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FISICA PER TUTTI

Il futuro dell’astronomia gamma (

)

The future of gamma-ray astronomy

Patrizia A. Caraveo IASF-INAF, Milano, Italia

Riassunto. L’astronomia gamma sta vivendo un periodo eccezionalmente fecondo

grazie a strumenti in orbita e speciali telescopi a terra che producono risultati a getto continuo. Questa situazione non `e purtroppo destinata a durare per un tempo indefinito. Gli strumenti in orbita hanno gi`a oltre un decennio di attivit`a e nessuna nuova missione `e stata approvata dalle agenzie spaziali. Per contro, l’astronomia gamma da terra si avvia a raggiungere la maturit`a grazie alla costruzione del Cherenkov Telescope Array, il prossimo grande osservatorio dedicato all’astronomia gamma di altissima energia.

Abstract. High-energy gamma-ray astronomy is enjoying an exceptionally

pro-ductive period thanks to the continuous stream of results produced by space and ground instruments. However, such a lucky situation will not last forever: no new space instrument has been, so far, approved and the current gamma-ray missions have already been operating for more than a decade. While the future does not appear promising for space gamma-ray astronomy, the situation is definite-ly brighter for ground-based instruments. Indeed, very high-energy gamma-ray astrophysics will blossom owing to the Cherenkov Telescope Array, a very am-bitious project which will be a big step forward in astrophysics as well as in fundamental physics.

Nell’Universo avvengono fenomeni di inaudita potenza capaci di generare fotoni di energia pari a milioni, miliardi e persino trilioni di volte quelli della luce visibile. Sono i fotoni gamma, la radiazione pi`u energetica prodotta dagli oggetti celesti, che ci permettono di intuire cosa succede in prossimit`a delle stelle di neutroni, dei buchi neri supermassivi al centro di galassie lontane, delle esplosioni delle supernovae. Proprio perch´e cos`ı energetici, i fotoni gamma non possono essere prodotti dai processi termici che fanno brillare le stelle. Occorrono particelle accelerate (vanno bene sia protoni sia elettroni) che, interagendo con la materia circostante, oppure con campi magnetici, o

() Il testo di questo articolo `e una rielaborazione di parte del libro L’universo violento pubblicato nella serie Lezioni di Fisica del Corriere della Sera nel gennaio 2019.

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con altri fotoni, producono i raggi gamma (vedi riquadro). Bench`e un raggio gamma prodotto da un elettrone non sia diverso da quello prodotto da un protone, esaminando lo spettro delle sorgenti gamma (cio`e la distribuzione dei fotoni in funzione della loro energia) possiamo capire quali siano le particelle responsabili.

Come mostrato schematicamente nel riquadro, rivelare raggi gamma significa “ve-dere” un sottoprodotto dell’accelerazione di particelle. Tuttavia, fotoni e particelle non seguono lo stesso percorso: mentre i fotoni si propagano indisturbati, e indicano l’oggetto celeste che li ha prodotti, le particelle accelerate vengono, invece, deviate dai campi magnetici (debolissimi ma estesi su scale cosmiche) e perdono la memoria della loro sorgente. Dal punto di vista storico, l’interesse per i raggi gamma `e figlio della ricerca sui raggi cosmici, la pioggia di particelle accelerate ad altissima energia che ci piovono addosso da ogni direzione. Questi numerosissimi (ma invisibili) visitatori vennero scoperti, pi`u o meno contemporaneamente tra il 1911 e il 1912, da Victor Hess e Domenico Pacini. Entrambi volevano capire cosa facesse scaricare gli elettroscopi e procedevano su due vie parallele: Hess usava le mongolfiere per misurare la velocit`a di scarica a sempre maggiore altezza, Pacini ripeteva l’esperimento sott’acqua a diverse profondit`a. Arrivarono alle stesse conclusioni: responsabile della scarica degli elettro-scopi era un qualche tipo di radiazione proveniente dall’alto. Robert Millikan coni`o il bel nome di raggi cosmici e per decenni il loro studio fu uno dei punti focali della fisica. L’Italia ebbe un campione indiscusso in Bruno Rossi che, nel 1933, con una storica spedizione nell’Etiopia italiana, dimostr`o che i raggi cosmici sono particelle di carica positiva. Il pi`u giovane Giuseppe Occhialini, ospite di un laboratorio ingle-se, nei raggi cosmici trov`o l’anti-elettrone (che oggi chiamiamo positrone), peccato che Carl Anderson l’avesse preceduto di poco. La scoperta dei raggi cosmici verr`a premiata con il Nobel nel 1936. Il comitato riconosce il contributo di Pacini, che `e mancato due anni prima, ed assegna ad Hess met`a del premio mentre l’altra met`a va a Carl Anderson. Per molti anni, lo studio dei raggi cosmici e dei prodotti delle loro interazioni con gli atomi dell’atmosfera sono stati lo strumento migliore per scoprire lo zoo di particelle subatomiche. Quando, negli anni ’50, i fisici imparano a costruire acceleratori, i raggi cosmici tornano ad essere interessanti di per s´e, perch´e ad oggi non abbiamo ancora capito quale sia la loro origine (per un panorama storico ed una rivista delle ricerche in corso [1]).

L’astronomia gamma

Tra tutte le nuove astronomie, quella dei raggi gamma `e senza dubbio una delle pi`u ardue. I motivi sono molteplici, dovuti sia alla natura della radiazione sia al rapporto “difficile” dei fotoni gamma con l’atmosfera che, in prima approssimazione, costituisce uno schermo completamente opaco ed invalicabile, obbligandoci a mettere in orbita i nostri strumenti. L’astronomia gamma `e giovane, nata poco pi`u di mezzo secolo fa a seguito della conquista dello spazio. Si tratta di una disciplina alla quale l’Italia ha dato, e continua a dare, un importante contributo mutuato dalla tradizione di eccellenza nella fisica delle particelle.

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Riquadro. Processi per produrre raggi gamma

(a) Interazione tra un protone accelerato (dei raggi cosmici) con un protone a riposo del mezzo interstellare. Se le interazioni sono abbastanza energeti-che la fisica ci insegna energeti-che vengono prodotte, tra l’altro, particelle neutre, dette mesoni π0 che decadono quasi istantaneamente in due fotoni

gam-ma con distribuzione di energia che ha un gam-massimo intorno a 70 MeV, la met`a della massa del mesone π0. In effetti, i mesoni trasportano una

parte dell’energia del protone accelerato, quindi i raggi gamma prodotti possono avere energia molto superiore a 70 MeV. L’interazione produce anche altri tipi di mesoni che, decadendo, producono neutrini. Questo `e il legame indissolubile tra fotoni gamma e neutrini di alta energia. (b) Quando un elettrone accelerato attraversa un campo magnetico, la sua

traiettoria viene deviata. Questo costringe l’elettrone ad emettere un fo-tone corrispondente all’energia persa nel processo. Questo meccanismo di frenamento magnetico `e molto comune in radioastronomia perch´e produce fotoni radio quando l’elettrone accelerato interagisce con campi magnetici “normali”. Per produrre raggi gamma occorrono campi magnetici straor-dinariamente forti, come quelli delle stelle di neutroni, residui di esplosioni di supernova che sono dei fantastici laboratori di fisica estrema.

(c) Quando un elettrone accelerato passa abbastanza vicino ad un protone del mezzo interstellare, la sua traiettoria viene deviata dal campo elettrico del protone. Questo cambiamento di direzione si traduce in un frenamento dell’elettrone che perde energia producendo un fotone. Il processo `e noto come bremsstrahlung (appunto radiazione di frenamento).

(d) A seguito dell’interazione tra un elettrone accelerato ed un fotone ber-saglio (tipicamente della luce stellare), quest’ultimo pu`o acquisire parte dell’energia dell’elettrone e fare un salto energetico diventando un raggio gamma.

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Fig. 1. – Rappresentazione schematica dello spettro elettromagnetico.

Lo stretto legame tra astronomia gamma e fisica delle particelle deriva dalla doppia personalit`a dei fotoni gamma che, sebbene abbiano la stessa natura delle radiazioni ad altre frequenze dello spettro elettromagnetico, tendono ad essere considerati come delle particelle, caratterizzate dalla loro energia espressa in elettron-volt (1 eV = 1,6· 10−12erg). Dal momento che fotoni gamma non possono essere riflessi, la superficie di raccolta dei “telescopi gamma” coincide con la superficie dei rivelatori che sono versioni miniaturizzate di quelli sviluppati per la fisica degli acceleratori. A rendere il tutto ancora pi`u difficile, dobbiamo considerare il numero esiguo dei fotoni gamma che devono sempre competere con i ben pi`u numerosi raggi cosmici.

Se guardiamo la raffigurazione dello spettro elettromagnetico in fig. 1, ci rendiamo conto che l’intervallo coperto dal dominio gamma `e veramente enorme.

Un fotone gamma di 100 keV (1 keV = 103eV) `e associato ad una radiazione di lunghezza d’onda 1,24· 10−11m e di frequenza 2,41· 1019Hz. Fino a 10 MeV

(1 MeV = 106eV) si parla di raggi gamma di bassa energia. Pi`u in l`a, diciamo al di sopra di 100 MeV fino a decine di GeV (1 GeV = 109eV), si parla di raggi gamma di

alta energia. Se consideriamo energie ancora pi`u alte, superiori a 100 GeV, parliamo di astronomia gamma di altissima energia che si spinge fino ai TeV (1012eV) ed ai

PeV (1015eV).

Il cielo dei raggi gamma di alta energia

Attualmente, la parte pi`u sviluppata dell’astronomia gamma `e quella delle alte energie (cio`e quella che copre l’intervallo da 100 MeV a 100 GeV) che ha potuto contare su diverse generazioni di satelliti di successo.

Ha iniziato la missione NASA SAS-2, attiva tra il 1972-73 [2], poi `e venuta la missione ESA COS-B, attiva tra il 1975 e il 1982 [3], la missione NASA EGRET,

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Fig. 2. – mappa del cielo gamma prodotta dal satellite Fermi per energie superiori a 1 GeV.

attiva dal 1990 al 2000 [4] ed ora sono in orbita operative la missione Italiana AGI-LE, lanciata nell’aprile del 2007 [5] e la missione NASA Fermi, lanciata nel giugno 2008 [6], che conta un significativo contributo italiano. In effetti, stiamo vivendo un momento storico straordinariamente fortunato: grazie ai satelliti AGILE e Fermi, che spazzolano instancabilmente il cielo da oltre 10 anni, disponiamo di straordinarie mappe di tutto il cielo fino ad energie di diverse decine di GeV (1 GeV = 109eV)

costruite nel corso del tempo posizionando i fotoni rivelati uno ad uno dai tracciatori che costituiscono il cuore delle missioni.

In fig. 2 vediamo una mappa in coordinate galattiche, cio`e costruita in modo che il piano della galassia occupi la parte centrale. Come per ogni altra mappa celeste, noi non ci siamo perch´e stiamo rappresentando il cielo dal nostro punto di vista. Nell’immagine spicca prepotentemente il piano della nostra galassia che produce la maggiore quantit`a dei fotoni catturati dagli strumenti. Si tratta di raggi gamma prodotti a seguito dell’interazione dei raggi cosmici (protoni ed elettroni) con il mezzo interstellare [7]. I protoni accelerati colpiscono i protoni a riposo che incontrano sulla loro strada (per lo pi`u quando attraversano le nubi interstellari) e producono fotoni gamma mentre gli elettroni accelerati possono contribuire attraverso due diversi canali: l’interazione con la luce interstellare con trasferimento di energia ai fotoni ottici per trasformarli in fotoni gamma, oppure il frenamento da parte del campo elettrico in un nucleo di idrogeno del mezzo interstellare. Dal momento che sia il mezzo interstellare sia la luce interstellare sono diffusi, l’emissione gamma prodotta dalla doccia dei raggi cosmici `e “diffusa”. Sovrapposte a questa emissione, vediamo centinaia e centinaia di puntini: sono le sorgenti gamma celesti.

L’ultimo censimento costruito a partire dai dati della missione Fermi contiene circa 3000 sorgenti [8], 10 volte di pi`u del catalogo costruito al termine della missione EGRET.

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Ad ogni buon conto, il conteggio delle sorgenti gamma non `e definitivo perch´e si tratta di un numero destinato a crescere insieme alla durata di vita operativa della missione. Per il prossimo catalogo ci aspettiamo di arrivare a 5000 sorgenti. Per ogni sorgente, oltre alla posizione ed al flusso totale, vengono fornite indicazioni sulla forma spettrale e sulla eventuale variabilit`a.

Sono queste le informazioni che vengono usate per cercare di capire la natura delle sorgenti rivelate da Fermi. Bench´e si siano fatti significativi sforzi per migliorare il posizionamento delle sorgenti e ridurre al minimo le dimensioni delle regioni d’errore associate a ciascuna di esse, l’incertezza `e comunque tale da impedire una identifi-cazione delle sorgenti solo sulla base della coincidenza posizionale con altri oggetti celesti.

Per parlare di identificazione, oltre alla coincidenza spaziale, occorre anche in-formazione temporale quale pulsazione, per le stelle di neutroni, variabilit`a orbitale, per le sorgenti binarie, e variabilit`a correlata ad altre lunghezze d’onda, per i nu-clei galattici attivi. Alternativamente, nel caso di sorgenti non puntiformi, `e pos-sibile sfruttare l’informazione sull’estensione per identificare le sorgenti gamma con altre sorgenti estese presenti nella regione interessata. `E il caso dei resti di super-nova, delle Pulsar Wind Nebulae e della radio galassia Centauro A (che presenta in gamma un’estensione compatibile con i lobi radio) oppure della grande nube di Magellano.

Tra le oltre 3000 sorgenti gamma, la famiglia di oggetti celesti numericamente pi`u numerosa `e quella delle galassia attive, che `e responsabile per pi`u della met`a delle sorgenti [9], seguita dalle stelle di neutroni pulsanti che, con oltre 200 rappresentanti, sono la classe pi`u importante di sorgenti all’interno della nostra galassia [10], seguita da una dozzina di resti di supernovae [11], una decina di pulsar wind nebulae (strutture che circondano stelle di neutroni rotanti che cedono loro energia), una manciata di novae [12], 3 sorgenti binarie (dove una stella normale orbita insieme ad una stella di neutroni o a un buco nero) e cos`ı via.

Alla fine, rimangono quasi 1000 sorgenti per la quali non si `e trovata alcuna associazione plausibile: sono le sorgenti non identificate che rappresentano del 33% dell’intero catalogo e sono un enorme spazio di scoperta.

Il futuro da costruire

Il momento d’oro dell’astrofisica delle alte energie `e adesso, ma non sappiamo dire cosa ci riserva il futuro. Tutti gli strumenti che utilizziamo, pur funzionando benissimo, hanno superato la vita operativa per la quale erano stati progettati. Certo, sono stati proposti molti strumenti per continuare il lavoro in astronomia gamma dallo spazio ma nessuno di questi `e stato ancora selezionato (per esempio, [13] per la descrizione del progetto e-ASTROGAM). Ovviamente, i gruppi proponenti non demordono e si ripresenteranno alla prossima occasione, tuttavia la comunit`a del mondo delle alte energie `e palpabilmente preoccupata.

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Giovanni F. Bignami, Nanni per tutti quelli che lo hanno conosciuto, da sem-pre entusiastico sostenitore dei telescopi gamma nello spazio in un’intervista fatta al CERN nel novembre 2012, in occasione delle celebrazioni per i 100 anni dalla scoper-ta dei raggi cosmici, ammette che l’astronomia gamma dallo spazio sembra scontrarsi contro un muro di poco interesse da parte delle agenzie di tutto il mondo (https:// videos.cern.ch/record/1542887). Pur facendo fatica a capacitarsi della cosa, Nan-ni dice chiaramente che occorre cambiare registro potenziando l’astronomia gamma da terra, quella fatta con i telescopi Cherenkov. Parlando come Presidente dell’Istitu-to Nazionale di Astrofisica spiega che `e venuto il momento di investire nel pi`u grande progetto di astronomia gamma da terra: il Cherenkov Telescope Array (CTA).

Per capire il significato di questa affermazione bisogna riconsiderare il rapporto difficile tra i fotoni gamma e l’atmosfera che da ostacolo invalicabile si pu`o trasformare in un enorme rivelatore.

Infatti, i fotoni con energia al di sopra di un centinaio di GeV, una volta penetrati nell’atmosfera, interagiscono con gli atomi che trovano sul loro cammino e producono una cascata di particelle secondarie molte delle quali si muovono a velocit`a superiore a quella della luce nell’aria (anche se la loro velocit`a rimane sempre minore di quella della luce nel vuoto). Nel 1934, il fisico russo Pavel Cherenkov not`o che questo fenomeno produce una brevissima luminescenza bluastra, concettualmente simile al boato sonico che accompagna il superamento della velocit`a del suono: `e quella che chiamiamo luce Cherenkov. Ovviamente i nostri occhi non possono vedere i lampi di luce bluastra prodotti dai raggi gamma celesti poich´e si tratta di fenomeni brevissimi (durano pochi miliardesimi di secondo) e molto deboli (meno di un decimillesimo del fondo del cielo notturno). Occorrono grandi telescopi e strumenti straordinariamente veloci e sensibili. Ci sono voluti decenni per superare la fase pionieristica, `e stato necessario capire che i telescopi lavorano meglio se sono “in compagnia”, cio`e se diversi telescopi registrano l’immagine dello stesso lampo di luce Cherenkov fornendone una visione stereoscopica, come illustrato in fig. 3.

Questo accorgimento permette di ricostruire la direzione di arrivo del fotone con maggiore accuratezza, migliorando la qualit`a e la “chiarezza” delle immagi-ni del cielo gamma come appare nell’intervallo di energia tra 100 GeV a 100 TeV (1 TeV = 1012eV), cio`e ad energie decisamente molto pi`u elevate di quelle dei fotoni

usati per costruire la mappa del cielo gamma che abbiamo descritto sopra.

Grazie a questi sforzi, oggi sono operativi diversi osservatori dedicati allo studio dei fotoni gamma di alta energia in diverse regioni della terra; l’Italia partecipa al telesco-pio MAGIC alle Canarie, mostrato nella fig. 4 (https://magic.mpp.mpg.de/), men-tre in Namibia opera il telescopio HESS (https://www.mpi-hd.mpg.de/hfm/HESS/) e in Arizona c’`e VERITAS (https://veritas.sao.arizona.edu/).

I telescopi gamma da terra non sono strumenti che coprono tutto il cielo, come Fermi e Agile, ma devono essere puntati verso una determinata sorgente celeste. Cos`ı, nel corso degli anni, `e stato compilato un catalogo di sorgenti gamma di altissima energia che comprende meno di 200 sorgenti (http://tevcat.uchicago.edu/). Una situazione che richiama alla memoria l’astronomia gamma da satellite di una ventina di anni fa, quando il catalogo EGRET non arrivava a 300 sorgenti.

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Fig. 3. – Schema di un osservatorio Cherenkov composto da 4 telescopi per fornire la visione stereo-scopica della luce emessa dalle particelle secondarie prodotte dall’interazione del fotone gamma con l’atmosfera.

Fig. 4. – I due telescopi che compongono lo strumento MAGIC alle Canarie (per gentile concessione di L. Angelo Antonelli).

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Fig. 5. – Mappa delle sorgenti gamma di altissima energia rivelate da MAGIC, HESS e Veritas.

Nella fig. 5 `e riportata la mappa celeste (sempre in coordinate galattiche) del-le sorgenti gamma di altissima energia. Si distinguono bene del-le sorgenti galattiche allineate lungo il piano della galassia e quelle extragalattiche sparse per tutto il cie-lo. Le sorgenti galattiche sono collegate a pulsar energetiche che, in alcuni casi, si vedono pulsare, mentre, pi`u spesso, si rivelano “di riflesso” grazie alle Pulsar Wind Nebulae (PWN) alle quali cedono energia, resti di supernovae, sorgenti binarie che contengono stelle di neutroni, mentre le sorgenti extragalattiche sono galassie attive di vario tipo. Le sorgenti rappresentate con un cerchietto grigio sono quelle senza una identificazione.

Ammaestrati dal salto di qualit`a fatto con i satelliti di nuova generazione (AGILE e Fermi) che ci hanno permesso di passare da meno di 300 sorgenti gamma a pi`u di 3000, adesso vogliamo costruire un grande osservatorio Cherenkov capace di aumentare di un fattore 10 il numero delle sorgenti di altissima energia.

In effetti, il Cherenkov Telescope Array (CTA) `e lo sviluppo naturale dei telescopi Cherenkov gi`a operativi, costruisce su quanto si `e imparato e pensa in grande [14]. Considerando che la generazione di strumenti Cherenkov attuale utilizza fino a 5 telescopi, `e stato chiaro da subito che per fare un salto di qualit`a di almeno un fattore 10 occorreva aumentare in modo molto significativo il numero dei telescopi.

L’Osservatorio CTA sar`a composto da oltre 100 telescopi divisi in due siti osser-vativi, uno nell’emisfero nord e uno nell’emisfero sud, in modo da coprire tutta la volta celeste. Ogni osservatorio avr`a telescopi di diverso tipo, ottimizzati per rivelare fotoni di diversa energia (https://www.cta-observatory.org/project/).

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relativa-Fig. 6. – Schema del sito Sud del Cherenkov Telescope Array che sar`a costruito nel deserto di Atacama sul terreno di propriet`a dello European Southern Observatory (ESO).

mente ristretto di luce abbastanza flebile e, per poterli rivelare, occorrono telescopi molto grandi posti vicini gli uni agli altri. Per contro, i fotoni pi`u energetici, de-cisamente meno numerosi, producono un lampo pi`u brillante che copre un’area pi`u estesa e possono essere studiati da telescopi pi`u piccoli. Per massimizzare la probabi-lit`a di intercettare i segnali dei fotoni pi`u energetici, i piccoli telescopi devono essere numerosi e sparsi su un’area molto pi`u grande. Per questo, al centro della schiera che immaginiamo per CTA ci saranno alcuni grandi telescopi (diametro 23 m), questi saranno circondati da una dozzina di telescopi medi (diametro 12 m). In pi`u, l’os-servatorio nell’emisfero sud avr`a molte decine di piccoli telescopi (diametro di 4 m) sparpagliati a coprire una vasta area, come illustrato nella fig. 6. Questa configura-zione a schiera di telescopi ha delle implicazioni sulla scelta dei siti dove costruire gli osservatori. Oltre ad offrire molte notti serene e di buona qualit`a astronomica, at-mosfera secca e poco vento, i siti, a quota di circa 2000 m, devono offrire una grande superficie pianeggiante ed avere, se possibile, le infrastrutture richieste dalla gestione di un cos`ı gran numero di strumenti.

Il sito pi`u grande sar`a quello Sud che ospiter`a i tre tipi di telescopi disposti su un’area di diversi km2. `E una scelta guidata dalla volta celeste perch´e dall’emisfero

Sud si vede bene il centro della nostra Galassia e buona parte del piano dove sappiamo che si concentrano i resti delle esplosioni di supernova che accelerano raggi cosmici e brillano nei raggi gamma di altissima energia, quelli che richiedono l’utilizzo di tanti telescopi piccoli.

Il sito Nord, invece, privileger`a lo studio del cielo extragalattico, le galassie attive capaci di stupirci con subitanee emissioni violentemente variabili. Da questi oggetti

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non ci aspettiamo fotoni di altissima energia (che, durante il lungo tragitto intergalat-tico, hanno un’alta probabilit`a di avere uno scontro fatale con i fotoni che compongono la radiazione cosmica di fondo) e quindi il sito Nord avr`a solo telescopi grandi e medi. La scelta dei siti non `e stata facile e ha richiesto anni di lavoro sul campo e sui tavoli della diplomazia scientifica. Per il sito Nord si erano fatti avanti Messico, Arizona e la Spagna con le Canarie mentre per il sud concorrevano Namibia, Cile e Argentina. La presenza di grandi strutture osservative sia alle Canarie che in Cile, alla fine, ha fatto cadere la scelta su questi siti ben collaudati e gi`a forniti di infrastrutture. Parallelamente alla scelta dei siti ed alla costruzione dei prototipi dei diversi tipi di telescopi, `e stato anche necessario fare nascere la struttura organizzativa che dovr`a gestire i due siti osservativi che formeranno il CTA Observatory. Si tratta di un passo importante perch´e sar`a responsabilit`a di questa struttura assicurare che qualunque scienziato delle nazioni che contribuiscono a CTA possa chiedere (e sperabilmente ottenere) tempo di osservazione, indipendentemente dal fatto che partecipi oppure no al progetto. `E una filosofia mutuata dagli osservatori ottici o dai telescopi in orbita che non `e mai stata adottata dai telescopi Cherenkov attualmente in funzione che sono sempre stati una sorta di propriet`a privata del gruppo di scienziati che aveva partecipato alla costruzione.

CTA sar`a uno dei pilastri dell’astronomia del futuro e l’Europa l’ha inserito nella lista delle sue grandi infrastrutture scientifiche. La comunit`a italiana ha dimostrato, da subito, grande interesse al progetto che `e cresciuto grazie al supporto del MIUR e del MISE, con fondi dedicati allo sviluppo tecnologico noti con l’etichetta di “Astro-nomia Industriale”. In effetti, la felice combinazione tra l’interesse della comunit`a e la disponibilit`a di finanziamenti ha permesso all’Istituto Nazionale di Astrofisica di avere un ruolo importante tra gli “azionisti” scientifici di CTA. Per questo, quando `e stata aperta la gara per scegliere la sede del quartier generale dell’Osservatorio CTA, non abbiamo esitato a farci avanti proponendo una struttura INAF all’interno del nuovo campus di Bologna dove saranno concentrate esperienze in tutti i campi del-l’astronomia, dell’astrofisica e della gestione di osservatori astronomici. Non eravamo gli unici a voler ospitare il quartier generale di CTA ma la nostra squadra ha lavorato benissimo e, alla fine, la decisione `e stata presa all’unanimit`a: il quartier generale del nuovo Osservatorio `e a Bologna a portata di voce di due istituti INAF, del diparti-mento di Fisica e Astronomia dell’Universit`a di Bologna e dell’area della ricerca del CNR. Un ambiente perfetto dove l’Osservatorio CTA sta crescendo grazie all’arrivo di personale scientifico e tecnico di tutte le nazionalit`a perch´e il progetto ha respiro globale.

Il contributo di INAF a CTA

INAF si `e proposto come leader nella costruzione dei piccoli telescopi (SST per Small Size Telescope) per i quali ha sviluppato un concetto innovativo che utilizza due specchi, invece di uno solo come fanno tutti i telescopi Cherenkov attualmente in funzione (https://www.cta-observatory.org/project/technology/sst/). La

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Fig. 7. – il telescopio ASTRI a Serra la Nave, nel parco dell’Etna.

presenza dello specchio secondario rende pi`u compatto il telescopio e riduce la dimen-sione dell’immagine sul piano focale permettendo di utilizzare rivelatori di piccole dimensioni, leggeri e di basso consumo, ma dal grande campo di vista, un bonus fondamentale in astronomia perch´e significa poter osservare contemporaneamente pi`u sorgenti. Grazie a questi accorgimenti, il rivelatore nel piano focale del progetto INAF pesa poche decine di kg, una bella differenza rispetto alle tonnellate dei rivelatori attualmente in uso, e ha un campo di vista di 10 gradi quadrati.

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sito osservativo dell’Osservatorio INAF di Catania a Serra la Nave con un finan-ziamento del MIUR, nell’ambito del progetto bandiera ASTRI (http://www.brera. inaf.it/∼astri/wordpress/).

Se volete seguire 9 mesi di frenetico lavoro concentrati in tre minuti, cercate il video time lapse di SST su youtube (https://www.youtube.com/watch?v=lDfWUdxFQjo) e vedrete crescere il telescopio fino al momento dell’inaugurazione, avvenuta il 24 settembre 2014, durante uno dei meeting periodici della collaborazione CTA organiz-zato, non a caso, proprio nei dintorni di Catania. Centinaia di scienziati e visitatori sono convenuti a Serra la Nave sotto un cielo grigio che non prometteva niente di buono. Per fortuna, il tempo ha tenuto permettendo lo svolgimento della cerimonia dell’inaugurazione con pochi, brevi discorsi e molte foto (fig. 7). Dopo tutto, con il suo specchio segmentato del diametro di 4 m, ASTRI `e il telescopio pi`u grande sul territorio italiano e, dipinto di rosso fiammante, `e decisamente fotogenico. Dopo il brindisi, il telescopio ha “danzato” per dimostrare la sua velocit`a di movimento. A quel punto, una violenta grandinata ha imbiancato l’Etna, creando un paesaggio sur-reale e mettendo subito alla prova gli specchi nuovi di zecca. In fondo, era anche per quello che avevamo deciso di installare il prototipo nell’osservatorio INAF all’inter-no del parco dell’Etna, per provare fiall’inter-no in fondo la capacit`a di resistenza di tutti i sottosistemi a condizioni climatiche non sempre favorevoli. Il test `e particolarmen-te duro per gli specchi che devono essere leggeri e relativamenparticolarmen-te poco costosi, pur assicurando la qualit`a ottica richiesta e la capacit`a di operare per anni all’aperto in ambienti desertici caratterizzati da notevoli sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte, accompagnati da occasionali nevicate o gelate notturne.

Sfruttando l’esperienza accumulata negli anni, l’INAF Osservatorio di Brera ha messo a punto una tecnica particolarmente promettente per la costruzione degli spec-chi. Si parte da una sottile lastra di vetro della forma desiderata (nel nostro caso sono esagoni) che viene incurvata e “messa in forma” per diventare un tassello della superficie concava di un grande specchio. Il vetro viene irrigidito con una struttu-ra a nido d’ape di alluminio dietro alla quale viene applicata un’altstruttu-ra laststruttu-ra di vetro sottile, in modo da formare un sandwich leggero ma molto robusto. La superficie della prima lastra di vetro viene ricoperta da uno strato riflettente. Un delicato processo di incollaggio sigilla i bordi del tassello e lo rende impenetrabile all’acqua e all’umidit`a atmosferica. Moduli quadrati costruiti da INAF con questa tecnica sono installati sul telescopio MAGIC II operativo alle Isole Canarie e, dopo quattro anni di attivit`a, sono come nuovi.

Gli specchi del prototipo ASTRI hanno superato indenni la grandinata e, nei mesi successivi, sono stati sottoposti ad ogni tipo di test.

La qualit`a ottica `e stata misurata con grande cura perch´e ASTRI `e il primo proto-tipo di telescopio Cherenkov costruito con la tecnologia a due specchi. I risultati [16] sono stati molto gratificanti, dimostrando che le promesse sono mantenute su tutto il campo di vista.

I test ottici hanno lasciato il campo al montaggio ed alle verifiche dello strumen-to per rivelare i raggi gamma. Anche in quesstrumen-to caso, si era deciso di adottare un approccio nuovo, basato su tecnologia innovativa ed `e stato necessario molto lavoro

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per ottenere la prima immagine di un fotone gamma. Nanni era impaziente di vedere quella striscia allungata che denuncia il passaggio di un raggio gamma di altissima energia e ogni volta che poteva spronava i responsabili di ASTRI che, a suo dire, non si davano abbastanza da fare. Purtroppo Nanni non ha fatto in tempo a vedere il pri-mo raggio gamma di ASTRI, che i suoi amici gli hanno dedicato (https://www.cta-observatory.org/cta-prototype-telescope-astri-achieves-first-light/).

Voglio finire ricordando il potenziale di scoperta di CTA per risolvere l’anno-so (e irril’anno-solto) problema dell’origine dei raggi cosmici pi`u energetici coniugando le informazioni contenute nei fotoni gamma e quelle veicolate dai neutrini di alta energia.

Raggi gamma e neutrini

La storia inizia da IceCube (https://icecube.wisc.edu/), un enorme rivelatore sotto chilometri di ghiaccio in Antartide costruito per dare la caccia ai neutrini, le particelle pi`u numerose e pi`u elusive dell’Universo. Il 22 settembre 2017 IceCube lancia una allerta neutrino. Aveva rivelato un neutrino (chiamato IC-170922A) degno di nota perch´e la sua energia molto elevata, pari a 290 TeV (duecentonovantamila miliardi di volte quella dei fotoni della luce visibile), indicava, con ogni probabilit`a, che era stato originato da un lontano oggetto celeste molto “attivo” (i neutrini di energia pi`u bassa sono invece prodotti da interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera e non sono interessanti dal punto di vista astronomico). Poich´e i processi alla base dell’emissione di neutrini cosmici producono sempre anche raggi gamma (schema a del riquadro), l’allerta neutrino era rivolta a tutti i telescopi gamma, disseminati nello spazio e sulla Terra, nella speranza che le loro osservazioni potessero aiutare a individuarne con precisione la sorgente.

Fermi ha informato subito la comunit`a astrofisica che stava vedendo un’emissione pi`u brillante del solito per il blazar TXS 0506+056 che era posizionato nella regio-ne celeste da dove proveniva il regio-neutrino. AGILE ha confermato la presenza di una sorgente gamma variabile. Poi `e stata la volta dei telescopi MAGIC che hanno orien-tato i loro giganteschi specchi per puntare TXS 0506+056 riuscendo, con 12 ore di osservazione, a rivelare la sorgente fino a un’energia mille volte maggiore di quella di Fermi, fornendo cos`ı una conferma importante ai fini di questa scoperta.

Grazie alla combinazione di tutte le diverse osservazioni `e stato cos`ı possibile individuare proprio nel blazar TXS 0506+056, che si trova al centro di una galassia a una distanza di 4,5 miliardi di anni luce dalla Terra, la probabile sorgente del neutrino. L’associazione fra il neutrino di IceCube e la sorgente TXS 0506+056 si fonda sulla coincidenza di posizione tra la direzione di arrivo del neutrino, misurata con una incertezza di un decimo di grado, e la posizione del blazar [17]. Molto lavoro `e stato dedicato a stimare l’affidabilit`a di questa associazione la cui robustezza `e stata calcolata basandosi sui dati Fermi-LAT. In un cielo gamma affollato da migliaia di sorgenti, qualsiasi coincidenza spaziale va valutata con grande attenzione per evitare sovrapposizioni casuali.

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Per poter associare IC-170922A con la sorgente TXS 0506+056, il team Fermi ha dovuto riprodurre l’intero cielo gamma e studiarne la variabilit`a arrivando a valutare la probabilit`a di una coincidenza spaziale spuria a meno dell’1%. Un ulteriore indizio `

e venuto dall’osservazione da parte di MAGIC dei fotoni gamma ad energie prossime a quelle del neutrino rivelato da IceCube. Questo rende l’associazione spaziale ancora pi`u convincente e permette di avere un quadro pi`u chiaro sull’origine di entrambe le emissioni.

Le osservazioni di onde radio e di raggi gamma del blazar TXS 0506+056 ci dicono che il getto, alimentato dalla materia espulsa dal disco di accrescimento del buco nero, `

e proprio la regione in cui vengono accelerate particelle di alta energia. Il legame tra emissione radio e gamma punta ad una popolazione di elettroni (e positroni) di alta energia. Tuttavia, `e ragionevole pensare che i getti contengano anche protoni, essi pure capaci di produrre raggi gamma insieme agli immancabili neutrini di alta energia. Grazie all’osservazione di un neutrino molto energetico, possiamo quindi conclude-re che, oltconclude-re agli elettroni (e ai positroni), nel getto ci sono sicuramente anche protoni accelerati. Possiamo, inoltre, affermare che, per produrre il neutrino osservato, questi protoni sono sicuramente di energia estremamente elevata.

Questa osservazione `e frutto del lavoro “corale” dell’astronomia multimessaggero e, oltre ad avere una valenza propria perch´e associa un neutrino con un corpo celeste, ha fornito anche un solido indizio verso la risoluzione di uno dei maggiori misteri ancora irrisolti: l’origine dei raggi cosmici di altissima energia.

Bibliografia

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