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Storia e forme del montaggio cinematografico. L'opera di Kim Arcalli.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-65: Scienze dello spettacolo e produzione

multimediale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Storia e Forme del Montaggio Cinematografico.

L'opera di Kim Arcalli

IL RELATORE IL CANDIDATO

Prof. Maurizio Ambrosini Ambrogio Nieddu

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Indice

Introduzione...pg 1 Capitolo I 1 Perché il montaggio...pg 4 2 Il cinema primitivo...pg 5 2.1 Modo di Rappresentazione Primitivo...pg 6 2.1.1 Il sistema delle Attrazioni Mostrative...pg 7 2.1.2 Sistema di Integrazione Narrativa...pg 12 3 La Scuola Russa...pg 18 3.1 Dziga Vertov...pg 19 3.2 Lev Kulešov...pg 20 3.3 Vsevolod Pudovkin...pg 21 3.4 Sergej M. Ejzenštejn...pg 23 4 Il cinema Europeo degli anni 20...pg 26 5 Il cinema istituzionale americano degli anni 20...pg 30 5.1 C'è chi dice no: il cinema autoriale americano...pg 31 5.2 Le novità del 1927...pg 34 6 Tra Classico e Moderno: Orson Welles e Alfred Hitchcock...pg 36 7 Il Cinema Moderno...pg 38 7.1 Cinéma-Vérité...pg 39 7.2 La Nouvelle Vague...pg 41 7.3 Cinema d'autore in Italia...pg 45

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7.4 La New Hollywood...pg 46 8 Montaggio Digitale...pg 47

Capitolo II...pg 49 1 Breve storia delle forme del montaggio cinematografico...pg 49 1.1. L'illusione di realtà e il flusso cinematografico...pg 49 1.2 Il Decoupage e il Montaggio Invisibile...pg 58 1.3 I raccordi e gli strumenti del cinema della trasparenza...pg 66

1.4 Il cinema del reale e la continuità moderna...pg 88

2 Il montaggio come strumento dell'espressione...pg 91 2.1 Il montaggio come strumento-oggetto del discorso cinematografico... pg 91 2.2 Sergei Ejzentejn, Pudovkin-Kulesov e Dziga Vertov...pg 96 3 Montaggio associativo, Il ritmo e il tempo delfilm...pg 107 4. Gli strumenti del montaggio discontinuo - Senso forma e stile...pg 113

Capitolo III...pg 120 1 A come Arcalli...pg 120 1.1. Bio-filmografia...pg 121 2 Opere...pg 128 2.1 Chi lavora è perduto...pg 129 2.2 Il Conformista...pg 132 2.3 Il Portiere di Notte...pg 140

Conclusione...pg 152 Bibliografia...pg 153

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Introduzione

Quando si cerca di delineare cosa sia il montaggio cinematografico e che ruolo svolga nella produzione filmica il mestiere del montatore, spesso ci si ritrova a rispondere affermando che: il montaggio cinematografico è l'operazione di taglio e cucito che vede l'unione di più piani secondo le convenzioni del linguaggio cinematografico e che il montatore si prospetti come il tecnico della moviola.

Per quanto la risposta sia conforme alla pratica, in una semplificazione sicuramente non esaustiva, questa può essere un punto di partenza per domandarsi quali siano i principi e le motivazioni che determinano la scelta dietro questa operazione e che peso abbia l'individualità artigiana di colui che ricopra il ruolo di Editor.

L'obbiettivo di questa tesi è quello di strutturare un percorso d'analisi storica e teorica indagando su tali aspetti del montaggio, per poi concentrarsi sull'analisi di alcune opere di un montatore in particolare, Kim Arcalli, che fece del suo lavoro tutt'altro che solamente un'operazione tecnica.

Il primo capitolo affronta l'evoluzione del montaggio dal punto di vista storico, delineando come con il susseguirsi delle epoche del cinema tale pratica abbia sviluppato un proprio modo di raccontare allo spettatore, anche a seconda delle aree geografiche di produzione dei film. Questa prima parte si poggia sulla comparazione di testi di Storia del Cinema di autori come: Bordwell-Thompson Storia del cinema e dei Film , Brunetta Storia del Cinema Mondiale, Bernardi

L'avventura del Cinematografo, i quali vengono citati in maniera diretta in modo da evidenziare la

componente storico critica riguardante l'argomento.

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montaggio, nel quale non mancano gli estratti di alcuni testi teorici, come ad esempio Ejzenstejn La

forma cinematografica , ma pur sempre in un percorso storico.

Il secondo capitolo indaga invece sulla forma e sull'estetica del montaggio cinematografico, concentrandosi maggiormente sulla componente teorico linguistica di questa pratica. Vengono così presentati e analizzati i processi che nell'atto compositivo determinano la forma del film, attraverso il sussidio di testi riguardanti il montaggio come: G. Millar,K. Reisz La tecnica del montaggio

cinematografico, D.Cassani, Manuale del montaggio e altri. Per l'analisi estetica non mancano

anche testi teorici come: B.Grespi Montaggio e Cinema, A.Tarkovskij, Scolpire il tempo, V. Amiel

Estetica del Montaggio, etc. Una prima parte evidenzia l'evoluzione dello sguardo dello spettatore

e come si sviluppi la capacità di recepire inconsciamente l'illusione di realtà in un atto mimetico con il film; inoltre espone in quale modalità il montaggio/regia, con l'accrescersi della complessità delle storie raccontate, crei delle convenzioni linguistiche efficaci. Si prosegue così nella

definizione di cosa si intenda per Decoupage e Montaggio Invisibile , in quale modo un film, tramite la negazione o affermazione dei raccordi, si componga sia dal punto di vista della

macrostruttura che della microstruttura. Ogni elemento della pratica del montaggio viene esposto tramite degli esempi e analizzato con cura per evidenziare le componenti interne delle sue “regole” narrative. La seconda parte del capitolo affronta la forma del montaggio discorsivo, ovvero la capacità del montaggio di produrre senso tramite l'accostamento, di creare delle relazioni tra le inquadrature sul piano dei significati. Viene esposto e analizzato il montaggio intellettuale e alcuni brevi estratti dalla Corazzata Potemkin, L'uomo con la macchina da presa, Ottobre. La terza parte del secondo capitolo è dedicata al montaggio associativo in cui viene affrontata la componente ritmica e temporale dell'utilizzo del montaggio nel film. Un'ultima parte invece vede l'esplicazione degli strumenti del montaggio discontinuo.

Il terzo capitolo si pone l'obbiettivo di esaminare i tre lavori di Franco “Kim” Arcalli e di delineare la figura di questo montatore che fece del suo un mestiere a tutto tondo. Partendo dal lato

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biografico della persona, dalla sua esperienza partigiana a quella di scrittore alla moviola, vedremo le collaborazioni alle quali ha partecipato con gli autori italiani.

Questa tesi si presenta come il frutto di una ricerca personale, una necessità maturata e

determinata dalla mia esperienza in ambito accademico e lavorativo, cercando di unire sia l'aspetto teorico che pratico nel mestiere di editor. La mia intenzione è quella di poter accrescere, tramite questa ricerca, le mie conoscenze riguardo l'argomento e non pretende di voler essere esaustiva o entrare in merito a elementi di natura puramente critica, del quale è meglio lasciar spazio a chi si interessa maggiormente dell'argomento. Questo lavoro ha l'obbiettivo di concentrarsi nel percorso della definizione di cosa sia, di come si attui il montaggio e di quali siano le sue peculiarità.

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Capitolo I

1. Perché il Montaggio

Il termine Montaggio deriva dal francese montage, utilizzato per la prima volta in Francia negli anni ’10 andava ad identificare semplicemente il processo di assemblaggio del film; oggigiorno il termine “sequenza montage” sta ad indicare un susseguirsi di brevi spezzoni accompagnati da musica che mostrano una versione compressa dello svolgersi delle azioni nel tempo1.

Ma in cosa consiste effettivamente il montaggio? Sorvolando momentaneamente le sottili distinzioni tra decoupage e collage si può fornire una definizione generale: con il termine montaggio si intende quel processo tecnico di selezione e combinazione di segmenti più o meno estesi di pellicola impressa secondo diversi criteri di scelta e concatenazione, utilizzando molteplici tecniche e strumenti evolutisi nel corso della storia. L'organizzazione del flusso delle immagini tramite tagli e giunture, volutamente visibili ed individuabili dall'osservatore, impone discontinuità2 nel tessuto narrativo, in modo tale da rendere la struttura del racconto a carattere distintamente testuale.

Ma il montaggio non va inteso come una semplice operazione tecnica, è piuttosto un lavoro complesso che esige creatività e presuppone un approccio estetico all'opera. Sebbene il termine sembri appartenere unicamente al vocabolario degli addetti ai lavori ed il suo ruolo sconosciuto ai più, questo non inficia l'importanza che ricopre all'interno del processo filmico: rappresenta il punto nevralgico dell'ultima fase (chiamata fase di “post-produzione”), la cui centralità è legata al fatto che ad esso spetti proprio l'ultima scelta dispositiva, artistica ed estetica del film, così come lo spettatore lo vedrà.

Sull'influenza che una determinata scelta di disposizione delle sequenze possa avere sulla

1 C.F.Bouner, La Grammatica Del Montaggio, Dino Audino Editore, Roma, 2015, p.86 2 A.Somaini, Ejzenštejn: Il cinema, le arti, il montaggio, Einaudi, Torno, 2011

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nostra percezione visiva ed emotiva ci si concentrerà in seguito, per ora basti sapere che sono proprio le scelte di montaggio, ove più ove meno, a stabilire il ritmo narrativo di un opera filmica.

2. Il Cinema Primitivo

L'arte, qualunque essa sia, ha la capacità di suscitare emozioni nell'animo di chi la contempla in maniera più o meno diretta parlando, raccontando delle storie, toccando delle corde nascoste. Sebbene tutti i sensi siano coinvolti in questo processo, si può affermare che la vista è quella che maggiormente ne viene attratta e le sensazioni legate a questo tipo di percezione rimangono in media il triplo rispetto a quelle legate all'udito. Il cinema sembrerebbe avvantaggiato poiché proprio di narrazione tramite immagini si occupa, quella che oggi nel mondo pubblicitario viene definita

visual storytelling e che proprio nel cinema affonda le sue radici.

La potenza scatenata dalle immagini, la loro forza impressionistica, trae ispirazione da quelle arti più consolidate: se alla fine dell'800 il cinema si affacciava al mondo, la letteratura e la pittura avevano già ripercorso il cammino dell'uomo e si presentavano a fornire le basi per la nascita della settima arte. La cinematografia deve inevitabilmente rifarsi ad una tradizione ed educazione visiva stabile da secoli: la visione cristianizzata ed antropocentrica della classe medio-borghese europea3.

Così in diverse parti del mondo verso la fine del XIX secolo si cominciò ad intuire per la prima volta la possibilità di potenziare la forza impressionistica delle immagini mettendole, si direbbe oggi semplicemente, in movimento. Il fatto che non sempre le invenzioni appena messe a punto giungessero dall'altra parte del mondo in breve tempo rende piuttosto evidente l'allineamento di fine secolo: la necessità di spettacolarizzare, di sorprendere, di stupire lo spettatore, e più avanti (ma ci vorrà del tempo) di emozionarlo e coinvolgerlo. In America nel 1889 T.Alva Edison, già inventore del fonografo, sperimenta il Kinetoscopio in cui le immagini venivano posizionate dentro una scatola che sfrutta l'utilizzo della luce solare e che ne permette lo scorrimento, dando un idea di movimento (The Kiss -1890). Più avanti l'idea arriva in Francia dove un concessionario incarica i

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Fratelli Lumiere di realizzare delle pellicole simili ma meno costose. Nel 1895, sulla moda ormai diffusa, i fratelli riuscirono a rendere il progetto di più ampio respiro ed internazionale nonché attribuirgli una fruibilità pubblica e non più privata come accadeva in precedenza, presentando il loro personale brevetto di Cinematografo.

Se noi parliamo di «storia del cinema», gli americani parlano di «storia del film». Si tratta di uno scarto linguistico e concettuale che comporta inevitabili divergenze quando si voglia risalire alle origini. [...] I francesi e la maggior parte dei paesi latini attribuiscono a Louis Lumière l'invenzione del cinema, un concetto più vasto che integra la nozione di proiezione e di schermo [...] Non è tanto l'invenzione dell'apparecchio ad interessarci quanto l'inizio dello spettacolo cinematografico, dell'arte e dell'industria a venire.4

Quello che veniva presentato non era altro che la traslazione sullo schermo di un quadro vivente in movimento. I tableaux erano infatti riprese ad inquadratura fissa di scene centripete ed affollate di personaggi su scenografie dipinte o raramente naturali, le azioni che vi si svolgevano all'interno si concludevano nella medesima inquadratura e la storia veniva creata accostando diverse inquadrature che sono però da leggere come paragrafi indipendenti. La macchina da presa prendeva l'ideale posto dello spettatore di teatro e come esso si comportava: abbracciava la totalità della scena costretta a spostarsi da un particolare all'altro, spesso rischiando di confondersi o sottovalutare l'importanza di un elemento, negava il suo ruolo creativo lasciando spazio alla mera registrazione. Nonostante ciò «il Cinematografo dei Lumiere contribuì a trasformare l'intero mondo in uno spettacolo5».

2.1. Modo di Rappresentazione Primitivo

Il cinema delle origini parte dal 1895 e si conclude nel 1915, viene definito “delle attrazioni” (ma non ha a che fare con il montaggio ejzenstajniano delle attrazioni) poiché il suo fine ultimo non era quello di raccontare una storia, sebbene nel complesso lo facesse almeno in parte, ma piuttosto

4 G.P. Brunetta, Storia del Cinema Mondiale- L'Europa, Einaudi Editore, Treviso, 2000, p. 3 5 S. Bernardi, L'Avventura del Cinematografo, Marsilio Editore, Venezia, 2007, p.27

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di stupire e sorprendere, mostrare più che raccontare. Sino al 1906 si identifica un Sistema Delle Attrazioni Mostrative (SAM)6 contraddistinto da una concezione autonoma dell'inquadratura ancora vedutistica, in cui ognuna di queste vale per se stessa e sembra essere quasi slegata da quelle vicine. Si tratta di film monopuntuali ovvero costituiti da una sola inquadratura che diventeranno poi pluripuntuali proprio nel 1906 ma ancora caratterizzati da tableaux che esauriscono in loro stessi l'azione, privi di continuità. Questo montaggio primitivo tra un quadro e l'altro è definito montaggio « non continuo » proprio per la mancanza di raccordi tra le parti.

I film degli esordi erano brevi riprese spesso tratte dalla vita quotidiana, ne sono un esempio

L'uscita dalle fabbriche Lumiere del 1895 e L'arrivo di un treno alla stazione di Ciotat dell'anno

seguente, entrambi degli omonimi fratelli. Queste inquadrature fisse, a figura intera, con dello spazio sopra la testa dei personaggi in modo tale che si intravedesse il fondale come in teatro, ancora non riuscivano a raccontare, non avevano una variazione di inquadrature né tantomeno il concetto di montaggio, registravano dei fatti e li riproponevano al pubblico.

2.1.1. Sistema delle Attrazioni Mostrative

Le immagini in movimento erano la prima attrazione; il montaggio fu la seconda. Il primo tipo di montaggio, inventato da Mèlies in Francia, non era usato per raccontare storie, ma piuttosto per mostrare delle metamorfosi: un oggetto che si trasformava in un altro, una persona che spariva e così via.7

Dal punto di vista tecnico un proto-montaggio venne collaudato così dal regista- prestigiatore Georges Melies quasi per caso: una mattina mentre filmava la giungla stradale di Parigi la sua camera si inceppò per un attimo e poi ripartì, quando Melies controllò il risultato della sua ripresa a casa si accorse che ad un tratto una carrozza che si trovava in mezzo alla strada, per magia, si trasformava in un carro funebre. Questa è la metamorfosi, fibra intrinseca del concetto futuro di

6 Cfr. A. Gaudreault, T. Gunning, 1989 pp.49-63 7 S.Bernardi, 2007, p.31

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montaggio ed apoteosi dell'“arte della meraviglia” così come era stata coltivata ormai da secoli. Le persone e gli oggetti che nella vita reale faceva scomparire grazie ai suoi trucchi da prestigiatore ora potevano essere applicati alla pellicola, per creare affetti speciali impressionanti per quel periodo, come la luna di dimensioni megagalattiche in La luna a un metro del 1898.

La pellicola del giovane Melies si era inceppata dando vita al procedimento base dei film del regista: l'arresto-sostituzione, aveva reso possibile capire che grazie ad un “taglia e cuci” si potevano realizzare effetti speciali come la sovrimpressione ma il concetto di raccordo sul movimento era ancora del tutto sconosciuto. Le scene che venivano accostate le une alle atre, i

tableaux in serie, mancavano di connessione narrativa e sembravano sciolte le une dalle altre, quasi

come gli avvenimenti della via crucis le cui tappe sono unificate dalla sola presenza della figura di Cristo. Non è un caso che la tradizione figurativa fosse ancora fortemente improntata sulla visione dei quadri e degli affreschi nei luoghi di culto e che lo sguardo del fedele fosse abituato a seguire la narrazione in maniera ormai automatica da far sembrare il tutto, in una sorta di patto narrativo, connesso. A Melies interessa che ogni scena sia comprensibile nella sua totalità piuttosto che fluidità narrativa. Esempio della fissità delle scene è il film Cenerentola (1899) che porta le caratteristiche di tutti i suoi film «a quadri » successivi. In totale i quadri sono 20, ognuno autonomo dagli altri e la continuità narrativa è solo di soggetto e non d'azione, non è neppure possibile capire quanto tempo intercorra tra una scena e l'altra ma è certo che un'azione cominciava e finiva nella stessa inquadratura creando quelle che sono state definite le prime “grandi ellissi” del cinema. Così ogni singolo tableau era considerato come un episodio ed intitolato come tale: Cenerentola in cucina; La fata, i topi e il lacchè; La trasformazione del topo e così via.

Nonostante Mélies sia stato criticato da alcuni studiosi per aver preferito l'uso di messe in scena teatrali statiche agli esperimenti sul montaggio, studi recenti dimostrano che i suoi effetti di fermo macchina furono realizzati anche dopo le riprese: tagliando la pellicola egli aveva la possibilità di unire perfettamente il movimento dell'oggetto con quello della cosa in cui si stava trasformando

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[...] Méliès fu maestro di un certo tipo di montaggio.8

Un passo in avanti viene fatto quando si cominciò a pensare che un'azione poteva continuare nel quadro successivo e non concludersi nello stesso, questo avviene in Inghilterra e precisamente a Brighton dove sperimentatori come James Williamson e George Albert Smith offrono un contributo importante al problema della frammentazione della scena in diverse inquadrature, sperimentando la continuità dell'azione con una “linearizzazione temporale”. Anche in questo caso però i registi puntavano alla spettacolarità ed alla sorpresa, più che al racconto fine a se stesso di tipo favolistico o morale, così nel film The Big Swollow (1900) Smith utilizza il montaggio per far credere allo spettatore di essere caduto dentro il buio profondo dello stomaco del protagonista che, nell'azione precedente, era inquadrato a bocca aperta. Più sofisticati sono gli stacchi in Mary Jane Mishap (1903) dello stesso autore, qui viene mostrata la governante sia a figura intera che a mezzobusto per accentuare al massimo le sue espressioni caricaturali; un primo esempio di raccordo sull'asse ci porta dall'immagine dei fornelli accesi al primo piano della scritta paraffina.

In questo modo si comincia a ragionare riguardo le possibilità offerte dal montaggio non solo in materia di fluidità del racconto ma anche nel semplice raccordo tra oggetti e personaggi (ancora del tutto rudimentale ). Se Melies concludeva le azioni all'interno di quadri-capitoli, senza accostare all'interno di essi diverse inquadrature, già nel 1899 Smith ci propone nel suo film The Kiss in the

Tunnel il sezionamento della scena in tre inquadrature, mentre in Grandma's Reading Glass del

1901 comincia a lavorare sul raccordo tra osservatore e oggetto osservato, in piano ravvicinato alterna le immagini del bambino ad immagini di un canarino, un orologio, l'occhio della nonna.

Il legame con l'arte figurativa di stampo religioso e soprattutto con la fissità del teatro venne rotto nel 1902 quando Edwin Stanton Porter realizzò Vita di un Pompiere americano. A Porter sono state attribuite tutte le innovazioni antecedenti al 1908, compresa l'invenzione del montaggio e del

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primo film a carattere narrativo: in realtà «non c'è mai una prima volta nella storia del linguaggio e della cultura, tutti rielaborano qualche cosa già fatta dagli altri, o magari nello stesso tempo in diversi luoghi.»9

Gli eventi che stanno alla base del film non sono casuali: il regista era il maggiore esponente della più grande casa di produzione americana del periodo, aveva avuto l'opportunità di visionare molti dei primi film europei, era stato uno dei primi cineoperatori di Edison ed aveva accesso al suo sconfinato archivio, e proprio da questo decise di attingere per costruire la sua storia e trovando numerose riprese di pompieri all'opera ritenne che le avventure di questa figura erano sufficientemente pittoresche e movimentate.

Come annunciato dal titolo il film tratta le vicende di un pompiere intento a salvare la vita di una donna e del suo bambino dall'incendio divampato nel loro appartamento, il regista propose due versioni una di poco successiva all'altra: nella prima ci mostrava quello che accadeva nella strada e poi quello che accadeva all'interno dell'abitazione in fiamme, nella seconda invece mantiene una linea temporale continua ma frammenta lo spazio anche nelle singole scene grazie all'utilizzo di dissolvenze10. Invece di spezzare in tre fasi distinte collegate da titoli l'azione (è quello che aveva fatto Melies in Viaggio sulla Luna che Porter aveva ammirato e studiato con attenzione) si limita ad unire le riprese l'una all'altra, scegliendo solo gli elementi significativi e logici per formare una sceneggiatura semplice. Sceglie di mostrare prima la ripresa del salvataggio tramite le inquadrature dell'interno della stanza seguite dalle riprese dello stesso avvenimento ma fatte dall'esterno.

L'omogeneità narrativa rappresentata dal susseguirsi di tableaux era generata da una concatenazione di immagini coerenti sebbene slegate tra loro, Porter fu innovativo anche in questo e nel film Assalto al Treno del 1903 tra i 14 tableaux ne inserì uno con il piano ravvicinato di un fuorilegge che punta la sua arma contro il pubblico. Questa scelta non era funzionale alla narrazione

9 S.Bernardi, 2007, p. 38

10 Oscuramento progressivo dello schermo che consente di chiudere un inquadratura lentamente evitando una brusca rottura dello stacco. Con l'avvento del cinema moderno questo tipo di punteggiatura viene meno e perde il suo significato chiarificatore, utilizzata come demarcazione invece che come copertura dei tagli poco amati nel cinema classico. (Cfr. V.Amiel, Estetica del Montaggio, Lindau, Torino, 2006, p. 207 )

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ma solo un segno di rottura con la staticità precedente. La vista dell'uomo, le espressioni del volto così leggibili, crearono inquietudine e paura tra la folla che, non dissimilmente da ciò che successe per L'arrivo di un treno alla stazione di Ciotat, abbandonò le sale. Le potenzialità offerte dalla consequenzialità di piani totali e primi piani , che sembravano proiettare lo spettatore direttamente all'interno delle emozioni del protagonista, era stata percepita nello stesso anno anche dal pioniere George Albert Smith che con il suo breve The Sick Kitten presenta una semplice scena casalinga dotata però di profonda tenerezza: il primo piano del gattino ammalato che viene nutrito conferisce al racconto un aspetto intimo e naturale.

Il primo piano non è certo una trovata trascurabile: inserire lo spettatore dentro la testa ed il cuore degli attori, come se con essi condividesse pensieri ed emozioni, significava mettere in primo piano il protagonista e l'attore il cui ruolo in questi anni comincia a decollare sino a generare quel fenomeno, prima solo hollywoodiano poi mondiale, che si definisce “divismo”11. L'esperimento presentato da Smith troverà una vera espressione formale con un grande del cinema: D.W. Griffith, primo ad utilizzare in senso narrativo un piano ravvicinato del volto dei personaggi.

Ma Assalto al Treno risulta significativo non solo per l'utilizzo sfacciato di un primo piano ma anche perché propone un tipo di montaggio innovativo per l'epoca: il montaggio alternato. Porter fa scorrere contemporaneamente due narrazioni giungendo poi ad una confluenza finale, i fatti narrati in una scena non sono obbligatoriamente consecutivi a quella precedente ma possono essere contemporanei (Porter ci mostra cosa accade contemporaneamente ai banditi in fuga e al personaggio che hanno legato nell'ufficio del telegrafo). Questo tipo di sequenza consentiva di mettere due eventi a confronto, fare avanzare insieme due linee narrative e creare suspance. La figura di Porter funge da cardine tra il MRP e il MRI (Modo di Rappresentazione Istituzionale), pone le basi per gli sviluppi ingenti di Griffith e il successivo cinema classico di Hollywood.

11 La prima Star di Hollywood fu Florence Lawrence conosciuta sino al 1909, anno di Those Awful Hats di D.W.Griffith, come Biograph Girl. Il suo nome invase le copertine dei giornali quando il produttore del film ne dichiarò la morte, ovviamente falsa, e la fece ricomparire nel film successivo. Florence segnò la nascita del Divismo e ne stabilì il modello con il proprio suicidio: il lancio, la fama, i riconoscimenti, la vita privata tormentata, la tragedia. Cfr. Bordwell-Thompson, 1998, p.87

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2.1.2. Sistema d'Integrazione Narrativa

I primi anni del XX secolo rappresentano un periodo di grande innovazione, i registi sperimentano le enormi potenzialità offerte dal montaggio e scoprono come quello che poteva essere ritenuto un semplice accostamento di immagini potesse invece dare un taglio del tutto diverso, creare suspance ma anche rendere più precisa la narrazione. In generale il cinema si orientò verso la narrazione e per far ciò vennero elaborate alcune regole che andarono a confluire in quel tipo di cinema definito “classico” o ”Hollywoodiano”, giungendo sino ai giorni nostri in maniera quasi inalterata, proprio per la loro pregnanza. In realtà questo stile classico si poggiava su ricerche che erano state messe appunto negli anni precedenti ed in luoghi ben lontani dall'America e tanto più da Hollywood ma la loro assimilazione e rielaborazione in un codice unitario è sicuramente da attribuirsi ai frequentatori degli studios.

La linearità narrativa era certamente portata avanti dal montaggio ma il suo aspetto ancora rudimentale costringeva il regista ad incappare in escamotage non propriamente artistici: qualche volta (come successe per la prima volta in Porter) le scene venivano riprese da due posizione diverse e ripetute, poi montate di seguito, ma non sempre lo spettatore riusciva a capire la contemporaneità implicita della scena; oppure per evitare confusioni temporali si sceglieva di utilizzare didascalie esplicative quali “ nel frattempo...” oppure “ subito dopo...”. La consecutio temporum narrativa era talmente fondamentale che uno sceneggiatore della società francese , Alfred Capus, affermò nel 1908:

Se vogliamo che l'attenzione del pubblico rimanga viva, dobbiamo mantenere una connessione continua tra un'inquadratura e quella precedente.12

Per mantenere questa connessione continua i registi sperimentarono alcune tecniche di montaggio caratterizzate da regole precise le quali avrebbero permesso di creare un effetto fluido e scorrevole, andando a caratterizzare quel tipo di montaggio che si definisce

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alternato. Prima del 1906 non ci si spostava avanti ed indietro fra azioni che avvenivano in

luoghi diversi ed anzi un'azione spesso si concludeva nella stessa scena in cui era iniziata, solo con The 100 to 1 Shot, or A Run of Luck dello stesso anno l'azione si sposta avanti ed indietro con almeno due scene nello stesso luogo:

Inquadratura 29: una strada con una macchina che corre.

Inquadratura 30: interno della casa, il padrone di casa cerca di far uscire il vecchio padre di casa con la forza.

Inquadratura 31: La strada di fronte alla casa, il protagonista ferma la macchina.

Inquadratura 32: interno della casa, il protagonista paga il padrone di casa e strappa la notifica di sfratto. Felicità generale.

A dimostrazione della pregnanza delle nuove applicazioni del montaggio che fecero il giro del mondo, nel 1908 Charles Patè, regista francese che aveva assimilato la lezione di Porter, ripresenta nel suo Le Cheval Emballè il concetto di “montaggio alternato” ovvero l'equivalente visivo della parola “mentre”: mentre un cavallo legato all'esterno di una casa è intento a mangiare un uomo svolge delle azioni all'interno dell'abitazione, il regista risolve il dilemma narrativo alternando immagini del cavallo alle immagini girate negli interni ma il pubblico non è ancora abituato a questi sottili passaggi e così il regista per sottolineare il passaggio di tempo realizza delle inquadrature con cavalli diversi, sempre più grassi, per far credere allo spettatore che mentre il padrone si dilunga all'interno della casa il suo animale mangi ed ingrassi.

In virtù di questa continuità temporale del racconto (possibile grazie a diverse soluzioni di montaggio) nel 1913 Lois Weber inserisce l'espediente dello split-screen13 per rappresentare contemporaneamente le azioni di molteplici personaggi. Il suo film Suspance14 ne vede il primo esempio nella storia del cinema, utilizzato nella scena di una telefonata per mostrare i due interlocutori, avrà una così larga fortuna da essere ad oggi una delle soluzioni preferite per questo genere di scene, la regista non solo inserisce contemporaneamente le azioni del marito e della moglie al telefono ma in un terzo triangolo anche il malvivente che si aggira per la casa.

13 Procedimento che consiste nel dividere lo schermo in più parti […] una specie di montaggio nello spazio piuttosto che nel tempo (cfr. V. Amiel, 2014, p. 210 )

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Sempre sul montaggio è basata una regola narrativa definita “dei 180°”, stabilita nel 1914 con il film The Squaw Man di Cecil B. De Mille. Sebbene il concetto espresso in essa sia piuttosto semplice e ad oggi dato quasi per scontato, agli esordi del cinema risultò intuitivo ma non venne assimilata nell'immediato15: si trattava di mettere in comunicazione visiva diretta due personaggi presenti in due inquadrature separate e successive, ma come? Grazie alla scelta accurata dell'inquadratura e soprattutto ai tagli di montaggio il regista ci presenta un uomo che guarda attraverso una finestra verso destra, con l'espressione preoccupata, e di seguito una donna in lacrime che guarda verso sinistra: la nostra mente capisce automaticamente che gli sguardi dai due si incontrano in un dialogo muto, tutto fatto di sguardi e vivamente emotivo, quello che lo spettatore percepisce è comprensione da parte dei due. Non sarebbe stato lo stesso se la donna fosse stata rivolta verso destra, in questo modo gli sguardi non si sarebbero incrociati e la donna sarebbe risultata essere sola nella sua sofferenza, ignara della compassione dell'uomo che la osserva.

Questo esempio non è altro che un primo accenno al sistema di raccordi più completo che verrà a svilupparsi solo con l'avvento del sonoro e sarà tratto distintivo del cinema classico, la regola dei 180° impone un raccordo di posizione (le posizioni dei personaggi tra un'inquadratura e l'altra devono risultare coerenti), un raccordo di direzione degli sguardi come quello citato in De Mille, un raccordo di direzione del movimento (movimenti dei personaggi tra le diverse inquadrature coerenti, che rispettino la vettorialità, ad esempio se un personaggi esce da destra dovrà rientrare da quella parte nell'inquadratura successiva). A questi si aggiungono il raccordo sul movimento (omogeneità dell'azione tra le scene), raccordo di sguardi (l'oggetto osservato in relazione con l'osservatore, come succedeva nelle sperimentazioni di Smith), raccordo sonoro, raccordo sull'asse. Risulta evidente come in fase di montaggio sia possibile sistemare, riadattare le sequenze qualora le esigenze narrative e drammatiche lo richiedano.

I raccordi venivano quasi del tutto trascurati nel cinema delle origini, ne è un segnale evidente

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il fatto che il primo grande maestro del cinema americano, creatore di tecniche innovative di montaggio, sognatore, David W. Griffith utilizza nei suoi più celebri film falsi raccordi. Alcuni primi piani sono mal collegati tra loro e non presentano corrispondenze poiché le inquadrature non erano state girate in funzione del loro raccordo invisibile.

Se per anni Griffith fu considerato l'inventore del montaggio non è perché fu il primo ad accostare due segmenti di pellicola (come detto fu Melies fu il primo ad intuire questo processo) o perché egli stesso dichiarò, dopo aver lasciato la Biograph, di aver creato il primo piano, il montaggio alternato, la dissolvenza e la recitazione controllata; ma perché egli inventò il sistema retorico narrativo che le comprendeva tutte facendole diventare da elemento di attrazione e curiosità a elementi di linguaggio unitario subordinato alla narrazione.

Fu il primo a teorizzare il linguaggio cinematografico così come noi oggi lo conosciamo con inquadrature, scene, sequenze; utilizzò il “montaggio parallelo” e il “montaggio alternato” in una variante del tutto personale definita last minute rescue (salvataggio all'ultimo minuto) anche nei suoi lungometraggi. Il primo veniva utilizzato per portare lo spettatore a riflettere ed ha quindi una valenza morale, il secondo diventerà caratteristico di narrazioni intense ed appassionate: nel 1916 venne pubblicato il primo libro teorico di cinema ad opera di Hugo Münsterberg in cui si sosteneva che «il cinema, grazie al montaggio, riproduce gli stessi atti della mente umana o per lo meno i tre comportamenti di base: attenzione, memoria, emozione».16

Il primo capolavoro di Griffith è Nascita di una Nazione (1915) in cui vengono narrati i fatti salienti riguardanti la nascita degli Stati Uniti ma liberamente ispirati a due romanzi del reverendo Thomas Dixon intitolati The Leopard Spot e The Clansman, l'ispirazione ai grandi romanzi dell'800 sarà un'impronta tipica della struttura griffithiana. Quattro ore di narrazione muta per la prima volta in assoluto, accompagnati da una colonna sonora fatta incidere dallo stesso regista, in cui il montaggio alternato dà pieno esempio di funzione non solo narrativa ma anche drammatica. Le inquadrature frammentate di particolari singoli di ogni azione o personaggio vengono inserite

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all'interno di inquadrature totali per sottolinearne l'importanza a fini narrativi e portare l'occhio dello spettatore ad analizzare la scena in maniera insolita e più approfondita. Gli stacchi di Griffith non sono indispensabili e non ci forniscono niente di nuovo rispetto all'inquadratura precedente ma assumono valenza in relazione al mosaico di inquadrature incomplete. Grazie a questo tipo di montaggio era ora possibile proporre sullo schermo scene epiche di inseguimenti o battaglie (delle quali il film è disseminato) e renderle facilmente comprensibili dagli spettatori ma soprattutto gestire il ritmo del racconto. Era infatti il regista e non gli attori a gestire il ritmo del racconto e la tensione che cresceva man mano ci si avvicinava al momento culminante, attraverso una serie di stacchi ritmicamente più frequenti. Gli attori, sebbene non gestiscano più il ritmo e la supsance, devono affinare le loro capacità espressive in precedenza non necessarie poiché la macchina da presa non indugiava mai a lungo sui particolari del volto come fa adesso.

Lo spettatore viene smosso emotivamente, si impersonifica nei protagonisti, si immerge nella storia. Griffith porta a termine quel processo di illusione di realtà che era stato iniziato da Mèlies in maniera disinteressata e giocosa, la creazione di un mondo diegetico e non immaginario come, errando, spesso viene chiamato poiché il mondo immaginario si contrappone ad uno reale mentre in quello diegetico cinematografico tutto è irreale, anche le strade e le case reali che vengono riprese.

Il montaggio alternato era stato utilizzato per le prime volte da Porter e poi sviluppato e portato al massimo esempio da Griffith ma il regista sperimentò per la prima volta una nuova tipologia: il montaggio “parallelo”. Questa soluzione non raccontava quello che era successo prima, dopo o durante i fatti raccontati nella prima scena ma serviva a mettere in collegamento delle scene dalle quali il raccordo temporale è completamente avulso, l'unità di tempo è stata soppiantata dall'unità di soggetto. In Intollerance (1916) il soggetto principale è l'intolleranza riproposta all'interno di quattro differenti avvenimenti storici (la caduta di Babilonia, la Passione di Cristo, lo sterminio degli Ugonotti in Francia ed una storia di gangster coeva), ma questo tipo di montaggio permetterà in seguito (soprattutto agli esponenti della scuola russa) sottili metafore visive realizzate con

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l'accostamento di immagini a se stanti, singole ed indipendenti che assumono valore diverso con la somma dell'immagine precedente o successiva. Nel film di Griffith l'alternanza riguarda scene improntate su un unico argomento e suddivise in periodi storici comprensibili grazie all'utilizzo di quattro colorazioni differenti in modo che lo spettatore possa capire quando si passa da un epoca storica all'altra senza perdersi, in seguito l'osservatore non avrà questa fortuna e dovrà gradualmente affinare il suo occhio e la sua attenzione per capire i riferimenti. L'ispirazione del film deriva dallo studio del film Cabiria17 dell'italiano Giovanni Pastrone e dai romanzi di Dickens, proprio alla struttura romanzesca sembra rifarsi il montaggio parallelo, al flusso di coscienza e ai salti temporali che il registra individuò comparire prima nella letteratura e che egli avrebbe dunque trasporli sullo schermo.

Le intuizioni del regista americano fecero il giro del mondo, assimilate da registi come Minoru Murata che con il suo Anime Sulla Strada (1921) propone un utilizzo pioneristico del montaggio nel cinema giapponese rendendolo il primo grande regista di scuola nipponica, l'intera scuola russa farà proprie e teorizzerà queste innovazioni facendone elemento portante nel suo cinema. Proprio riguardo l'esperienza russa è rilevante sottolineare non solo gli elementi di continuità con Griffith ma anche quelli di rottura, criticati in primo luogo da Ejzenštein, poiché proprio questi rappresentano il fulcro da cui si svilupperà il pensiero della scuola sovietica. Egli riteneva che Griffith non avesse ben chiara la natura del montaggio e ciò rappresentava un problema perché in questo modo l'idea centrale del film non riusciva mai ad essere espressa in maniera diretta e non arrivava ad essere recepita dal pubblico:

Proprio per questo non ha successo l'uso di inquadrature sempre uguali che si ripetono: Lilian Gish che muove una culla. Griffith intendeva tradurre in immagine il verso di Walt Whitman: «... ondeggia senza posa la culla...», non nella struttura, non nel ripetersi armonioso dell'espressività

17 Il film risale al 1914 e venne realizzato con grande dispendio di scenografie colossali, trucchi, abiti ed effetti speciali, così maestosi da suscitare l'imitazione da parte dei registi americani. Ma Cabiria è il primo vero passo verso un montaggio la cui funzione non sia volta alla metamorfosi ma alla narrazione. Cfr. S.Bernardi, 2007, p.48

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del montaggio, ma nelle immagini isolate, con il risultato che la culla non poteva trasformarsi in un concetto più astratto, in un'immagine di epoche che si ripresentano di continuo, e rimaneva inevitabilmente una semplice culla reale, che suscitava le risate, la ripresa o l'irritazione degli spettatore18.

Con l'esperienza griffithiana si conclude la fase primitiva del cinema: sono state gettate le basi per sviluppi iperbolici non solo nel campo del montaggio ma in tutti i settori della cinematografia dall'uso della luce alla recitazione, dalle focali alla profondità di campo.

3. La Scuola Russa

Con il termine Scuola Russa si intende quel gruppo di cineasti sovietici i quali contribuirono non solo materialmente, ovvero con la messa a punto di nuove metodologie, ma anche teoricamente con la redazione di numerosi trattati, in maggioranza riguardanti il montaggio. Per la prima volta il montaggio sembra ricevere pieno interesse da parte del regista, fulcro portante dell'intero film, procedimento indispensabile e addirittura strumento creativo basilare per la realizzazione di un film. Il movimento del formalismo sovietico considerava le inquadrature singole prive di vita e significato propri ma li assumevano solo in virtù del montaggio. La rottura di tutti i vincoli causata dalla Rivoluzione porterà al rifiuto del sistema tradizionale di intrattenimento in cui lo spettatore si immerge passivo ma piuttostocome un cinema-festa in cui egli sia attivo e continuamente stimolato.

Se Griffith aveva portato avanti queste teorie con la sola pratica i nuovi intellettuali Russi leggono nella fase di post-produzione una capacità di espressione più profonda, una trasmissione indiretta di concetti ed emozioni. Proprio di concetti, più che di narrazione fine a se stessa, si occuperanno Vertov, Kulesov, Pudovkin ed Ejzenstejn tanto che il cinema venne utilizzato da Lenin come principale mezzo di propaganda comunista grazie alla forte presa che aveva sulle masse ed alla sua ineguagliabile capacità di suscitare emozioni. Inevitabilmente questi artisti divennero

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soldati al servizio della cronaca rivoluzionaria.

3.1 Dziga Vertov

Il pensiero di Vertov19 riguardo il ruolo della cinematografia viene espresso nel film «Cineocchio» (Kinoglaz, 1924) da cui prende nome l'omonima teoria. Il materiale trattato era totalmente spontaneo quindi non prevedeva una recitazione imposta da un copione, gli uomini venivano ritratti senza maschera e senza finzioni, erano messi a nudo per mostrare i loro pensieri nella maniera più cruda e reale possibile. L'occhio dell'osservatore non era indipendente e non poteva decidere liberamente quale oggetto o particolare osservare all'interno di una scena, veniva forzato dalle scelte di montaggio per essere indirizzato dove voleva il regista. Il perché di questa scelta veniva spiegato dallo stesso Vertov: non era possibile in nessun modo riproporre sullo schermo i fatti che venivano ripresi dalla macchina da presa, era dunque necessario imporre allo spettatore una successione di dettegli accuratamente selezionata. Il montaggio diventa allora lo strumento perfetto per comporre una realtà-non reale ma riproposta come tale, l'organizzazione del mondo visibile come se l'occhio di chi guarda non sapesse coglierlo autonomamente e dovesse essere aiutato; abbandona la fase di post-produzione e arriva ad abbracciare l'intero processo filmico partendo dalla scelta del materiale, dall'osservazione del soggetto alla scelta dell'ordine di successione del formato sul soggetto.

Vertov scrive gli assunti per il futuro concetto di cinema-veritè ma anche per un filone filmico di nicchia: i film di montaggio. Con questo termine si intendono tutti quei film realizzati con materiale d'archivio o spontaneo ai quali viene attribuito significato drammatico attraverso il montaggio. Non è presente una scala temporale da seguire ma basta un solo accenno per rendere efficace una sequenza così come basta una immagine pregnante, che duri anche pochi fotogrammi, per riallacciare due scene disgiunte. In breve, è la forza delle immagini colta dagli esponenti

19 All'anagrafe David Abelevič Kaufman, lo pseudonimo significa “vortice rotante” in lingua ucraina e deriva dal suo interessa per il futurismo ed il concetto di velocità e movimento ad esso legato ( Cfr. V. Basili, L'immagine in

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sovietici e messa in campo nel modo più efficace e potente di sempre.

3.2 Lev Kulešov

Al suo nome è legato l'esperimento noto come «effetto Kulešov» o semplicemente «effetto K», nato come oggetto di studio per la Scuola Statale di Cinematografia di Mosca presso cui insegnava. L'esperimento del 1920 era volto a mostrare la capacità creativa del montaggio sottraendolo definitivamente al mero processo tecnico e la sua capacità di manipolazione del materiale visivo (e di conseguenza la pregnanza emotiva di questo). Venne scelto uno degli attori russi più in voga del momento, Ivan Mousjoukine, al quale venne chiesta l'espressione più neutra possibile, vennero montate in sequenza tre differenti immagini: un piatto di zuppa calda, una donna defunta dentro una bara e una bambina intenta a giocare. Alle persone intervistate venne chiesto di leggere le emozioni dell'attore le quali risultarono nettamente contrastanti in base all'immagine mostrata, si trattava di desiderio di cibo, pena per la defunta e gioia; se con Griffith l'attore doveva potenziare le sue capacità espressive mentre perdeva la gestualità accentuata e la capacità di gestire il ritmo e la

suspance, adesso perde anche la capacità di suscitare emozioni con le espressioni del volto. Sarà

Ejzenstejn, allievo dello stesso Kulešov, a spiegare semplicemente questa teoria della somma di immagini paragonandola ai geroglifici egiziani:

[...] l'immagine dell'acqua e quella di un occhio significano piangere; l'immagine di un orecchio vicino a quella di una porta═ascoltare, un cane + bocca =abbaiare; una bocca + bambino= gridare; una bocca + un uccello = cantare; un coltello + un cuore= tristezza e così via. Ma questo è...il montaggio! Si. É esattamente ciò che facciamo nel cinema: combiniamo inquadrature descrittive di significato univoco, di contenuto neutrale, in un contesto intellettuale20.

Non diversamente dalla teoria di vertoviana di assemblaggio delle immagini per una

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ricostruzione del mondo visibile, anche Kulešov propone la sua variante. In questo caso l'occhio dello spettatore non risente della forzatura imposta dal montatore perché le immagini selezionate sono raccordate perfettamente, egli stesso ci racconta:

[...]la creazione di una donna che non è mai esistita. Ho realizzato questo esperimento con i miei allievi. Giravo la scena di una donna intenta a fare la toilette: si pettinava, si truccava, si infilava le calze, poi le scarpe, infine indossava il suo vestito... et voilà: riprendevo il viso, la testa, la capigliatura, le mani, le gambe, i piedi di donne diverse, ma li montavo come se si trattasse di un'unica donna e, grazie al montaggio, riuscivo a creare una donna che non esisteva nella realtà, ma che esisteva realmente al cinema21.

Allo stesso modo della donna perfetta venne proposta anche la geografia immaginaria ottenuta montando immagini di Mosca insieme ad immagini della Casa Bianca di Washington ottenendo un effetto di omogeneità spaziale del tutto credibile.

I primi passi verso il “montaggio costruttivo” (teorizzato più avanti da Pudovkin e sviluppato da Ejzenštejn) vengono fatti, la produzione di un senso e di un concetto attraverso l'opposizione o l'accostamento di due immagini: un volto sommato ad una zuppa di minestra trasmette un concetto di fame che è esterno alle immagini sommate.

3.3 Vsevolod Pudovkin

Pudokvin fu allievo e poi collaboratore di Kulešov, a lui si deve la teorizzazione degli esperimenti realizzati dal maestro presso la Scuola Statale di Cinema ma soprattutto il primo trattato teorico sul cinema e sul montaggio: Kinoreggiseur i Kinomaterial venne pubblicato nel 1926 e faceva il punto sulla situazione cinematografica passando per i nomi più importanti e soffermandosi soprattutto su quello di Griffith il quale aveva avuto ruolo attivo nella pratica mancando però di elaborazioni teoriche. Fu dunque grazie a Pudovkin che anche le tecniche e le invenzioni precedenti riuscirono a passare alla storia e trovare larga diffusione: in seguito ad una

21 Lev Kulešov, in L. e J. Schnitzer, M. Martin, Le cinéma Soviétique par ceux qui l'ont Fait, Les Editours Français Reunis, Parigi, 1966, p.66

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fortunata traduzione in lingua inglese22 il trattato divenne testo di riferimento per i registi di tutto il mondo anglosassone. La teoria sul montaggio può essere vista come un indirizzo generale poiché sanciva l'individuazione di principi fondamentali:

i l découpage: la scena, invece di essere girata nella sua totalità sotto forma di tableau, è

frammentata in più riprese, privilegiando i piani ravvicinati;

● le inquadrature: le riprese vengono effettuate da diverse angolature e a diverse distanze in

modo da coprire tutto l'ambiente, senza rispettare la quarta parete23 propria dei tableaux;

● il montaggio: il giuntaggio delle inquadrature successive ricostruisce la scena, esso crea uno

spazio, una temporalità ed un ritmo.

● La direzione dello spettatore: l'occhio dello spettatore è guidato dal regista e dalla

successione del découpage a ricostruire la scena;

● creazione di un senso, di un emozione, di un idea: le immagini, una volta connesse tra loro,

reagiscono e generano delle nuove nozioni.

Le norme generali indicate da Pudovkin arrivano a rivedere alcune scelte di Griffith, ad esempio le inquadrature in campo lungo alternate a dettagli e primo piani vengono sostituite da sequenze costituite solo di dettagli per ottenere una maggiore continuità filmica accompagnata dall'intensità drammatica; I dettagli inoltre dovevano mostrare un elemento nuovo e pregnante, tutto ciò che era superfluo alla comprensione del concetto doveva essere eliminato.

Un esempio diretto si può trovare nel film considerato capolavoro di Pudvokin, La Madre (Mat') del 1926 in cui la scena della notizia della liberazione di un bambino incarcerato viene montata secondo un susseguirsi veloce di particolari delle mani e del volto del prigioniero, immagini di uccelli che si tuffano nell'acqua e ruscelli che scorrono e si conclude con la risata di un bimbo. Risulta chiaro che queste scelta non è stata fatta in nome di una continuità spazio-temporale

22 Il libro venne tradotto da Victor Gollancz nel 1929 e pubblicato a Londra con il titolo Pudovkin on Film Technique. 23 Termine derivante dal teatro in cui la visione della scena da parte dello spettatore è obbligata e lo sfondo di questa

non potrà essere che la quarta parete ovvero il fondale, nel cinema primitivo l'azione viene sempre osservata in unica direzione rispettando la quarta parete.

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ma piuttosto per una relazione tematica. L'esperimento del maestro aveva portato a questi risultati, la somma delle immagini di una persona reclusa e di immagini naturali (i concetti di selvaggio, di acqua che è forza generatrice di vita, del volo degli uccelli riportano tutti ad un'idea di libertà, di riscoperta del dato naturale che è insito nell'uomo) hanno come risultato il terzo concetto, diverso dai due precedenti ma a loro legato, di gioia del prigioniero.

3.4 Sergej M. Ejzenštejn

Ejzenštejn rappresenta il maggior esponente del costruttivismo sovietico in campo cinematografico, per prima cosa la quantità di scritti teorici è superiore rispetto a tutti gli altri ed inoltre le sue teorie sul montaggio sono le più forti ed innovative, si sposano con le altre forme d'arte in studi approfonditi e trovano espressione in film che sono diventati capi saldi nella storia universale del cinema. Inoltre con Ejzenštejn il montaggio non diventa il procedimento portante del film ma diventa il film stesso, evitando le narrazioni lineari punta ad un coinvolgimento dello spettatore e alla condivisione di idee universali e ideali, il tutto attraverso un montaggio diametralmente opposto a quello nascosto americano puntando ad una sottolineatura dei tagli.

Riprendendo la teoria di Pudovkin della somma delle immagini arriva a dare forma a qualcosa di totalmente nuovo in quella che verrà chiamata da egli stesso teoria del montaggio delle attrazioni. A differenza del suo collega più anziano Ejzenštejn pensa che le immagini accostate tra loro non debbano avere una continuità tematica, può esistere ma è una possibilità non una certezza, così oltre a perdere continuità spaziale e temporale adesso le immagini sembrano essere totalmente sconnesse tra loro. Si usano quindi parole come conflitto, scontro, collisione quando ci si riferisce al montaggio delle attrazioni ( l'attrazione porta un avvicinamento di due parti, in questo caso così forte da essere uno scontro) proprio perché collisioni e veri propri shock causano uno sconvolgimento emotivo nello spettatore e lo staccano dalla sua condizione abituale: narrare la realtà così com'era oppure il semplice dipanarsi degli eventi non aveva niente di interessante per lo spettatore il quale invece veniva portato fuori di sé attraverso quella che Ejzenštejn stesso definisce

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estasi24. Il montaggio non cercava un rispecchiamento realistico della realtà ma una possente volontà di espressione in nome della quale alcuni dati certi quali il tempo e la sua linearità vengono totalmente trascurati: per rafforzare una scena il regista non ha paura di ripetere più volte in loop uno stesso gesto come succede ne La corazzata Pötemkin del 1925 dove il furore di un marinaio è dato dal raddoppiamento dell'azione: infrange un piatto con su scritto «dateci oggi...»; oppure la discontinuità in Ottobre del 1928. Alla base del montaggio intellettuale ci sono diverse tipologie di conflitti:

● conflitto tra un fatto e la sua natura temporale: nei suoi film viene meno non solo la

sequenza temporale ma si perde il concetto assoluto di tempo così alcune azioni raccontate nelle scene durano più che nella realtà per sottolineare il valore storico di un avvenimento ( il sollevamento dei ponti sulla Neva nel film Ottobre) oppure il pathos (l'apertura della parta degli appartamenti dello zar da parte di Kerenskj nello stesso film, gli stacchi delle inquadrature delle porte che si aprono non coincidono poiché l'apertura di una porta non coincide con lo stacco di chiusura della porta nell'inquadratura precedente);

● Conflitto di direzione: vengono montate due immagini in cui i movimenti sono diretti in

direzioni opposte, nel Pötemkin si scontrano il moto discendente delle guardie e quello ascendente e solenne della madre;

● conflitto di angolazione: ottenuto mutando le caratteristiche di ripresa delle inquadrature; ● conflitto grafico: conflitto visivo generato dalla successione di due diverse inquadrature di

uno stesso soggetto;

● conflitto sonoro: contrasto creato dalla non corrispondenza di un suono e della sua fonte

visiva.

I film di Ejzenštejn sono disseminati di segni di segni d'oggetto, questo vuol dire che il primo segno ovvero l'immagine di un soggetto o una scena rimanda sempre ad un secondo segno che è un significato ulteriore. Per arrivare a ciò procede con le realizzazione di metafore visive forti

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attraverso un procedimento da lui definito di tropo-montaggio: si va dalle semplici metafore in cui un'immagine viene accostata all'altra per dare una terza risultante come accede in Sciopero del 1924 quando la folla viene repressa dalla polizia le cui immagini vengono alternati ad immagini di buoi al macello per esprimere il concetto di mattatoio umano, oppure in Pötemkin dove l'idea della necessità della rivolta è espressa dalle immagini di tre leoni di pietra in posizione dormiente, mentre si desta ed eretto che grazie al tropo-montaggio si fondono in un unico leone ruggente simbolo della ribellione; a figure più complesse come le metònimie in cui una parte identifica un tutto come accede nello stesso film dove i particolari di fucili e calzari dei soldati rappresentano la totalità dell'esercito. Queste sono le «attrazioni», immagini considerate cellule e non più mattoncini che vengono a scontrarsi in un risultato totalmente diverso dai fattori sommati, un processo che risponde al puro principio drammatico.

Il film del montaggio intellettuale per eccellenza è Ottobre perché per comunicare in maniera diretta le idee utilizza diverse tecniche di produzione del senso, scena cardine è l'ascesa di Kerenskij al potere con l'immagine del personaggio che percorre una scalinata senza fine, attraversa le porte che lo condurranno agli appartamenti dello Zar nella scena sopracitata delle incongruenze degli stacchi, per ridicolizzare l'immagine di Kerenskij e la vanità delle sue aspirazioni Ejzenštejn monta in maniera quasi compulsiva brevissimi immagini (che cono un'anticipazione del fast-cut contemporaneo) del capo del governo provvisorio alternate a: didascalie che elencano i suoi incarichi (Comandante in capo, Ministro della guerra e della Marina etc..), una ghirlanda sorretta una statua, dettagli di medaglie e mostrine di ufficiali, il piedistallo dello statua dello Zar abbattuta dagli operai, un busto di napoleone che si infrange al suolo, un pavone meccanico che da le spalle al pubblico per cimentarsi nella sua tipica ruota. Il regista descrive così le sue intenzioni:

L'ascesa al potere di Kerenskij dopo la sollevazione del Luglio 1917. un effetto comico venne ottenuto con le didascalie che indicavano gli incarichi più importanti da lui ricoperti [...] inserite in cinque o sei inquadrature differenti in cui lo si vede salire lo scalone del Palazzo d'Inverno sempre con lo stesso passo. Qui, il conflitto tra le vanità dei titoli ed il nostro eroe che sale trotterellando

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sempre le stesse scale consente di ottenere un certo effetto psicologico: la futilità di Kerenskij viene mostrata in forma satirica. Esiste un contrappunto tra un'idea convenzionale espressa in forma letteraria e la raffigurazione di una certa persona non all'altezza delle sue sempre maggiori responsabilità. L'incongruenza porta lo spettatore ad una decisione del tutto intellettuale, a spese del personaggio in oggetto25.

Nonostante ciò il film più celebre di Ejzenštejn è La Corazzata Pötemkin ed in assoluto la sua scena madre girata sulle scalinate di Odessa26 composta da brevi inquadrature (rispetto ai fil americani e tedeschi le inquadrature russe duravano rispettivamente un terzo e la metà) dei ribelli in fuga inseguiti dall'esercito, stessi soggetti ripresi in una molteplicità di inquadrature, il volto di una madre dilaniato dal dolore nel vedere il figlio calpestato dalla folla, ; il pathos e «l'aggiornamento delle attrazioni» sono obbiettivi raggiungibili ad ogni costo anche con l'uso di mezzi negativi dell'apparato tradizionale drammatico quali lacrime, sentimenti, lirica, psicologismo. Questo accade nel Pötemkin che sembra segnare una regressione rispetto al precedente Ottobre.

Le attrazioni ejzenštejniane servivano più di ogni altra soluzione alla trasmissione di concetti ed emozioni (si può parlare infatti anche di montaggio delle emozioni per Ejzenštejn) e nella Russia degli anni '20 questo non può essere assolutamente avulso dal valore politico del cinema. Da qui il desiderio del regista di realizzare la trasposizione filmica del Capotale di Karl Marx. L'ultimo film degli anni '20 incontrò la repressione staliniana e il regista fu poi costretto a migrare negli Stati Uniti ponendo fine al periodo più florido di ricerca e sperimentazione del montaggio.

4. Il cinema Europeo degli anni 20

L'opera di Griffith aveva portato al massimo il potenziale dell'avanguardia russa ma anche in Europa alcuni registi rimasero impressionati dalle potenzialità che il montaggio poteva offrire alla

25 S. M. Ejzenštejn, La Forma Cinematografica, 1986.

26 In origine La Corazzata Pötemkin non era che un episodio di un film commemorativo che Ejzenštejn doveva realizzar in occasione del XX anniversario della Rivoluzione del 1905. Ma le circostanze obbligarono il regista a svilupparlo come un lungometraggio e a dargli un'importanza sociale e storica che non ha avuto nella Storia. I turisti che oggi vanno in pellegrinaggio sui gradini della scalinata di Odessa saranno delusi di apprendere che questi non furono il teatro degli avvenimenti descritti dal film. È la rivincita del mito sulla realtà (Cfr. V. Pinel, Il Montaggio,

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narrazione filmica. Se però in Russia le novità vennero ben accolte poiché il cinema era asservito all'indottrinamento politico differente era il caso europeo dove i film seguivano dettami monotoni ancora arcaici, i pochi registi che si ispirandosi alle novità americane e russe cercarono di sperimentarle nel panorama francese dove vennero in alcuni casi persino censurati.

Il primo caso è quello degli artisti legati alla corrente impressionista francese la quale si sviluppa in maniera uniforme tra gli strati e sub-strati dell'arte:

Partendo dall'assioma che l'arte è tale perché esprime qualcosa, e che questo qualcosa è riferibile più alla visione personale dell'artista che ad un generale concetto di verità, gli impressionisti cercavano di creare un'esperienza emotiva per lo spettatore, suggerendo ed evocando più che affermando chiaramente. In poche parole il lavoro dell'arte è quello di creare emozioni transitorie , “impressioni”, secondo una visione propria dell'estetica romantica e simbolistica tardo ottocentesca.27

Abel Gance per primo aveva avuto la possibilità di vedere Nascita di una Nazione durante un suo viaggio a Londra (al tempo il film era vietato in Francia), ne rimase talmente colpito che volle riproporre le tecniche di montaggio di Griffith prima ne La Decima Sinfonia del 1918 ma in maniera più clamorosa nei successivi La Rosa sulle Rotaie (1922) e Napoleon (1927). Il montaggio alternato elaborato e fluido si sposava a raccordi sul movimento anche arditi ma tuttavia l'influenza dei tableaux si faceva ancora sentire particolarmente nei movimenti di macchina. La novità inserita da Gance è un montaggio accelerato che aumenta la suspance, ne La Rosa sulle Rotaie per segnalare la pazzia di Sisifo causata dall'amore vengono utilizzate nella scena della locomotiva una serie di inquadrature ripetute più volte e la cui brevità aumenta con l'avvicinarsi della scena clou in cui il fuochista fa rallentare la locomotiva, vengono così mostrate di seguito: la cabina del conducente, primi piani del protagonista e del conducente, primi piani delle ruote e delle rotaie, i binari che scorrono, il tachimetro. «A questo punto, come una respirazione che ritorna normale, le inquadrature si allungano, rallentano il loro movimento e c'è l'arrivo, calmo, sereno, maestoso28». La

27 Bordwell-Thompson, 1998, p.148

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soggettività del protagonista rappresenta il fine ultimo, più della narrazione stessa che viene messa a dura prova con scene da 6 o 5 fotogrammi al secondo quando la media al tempo era di 20!

In un'altra scena il montaggio accelerato è usato ancora per mettere in primo piano lo stato mentale di follia del protagonista quando, sull'orlo di un precipizio, la donna amata lo tiene per un braccio e lui guardandola in viso viene come bombardato da una serie di flashback evocati dalla voce di lei. Questo è il primo esempio di uso di fotogrammi singoli nella storia del cinema.

In Napoleon il montaggio rapido viene utilizzato come linea di demarcazione tra la giovinezza del condottiero e l'età matura ma è spinto al massimo nella scena del canto della Marsigliese al Club des Cordeliers dove ogni inquadratura cortissima viene montata in un climax ascendente che si conclude con fotogrammi talmente brevi da essere difficilmente percepibili. Questo tipo di montaggio entusiasmò i giovani registi francesi prima ancora di diventare figura portante nei video clip e nei film d'azione.

Le nuove nozioni di découpage e montaggio sperimentate da Gance vennero rielaborate in maniera radicale dal suo discepolo Jean Epstein il quale utilizza un montaggio rapido e virtuosistico di inquadrature in cui la macchina non è solo testimone immobile ma partecipa alla scena girando attorno alle persone, agli oggetti, creando primi piani mobili che esprimono lo stato d'animo dei personaggi. Dopo l'uscita del suo film Coeur Fidèle (1923) il montaggio rapido divenne un marchio di fabbrica del cinema impressionista

Le nuove esperienze di montaggio erano arrivate in Francia dagli Stati Uniti e ora arrivavano in Giappone dove la tradizione cinematografica, sebbene diametralmente opposta a quella americana, aveva basi solidissime, qui a capo dello studio system stavano i registi e non i produttori e questo permetteva loro di poter trattare tematiche a loro più vicine senza dover rispondere alla richiesta del mercato. Così Teinosuke Kinugasa nel suo Una pagina di Follia (1927) utilizza un montaggio convulso e serrato per portare lo spettatore all'interno della mente della protagonista: il film si apre

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con una donna che balla animatamente, solo più tardi ci si rende conto che quella scena si svolge all'interno di un manicomio dove è stata rinchiusa. Le durata delle immagini, di derivazione ganciana, è brevissima per rispecchiare la psicosi della ballerina.

La Francia si definisce dunque in questi anni come centro nevralgico per lo sviluppo del cinema Europeo e mondiale, qui confluiscono i nomi più importanti di artisti poliedrici che spesso vengono attirati all'interno delle numerose correnti artistiche. Con un occhio rivolto al Surrealismo di Dalì e l'altro al movimento Dadaista il regista spagnolo Luis Buñuel riesce a far sposare il suo carattere di “narratore di ossessioni29” con le ideologie dei movimenti, prima Un Cane Andaluso (1928) realizzato in collaborazione con Dalì e poi L' Âge d'or (1930) scandalizzano il pubblico tanto che alla prima nelle sale il regista viene bloccato da una folla inferocita e malmenato. Cosa aveva scandalizzato la popolazione parigina ormai abituata ad una censura sempre più incalzante? La scelta delle immagini e la loro successione. Il montaggio di Buñuel sembra totalmente casuale, se Ejzenštejn raccordava immagini solo apparentemente conflittuali (e lo faceva per volontà di collisione) per suggerire un senso e trasmettere un concetto generale qui il regista arriva alla tipica associazione dadaista, priva di senso, casuale, voluta per il puro scandalo. Si susseguono immagini forti spesso legate al campo della violenza o della sessualità intervallate da altre quasi insensate (l'immagine di un'ascella femminile seguita da una di un riccio di mare, ad esempio). Questo tratto distintivo di Buñuel sarà ancora presente anche quando, durante la maturità dell'artista ed in seguito al suo trasferimento in Messico, il suo stile si svilupperà.

La sessualità velata e la presunta insensatezza delle immagini avevano destato scalpore e sgomento ma un altro film, ben lontano da tematiche censurabili, colpì l'opinione pubblica a causa delle sue novità. Nel 1931 Carl Theodor Dreyer realizza La Passione di Giovanna d'Arco ed incentra il suo racconto unicamente sul dialogo tra la condannata e i suoi giudici, i primi piani sono così ravvicinati che spesso il volto dei personaggi non rientra nell'inquadratura, l'attrice che interpreta la pulzella d'Orleans è presentata come una donna umile con capelli corti e totalmente

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priva di trucco, solo le lacrime solcano il suo viso, anche gli ambienti sono del tutto spogli. L'essenzialità si rispecchia anche nelle scelte di montaggio che risultano quasi obbligate, si sofferma sul volto sofferente di Giovanna per trasmettere la sua pietà e farne un simbolo in maniera quasi ossessiva da generare un senso di fastidio nello spettatore, viene tagliato tutto quello che non è necessario alla narrazione e viene sempre rispettato il raccordo sullo sguardo.

5. Il cinema istituzionale americano degli anni '20

Tappa fondamentale della storia del cinema, e dunque del montaggio, è il periodo che storicamente viene definito del «cinema classico hollywoodiano» o dello Studio System la cui nascita si fa risalire al 1927 (anno del primo film sonoro) sino agli anni '6030. L'egemonia economica americana fa si che anche l'industria cinematografica ed i suoi standard tendano ad affermarsi (salvo alcuni casi noti) in tutto il mondo, la sua particolarità e novità era il fatto che questo sistema potesse controllare l'intero ciclo produttivo occupandosi anche della distribuzione del film stesso. Questo vuol dire che tutte le figure artistiche dallo sceneggiatore al regista, dal montatore al tecnico delle luci, dagli attori ai manager, dai pubblicitari agli imprenditori dovevano rispondere ad un unica direttiva: quella imposta dalla casa di produzione.

A capo dello Studio System stavano la Paramount-Publix, la Metro Goldwyn Mayer e la First National alla quale seguivano poi numerose case più piccole ma che col tempo seppero crescere ed arrivare a risultati rilevanti quali la Fox e la Universal Pictures. Nel 1922 i più importanti studios si associarono nella Motion Pictures Producers and Distibution Association (MPPDA) con lo scopo di dettare misure e parametri standard che ogni film da loro prodotto avrebbe dovuto rispettare al fine di regolamentare il contenuto morale31 delle opere. Ne derivò inevitabilmente un cinema piatto ma non del tutto privo di creatività, la quale veniva però spesso limitata in fase di montaggio32 e per

30 s.Bernardi, 2007, p.143

31 A partire dal 1934 il codice Hays stabilisce codici precisi per la rappresentazione di tematiche sessuali , scene di violenza o crimini. (Cfr. P. Bertetto, Introduzione alla Storia del Cinema, De Agostini Scuola, Novara, 2006, p. 110).

32 In questo caso specifico la funzione del montaggio sembra essere stravolta rispetto alla fase precedente: se prima le scelte di montaggio venivano effettuate dal regista (o da un suo collaboratore ma sotto la sua supervisione) ed

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