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Sindrome da deficienza del trasportatore di creatina:analisi proteomica delle proteine mitocondriali in un modello murino

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso Di Laurea Magistrale In Chimica e Tecnologia

Farmaceutiche

TESI DI LAUREA

“SINDROME DA DEFICIENZA DEL TRASPORTATORE DI

CREATINA: ANALISI PROTEOMICA DELLE PROTEINE

MITOCONDRIALI IN UN MODELLO MURINO

Relatore:

Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni

Correlatore: Candidata:

Prof. Antonio Lucacchini

Elettra Niccolai

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2

<< Ricordatevi di guardare le stelle

e non i vostri piedi... Per quanto difficile possa essere la vita, c'è sempre qualcosa che è possibile fare, e in

cui si può riuscire. >>

Stephen Hawking

Stephen Hawking [Citare la fonte qui.]

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3

INDICE

SOMMARIO ……….. 6

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ………..8

1.1 IL RITARDO MENTALE ………8

1.2 IL RITARDO MENTALE LEGATO AL CROMOSOMA X ………..9

1.3 LA CREATINA ……….11

1.3.1 LA SINTESI DELLA CREATINA ………...12

1.3.2 IL TRASPORTATORE DELLA CREATINA ………..15

1.3.3 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL METABOLISMO ENERGETICO……... 15

1.3.4 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL MUSCOLO SCHELETRICO ………….. 17

1.3.5 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL TESSUTO NERVOSO ……….18

1.3.6 IL METABOLISMO DELLA CREATINA ………. 19

1.3.7 LA REGOLAZIONE DELLA CREATINA ………. 20

1.4 SINDROMI DA DEFICIT DI CREATINA (CDS) ………. 21

1.4.1 DEFICIT DI AGAT ……….. 22 1.4.1.1 DIAGNOSI ……….. 22 1.4.1.2 TERAPIA ……… 23 1.4.2 DEFICIT DI GAMT ………. 23 1.4.2.1 DIAGNOSI ………...24 1.4.2.2 TERAPIA ……….... 25

1.5 IL DEFICIT PRIMARIO DEL TRASPORTATORE DI CREATINA (CRTR-D)... 26

1.5.1 SEGNI CLINICI ……….... 27

1.5.2 DIAGNOSI ………... 27

1.5.3 TERAPIA ………. 28

1.6 TOPI KNOCK-OUT (KO) ………... .29

(4)

4

1.8 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI CREATINA ……….... 30

1.8.1 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI AGAT ……… 30

1.8.2 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI GAMT ……….. 30

1.8.3 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI CRTR ………31

1.9 PROTEOMICA ……… 33

CAPITOLO 2: SCOPO DELLA TESI ……… .34

CAPITOLO 3: MATERIALI E METODI ……… 35

3.1 I MATERIALI E LA STRUMENTAZIONE ……… 35

3.1.1 I MATERIALI ………. 35

3.1.2 GLI STRUMENTI ………... 36

3.2 I METODI ……….. 37

3.2.1 LA PREPARAZIONE DEL CAMPIONE ……… 37

3.2.2 ARRICCHIMENTO DELLA FRAZIONE MITOCONDRIALE DA CERVELLI MEDIANTE CENTRIFUGAZIONE DIFFERENZIALE ……… 38

3.2.3 IL DOSAGGIO PROTEICO DC/BIORAD ………. 39

3.2.4 L’ELETTROFORESI BIDIMENSIONALE ……… 42

3.2.4.1 LA PRIMA DIMENSIONE ………... 43

3.2.4.2 L’EQUILIBRATURA DELLE STRIP ………. 46

3.2.4.3 LA SECONDA DIMENSIONE ……… 48

3.2.4.4 LA COLORAZIONE ED ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI ……….. 51

3.2.5 L’ANALISI DEI GELS TRAMITE SAME SPOT ………. 53

3.2.6 LA DIGESTIONE CON TRIPSINA ………... 53

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5

CAPITOLO 4: RISULTATI E DISCUSSIONE ……… 57 4.1 SEPARAZIONE DELLE PROTEINE MITOCONDRIALI CON ELETTROFORESI BIDIMENSIONALE E CONFRONTO DEI PROFILI WILD-TYPE E KNOCK-OUT … 58 4.2 ANALISI MEDIANTE SPETTROMETRIA DI MASSA ………... 61 4.3 ANALISI MEDIANTE INGENUITY PATHWAY ………. 63 4.4 CONCLUSIONI ……… 65

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SOMMARIO

Il Ritardo Mentale (RM) è una patologia eterogenea che affligge sia i bambini, sia gli adolescenti ed è legata, per il 5-12% dei casi a mutazioni genetiche legate al cromosoma X. Si parla, in questo caso, di Ritardo Mentale X-Linked (XLMR).

Il presente lavoro si sofferma sul descrivere gli errori congeniti del metabolismo della creatina che fanno parte delle sindromi da deficit di creatina (CDS). Esse comprendono:

1. Deficit di biosintesi di creatina: dovuto a carenza degli enzimi Arginina-Glicina Amidinotransferasi (AGAT) e Guanidinoacetato Metiltransferasi (GAMT).

2. Deficit primario del trasportatore di creatina: dovuto a mutazione del gene SLC6A8 che codifica per il trasportatore della creatina (CRTR).

Questi errori colpiscono principalmente il cervello. Il fenotipo è caratterizzato da disabilità intellettiva, difficoltà nel linguaggio, disturbi comportamentali e crisi epilettiche.

Questo lavoro di tesi ha lo scopo di comprendere i meccanismi patofisiologici, l’eziopatogenesi che sono alla base della patologia e in che modo i mitocondri sono coinvolti.

I mitocondri, oltre ad assumere il ruolo fondamentale di produzione di energia cellulare, svolgono altre funzioni importanti come: processi di invecchiamento cellulare, trasmissione dei segnali intracellulari, nella regolazione degli ioni calcio e nella regolazione dei segnali proapoptotici. I mitocondri sono presenti in quasi tutte le cellule del corpo umano, quindi una qualsiasi alterazione, modificazione o differenza di espressione può avere effetti su tutti gli apparati e tessuti.

La sindrome da deficit del trasportatore di creatina (CCDS1) è una patologia sulla quale sono stati espresse molte ipotesi circa l’eziopatogenesi e, quindi, risulta essere di primaria importanza: la comprensione delle cause delle alterazioni alla base della patologia e il miglioramento delle terapie esistenti per debellarla in modo efficace.

In questo lavoro, mediante l’approccio proteomico, sono stati analizzati i patterns proteici di mitocondri provenienti da cervelli di topo Knock-out e Wild-type per il trasportatore della creatina. Usando, in seguito, l’elettroforesi bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa, sono state

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7

identificate proteine mitocondriali utili per un confronto tra le due linee, al fine di individuare analogie o differenze tra le stesse.

Le proteine così identificate sono state analizzate tramite il programma Ingenuity Pathway al fine di ricercare le vie metaboliche e i fattori di trascrizione potenzialmente coinvolti in queste alterazioni. Capire se è presente un’alterazione mitocondriale e come quest’ultima influisca sul metabolismo energetico complessivo, è di particolare interesse e può offrire spunti terapeutici per questa patologia.

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 IL RITARDO MENTALE

Il Ritardo Mentale (RM) è una patologia comune e l’handicap più frequente nei bambini e negli adolescenti. L’incidenza varia con l’età: è bassa in età pre-scolare ed adulta, mentre è massima nel corso dell’età scolare [1].

Il RM può essere considerato come un sintomo che può derivare da una vasta gamma di cause che, nella maggior parte dei casi, rimangono sconosciute. I principali fattori eziopatogenetici sono:

 Cause genetiche (30-40%): errori congeniti del metabolismo trasmessi per via autosomica recessiva, aberrazioni cromosomiche (sindrome dell’X fragile) e anomalie di un singolo gene a trasmissione mendeliana e ad espressività variabile.

 Influenze ambientali e altri disturbi mentali (15-20%): mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali o di altre stimolazioni. Infine sono compresi anche disturbi mentali gravi (Disturbo Autistico).

 Cause prenatali (10%): danni dovuti a sostanze tossiche (uso di alcool e fumo da parte della madre), infezioni virali, traumi, ipossia.

 Condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza (5%): traumi, avvelenamenti e infezioni [2].

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Secondo l’American Association on Mental Retardation [3], siamo di fronte al Ritardo Mentale quando sono presenti:

1. L’insorgenza prima dei 18 anni di vita

2. Disturbo significativo della capacità di adattamento in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, vita in famiglia, capacità sociali e interpersonali, cura di sé, autodeterminazione, salute e sicurezza, uso delle risorse della comunità. Se almeno due di tali aree sono intaccate, si può diagnosticare difficoltà adattive.

3. Deficit intellettivo generale molto al di sotto della media.

Le stime epidemiologiche sulla prevalenza dell’RM, riportano valori variabili dall’1% al 3%.

1.2 IL RITARDO MENTALE LEGATO AL CROMOSOMA X

Il RM X-linked (XLMR) rappresenta circa il 5-12% dei casi di RM.

I geni che influenzano le funzioni cognitive sono ubiquitari nel genoma umano; la maggior parte di tali geni sono stati trovati sul cromosoma X, di conseguenza, un alterazione di quest’ultimo risulta essere la più frequente causa genetica di RM [4].

Sono state fatte due osservazioni riguardanti l’insorgenza del RM:

1. La maggiore frequenza del RM nei pazienti di sesso maschile, che supera del 30% quelli di sesso femminile

2. In numerose famiglie composte da: maschi prevalentemente affetti, donne portatrici sane o affette in misura minore degli uomini e l’assenza di trasmissione da uomo a uomo. Ciò ha portato alla luce l’esistenza di una trasmissione ereditaria X-linked del RM [5].

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Queste due osservazioni, hanno confermato la possibilità di trasmissione del RM mediante il cromosoma X.

Nel 1931 Lionel Penrose condusse uno studio in cui veniva evidenziato, in un totale di 1280 pazienti affetti da RM, un rapporto pari a 1,25:1 tra maschi e femmine. Tale risultato fu, secondo Penrose, una conseguenza di un errore di accertamento dovuto al fatto che le ragazze venivano tenute in casa e quindi meno rappresentate nel gruppo di pazienti studiati [6].

Nel 1970, Lehrke condusse uno studio su 5 casi familiari, in cui osservò sia la maggiore prevalenza di RM nei maschi rispetto alle femmine, sia che il RM era trasmesso come un gene legato al cromosoma X [7].

Nel 1943, Martin e Bell compirono degli studi che portarono, solo al 1991, all’identificazione del primo gene mutato responsabile del RM nella Sindrome dell’X fragile [8]; a seguito di questa scoperta, infatti, sono stati identificati numerosi geni responsabili del RM e localizzati sul cromosoma X, grazie anche allo sviluppo delle tecniche di clonaggio posizionale e della caratterizzazione di riarrangiamenti cromosomici che hanno ridotto la regione del cromosoma in cui individuare il gene di interesse.

Le mutazioni che causano XLMR sono localizzate in specifiche regioni, in particolare nella porzione distale del braccio lungo (Xq28) in cui sono stati identificati quattro geni: FMR2, GDI1, MECP2, SLC6A8. Un altro picco è localizzato nella regione Xp22.1-p21.3 ed include i geni ARX e IL1RAPL1[9].

Tra le sindromi legate al RM X-linked, va ricordata quella causata dalla mutazione del gene SLC6A8 che è responsabile del Deficit del Trasportatore di Creatina, un errore congenito del metabolismo della creatina, insieme al deficit della sintesi di creatina, in cui si ha una deficienza degli enzimi AGAT e GAMT.

Lo studio del metabolismo della creatina ha contribuito allo sviluppo delle ricerche riguardanti le sue funzioni sia nei soggetti sani che in quelli affetti da RM.

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1.3 LA CREATINA

La creatina (dal greco κρέας, krèas, "carne") è chimicamente conosciuta come acido metilguanidinacetico. E’ una molecola azotata non proteica, ovvero è un composto contenete azoto, è strutturalmente simile ad un amminoacido, ma non forma proteine (Fig.1 e Fig.2).

Fig.1: Struttura della creatina Fig.2: Struttura della creatina in 3D

La molecola di creatina è stata descritta per la prima volta dal chimico francese Eugène Chevreul nel 1830 come componente organico della carne.

Nel 1928, Hunter scoprì che la creatina non era un prodotto di scarto, ma un componente tissutale essenziale con particolari funzioni.

In seguito, fu scoperto che la fosfocreatina assumeva un ruolo chiave nel metabolismo del muscolo scheletrico e, contemporaneamente, fu individuata, nelle urine, una molecola a cui fu dato il nome di creatinina (Crn).

Dal 1994, le basse concentrazioni di creatinina nelle urine, sono diventate un marker di malattia, a seguito della scoperta del deficit primario di creatina cerebrale, grazie alla Spettroscopia Protonica in Risonanza Magnetica (1H-RMS) [10] [11].

La creatina è nota soprattutto per il suo ruolo fondamentale nel settore dell’energia metabolica; in particolare, essa viene convertita in fosfocreatina e ADP e, grazie a questa trasformazione, la creatina svolge un ruolo molto importante nel metabolismo energetico cellulare, soprattutto nei tessuti ad elevato fabbisogno energetico, come il tessuto muscolare scheletrico e il tessuto nervoso.

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La creatina svolge altre funzioni:

 Azione antiossidante e anti-apoptosi: la creatina mostra un’attività antiossidante perché interagisce direttamente contro il radicale anione superossido [O2]- e il perossinitrito [ONOO]-.

 Ha un ruolo neuromodulatorio.

La creatina viene utilizzata anche come integratore alimentare nelle attività sportive e svolge un ruolo molto importante anche in ambito medico, infatti viene usato come agente terapeutico nei disturbi psichiatrici e in varie condizioni neurologiche (encefalopatia mitocondriale, ictus, lesioni neurologiche traumatiche, neurodegenerative e disordini muscolari).

La creatina si trova per il 90% nel tessuto muscolare scheletrico; alte percentuali di creatina sono situate nel cuore, nel cervello, negli spermatozoi e nella retina. Basse quantità di creatina sono contenute nel rene e nel fegato [12].

1.3.1 SINTESI DELLA CREATINA

La creatina, il cui fabbisogno energetico è 2 grammi, può essere ottenuta mediante due vie:

 La dieta.

 La sintesi de novo.

Nella dieta la creatina viene assunta principalmente attraverso la carne e il pesce e, in misura minore, tramite il latte e derivati.

Nella sintesi de novo (Fig.3), la creatina è sintetizzata nel fegato e nel pancreas, a partire dagli amminoacidi arginina, glicina e metionina attraverso due passaggi, utilizzando l’S-adenosilmetionina (SAM) come gruppo metile donatore:

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1. L’enzima Glicina Amidinotransferasi (AGAT) catalizza reversibilmente la transamidazione del gruppo guanidinico dall’arginina alla glicina con la cessione di guanidina acetato (GAA) e ornitina. Questa fase avviene nei reni, principalmente nello spazio intermembrana dei mitocondri e, in misura minore, nel citoplasma.

Le due isoforme (mitocondriali e citosoliche) dell’enzima AGAT sono codificate dal gene GATM: il precursore della forma mitocondriale è composto da 423 amminoacidi da cui ne sono rimossi 37, per ottenere la versione matura della stessa (386 amminoacidi). La forma citosolica vera e propria è composta da 391 amminoacidi ed è ottenuta direttamente.

Questo primo passaggio ha un controllo a feedback negativo, in quanto l’AGAT è inibito dalla creatina e dall’ornitina, mentre è attivato dalla tiroxina e dall’ormone della crescita.

2. L’enzima Guanidino Metiltransferasi (GAMT) catalizza successivamente la metilazione SAM-dipendente della guanidina acetato, con la liberazione di creatina e S-Adenosilomocisteina. Questo passaggio avviene nel fegato.

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Fig.3: La sintesi endogena della creatina

Dopo la sua sintesi endogena, o il suo apporto mediante l’alimentazione, la creatina viene rilasciata nel flusso sanguigno. Dalla circolazione, essa può entrare nelle cellule, soprattutto dei tessuti ad alto fabbisogno energetico, come muscolo scheletrico e cervello, sfruttando un particolare trasportatore di membrana, in quanto la creatina è una molecola polare idrofila, non può passare direttamente la membrana cellulare [13].

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1.3.2 IL TRASOPORTATORE DELLA CREATINA

Per attraversare la membrana plasmatica, la creatina utilizza un particolare trasportatore transmembrana CRTR. La creatina viene trasportata all’interno della cellula mediante trasporto attivo contro gradiente di concentrazione.

Il trasportatore di membrana della creatina è formato da 635 amminoacidi e un peso molecolare di 70 kDa; è codificato dal gene SLC6A8 (CT1) e si trova sul cromosoma Xq28.

Questo trasportatore fa parte della famiglia SLC6, la stessa dei: trasportatori di neurotrasmettitori Na+/Cl- dipendenti, trasportatori del GABA, noradrenalina, dopamina, serotonina, glicina, taurina, prolina e betaina. Come gli altri membri della famiglia SLC6, il CRTR possiede 12 domini transmembrana (TM), con un grande anello extracellulare tra il TM3 e il TM4 contenente i siti di N-glicosilazione e N-e C- terminali di fronte al lato citoplasmatico della membrana. Esiste anche un altro gene (CT2) espresso solo nel testicolo che contiene un codone di stop prematuro che, probabilmente, codifica per una proteina non funzionante o troncata. I due geni hanno un’omologia del 97%[14].

Negli esseri umani, CRTR è espresso prevalentemente nei muscoli, nel rene, nel cuore in cui, di conseguenza, sono presenti alti livelli di creatina (muscoli e cuore) e spiega anche il recupero della stessa dall’urina (rene); questo trasportatore è anche espresso nel cervello e nella retina. L’assorbimento di creatina è inibito da molecole analoghe alla stessa: β-guanidinoproprionato (β-GPA), γ-guanidinobutirrato e, in misura minore, dal guanidinoacetato [15].

1.3.3 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL

METABOLISMO CELLULARE

Come detto precedentemente, la creatina svolge un ruolo molto importante nel metabolismo energetico cellulare, in particolare nei tessuti ad alto fabbisogno energetico, come il tessuto muscolare scheletrico e il tessuto nervoso.

La creatina chinasi (CK) catalizza la conversione reversibile di creatina e ATP in fosfocreatina e ADP e il sistema creatina-fosfocreatina funge da tampone citosolico per la rigenerazione di ATP e come

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trasportatore di ioni fosfato ad alta energia, dal sito di produzione (sito mitocondriale) al sito di utilizzo (sito citosolico).

Nello specifico: la creatina viene convertita in fosfocreatina e ADP, mediante l’aggiunta alla creatina stessa, di un gruppo fosfato. La fosfocreatina, così formatasi, racchiude, nel legame con il fosfato stesso, un’elevata carica energetica necessaria per il trasferimento di un gruppo fosfato dalla fosfocreatina stessa all’ADP per formare l’ATP. La fosfocreatina è la molecola indispensabile per il trasporto di ATP dal luogo di produzione, ovvero il sito mitocondriale, al sito di utilizzo, ovvero il sito citosilico.

Questo processo prevede due passaggi (Fig.4):

1. L’ATP prodotto nel mitocondrio cede il suo gruppo fosfato alla creatina, in modo da ottenere la fosfocreatina che si allontana dal sito di produzione, per raggiungere i siti cellulari dove verrà utilizzata l’ATP.

2. Una volta giunta a destinazione, la fosfocreatina cede il suo gruppo fosfato all’ADP che viene convertito in ATP. Con la cessione del gruppo fosfato, la fosfocreatina ritorna al sito mitocondriale coeme creatina, ridando vita al ciclo. In questo modo è come se l’ATP fosse sempre trasportato dal sito di produzione, a quello di utilizzo [16].

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17

1.3.4 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL MUSCOLO

SCHELETRICO

Il tessuto muscolare scheletrico richiede una grande quantità di energia per poter svolgere le sue funzioni. L’energia che il muscolo consuma deriva dall’idrolisi di ATP con formazione di ADP. L’ATP viene comunque risintetizzato a partire dai suoi prodotti di trasformazione.

Nell’attività motoria intensa e massimale di breve durata: L’ATP è ottenuta per via anaerobia, mediante la defosforilazione della fosfocreatina, catalizzata dall’enzima creatina chinasi (CK) durante la quale l’ADP viene convertito in ATP che libera energia per la contrazione muscolare. La creatina viene poi fosforilata a fosfocreatina durante il riposo la fosfocreatina funge da riserva energetica utilizzabile per il riprestino di ATP, inoltre permette di mantenere costanti i livelli intracellulari di ATP.

La riduzione della forza sviluppata è dovuta all’impoverimento delle riserve muscolari di fosfocreatina, con conseguente rallentamento della velocità di rigenerazione dell’ATP e quindi l’affaticamento muscolare è dovuto a una riduzione della produzione di ATP [17].

creatina chinasi

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1.3.5 FUNZIONE DELLA CREATINA NEL TESSUTO

NERVOSO

Anche se il cervello rappresenta il 2% del peso corporeo totale, esso utilizza circa il 20% di tutta la produzione di energia del corpo. Alti costi di ATP sono necessari ai gradienti ionici transmembrana e alla neurotrasmissione.

La creatina fornisce alle cellule nervose, l’energia di routing, grazie al ciclo creatina-fosfocreatina; fosfocreatina e ATP sono composti energetici direttamente disponibili per le funzioni cerebrali. E’ importante sottolineare che le cellule del sistema nervoso centrale possiedono le proteine necessarie per la sintesi e il trasporto di creatina. Sebbene le vie del sistema nervoso centrale assicurino il contenuto di creatina nel cervello, per la sintesi o l’importo della stessa sono necessarie delle collaborazioni tra cellule nervose, in quanto solo il 12% di quest’ultime possiedono la capacità di operare una sintesi completa (AGAT e GAMT).

Solo il 43% delle cellule contengono uno o l’altro enzima per la biosintesi; il restante 45% è sprovvisto di entrambi. Il fatto che AGAT e GAMT possono essere distribuiti in cellule diverse, sta a indicare che la guanidinoaetato (GAA), prodotto da una cellula, può essere trasportata anch’essa a un’altra cellula per completare la sintesi (Fig.5).

Anche GAA ha bisogno di un trasportatore che risulta essere SLC6A8; esso, oltra a trasportare GAA, trasporta anche la creatina.

La creatina, essendo una molecola polare e idrofila, non passa la barriera emato-encefalica (BEE) che è lipofila. Si deve fare una distinzione:

 CERVELLO MATURO: sulla BEE c’è poca espressione di SLC6A8 e quindi la creatina usata deriva principalmente dalla biosintesi locale.

 CERVELLO IN SVILUPPO: sulla BEE c’è un’alta espressione di SLC6A8 e questo spiega il motivo per il quale il cervello in sviluppo copre le sue necessità di creatina usando quella presente in circolo, piuttosto che quella derivante la sintesi locale.

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Alla creatina è stata attribuita anche un’azione sulla modulazione della neurotrasmissione, in quanto agisce sul recettore GABA A come antagonista competitivo e agisce anche sul recettore NMDA. Questa sua azione è attribuita a effetti neuromodulatori [18].

Fig.5: Il ruolo della creatina nel cervello

1.3.6 IL METABOLISMO DELLA CREATINA

La creatina viene convertita in modo reversibile in fosfocreatina (PCr) e ADP [19] [20]. Le cellule non utilizzano la diffusione libera di ATP/ ADP e quindi il sistema creatina chinasi/ fosfocreatina/ creatina serve come accumulo di energia per la rigenerazione immediata di ATP e come navetta di fosfati ad alta energia tra i siti di produzione di ATP e quelli di utilizzo dello stesso.

In questo modo viene garantito l’immagazzinamento di energia convertibile in ATP, mediante il trasferimento di un gruppo fosforico all’ADP.

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La creatina e fosfocreatina sono degradate attraverso reazioni irreversibili e non-enzimatiche a creatinina (Crn); essa poi passa per diffusione passiva ai reni e viene escreta con le urine (Fig.6).

Fig.6: Metabolismo della creatina.

1.3.7 LA REGOLAZIONE DELLA CREATINA

La sintesi endogena di creatina è modulata da diversi fattori. Una regolazione importante si ha a livello di AGAT che è l’enzima iniziatore della sintesi di creatina e che funge anche da fattore limitante la sintesi.

L’AGAT è soggetto a un controllo a feedback negativo esercitato dagli alti livelli di prodotto intermedio (ornitina) e di prodotto finale (creatina).

Invece, un basso apporto nutrizionale di creatina stimola l’aumento dell’attività dell’AGAT in modo da garantire l’omeostasi della creatina.

Il trasportatore della creatina (SLC6A8) è regolato dai livelli extracellulari di creatina, in modo dipendente dal tempo; l’SLC6A8 è anche sensibile all’inibizione dovuta al GAA.

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1.4 SINDROMI DA DEFICIT DI CREATINA (CSD)

Le sindromi da deficit della creatina cerebrale rappresentano un gruppo di errori congeniti del metabolismo, denominati Creatine Deficiency Syndromes (CDS). Essi hanno mostrato l’importantissimo ruolo della creatina e hanno permesso di approfondire le conoscenze riguardanti le sue funzioni e il suo metabolismo [22] [23] [24].

I segni clinici di questa sindrome sono: menomazioni neurologiche, ritardo mentale e difficoltà nel linguaggio.

L’esatta frequenza di questi disturbi resta da chiarire; a questo proposito, la sindrome da carenza di creatina è stata individuata nel 2,7% dei bambini aventi un ritardo psicomotorio di origine sconosciuta e questa percentuale aumenta al 4,4% quando gli studi sono stati concentrati su bambini di sesso maschile [25].

Questo tipo di sindrome viene trasmessa in modo autosomico recessivo, ovvero entrambi i genitori devono avere i geni alterati che trasmetteranno al figlio.

Le sindromi sono divise in tre difetti metabolici:

1. Due difetti metabolici riguardano la sintesi endogena di creatina nella quale l’organismo è incapace di sintetizzarla adeguatamente. I due difetti metabolici sono il deficit di AGAT e il deficit di GAMT.

2. Il terzo è legato al trasportatore della creatina (CRTR) in cui la carenza dello stesso, causa una riduzione dell’assorbimento cellulare di creatina.

Le diagnosi del deficit di creatina prevede tre fasi:

1. Determinazione biologica di creatina e metaboliti nelle urine e nel sangue.

2. Studi molecolari del gene.

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1.4.1 DEFICIT DI AGAT

La carenza di AGAT è stata scoperta per la prima volta nel 2001 n due sorelle di 4 e 6 anni con disabilità intellettiva e difficoltà nel camminare; una delle due bambine è stata colpita a 18 mesi da convulsioni febbrili.

L’enzima AGAT è una proteina codificata dal gene GATM che si trova sul cromosoma 15q21.1 e contiene 9 esoni; è poco espresso nel pancreas, fegato e sistema nervoso centrale. L’AGAT catalizza il primo passaggio della biosintesi della creatina, producendo GAA e ornitina; un’attività carente si traduce in un netto calo di GAA nel plasma e nelle urine e una diminuzione della creatina [27].

1.4.1.1 DIAGNOSI

La diagnosi da deficit di AGAT quando i livelli di GAA plasmatici e urinari sono bassi. Le misurazioni dell’attività dell’AGAT sono effettuate sui fibroblasti o sui linfociti e l’identificazione della mutazione sul gene GATM convalida la diagnosi. Esistono 5 mutazioni omozigote e sono state suddivise in 5 famiglie distinte:

 c.446G> A

 c.484þ1G> T

 c.1111dup

 c.505C> T

 c.608A> C

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23

1.4.1.2 TERAPIA

Il trattamento del deficit di AGAT è costituito dalla somministrazione di creatina per ripristinare i livelli normali cerebrali della stessa.

Questa somministrazione applicata alle due sorelle sopra citate ha favorito un miglioramento dei disturbi del comportamento e delle difficoltà motorie; un moderato handicap intellettuale ha continuato a persistere anche dopo diversi anni di terapia.

La somministrazione di creatina applicata, invece, a un bambino di 2 anni non ha portato miglioramenti significativi sulla difficoltà linguistica.

Tuttavia, un quarto dei pazienti affetti da deficit di AGAT, diagnosticato alla nascita, e sottoposti al trattamento di creatina a partire dal quarto mese di vita, ha prodotto miglioramenti significativi sullo sviluppo psicomotorio, che risulta essere a livelli normali al compimento del diciottesimo mese di vita. Questo miglioramento è dovuto, probabilmente, all’alta concentrazione di SLC6A8 nel cervello in sviluppo.

Inoltre, un altro studio ha dimostrato che la diagnosi precoce seguita da un trattamento di creatina immediato, può avere un impatto positivo sullo sviluppo del paziente [29].

1.4.2 DEFICIT DI GAMT

La carenza di GAMT è stato il primo errore congenito riconosciuto nel metabolismo della creatina e provoca, nel paziente, un grave ritardo dello sviluppo, associato a una sindrome extrapiramidale progressiva.

Il gene di GAMT è localizzato sul braccio corto del cromosoma 19, nel locus p13.3 e contiene 6 esoni; è espresso principalmente nel fegato e in misura minore nel rene, nel pancreas e nel sistema nervoso centrale.

GAMT catalizza la metilazione di GAA, utilizzando SAM, un donatore di metile, producendo SAH e creatina. Una carenza di attività di questo enzima porta a una riduzione della biosintesi della creatina e ad un accumulo di GAA che è un metabolita altamente tossico per il cervello.

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L’insorgenza dei sintomi clinici si ha tra la prima infanzia e i 3 anni, con un ritardo dello sviluppo globale del paziente associato a difficoltà linguistiche, ritardo mentale e disturbi comportamentali; i bambini con questo deficit possono sviluppare ipotonia e discinesia [30].

1.4.2.1 DIAGNOSI

La diagnosi da deficit di GAMT viene confermata quando si osserva un elevato aumento di GAA nei fluidi corporei (urina e plasma), mentre la creatina ha una concentrazione minore in tali fluidi; l’abbassamento di creatina nel plasma è più drastico rispetto a quello nelle urine. Inizialmente per questo tipo di diagnosi si eseguivano biopsie epatiche, adesso si realizzano misure dirette sull’attività di GAMT mediante le colture di fibroblasti.

Sono state ricercate eventuali mutazioni nel gene del GAMT: fino ad oggi sono state riportate 45-50 mutazioni che riguardano l’intero gene, ma solo 2 di queste mutazioni predominano nel 50% dei pazienti con deficit di GAMT:

 Un missenso c.59G> C: un triptofano è sostituito da una serina in posizione 20.

 c.327G> A: è una mutazione che induce uno splicing anomalo

Di recente sono state individuate nuove mutazioni:

 c.289C> T

 c.391þ15G> T

 c.577C> T,

 dup13 c.299_311

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Uno strumento diagnostico efficace è l’1H-MRS che riesce a individuare una carenza completa o parzialmente completa di creatina nel cervello; questo strumento può essere utile per il monitoraggio dei rifornimenti di creatina somministrata per via orale [31].

1.4.2.2 TERAPIA

La terapia ha un doppio obbiettivo:

1. Il ripristino delle riserve di creatina nel cervello.

2. Prevenire l’eccesso di produzione di GAA attraverso l’inibizione dell’attività dell’AGAT da creatina (feedback negativo).

La somministrazione orale di creatina (0,35 g/ Kg/ die) ha favorito un miglioramento dell’ipotonia (acquisizione del controllo della posizione eretta e la camminata a quattro zampe), risoluzione della discinesia ed epilessia; si ha, inoltre, un miglioramento dell’attenzione e del comportamento.

La somministrazione di arginina (15 mg /Kg/ die) insieme a ornitina (100 mg/Kg/die) e a creatina (1,1g/Kg/giorno) per un periodo di 14 mesi, ha indotto una sostanziale diminuzione del GAA nel plasma e nelle urine [32].

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26

1.5 IL DEFICIT PRIMARIO DEL TRASPORTATORE

DELLA CREATINA (CRTR-D)

La sindrome da deficit primario del trasporto di creatina (CRTR-D) viene trasmessa in modo recessivo legato al cromosoma X: solo i maschi presenteranno la malattia, mentre le femmine saranno portatrici sane, ovvero presentano il cromosoma X alterato, ma non evidenzieranno i sintomi. Tale deficit causa un ritardo mentale, dovuto a una carenza di creatina; questa sindrome riguarda principalmente l’assorbimento cellulare di creatina.

Questo deficit è stato diagnosticato a più di 150 pazienti e a 60 famiglie. Esso riguarda il trasportatore della creatina, codificato dal gene SLC6A8 che è espresso prevalentemente nel muscolo scheletrico, cuore e rene, mentre è poco espresso nel cervello [33].

Studi effettuati su pazienti maschi con ritardo mentale legato al cromosoma X hanno rivelato la presenza di 6 mutazioni del gene SLC6A8: 5 di esse sono nuove (una nonsenso e 4 missenso); la mutazione di tale gene rappresenta circa l’1% dei pazienti maschi con disabilità intellettuale [34]. Le 4 mutazioni missenso, precedentemente menzionate sono:

 c.1190C>T; p.(Pro397Leu),

 c.1271G>A; p.(Gly424Asp),

 c.1661C>T; p.(Pro544Leu),

 c.1699 T>C; p.(Ser567Pro).

Esse permettono, comunque, una residua attività del trasportatore di creatina. Queste mutazioni sono associate a un fenotipo più mite, ovvero i pazienti presentano una disabilità intellettiva più attenuata. Le delezioni multi-esone del gene SLC6A8, che si estendono oltre l’estremità 3’ dello stesso, sono associate a una grave ipotonia e a disturbi del movimento extrapiramidale [35].

(27)

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Un altro studio ha rivelato che la sindrome da deficit di creatina, come causa di ritardo mentale, può essere paragonabile alla sindrome dell’X fragile, con una prevalenza del 2,1% [36].

1.5.1 SEGNI CLINICI

I segni clinici di carenza di CRTR sono: ritardo mentale e gravi menomazioni motorie e linguistiche, associata a epilessia e comportamento autistico.

Nel 50% delle donne portatrici tale sindrome, si ha un aspetto sintomatico caratterizzato da difficoltà linguistica; tuttavia, simili segni clinici evidenziati nei pazienti maschi, possono presentarsi anche nelle donne portatrici.

Come per altre sindromi legate al cromosoma X (X-linked), questa eterogenità fenotipica può risultare da una inattivazione casuale del cromosoma X nelle donne [37].

1.5.2 DIAGNOSI

Creatina, creatinina e GAA nei liquidi biologici: questo tipo di diagnosi si basa sul dosaggio urinario

della creatina (Cr) espresso per la creatinina (Crn) ovvero sul rapporto Cr/Crn. Nei pazienti affetti da deficit di creatina, questo rapporto è aumentato da 2 a 10 volte il normale. Tale rapporto è il primo marker diagnostico della sindrome.

I livelli plasmatici di creatina possono essere aumentati o rimanere nella norma, mentre i valori di GAA plasmatico rimangono inalterati [38] [39].

I dosaggi biochimici di Cr, Crn e GAA sono eseguiti con la cromatografia HPLC o con spettroscopia di massa su campioni di urine o di sangue eparinato [40].

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Captazione cellulare di creatina in fibroblasti in coltura: in questo modo si può eseguire una

valutazione biochimica del deficit del CRTR. I fibroblasti furono messi in coltura insieme a varie concentrazioni di creatina con o senza guanidinoproprionato (GAA), un inibitore specifico del CRTR. I risultati evidenziarono assenza di captazione di creatina a concentrazioni fisiologiche.

Le cellule dei pazienti con deficit del trasportatore di creatina non mostrano assorbimento quando sono incubate con 25 µM di creatina; invece, se queste venivano incubate con 500 µM di creatina insieme a GAA, l’assorbimento di creatina risultava essere quasi inalterato (per la presenza di GAA). Il pochissimo assorbimento che si osserva, in queste condizioni, è spiegabile o con la diffusione passiva, o con l’esistenza di una funzione vicariante di altri trasportatori [41].

Pool di creatina intra- ed extracellulare: I pazienti con deficit di CRTR evidenziano una riduzione

di creatina e fosfocreatina intracellulare, dovuta allo scarso trasporto di creatina. I livelli extracellulari di quest’ultima risultano, invece, essere normali o elevati [42].

1.5.3 TERAPIA

L’integrazione con la dieta di creatina non è riuscita a far raggiungere la quantità cerebrale necessaria per risolvere i segni clinici dei pazienti. Anche la somministrazione di L-Arginina, un precursore della creatina, non ha riportato miglioramenti.

L’integrazione di creatina monoidrato da sola o in combinazione con L-arginina e glicina ha portato benefici a livello cerebrale per alcuni pazienti; è stato anche osservato un aumento della massa muscolare e una migliore capacità motoria [43].

(29)

29

1.6 TOPI KNOCK-OUT (KO)

Sono topi geneticamente modificati ai quali è stato inattivato o eliminato un gene, sostituendolo o interrompendolo con un pezzo artificiale di DNA.

Vengono utilizzati come modelli per studiare geni di cui non si conosce la funzione. Causando l’inattivazione di un determinato gene nel topo e osservando le differenze che ne conseguono, è possibile dedurre una sua probabile funzione.

Il metodo per produrre topo Knock-out prevede 5 fasi:

1. Costruzione del vettore di targeting.

2. Gene targeting in cellule staminali derivate da un’embrione (ES).

3. Selezione delle cellule in cui il gene targeting ha avuto successo.

4. Introduzione delle cellule ES modificate in embrioni di topo e impianto in una madre surrogato.

5. Analisi e incrocio di topi chimerici [44].

1.7 GENE WILD-TYPE (WT)

Esprime il fenotipo naturale (non mutato), per un determinato carattere. Il fenotipo wild-type (o ceppo selvatico) è quello più frequente in una popolazione naturale. Con questo termine si indica ciascun allele del gene per il carattere naturale; un allele wild-type costituisce lo standard di riferimento per definire se l’allele mutato è dominante o recessivo [45].

(30)

30

1.8 TOPI COME MODELLI DI DEFICIT DI CREATINA

1.8.1 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI AGAT

I topi con deficit di AGAT, rispetto a quelli wild-type, presentano una quasi completa assenza di creatina e fosfocreatina, un aumento del rapporto fosfato inorganico/ b-ATP e un dimezzamento dei livelli di ATP.

Il muscolo scheletrico è atrofico e i topi hanno una minore forza di presa; queste anomalie possono essere risolte mediante la somministrazione di creatina.

A livello generale, i topi con deficit di AGAT e quindi carenti di creatina, mostrano anomalie multiple come la sterilità, inoltre, presentano: un indice di massa corporea, l’attività locomotrice e una concentrazione di leptina nel sangue bassi. Si ha anche ipotonia cronica.

Risultati biochimici hanno riportato anche un calo dei livelli di trifosfato insieme a una riduzione di attività dell’acetil-CoA carbossilasi in vari tessuti come: tessuto muscolare, tessuto adiposo e nel tessuto epatico.

Il fenotipo di questi topi è sensibile all’assunzione di creatina; è importante sottolineare che la leptina sembra essere essenziale sia per l’attivazione della ATP chinasi (AMPK), sia per la resistenza alla sindrome metabolica espressa dai topi con deficit di AGAT [46].

1.8.2 TOPI COME MODELLI DI DEFICIT DI GAMT

Un modello di topo knockout con deficit di GAMT ha mostrato un aumento dei livelli di GAA e una riduzione di creatina e creatinina nel cervello, nel siero e nelle urine. Inoltre, tali topi sono soggetti a

(31)

31

mortalità neonatale, ipotonia muscolare, sterilità maschile e riduzione del peso corporeo; tale riduzione corporea è il sintomo più evidente del deficit di GAMT.

Alti livelli di fosfo-GAA e bassi livelli di fosfocreatina sono stati individuati nei topi con deficit di GAMT, mediante lo studio con 31P MRS del cuore, muscolo scheletrico e cervello. E’ interessante notare che nei muscoli delle zampe posteriori di questi topi, la concentrazione di fosfo-GAA era simile a quella della fosfocreatina nei topi sani; ciò suggerisce che nei topi con defiti di GAMT il fosfo-GAA sostituisce la fosfocreatina come donatore di fosfato ad alta energia. Il ciclo GAA/fosfo-GAA, che si svolge nei topi malati, è meno efficiente del ciclo creatina/fosfocreatina, che avviene nei topi sani, a causa della bassa affinità della creatina chinasi (CK) per il fosfo-GAA.

Il ripristino delle concentrazioni cerebrali di creatina nei topi con deficit di GAMT si ha mediante l’assunzione di creatina [47].

1.8.3 TOPI COME MODELLI PER IL DEFICIT DI CRTR

I topi con deficit di CRTR hanno mostrato una carenza nell’apprendimento e nella memoria. Nei topi malati maschi, la creatina era assente nel cervello e in quantità bassa nel cuore e nei testicoli, mentre era aumentata la concentrazione ippocampale e prefrontale di serotonia e dell’acido 5- hydroxyindole acetico.

Le femmine di topo malato ha mostrato una riduzione della creatina nel cervello e un calo della trascrizione dell’SLC6A8.

La domanda interessante da conoscere è come la biosintesi e l’omeostasi della creatina possano adattarsi sull’intero corpo dell’SLC6A8 del topo knockout; è stato osservato che nel muscolo scheletrico si ha un aumento di 3 volte di AGAT senza avere variazioni del gene del GAMT e dell’espressione delle proteine, inoltre si ha un aumento dell’1,5 volte della biosintesi della creatina. Nonostante questa up regulation della biosintesi, non si ha il ripristino totale dei livelli di creatina caratteristici del muscolo del topo wild-type.

Recentemente, è stato sviluppato un modello di topo knockout maschio con SLC6A8 cervello-specifico con un fenotipo simile a quello osservato nei pazienti umani con deficit di CRTR. Esso, utilizzato per valutare le potenziali terapie per i pazienti malati, è stato trattato con ciclocreatina che

(32)

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ha indotto un aumento di ciclocreatina e di ciclocreatina fosfato nel cervello, con un miglioramento della cognizione, dell’apprendimento spaziale e della memoria [48].

1.9 PROTEOMICA

Il termine “proteoma” è stato coniato da Marc Wilkins nel 1994 e indica il “prodotto dell’espressione di un genoma, ovvero la serie completa di proteine codificata da un intero genoma o prodotta da una particolare cellula o tessuto. Il genoma, invece, è la serie completa di geni in un organismo. Può essere definito come la sequenza completa di DNA, anche se può non essere possibile identificare ogni gene inequivocabilmente solo in base alla sequenza [49].

A partire dal 1954 iniziarono le prime scoperte sulla struttura delle proteine che portarono, in seguito, alla pubblicazione di un catalogo di sequenze amminoacidiche. Nel 2001 fu completato il sequenziamento del genoma umano.

Con lo sviluppo di tecniche più evolute, si è potuto manipolare i geni per amplificare la sintesi delle proteine di interesse per le analisi; in questo modo fu scoperta la tridimensionalità delle proteine. Essendoci un collegamento tra proteine e i geni che le codificano, lo studio della proteomica è importantissimo per possedere una banca dati genomica [50].

Ad un genoma possono corrispondere più proteomi per due motivi:

 Esistono modifiche post-traduzionali che modificano il proteoma iniziale  Esiste un sistema di regolazione dell’espressione genica

Esistono diversi approcci proteomici in base agli studi che devono essere effetuati, si hanno quindi:

 Proteomica strutturale  Proteomica funzionale

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33

 Studio e osservazione dell’espressione genica di proteine in seguito a stimoli o condizioni patologiche e fisiologiche.

 Studio degli effetti quali-quantitativi delle modifiche post-trafuzionali.

 Analisi di interazioni tra proteine che si ripercuotono sui processi della vita cellulare.

 Integrazione degli studi sulla struttura proteica con informazioni più specifiche sui vincoli strutturali.

 Identificazione delle proteine che interagiscono con specifici ligandi naturali o sintetici per migliorare i meccanismi farmacologici [51].

Le analisi proteomica prevedono 4 fasi:

1. Scelta e preparazione del campione

2. Separazione delle proteine

3. Individuazione delle proteine con lo spettrometro di massa

4. Confronto con le banche dati di proteomica.

(34)

34

CAPITOLO 2

SCOPO DELLA TESI

La sindrome da deficit del trasportatore della creatina (CRTR-D) fa parte di un gruppo di patologie a deficit di creatina basate su errori congeniti del metabolismo, denominati complessivamente Creatine Deficiency Syndromes (CDS), e CRTR-D è una condizione legata al cromosoma X che interessa l'assorbimento di creatina cellulare. Risultato di questo deficit è la deplezione totale di creatina a livello cerebrale con conseguente ritardo mentale, disabilità intellettiva, disturbi del linguaggio, epilessia e disturbi del movimento. Modelli animali preclinici sono strumenti cruciali per analizzare i meccanismi patogenetici delle malattie e per sviluppare nuove strategie terapeutiche. Anche per lo studio delle sindromi da deficit di creatina sono stati creati dei modelli murini in cui la delezione del gene del trasportatore ha portato a topi in cui manca il trasportatore della creatina sia a livello centrale che periferico e che mostrano il fenotipo cognitivo, valutato da test comportamentali, simile all’uomo. Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di analizzare, utilizzando un approccio proteomico, i patterns proteici di mitocondri ottenuti da cervello di topi Wild Type e Knock out per il trasportatore della creatina. Utilizzando quindi l’analisi bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa è stato possibile identificare proteine mitocondriali che risultavano differenzialmente espresse dopo confronto dei pattern proteici nelle due condizioni prese in esame. Le proteine così identificate sono state analizzate tramite il programma Ingenuity Pathway al fine di ricercare le vie metaboliche e i fattori di trascrizione potenzialmente coinvolti in queste alterazioni. Comprendere l’aspetto di una potenziale disfunzione mitocondriale è di particolare interesse e può offrire spunti nell’individuare potenziali bersagli terapeutici per questa patologia.

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35

CAPITOLO 3

MATERIALI E METODI

3.

1 I MATERIALI E LA STRUMENTAZIONE

3.1.1 I MATERIALI

L’acqua è stata filtrata mediante l’apparecchio MilliQ (PS Whatman®, Millipore Corporation, Maid Stone, England). I vari reagenti e i vari solventi sono stati acquistati dalle più comuni fonti commerciali.

La AppliChem ha fornito:

 L’Acrilammide per SDS-PAGE 30%

 Sodio Dodecil (SDS)

 Ammonio persolfato

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36

3.1.2 GLI STRUMENTI

Per determinare la concentrazione delle proteine nei campioni, è stato utilizzato lo spettrofotometro LAMBDA 25 UV7Vis System (PerkinElmer, USA) il cui controllo era esercitato dal software LAMBDA 25 (PerkinElmer USA).

La centrifugazione, prevista nella preparazione della frazione mitocondriale, è stata eseguita mediante la centrifuga modello J2-HS, Beckman, munita di un rotore orizzontale JA 20.

L’isoelettrofocalizzazione è stata realizzata impegando l’apparecchio EttanTM IPGphorTM Isoelectric Focusing System (Amersham Bioscience).

L’elettroforesi è stata eseguita con l’apparecchio Protean II XL Ready Gel (Biorad) con alimentatore EPS 601 Power Sully (Amersham Bioscience).

Per la realizzazione dei gels si è usufruito del Protean Plus Multicasting Chamber (Biorad).

Le immagini dei gel colorati in fluorescenza sono state acquisite mediante lo strumento ImageQuant LAS 4010 appartenente all’azienda Bio-Sciences AB (Uppsala, Svezia).

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3.2 I METODI

3.2.1 LA PREPARAZIONE DEL CAMPIONE

CAMPIONI:

Topi wilde type (n=3) e knock out (n=3) per il trasportatore della creatina sono stati sacrificati all’età di 30 giorni e i cervelli immediatamente prelevati sono stati mantenuti in soluzione fisiologica in ghiaccio e quindi processati per ottenere le preparazione mitocondriali.

PROTOCOLLO PER LA ROTTURA CELLULARE

I cervelli di topo, sono stati opportunamente pesati, sminuzzati, inseriti nell’omogeneizzatore potter, e diluiti 1:10 (peso/volume) con l’isolation Buffer (IB)

L’Isolation Buffer è formato da:

 Hepes 10 mM, pH 7.5

 EDTA 1 mM

 Saccarosio 250 mM

A cui si aggiungono inibitori delle proteasi (IP). L’omogenato è stato ottenuto effettuando 15 strokes, con l’uso di un pestello in teflon.

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3.2.2 ARRICCHIMENTO DELLA FRAZIONE

MITOCONDRIALE DA CERVELLI MEDIANTE

CENTRIFUGAZIONE DIFFERENZIALE

PROTOCOLLO

 L’omogenato è stato trasferito in una corex e centrifugato a 1000 g per 10 minuti a 4°C. Una volta conclusa la centrifugazione, il sovranantante (S1) viene trasferito in una nuova corex; il pellet viene risospeso con 3 ml di IB. Si ottiene una nuova sospensione che viene nuovamente omogenizzata (10 strokes), per migliorare la resa finale dei mitocondri.

 L’omogenato ottenuto viene trasferito nella corex e centrifugato a 1000 g a 4°C per 10 minuti.

 Terminata la centrifugazione, si ricava il sovranatante (S2) e lo si unisce al precedente sovranatante (S1) all’interno della corex. Si centrifuga il nuovo sovranatante, ottenuto dall’aggiunta di S1 + S2, a 1000 g a 4°C per 8 minuti, così da rimuovere gli eventuali nuclei e/o cellule non rotte. A questo punto si ottiene un nuovo sovranatante (S3) che viene sottoposto a centrifugazione a 10000 g per 10 minuti a 4°C.

 Al termine di quest’ultima centrifugazione, si recupera il sovranatante (S4), che rappresenta la frazione citosolica e il pellet, che costituisce la frazione mitocondriale arricchita. I mitocondri così ricavati, subiscono un lavaggio con 2 ml di IB, seguito da centrifugazione a 10000 g a 4°C per 10 minuti.

 Questo lavaggio viene nuovamente ripetuto per due volte.

 I pellet mitocondriali, ottenuti dopo il termine dell’ultima centrifugazione, vengono sospesi in IB e dosati per il successivo dosaggio proteico.

(39)

39

3.2.3 IL DOSAGGIO PROTEICO DC/BIORAD

E’ uno dei metodi principali per determinare la concentrazione proteica in un campione biologico. E’ un metodo colorimetrico, ovvero si basa sulla formazione di complessi colorati tra proteine e reagenti. La procedura viene eseguita a temperatura ambiente e necessita dell’uso di tre reagenti:

 REAGENT A: è una soluzione che contiene ioni rameici

 REAGENT B: ovvero, il reagente di Folin-Ciocalteu (reattivo formato da acido fosfotungstico e acido fosfomolibdico)

 REAGENT S

Il principio base di questa tecnica, è quello di Lowry in cui una soluzione di solfato di rame, in ambiente basico, forma complessi tetravalenti con gli amminoacidi tirosina e triptofano, sviluppando una colorazione iniziale che si diffonde nel tempo, creando ulteriori complessi tra il rame e gli altri amminoacidi nel campione. Essi, in seguito, riducono il reattivo di Folin-Ciocalteu, ovvero, riducono l’acido fosfotungstico e l’acido fosfomolibdico a tungsteno blu e molibdeno blu rispettivamente, con picchi massimi di assorbimento intorno ai 750 nm e di minimo intorno a 405 nm.

Il colore che si sviluppa è causato dagli amminoacidi tirosina e triptofano e dalla cisteina, cistina e istidina; l’intensità del colore è proporzionale alla concentrazione di proteine nel campione.

Per avere una valutazione significativa della concentrazione delle proteine nel campione, è necessario disegnare una retta di taratura (realizzata sempre in doppio), prendendo, come proteina di riferimento a concentrazione nota, l’albumina sierica bovina (BSA).

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40

PROTOCOLLO

 La soluzione di BSA e tampone di risospensione vengono preparate in modo tale da ottenere una concentrazione di 2 µg/µl.

 Vengono preparate 5 diverse concentrazioni di proteina standard in acqua MilliQ per disegnare la retta in doppio. In ogni provetta ci saranno sempre 20 µl e le concentrazioni di BSA, in ordine crescente, saranno: 0,3 – 0,6 – 1,2 – 1,8 – 2 mg/ml. Grazie a queste concentrazioni, si otterranno intervalli di stabilità entro cui dovranno cadere i valori del campione, garantendo così un’analisi accurata (Tabella n°1).

ACQUA MQ BSA [BSA] MICROGRAMMI BSA

BIANCO 20µl 0 µl 0 µg/µl 0 1 17µl 9 µl 0,3 µg/µl 6 2 14 µl 6 µl 0,6 µg/µl 12 3 8 µl 12 µl 1,2 µg/µl 24 4 2 µl 18 µl 1,8 µg/µl 36 5 0 µl 20 µl 2 µg/µl 40

Tabella n°1: Schema riassuntivo che mostra le 5 concentrazioni di BSA per disegnare la retta in doppio.

 Si deve, adesso, scegliere il grado di diluizione adeguata per la preparazione del campione. Si sospende lo stesso in acqua MilliQ per un volume totale di 20 µl. Il grado di diluizione scelto è stato 1:20, ovvero 1 µl di campione su 19 µl di acqua MilliQ.

 A tutte le provette vengono aggiunti 100 µl di soluzione A*, ottenuta secondo la seguente relazione: 20 µl di reagente S in 1000 µl di reagente A.

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41

 A tutte le provette si aggiungono 800 µl di reagente B

 Si agita nuovamente con vortex

 Si lascia incubare per 30 minuti a temperatura ambiente

 Infine, si può leggere l’assorbanza allo spettrofotometro UV/Vis, alla lunghezza d’onda di 750 nm.

Dopo aver acceso il programma, per la lettura allo spettrofotometro, è necessario azzerare; per fare questo, si inserisce, nello strumento, la cuvetta contenente acqua MilliQ. Fatto questo, siamo pronti per la lettura effettiva: si inseriscono le altre cuvette (in turni da 6). Il programma fornisce dei dati che rappresentano l’assorbanza dei nostri campioni.

A questo punto possiamo disegnare la retta di taratura. Quest’ultima si basa sulla legge di Lambert-Beer, che stabilisce una proporzionalità diretta tra assorbanza e concentrazione proteica di un campione. Il grafico che si ottiene è una retta passante per l’origine degli assi. L’equazione generale della retta di taratura è y = mx dove:

 y: è l’assorbanza

 x: è la concentrazione proteica

(42)

42

3.2.4 L’ELETTROFORESI BIDIMENSIONALE

L’elettroforesi bidimensionale o elettroforesi su gel in due dimensioni, è un procedimento analitico che permette di separare le proteine di un campione in base:

 Al punto isoelettrico.

 Al peso molecolare.

Essa deriva dall’accoppiamento di due tecniche elettroforetiche, sviluppate da U.K. Laemmli, da M. Gronow e da G. Griffith; i due processi alla base dell’elettroforesi sono:

 Elettroforesi in gradiente di pH o isoelettrofocalizzazione.

 Elettroforesi con SDS (Sodio Dodecilsolfato che è un detergente anfifilico).

Questo procedimento prevede due corse elettroforetiche:

1. Prima dimensione che sfrutta, come parametro di separazione delle proteine, il punto

isoelettrico.

2. Seconda dimensione che sfrutta, come parametro di separazione delle proteine, il peso

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43

3.2.4.1 LA PRIMA DIMENSIONE

La prima dimensione, o isoelettrofocalizzazione, è una corsa che permette di separare le proteine in base al punto isoelettrico, in virtù delle proprietà anfotere di queste molecole, ovvero nella capacità di cambiare carica elettrica a seconda del pH del mezzo in cui vengono a trovarsi.

Il punto isoelettrico (pI) rappresenta il valore di pH in cui si istaura l’equilibrio delle cariche positive e negative presenti nella proteina stessa; in questo modo quest’ultima risulta avere carica neutra e si presenta nella sua forma zwitterionica.

Le proteine acquisteranno carica positiva per valori di pH inferiori al pI, mentre acquisteranno carica negativa per valori superiori; la proteina deve essere posta in un gradiente di pH e sotto l’influenza di un campo elettrico.

Proteine diverse possono avere lo stesso pI, per questo si rende necessaria un’ulteriore separazione (la seconda dimensione) non più basata sulle proprietà elettriche della molecola, ma in base al suo peso molecolare.

Per poter sfruttare questa tecnica è necessario un supporto in gel di poliacrilammide, su cui è generato un gradiente di pH stabile grazie alla presenza di carrier di anfoliti che sono miscele di polimeri di amminoacidi con cariche superficiali corrispondenti ai diversi range di pH e sono disponibili come strip prefabbricate, contenenti gradienti immobilizzati di pH (IPG).

Le strip che sono in commercio sono di varie lunghezze (7-11-13-18-24 cm), con vari intervalli di pH (3-10; 4-7; 6-11; 6-9; 3,5-4,5) e possono essere classificate in:

1. Lineari (L).

2. Non lineari (NL).

Dopo aver caricato il campione proteico su una striscia sottile di gel di poliacrilammide che si trova sulla strip, si collega l’elettrodo positivo (anodo) all’estremità acida del gradiente e l’elettrodo negativo (catodo) all’estremità basica. Quando viene applicato il campo elettrico a questa strip, le proteine del campione iniziano a muoversi: quelle dotate di carica netta positiva migrano verso il catodo, mentre quelle dotate di carica negativa migrano verso l’anodo (Fig.7).

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44

Fig.7: Spostamento delle proteine in base al PI, lungo il gradiente di pH nella strip

La corsa continua fino a quando le proteine non raggiungono la zona del gradiente di pH in cui la loro carica netta equivale a zero, ovvero fino a quando non raggiungono il loro punto isoelettrico.

Esse si focalizzano in una zona molto ristretta e ciò fa sì che la IEF sia una tecnica ad alta risoluzione.

Nel nostro protocollo sperimentale si utilizzano strip lineari di 18 cm con gradiente di pH 3-10

 Si prendono 6 eppendorf (3 per i campioni provenienti dai topi knock-out e 3 per i campioni provenienti dai topi wild-type) e in ciascuna di esse si inseriscono i nostri campioni, ottenuti prelevando aliquote uguali in µg di proteine; la quantità totale prelevata risulta essere 250µg di proteine ed essa viene poi portata ad un volume totale di 450µl con una soluzione di

reidratazione o rehydration composta da:

 Urea 7M, un agente denaturante e solubilizzante.

 Tiourea 2M.

 Chaps 4%, un detergente ionico o zwitterionico.

 0.002% Blu di bromofenolo, un tracciante colorato.

 Acqua MilliQ.

A cui viene aggiunto il ditiotreitolo (DTT), un agente riducente alla concentrazione finale di 60 mM. Si lascia incubare per 30 minuti.

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45

Gli ultimi componenti da aggiungere sono gli anfoliti con gradiente di pH 3-10 (concentrazione finale 1,2%).

 Si prendono le strip lineari conservate a -20°C.

 Negli alloggiamenti lungo la superficie del Reswelling Tray si caricano i campioni goccia a goccia.

In questi alloggiamenti, si inseriscono le strip, con i gels rivolti verso il basso, a contatto con i campioni.

 Si copre tutta la superficie con l’olio minerale per evitare l’evaporazione e la cristallizzazione dell’urea. Si lascia idratare in maniera passiva, a temperatura ambiente, per 24 ore.

 Per la prima dimensione si usa l’IPGphor (American Biosciences, fig.8). Passate le 24 ore necessarie per l’idratazione, si copre l’intera superficie del Manifold con l’olio minerale e, in seguito, si trasferiscono le strip dal Reswelling Tray a quest’ultimo.

Il Manifold è un dispositivo in ceramica d’ossido di alluminio che rappresenterà l’alloggiamento in cui si farà avvenire la corsa elettroforetica.

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 Bisogna fare attenzione a sistemare le strip nel Manifold, che viene posizionatosull’EttanIPGphor (precedentemente messo in bolla) con i gels rivolti verso l’alto. Inoltre, la parte positiva della strip deve corrispondere al polo positivo dello strumento.

 Si prendono i PAD (rettangoli di una particolare carta per IEF) e si bagnano con 150 µl di acqua MilliQ. I PAD vengono posizionati, con la superficie bagnata, alle estremità della strip a contatto con il gel.

I PAD sono essenziali per evitare di bruciare gli elettrodi e per assorbire gli eventuali precipitati di derivazione ionica.

 Inserisco gli elettrodi con la parte metallica a contatto con i PAD.

 Si aziona lo strumento per far partire la corsa che avrà una durata di circa 15 ore e 10 minuti e prevede diversi steps a voltaggio crescente.

3.2.4.2 L’EQUILIBRATURA DELLE STRIP

Finita la corsa della prima dimensione, si procede all’equilibratura delle strip utilizzando una soluzione denaturante contenente SDS in grado di impartire cariche negative alle proteine e permettere la separazione in seconda dimensione in base al peso molecolare.

Questa fase prevede due incubazioni della durata di 15 minuti delle strip a temperatura ambiente e sotto oscillazione costante, con due soluzioni una di seguito all’altra:

1. La prima soluzione è composta da 10 ml di sodio dodecilsolfato (SDS) – Equilibration buffer e DTT 1%, per mantenere in forma ridotta le proteine

2. La seconda soluzione è composta da 10 ml di SDS – Equilibration buffer e iodacetamide (IAA) 2,5%, per l’alchilazione dei gruppi sulfidrilici e per inibire eventuali reazioni di riossidazione.

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L’SDS-Equilibration buffer è costituito da:

 Tampone Tris-HCl 50 mM, pH 8.8: è la soluzione equilibrante che mantiene la strip all’interno di un certo e adeguato intervallo di pH per l’elettroforesi.

 Urea 6 M e Glicerolo 30%: per evitare le interferenze legate alle cariche fisse delle strip che possono portare ad un’alterazione del trasferimento delle proteine nel gel, durante la seconda dimensione.

 Sodio Dodecil-Solfato 2%: detergente anionico che denatura le proteine e conferisce loro carica negativa; in questo modo la velocità della corsa è inversamente proporzionale alla massa.

 Blu di bromofenolo 1%: colorante per la visualizzazione della corsa elettroforetica.

 Acqua MilliQ.

Prima della fase di equilibratura, siccome la seconda dimensione consiste in una corsa elettroforetica su gel di policrilammide al 12,5%, è necessario preparare sia quest’ultimo, sia il tampone di corsa o

Running buffer 1x. Il gel è composto da:

 Acqua MilliQ

 Tris-Hcl pH 8,8

 Acrilammide

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 Temed, il catalizzatore

Una volta ottenuta la soluzione, essa viene colata tra due lastre di vetro di 20 cm x 20 cm x 1,5 mm precedentemente lavate con Etanolo 70% e montate su supporti che le mantiene parallele. Gli spaziatori di plastica mantengono distanti le lastre di vetro.

Dopo aver colato la soluzione, si deposita una piccola quantità di butanolo sulla superficie del gel per proteggerlo dall’aria (l’ossigeno inibisce la polimerizzazione). Si lascia polimerizzare.

Il Running buffer 1x si ottiene per diluizione 1:10 del Running buffer 10x e viene conservato a 4°C fino al momento dell’uso.

Il Running buffer è costituito da:

 Tris base 25mM

 Glicina 192 mM

 SDS 0,1%

 Acqua per preparazioni biologiche.

3.2.4.3 LA SECONDA DIMENSIONE

La seconda dimensione, o elettroforesi in SDS-PAGE, si basa su una corsa elettroforetica, infatti, le bande proteiche sviluppate nella prima dimensione vengono sottoposte ad un campo elettrico e risolte, ovvero separate, in base al loro peso molecolare (PM).

Inizialmente, il campione proteico viene trattato con sodio dodecilsolfato (SDS), un detergente ionico che forma delle micelle molto affini alle proteine da denaturarle e da mascherare le cariche intrinseche. Inoltre, esso:

1. Fornisce, a tutte le proteine, carica negativa netta e quindi le uniforma, rendendo trascurabile la carica nativa della proteina stessa.

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2. Denatura la proteina, destabilizzandone la struttura.

3. La proteina acquista una forma linearizzata e una carica negativa proporzionale alla sua massa, in modo tale da ottenere un rapporto carica/massa uguale per proteine diverse (Fig.9).

Fig.9: Azione dell’SDS sulle proteine.

Si passa poi alla creazione del gel di poliacrilammide con una percentuale del 12,5%. Per fare questo bisogna polimerizzare l’acrilammide in modo tale che formi un reticolo tridimensionale che verrà usato come supporto. A questo scopo si utilizza l’ammonio persolfato (APS), come iniziatore della reazione radicalica, e l’N-tetrametilenetilendiammina (TEMED), come catalizzatore della formazione dei radicali liberi.

A questo punto può avere inizio la corsa elettroforetica su gel di poliacrilammide. Come detto in precedenza, grazie all’SDS, le proteine presenti nel campione hanno acquistato un rapporto carica/massa identico, pertanto applicando una differenza di potenziale a 90° rispetto alla prima corsa, esse si muoveranno nel gel, grazie alla loro carica negativa, e si separeranno esclusivamente in base al loro diverso peso molecolare.

Nello specifico, le proteine migreranno verso il polo positivo con una mobilità proporzionale al rapporto massa/ carica che è identico per tutte le proteine, tuttavia la differenza nella mobilità delle

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proteine è dovuta alle forze di attrito (Fig.10); il gel, infatti, funge da “setaccio molecolare” e separa le proteine solo sulla base del loro peso molecolare:

 Proteine ad alto peso molecolare subiranno un attrito maggiore e si muoveranno più lentamente nel gel verso il polo positivo.

 Proteine a basso peso molecolare passano più facilmente attraverso le maglie del gel e di conseguenza si muoveranno più velocemente verso il polo positivo.

Fig.10: Il processo dell’elettroforesi bidimensionale

In questa fase, una volta terminata l’equilibratura, si toglie il butanolo dal gel. In seguito si inseriscono le strip, con il gel rivolto verso alto, nello spazio tra le due lastre di vetro, in modo tale da farle aderire al vetro in contatto con il gel polimerizzato, poi vengono montate sugli appositi supporti (il tutto forma la camera interna che andrà inserita all’interno della camera esterna). Si cola l’agarosio 0,1% caldo per bloccare le strip.

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La camera interna viene inserita all’interno della camera esterna; poi si riempie prima la camera interna e poi quella esterna con il Running Buffer 1x.

A questo punto si può iniziare la corsa elettroforetica della seconda dimensione ad amperaggio costante; ci sono comunque due step da rispettare:

1. Primi 15 minuti con 15 mA per gel,

2. Restante tempo con 40 mA per gel.

La corsa è conclusa quando il blu di bromofenolo si trova in fondo alla camera interna, ovvero quando esce dal fondo del gel.

Al termine della corsa, si annotano i parametri, si rimuovono dai vetri i gels e si taglia l’angolo in basso a sinistra degli stessi, che corrisponde alla parte postiva, per riconoscere, in maniera univoca, il loro orientamento.

3.2.4.4 LA COLORAZIONE ED ACQUISIZIONE DELLE

IMMAGINI

Alla fine della corsa, sul gel possiamo osservare, con l’aiuto di un colorante, un insieme di “chiazze” o “spot”: ad ogni spot corrisponde una sola proteina.

Per poter evidenziare le bande, ovvero le proteine, queste devono essere colorate, utilizzando il rutenio.

Nello specifico abbiamo proceduto come descritto:

 Al termine della seconda dimensione i gels sono trasferiti in appositi contenitori dove viene effettuato il fissaggio delle proteine. Aggiungendo 200 ml di soluzione di fissaggio i gels rimarranno immersi in tale soluzione per 1 ora, sotto agitazione costante e a temperatura ambiente.

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 Acido fosforico 1%

 Etanolo 30%

 Acqua per preparazioni biologiche.

 Il passaggio successivo prevede la colorazione dei gels: ad altri 200 ml di soluzione di fissaggio, viene aggiunto il rutenio (ruthenium II tris tetrasodium salt) 1µM, un colorante fluorescente, scelto per la sua linearità, la sua stabilità nel tempo e per la sua compatibilità con la spettrometria di massa.

I gels vengono lasciati a colorare per tutta la notte (overnight), sotto agitazione costante e al buio (il rutenio è un colorante fotosensibile).

 La mattina successiva si esegue la decolorazione dei gels: la soluzione con il colorante viene sostituita con la sola soluzione di fissaggio costituita da acido fosforico, etanolo e acqua (200 ml per gel). Si lascia in agitazione a temperatura ambiente per 5 ore.

 Prima dell’acquisizione, i gel sono lavati con acqua per preparazioni biologiche sotto agitazione costante, a temperatura ambiente e per 15 minuti.

 Attraverso lo strumento Image-Quant LAS4010 (GE Health Care) si acquisisce l’immagine dei gels, grazie al fenomeno della fluorescenza del rutenio; l’acquisizione viene eseguita a 8 e 16 secondi.

Riferimenti

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