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Anemia emolitica immuno-mediata primaria nel cane in Toscana e in Texas: studio retrospettivo sui parametri clinico-patologici con particolare riferimento ai ratio leucocitari

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Anemia emolitica immuno-mediata primaria nel cane

in Toscana e in Texas: studio retrospettivo sui

parametri clinico-patologici con particolare

riferimento ai ratio leucocitari

Candidato:

Chiara Alaimo

Relatore:

Prof. George Lubas

Correlatore:

Dott.ssa Alessandra Gavazza

(2)

2

Ad Adriano,

futuro piccolo principe

(3)

3

INDICE

RIASSUNTO ANALITICO... 7 ABSTRACT ... 9 INTRODUZIONE ... 11 Parte generale ... 13

CAPITOLO 1: DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE ... 14

1.1 DEFINIZIONE DI IMHA ... 14

1.2 CLASSIFICAZIONE ... 14

1.2.1 CAUSE DI IMHA SECONDARIA ... 16

CAPITOLO 2: EZIOPATOGENESI ... 18

2.1 EZIOLOGIA DEGLI ANTICORPI ANTI-ERITROCITI ... 18

2.2 FISIOPATOLOGIA DELL’EMOLISI ... 21

2.2.1 EMOLISI INTRAVASCOLARE ... 22

2.2.2 EMOLISI EXTRAVASCOLARE ... 23

CAPITOLO 3: RILIEVI CLINICI E CLINICO-PATOLOGICI ... 24

3.1 SEGNALAMENTO E PREDISPOSIZIONE ... 24

3.2 REPERTI ANAMNESTICI ... 25

3.3 ESAME FISICO ... 26

3.4 PROFILO EMATOLOGICO ... 27

3.5 PROFILO COAGULATIVO ... 29

3.6 PROFILO BIOCHIMICO ED ESAME DELLE URINE ... 30

CAPITOLO 4: ALTERAZIONI COAGULATIVE IN CORSO DI IMHA ... 33

CAPITOLO 5: DIAGNOSI DI IMHA PRIMARIA ... 36

5.1 ESAME MICROSCOPICO DELLO STRISCIO EMATICO ... 37

5.1.1 SERIE ERITROCITARIA ... 37

5.1.2 SERIE LEUCOCITARIA ... 40

5.1.3 SERIE PIASTRINICA ... 41

5.2 TEST DI COOMBS ... 41

5.3 ALTRI TEST DIAGNOSTICI ... 44

5.3.1 CITOMETRIA A FLUSSO ... 44

5.3.2 GEL TEST IN MICROCOLONNE ... 45

5.3.3 STRISCIA IMMUNOCROMATOGRAFICA ... 45

(4)

4

5.4.1 ESAME DEL MIDOLLO OSSEO ... 46

5.4.2 DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ... 46

CAPITOLO 6: FATTORI PROGNOSTICI ED ESITO DELLA MALATTIA ... 48

6.1 TASSI DI MORTALITÀ E SOPRAVVIVENZA ... 48

6.2 FATTORI PROGNOSTICI ... 49

6.3 SISTEMI DI PUNTEGGIO ... 53

6.3.1 SISTEMA CHAOS ... 53

6.3.2 SISTEMA TOKYO ... 54

CAPITOLO 7: TRATTAMENTO DELL’IMHA PRIMARIA ... 56

7.1 IMMUNOSOPPRESSORI ... 56 7.1.1 GLUCOCORTICOIDI ... 57 7.1.2 AZATIOPRINA ... 60 7.1.3 CICLOSPORINA ... 60 7.1.4 CICLOFOSFAMIDE ... 61 7.1.5 MICOFENOLATO MOFETILE ... 62 7.1.6 LEFLUNOMIDE ... 63 7.2 ALTRI TRATTAMENTI... 63

7.2.1 IMMUNOGLOBULINE UMANE PER VIA ENDOVENOSA... 63

7.2.2 DANAZOLO... 64

7.2.3 SPLENECTOMIA ... 65

7.2.4 PLASMAFERESI ... 65

7.3 PREVENZIONE DEI DANNI TISSUTALI DOVUTI ALL’ANEMIA ... 66

7.4 PREVENZIONE DEL TROMBOEMBOLISMO ... 67

7.4.1 EPARINA NON FRAZIONATA ED EPARINA A BASSO PESO MOLECOLARE ... 67

7.4.2 INIBITORI DELLE PIASTRINE: ASPIRINA E CLOPIDROGEL ... 68

7.5 TERAPIA DI SUPPORTO ... 69

CAPITOLO 8: RATIO LEUCOCITARI E PIASTRINICI ... 70

Parte sperimentale ... 74

CAPITOLO 9: OBIETTIVI ... 75

CAPITOLO 10: MATERIALI E METODI ... 76

10.1 PAZIENTI ... 76

10.2 CRITERI DI INCLUSIONE ... 76

10.3 CRITERI DI ESCLUSIONE ... 77

10.4 INFORMAZIONI RACCOLTE ... 77

(5)

5

10.5.1 CBC (COMPLETE BLOOD COUNT) ED ESAME MICROSCOPICO DELLO

STRISCIO EMATICO ... 78

10.5.2 PROFILO COAGULATIVO DI BASE ... 79

10.5.3 PROFILO BIOCHIMICO ... 79

10.5.4 ESAME DELLE URINE ... 80

10.6 INTERVALLI DI RIFERIMENTO ... 80

10.7 CLASSIFICAZIONE DELL’ANEMIA ... 81

10.8 STADIAZIONE DELLA MALATTIA ... 82

10.9 FATTORI PROGNOSTICI ... 82

10.10 ORGANIZZAZIONE DEI DATI ED ANALISI STATISTICA ... 82

10.10.1 ORGANIZZAZIONE DEI DATI ... 82

10.10.2 ANALISI STATISTICHE ... 85 CAPITOLO 11: RISULTATI ... 87 11.1 SEGNALAMENTO ... 87 11.2 DATI CLINICI ... 89 11.3 OSPEDALIZZAZIONE E SOPRAVVIVENZA ... 91 11.4 ALTERAZIONI CLINICO-PATOLOGICHE ... 92 11.4.1 EMOGRAMMA ... 92

11.4.2 ALTERAZIONI MORFOLOGICHE ERITROCITARIE ... 100

11.4.3 RATIO LEUCOCITARI E PIASTRINICI ... 101

11.4.4 PROFILO COAGULATIVO ... 104

11.4.5 PROFILO BIOCHIMICO ... 105

11.4.6 ESAME DELLE URINE ... 111

11.5 FATTORI PROGNOSTICI ... 112

CAPITOLO 12: DISCUSSIONE ... 119

12.1 PAZIENTI ... 119

12.1.1 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE ... 119

12.1.2 RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI ... 119

12.2 SEGNALAMENTO ... 120

12.3 DATI CLINICI ... 120

12.4 OSPEDALIZZAZIONE E SOPRAVVIVENZA ... 121

12.5 ALTERAZIONI CLINICO PATOLOGICHE ... 122

12.5.1 EMOGRAMMA ... 122

12.5.2 ALTERAZIONI MORFOLOGICHE ERITROCITARIE ... 123

12.5.3 RATIO LEUCOCITARI E PIASTRINICI ... 124

(6)

6

12.5.5 PROFILO BIOCHIMICO ... 126

12.5.6 ESAME DELLE URINE ... 128

12.6 FATTORI PROGNOSTICI ... 130

12.7 LIMITI ... 131

CAPITOLO 13: CONCLUSIONI ... 133

BIBLIOGRAFIA ... 135

(7)

7

RIASSUNTO ANALITICO

Anemia emolitica immuno-mediata primaria nel cane in Toscana e in Texas: studio retrospettivo sui parametri clinico-patologici con particolare riferimento ai ratio leucocitari

Background: l’anemia emolitica immunomediata (IMHA) primaria è la malattia immunoematologica più comune del cane ed è caratterizzata dalla produzione di anticorpi antieritrocitari. L’IMHA richiede un articolato percorso diagnostico e un approccio terapeutico multi-integrato. Infine, presenta un tasso di mortalità elevato soprattutto nei primi 15 giorni dall’insorgenza.

Obiettivi: questo studio retrospettivo si propone di valutare e confrontare in due gruppi di pazienti affetti da IMHA primaria le caratteristiche cliniche, cliniche-patologiche con particolare riferimento ai ratio leucocitari e i sistemi di stadiazione. Inoltre, si propone di valutare la sopravvivenza dei soggetti al momento della dimissione in relazione a una serie di parametri indicati in letteratura come fattori prognostici, inserendo tra questi per la prima volta anche i ratio leucocitari.

Materiali e metodi: sono stati inclusi 91 casi di IMHA primaria presentati tra febbraio 2010 e marzo 2018, 48 casi provenienti dall’Università di Pisa, Italia e 43 casi dalla Texas A&M University, USA. Sono state raccolte informazioni circa il segnalamento, l’anamnesi e gli esami di laboratorio che sono state comparate statisticamente.

Risultati: i due gruppi sono risultati statisticamente diversi per: sesso e condizione sessuale, nella categoria maschi interi (P = 0,0251, Chi-quadrato, 2), peso (P = 0,0143, Mann-Whitney, M-W), BCS (Body Condition Score) (P = 0,0021, 2 ), colore delle mucose, nella categoria leggermente pallide (P = 0,0423, 2), polso (P = 0,0003, M-W), Tokyo score (P = 0,0292, 2), ospedalizzazione al momento della presentazione (P < 0,0001, 2), MCV (P = 0,0024, M-W), MCHC (P = 0,0071, M-W), numero di linfociti (P = 0,0036, M-W), presenza di eosinofili (P = 0,0305, 2), numero di eosinofili (P = 0,0001, M-W), presenza di monocitosi (P = 0,0331, 2), NLR (Neutrophil to

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Lymphocyte Ratio) (P < 0,0001, M-W), NER (Neutrophil to Eosinophil Ratio) (P <0,0001, M-W), LMR (Lymphocyte to Monocyte Ratio) (P < 0,0001, M-W), PLR (Platelet to Lymphocyte Ratio) (P < 0,0001, M-W), presenza di sferociti (P = 0,0275, 2), PT (Prothrombin Time) (P = 0,0001, 2), presenza di emolisi (P = 0,0001, 2), proteine totali (P = 0,0095, M-W), globuline (P < 0,0001, 2), AGR (Albumin to Globulin Ratio) (P = 0,0129, M-W), calcio totale (P = 0,0083, M-W), fosfati (P = 0,0006, 2), creatinina (P = 0,0138, 2), alanina aminoransferasi (P = 0,0421, 2), metodo di prelievo delle urine (P = 0,0001, 2), proteinuria (P = 0,0225, 2), bilirubinuria (P = 0,0245, 2), presenza di sangue (P = 0,0007, 2) e di cellule squamose (P = 0,0125, 2). Sulla base della regressione logistica i parametri età, temperatura, emolisi, sferocitosi, PT, aPTT (activated Partial Thromboplastin Time), fibrinogeno, proteine totali, albumina, bilirubina totale e fosfatasi alcalina sono risultati correlati positivamente con l’outcome di non sopravvivenza alla dimissione. Invece i parametri IR (indice reticolocitario), presenza di left shift, numero di piastrine, urea e creatinina sono risultati correlati positivamente con l’outcome di sopravvivenza alla dimissione.

Conclusioni: le razze pure sono risultate le più rappresentate in entrambi i gruppi; sesso, condizione sessuale e peso, seppur significativi, hanno rappresentato fattori di confondimento, data la disomogeneità dei due gruppi. Dai risultati ottenuti è stato evidenziato come i soggetti del gruppo “Texas” presentassero condizioni cliniche e clinico-patologiche più gravi e quindi una maggiore percentuale di soggetti ospedalizzati al momento della prima visita.

Infine i ratio leucocitari sono risultati utili come marker infiammatori anche per l’IMHA, ma non come fattori prognostici, e potrebbero influenzare l’approccio terapeutico iniziale per questa patologia.

Parole chiave: IMHA, cane, studio retrospettivo, dati clinico-patologici, ratio leucocitari

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9

ABSTRACT

Primary immune-mediated hemolytic anemia in dogs in Tuscany and Texas: a retrospective study on clinical-pathological parameters focusing on leukocyte ratios

Introduction: primary immune-mediated hemolytic anemia (IMHA) is the most common type of immune-hematological disease in dogs and it is characterized by the production of anti-RBC antibodies. IMHA requires a detailed diagnostic pathway as well as a complex therapeutic approach. Unfortunately, IMHA presents a high mortality rate, especially within the first 15 days from the onset.

Objectives: this retrospective study aims to evaluate and compare the clinical, clinico-pathological features in two groups of patients with primary IMHA, focusing on leukocyte ratios and staging systems. Moreover, the study evaluates the survival at the time of discharge in relation to a series of parameters reported in the literature as prognostic factors, including for the first time the leukocyte ratios.

Materials and methods: 91 cases of primary IMHA were included between February 2010 and March 2018, 48 cases from the University of Pisa, Italy and 43 cases from Texas A&M University, USA. Informations have been collected about signalment, medical history and laboratory assays and statistically compared.

Results: the two groups were statistically different for: sex and sexual condition, in the category whole males (P = 0.0251, Chi-Square, 2), weight (P = 0.0143, Mann-Whitney, M-W), BCS (Body Condition Score) (P = 0.0021, 2), mucous membranes color, in the category slightly pale (P = 0.0423, 2), pulse (P = 0.0003, M-W), Tokyo score (P = 0.0292, 2), hospitalization at the time of presentation (P < 0.0001, 2), MCV (P = 0.0024, M-W), MCHC (P = 0.0071, M-W), number of lymphocytes (P = 0.0036, M-W), presence of eosinophils (P = 0.0305, 2), number of eosinophils (P = 0.0001, M-W), presence of monocytosis (P = 0.0331, 2), NLR (Neutrophil to Lymphocyte Ratio) (P < 0.0001, M-W), NER (Neutrophil to Eosinophil Ratio) (P < 0.0001, M-W), LMR ( Lymphocyte to Monocyte Ratio) (P < 0.0001, M-W), PLR (Platelet to Lymphocyte

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Ratio) (P < 0.0001, M-W), presence of spherocytes (P = 0.0275, 2), PT (Prothrombin Time) (P = 0.0001, 2), presence of hemolysis (P = 0.0001, 2), total proteins (P = 0.0095, M-W), globulins (P < 0.0001 , 2), AGR (Albumin to Globulin Ratio) (P = 0.0129, M-W), total calcium (P = 0.0083, M-W), phosphates (P = 0.0006, 2), creatinine (P = 0.0138, 2), alanine aminotransferase (P = 0.0421, 2), urine method of collection (P = 0.0001, 2), proteinuria (P = 0.0225, 2), bilirubinuria (P = 0.0245, 2), presence of blood (P = 0.0007, 2) and squamous cells (P = 0.0125, 2). On the basis of logistic regression the parameters age, temperature, hemolysis, spherocytosis, PT, aPTT (activated Partial Thromboplastin Time), fibrinogen, total proteins, albumin, total bilirubin and alkaline phosphatase were positively correlated with the outcome of non-survival at discharge. Instead, the parameters IR (Reticolocytic Index), the presence of left shift, number of platelets, urea and creatinine were positively correlated with the outcome of survival at discharge.

Conclusions: pure breeds were the most represented in both groups; sex, sexual condition and weight, although significant, have represented factors of confounding, given the inhomogeneity of the two groups. The results showed that patients included in the group "Texas" presented more serious clinical and clinico-pathological conditions and therefore a higher percentage of patients hospitalized at the time of first visit. Finally, the leukocyte ratios were useful as inflammatory markers for IMHA, but not as prognostic factors, and could influence the initial therapeutic approach for this disease.

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INTRODUZIONE

L’anemia viene definita come un disordine dove il conteggio dei globuli rossi (RBC), il valore dell’ematocrito (Hct) e/o dell’emoglobina (Hgb) sono diminuiti rispetto ai valori di riferimento. L’anemia è un reperto clinico, non è una diagnosi, ma un sintomo di malattia ed è quindi necessario caratterizzarla attraverso esami di laboratorio al fine di poterne determinare il tipo e ricercarne la causa. La classificazione più diffusa divide le anemie secondo gli indici eritrocitari (macrocitica, normocitica o microcitica ed ipercromica, normocromica o ipocromica) della risposta eritropoietica midollare (rigenerativa o non rigenerativa) e del meccanismo eziopatogenetico scatenante. Sulla base di quest’ultimo possiamo individuare anemie da perdita ematica, anemie da aumentata distruzione e anemie da diminuita produzione; l’anemia da emorragia e quella da emolisi sono solitamente rigenerative, mentre l’anemia da diminuita produzione midollare è non rigenerativa. L’anemia dovuta a fenomeni emolitici è un riscontro piuttosto frequente nei piccoli animali. In base all’età di insorgenza, inoltre, essa può essere classifica come congenita o acquisita. Nella maggior parte dei casi si tratta di un’emolisi extravascolare acquisita. Tra le molteplici cause di un’accelerata distruzione degli eritrociti possiamo evidenziare le infezioni batteriche (ad es.

Clostridium spp., Leptospira spp.), le infezioni protozoarie (ad es. Babesia spp., Anaplasma spp.), gli agenti chimici e tossici (ad es. paracetamolo, veleno di serpente,

cipolle, rame, zinco, piombo, piante velenose), i danni meccanici come le alterazioni microangiopatiche e la sindrome della vena cava, i disordini metabolici (ad es. ipofosfatemia, carenza di piruvato chinasi) e la distruzione mediata da anticorpi (anemia emolitica immunomediata1).

L’anemia emolitica immunomediata (IMHA) rappresenta la causa più comune di anemia emolitica nel cane2. Essa può essere primaria (autoimmune, idiopatica) o secondaria quando la produzione di anticorpi è innescata da infezioni, neoplasie, farmaci, veleni o vaccini. La maggior parte degli studi suggerisce che la forma primaria sia più comune della secondaria, sebbene la frequenza con cui quest’ultima viene identificata dipenda dalla completezza della valutazione diagnostica, considerando che la diagnosi di IMHA primaria si raggiunge escludendo le cause secondarie2. Nonostante i numerosi studi condotti, l’IMHA del cane rappresenta, ancora oggi, una patologia difficile da diagnosticare e da trattare, caratterizzata da un elevato tasso di mortalità (intorno al 50%), soprattutto nelle prime due settimane dall’insorgenza3-7. I segni clinici

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al momento della presentazione sono generalmente legati all’anemia, ma altri processi fisiopatologici, come la concomitante malattia tromboembolica, contribuiscono notevolmente alla morbilità ed alla mortalità della malattia8,9.

Nella parte generale del presente studio sono descritte le caratteristiche eziopatogenetiche, cliniche, clinico-patologiche, diagnostiche e terapeutiche dell’IMHA, riportate nella letteratura scientifica veterinaria, facendo talvolta cenni alla letteratura umana come strumento di confronto. Inoltre questo studio descrive anche i cosiddetti Ratio Leucocitari; essi sono il neutrophil to lymphocyte ratio (NLR), il neutrophil to eosinophil ratio (NER), il lymphocyte to monocyte ratio (LMR) e infine, il platelet to lymphocyte ratio (PLR). Questi ratio nascono dall’esigenza di ridurre l’impatto delle fluttuazioni delle variabili dei parametri leucocitari, al fine di fornire un’informazione e interpretazione più compiuta del leucogramma. Il loro uso è limitato in medicina umana e ancor più in medicina veterinaria, sebbene si stiano dimostrando utili come marker predittivi di alcune patologie, soprattutto di carattere neoplastico. Nella parte sperimentale, invece, è articolato uno studio retrospettivo condotto su due gruppi di cani, provenienti dall’Ospedale Didattico Veterinario (ODV) dell’Università di Pisa e dallo “Small Animal Hospital” della Texas A&M University di College Station (TAMU). Il presente studio si è proposto di confrontare i due gruppi in relazione a segnalamento, alterazioni cliniche e clinico-patologiche, sistemi di stadiazione della patologia, valore dei ratio leucocitari sopra citati. Infine si è proposto di correlare la sopravvivenza al momento della dimissione ad una serie di fattori prognostici quali segni e sintomi clinici, valori clinico-patologici e ratio.

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CAPITOLO 1

DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

1.1 DEFINIZIONE DI IMHA

L’anemia emolitica immmunomediata (IMHA) è una sindrome clinica caratterizzata dalla distruzione anticorpo-mediata di globuli rossi; rappresenta la causa più comune di anemia severa nel cane9, nonché la causa principale di anemia di tipo rigenerativo10. L’IMHA scaturisce quando gli eritrociti (o i precursori eritroidi nel midollo osseo, e in questo caso si parla di precursor-targeted immune-mediated anemia o PIMA) sono distrutti attraverso un meccanismo di ipersensibilità di tipo II, in seguito al legame di immunoglobuline alla membrana cellulare. Questo legame può attivare la via classica del sistema del complemento e portare alla deposizione dei componenti del complemento stesso sulla superficie eritrocitaria: se ciò comporta la formazione di canali transmembrana l’eritrocita va incontro a lisi osmotica (emolisi intravascolare); nella maggior parte dei casi però le immunoglobuline di superficie e il complemento interagiscono con frammenti Fc e recettori del complemento espressi da cellule fagocitiche, con conseguente danneggiamento o rimozione dell’eritrocita all’interno di milza e fegato (emolisi extravascolare11).

1.2 CLASSIFICAZIONE

Si riconosce una IMHA primaria ove non esiste un processo secondario evidente, ed una IMHA secondaria dove la produzione anticorpale è scatenata dall’esposizione di antigeni non-self, che hanno modificato o sono associati con la normale membrana degli eritrociti10.

Se la risposta anticorpale è rivolta contro i precursori eritroidi nel midollo osseo (Precursor-targeted Iimmune-mediated Anemia, PIMA) possiamo aspettarci la comparsa di un’anemia di tipo non rigenerativo, a cui ci si riferirà quindi con il termine di IMHA non rigenerativa (NRIMHA12). Bisogna differenziare questo tipo di anemia non rigenerativa, dove l’assenza di reticolocitosi persiste oltre il 5° giorno, da un’IMHA pre-acuta, dove l’anemia può essere non rigenerativa in quanto una sostanziale risposta

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reticolocitaria richiede un tempo medio di 3-4 giorni dall’onset della malattia per avviarsi13.

L’IMHA primaria, detta anche idiopatica, è la vera anemia emolitica autoimmune (AIHA), in quanto solo in questo caso gli anticorpi sono da considerarsi veri e propri auto-anticorpi, con specificità per antigeni self della membrana eritrocitaria; pertanto i termini IMHA e AIHA non dovrebbero essere intercambiabili11.

Nel cane, numerosi studi attestano che l’IMHA primaria sia più comune della secondaria, ma bisogna tener presente che la diagnosi di IMHA primaria si raggiunge escludendo le cause secondarie, perciò la frequenza con cui questa viene identificata dipende dall’estensione della valutazione diagnostica2. Quindi la preponderanza della patologia primaria riflette probabilmente un'incapacità nell’identificare la causa di fondo, piuttosto che una reale elevata incidenza di emolisi autoimmune14. Distinguere tra una IMHA primaria e secondaria è di fondamentale importanza per il trattamento e la prognosi7,14,15. L’IMHA primaria richiede in genere una terapia immunosoppressiva aggressiva, mentre l’IMHA secondaria risponde bene anche ad una immunosoppressione meno aggressiva, una volta identificata ed eliminata la causa sottostante; al contrario, se la causa non viene trattata, la terapia immunosoppressiva può addirittura aggravare il quadro della patologia secondaria. Quindi la mancata identificazione della causa scatenante può contribuire all’elevato tasso di mortalità che caratterizza l’IMHA canina14.

Come detto in precedenza la risposta immunitaria può avere come bersaglio i precursori eritroidi nel midollo osseo; l’esame del midollo osseo diventa quindi un elemento essenziale del piano diagnostico per quei soggetti che non mostrano reticolocitosi dopo 5 giorni. Stokol et al. distinguono la situazione in cui l’eritropoiesi è compromessa ma i precursori eritroidi sono presenti (IMHA non rigenerativa, NRIMHA) da quella in cui vi è una reale assenza di eritropoiesi (aplasia eritroide pura acquisita, PRCA16). Nella NRIMHA, la linea eritroide può essere caratterizzata sia da iperplasia che da arresto di maturazione in un specifico punto dello sviluppo17,18. I cani colpiti da PRCA possono essere Coombs negativi se l'anticorpo diretto verso i precursori midollari non cross-reagisce con gli antigeni espressi dagli eritrociti maturi. In uno studio retrospettivo volto ad indagare l’IMHA non rigenerativa nel cane, il test di Coombs è risultato positivo nel 57% dei casi ed il 23% di questi pazienti è risultato positivo anche al test ANA (anticorpi antinucleo16). Non esiste un test diagnostico per il rilevamento degli anticorpi o del complemento associati ai precursori, anche se nel siero di questi cani è stata

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dimostrata la presenza di anticorpi in grado di inibire l’eritropoiesi in vitro19. Inoltre, nei

cani con PRCA sono state descritte una serie di patologie del midollo osseo, ad indicare che il danno ematopoietico coinvolga anche alterazioni in aggiunta all’inibizione dell’eritropoiesi mediata da anticorpi. Le alterazioni che sono state riportate includono la dismielopoiesi, la mielofibrosi, l’edema interstiziale, l’emorragia, l’infiammazione acuta, la sindrome emofagocitica, l’aggregazione linfoide e l’iperplasia delle plasmacellule. Questi cambiamenti sono stati più spesso riscontrati nel midollo di animali con NRIMHA caratterizzata da iperplasia eritroide, rispetto a quelli con NRIMHA caratterizzata da arresto della maturazione o con PRCA. Il primo sottogruppo di cani ha presentato anche un tempo di sopravvivenza inferiore rispetto agli altri due sottogruppi20.

1.2.1 CAUSE DI IMHA SECONDARIA

L’IMHA secondaria può essere causata da numerosi processi sottostanti, che comprendono14: patologie infettive (Erlichiosi, Babesioisi, Leptospirosi, Dirofilariosi,

Histoplasmosi, infezioni da Anaplasma phagocytophilum21 e Haemobartonella canis,

nel gatto spesso associata a FeLV10), patologie neoplastiche (tra cui linfosarcoma22, emangiosarcoma, leucemia linfocitica, carcinoma gastrico e polmonare, sarcoma diffuso), assunzione di farmaci (sulfamidici potenziati23,24, penicilline, cefalosporine25, levamisolo, fenilbutazone, dipirone, clorpromazina) e recente somministrazione di vaccini (entro un mese26).

Evidenze suggeriscono che le infezioni possano causare patologie immunomediate per mezzo di numerosi meccanismi. L’attivazione di cellule immunitarie che indirizzano la loro azione contro antigeni self può verificarsi a causa del coinvolgimento di recettori dell’immunità innata (Pattern Recognition Receptors, PPRs) da parte di batteri o di profili molecolari associati ai patogeni (Pathogen-Associated Molecular Patterns, PAMPs) di natura virale. Un altro meccanismo può essere rappresentato dal mimetismo molecolare (molecular mimicry), dove un antigene di natura patogena condivide sequenze o somiglianze strutturali con antigeni self. Ancora, la modificazione di un antigene self tale da risultare come estraneo può comportare l’attivazione del sistema immunitario. Esempio: il sistema immune può adeguatamente indirizzare la sua azione contro l’antigene Babesia su un eritrocita, distruggendo o danneggiando la cellula in

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quanto “innocent bystander”. Inoltre, anticorpi che attaccano specificatamente antigeni eritrocitari possono svilupparsi in cani infetti da Babesia, molto probabilmente attraverso l’esposizione o modificazione di tali antigeni durante il processo infettivo. Perciò oltre a causare una patologia immuno-mediata tramite un danno non specifico, Babesia sembra indurre lo sviluppo di un vero e proprio processo autoimmune. Per quanto concerne le patologie neoplastiche è stato visto che in medicina umana il linfoma sembra esprimere il “costimulatory signal B7” e agire come antigen presenting cell (APC). Sorprendentemente i tumori possono anche supportare la differenziazione di cellule T naive. Ad esempio AIHA e ITP (trombocitopenia immunomediata) sono comuni complicazioni in corso di leucemia linfocitica cronica (LLC). Evidenze suggeriscono anche che cellule leucemiche neoplastiche possano agire come APCs di antigeni eritrocitari e indurre AIHA. Mutazioni, upregulation di proteine fetali, sintesi di proteine che sono normalmente sequestrate, e necrosi mediata da tumore e danno cellulare possono risultare nell’espressione e/o alterazione di antigeni self, suscettibili per questo ad un attacco autoimmune27,28.

Un’altra causa di IMHA secondaria sembra essere riconosciuta nei processi infiammatori: pancreatite, infiammazione sistemica piogranulomatosa e LES sembrano essere associati a IMHA nel cane, anche se il meccanismo di innesco è tuttora sconosciuto28. Uno studio di Zoia A. e Drigo M. del 2017 mette in evidenza l’associazione statisticamente significativa tra IMHA e pancreatite in tre gatti che al momento della presentazione erano stati diagnosticati con entrambe le patologie. Non è stato possibile identificare quale delle due condizioni fosse la causa e quale l’effetto, anche se concordemente con un’abbondante letteratura la pancreatite sembra essere considerata prevalentemente come una complicazione in corso di IMHA29.

Uno studio di Noble, S. J. e Armstrong P. J. del 1999 riporta l’insorgenza di IMHA in due cani in seguito a una puntura di ape30; tuttavia, dal momento che il veleno d'ape contiene emolisine, può essere difficile distinguere la distruzione mediata da anticorpi dall’emolisi diretta causata dalla tossina14.

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CAPITOLO 2

EZIOPATOGENESI

I fattori che stanno alla base dello sviluppo di una vera e propria risposta autoimmune sono complessi e tuttora non del tutto compresi. A grandi linee, l'espressione di qualsiasi malattia autoimmune richiede che una combinazione di fattori predisponenti consenta lo sviluppo di una alterazione immunologica, la quale si traduce poi nella malattia autoimmune osservata. Queste alterazioni immunologiche sono state sperimentalmente indagate utilizzando modelli murini di AIHA. L’AIHA può essere indotta in particolari ceppi di topi immunizzati con i globuli rossi di ratti31 o che sono transgenici per alta espressione di IL-432 o per espressione di un autoanticorpo diretto contro gli eritrociti33. Dopo aver eliminato il gene responsabile della produzione di IL-2 in alcuni topi, si è osservato lo sviluppo di una sindrome linfoproliferativa con autoimmunità multiorgano, inclusa un’anemia emolitica positiva al test di Coombs34. I

topi di razza New Zealand Black (NZB) sviluppano spontaneamente malattie autoimmuni, tra cui l’AIHA e una malattia LES-simile. L’AIHA è mediata dai linfociti Th1 CD4+ attivati inizialmente nei topi molto giovani, prima della comparsa degli autoanticorpi e dell’anemia35. Inoltre, si è osservato lo sviluppo di un’anemia emolitica Coombs-positiva, in un ceppo di topi diabetici non obesi, successivamente alla distruzione autoimmune delle cellule beta pancreatiche mediata dalle cellule T36.

2.1 EZIOLOGIA DEGLI ANTICORPI ANTI-ERITROCITI

L'eziologia della maggior parte degli anticorpi anti-eritrociti non è ancora del tutto compresa. L'associazione tra IMHA e altre malattie autoimmuni, lascia presupporre che giochi un ruolo piuttosto importante la generalizzata disfunzione del sistema immunitario. In uguale misura, il rapporto tra AIHA e malattie linfoproliferative ed altre neoplasie, suggerisce una mancanza della sorveglianza immunitaria. Infatti, questo complesso sistema ha molti punti di controllo, deputati al mantenimento di un’omeostasi tra la tolleranza degli auto-antigeni e la necessità di rispondere appropriatamente a quelli estranei. L’alterazione di uno di questi processi può rappresentare una potenziale causa di malattia autoimmune37.

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I meccanismi di tolleranza centrale consistono nella eliminazione dei linfociti B e T autoreattivi durante lo sviluppo. Ciò nonostante, persistono cellule T e B sfuggite a tali meccanismi anche negli individui normali, consentendo una possibile reazione agli auto-antigeni. Esistono perciò diversi meccanismi di tolleranza periferica, atti ad impedire l’attivazione di queste cellule e/o a tenerle sotto controllo nel caso fossero già funzionanti28. L'attivazione dei linfociti autoreattivi è generalmente considerata il risultato del fallimento della regolazione naturale (ovvero della soppressione) di tali cellule. Tra questi meccanismi ricordiamo: la soppressione centrale a livello di timo e midollo osseo durante lo sviluppo delle cellule T e B autoreattive; la soppressione periferica delle cellule T autoreattive al momento dell’esposizione del peptide auto antigenico al di fuori del timo; l’induzione di anergia da esposizione all’autoantigene in assenza di liberazione di segnali di costimolazione; l’ignoranza immunologica dovuta alla mancata presentazione dell’autoantigene alle popolazione autoreattive; la soppressione attiva da parte di linfociti regolatori. Queste cellule, definite CD4+ “Treg”, sono state identificate nel cane38 e, dato che servono a mantenere sotto controllo le risposte immunitarie dirette verso i tessuti propri dell’organismo, è probabile che la loro inefficienza giochi un ruolo importante nell’autoimmunità canina11. Anche le cellule dendritiche giocano un ruolo molto importante all’interno del mantenimento della tolleranza periferica, presentando ai linfociti T CD4+ il complesso MHC-II/Ag. Questo permette, in presenza di un segnale di costimolazione, la differenziazione nei vari sottotipi di linfociti T helper. Le cellule dendritiche non esprimono questo segnale di costimolazione, a meno che non siano attivate da particolari eventi scatenanti, come il riconoscimento di PAMPs, come LPS batterici ed RNA virali, da parte dei PRRs. In assenza di tali segnali la cellula T resta anergica o va incontro ad apoptosi; perciò l’impegno del recettore dei linfociti T (TCR) in assenza di un segnale di costimolazione è un importante meccanismo di tolleranza periferica. Anche alcune citochine, come la IL-12, sono responsabili della proliferazione e della differenziazione delle cellule T, modulando risposte immunitarie diverse. Le cellule Th-1 promuovono la risposta cellulo-mediata, le Th-2 la risposta anticorpale e le Th-17 reclutano i neutrofili, con lo scopo di combattere i batteri extracellulari. L’attivazione di determinati sottotipi di linfociti T sembra sia associata allo sviluppo di malattie immuno-mediate: ecco come le cellule dendritiche possono influenzare la tolleranza ed essere quindi importanti nei meccanismi coinvolti nell’autoimmunità28.

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Tuttavia, esistono anche processi autoimmuni meno generalizzati. Per esempio, una malattia autoimmune può derivare dalla risposta ad un antigene estraneo, se questo mostra un'omologia sufficiente con un autoantigene (mimetismo molecolare). Un'altra fonte teorica di autoanticorpi è un clone di cellule B maligne, ma gli autoanticorpi diretti verso i globuli rossi sono generalmente policlonali. Infine, sulla base di studi effettuati su altre malattie autoimmuni, sia umane che veterinarie, sembra che la produzione di autoanticorpi anti-eritrociti sia legata anche a fattori genetici ed ambientali37.

Anche un'infezione microbica può rivestire un ruolo nella patogenesi delle malattie autoimmuni, rompendo quella che è la tolleranza immunologica di un individuo sano11. Uno studio, infatti, ha dimostrato una transitoria AIHA in topi infettati con il virus della coriomeningite linfocitaria, in presenza di veri autoanticorpi diretti contro gli eritrociti, e non di anticorpi che reagiscono contro un epitopo comune al virus ed agli eritrociti39. L’autoimmunità sembra essere causata dalla presenza di peptidi di derivazione virale simili a quelli eritrocitari (fenomeno del mimetismo molecolare). Questi ultimi, fisiologicamente, non vengono presentati dalle cellule presentanti l'antigene, e quindi i linfociti T autoreattivi sono mantenuti in uno stato di “ignoranza immunologica11”. Una risposta immunitaria diretta contro il determinante che è condiviso dall’ospite e dal virus può evocare una risposta immunitaria che è presumibilmente in grado di causare la distruzione cellulare e tissutale. Il probabile meccanismo è la generazione di linfociti citotossici cross-reattivi o di anticorpi che riconoscono determinanti specifici sulle cellule bersaglio. L'induzione della cross-reattività non richiede la presenza di un agente replicante, e il danno immunomediato può anche essere successivo alla rimozione dell’agente immunogeno; l'infezione virale o batterica che avvia il fenomeno autoimmune potrebbe quindi non essere presente nel momento in cui si sviluppa la malattia27,40,41.

Gli autoanticorpi dell’IMHA canina sono eterogenei per classe e specificità. Questo avvalora l’ipotesi che esistano molti meccanismi ad innescare la patologia. Si riscontrano autoanticorpi di classe IgG, in particolare IgG1 e IgG4, e classe IgM42. Quantità significative di IgA possono essere associate alla membrana eritrocitaria, sebbene questo sia di dubbia importanza11. Gli anticorpi di classe IgG, sono stati separati dalla superficie eritrocitaria del paziente, marcati con la biotina, ed incubati con eritrociti di cani sani, con la tecnica di immunoprecipitazione, ed è stato possibile dimostrarne, in questo modo, la specificità43,44. Il bersaglio di questi autoanticorpi sono

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svariati componenti eritrocitari: glicoforine, proteine integrali di membrana della banda 3, la spettrina (proteina del citoscheletro43,45,46). La proteina di membrana banda 3 è stata identificata sia nell’ AIHA di cani che in umana, e rappresenta il bersaglio della risposta autoimmune anche in alcuni modelli di malattia nei topi da esperimento35,39.

Altri studi hanno inoltre identificato, in cani con IMHA, una reattività nei confronti della calpaina, del componente C3 del complemento e della perossiredossina 2, sebbene non sia ancora chiaro se queste proteine abbiano un ruolo nell’induzione dell’autoimmunità o se gli anticorpi contro di esse si sviluppino in seguito47. Nei cani con AIHA è stata inoltre esaminata la reattività delle cellule T. Come altre specie, cani clinicamente normali presentano linfociti autoreattivi che possono essere indotti a proliferare in vitro quando stimolati con antigeni derivati dagli eritrociti. Tali cellule hanno un maggior grado di reattività quando sono ottenute da cani guariti dall’AIHA (linfociti memoria) o da cani normali che sono strettamente correlati ai casi di AIHA48. Quest'ultima osservazione suggerisce un meccanismo immunologico per la suscettibilità genetica all’AIHA nei cani. È importante investigare ulteriormente la specificità di tali risposte autoimmuni, in quanto ciò potrebbe costituire la base per lo sviluppo di nuovi agenti immunoterapeutici nei prossimi anni11.

2.2 FISIOPATOLOGIA DELL’EMOLISI

In condizioni normali, dopo il rilascio dal midollo, i globuli rossi circolano nel sistema vascolare migliaia di volte prima di essere rimossi, distrutti e riciclati da parte del sistema monocito-macrofagico. La durata di vita degli eritrociti del cane è di circa 100-115 giorni, dopodiché i globuli rossi vecchi vengono rimossi dalla circolazione49. Il danno ossidativo, in particolare verso la fine della loro vita, sembra essere responsabile del normale invecchiamento degli eritrociti e della loro conseguente rimozione50. La normale via di rimozione dei globuli rossi è la distruzione intracellulare da parte delle cellule del sistema monocito-macrofagico di midollo osseo, milza, fegato e linfonodi; negli stati emolitici, però, la milza può diventare quantitativamente più importante del midollo. La distruzione intravascolare dei globuli rossi, in condizioni normali, avviene con un tasso molto basso, come risultato dei traumi meccanici che avvengono nei piccoli vasi. In alcuni casi di accelerata emolisi con fissazione del complemento, i

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globuli rossi vengono distrutti mediante lisi intravascolare con tassi molto più elevati della norma, fenomeno che esita in emoglobinemia ed emoglobinuria51.

L’anemia da emolisi, quindi, si sviluppa quando il tasso di distruzione degli eritrociti, extravascolare e/o intravascolare, supera quello della loro produzione da parte del midollo osseo. Dal momento che i prodotti del catabolismo dell’emoglobina sono prontamente riutilizzati, l'anemia da emolisi è tipicamente intensamente responsiva (rigenerativa), e quindi caratterizzata da reticolocitosi ed incremento del Volume Corpuscolare Medio (MCV51). La durata di vita degli eritrociti ricoperti da anticorpi normalmente si riduce da circa 120 giorni a meno di 10 giorni52.

2.2.1 EMOLISI INTRAVASCOLARE

Nell’uomo, l’emolisi intravascolare è riscontrata in meno del 20% dei pazienti con

AIHA53. Nelle gravi reazioni immunitarie, un gran numero di anticorpi si attacca alla

membrana eritrocitaria, attivando la cascata del complemento. Il complesso di attacco alla membrana, che origina dall’attivazione della cascata del complemento, provoca danni diretti alla membrana cellulare, mediante la formazione di canali transmembrana che causano l’afflusso del fluido extracellulare all’interno del globulo rosso e la conseguente lisi

osmotica della cellula, con rilascio di emoglobina libera in circolo11,14. Poiché le IgM sono

migliori delle IgG nel fissare il complemento, l’emolisi intravascolare è più probabile che si

verifichi nell’AIHA IgM-mediata54; tuttavia esistono anche emolisine di classe IgG53. La

deposizione del componente terminale C5b-9 sugli eritrociti dei pazienti con AIHA è stata dimostrata utilizzando un metodo a radioisotopi. La lisi indotta dal complemento è il metodo più efficace per la distruzione dei globuli rossi e provoca una grave anemia. Per fortuna rappresenta un evento raro, in quanto la temperatura ottimale di attività delle emolisine risulta ben al di sotto di 37°C. L’emolisi non è mai completa perché esistono inibitori che operano a diversi livelli della cascata del complemento. Nei pazienti con AIHA l'inibizione avviene a livello del C3. Gli eritrociti ricoperti dal C3b possono poi essere

distrutti in sede extravascolare dalle cellule del sistema reticoloendoteliale53. Nei pazienti

con AIHA è stata dimostrata anche una diminuzione delle proteine regolatrici del complemento (che proteggono le cellule dell’ospite dalla distruzione mediata dal

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23 2.2.2 EMOLISI EXTRAVASCOLARE

L’efficacia delle interazioni eritrociti-fagociti dipende da diversi fattori, tra cui la classe e sottoclasse delle immunoglobuline, il numero di molecole anticorpali legate a ciascun eritrocita, il range termico dell'anticorpo, la capacità dell'anticorpo di attivare il complemento, la quantità di IgG libere nell'ambiente circostante e probabilmente l'attività dei macrofagi dell'individuo. Nella maggior parte dei pazienti, gli eritrociti sono rivestiti da autoanticorpi IgG non fissanti il complemento, che inducono la distruzione dei globuli rossi mediante l’attacco della porzione Fc della molecola IgG a specifici siti recettoriali presenti sulla superficie del macrofago. Questa adesione provoca danni a carico della membrana eritrocitaria mediante ADCC (citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente) ed eritrofagocitosi. Resta ancora da stabilire se il meccanismo principale di distruzione degli eritrociti sia l'ADCC o la fagocitosi, benché entrambi siano in grado di causare una notevole emolisi in vivo. La quantità di anticorpo legato alla cellula sembra essere importante: è stato dimostrato che l’entità della fagocitosi è inversamente proporzionale al grado di sensibilizzazione; a bassi livelli di sensibilizzazione la fagocitosi diventa più importante dell’ADCC, e ciò accade a livelli molto più bassi per le lgG4 che per le lgG1. L'adesione ai macrofagi può anche determinare una fagocitazione parziale degli eritrociti: la porzione non fagocitata diventa un rigido sferocita, che viene prematuramente distrutto nella milza. In vivo, i macrofagi splenici e le cellule di Kupffer epatiche rappresentano i principali effettori della distruzione dei globuli rossi, quando i monociti circolanti sembrano invece rivestire solo un ruolo minore. Mentre gli eritrociti rivestiti da IgG sono solitamente distrutti nella milza, quelli ricoperti da solo C3b vengono distrutti (mediante fagocitosi e attraverso la produzione di sferociti) principalmente nel fegato53.

Così come nell’uomo, anche nel cane l’emolisi extravascolare è più comune di quella intravascolare e tipicamente si tratta di un processo meno acuto, spesso caratterizzato da sferocitosi e iperbilirubinemia2. Dato che l'emoglobina eritrocitaria entra nella via metabolica della bilirubina anziché riversarsi nella circolazione, nell'emolisi extravascolare non si riscontrano emoglobinemia ed emoglobinuria14.

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CAPITOLO 3

RILIEVI CLINICI E CLINICO-PATOLOGICI

3.1 SEGNALAMENTO E PREDISPOSIZIONE

Sono stati identificati svariati fattori predisponenti allo sviluppo di AIHA nel cane. Sembra esserci una forte influenza genetica, considerando la maggiore prevalenza della malattia in alcune determinate razze, come Bobtail, Cocker Spaniel, Border Collie, Barboncino, Springer Spaniel inglese, Setter irlandese, Schnauzer nano. Inoltre, all'interno della razza, è stata osservata una prevalenza maggiore in particolari linee di sangue.3,4,6,9,15,56-62 I cani più colpiti sembrano essere i Cocker Spaniel Americani, in quanto rappresentano circa un terzo dei cani affetti da IMHA54. Inoltre, alcune razze sensibili possono anche presentare una predisposizione per più di una malattia immunomediata59,61,63. Alcuni studi hanno inoltre evidenziato associazioni con allotipi e aplotipi di geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), maggiormente nel Cocker e Springer Spaniel inglese: in particolare alcuni aplotipi MHC aumentano la sensibilità all’IMHA, mentre altri sembrano conferire protezione64. In uno studio, sembra sia stata osservata una riduzione della suscettibilità all’IMHA, in cani Cocker Spaniel che esprimono il gruppo sanguigno DEA756.

Molti studi hanno rilevato una predisposizione nelle femmine e nei soggetti sterilizzati, anche se non è stato effettivamente dimostrato3,4,6,9,56,58,62,65,66 e sembra che lo stress del parto e l'estro giochino un ruolo nell’innesco della malattia67. I maschi interi sono meno

rappresentati e alcuni studi lasciano ipotizzare una possibile protezione da parte dagli androgeni nei confronti della malattia51.

L’età media di insorgenza della malattia è di circa 6 anni3,4,26,62,68, tuttavia è stata riscontrata in cani di qualsiasi età. La maggior parte degli studi descrivono l’esordio dopo il primo anno3,4,9,14,62 , ma uno studio ha riscontrato la malattia anche in 8 cuccioli su un totale di 222 cani69.

Alcuni studi hanno evidenziato una maggiore incidenza della malattia durante i mesi caldi,62,70 mentre altri non hanno notato alcuna associazione con la stagione4,71, perciò al momento le osservazioni sono contrastanti.

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L’elevata temperatura ambientale, il maggiore rischio di disidratazione o distress respiratorio nei mesi più caldi, la presenza di potenziali agenti infettivi, le zecche maggiormente attive nella stagione estiva e la tempistica delle vaccinazioni, possono essere fattori che inducono a pensare quanto possa incidere la stagionalità11,26,72.

3.2 REPERTI ANAMNESTICI

Un’anamnesi accurata e precisa è raccomandata al fine di individuare possibili cause di emolisi, come le malattie trasmesse da zecche o l’esposizione a tossine/farmaci28. I segni clinici non differiscono nell’IMHA primaria e secondaria. Solitamente predominano i segni clinici di ipossia tissutale dovuti ad una anemia grave, anche se possono essere osservati segni associati ai prodotti dell’eccessiva emolisi (bilirubina o emoglobina libera) e al processo infiammatorio ed immunomediato generalizzato. Se l'insorgenza dell’anemia è lenta, i segni clinici possono essere minimi fino a quando l'anemia non diventa grave14.

Esistono due principali manifestazioni cliniche dell’IMHA canina: una forma con esordio acuto ed una con esordio cronico. La manifestazione clinica con esordio cronico (giorni o settimane) è quella più comunemente riconosciuta ed è caratterizzata da segni riferibili all’anemia, all’eritrofagocitosi e all’attività immunologica: debolezza, letargia, intolleranza all'esercizio, anoressia, febbre, pallore delle mucose, tachipnea, tachicardia, epato-splenomegalia, linfoadenomegalia. L’esordio acuto (1-2 giorni) è meno comunemente riscontrato ed è associato a grave emolisi intravascolare con ittero, emoglobinemia ed emoglobinuria, piressia e vomito11. Il paziente può perciò essere presentato alla visita sia per una crisi emolitica acuta sia, più comunemente, a causa di una prolungata storia di sintomi (da giorni o settimane).

I reperti anamnestici spesso includono collasso, debolezza, intolleranza all'esercizio, letargia, anoressia, tachipnea, dispnea, vomito e diarrea e, occasionalmente, poliuria e polidipsia. In alcuni pazienti anemici, i segni clinici sono minimi a riposo ma peggiorano con lo stress o con l’esercizio fisico14. La maggior parte degli autori, comunque, descrivono come sintomi più comuni la debolezza, l’anoressia e la letargia7; questi appaiono nell’80-95% dei casi, ma hanno ben poco valore diagnostico essendo altamente aspecifici. La revisione di Piek del 2011 ha riassunto l'incidenza dei vari segni clinici riscontrati alla presentazione in sei studi condotti su casi di AIHA canina73.

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In tre di questi sei studi, una percentuale di cani pari all’1-5% presentava anche petecchie, probabilmente dovute ad una concomitante trombocitopenia immunomediata4,7,69. La voce “organomegalia” si riferisce ad una organomegalia addominale craniale (riferibile a fegato e/o milza) riscontrata durante l’esame fisico73. Si può inoltre evidenziare che i segni aspecifici, come la letargia e la perdita di appetito, si verificano nella maggior parte dei cani e sono accompagnati da vomito e diarrea nel 15-30% dei casi7,65,79. I segni più specifici di emolisi sono rappresentati dal colore giallo-arancio delle feci e da quello rossastro delle urine3,4,7,65,69.

3.3 ESAME FISICO

L'esame fisico mette in evidenza i segni clinici causati dall’anemia, dall’emolisi e/o dal processo infiammatorio immunomediato. L’anemia può determinare tachicardia, tachipnea, polso rapido, mucose pallide e un soffio sistolico3,4. Le mucose pallide, in particolare, sono evidenziate nel 98% dei pazienti7. Le alterazioni cardiovascolari quali

la tachicardia, il ritmo di galoppo S3 e il soffio sistolico sono reperti comuni nei pazienti anemici. In particolare, il soffio sistolico di II o III grado, causato dalla turbolenza ematica associata all’anemia, è frequentemente riscontrato in animali con ematocrito inferiore al 15-20%14.

L’emolisi, invece, si evidenzia frequentemente all’esame obiettivo come ittero, notato a livello mucosale (con bilirubina sierica > 2-3 mg/dl) e poi sulla cute con concentrazioni di bilirubina sierica maggiori14.

Il processo immunomediato e l’infiammazione, si rendono evidenti con la febbre74, riscontrata nel 46% dei cani7,69, con epato-splenomegalia, riscontrata nel 40% dei casi3,4,7,62 e con la linfoadenopatia, più comune nella forma cronica della malattia6,11,62. Circa il 50-70% dei cani con IMHA presenta una concomitante trombocitopenia immunomediata (sindrome di Evans9,58,62,71) . Inoltre, la trombocitopenia, in corso di IMHA, può essere anche dovuta al consumo piastrinico da CID. Se la trombocitopenia è grave si rende manifesta con petecchie, ecchimosi e melena. Le petecchie sono evidenziate nel 2-5% dei casi di IMHA4,7.

Inoltre, possono essere identificati segni sistemici legati alla presenza di immuno-complessi, tra cui poliartriti e glomerulonefriti14.

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Infine, alcuni cani affetti da IMHA possono manifestare dispnea a causa dell’insorgenza di tromboembolismo polmonare8,75, il quale rappresenta la più comune complicazione di questa malattia.

3.4 PROFILO EMATOLOGICO

Il profilo ematologico di un paziente affetto da IMHA è caratterizzato tipicamente da un’anemia moderata/grave, macrocitica ipocromica, rigenerativa, con la presenza di sferocitosi ed autoagglutinazione6,7,11,14,62,73,76,77. Altri riscontri frequenti all’esame dello

striscio ematico sono i policromatofili (equivalenti ai reticolociti, caratterizzati invece con la colorazione nuovo blu di metilene), i globuli rossi nucleati e l’anisocitosi11 , a confermare il carattere rigenerativo dell’anemia.

Per quanto riguarda la gravità dell’anemia, Piek nel 2011 ha svolto uno studio su un totale di 614 cani, ed ha osservato un ematocrito con un valore medio del 14,8%, un valore mediano del 12-14,5% ed un range del 4-32%73 . Uno studio ha riscontrato che l’88% dei cani affetti da IMHA presentava un ematocrito inferiore al 20%75 . Con un valore inferiore al 10% l’ossigenazione dei tessuti risulta gravemente compromessa78 e il paziente può necessitare di una trasfusione di sangue73.

Un recente studio ha riferito che l’anemia emolitica nasce come normocitica normocromica, in uno stato pre-rigenerativo e solo dopo, diventa macrocitica ipocromica, quando il numero dei reticolociti diventa rilevante79. Inoltre, un’anemia rigenerativa può presentare un numero di macrociti tale da aumentare il valore MCV ma non abbastanza ipocromia da ridurre il valore MCHC (Concentrazione Emoglobinica Corpuscolare Media) al di sotto del range, mostrandosi quindi come un’anemia macrocitica normocromica76 .

È stata dimostrata in due terzi dei pazienti, al momento della prima visita, una rigenerazione eritrocitaria da lieve a marcata6,7,62,77. L’assenza della rigenerazione al

momento della presentazione, riscontrata nell’altro terzo dei pazienti, può essere legata all’insorgenza acuta della malattia oppure alla presenza di anticorpi diretti contro i precursori eritroidi nel midollo osseo54.

La sferocitosi è la principale alterazione morfologica riscontrata all’esame dello striscio ematico, osservata nel 89-95% dei cani affetti da IMHA6,9,58. Gli sferociti, appaiono

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pallore centrale. Originano dal processo di eritrofagocitosi extravascolare, dove i macrofagi ne determinano una parziale perdita della membrana cellulare14. La presenza di sferociti è fortemente indicativa di IMHA7,14, soprattutto quando accompagnata da autoagglutinazione11. La sferocitosi può anche essere identificata mediante il test di

fragilità osmotica: la superficie degli eritrociti è ridotta in relazione al loro volume e gli impedisce di dilatarsi prima di raggiungere il punto di rottura80.

Per quanto riguarda l’autoagglutinazione, a volte è sufficiente solo ruotare la provetta per osservarla, oppure è necessario mettere una goccia di sangue su un vetrino e identificarla al microscopio ottico. L’autoagglutinazione può avvenire solo a 4°C, quindi il sangue deve essere refrigerato prima di poterla valutare. La vera autoagglutinazione mediata da anticorpi, può essere distinta dalla formazione di rouleaux (impilamento non immunomediato di globuli rossi) aggiungendo alla goccia di sangue una determinata quantità di soluzione salina: il rouleaux scompare e l’agglutinazione persiste. Il rapporto tra la soluzione salina e gli eritrociti da utilizzare differisce tra i vari protocolli da 1:1 fino a 10:1154,81. È raccomandato un accurato

lavaggio degli eritrociti con la soluzione salina per essere certi che l’autoagglutinazione non sia artefattuale. L’agglutinazione può anche essere visualizzata macroscopicamente su un vetrino, ma è consigliato confermare l'assenza di aggregati mediante l’esame microscopico. L’assenza degli aggregati eritrocitari in soluzione salina non esclude l’IMHA, poiché i ripetuti lavaggi degli eritrociti possono rompere gli aggregati eritrocitari81. La sua persistenza sembra inoltre essere correlata ad una elevata gravità

della malattia e ad un alto tasso di mortalità14,66.

Un risultato positivo a questo test è stato riscontrato nel 40-89% dei cani con IMHA da numerosi studi4,6,9,58 e spesso si afferma che questo fornisca la prova definitiva a favore dell’IMHA ed escluda la necessità di un test di Coombs; tuttavia il test di Coombs può fornire preziose informazioni supplementari e quindi, ove possibile, dovrebbe essere eseguito11.

Nel leucogramma dei cani affetti da IMHA è frequente riscontrare una marcata leucocitosi neutrofilica con shift a sinistra (risposta leucemoide14,11,73,82,83), causata da diversi fattori: l’aumentato rilascio di neutrofili da parte del midollo osseo durante la risposta rigenerativa, l’iperplasia mieloide stimolata da citochine pro-infiammatorie, la demarginazione dei neutrofili e la loro ridotta migrazione nei tessuti ipoperfusi14,11,84.

Nel 2001, uno studio ha identificato nella leucocitosi un campanello di allarme per una potenziale necrosi tissutale secondaria all'ipossia anemica84, confermato da un altro

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studio dove essa è stata riconosciuta come indicatore prognostico negativo, senza aver valutato il valore del left shift3. Molti cani presentano anche monocitosi1,15,85,86. Una percentuale minore di cani mostra una conta leucocitaria normale o raramente leucopenia7.

Inoltre, il 67-85% dei pazienti affetti da IMHA mostra trombocitopenia4,7,9,58,62 e nel 20% circa la conta piastrinica è addirittura inferiore a 50000/µl73 . Questa alterazione, nei cani affetti da IMHA, può svilupparsi in seguito a diversi fenomeni: una coagulopatia da consumo (CID), concomitante distruzione immunomediata delle piastrine (sindrome di Evans), sequestro splenico delle piastrine o una ridotta produzione delle piastrine (immunomediata o da tossicità ai chemioterapici6).

La presenza di CID è supportata dal riscontro di una bassa concentrazione di fibrinogeno nel 20% dei cani, ma soprattutto dalla presenza di aumentate concentrazioni di D-dimero, FDP e di una diminuita attività antitrombinica7,9. Uno studio ha

riscontrato, al contrario, un aumento della concentrazione di fibrinogeno nel 30-90% dei casi, probabilmente perchè il fibrinogeno è una proteina della fase acuta positiva dell’infiammazione73.

La sindrome di Evans (cioè la patologia immunomediata che coinvolge sia gli RBC che le PLT) si verifica nel 20-45% dei casi di IMHA nel cane7,15. Essa sembra avere una prognosi peggiore rispetto alle singole malattie immuno-mediate che la compongono7,15,58,87, o prognosi simile88.

3.5 PROFILO COAGULATIVO

I cani con IMHA possono presentare tutta una serie di anomalie emostatiche, tra cui PT e aPTT prolungati, FDP e D-dimero aumentati e attività antitrombinica ridotta9,58, così come un'attivazione delle piastrine circolanti, valutata mediante aumento dell'espressione della P-selectina di membrana71. Il tempo di protrombina risulta aumentato nel 50% dei casi e il tempo di tromboplastina parziale attivata nel 50-60% dei casi4,7,9,58. L’IMHA predispone gli animali all’ipercoagulabilità e di conseguenza allo sviluppo di CID, perciò i tempi di coagulazione dovrebbero essere valutati in tutti i pazienti con sospetta IMHA9. La riduzione della conta piastrinica causata della sindrome di Evans può essere difficile da differenziare dalla trombocitopenia causata da una iniziale CID, ma i tempi di coagulazione possono aiutare a differenziare le due

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condizioni: una trombocitopenia combinata a PT e aPTT prolungati e positività di D-dimero o FDP suggerisce la presenza di una dissoluzione di coaguli, come può accadere nella CID e nel tromboembolismo polmonare14.

Per quanto riguarda la concentrazione ematica del fibrinogeno, come precedentemente accennato, i cani con IMHA possono presentare ipofibrinogenemia (da consumo), normofibrinogenemia, o iperfibrinogenemia (da infiammazione acuta). Lo studio di Piek et al. del 2008 ha riportato un 18% di cani con ipofibrinogenemia, un 48% di cani con normofibrinogenemia ed un 34% di cani con iperfibrinogenemia7.

3.6 PROFILO BIOCHIMICO ED ESAME DELLE URINE

Nei pazienti affetti da IMHA è possibile riscontrare, innanzitutto, un incremento della concentrazione della proteina C reattiva (PCR o CRP, C-reactive protein89,90). Un recente studio ha osservato una concentrazione sierica di PCR notevolmente più elevata nei cani con IMHA rispetto ai cani sani. La concentrazione di PCR non differiva tra i vari pazienti in base alla sopravvivenza, ma potrebbe comunque rappresentare un buon marker per il monitoraggio a lungo termine di questi pazienti89.

Un’altra alterazione evidenziata comunemente è l'iperbilirubinemia6,7,51,91, di origine pre-epatica o epatobiliare. La prima è causata dall'aumentata emolisi e quindi dall’aumentata velocità di degradazione dell'emoglobina con un eccessivo accumulo di bilirubina non coniugata nel sangue. L’accumulo avviene quando la bilirubina prodotta dalla distruzione degli eritrociti supera la capacità del fegato di metabolizzarla, perciò può non essere evidente nelle forme lievi o croniche di IMHA. L’iperbilirubinemia di origine epatocellulare, invece, è secondaria all’ipossia, al potenziale tromboembolismo e all’ischemia14. Inoltre, potrebbe esserci un difetto nella clearance epatica della bilirubina, causata dell’aumentata domanda metabolica e dalla necrosi centrolobulare ipossica, tipica delle malattie emolitiche92. Uno studio condotto su 42 cani affetti da

IMHA, ha riportato: una concentrazione media di bilirubina di 10,4 mg/dl ed un valore mediano di 2,2 mg/dl, un 14% circa di cani con livelli normali di bilirubina ma con bilirubinuria, un 10% circa di cani con emoglobinemia ed emoglobinuria62. La

bilirubinuria può rendersi evidente prima dell’iperbilirubinemia, soprattutto se di origine epatica e post-epatica86.

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Emoglobinuria ed emoglobinemia si riscontrano in caso di significativa emolisi intravascolare1,86 e sono responsabili, rispettivamente, della colorazione rossastra delle urine e del plasma. L’emoglobinemia si evidenzia, nel CBC, con un falso aumento di MCH e MCHC e, nel profilo biochimico, con iperproteinemia. Prima di causare emoglobinuria, l’emoglobina libera nel plasma deve essere in quantità tale da saturare l’aptoglobina e l’emopessina seriche da superare la capacità delle cellule tubulari renali di assorbire e metabolizzare l’emoglobina che passa il filtro glomerulare86.

L’iperproteinemia, oltre ad essere legata all’emolisi intravascolare, può anche essere dovuta all’aumentata concentrazione sierica di gamma-globuline, tipica delle infiammazioni con elevata stimolazione antigenica, e all’aumentata concentrazione delle proteine di fase acuta (ad es. siero amiloide A, proteina C-reattiva e fibrinogeno), che tipicamente avviene entro le 24-48 ore successive ai danni tissutali o all’infiammazione93.

Sia in letteratura umana che veterinaria esistono numerosi studi che hanno incluso tra i marker infiammatori l’AGR (albumin to globulin ratio), provandone l’utilità diagnostica, soprattutto in relazione a patologie neoplastiche. L’AGR è definito come il rapporto tra albumina (g/dL) e globuline (g/dL). Un AGR ridotto indica una diminuzione dell’albumina e/o un aumento delle globuline. In medicina veterinaria lo studio di L. Macfarlane del 201594 dimostra come l’AGR pretrattamento sia significativamente più basso nei casi di STS (sarcomi dei tessuti molli), rispetto ai casi di BSTT (tumori benigni dei tessuti molli), non risultando tuttavia associato al grado istologico del tumore. L’AGR è un valore prognostico più affidabile dell’albumina dal

momento che essendo un rapporto e non un valore assoluto è meno influenzabile dalle variabilità nella misurazione (ad esempio falsi aumenti o riduzione dei valori di albumina nella disidratazione o negli stati di ritenzione di fluidi, rispettivamente).

Sono stati anche descritti livelli di ALP ed ALT seriche lievemente o moderatamente alti6,58,62, che possono essere il risultato di un danno epatico ipossico o ischemico14, ma anche di un’induzione enzimatica da parte dei corticosteroidi endogeni o esogeni. Anche il riscontro di una CK elevata non è raro nei cani affetti da IMHA ed è probabilmente una conseguenza del danno ipossico a carico dei tessuti contenenti l'enzima (muscoli scheletrici, miocardio, cervello e intestino95), del danno muscolare secondario alla compromissione della perfusione, delle complicanze tromboemboliche (compresa la miopatia embolica), del posizionamento ripetuto del catetere intravenoso

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(trombosi nel catetere) e della somministrazione sottocutanea o intramuscolare dei medicamenti96.

Alcuni studi hanno riscontrato anche la presenza di ipoalbuminemia, che può essere verosimilmente spiegata con la riduzione della sintesi di albumina da parte del fegato durante il processo infiammatorio generalizzato tipico dei cani con IMHA (risposta negativa della fase acuta, con down-regulation della sintesi di albumina). Altre cause possono comunque essere la proteinuria, la perdita enterica di proteine, le perdite vascolari o l’emorragia6.

Infine, nei cani con IMHA è stata descritta l’ipokaliemia6, che potrebbe essere dovuta all’anoressia prolungata e/o alla diarrea (se presente). Tuttavia, l’ipokaliemia rappresenta l'anomalia elettrolitica più comune ed è osservata nel 20% dei pazienti umani ricoverati97, perciò rappresenta l’alterazione ematologica meno specifica in assoluto per l’IMHA.

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CAPITOLO 4

ALTERAZIONI COAGULATIVE IN CORSO DI IMHA

La più grave e comune complicazione dell’IMHA è rappresentata dal tromboembolismo, che contribuisce in maniera considerevole all’elevato tasso di mortalità tipico della malattia4,6,7,9,58,84. I principali fattori che influenzano la formazione dei trombi, descritti dalla triade di Virchow, sono l’ipercoagulabilità, i danni endoteliali e le variazioni emodinamiche (come la stasi), ciascuno dei quali può essere presente in corso di IMHA. Vari studi confermano che la maggior parte dei cani affetti da IMHA si trova in uno stato di ipercoagulabilità al momento della diagnosi9,98,99, e sembra che l’emolisi possa contribuire all’instaurarsi di questa condizione100. Il danno vascolare può verificarsi secondariamente al rilascio di citochine infiammatorie innescato dalla distruzione degli eritrociti e dall’ipossia tissutale84. La stasi ematica può essere favorita, nei pazienti ospedalizzati, dal confinamento in gabbia. Inoltre, anche il posizionamento di cateteri endovenosi sembra predisporre alla formazione di trombi101,102, perciò alcuni veterinari raccomandano di evitare il posizionamento di cateteri giugulari nei pazienti con IMHA e la pronta rimozione di tutti i cateteri endovenosi appena possibile. La tromboelastografia (TEG) è un metodo diagnostico che permette la valutazione viscoelastica della coagulazione, fornendo una rappresentazione grafica della formazione dei coaguli nel tempo98. Un recente studio retrospettivo ha riportato l'uso della TEG per identificare l’ipercoagulabilità nei cani con IMHA99. In linea con precedenti studi che hanno collegato la trombosi con un esito sfavorevole dell’IMHA, Sinnott e Otto hanno ipotizzato che i cani con IMHA siano ipercoagulativi e che i risultanti profili TEG siano associati ad una prognosi peggiore. Da questo studio è risultato, inaspettatamente, che nessuno tra i cani con indice di coagulazione normale è sopravvissuto, a suggerire che i soggetti che non erano in stato di ipercoagulabilità avevano un maggiore rischio di morte. Questo risultato appare controintuitivo. Una possibile interpretazione è che gli animali con IMHA e indici di coagulazione normali siano relativamente ipocoagulativi, e ciò è potenzialmente coerente con la presenza di una coagulopatia da consumo (CID). Quindi un profilo TEG normale in un cane con IMHA non può escludere l'esistenza di una coagulopatia98. Sulla base dei risultati di Sinnott e Otto, uno studio condotto successivamente da Goggs et al. nel 2012 ha

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