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LA REVISIONE DELLA SITUAZIONE PATRIMONIALE INTERMEDIA AI FINI DELLA RATEAZIONE DEI DEBITI TRIBUTARI

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INDICE

INTRODUZIONE………» 3

1° CAPITOLO: CRISI AZIENDALE 1.1 Introduzione……….» 5

1.2 I Fattore Della Crisi……….» 8

1.3 Le Manifestazioni Della Crisi Ed I Suoi Diversi Livelli Di Gravità…...» 12

1.4 Tipologie Di Crisi………» 16

1.5 I Soggetti Che Operano Nel Contesto Di Crisi………» 20

1.6 Il Ruolo Degli Amministratori E L’informativa Di Bilancio…………..» 24

1.7 Il Ruolo Del Collegio Sindacale E Della Società Di Revisione ……….» 31

- 1.7.1 Il collegio sindacale………..» 31

- 1.7.2 La società di revisione………..» 35

2° CAPITOLO: LA RATEAZIONE DEI DEBITI TRIBUTARI 2.1 Introduzione……….» 46

2.2 La Procedura Di Rateazione………» 47

2.3 Redazione Situazione Intermedia………» 60

2.4 Art 182-ter L.F. trattamento dei crediti tributari e contributivi………...» 67

3° CAPITOLO: LA REVISIONE DELLA SITUAZIONE PATRIMONIALE INTERMEDIA AI FINI DELLA RATEAZIONE DEI DEBITI TRIBUTARI 3.1 Introduzione………» 75

- 3.1.1 Significatività………...» 76

- 3.1.2 Rischio di revisione………..» 79

3.2 Le procedure di revisione ………» 81

- 3.2.1 ISRE 2410, “Review of Interim Financial Information Performed by the Independent Auditor of the Entity”………..» 85

- 3.2.2 Procedure Di Review Of Interim Financial Information…….» 89

- 3.2.3 Management Representation Letter……….» 94

- 3.2.4 Relazione Di Revisione………» 96

3.3 Analisi di alcune aree di bilancio ………» 98

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2

- 3.3.2 Immobilizzazioni Materiali Ed Immateriali……….» 98

 3.3.2.1 Procedure di revisione per il bilancio d’esercizio……» 100

 3.3.2.2 Procedure per la review di una situazione intermedia .» 108 - 3.3.3 Crediti Verso Clienti………» 110

 3.3.3.1 Procedure di revisione per il bilancio d’esercizio……» 111

 3.3.3.2 Procedure per la review di una situazione intermedia .» 116 - 3.3.4 Disponibilità Liquide………» 117

 3.3.4.1 Procedure di revisione per il bilancio d’esercizio……» 118

 3.3.4.2 Procedure per la review di una situazione intermedia .» 122 - 3.3.5 Debiti Verso Fornitori………..» 123

 3.3.5.1 Procedure di revisione per il bilancio d’esercizio……» 123

 3.3.5.2 Procedure per la review di una situazione intermedia .» 128 - 3.3.6 Le Rimanenze Di Magazzino………...» 129

 3.3.6.1 Procedure di revisione per il bilancio d’esercizi……..» 129

 3.3.6.2 Procedure per la review di una situazione intermedia .» 137 CONCLUSIONI………..……» 139

BIBLIOGRAFIA...» 144

SITOGRAFIA……….» 148

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INTRODUZIONE

I motivi della scelta di un tema di tesi, come quello che qui si sviluppa, sono dettati da un percorso formativo e di esperienza professionale, iniziato circa tre anni fa, presso la società di revisione BDO Italia S.p.A.. In questo periodo ho potuto affrontare diverse tematiche dalle più classiche alle più particolari, analizzando e osservando molte realtà aziendali.

Durante il mio lavoro un argomento che ho potuto esaminare è stato la revisione dei bilanci intermedi1. In questo caso non parliamo di una revisione di un bilancio annuale, il quale rispecchia l’andamento economico-patrimoniale di 12 mesi (normalmente con apertura 1 gennaio chiusura 31 dicembre), ma di un bilancio in cui viene scelta, come deadline, una data intermedia all’esercizio (inferiore ai 12 mesi). Una casistica interessante che ho potuto trattare in prima persona è stata la revisione del bilancio intermedio ai fini della rateazione dei debiti tributari.

Nello scenario odierno, molte aziende hanno difficoltà ad onorare i propri debiti e in particolar modo quelli tributari. Per queste ragioni cercano di dilazionarli in modo da avere una pressione debitoria minore almeno nel breve periodo.

La società di revisione in questo specifico caso è chiamata a verificare la correttezza del bilancio intermedio redatto dalla società che presenta l’istanza di rateazione come descritto nella direttiva Equitalia DRS/NC/2008/017 del 13 maggio 2008: “una relazione relativa allo stato economico-patrimoniale redatta secondo i criteri previsti dall'art. 2423 e segg. del cod. civ. risalente a non oltre due mesi dalla data di

1 Un bilancio intermedio ha l’obiettivo di informare il pubblico circa l’evoluzione della gestione aziendale

in corso d’esercizio, sia per gli aspetti patrimoniali sia per quelli reddituali, e risponde all’esigenza degli utilizzatori del bilancio di avere a disposizione informazioni contabili con frequenza maggiore rispetto al tradizionale periodo annuale. Si possono distinguere in:

 Obbligatori, quando sono prescritti dalle norme di legge o da regolamenti;  Volontari, quando sono redatti per utilità o convenienza dell’imprenditore;

 Straordinari, quando sono legati ad eventi straordinari nella vita dell’impresa (trasformazioni, conferimenti e liquidazioni) e sono redatti con criteri di formazione e valutazione diversi dai bilanci d’esercizio.

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4 presentazione della domanda ...[omissis]... approvata dall'organo di controllo contabile”.

Nei capitoli che seguiranno verrà esaminato il contesto in cui le società di revisione operano, i principi di revisione che devono applicare e gli obiettivi che intendono perseguire.

In modo particolare nel primo capitolo verrà affrontato il tema della crisi aziendale ed il ruolo dei soggetti che devono operare in tale situazione: partendo dalle cause che possono portare alle difficoltà aziendali2, proseguendo con le responsabilità degli amministratori, terminando con il ruolo che può avere il collegio sindacale ed il revisore; quest’ultimo, inoltre, ha tra i suoi obiettivi quello di verificare la continuità aziendale3 (going concern).

Nel secondo capitolo, invece, verrà descritta la procedura di richiesta di rateazione dei debiti tributari, così come riportata dalle direttive emanate da Equitalia. Inoltre sarà analizzata la possibilità di effettuare una transazione fiscale, disciplinata dall’art. 182-ter l.f.. Infine verranno esposti i principi contabili che devono rispettare le aziende nel predisporre le situazioni economico patrimoniali intermedie.

Nel terzo capitolo, infine, verrà affrontato il tema della revisione della situazione patrimoniale intermedia ai fini della rateazione dei debiti tributari, la quale è disciplinata dal documento di ricerca Assirevi 196. In questa parte saranno illustrate le procedure di revisione applicate e sarà effettuato un confronto con le procedure adottate nella revisione di un bilancio di esercizio.

2 Questo elaborato non ha il fine di affrontare l’argomento della crisi aziendale, vista l’enorme letteratura

che è stata prodotta nel corso del tempo su questo tema.

3 Tale aspetto è disciplinato dal Principio di revisione internazionale (ISA Italia) 570 “Continuità aziendale”.

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1° CAPITOLO: CRISI AZIENDALE

1.1 INTRODUZIONE

La notevole ripercussione della congiuntura economica globale e, in particolare, l’effetto negativo dell’attuale crisi internazionale dei mercati finanziari ha inevitabilmente reso il fenomeno della crisi d’impresa di rilevante attualità.

La crescente dinamicità dei mercati e l’incremento della competitività a livello globale si è riflessa, in particolare, in un più elevato livello di rischio associato allo svolgimento dell’attività economica dell’impresa. La possibilità di incorrere in un sentiero involutivo, rappresenta quindi un rischio che caratterizza il ciclo di vita di tutte le imprese operanti in un contesto economico complesso. Per tale ragione, al di là degli sporadici ma pur sempre negativi eventi macro-economici, è possibile definire la situazione di crisi come un fenomeno in un certo senso atteso della vita d’impresa.

Prima di analizzare il fenomeno della crisi aziendale, interessante è distinguere il concetto di declino da quello di crisi. In entrambi i casi vi è una performance negativa, che si riflette in una riduzione del valore capitale economico.

Nello stadio di declino (il quale preannuncia quello di crisi) la distruzione di valore deriva dalla riduzione dei flussi reddituali (e soprattutto da una riduzione dei flussi reddituali futuri) oltre che dall’aumento della rischiosità aziendale (e quindi dell’incertezza dei flussi stessi).

Nello stadio, più grave, di crisi, la condizione di disequilibrio economico si riversa, sul piano finanziario, nell’incapacità di generare flussi finanziari, generando dunque delle tensioni. In questo stadio, se non vi è un tempestivo e opportuno intervento volto a ripristinare le sane condizioni di gestione, l’azienda arriverà presto al punto in cui vi sarà una totale distruzione del valore economico. In tal senso, la condizione di crisi, può essere intesa come situazione nella quale l’attività d’impresa distrugge valore economico, in prima istanza nella prospettiva degli azionisti e, successivamente, in quella degli altri stakeholder.

La crisi, quindi, arriva come sviluppo e aggravamento di una situazione di declino. Spesso ciò avviene in concomitanza di un trigger event (fattore scatenante), di origine esterna o interna all’azienda.

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6 Il legislatore non ha mai definito cosa intende per crisi, forse perché ritenuto banale, forse perché vi è un implicito rinvio alle discipline aziendali.

La questione è rilevante non solo per definire formalmente il momento a partire dal quale le procedure volte a scongiurare il fallimento4 sono esperibili, ma anche per tutti quei casi in cui periti ed esperti ricevono incarichi giudiziali che contengono un quesito circa la determinazione temporale del momento nel quale si verifica la crisi di impresa. Purtroppo nella prassi accade che il momento di verifica della crisi viene fatto coincidere con quello di grave insolvenza, vanificando in sostanza le finalità ultime degli istituti prefallimentari, i quali dovrebbero consistere nel tentativo di risanare l’impresa salvaguardandone la continuità gestionale prima che inizino le aggressioni al patrimonio da parte di creditori insoddisfatti, con conseguente progressivo disfacimento liquidatorio dell’impresa.

La coincidenza “crisi = (grave) insolvenza” poggia peraltro su due basi oggettive. Da un lato la certezza dell’insolvenza, intesa come comportamento facilmente verificabile anche da parte di soggetti esterni all’impresa (sistematico inadempimento delle obbligazioni assunte). Dall’altro, si deve mettere in conto il comportamento di molti imprenditori che decidono di ricorrere alle procedure prefallimentari solo quando costretti da situazioni ormai compromesse da gravi insolvenze e per le quali si può prospettare un fallimento. Quest’ultimo comportamento si basa su una malintesa percezione di visibilità di una disfatta imprenditoriale derivante dal ricorso a tali procedure che molti imprenditori, legati profondamente alla propria impresa, avvertono. Detto comportamento è umanamente comprensibile, ma non giustificabile razionalmente.

Per cui, in sostanza, il concetto di crisi oscilla tra l’estremo fin troppo generico di sistematici andamenti negativi dell’impresa tali da richiedere un intervento energico, all’altro estremo, abusato nella prassi imprenditoriale, professionale ed anche giudiziaria, fin troppo specifico e tardivo, che la crisi si identifica con una insolvenza finanziaria. Non è con tali estremizzazioni concettuali che si facilita l’applicazione delle procedure della legge fallimentare volte a scongiurare il fallimento. Non le si facilita intendendo la crisi come situazione complessiva di andamento negativo, perché lascia

4Vi sono diversi strumenti che l’imprenditore può mettere in atto per evitare la procedura fallimentare, ad

esempio il concordato preventivo (art. 160 l.f.), accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.), adozione di un piano volto al risanamento (ex art. 67 co. terzo, lett. d, l.f.).

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7 permanere numerose incertezze negli operatori giuridici circa le modalità di accertamento. Ma allo stesso tempo, interpretando la crisi come grave insolvenza effettiva, si fa in modo di render quasi vano il ricorso a concordati o ristrutturazioni, che finiscono per essere spesso delle anticamere al fallimento definitivo.

Serve pertanto una definizione del concetto di crisi che sia operativa, la quale deve presentare almeno due caratteri di fondo:

1) Puntualità, ossia temporalmente identificabile con una certa precisione, con l’idea di poterne definire un inizio (momento in cui l’azienda entra in crisi); 2) Verificabilità, intendendo con ciò la possibilità di poterla riscontrare con un

grado di discrezionalità ridotto anche da parte di un soggetto diverso dall’imprenditore.

Inoltre la definizione del momento in cui l’impresa entra in crisi è necessaria perché può sensibilizzare imprenditori e relativi consulenti sulla necessità di adottare gli opportuni provvedimenti e responsabilizzare gli organi di controllo societari sulla esigenza di domandare agli amministratori la proposizione di una strategia di risanamento e conseguente piano.

La letteratura economico-aziendale, attinente allo studio della crisi d’impresa, si sviluppa sostanzialmente su due macro-filoni di analisi: il primo è rappresentato da quei contributi aventi ad oggetto la crisi di interi sistemi economici, settori produttivi o aree geografiche, il secondo è costituito invece da quei contributi aventi ad oggetto la crisi di singole realtà aziendali5.

È possibile, dunque, riassumere le principali prospettive secondo le quali il tema della crisi è stato affrontato, in:

 Prospettiva macroeconomica: la crisi è caratterizzata da livelli di attività produttiva più bassi di quelli che si porrebbero ottenere utilizzando completamente e in maniera efficiente, tutti i fattori produttivi a disposizione. L’attenzione è posta, quindi, sulle dinamiche delle variabili strutturali, quali il costo e la disponibilità dei fattori produttivi, lo sviluppo tecnologico e la capacità di innovazione, i fattori ambientali e socio-politici.

 Prospettiva settoriale: l’attenzione è rivolta alle dinamiche delle variabili sopracitate in contesti o confini ben definiti e delineati.

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8  Prospettiva aziendale: riguardano gli studi delle singole realtà aziendali che possono essere sostanzialmente suddivisi in due macro aree: la prima costituita, da studi di natura tipicamente finanziaria, incentrati sulla problematica della possibile previsione di insolvenza aziendale; la seconda, è invece rappresentata da quell’insieme di contributi che indagano le cause delle crisi in termini di natura strategico-manageriale.

1.2 I FATTORI DELA CRISI

L’analisi del fenomeno delle crisi aziendali non può prescindere dall’esame dei singoli fattori che più frequentemente ne sono all’origine.

Un richiamo ad alcune categorie di cause, valutando congiuntamente le dinamiche economico-finanziarie in cui l’azienda si trova ad operare, consente di fornire una certa chiave interpretativa del fenomeno al fine di comprendere le determinanti delle variazioni negative di valore che il capitale economico dell’azienda subisce.

Riconoscere le cause della crisi rappresenta dunque la premessa per individuare i rimedi, sotto il profilo strategico operativo, che possono consentire di intraprendere un percorso di ritorno alla creazione di valore e quindi una successiva attuazione delle strategie idonee al risanamento.

Va sottolineato che la gestione aziendale, anche in situazione normale, comporta inevitabilmente una serie di piccoli squilibri aziendali, quasi fisiologici, che si ripetono nel tempo. Queste situazioni critiche non necessariamente sfociano in dissesti evidenti per tutti gli stakeholder, infatti, soprattutto in presenza di un management accorto, è possibile riuscire a governare tali squilibri in modo da evitare situazioni di maggiore instabilità.

Ciò premesso, le cosiddette patologie aziendali, presenti normalmente nella vita delle aziende, si manifesteranno all’esterno solo quando entreranno in una fase acuta. A tal proposito è possibile utilizzare la suddivisione, comunemente adottata in letteratura, delle dinamiche temporali della crisi in quattro distinti stadi: incubazione, manifestazione, squilibrio finanziario ed esplosione6.

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9 Nel periodo dell’incubazione, i fattori oggettivi di declino dell’impresa generano dei segnali di squilibrio rilevabili tramite gli indici statistici e di flusso utilizzati in analisi finanziaria, che possono evidenziare le condizioni critiche e di crescente instabilità in cui versa l’impresa. Un’efficace sistema di controllo di gestione permetterà una tempestiva individuazione delle criticità fornendo spunti per le aree di intervento.

Nella fase di manifestazione, la perdita di flussi reddituali e di valore del patrimonio aziendale viene esplicitata dai dati consuntivi di bilancio.

Gli stadi di squilibrio finanziario e di esplosione, costituiscono la crisi vera e propria, che potrà sfociare, in dissesto. Lo squilibrio finanziario è la manifestazione all’esterno del grave momento di difficoltà che l’azienda sta vivendo. L’esplosione è invece, il momento in cui l’insolvenza e il possibile dissesto raggiungono gli stakeholder aziendali.

La crisi d’impresa, quindi, può essere interpretata quale fenomeno complesso di norma generato dalla contestuale manifestazione di una pluralità di fattori, alcuni esterni all’impresa, altri interni.

In passato si tendeva ad operare una distinzione tra situazioni di crisi a matrice esterna, ove l’impatto di fattori al di fuori del controllo imprenditoriale fosse dominante e determinante, da situazioni di crisi a matrice interna, nelle quali gli errori strategici e organizzativi compiuti dal management aziendale rappresentavano la causa primaria dello stato patologico.

Ad oggi, però, è opinione prevalente in letteratura che questo approccio non sia adeguato, in quanto i fenomeni esterni di rischio, quali ad esempio crisi settoriali o congiunturali, non sono in grado di determinare da soli la crisi dell’impresa7. Tali fattori possono meglio considerarsi delle concause, che aggravano situazioni caratterizzate da carenza organizzativa, inadeguatezza delle competenze professionali, mancanza di adeguati sistemi di controlli interni, fragilità del modello di business o logiche gestionali obsolete, riducendo le possibilità dell’impresa di rinnovarsi e reagire ad un contesto negativo.

La distinzione tra cause esterne e interne appare dunque una classificazione di comodo poiché nella realtà diversi segnali si presentano sovrapposti e, in qualche misura sono legati da relazioni di cui non sempre sono definibili il segno e l’intensità.

7 Cfr. Cardarelli M., “Istituti di allerta e prevenzione nella riforma delle procedure concorsuali”. In:

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10 L’esistenza di condizioni esterne sfavorevoli tuttavia si riflette in maniera più o meno accentuata sulla dimensione interna dell’impresa, sfociando, in funzione delle caratteristiche strutturali operative e finanziarie dell’impresa stessa, in situazioni di declino.

La capacità di riconoscere, interpretare ed analizzare i fattori, riuscendo a cogliere tempestivamente i sintomi all’origine del deterioramento delle condizioni dell’impresa, si traduce quindi nella possibilità di prevenire ed evitare la situazione stessa di declino prima e di crisi poi. Spesso invece, ad una situazione di difficoltà intrinseca si accompagna la difficoltà dell’imprenditore di cogliere o accettare i segnali della crisi, con il rischio di ritardare eventuali azioni correttive ed aumentare la probabilità di default.

Da qui, la distinzione, tra imprese con atteggiamento rassegnato e fatalistico, le quali presentano una cultura sfavorevole al controllo preventivo ai fini dell’identificazione di una situazione di declino o di crisi, a imprese che adottando degli idonei strumenti organizzativi, che presentano una cultura favorevole al controllo preventivo.

Un ulteriore approccio perseguito in letteratura per lo studio delle cause della crisi d’impresa prevede la distinzione tra due aspetti metodologici distinti8.

Il primo individua cause di natura soggettiva, cioè riconducibili al fattore umano, quale principale protagonista del successo o insuccesso di una realtà imprenditoriale. In primis viene messo sotto accusa il management, dalla cui scarsa capacità quasi sempre dipende in larga parte il cattivo andamento dell’azienda. In secondo luogo le critiche vengono indirizzate nei confronti degli azionisti, dalle cui politiche la crisi trae talvolta origine o alimento9. Altre critiche, inoltre, possono investire i finanziatori (si pensi all’eccessiva fiducia concessa da parte degli istituti di credito) e gli addetti a determinate funzioni aziendali (produzione, organizzazione, vendita).

Questo tipo di approccio al problema non si rivela però il più significativo ed adatto a descrivere la complessa realtà aziendale. Ciò in quanto la crisi può dipendere da fenomeni e da forze che sfuggono al dominio degli uomini d’impresa.

8 Guatri L., “Turnaround: Declino, crisi e ritorno al valore”.

9 Si pensi ad esempio alla scarsa disponibilità a conferire mezzi propri, ad eccessive distribuzioni di

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11 Per tali ragioni è più opportuno adottare uno schema di tipo obiettivo nella descrizione e nell’analisi delle cause della crisi. In quest’ottica si potrebbero distinguere cinque tipi fondamentali di crisi, in funzione delle cause che le provocano:

 Crisi da inefficienza, quando uno o più settori dell’attività aziendale operano con rendimenti non in linea con quelli della concorrenza10;

 Crisi da sovraccapacità/rigidità, in seguito ad una duratura riduzione del volume della domanda;

 Crisi da decadimento dei prodotti, causate da riduzioni dei margini positivi tra prezzi e costi al di sotto del limite necessario per la copertura dei costi fissi;  Crisi da carenze di programmazione e innovazione, intesa come incapacità da un

lato di adattare le condizioni di svolgimento della gestione ai mutamenti ambientali e dall’altro di produrre nuove idee dedicando risorse alla ricerca;  Crisi da squilibrio finanziario/patrimoniale: in realtà questo sarebbe più un

effetto che una causa in sé; tendenzialmente infatti è considerabile come causa a sé stante quando fa riferimento a cause legate a fattori ascrivibili all’azienda stessa (rischiosità del settore, forza contrattuale nei confronti delle banche) e all’ambiente in cui opera (mercati finanziari non efficienti).

Le classificazioni sopraesposte consentono quindi di affermare, che la crisi possa essere interpretata come la risultante del concorso di diversi fenomeni tra loro collegati che rafforzandosi, fra di loro, danno vita a dei circoli viziosi. Accade, infatti, che squilibri e carenze operino in modo congiunto e complementare, anche con rapporti di causa/effetto e di scambio reciproco di influenze, al punto che risulta particolarmente difficile stabilire univocamente quale siano state le cause determinanti all’origine del singolo fenomeno.

10 Una prolungata situazione di scarsa efficienza comporta la progressiva perdita di posizioni rispetto ai

concorrenti che si traduce in una minore quota di mercato, con la conseguenza di una diminuzione delle vendite.

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1.3 LE MANIFESTAZIONI DELLA CRISI ED I SUOI DIVERSI LIVELLI DI GRAVITA'

È stato evidenziato come nella realtà, l’individuazione delle cause all’origine di un processo degenerativo non è sempre un compito agevole.

Saper cogliere i sintomi di questa circostanza patologica della vita di un’impresa rappresenta un fattore essenziale per adottare in maniera tempestiva le strategie idonee al superamento della crisi. Risulta quindi opportuno concentrarsi sugli effetti e sulle manifestazioni da un punto di vista economico e finanziario di una situazione di crisi.

Gli effetti della crisi, in tal senso, includerebbero squilibri manageriali, comportamenti riguardanti l’efficienza e paralisi strategiche che possono tendenzialmente apparire in maniera graduale o con manifestazione improvvisa.

Molto spesso in una situazione di declino si può manifestare una riduzione di risorse nel corso del tempo.

In particolare le organizzazioni presenterebbero una riduzione di due tipologie di risorse critiche: manageriali e finanziarie. Gli indicatori di una situazione di crisi per quanto concerne le risorse manageriali si evidenziano in riferimento ad un allontanamento di prestigiosi top manager che riducono il capitale umano delle imprese.

Le risorse manageriali svolgono un ruolo critico perché il prestigio manageriale è una risorsa che fornisce legittimazione agli occhi degli stakeholders esterni. Legittimità che a sua volta assicura all’impresa, soprattutto in situazioni di difficoltà come quelle riscontrabili in contesti di crisi, l’accesso alle risorse di cui necessita nel mercato finanziario.

In riferimento alle risorse finanziarie gli effetti includerebbero la diminuzione di liquidità, redditività e capacità di credito causata da un incremento eccessivo del rapporto di indebitamento nel corso del tempo.

Un’analisi più approfondita dei riflessi che la crisi d’impresa produce a livello economico e finanziario non può comunque prescindere dall’utilizzo di un metodo di analisi entity-based che trova nell’analisi di bilancio, pur con le dovute cautele, il suo strumento più idoneo.

Diviene essenziale esaminare congiuntamente i valori inerenti le diverse aree gestionali al fine di cogliere a quale livello si manifesta in modo più acclamato la crisi della

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13 società. A tale scopo, l’analisi dello Stato Patrimoniale, riclassificato secondo il criterio funzionale11, consente di soddisfare meglio questa esigenza separando l’area operativa da quella finanziaria. Per quanto concerne il Conto Economico, lo schema che permette di tenere distinti ricavi e costi attinenti la gestione operativa, finanziaria e straordinaria, così da apprezzare il contributo che ciascuna di esse fornisce alla formazione del risultato di esercizio, sarebbe quello a valore aggiunto.

Sia a livello di CE, sia a livello di SP, già in una situazione iniziale di declino si assiste ad alcuni segnali di decadenza e squilibri. Il segnale forse più chiaro ed immediato, a livello economico, che induce spesso a ridurre gli investimenti, che altera le strutture finanziarie e che genera sfiducia, è la contrazione dei ricavi e la riduzione dei flussi reddituali (EBITDA).

La riduzione del fatturato si traduce a sua volta in un appesantimento dei costi connessi alle varie aree funzionali, il cui progressivo incremento incide negativamente sui margini operativi soprattutto se sussistono limitate possibilità di intervento sul livello dei prezzi.

In una situazione di crisi, infine, il margine di contribuzione, dato dalla differenza tra ricavi e costi variabili, tende ad assottigliarsi; conseguentemente si riduce la disponibilità residuale per far fronte ai costi fissi della struttura e del personale.

La situazione di crisi si manifesterebbe, in sostanza, attraverso un peggioramento dei risultati operativi. La percezione dello stato di declino, inoltre, influenza notevolmente la dinamica del capitale circolante. In particolare, nel momento in cui la situazione di declino si riflette all’esterno, potrebbero aumentare le tensioni nei rapporti con i fornitori, i quali pretendendo pagamenti a breve, andrebbero ad amplificare la situazione di difficoltà finanziaria dell’impresa. Questa situazione di difficoltà, potrebbe imporre all’impresa, al fine di mantenere o accrescere i livelli di vendita, una ridotta attenzione alla selezione dei clienti. Questo si traduce in un incremento della propria esposizione e potenziali perdite su crediti. Infine, un ulteriore effetto, che influenza negativamente la dinamica del capitale circolante, potrebbe essere l’aumento delle rimanenze.

11 La riclassificazione dello Stato patrimoniale in base al criterio della pertinenza funzionale distingue gli

elementi del patrimonio, sia attivi che passivi, in base alla loro appartenenza alla gestione caratteristica dell'impresa, a quella accessoria o a quella finanziaria.

Scopo di questa riclassificazione è quello di mettere maggiormente in evidenza l'efficienza e la redditività dell'impresa.

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14 Gli effetti più chiari di una situazione di declino sono, quindi, la riduzione dei flussi derivanti della gestione operativa e la conseguente forte riduzione della liquidità.

In queste situazioni, in assenza di un aumento di capitale per far fronte a tale deficit, si richiede un aumento ulteriore dell’indebitamento, con un conseguente deterioramento della struttura finanziaria, fino ad esaurire in breve tempo la capacità di debito. Questa circostanza, per le imprese che non hanno facilmente accesso al credito sfocia nelle situazioni di crisi finanziaria propriamente detta, intesa come incapacità dell’impresa a far fronte agli impegni pregressi relativi a interessi e rimborsi sul debito con i flussi generati dall’operatività interna o anche con l’assunzione di nuovo debito. In questa circostanza, se non si interviene tempestivamente, si perviene ben presto ad una situazione di default.

L’analisi dei dati aziendali, lo studio e il monitoraggio delle tendenze di elementi economici e finanziari, svolte nel corso della gestione, soprattutto se condotte in modo continuativo e sistematico, sono fondamentali al fine di individuare l’esistenza di squilibri gestionali potenzialmente in grado di generare condizioni patologiche dell’impresa. Esse, infatti, oltre a permettere l’individuazione di stati di difficoltà temporanea dell’impresa, consentono di individuare concretamente le cause al fine di impostare correttamente la scelta delle soluzioni volte ad evitare la degenerazione dello stato critico in una situazione patologica.

La metodologia dell’analisi di bilancio, tuttavia, basandosi su dati consuntivi, può risultare intempestiva e presentare limiti informativi. Per questo motivo è necessario che venga integrata con elementi dinamici, quali quelli forniti da analisi di mercato, volte a distinguere gli squilibri settoriali dagli errori strategico-gestionali, e i dati presenti in piani previsionali, i quali devono esporre la futura dinamica gestionale e quindi non si basano su dati consuntivi.

Come già detto nei capitoli precedenti, la crisi è un fenomeno che può presentarsi in maniera graduale nel corso del tempo e presentare al contempo diversi livelli di gravità. Il livello di gravità dipende in ogni caso dalla possibilità di ripristinare le condizioni normali di gestione.

Ad esempio, il mancato rispetto dei covenant finanziari sul contratto di finanziamento potrebbe essere il segnale di un primo livello di gravità del modo di manifestarsi della crisi finanziaria. Tipicamente in queste situazioni l’impresa è ancora in grado di onorare gli impegni relativi al pagamento degli oneri finanziari. Non appaiono dunque minacce

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15 nel breve termine. Tuttavia questo rappresenterebbe una minaccia nel medio termine nel caso in cui non si dovessero attuare degli interventi.

Anche se ci si potrebbe ritrovare in una situazione di difficoltà, questa prima fase potrebbe essere tendenzialmente gestibile. Un presupposto importante a questo proposito riguarda la tempestività nell’individuazione dei segnali della crisi finanziaria. Rilevare la crisi in maniera tempestiva massimizza il numero di strumenti a disposizione della società, per salvaguardare l’azienda nell’ambito di situazioni critiche. Agendo tempestivamente si potrebbero, infatti, considerare alcune possibili soluzioni come il cosiddetto standstill12 o un ulteriore strumento (non facilmente riscontrabile nella pratica), definito equity cure13.

Un secondo livello di gravità in cui si potrebbe manifestare la crisi d’impresa potrebbe essere rappresentato invece, oltre che dal mancato rispetto dei covenants, anche dalla difficoltà in termini prospettici ad adempiere nel breve termine agli impegni finanziari. In questa situazione le complicazioni si manifestano operativamente in termini di difficoltà nei pagamenti dei debiti nei confronti dei fornitori, dei dipendenti, dei debiti verso l’erario e soprattutto la quota capitale del debito.

Un terzo livello di crisi può apparire, infine, con il mancato rispetto dei covenant e l’esplicito mancato rispetto degli impegni di debito pregresso.

Questo può a sua volta presentare diversi livelli di gravità, che dipendono dalla relazione tra impegni di debito pregressi e prospettive sulla capacità dell’azienda di ripristinare condizioni economiche tali da consentire il rispetto di tali impegni.

12 Con questo termine si definisce un accordo di sospensione. In questo caso si intende l'accordo fra un

ente creditizio e il soggetto finanziato, che non intenda procedere al rimborso, di non effettuare le pratiche legali per il recupero del credito in quanto tali operazioni potrebbero compromettere definitivamente il recupero anche parziale del prestito concesso.

13 Clausola che impone l’immissione automatica di equity in presenza di una violazione di alcuni covenants finanziari.

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1.4 TIPOLOGIE DI CRISI

L’analisi concernente le modalità di manifestazione della crisi, ed in particolare i diversi livelli di gravità, ci consente, in una prospettiva più ampia (facendo quindi riferimento oltre che alla dinamica finanziaria, anche a quella economica-operativa), di mappare diverse tipologie di crisi. La necessità di analizzare il fenomeno in questione da una prospettiva che intreccia la dimensione economica e finanziaria, deriva dall’assunzione che il funzionamento regolare dell’impresa, ma soprattutto la capacità dell’azienda di creare valore nel tempo, si fonda sul mantenimento di condizioni di equilibrio gestionale14. L’incapacità dell’azienda di remunerare adeguatamente, attraverso la gestione operativa e rispetto ai rischi assunti, tutti i fattori produttivi impiegati e le attese dei propri stakeholder, significa il mancato rispetto del principio di economicità. Tale situazione di squilibrio pregiudica la dinamica finanziaria e la struttura patrimoniale dell’impresa. In questa condizione è facile dedurre come la distruzione di valore diviene la principale manifestazione di questi squilibri. Quando la distruzione di valore supera certe dimensioni, questa è a sua volta l’espressione della crisi e nel contempo la più attendibile misura della sua intensità.

14 Con il termine equilibrio gestionale si definisce la situazione in cui l’impresa riesce a far coesistere nel

corso del tempo le condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale:

 Equilibrio economico: risultato netto di esercizio mediamente positivo (utile) e in linea con i livelli di remunerazione attesa dai portatori di capitale di rischio (patrimonio netto). Inoltre la gestione operativa deve essere in grado di remunerare adeguatamente tutti i fattori produttivi e i rischi sostenuti dai finanziatori (creditori e proprietari);

 Equilibrio finanziario: capacità di far fronte in via continuativa e in modo puntuale alle uscite di cassa connesse alla gestione operativa e finanziaria. Di conseguenza, coerenza prospettica tra l’ammontare dei flussi di cassa generati dalla gestione operativa e il fabbisogno richiesto dalla crescita degli investimenti e quello richiesto dalle esigenze di rimborso e remunerazione dei finanziatori;

 Equilibrio patrimoniale: significa mantenere una struttura equilibrata. Quindi utilizzo controllato della leva finanziaria e coerenza tra la struttura delle passività (forme tecniche di finanziamento) e le caratteristiche dell’attivo.

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17 In ottica valutativa è importante identificare o comunque prevedere (quasi sempre molto difficile), almeno sul fronte strategico-operativo, lo stato di declino, ed in particolare se il declino che si sta manifestando è reversibile oppure permanente15.

Dalla combinazione del grado di irreversibilità o meno della situazione di declino strategico-operativo dell’impresa e del livello di gravità della crisi finanziaria insita nell’impresa discenderebbero alcune conseguenze in termini di valutazione.

In particolare possiamo considerare quattro situazioni.

Nella situazione identificabile come Reversible – Low Distress, il declino si manifesta in termini di risultati sfavorevoli per quanto concerne la gestione operativa e di prospettive negative sui flussi di cassa operativi attesi. Dal punto di vista finanziario si potrebbe osservare il mancato rispetto dei covenant sul debito senza però rilevare espliciti segnali di difficoltà ad adempiere agli impegni finanziari correnti ma con una previsione di minaccia sul medio termine. L’azienda, infatti, potrebbe presentare un livello di debito eccessivo rispetto alle attuali condizioni in virtù del fatto che le era stato concesso il finanziamento sulla base di risultati economici attesi migliori di quelli effettivi. La stessa situazione potrebbe emergere nel caso di acquisizioni attraverso indebitamento effettuate su certe premesse in termini di EBITDA prospettici. Se questi risultati non dovessero verificarsi l’azienda si troverebbe ben presto in difficoltà in quanto non riuscirebbe a sostenere il debito.

15 Per valutare la questione della reversibilità, si potrebbe osservare la storia di un'azienda così come lo

stato delle altre società appartenenti al medesimo settore. Un'azienda che ha attraversato nella sua storia a periodi alterni cicli positivi e negativi, è più probabile che sia in grado di tornare in uno stato di “salute” rispetto a una azienda che non è stata soggetta a questi cicli. Allo stesso modo, si può sostenere che un’impresa che sta facendo male in un settore pieno di imprese sane, ha dei problemi che sono attribuibili alla cattiva gestione; con una migliore gestione, l'impresa potrebbe essere in grado di ripristinare la condizione di salute, se non addirittura intraprendere di nuovo la crescita. Al contrario, un’impresa che sta facendo male in un settore pieno di imprese che presentano scarsi rendimenti, senza evidenti ragioni macro-economici, presenta dei problemi ai quali probabilmente non si porrà rimedio con il cambiamento del management.

Per valutare invece la situazione di crisi, il punto di partenza sarà sempre il livello di debito che l'impresa può avere accumulato nel tempo. Imprese in declino con obblighi relativi a debiti significativi è più probabile che affrontino il default, con una conseguente richiesta di cessazione delle operazioni e di liquidazione da parte dei creditori. Imprese in declino, invece, che non devono sostenere pressanti impegni finanziari dovrebbero essere in grado di sopravvivere anche realizzando margini minimi e senza crescita.

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18 In questa situazione, tuttavia, occorrerebbe intervenire operando una ristrutturazione interna, quindi esercitando delle pressioni sul business o anche con un eventuale cambio del management. Si potrebbe anche iniziare a cercare un acquirente in grado di gestire meglio il complesso aziendale e quindi in grado di pagare più di quanto l’attuale proprietario valuta la propria azienda. Più questa ricerca viene effettuata prematuramente rispetto alla crisi finanziaria, maggiore è il potere contrattuale nei confronti della controparte acquirente.

Nella situazione di declino Irreversible – Low Distress, si manifestano ricavi di vendita e margini operativi in caduta con la presunta incapacità di generarne di positivi in futuro. Si sottolinea il concetto di presunta incapacità, in quanto nella realtà è molto difficile stabilire con certezza se l’impresa dimostra una strutturale inattitudine a generare risultati economici positivi nel proprio core business. Se comunque le scarse performance dell’impresa non possono essere attribuite in primo luogo al management, come ad esempio nella situazione precedente, e la situazione non è facilmente risolvibile, sarebbe necessaria una radicale ristrutturazione strategico operativa che consisterebbe nell’individuazione di quei nuclei di attività che potrebbero avere ancora un valore di funzionamento per cercare di salvare quello che si ritiene salvabile del business. Per il resto, dovrebbe essere perseguita la soluzione della liquidazione, tenendo appunto in considerazione che il valore di liquidazione degli assets aziendali tende ad essere superiore a quello di funzionamento. Tali assets potrebbero essere meglio sfruttati da altri (in altri business) e perciò avere un valore superiore nel caso venissero disinvestiti. In questa situazione (low distress) la struttura finanziaria dell’impresa non dovrebbe essere tale da costringerla a liquidare per far fronte al pagamento dei propri debiti (quindi non esistono delle pressioni esterne), per cui si potrebbero disinvestire in maniera efficace, aspettando sia il momento giusto sia il miglior acquirente.

Allo stesso tempo, tuttavia, dato che l’impresa godrebbe ancora di capacità di credito, i soggetti di controllo e il management potrebbero decidere di proseguire nel funzionamento, indebitandosi ulteriormente e compromettendo la situazione anche da un punto di vista finanziario fino a giungere alla situazione successiva (Irreversible decline – High Distress).

Si può concludere, quindi, che la decisione relativa alla liquidazione degli assets alle condizioni sopra evidenziate, e mantenendo quei nuclei di attività (se esistenti) il cui

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19 valore di funzionamento sarebbe maggiore di quello di liquidazione, è dunque la scelta che condurrebbe alla maggior creazione di valore in questo scenario.

Nel caso in cui ci si ritrovi per effetto delle scelte adottate in una situazione di declino Irreversibile – High Distress, quindi oltre all’inesistente prospettiva di recupero dei flussi di cassa operativi aziendali, esiste un elevato indebitamento. La soluzione che si prospetta è di procedere (con tempestività) alla disgregazione del sistema aziendale. La tempestività con cui si interviene assume rilevanza anche in questo caso, poiché il valore del capitale tende a diminuire progressivamente. È noto, infatti, che, tanto più la crisi, da potenziale diventa effettiva, tanto maggiori sono i rischi di depauperamento dei valori aziendali, con particolare riferimento ai valori di funzionamento e di cessione, senza escludere effetti anche sui valori di liquidazione.

In particolare bisogna tenere in considerazione due aspetti importanti che contribuiscono a deprimere il valore. Il primo è che, vista l’elevata probabilità di insolvenza, se questa si dovesse verificare, i proventi della liquidazione degli assets in una situazione di declino irreversibile sarebbero più bassi, oltre che per le ragioni legate al potere contrattuale, sia per il numero di acquirenti ristretto (se si ipotizza che gli acquirenti siano a sua volta imprese appartenenti al settore che incontra una situazione di difficoltà) sia perché gli stessi acquirenti non attribuirebbero un elevato potenziale a tali beni. Il secondo è che gli azionisti hanno meno da guadagnare dall’opzione di liquidare, poiché il valore residuo che riceverebbero sarebbe vincolato alla scarsa qualità degli assets.

La situazione Reversible – High Distress fa riferimento alle imprese che presentano dei problemi legati principalmente alla struttura finanziaria. L’azienda presenta infatti notevoli squilibri finanziari, provocati, ad esempio, da scelte di finanziamento sbagliate in relazione ad investimenti intrapresi in sede di business-plan. Per effetto della situazione di declino che coinvolge la dinamica operativa, non sussistono più le condizioni per far fronte all’eccessivo livello di indebitamento, con conseguenti problemi di liquidità e rifinanziamento, per cui l’azienda si trova a dover intraprendere delle azioni che non riguardano semplicemente il risanamento operativo, ma soprattutto la ristrutturazione finanziaria. Ci si potrebbe affidare eventualmente al tribunale per la gestione della crisi finanziaria, puntando tuttavia anche alla ristrutturazione del business magari attraverso la cessione del controllo.

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1.5 I SOGGETTI CHE OPERANO NEL CONTESTO DI CRISI

La crisi d’impresa costituisce, per gli organi di controllo, un warning, ossia un segnale di allarme, che deve portare a rivedere i rischi individuati (audit risk assessment) e i correlati obiettivi di vigilanza e di revisione.

Nei periodi di crisi, infatti, si crea una sorta di tensione tra le esigenze dei diversi stakeholders (si pensi ai rapporti tra impresa e banche, fornitori, finanziatori, tra managers e azionisti) che può portare gli amministratori a redigere bilanci non in linea con i principi di riferimento.

La tentazione, a fronte di perdite operative rilevanti e a situazioni debitorie piuttosto pronunciate, potrebbe essere quella di attenuare le perdite con politiche di bilancio consistenti, nell’applicazione di alcuni criteri valutativi caratterizzanti poste, che per loro intrinseca natura, risentono maggiormente di soggettività valutativa.

A fronte dello scenario delineato è possibile che gli imprenditori, al fine di non aggravare il loro standing creditizio, ricorrano a politiche contabili scorrette tendenti ad annacquare il capitale e migliorare la redditività.

La continuità aziendale è il principio base previsto dal codice civile per la redazione del bilancio di esercizio delle imprese in funzionamento. L’art. 2423-bis del codice civile dispone, infatti, che: “…la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività …”. La mancanza del requisito della continuità aziendale comporta che il bilancio non possa più essere redatto seguendo i principi di funzionamento ma applicando i criteri di liquidazione, ossia di realizzo delle attività ed estinzione delle passività16.

I principi contabili italiani non fanno esplicito riferimento al principio della continuità aziendale e non indicano in modo esplicito e chiaro le verifiche che gli amministratori devono fare in merito e come darne corretta informativa nel bilancio e nella relazione sulla gestione. Anche in conseguenza di ciò, gli amministratori spesso omettono di riflettere correttamente nei documenti di bilancio i dubbi in materia di continuità aziendale.

16 L’Organismo Italiano Contabilità ha emanato un apposito principio (OIC 5 – Bilanci in liquidazione)

nel quale descrive le modalità di redazione del bilancio per imprese che non operano in continuità aziendale.

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21 I principi contabili internazionali sono molto più puntuali in materia. In particolare il principio contabile internazionale IAS1 dispone che: “i bilanci devono presentare attendibilmente la situazione patrimoniale-finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari di una impresa” e, dal paragrafo 23 e 24, stabilisce che: “nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’impresa di continuare a operare come una entità in funzionamento. Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’impresa o interrompere l’attività o non abbia alternative realistiche a fare ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze relative ad eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi in proposito, deve evidenziare tali incertezze. Qualora il bilancio non sia redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività, tale fatto deve essere indicato, unitamente ai criteri in base ai quali esso è stato redatto ed alla ragione per cui l’entità non è considerata in funzionamento”. È dunque richiesto obbligatoriamente agli amministratori di effettuare una valutazione della capacità dell’impresa di continuare l’attività in funzionamento sulla base di tutti gli elementi a disposizione con esplicita informativa di bilancio. Il principio della continuità aziendale deve dunque essere considerato come un principio fondamentale nella redazione del bilancio, in quanto dall’esistenza o meno, nel caso specifico, della continuità aziendale dipende l’applicazione degli altri principi di valutazione delle singole poste di bilancio (principi concordi con la continuazione nello svolgimento dell’attività o principi di liquidazione). Si pensi ad esempio alla valutazione delle rimanenze che, in fase di continuità aziendale, sono determinate come il minor valore tra costo e valore di mercato dei beni in giacenza, mentre, in fase di liquidazione (o in situazioni di discontinuità aziendale), si valutano solo a valore di realizzo.

Gli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale devono, rispettivamente, nell’espletamento delle proprie funzioni, analizzare, dimostrare e verificare che le prospettive future non siano tali da compromettere il requisito della continuità aziendale e, quindi, la redazione dei bilanci secondo gli ordinari principi.

Tutti i primari organismi di controllo hanno ribadito che per continuità aziendale si intende il fatto che l’impresa continui la sua esistenza operativa per un futuro prevedibile. Non si tratta quindi di una esistenza pura e semplice, ma di una esistenza

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22 operativa. L’ambito temporale di riferimento è individuato nel concetto di futuro prevedibile. Il riferimento al fatto che sia prevedibile è più che appropriato se si analizza il futuro di una impresa.

Il principio contabile internazionale IAS1, definisce il periodo temporale, infatti, il paragrafo 24 sostiene che: “Nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato, a dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio. Il grado dell’analisi dipende dalle specifiche circostanze di ciascun caso...”.

Nel tempo le variabili si fanno incerte e confuse e quindi è bene tracciare delle linee demarcanti che possano costituire una valida guida. In genere, per quanto concerne l’attività del revisore, il riferimento è ad un periodo minimo di dodici mesi successivi alla data di chiusura del bilancio.

Nel corso degli ultimi anni si è assistito, con crescente frequenza, a situazioni in cui le imprese non sono state in grado di soddisfare i loro debiti, a causa di gravi e spesso perduranti difficoltà economiche e/o finanziarie. La ristrutturazione del debito, allora, è divenuto tema di grande attualità, laddove gli accordi tra debitore e creditore, prevedendo un sacrificio economico da parte del creditore, vengono posti in essere, vuoi per risanare l’esposizione finanziaria del debitore, vuoi per minimizzare le potenziali perdite dei creditori.

La ristrutturazione del debito può essere effettuata seguendo differenti modalità. Ad esempio, l’accordo tra il debitore e il creditore può prevedere la modifica dei termini originari del debito con lo scopo di posticipare o ridurre i pagamenti futuri che il debitore deve effettuare nei confronti del creditore; ciò nella speranza che la situazione finanziaria del debitore possa migliorare tanto da riuscire a soddisfare il creditore. La ristrutturazione del debito può avvenire anche attraverso la cessione di attività del debitore al creditore o a terzi, con successivo trasferimento del ricavato delle attività cedute al creditore, oppure mediante la conversione del debito in quote del capitale del debitore e il trasferimento delle stesse al creditore.

Il legislatore ha introdotto alcuni istituti volti a facilitare la composizione negoziale della crisi di impresa ricorrendo, appunto, alla ristrutturazione della esposizione debitoria aziendale. Tali istituti sono espressamente disciplinati dall’art. 160 l.f., relativo al concordato preventivo nel caso in cui l’imprenditore decida di ristrutturare i debiti e

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23 provvedere alla soddisfazione dei creditori “… attraverso qualsiasi forma”; dall’ art. 182-bis l.f., dedicato agli accordi di ristrutturazione dei debiti e dall’art. 67, comma terzo, lett. d) l.f. recante la disciplina del piano di risanamento attestato.

L’Organismo Italiano di Contabilità ha emanato un principio specifico per le aziende che provvedono a ristrutturare la propria posizione debitoria (OIC 6). Lo scopo del principio è quello di definire il trattamento contabile e l’informativa integrativa da fornire in merito agli effetti prodotti da un’operazione di ristrutturazione del debito. In particolare il principio si riferisce alle ipotesi in cui la ristrutturazione del debito è posta in essere da un’impresa che redige il proprio bilancio nel rispetto del principio della continuità aziendale.

Il principio contabile si applica nella redazione del bilancio d’esercizio di un’impresa debitrice e nella redazione del bilancio consolidato, tenuto conto delle opportune rettifiche da consolidamento. Le indicazioni contenute nel principio si applicano anche per la redazione dei bilanci intermedi dell’impresa debitrice, compatibilmente alla struttura e al contenuto di tale bilancio.

I principali aspetti trattati nel principio sono:

 La data della ristrutturazione, ovvero il momento a partire dal quale si rilevano in contabilità e nel bilancio del debitore gli effetti economici e/o finanziari della ristrutturazione e si forniscono le relative informazioni;

 Le modalità di rilevazione degli effetti contabili dell’operazione di ristrutturazione realizzata per il tramite di modifiche ai termini originari del debito, cessione di attività e conversione del debito in capitale;

 La rappresentazione all’interno degli schemi di bilancio e della nota integrativa degli effetti dell’operazione di ristrutturazione, con particolare riferimento:

o all’eventuale ricorso ad apposite voci (o sottovoci) o dettagli informativi degli schemi e/o apposite tabelle inserite all’interno di una specifica sezione della nota integrativa;

o all’indicazione delle eventuali riclassificazioni dei valori relativi alle operazioni interessate, all’interno dello stato patrimoniale;

o alla evidenziazione degli effetti economici della riduzione dei debiti all’interno dello schema di conto economico;

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24  Il trattamento contabile dei costi connessi all’operazione di ristrutturazione, quali ad esempio: costi di consulenza professionale e commissioni e oneri per servizi finanziari.

Sono escluse dall’ambito di applicazione del presente principio le operazioni di ristrutturazione del debito che hanno finalità liquidatoria dell’impresa debitrice, alle quali si applicano le regole previste dal principio contabile OIC 5 “Bilanci di liquidazione”, anche se alcune disposizioni previste nel presente principio contabile, soprattutto per quanto attiene alle informazioni integrative, possono utilmente integrare le informazioni richieste dallo stesso OIC 5.

1.6 IL RUOLO DEGLI AMMINISTRATORI E L’INFORMATIVA DI BILANCIO

La prova dell’esistenza della continuità aziendale deve innanzitutto essere data dagli amministratori nell’ambito della relazione sulla gestione e della nota integrativa.

La redazione del bilancio richiede obbligatoriamente di effettuare, in via preliminare rispetto ad ogni altra valutazione, un approfondimento in merito agli aspetti futuri della gestione aziendale.

Occorre che gli amministratori considerino una vasta gamma di fattori relativi:  All’attuale redditività del business;

 Alla redditività attesa;

 Alla capacità di rimborsare i debiti, soprattutto a medio termine;  Alle potenziali fonti di finanziamento alternativo.

al fine di valutare l’esistenza del fondamentale presupposto della continuità aziendale.

Il loro ruolo all’interno dell’azienda permette agli amministratori stessi di avere a disposizione in modo più analitico e rapido degli altri organi una serie di informazioni, in merito alla dimensione e alla complessità dell’impresa, alla natura e allo stato delle sue attività, alla sua organizzazione che sono fondamentali per individuare le azioni da eventualmente intraprendere per garantire la continuità aziendale.

Un esito positivo della verifica del persistere del presupposto dell’azienda di operare in futuro come impresa in funzionamento, autorizzerà l’organo amministrativo a

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25 contabilizzare le voci di bilancio secondo i criteri contenuti nella sezione IX Capo IV del codice civile.

Qualora invece il presupposto della continuità non fosse più giustificato, la valutazione e le classificazioni riportate in bilancio dovranno seguire i criteri di liquidazione, di cui agli art. 2490 c.c. ss. e al Principio contabile OIC 5 “Bilanci di liquidazione”.

Accertata la persistenza o meno del presupposto della continuità aziendale, gli amministratori hanno il compito di dare una adeguata informativa in bilancio in merito alle attività che intraprenderanno.

Si possono aprire diversi scenari:

 Le incertezze non risultano significative e non generano dubbi sulla continuità; esse devono essere descritte nella relazione sulla gestione (secondo quanto previsto dall’art. 2428 c.c.);

 Le incertezze determinano il sorgere di dubbi significativi sulla continuità aziendale, pur ritenendo ancora appropriata la redazione del bilancio sul presupposto di continuità: le incertezze devono essere descritte nella nota integrativa (quindi nel bilancio stesso e non in un allegato al bilancio);

Si illustrano di seguito alcuni esempi tratti da bilanci di imprese italiane quotate che riprendono gli aspetti sopra trattati.

Nota integrativa (esempio 1)

Paragrafo - LA CONTINUITÀ AZIENDALE

L’andamento del mercato immobiliare, in particolare nel contesto attuale di crisi, ha evidenziato una riduzione della domanda, la flessione dei prezzi e l’allungamento dei tempi di vendita, circostanze che hanno comportato una rarefazione delle transazioni. Tale situazione ha causato anche il rallentamento delle dismissioni pianificate dalla società e del Gruppo posticipando gli effetti del previsto programma di alienazione del portafoglio immobiliare di trading e generando una situazione di tensione finanziaria che ha condizionato l’attività di gestione e di valorizzazione del patrimonio immobiliare, determinando una significativa perdita economica nell’esercizio (omissis) e ha ritardato la soluzione delle problematiche finanziarie rilevate in occasione del precedente bilancio. L’insieme delle circostanze descritte ha generato delle criticità i cui

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26 effetti possono far sorgere dubbi sulla capacità della società e del gruppo di continuare ad operare in condizioni di continuità aziendale, in particolare per le tensioni finanziarie nella gestione della liquidità a breve ed in considerazione degli impegni finanziari della società e del Gruppo. La problematica della tensione finanziaria ha sostanzialmente interessato tutto l’esercizio in esame, seppure con diversa intensità temporale, e ha richiesto particolareggiate analisi e complessi interventi correttivi da parte degli amministratori che di seguito si riassumono: nuova finanza (omissis), accordi di moratoria (omissis), nuove strategie aziendali (omissis), piano degli esborsi (omissis), piano cessioni (omissis).

Nota Integrativa (esempio 2)

La società ha registrato una perdita operativa nell’esercizio. Riteniamo che la prospettiva implichi significative sfide in termini di volume delle vendite e di prezzi così come di costi. A fronte della riduzione della domanda di prodotti occorre ridurre i costi fissi e alienare assets no core. Quantunque siamo riusciti a ottenere finanziamenti addizionali, queste condizioni creano significative incertezze sui futuri risultati e sui flussi di cassa. Si sta cercando di alienare beni immobili di proprietà per assicurarsi ulteriore capitale circolante. Ci sono trattative in corso con potenziali acquirenti, ma alla data di bilancio non vi è certezza che si procederà alla vendita. Sulla base delle negoziazioni condotte c’è da ritenere che la vendita sia probabile e che la plusvalenza e i cash-flow acquisiti eviteranno la necessità di ulteriori finanziamenti. Abbiamo avviato trattative con le banche finanziatrici relativamente a un finanziamento ulteriore che potrebbe rendersi necessario qualora la vendita degli assets non andasse a buon fine entro termini ragionevoli, oppure intervenissero significativi cambiamenti in negativo nel volume delle vendite o nella redditività. È probabile che queste trattative si prolungheranno per un certo periodo di tempo. Le circostanze sopra evidenziate ci portano a ritenere che sussiste una significativa incertezza sulla capacità della società di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale. Effettuate le verifiche del caso abbiamo, comunque, ritenuto ragionevole che la società abbia adeguate risorse per continuare l’esistenza operativa in un prevedibile futuro di almeno 12 mesi. Per queste ragioni, essa continua ad adottare il presupposto della continuità aziendale nella preparazione del bilancio.

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27 Relazione sulla Gestione (esempio 1)

Come evidenziato a pag. … della Nota Integrativa, la società sopperisce alle esigenze quotidiane del capitale circolante attraverso scoperti bancari i cui affidamenti saranno rinnovati in data …. Le attuali condizioni economiche creano incertezze in particolare con riferimento al decremento di domanda registrato nel corso del 20XX e della sostanziale stasi dei primi mesi del 20XX+1 e alla disponibilità di finanziamenti bancari nel prossimo futuro. Le stime e le proiezioni del budget, dimostrano che la società è in grado di operare con l’attuale livello di finanziamenti. La società inizierà trattative con le banche per il rinnovo dei finanziamenti a tempo debito e non ha, allo stato attuale, richiesto una confort letter che tali finanziamenti saranno rinnovati. La società ha discusso con gli istituti finanziatori in merito alle future necessità di finanziamento e non sono stati sottoposti all’attenzione della direzione elementi che possano suggerire che il rinnovo non sia prossimo a condizioni accettabili.

Relazione sulla Gestione (esempio 2)

Paragrafo - Ristrutturazione aziendale

Il primo semestre del 20XX è stato caratterizzato da una intensa attività negoziale con gli Istituti Finanziari e da un processo di riorganizzazione della struttura organizzativa, che ha distratto parzialmente il management dalle strategie di sviluppo commerciale; l’attività commerciale si è intensificata nel secondo semestre dell’anno permettendo di realizzare ricavi in linea con quelli dell’anno precedente. Sono state poste in essere attività volte a ristabilire i rapporti commerciali con i principali interlocutori per consentire di focalizzare tutte le energie sul core business aziendale rivolto al servizio del mercato e dei clienti che hanno continuato a riconoscere l’azienda come leader di settore. In considerazione della situazione di temporanea tensione finanziaria nella quale si è venuta a trovare la Società, nel processo di riorganizzazione economica, patrimoniale e finanziaria della propria struttura ed attività imprenditoriale, la Società: • in data ……… ha sottoscritto con ………….. un accordo di moratoria sul finanziamento concesso dalla stessa in data ……….., spostando la scadenza dello stesso al …….;.

• in data …………, assistita da un advisor finanziario ha presentato agli istituti finanziari, verso i quali la Società aveva maturato debiti a breve e/o medio–lungo

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28 termine, il piano industriale per gli anni 20XX-20YY, finalizzato a consentire il risanamento della propria esposizione debitoria ed il relativo riequilibrio economico, patrimoniale e finanziario;

• (……..);

• in data ……… ha ottenuto, da un esperto nominato dagli Istituti Finanziari, una relazione in cui si è attestata l’attuabilità del Piano Industriale e l’idoneità dello stesso ad assicurare il risanamento dell’esposizione debitoria della Società, in un’ottica di continuità aziendale (Attestazione ex art.67);

• nella stessa data ha sottoscritto un accordo quadro con gli Istituti Finanziari ………… per la revisione dei finanziamenti in essere, che ha permesso di spostare le date di scadenza naturali al …………..;

• (………..).

Qualora l’azienda decida di ristrutturare il proprio debito, il principio contabile OIC 6 disciplina le informazioni che devono essere date in bilancio. Tali informazioni sono relative alla ristrutturazione del debito e debbono consentire ai destinatari del bilancio, da un lato, di avere una chiara percezione della situazione di difficoltà finanziaria in cui versa l’impresa e, dall’altro, di comprendere i benefici economici e/o finanziari che la ristrutturazione del debito è in grado di produrre sull’economia dell’impresa anche ai fini di valutare tempi e modalità di superamento della situazione di difficoltà finanziaria, con il conseguente ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema aziendale.

In linea generale, l’informativa integrativa riguarda:

 La situazione di difficoltà finanziaria e/o economica affrontata dall’impresa debitrice nel corso dell’esercizio, le cause che hanno generato tali difficoltà nonché una chiara ed esaustiva rappresentazione dell’esposizione debitoria dell’impresa;

 Le caratteristiche principali dell’operazione di ristrutturazione del debito;

 Gli effetti che la ristrutturazione del debito è destinata a produrre negli esercizi interessati dall’operazione sulla posizione finanziaria netta, sul capitale e sul reddito dell’impresa debitrice.

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29 Se la ristrutturazione del debito risulta strumentale per garantire il rispetto del principio di continuità aziendale (going concern), tale circostanza deve essere chiaramente indicata nella nota integrativa (e/o nella relazione sulla gestione) al bilancio.

Qualora la ristrutturazione non sia ancora perfezionata alla data del bilancio, ove il mancato realizzo dell’operazione dovesse far venir meno la sussistenza dei requisiti per il rispetto della continuità aziendale, occorre illustrare nella nota integrativa i motivi per i quali il bilancio in corso di predisposizione è redatto in un’ottica di going concern.

Al fine di riuscire a dare una migliore informativa, è importante distinguere tra i diversi stadi in cui l’impresa si trova. In particolare possiamo distinguere tra il periodo in cui sono in atto le trattative fra le parti e il momento in cui gli accordi divengo efficaci. Nella nota integrativa del bilancio relativo all’esercizio in cui sono in corso le trattative tra il debitore e il creditore e all’esercizio in cui la ristrutturazione diviene efficace tra le parti, devono essere fornite delle sintetiche indicazioni circa lo stato di difficoltà finanziaria e/o economica dell’impresa debitrice (o gruppo di imprese), nonché le cause cui tali difficoltà sono riconducibili. Inoltre, nella nota integrativa del bilancio relativo all’esercizio in cui la ristrutturazione diviene efficace tra le parti, occorre dare una maggiore informativa e quindi illustrare l’esposizione debitoria dell’impresa debitrice (o gruppo di imprese) alla data della ristrutturazione, nonché l’ammontare dei debiti inclusi ed esclusi dall’operazione di ristrutturazione.

Occorre fornire, anche, una descrizione degli aspetti principali della ristrutturazione del debito, tra cui:

 La tipologia di ristrutturazione del debito;  La data della ristrutturazione;

 Una descrizione sintetica delle fasi mediante le quali si è svolta la ristrutturazione del debito;

 Le modalità mediante le quali è stata operata la ristrutturazione del debito;  La tipologia dei debiti oggetto di ristrutturazione;

 La presenza di eventuali condizioni risolutive o sospensive dell’accordo;

 La presenza di eventuali pagamenti potenziali (ad esempio in presenza di success fee) che il debitore si impegna ad effettuare nei confronti del creditore al raggiungimento di certi obiettivi economici o finanziari o al verificarsi di determinate circostanze;

Riferimenti

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