientali. Lo spettro dei cambiamenti climatici e dell’alterazione dei naturali equilibri ecologici ha lasciato intravedere pesanti implicazioni per l’uomo stesso. Tali preoccupazioni si sono andate gradualmente radicando nell’opinione pubblica parallelamente a manifestazioni sempre più evidenti delle ripercussioni di attività umane sugli ecosistemi locali. Non stupisce quindi che col passare del tempo sia nata una connessione controversa tra questi due ambiti. Gli accordi regionali hanno assunto un ruolo fondamentale nel processo di liberalizzazione commerciale. Tra di essi, il NAFTA risulta particolarmente significativo .

Il North American Free Trade Agreement (Accordo nordamericano per il libero scambio), conosciuto anche con l'acronimo NAFTA e, nei paesi di lingua spagnola, come TLCAN(Tratado de Libre Comercio

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de America del Norte o più semplicemente TLC), è un trattato di

libero scambio commerciale stipulato tra Stati

Uniti, Canada e Messico e modellato sul già esistente accordo di libero commercio tra Canada e Stati Uniti (FTA).

L'Accordo venne firmato dai Capi di Stato dei tre paesi (il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il Presidente Messicano Carlos Salinas de Gortari il Primo Ministro Canadese Brian Mulroney) il 17 dicembre 1992 ed entrò in vigore il 1ºgennaio 1994. Il giorno stesso della firma, simbolicamente iniziava nello Stato messicano del Chiapas la rivolta zapatista da parte delle popolazioni indigene che vedevano nell'accordo (anche sulla base di precedenti esperienze simili) un ulteriore mezzo volto a trasferire la ricchezza dalle zone povere del Messico verso il Canada e, soprattutto, verso gli Stati Uniti.

L’aspetto che maggiormente caratterizza il NAFTA è sicuramente legato alla progressiva eliminazione di tutte le barriere tariffarie fra i paesi che aderiscono all’accordo, ma questo è solo uno dei diversi scopi che esso persegue come: promuovere le condizioni di concorrenza leale nell’area di libero scambio, incrementare le possibilità d’investimento nei territori delle parti, fornire protezione adeguata ed effettiva e rinforzare, i diritti di proprietà intellettuale nel territorio di ogni parte,creare procedure efficaci per l’implementazione e l’applicazione di questo accordo, per le sue amministrazioni congiunte e per la risoluzione delle controversie; stabilire un quadro per una ulteriore cooperazione trilaterale, regionale e multilaterale, al fine di espandere e accrescere i benefici di questo accordo.

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Il NAFTA ha istituito un blocco commerciale dalle caratteristiche assolutamente originali: in primo luogo, esso ha creato un mercato che oggi sfiora i 400 milioni di consumatori; secondariamente, è stato il primo a comportare l’integrazione di Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo; in terzo luogo, le sue negoziazioni hanno innescato per la prima volta un importante dibattito pubblico all’interno del quale le problematiche ambientali hanno ricoperto un ruolo fondamentale; infine, ha adottato un moderno impianto normativo basato sull’interrelazione tra commercio e ambiente.

A vent’anni anni dalla sua entrata in vigore, è possibile intraprendere una prima analisi delle sue conseguenze sull’ambiente .

Purtroppo una valutazione quantitativa di tali effetti rimane difficile a causa della carenza di dati,carenza che invece non si riscontra per quanto riguarda l’aspetto storico e legislativo dell’accordo.

Nella presente indagine vanno prese in considerazione le diverse problematiche connesse alla valutazione d’impatto ambientale.

Nel primo capitolo verrà compiuta un’analisi storica delle fasi negoziali dell’accordo, con una particolare attenzione agli attori che vi hanno partecipato ed alle diverse preoccupazioni che essi hanno palesato.

Le tesi sostenute, proprio perché non riconducibili ad una semplice contrapposizione tra favorevoli e contrari, hanno contribuito in modo sostanziale alla determinazione di un complesso apparato normativo ed istituzionale anche in materia ambientale.

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Nel secondo capitolo verranno analizzate le disposizioni legislative con implicazioni ambientali afferenti, sia al testo del NAFTA sia

all’Accordo per la cooperazione ambientale entrato

contemporaneamente in vigore (North American Agreement on Environmental Cooperation. o, più semplicemente, NAAEC).

In secondo luogo, verranno illustrate le iniziative e le istituzioni cui questo percorso parallelo al NAFTA ha dato vita.

Si cercherà quindi di capire quali punti di forza e quali lacune abbia palesato il NAFTA nel processo d’integrazione delle problematiche ambientali e commerciali, soprattutto considerando che una delle parti contraenti era caratterizzata da un grado di sviluppo nemmeno paragonabile a quello degli altri partner.

Nell’ultimo capitolo verrà infine analizzata la prassi applicativa rilevante in materia ambientale, a cui il NAFTA ha dato vita. Particolare attenzione verrà prestata alla prassi applicativa concernente gli articoli 14 e 15 del NAEEC, che consentono anche ai singoli di poter denunciare il mancato rispetto delle normative ambientali da parte dei membri Nafta.

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CAPITOLO I

L’ISTITUZIONE DEL NAFTA

1.1 I SOGGETTI COINVOLTI NELLA NEGOZIAZIONE DELL’ACCORDO NAFTA

Il North American Free Trade Agreement( NAFTA) è stato il primo accordo regionale di libero scambio a confrontarsi con il problema dell’integrazione delle politiche commerciali e ambientali in fase di negoziazione, e l’unico ad interessare Paesi di un così diverso livello di sviluppo economico; i suoi contenuti ed il processo attraverso cui è stato negoziato, hanno pertanto suggerito numerosi spunti di

riflessione ai successivi accordi commerciali , relativamente

all’efficacia delle disposizioni adottate. Più specificamente, il processo negoziale del NAFTA dimostra la possibilità che anche un Paese con un’arretrata situazione politica, sociale ed economica, come il Messico, si confronti con queste problematiche, nonostante che esse siano divenute prerogativa dei paesi più avanzati solo negli ultimi anni.

E’ stata, anzi, la confluenza d’interessi contrapposti a giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della conformazione finale dell’accordo permettendo alle parti di conseguire sia i benefici commerciali che quelli ambientali derivati dal NAFTA.

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I promotori erano assolutamente convinti dei vantaggi economici che l’accordo avrebbe apportato ai tre Paesi contraenti. Secondo le previsioni governative, la rimozione delle barriere tariffarie e non tariffarie avrebbe aumentato notevolmente gli scambi della regione dando vita ad un unico, grande blocco commerciale di oltre trecentosessanta milioni di consumatori. I benefici economici sarebbero stati da imputare ad un aumento della concorrenza conseguente alla caduta delle barriere protettive. In primo luogo, essa si sarebbe risolta in una modernizzazione generale dell’economia regionale ed in secondo luogo avrebbe favorito la specializzazione dei singoli paesi nella produzione e nella fornitura dei servizi, secondo la teoria dei vantaggi comparati. La costituzione di un mercato così vasto avrebbe, infine, favorito il raggiungimento di elevate economie di scala.

I governi di Messico e Stati Uniti propagandarono fin dall’estate del 1990 queste valutazioni e, nel gennaio del 1991, anche il Canada dichiarò di volersi muovere in questa medesima direzione.

Fino a quel momento, invece, il governo canadese era stato piuttosto indifferente a queste trattative, consapevole del fatto che la creazione di un’area di libero commercio in Nord America avrebbe avvantaggiato soprattutto gli Stati Uniti, non solo per la loro consolidata leadership economica, ma anche in virtù della conformazione geopolitica della regione, che certamente non avrebbe permesso una grande espansione delle attività economiche canadesi in Messico. Inoltre il Canada aveva già sottoscritto un accordo di libero commercio con gli Stati Uniti denominato CUFTA (Canada-U.S. Free

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Trade Agreement), entrato in vigore il 1° Gennaio del 1989, rispetto al quale il NAFTA appariva come una semplice estensione a Sud.

La sua ritardata apertura al NAFTA è, anzi, principalmente dovuta alla volontà di non vedere indebolita la partnership commerciale con gli USA istituita con il CUFTA.

Oltre agli scambi commerciali, il NAFTA avrebbe interessato anche la circolazione dei capitali e, dunque, gli investimenti. Secondo le previsioni, la liberalizzazione degli investimenti esteri in Messico ha costituito uno degli elementi che hanno trainato la costituzione dell’accordo. Enormi interessi economici spinsero, infatti, le grandi multinazionali statunitensi ma anche la World Bank ad esercitare pressioni in questa direzione sugli organi di governo. Questi, al riguardo, esprimevano la convinzione che l’afflusso di capitali dall’estero, supportato dall’adozione di un modello di sviluppo neoliberista, avrebbe favorito lo sviluppo dell’economia messicana fino alla sua completa integrazione nell’economia nordamericana. I vertici di governo hanno guidato il processo negoziale elaborando complesse strategie e conducendo delicate trattative a livello nazionale; quest’azione è stata supportata dal contributo di altri organi istituzionali: gli enti sub-federali ed i ministeri ambientali. I primi hanno aiutato a rapportare i contenuti dell’accordo con le diverse realtà locali, mentre i secondi hanno fornito il supporto tecnico necessario ad integrare i contenuti politici dell’accordo.

Il ruolo degli enti sub-federali all’interno del processo del NAFTA è

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stato molto importante: le tre Nazioni nordamericane hanno, infatti, una forma di governo di tipo federale , per cui molte delle loro responsabilità di protezione ambientale sono delegate proprio a livello sub federale.

Anche gli sforzi effettuati da tali enti, per indirizzare gli impatti locali del NAFTA, hanno rappresentato un importante modello per assicurare maggior attenzione alla dimensione locale nei successivi accordi commerciali. Le entità sub-federali devono, infatti, rivestire un ruolo di primo piano nelle negoziazioni, dato che spesso hanno un mandato legislativo di notevole rilevanza; inoltre, questi enti sono gli unici in grado di gestire le ripercussioni a livello locale di accordi di questo tipo.

Degno di nota è, anche, l’impegno che gli istituti governativi profusero per effettuare le ricerche empiriche necessarie a valutare la situazione ambientale nordamericana e le possibili conseguenze dell’accordo su di essa. Precedentemente, i ministri ambientali avevano sempre agito all’interno di una precisa giurisdizione, operando con un grado di consultazione molto inferiore rispetto a quello riscontrato nel corso delle negoziazioni per il NAFTA .

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Per la prima volta, durante le negoziazioni di un accordo commerciale, i promotori stessi si sono impegnati in una valutazione del suo impatto ambientale. I ministeri ambientali giocarono, così, un ruolo di primo piano nello sviluppo delle disposizioni del NAFTA sull’ambiente ma, soprattutto, nel corso delle negoziazioni parallele sulla tutela ambientale.

Senza il coinvolgimento di questi istituti e dei loro corrispettivi per il commercio, il NAFTA non avrebbe potuto raccogliere la complessa interazione tra i due ambiti in considerazione; quest’esperienza suggerisce che la partecipazione degli istituti governativi competenti sia fondamentale fin da subito nel processo d’integrazione delle problematiche ambientali e commerciali.

Le organizzazioni ambientaliste non governative ENGO’s

(Environmental Non Governmental Organization), meritano una particolare attenzione; esse sono, infatti, le principali responsabili dell’affermazione delle istanze ambientaliste all’interno delle negoziazioni del NAFTA.

Queste organizzazioni vengono divise , sulla base dell’atteggiamento che hanno tenuto durante le negoziazioni, in critiche e moderate. Entrambe miravano al conseguimento di uno sviluppo sostenibile; le organizzazioni critiche però, ritenevano che uno sviluppo di questo tipo non avrebbe potuto prescindere da valori come democrazia, giustizia e redistribuzione del reddito, limitandosi semplicemente a singoli provvedimenti ambientali. La loro opposizione rispetto all’accordo si rivelò, fin dal primo momento, decisamente critica nei

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confronti del modello economico perorato dai promotori e delle sue possibili conseguenze sull’ambiente.

I moderati condividevano la critica all’atteggiamento dei governi, che ignoravano la causa dello sviluppo sostenibile e della protezione ambientale, ma preferirono aprire un dialogo con i governi, fin dal primo momento, riponendo una moderata fiducia negli effetti di lungo periodo dell’economia di mercato.

Le due correnti affrontarono la necessità di conquistare una visibilità nel processo negoziale, attraverso diverse strategie di cooperazione, anche a livello transnazionale. Le organizzazioni moderate attuarono una coalizione a livello regionale, limitata, pragmatica e connessa, soprattutto, al momento politico delle negoziazioni dell’accordo; diversamente, le organizzazioni critiche strinsero una vera e propria alleanza che permise loro di conseguire una cooperazione più strutturata e dunque più profonda e diretta. L’azione di queste ultime fu resa necessaria, anche, dal fatto che esse dovevano contrastare, attraverso una coesiva collaborazione, l’isolamento in cui erano state relegate dai governi nazionali.

A un ventennio di distanza, la partecipazione delle ENGO’s, dell’opinione pubblica e delle organizzazioni sindacali alle negoziazioni del NAFTA, assume una rilevanza storica evidente. Infatti, per la prima volta nel corso di negoziati internazionali, queste forze sono riuscite a conquistarsi uno spazio sulla scena politica internazionale.

Anche il settore industriale seguì attivamente le varie fasi evolutive dell’accordo; quest’interesse ebbe inizio fin da subito, anzi le

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pressioni sui governi nazionali affinché realizzassero questo accordo vennero proprio da alcuni settori della grande industria.

In Canada, sebbene il contributo del settore industriale si concentrò sul mantenimento e la salvaguardia dei propri interessi negli Stati Uniti, crebbe l’interesse per il mercato sudamericano che offriva grosse potenzialità di espansione (il Messico costituiva, da questo punto di vista, un ponte per una crescita in quelle aree).

In Messico, si era venuta delineando un’alleanza tra il mondo politico e l’élite industriale a favore del NAFTA. Nel 1990, sotto pressione governativa, fu creata un’organizzazione di coordinamento del settore privato, la COECE (Coordinating Organization of Business Agencies of Foreign Trade). Essa ha rappresentato le istanze delle undici più importanti organizzazioni economiche del paese, grandi compagnie in cui gli interessi particolaristici giocarono il ruolo principale nel coordinamento dell’organizzazione.

La partecipazione dell’élite economica messicana alle negoziazioni dell’accordo è stata molto importante, in quanto ha permesso a rappresentative del settore privato di agire da protagoniste nelle negoziazioni. Inoltre, ha attribuito ad esse un ruolo consultivo in un processo intrapreso e guidato dallo stato, nonostante che il livello di consultazione formale fosse ancora basso ed il confronto avvenisse ancora, principalmente, attraverso contatti personali tra esponenti del governo e uomini di affari .

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I settori che avevano maggiori interessi erano, naturalmente, quelli che, insieme ad elevati valori delle esportazioni, registravano una produttività e un tasso di profitto in crescita, come l’industria del trasporto, della produzione di macchinari e di componenti elettroniche. Più critiche erano, invece, le prospettive per il settore bancario; esso era caratterizzato da un alto grado d’inefficienza dovuto alla condizione di oligopolio da cui era caratterizzato . I piccoli istituti, pochi per la verità, erano destinati a risentire per primi degli effetti dell’inevitabile ristrutturazione a livello regionale che avrebbe interessato il settore, per mezzo di fusioni e acquisizioni.

Una notevole pressione alla realizzazione del NAFTA giunse anche dalla World Bank; attraverso rapporti e contatti politici essa supportò decisamente il NAFTA. Quest’organizzazione aveva giocato un ruolo molto importante nel processo di ristrutturazione economica messicana e vedeva nel NAFTA il completamento dello sdoganamento del Messico tra le economie di libero mercato. In un suo documento del 1993 si dichiara: “gli impatti di lungo termine del

NAFTA in Messico, attraverso lo svolgimento del processo d’integrazione con i più ampi mercati del nord e di rapida modernizzazione dell’economia, avrebbe avuto importanti effetti secondari anche, su riduzione della povertà,ambiente, sviluppo delle risorse umane, sviluppo rurale e urbano(…), e sviluppo politico. Molti dei cambiamenti sarebbero stati positivi(…)” $. Per dare

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maggior peso a queste parole e superare le difficoltà incontrate durante le fasi negoziali, la World Bank, sotto pressione degli Stati Uniti, decise anche di destinare un finanziamento pari al 33% del budget totale messicano per il triennio 93-96 ai progetti ambientali, rispetto ad un precedente 20%.

Infine un ruolo decisivo nel processo di negoziazione del NAFTA è stato svolto dall’opinione pubblica che si è subito mostrata interessata alle problematiche poste dall’accordo e ha cercato in questo modo di contribuire alla sua formazione. La partecipazione pubblica è stata facilitata anche dalle parti che cercavano di fornire al NAFTA un sopporto più ampio possibile. Al tal fine, le parti hanno agito sia a livello nazionale sia nei contesti locali più problematici. A livello nazionale sono stati organizzati numerosi dibattiti, alcuni dei quali altamente pubblicizzati ma, per la verità, puramente propagandistici, come il confronto televisivo che ha visto protagonisti il vicepresidente americano Al Gore ed il texano Ross Perot, contrario all’accordo.

Inoltre, le parti hanno condotto una gamma di attività mirate; ad esempio, gli Stati Uniti hanno effettuato una serie d’incontri nella regione di confine con il Messico riguardanti il “Border Plan” raccogliendo centinaia di testimonianze.

Le risposte del governo all’interesse pubblico per il NAFTA non sono, come dicevamo, state uniformi. L’opinione pubblica messicana non ebbe mai un ruolo attivo; secondo Zinser, l’approccio del governo

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messicano aveva attribuito alle negoziazioni del NAFTA “lo stesso

status di un affare di sicurezza nazionale, trattenendo le informazioni come se fossero un segreto di stato, evitando qualsiasi significativo dibattito pubblico, mantenendo una stretta sorveglianza sugli oppositori dell’accordo, e trasmettendo al pubblico solo generici messaggi di propaganda”.

L’assenza di un dibattito pubblico in Messico produsse risultati evidenti; secondo un’inchiesta effettuata tra i cittadini messicani, il 45.8% degli intervistati erano favorevoli al NAFTA, perché avrebbe permesso loro di trovare più facilmente lavoro negli Stati Uniti. L’immaturità della democrazia messicana, molto grave, soprattutto se confrontata con il livello degli altri stati nordamericani, è confermata da alcuni importanti fenomeni: la scarsa propensione della popolazione messicana a sostenere un confronto attivo con il governo, l’assenza di informazioni sull’andamento del processo negoziale, e l’incapacità delle ONG( acronimo per Non Governmental Organization) e dei partiti politici contrari all’accordo di stimolare un dibattito allargato a tutti i cittadini; ma, soprattutto, la capacità del

governo di pilotare l’opinione pubblica stessa #strumentalizzando le

informazioni.

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Un caso emblematico è rappresentato dalla testimonianza del ricercatore A. A. Zinser; nel 1990 , insieme al professore J. G. Castaneda, egli scrisse una lettera al Congresso Messicano in cui sottolineava la necessità di discutere i costi sociali e ambientali connessi alla liberalizzazione commerciale. L’anno dopo, essi ripeterono il loro punto di vista ad una conferenza sul NAFTA, organizzata a Washington da alcune ONG.

Nel primo caso, la stampa messicana distorse ed in alcuni casi omise del tutto i contenuti della lettera; riguardo all’intervento a Washington, attraverso le pagine dell’autorevole quotidiano “Excelsior”, essi furono addirittura accusati dai vertici del PRI di tradimento della nazione messicana. (Zinser, 1993).

Il governo messicano è stato duramente criticato anche dai partner commerciali, per non aver coinvolto un vasto pubblico nel dibattito, ma questo è stato, probabilmente, l’unico modo per portare avanti negoziazioni che, altrimenti, la popolazione avrebbe accettato molto difficilmente.

Rimangono alcune perplessità sulle reazioni del popolo messicano man mano che l’accordo manifesterà i suoi effetti in maniera evidente. La notte del 1° gennaio del 1994, infatti, la stessa in cui il NAFTA entrò in vigore, scoppiò una rivolta indigena in uno Stato del sud, il Chiapas. La rivolta “zapatista”domandava democrazia, terra e giustizia per i contadini della regione esprimendo inoltre la convinzione che le classi più povere ed emarginate del Messico non avrebbero tratto alcun giovamento dall’accordo. In effetti, il settore

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agricolo messicano, basato su tecniche e metodi antichi ma proprio per questo scarsamente produttivi, è stato uno dei primi a risentire del nuovo regime commerciale della regione, e da anni vive questa dolorosa transizione.

L’interesse per il NAFTA di una grossa parte dell’opinione pubblica, evidenzia un’importante tendenza per il policy-maker commerciale: l’interesse verso politiche di questo tipo continua ad aumentare, sia a livello domestico che internazionale; inoltre, l’attenzione pubblica si concentra sempre più sugli effetti non economici delle politiche commerciali. Sarà difficile per i governi sottrarsi al confronto con l’opinione pubblica, di fronte alle crescenti rivendicazioni di maggior spazio nelle negoziazioni.

Questa tendenza riflette il trend generale all’interno del diritto internazionale verso il riconoscimento della personalità giuridica per le NGO’s e le persone fisiche. Nel lungo termine, se i governi si riveleranno incapaci di provvedere a questa partecipazione allargata risulterà impossibile concludere un qualunque accordo commerciale. E’, dunque, nell’interesse di tutti che la collettività sia informata ed inserita all’interno del processo di decision-making.

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1.2 LE FASI NEGOZIALI

Il processo di formazione del NAFTA può essere suddiviso in tre fasi :

1. Quella che intercorre tra giugno 1990 (cioè dalla dichiarazione dei Presidenti Salinas e Bush di voler realizzare un accordo di libero commercio) e maggio 1991 (impegno del presidente Bush di effettuare una valutazione ambientale dell’accordo di fronte al congresso americano);

2. Quella che va dalla metà del 1991 al settembre 1992 dove i promotori dell’accordo ne annunciarono il completamento; 3. Quella finale che ebbe inizio nel 1992 con l’elezione di Bill

Clinton come nuovo Presidente degli Stati Uniti e terminò nel novembre 1993 con la sottoscrizione del NAAEC (trattato aggiuntivo per la tutela ambientale)

Cerchiamo di analizzare più dettagliatamente queste tre fasi.

L’idea della costituzione di una zona di libero commercio in Nord America fu proposta per la prima volta dagli Stati Uniti nel 1979 in occasione del viaggio ufficiale in Messico dell’allora Presidente

Jimmy Carter. La proposta venne poi portata avanti

dall’amministrazione Reagan senza , però , trovare una controparte interessata,in Messico infatti dominava un’oligarchia che era poco restia ai cambiamenti,soprattutto a quelli che potevano comportare una perdita del dominio che essa aveva sulle attività del paese.

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Le cose iniziarono a cambiare nel 1986 con l’ingresso del Messico nel GATT ( General Agreement on Tariffs and Trade), il governo infatti si mostrò più propenso alla liberalizzazione del commercio estero.

Il passo deciso per un’ulteriore apertura messicana e l’entrata in vigore del NAFTA si ebbe però con il Presidente Carlos Salinas de Gortari che insieme al Presidente Bush firmò nel 1990 una dichiarazione di intenti per la costituzione di un accordo di libero commercio.

La prima fase di queste negoziazioni fu caratterizzata dalla riservatezza con cui i promotori dell’accordo dettero avvio alle consultazioni.

Successivamente, essi iniziarono una lenta quanto progressiva campagna pubblicitaria a favore del NAFTA, basata sui benefici economici che avrebbero caratterizzato la regione.

Con il passare del tempo, numerosi studi circa le conseguenze economiche dell’accordo vennero supportando questa posizione; molti di essi insistevano sui possibili effetti positivi sull’economia messicana. Secondo uno studio, il guadagno conseguente all’entrata in vigore dell’accordo sarebbe stato dell’ordine del 5% del PIL per il Messico e soltanto dello 0.7% e 0.3%, rispettivamente per Canada e Stati Uniti . Secondo uno studio di Ros , gran parte di questa crescita economica sarebbe stata da attribuire alla liberalizzazione degli investimenti. Un’analisi scientifica, effettuata attraverso un modello

5 M

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basato su simulazioni di equilibrio generale applicato, dimostra che gli effetti dell’accordo, senza una contemporanea liberalizzazione degli investimenti, avrebbero determinato una crescita dell’ordine dell’1.6% del messicano.

Vennero fatte previsioni anche sul versante politico,si sosteneva che l’apertura commerciale avrebbe portato il Messico verso un processo di democratizzazione e liberalizzazione politica,come del resto confermato dalle dichiarazioni di volontà dell’amministrazione Salinas.

I propositori dell’accordo evitavano invece qualsiasi valutazione di tipo ambientale,furono i gruppi ambientalisti a richiederle e ad iniziare una collaborazione per affrontare questa discussione. Nell’ottobre del 1990, si tenne a Città del Messico, il “Canada-Mexico Encuentro”, che vide la partecipazione di una trentina di NGO’s canadesi ed oltre settanta organizzazioni messicane di varia natura. Ancora non si sapeva se il Canada avrebbe o meno preso parte alle negoziazioni del NAFTA, ma si sviluppò ugualmente un dibattito intorno ai possibili impatti della liberalizzazione commerciale sull’ambiente. Una

rappresentativa della CELA (Canadian Environmental Law

Association) effettuò un rapporto dell’esperienza canadese maturata sotto il CUFTA.

Anche se in questa prima fase l’opposizione all’accordo non fu molto organizzata è possibile trovare alcuni elementi fondanti tale critica che

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costituiscono ancora oggi l’aspetto più innovativo dell’intero processo negoziale.

Si sollevò un problema circa il metodo procedurale utilizzato nel dare avvio alle negoziazioni (infatti, come per ogni altro accordo commerciale, i contatti per il NAFTA presero avvio in maniera quasi segreta) e si richiese un trasparente processo negoziale che prevedesse la partecipazione dell’opinione pubblica. In secondo luogo, fu avanzata a gran voce la richiesta di una valutazione ambientale dell’impatto dell’accordo. Infine, ci si iniziò a battere per l’elaborazione di piani di azione ambientale che si confrontassero con i problemi futuri ma anche e soprattutto con quelli presenti nella regione.

Il secondo elemento di critica riguardava la tutela ambientale.

La situazione della regione di frontiera tra USA e MESSICO, rappresentava un forte incentivo ad opporsi ad un’estesa apertura commerciale. Questa zona era stata, infatti,particolarmente’interessata dal”Maquiladora Programa” attuato nel 1965. Il programma era volto ad incentivare l’esportazione negli USA di prodotti industriali ad alta intensità di lavoro, attraverso la tassazione del solo “valore aggiunto messicano”.

Le “Maquiladora” sono aziende che effettuano a basso costo l’assemblaggio o il trattamento di semilavorati di provenienza e destinazione statunitensi; tutto ciò avvenne per oltre venticinque anni senza alcuna regolamentazione, fino all’assoluta rovina del territorio e delle sue risorse naturali.

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I dubbi circa la mancanza di moderne normative di tutela ambientale in Messico e le conseguenti difficoltà di armonizzazione di tali normative a livello regionale, connesse al rischio di immigrazione delle produzioni a più elevato impatto ambientale, riproponevano a livello regionale gli stessi rischi già manifesti nella regione suddetta.

Per questi motivi, nell’aprile del 1991, a conclusione di un anno di valutazione di queste questioni, un gruppo composto da oltre venti organizzazioni dei tre paesi effettuò una Comune Dichiarazione sul

NAFTA , in cui si richiedeva l’inserimento delle problematiche

ambientali all’interno dell’accordo, una commissione che indagasse gli effetti ambientali dello stesso, la partecipazione di esperti ambientali alle negoziazioni e l’inclusione di un piano di azione ambientale che effettuasse un monitoraggio della regione ed istituisse un meccanismo di regolamentazione dei problemi interconnessi tra ambiente e commercio.

L’intervento del Presidente Bush di fronte al Congresso, avvenuto il 1° maggio dello stesso anno, pose fine a questa prima fase negoziale e diede inizio alla seconda. Il documento serviva al Presidente per rassicurare i membri del Congresso sempre più preoccupati degli effetti collaterali del NAFTA. Bush sperava che così facendo gli venisse accordata la “fast track autority”, un meccanismo attraverso il quale il Congresso non avrebbe più potuto emendare i risultati finali delle negoziazioni ma semplicemente accettarli o rifiutarli in toto. Per questo, egli riconobbe la fondatezza delle problematiche sollevate dalle organizzazioni ambientaliste e dispose che l’USTR (U. S. Trade

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Representative) coordinasse una ricerca intergovernativa riguardo agli effetti del NAFTA sull’ambiente di Messico e USA. Inoltre, espresse la volontà di accordarsi in modo tale da assicurare il mantenimento delle leggi, dei regolamenti e degli standard ambientali statunitensi.

Con questa dichiarazione il Presidente provocò un divisione all’interno delle ENGO’S. Alcune ,di esse iniziarono un dialogo costruttivo con l’amministrazione Bush per partecipare in modo attivo alle negoziazioni, altre invece ritennero gli impegni assunti da Bush nel documento insufficienti per realizzare uno sviluppo sostenibile nella regione.

Questa fase è caratterizzata dall’apertura di un percorso parallelo per le disposizioni ambientali, con lo scopo in particolare di creare un piano ambientale integrato per zona di frontiera tra USA e Messico.

Nel febbraio del ‘92 furono presentate la ricerca effettuata dall’USTR e la versione definitiva del Border Plan, pubblicizzato dai promotori come il più accurato programma di cooperazione ambientale relativo ad una zona di confine ed il primo esempio di collaborazione tra un paese in via di sviluppo ed un paese sviluppato. La ricerca dell’USTR sosteneva che il NAFTA non avrebbe aggravato lo scenario della zona ma avrebbe stimolato una maggior collaborazione tra USA e Messico ed un ammodernamento dell’economia messicana; inoltre, prevedeva la pressoché totale assenza del fenomeno della migrazione delle industrie inquinanti.

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Queste previsioni però andarono incontro alle critiche di alcune ENGO’s e non furono supportate da un valido contributo empirico.

Tuttavia i promotori, analogamente a quanto avvenuto per la valutazione economica,ricevettero il conforto di alcuni studi indipendenti in cui si fugavano, almeno in parte i dubbi figurati dalle ENGO’S.

Un primo studio, effettuato da Grossman e Krueger nel 1991, ha

sottolineato l’assenza di stretta correlazione tra intensità

d’inquinamento in Messico sia con le esportazioni messicane in USA che con la produzione delle Maquiladoras. Una regressione delle importazioni statunitensi di prodotti industriali a valore aggiunto nelle Maquiladoras su diverse variabili indipendenti, tra cui il rapporto tra costi di abbattimento dell’inquinamento e valore aggiunto USA, dimostra, infatti, l’assenza di una significativa relazione positiva come invece ipotizzato dai sostenitori della teoria dei paradisi dell’inquinamento.

Contemporaneamente al dibattito su questi studi, stava entrando nel vivo la stesura del testo del NAFTA. Le organizzazioni ambientaliste lavorarono intensamente per l’inserimento di provvedimenti di tutela ambientale anche in assenza di un apposito capitolo dedicato a tali questioni.

Nella primavera del ‘92 si assistette ad una successione di proposte molto diverse tra loro, ad esempio,un certo numero di gruppi ambientali fece una petizione all’amministrazione Bush affinché preparassero una dichiarazione di impatto ambientale per il NAFTA in accordo con il NEPA (National Environmental Policy Act) del 1969.

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L’amministrazione Bush rifiutò questa richiesta, ma preparò una

limitata “Environmental Review”dell’accordo. $

Nonostante i suoi limiti, l’analisi identificò alcuni problemi ambientali connessi al NAFTA e, in alcuni casi, fece si che le parti inserissero adeguati provvedimenti per ovviare a questi fenomeni. Ad esempio, essa raccomandava che il NAFTA rispettasse gli accordi internazionali esistenti di cui gli Stati Uniti erano parte.

La ricerca dell’amministrazione Bush non soddisfaceva tutti i requisiti legali del NEPA, dando così la possibilità ad alcuni gruppi ambientalisti (in particolare Public Citizen, Sierra Club e Friends of the Earth) di richiedere legalmente un’integrazione delle indicazioni del NEPA nell’accordo. A causa della formale assenza di un accordo ufficiale, in un primo momento, l’istanza fu respinta. In seguito, però, quando il NAFTA fu sottoposto al giudizio del Congresso, il giudice

federale dispose che l’amministrazione effettuasse un

“Environmental Impact Statement”dell’accordo, prima di sottoporlo al voto di ratifica .

In questa seconda fase negoziale, si registrò un altro fenomeno molto importante, quello relativo al supporto transnazionale al NAFTA; quest’appoggio si concretizzò in una serie di aiuti economici soprattutto a favore del Messico.

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Nel 1992, la IDB (Interamerican Development Bank) accordò al Messico un prestito di 100 milioni di dollari, sotto forma di riduzione del debito estero, a condizione che tali soldi fossero utilizzati per effettuare un reimboscamento in un’area montagnosa nei pressi di Città del Messico.

Lo stesso anno, la World Bank approvò il MEP (Mexico Environmental Project) che prevedeva un rafforzamento e una decentralizzazione delle politiche ambientali messicane. Il progetto aveva un budget di 126 milioni di dollari, 50 forniti dalla WB, 30 assegnati dal GET (Global Environmental Trust Found) ed i restanti a carico del governo messicano. Il progetto prevedeva che gli obiettivi fondamentali dovessero essere la conservazione delle biodiversità ed il monitoraggio dei livelli d’inquinamento di aria ed acqua.

Il Messico sottoscrisse questo impegno, vincolandosi a dare attuazione al piano entro il dicembre successivo.

Abbiamo già anticipato che l’ultima fase del processo di negoziazione del NAFTA ebbe inizio con le elezioni del 92(vinte alla fine da Bill

Clinton). In quell’occasione, l’allora Presidente americano

Bush,consapevole che l’accordo non era gradito all’opinione pubblica, decise di rinviarne la ratifica dopo le elezioni e di trasformare suddetta ratifica in argomento elettorale.

Durante la campagna elettorale le tematiche delle ripercussioni del NAFTA su ambiente e lavoro assunsero un peso molto elevato.

Clinton in quell’occasione fu abile a cogliere e interpretare i dubbi che turbavano l’opinione pubblica e decise di promuovere l’accordo solo a condizione che venissero elaborati accordi supplementari per la

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$

protezione dell’ambiente e dei lavoratori,abbracciando così le istanze di alcune organizzazioni come WWF E NWF.

Quando egli fu eletto Presidente, la sua posizione nei confronti dell’accordo creò tensioni nelle relazioni con Canada e Messico, assolutamente contrari ad una completa rimessa in discussione dell’accordo, e riluttanti all’apertura di negoziati per accordi ulteriori.

Nel gennaio del 1993, nel corso di un incontro con il Presidente messicano Salinas, Clinton si preoccupò di chiarire che non era sua intenzione riaprire le trattative sul testo definitivo dell’accordo, pur restando fermamente convinto della necessità di stipulare un apposito trattato ambientale.

E’ evidente che il cambio di amministrazione negli Stati Uniti abbia costituito una tappa fondamentale verso la conclusione dell’intero processo negoziale; in questa fase, infatti, vennero superate le ultime questioni irrisolte e fu affrontata la problematica negoziale delle istanze ambientali.

Gli altri due Paesi promotori dell’accordo Canada e Messico, affrontarono diversamente il processo di valutazione ambientale del NAFTA.

Il governo canadese inizialmente si rifiutò di effettuare una valutazione di impatto ambientale per il Nafta , successivamente però decise di portare una maggior informazione ambientale sul dibattito e in questa prospettiva pubblicò nell’ottobre 1992 una “Environmental Review” per il NAFTA. In questo modo, si evitò che nascessero i contrasti che si stavano verificando negli Stati Uniti. In Canada,

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piuttosto, il maggior problema consisteva nel limitato processo di consultazione pubblica utilizzato nel formulare la Review.

Il Messico, invece, non effettuò mai alcuna pubblicazione inerente le problematiche ambientali dell’accordo,nonostante tutti i tentativi svolti a tale scopo dai gruppi ambientalisti messicani.

Il limitato accesso dei cittadini alle corti messicane fece sì che non avessero luogo le dispute giudiziarie che, ad esempio, avevano caratterizzato il dibattito negli USA e allo stesso tempo gli impedì loro

una qualsiasi forma di partecipazione attiva. #

In quei mesi, il Messico era anche caratterizzato dalla riforma del Ministero preposto alla tutela dell’ambiente, la SEDUE(Secretaria de Desarollo Urbano e Ecologia); fu, infatti, avviato il progetto di riorganizzazione concordato con la WB. La conseguenza diretta fu la sostituzione della SEDUE con la SEDESOL (Secretarìa de Desarollo Social) avvenuta nel maggio del 1992. Questa nuova istituzione prevedeva tre ambiti di azione: sviluppo regionale, sviluppo urbano e case popolari.

L’obiettivo esplicito della riforma era quello di eliminare le enormi complessità burocratiche che affliggevano la SEDUE, e di aumentare le competenze tecniche degli addetti ai lavori.

L’avvenimento che ha contraddistinto inequivocabilmente la terza fase delle negoziazioni è stata la definizione dell’ulteriore accordo di tutela ambientale di accompagnamento al NAFTA. Questa fase è

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stata, infatti, caratterizzata dal sostanziale accordo tra le parti intorno a molti degli obiettivi che il nuovo accordo avrebbe dovuto includere, inerenti:

- i valori fondamentali a cui esso avrebbe dovuto rifarsi tra cui, in primo luogo, lo sviluppo sostenibile;

- i criteri per la tutela e l’armonizzazione degli standard nazionali;

- l’istituzione di una commissione, a garanzia di un effettivo impegno per la tutela dell’ambiente.

I contrasti sono, però, emersi nel momento in cui si è trattato di definire i contenuti che avrebbero dovuto dare un corpo a queste linee propositive. Il 4 marzo del 1993, un nutrito gruppo di ENGO’s statunitensi critiche scrisse una lettera al responsabile di queste negoziazioni per gli USA, chiedendogli di disporre l’istituzione di una banca per lo sviluppo regionale che fornisse finanziamenti per le iniziative di tutela ambientale commisurati alle esigenze, un meccanismo di applicazione e di tutela delle leggi ambientali che prevedesse l’accesso diretto dei privati alle corti nazionali nei casi di presunta violazione delle stesse, una forte partecipazione dell’opinione pubblica e la creazione di una commissione ambientale forte, in grado di assumere provvedimenti sanzionatori (sia sotto forma di multa che di restrizioni commerciali) in caso di mancato rispetto delle leggi e degli standard.

Il governo Clinton rifiutò queste proposte, sia per le pressioni dei Repubblicani, contrari a ulteriori concessioni alla causa ambientalista, sia, soprattutto, per le resistenze dei due futuri partner commerciali che avversavano queste proposte. Si scelse, invece, di stringere il

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dialogo con le organizzazioni moderate che, in questa difficile fase transitoria, avevano optato ancora una volta per un ridimensionamento delle loro richieste. Il 4 maggio, tutte le principali ENGO’s moderate americane, riunite nel cosiddetto “Group of Seven”, assicurarono in una lettera al rappresentante statunitense per il commercio, M. Kantor, il loro appoggio incondizionato al NAFTA in cambio dell’inserimento di alcuni provvedimenti nell’accordo aggiuntivo; questa proposta risultava molto meno ambiziosa delle precedenti in quanto non prevedeva l’istituzione di una banca per lo sviluppo, la possibilità che la commissione ambientale avesse l’autorità di imporre sanzioni ed, inoltre, non si menzionò più la possibilità che i privati potessero accedere alle corti domestiche. In seguito a questa lettera, il dibattito negli USA sembrò essere giunto a delle conclusioni.

Non altrettanto accadde in Messico. Nonostante la rinuncia, di fatto, del “Group of Seven” all’istituzione della possibilità di imporre sanzioni economiche in caso di comportamento scorretto rispetto alle disposizioni ambientali, i negoziatori statunitensi non tolsero quest’argomento dal tavolo delle trattative. Il governo messicano era assolutamente contrario a questa possibilità, temendo che un tale provvedimento si potesse rivelare un’arma nelle mani degli Stati

Uniti . Anche gli ambientalisti messicani non erano per niente

convinti che le sanzioni, nella forma proposta dagli USA, avrebbero portato dei benefici diretti all’ambiente.

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In Canada prevalse, invece, lo scetticismo nei confronti di questo accordo aggiuntivo: i gruppi critici erano, infatti, convinti dell’incapacità di questo accordo di tutelare le legislazioni ambientali locali, molto importanti in Canada. I lavori per l’elaborazione dei provvedimenti paralleli di tutela ambientale si conclusero il 14 settembre del 1993.

In conclusione, le negoziazioni sull’accordo aggiuntivo di cooperazione ambientale rappresentarono un fatto assolutamente originale per diversi motivi.

Innanzitutto, si tratta del primo accordo internazionale ambientale che integra un accordo commerciale; in secondo luogo, questo processo ha visto la partecipazione di paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; in terzo luogo, la spinta forte alla sua realizzazione è venuta solo da una delle tre parti in causa; infine, una tale spinta, dovuta alle pressioni interne ad un singolo governo nazionale, non era mai stata registrata prima. Per tutti questi motivi, si è creata una paradossale situazione in cui i gruppi negoziali, sebbene scarsamente motivati, condussero questo innovativo processo in forte conflitto fra loro.

L’approccio parallelo era volto alla semplificazione del processo di integrazione, ma alla fine esso ha avuto l’effetto opposto. Il fallimento dell’integrazione di problematiche ambientali e commerciali ha immediatamente creato un ostacolo all’accordo finale.

Durante le negoziazioni è apparso evidente che le problematiche ambientali avrebbero dovuto essere trattate, almeno parzialmente, nell’accordo stesso e che un certo numero di problematiche mai trattate prima avrebbero dovuto essere aggiunte ad una negoziazione

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già complessa. Se queste problematiche emergenti fossero state inserite nel programma delle negoziazioni fin dall’inizio, avrebbero potuto essere trattate deliberatamente in maniera organica. Invece la loro aggiunta successiva ha ritardato e minacciato l’approvazione dell’intero accordo, dando vita il 4 settembre del 1992 a undici difficili ore di negoziazione.

A livello congressuale, il fatto che l’accordo ambientale supplementare non fosse parte integrante dell’accordo stesso sollevò dubbi sulla sua stessa efficacia; alcuni membri del Congresso misero in dubbio gli elementi coesivi dell’accordo, e l’impegno di ogni parte a rispettarlo. Queste considerazioni resero difficile il processo di creazione di un supporto all’accordo da parte del Congresso.

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1.3 I RAPPORTI TRA IL NAFTA E IL SISTEMA DEL WTO

Come già anticipato il NAFTA non è l’unica organizzazione posta a tutela del commercio e dell’ambiente. Un ruolo molto importante in tale materia viene infatti svolto dal WTO (World Trade Organization),un’organizzazione internazionale che intrattiene con il Nafta una relazione giuridica e politica molto stretta.

Analizziamo ora più da vicino il WTO, soffermandoci su gli accordi che esso ha concluso in materia di commercio e ambiente e sulla composizione delle controversie al suo interno, così da poter capire meglio il rapporto che lo lega al Nafta e trarne le adeguate conclusioni.

Il WTO (World Trade Organization) è un’organizzazione internazionale molto importante, se non essenziale, per gli investimenti. Il regime internazionale del commercio ha origine nel 1947 quando l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) è stato concluso. Questo accordo, recuperato da un grande accordo non ratificato che ipotizzava la creazione di un’Organizzazione del commercio internazionale, era una parte del cosiddetto Bretton-Woods System, progettato durante la II Guerra Mondiale per promuovere e gestire lo sviluppo economico globale. Di questo sistema, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo e la Banca mondiale, ne sono stati i pilastri.

Il GATT ha posto due indicazioni di base per il regime commerciale: sviluppare i requisiti per ridurre ed eliminare le tariffe e creare

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obblighi per prevenire o eliminare altri tipi di impedimenti o barriere al commercio (di natura non tariffaria). Dal 1948 al 1994 otto negoziazioni o "Rounds" si sono svolti sotto gli auspici del GATT, per sviluppare ulteriormente il regime di scambi lungo queste due linee. I primi Rounds si focalizzavano sulle singole tariffe, ma le barriere non tariffarie sono da sempre oggetto d’attenzione. L'ultimo di questi negoziati è l '"Uruguay Round", concluso nel 1994. L’Accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO che dir si voglia) ha segnato la fine di un’epoca.

Entrata in vigore il 1° gennaio 1995, l’Organizzazione Mondiale del Commercio sostituisce interamente il precedente segretariato del GATT come organizzazione responsabile della gestione del regime commerciale internazionale. Le funzioni principali del WTO possono essere descritte in termini molto semplici: sorvegliare l'attuazione e la gestione degli accordi WTO; stabilire una sede per i negoziati e fornire un meccanismo di risoluzione delle controversie .

Gli obiettivi alla base di queste funzioni sono contenute nel preambolo dell’Accordo di Marrakech, e prevedono, tra le altre cose: elevare gli standard di vita; garantire la piena occupazione; garantire la costante crescita dei redditi e della domanda reale e ampliare la produzione e il commercio di beni e servizi. Questi obiettivi devono essere raggiunti consentendo nel contempo l'uso ottimale delle risorse mondiali in conformità con l'obiettivo dello sviluppo sostenibile, cercando sempre di proteggere e preservare l'ambiente. Il preambolo cita espressamente la necessità di aiutare i Paesi in via di sviluppo, in particolare i Paesi

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meno avanzati, assicurando ad essi una quota crescente del commercio internazionale.

Il WTO si propone di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle barriere esistenti al commercio e impedire che se ne sviluppino di nuove. Si cerca di garantire equità e parità nelle condizioni di concorrenza per l'accesso al mercato, e prevedibilità di accesso per tutti i beni e servizi scambiati. Questo approccio si basa su due fondamentali principi: il trattamento nazionale e il principio della nazione più favorita. Insieme,costituiscono il principio di non discriminazione alla base del diritto commerciale. Il principio del trattamento nazionale impone, nei suoi termini più semplici, che i beni e servizi di altri paesi siano trattati allo stesso modo di quelli del proprio paese. Il principio della nazione più favorita ritiene necessario che se un trattamento speciale viene fornito ai beni e servizi di un Paese, essi devono essere forniti a tutti i paesi membri dell'WTO. Nessun Paese, infatti, dovrebbe ricevere favori che creino distorsioni del commercio. I membri seguono questi principi di non discriminazione tra prodotti simili, quelli cioè di qualità simile che svolgono funzioni simili. Essi sono naturalmente liberi di poter operare discriminazioni sui prodotti che non lo sono. Tuttavia, i prodotti che non sono fisicamente o chimicamente identici possono ancora essere considerati come prodotti simili se hanno lo stesso fine utile, richiedono gli stessi standard e la medesima manipolazione o disposizione.

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Per quanto riguarda l’ambiente e il commercio,tre sono gli accordi chiave firmati dal WTO: l'Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio; l'Accordo sulle Barriere Tecniche al Commercio e l’Accordo sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie.

• L'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) Per quanto riguarda il primo, occorre dire che il GATT, composto di 37 articoli e diverse integrazioni, ha al suo interno alcuni articoli di fondamentale importanza ambientale, come gli articoli I e III, riguardanti la non discriminazione dei prodotti simili.

Gli articoli I e III del GATT costituiscono l’origine dei principi fondamentali della nazione più favorita e del trattamento nazionale. Questi principi sono stati descritti in precedenza come insieme che costituisce il principio del WTO di non discriminazione.

L’Articolo I stabilisce la regola della nazione più favorita. Ciò richiede alle parti di garantire che, se un trattamento speciale è dato ai prodotti o servizi di una paese, deve essere dato a tutti i membri del WTO. Nessun paese dovrebbe ricevere favori che distorcono il commercio. Tale disposizione ha avuto origine perché all’interno degli Stati si avevano livelli tariffari differenti per i diversi paesi, ed è stato progettato per ridurre o eliminare queste differenze. Il principio è ora stato esteso anche ad altri potenziali ostacoli agli scambi. Questa regola ha due importanti eccezioni, la prima vale per gli accordi commerciali regionali: dove questi sono stati adottati, tariffe preferenziali possono essere stabilite tra le parti di tali accordi. La seconda eccezione riguarda lo sviluppo dei paesi meno sviluppati: il GATT consente infatti ai propri membri di applicare aliquote tariffarie

(39)

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preferenziali o zero tariffarie, ai prodotti provenienti da questi paesi, pur avendo tassi più elevati per i prodotti che provengono da Altri.

Questa eccezione è stata progettata per contribuire a promuovere lo sviluppo economico dove ce n'è più bisogno.

L'articolo III stabilisce la norma del trattamento nazionale. Ciò richiede che i prodotti di altri paesi debbano essere trattati allo stesso modo dei prodotti simili fabbricati nel paese importatore. Nessuna legge nazionale dovrebbe essere applicata per importare prodotti e per proteggere i produttori nazionali dai prodotti concorrenti simili. E i prodotti importati devono ricevere un trattamento secondo le leggi nazionali che "è non meno favorevole" rispetto al trattamento riservato ai prodotti nazionali simili .

La definizione di "prodotti simili", ha importanti implicazioni ambientali. Anche se il termine "similare" non è stato definito in modo specifico, il sistema di regolamento delle controversie del WTO ha più volte dovuto lottare con alcuni prodotti simili, e ha sviluppato alcuni criteri per aiutare a riconoscerli. Questi includono l’utilizzo finale in un dato mercato, i gusti e le abitudini dei consumatori, “le proprietà, la natura e le qualità” dei prodotti, mentre più di recente il criterio dominante che è emerso in applicazione del test dei prodotti similari è la sostituibilità commerciale.

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L'articolo XI del GATT impone un altro tipo di limite sulle misure che la parte può prendere per limitare gli scambi. Esso vieta l'uso di licenze di quote, di importazione o di esportazione, oppure analoghe misure relative all'importazione o all'esportazione di merci. Tale divieto deriva dal fatto che le misure volumetriche sono economicamente più distorsive di quelle basate sui prezzi, come tariffe e imposte. I prodotti agricoli attualmente possono beneficiare di un'importante eccezione dell'articolo XI .

Ad oggi questi tipi di disposizioni di accordi multilaterali non sono mai stati messi in discussione dalle leggi sul commercio .

Normalmente, quando una legge nazionale è in contrasto con le regole del commercio lo Stato deve ritirare o modificare la legge entro un termine ragionevole, di solito entro 15-18 mesi. L'articolo XX del GATT, tuttavia, permette specifiche eccezioni rispetto alle predette regole. Le due eccezioni più rilevanti per l'ambiente e le relative misure sono le seguenti:

“Fatto salvo l'obbligo che tali misure non siano applicate in modo da

costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra paesi dove vigono le stesse condizioni, o una restrizione dissimulata sul commercio internazionale, nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata per prevenire l'adozione o l'applicazione da qualsiasi parte contraente delle misure: (…) (B)

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necessarie per tutelare la salute umana, animale o vegetale o la salute; (…) (G) relative alla conservazione delle risorse naturali esauribili, se tali misure vengono applicate in collegamento con restrizioni alla nazionale produzione o di consumo (…)” .

Un paese che voglia utilizzare le eccezioni ambientali di cui all'articolo XX ha due ostacoli da eliminare. Si deve prima stabilire la giustificazione provvisoria per l'utilizzo dell’articolo XX; si deve poi stabilire la giustificazione finale, mostrando che la misura in questione non contravviene al comma d’apertura, o chapeau, citato sopra. Il paragrafo (B) richiede allo Stato di mostrare che la misura è "necessaria" per proteggere l’ambiente. In passato, questo test è stato richiesto: per la necessità di proteggere il proprio ambiente; per dimostrare la necessità di utilizzare una misura dell’impatto commerciale in tal senso, e se è necessaria una misura di impatto commerciale, per assicurarsi che sia il miglior compromesso, la miglior misura restrittiva a disposizione per raggiungere gli obiettivi.

La seconda e la terza parte del test di necessità cercano di ridurre il potenziale impatto del commercio da misure ambientali e prevenire che le misure ambientali vengano usate come una restrizione

dissimulata o ostacoli mascherati al commercio $.

Inoltre, uno Stato che chiede una deroga ai sensi del paragrafo (G) deve dimostrare in primo luogo, che la sua legge tiene conto della

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conservazione delle risorse naturali esauribili. In secondo luogo, la legge deve essere stata accompagnata da restrizioni di livello domestico in materia di gestione, produzione o del consumo delle risorse da conservare. Infine, la legge " deve avere lo scopo di conservazione degli obiettivi, e deve mostrare "una stretta relazione tra mezzi e fini".

Una volta che una legge supera detti test, deve poi superare i test dello chapeau, di cui all'articolo XX, che tratta di come la legge è applicata. Le tre prove dello chapeau da rispettare verificano che nella sua applicazione, la misura non sia arbitrariamente discriminatoria, ingiustificatamente discriminatoria o costituisca una restrizione dissimulata al commercio.

• L'accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (TBT)

Esso riguarda invece le misure che potrebbero essere barriere non tariffarie per il commercio. Queste possono includere norme tecniche di prestazione che un prodotto deve soddisfare per essere importato o esportato, come ad esempio l'efficienza energetica degli standard per lavatrici. Essi possono includere anche l'ambiente, la salute, standard di lavoro che un dato prodotto deve soddisfare durante il suo ciclo di vita. L’accordo TBT prevede quando possano essere autorizzate tali barriere e quali condizioni debbano essere soddisfatte (notifica, trasparenza nello sviluppo delle regole, l'uso di inter-norme nazionali,

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se del caso, e così via). Esso si applica integralmente a tutti i livelli di governo.

• L'accordo sulle norme sanitarie e fitosanitarie (SPS)

Nato con riferimento a standard "necessari" per proteggere l'uomo, gli animali e le piante da certi rischi associati con il movimento delle piante, degli animali e dei prodotti alimentari nel commercio internazionale, ad oggi la maggior parte dei paesi è in via di emanare misure in questi settori per tutelare l'ambiente o l’essere umano, animale e vegetale dai rischi dovuti all’entrata di parassiti, malattie e organismi correlati alle malattie che entrano a contatto con lo Stato attraverso le merci oggetto di scambi e i rischi da sostanze chimiche, fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, tossine, medicinali veterinari negli alimenti, bevande o alimenti per animali.

Come il TBT, l'accordo SPS prevede regole per cui possono essere autorizzati misure sanitarie e fitosanitarie e a quali condizioni devono rispondere (come la notifica, la trasparenza nello sviluppo delle regole, l'uso delle norme internazionali, quando necessario, e così via). Richiede che gli standard siano basati su prove scientifiche e che sia fatta una valutazione del rischio che si intraprende. Sono previste disposizioni speciali per misure temporanee quando l’informazione scientifica è insufficiente per adottare misure permanenti, rendendo l'SPS uno dei pochi accordi del WTO in grado di osservare il principio di precauzione.

Altri accordi sono rilevanti per le relazioni a lungo termine tra i regimi commerciale, ambientale e dello sviluppo sostenibile, e sono suscettibili di essere ulteriormente negoziati in un futuro round. Questi

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includono l'accordo sull'agricoltura; l’accordo generale sul commercio dei servizi; accordo sugli appalti di governo; l'accordo sulle misure di investimento attinenti al commercio e i gruppi e le eventuali trattative

di lavoro su investimenti e concorrenza politica #.

La relazione giuridica tra il Nafta e l’accordo WTO è di notevole interesse dal punto di vista della politica e dell’analisi tecnica delle norme legali. Dal punto di vista politico, la scelta da parte dei negoziatori del Nafta se accordare priorità al Nafta o al WTO , sembrerebbe coinvolgere un’opzione a favore di più stretti interessi economici e politici regionali o di interessi più ampi e multilaterali. Alla luce dell’importanza che i responsabili commerciali e politici hanno attribuito al potenziale conflitto tra i modelli d’integrazione regionale e multilaterale, i negoziatori del Nafta potrebbero aver pensato di effettuare una scelta in base a questa gerarchia d’interessi. Tuttavia le relazioni tra Nafta e WTO sono state caratterizzate da incertezze a causa delle tensioni che continuano a influenzare la formazione e l’implementazione della politica nei componenti del Nafta.

Da un lato il Nafta è stato ed è tutt’ora ritratto dai suoi proponenti come mezzo accelerante d’integrazione sul continente nord americano in un modo che è coerente con gli interessi politici e sociali di diversi gruppi , inclusi la business community, i sindacati e gli ambientalisti. Il Nafta pone la sua attenzione ad interessi che sono più difficilmente tutelati a livello multilaterale dal WTO. Se i risultati delle

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negoziazioni Nafta sono posti sotto le norme dell’accordo WTO. allora in teoria questa attenzione agli interessi regionali potrebbe essere messa a rischio dalla superiorità di norme a portata generale. Ci sono, quindi, motivazioni politiche e sociali per dare priorità al Nafta.

Dall’altro lato i negoziatori Nafta sono stati e rimangono ben consapevoli delle preoccupazioni tra i membri WTO riguardo agli sforzi da parte di nazioni e regioni per guadagnare vantaggi estendendo le preferenze regionali, quindi sarebbero restii a fare una chiara dichiarazione delle preferenze legali regionali che potrebbero far emergere opposizioni all’accordo o che potrebbero mettere a rischio le future negoziazioni multilaterali.

I negoziatori Nafta possono ben aver mantenuto una preferenza per il multilateralismo, preferenza che non sono mai stati riluttanti ad esprimere chiaramente nonostante ciò potesse essere considerato sgradevole dai gruppi d’interesse all’interno della regione che ha richiesto una conclusione positiva dell’accordo. Anche se la gerarchia delle norme Nafta/WTO è incerta e tale incertezza è destinata a guidare o a esacerbare le dispute future del Nafta, le forze politiche e sociali che hanno stimolato lo stato iniziale dell’ambiguità non si sono dissipate.

La relazione giuridica tra Nafta e accordo WTO è determinata: dell’esame del testo dei trattati , dal contesto nel quale i trattati sono stati stipulati e dalle regole di diritto internazionale che governa la relazione tra i trattati riguardanti lo stesso o simile argomento. Entrambi gli accordi Nafta e WTO sono accordi tra Stati governati dal diritto internazionale e quindi sono “trattati” disciplinati dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (VCNT). Questa

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convenzione stabilisce che quando uno Stato fa parte di più accordi che disciplinano lo stesso argomento, sarà quello più recente a avere priorità. Il Nafta è entrato in vigore il 01/01/1994, l’accordo WTO il 01/01/1995, i componenti Nafta sono tutti membri originari del WTO. Anche se questa sequenza temporale potrebbe suggerire che sia quest’ultimo accordo a dover prevalere in quanto più recente, ci sono una serie di fattori ( ad esempio il contesto nel quale si inseriscono i due accordi) che fanno sorgere dei dubbi sulla correttezza di questa affermazione.

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