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Influencer Marketing su Twitter: Analisi empirica nei settori Food, Fashion e Fitness

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato

Influencer Marketing su Twitter:

Analisi empirica nei settori Food, Fashion e Fitness

Relatrice

Dott.ssa AnnaMaria Tuan

Candidata Elisabetta Monaci

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INDICE INTRODUZIONE ... 4 CAPITOLO 1. SOCIAL MEDIA MARKETING ... 6 1.1 Il Web 2.0 ... 6 1.2 Social Media Marketing Definizione ... 8 1.3 Le aree dei Social Media ... 9 1.4 Gli obiettivi del Social Media Marketing ... 13 1.5 Le fasi del piano del Social Media Marketing ... 17 CAPITOLO 2. IL FENOMENO INFLUENCER MARKETING ... 23 2.1 L’evoluzione del processo decisionale ... 23 2.2 Word of Mouth: il passaparola ... 27 2.3 Electronic Word of Mouth o Word of Mouse ... 30 2.4 Differenze tra Word of Mouth ed Electronic Word of Mouth ... 32 2.5 Chi sono gli Influencers ... 34 2.6 L’Influencer Marketing e la necessità di una regolamentazione delle ... 41 partnership commerciali ... 41 2.7 I Micro Influencer ... 42 2.8 L’Influencer marketing ... 44 2.8.1 Il piano di Influencer Marketing ... 45 2.8.2 Vantaggi e svantaggi dell’Influencer Marketing ... 47 2.9 Misurare l’Influencer Marketing ... 48 CAPITOLO 3. METODOLOGIA E RISULTATI ... 51 3.1 Metodologia ... 57 3.2 Risultati ... 61 CAPITOLO 4. CONCLUSIONI ... 75 BIBLIOGRAFIA ... 81 SITOGRAFIA ... 87

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INTRODUZIONE

Oggi Internet e i Social Network sono diventati due aspetti importanti nel modo di comunicare. Il fenomeno del Web 2.0 ha portato ad un cambiamento radicale nel marketing e nella comunicazione delle aziende: la relazione azienda consumatore diventa sempre più interattiva, più partecipativa. Quest’ultimo non è più un soggetto passivo, bensì un individuo autonomo, in grado di informarsi sui prodotti o servizi e di rilasciare opinioni e recensioni in merito alla propria esperienza. Infatti, se in passato il suo primo momento della verità era rappresentato dal contatto con il prodotto, adesso si ha una fase che lo precede, ovverosia quella in cui il consumatore ricerca informazioni online o sui canali social. Le informazioni possono essere veicolate sia tramite il classico passaparola, word of mouth, sia tramite l’electronic word of mouth, ovvero la comunicazione elettronica consumer-to-consumer. Chiunque sia attivo sui social media può creare un influence impression tramite l’e-wom, ma questa influenza è particolarmente potente quando questa persona ha anche molte connessioni, quando è un Influencer. Gli Influencer sono individui che hanno il potere di influenzare le decisioni di acquisto degli altri grazie alla loro autorità e conoscenza. Le dimensioni del network di una persona aumentano la capacità di diffusione del messaggio. È per questo che moltissime aziende adesso utilizzano gli Influencer come intermediari per pubblicizzare brand, prodotti o servizi. Questi sono credibili e affidabili agli occhi degli utenti e riescono a raggiungere una più vasta area di utenti.

Questo elaborato indaga come alcuni Influencer del settore Food, Fashion e Fitness, comunicano sul social network Twitter, i loro effetti, positivi o negativi, che hanno nei confronti dei consumatori e il loro impatto sui followers in termini di Re-Tweet.

Viene analizzato il tipo di linguaggio che viene utilizzato dagli Influencer, il contenuto del Tweet e la sua struttura. Questo serve a comprendere se gli Influencer preferiscono diffondere contenuti caratterizzati da elevata competenza e sicurezza, o se al contrario, sembrano preferire le cattive notizie e le emozioni

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Il programma NVivo ha permesso di scaricare i dati direttamente dai profili Twitter degli Influencer selezionati. Successivamente è stato analizzato il linguaggio e il contenuto dei Tweet attraverso il programma LIWC (The Linguistic Inquiry e Word Count).

Il seguente elaborato è suddiviso in tre capitoli.

Il primo capitolo descrive una visione generale del concetto di Social Media Marketing e le relative caratteristiche. Vengono quindi presentate le 4 aree dei Social Media per poi definirne gli obiettivi. Infine vengono riportate le fasi da seguire per realizzare un piano di Social Media Marketing.

Il secondo capitolo tratta del fenomeno dell’Influencer Marketing. Nello specifico all’interno di questo capitolo viene analizzato il cambiamento del ruolo del consumatore che ha portato un mutamento del processo decisionale, con la nascita del momento zero della verità, che si presenta quando i consumatori cercano su internet informazioni ed opinioni sul prodotto o servizio. Insieme a questo il capitolo tratta dei concetti di word of mouth ed electronic word of mouth. Successivamente viene studiata la figura dell’Influencer, del micro Influencer e del marketing a loro associato: l’Influencer Marketing. Il capitolo si conclude con le fasi di un piano di Influencer Marketing con le relative metriche di misurazione. Nel terzo capitolo viene esposta la metodologia con la quale è stata svolta la ricerca e i relativi risultati.

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CAPITOLO 1. SOCIAL MEDIA MARKETING 1.1 Il Web 2.0

Oggi internet è parte integrante della vita delle persone. È il mezzo attraverso il quale i consumatori comunicano, si confrontano, cercano, acquistano ed esprimono loro stessi ed è anche il mezzo grazie al quale le organizzazioni riescono a raggiungere facilmente i consumatori creando una relazione peer-to-peer.

Con la diffusione di internet nasce il concetto del Web 2.0. Questo termine fu coniato per la prima volta da Tim O’Reilly, uno dei leader di pensiero per quanto riguarda la tecnologia, in un articolo del 2005 intitolato “What is Web 2.0?”. O’Reilly scrisse:

“Il Web 2.0 fa riferimento agli sviluppi della tecnologia online che consentono l’uso di funzionalità interattive in un ambiente caratterizzato da controllo dell’utente, libertà e dialogo “

In altre parole con questo termine si descrive l’evoluzione dei siti e servizi nel web come i siti di wiki e i social network, in cui sono fondamentali l’interazione, la collaborazione e la condivisione dei contenuti da parte degli utenti.

Il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 si è realizzato tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni 2000. Fino ad allora Internet era un ambiente caratterizzato prevalentemente da siti web statici con scarse possibilità̀ di interazione con l’utente. L’avvento del Web 2.0 segna un cambiamento radicale della rete, che ha soprattutto due connotati: la prevalenza della dimensione sociale e il cambiamento di ruolo dell’utente che non è più̀ soltanto utente, ma diventa anche produttore di contenuti.

Il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 è dovuto grazie all’affermazione di Wikipedia, l’enciclopedia collaborativa, i siti wiki, all’affermarsi dei motori di ricerca e delle attività di Search engine Optimization, alla possibilità di seguire, interagire, partecipare in tempo reale su qualunque tema. Questi elementi sono meglio

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Figura 1: l’evoluzione dal Web1.0 al Web 2.0

Fonte: http://www.oreilly.com/pub/a/web2/archive/what-is-web-20.html Condivisione, partecipazione, scambio, gratuità: sono queste le parole chiave del Web 2.0. La caratteristica principale del Web 2.0 è la partecipazione dell’utente e l’user generated content. Adesso i consumatori non sono più passivi ma partecipano attivamente alla creazione dei contenuti. Quindi diventano co-creatori nella fase di progettazione del prodotto, nella consegna, nella determinazione del prezzo e promozione. Queste appena elencate sono le classiche 4P del marketing mix, ma è opportuno aggiungere un’ulteriore P: la Partecipazione. Dunque gli utenti hanno reso possibile un nuovo modello di comunicazione che ha incrementato la Rivoluzione Orizzontale. Questa tratta il modo in cui si comunica; la comunicazione non è più di tipo verticale, dalle aziende verso le persone, ma oggi le informazioni si condividono tra le persone.

I social media (da “medium “che in latino significa “mezzo”, “strumento”) fanno riferimento al concetto di Web 2.0. Consistono in attività pratiche e comportamenti tra le comunità di persone che vanno online per condividere contenuti ed esperienze. Quindi i social media e condivisione dei contenuti vanno di pari passo. Con la nascita dei social media si ha una modifica del rapporto tra impresa e consumatori, questi tendono ad essere più partecipativi e coinvolti nei confronti delle attività di marketing delle imprese, in quanto hanno la possibilità di creare e

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diffondere le loro idee e le loro opinioni. I consumatori sono sempre più interconnessi sia tra di loro, sia con le imprese, hanno sempre un maggior controllo. Questi cambiamenti indotti dall’uso dei social media, hanno contribuito alla nascita di un nuovo filone del marketing, il Social Media Marketing, il quale consente alle aziende di avere maggiore possibilità di relazionarsi ed interagire con i propri clienti, offrendo a questi l’opportunità di esprimersi e alle aziende di soddisfare realmente i bisogni dei clienti, facendoli anche partecipare ai propri progetti. Il Web 2.0 è sicuramente il fulcro centrale della nuova comunicazione, tuttavia si inizia già a parlare di Web 3.0. Tim Berners-Lee è il primo che ne ha dato una definizione. Egli crede in una ulteriore evoluzione del Web dove le macchine saranno sempre più̀ al centro dell’attenzione. Il Web 3.0 si focalizza su un punto essenziale, l’intelligenza artificiale applicata alle risorse del web. Il cosiddetto web semantico, grazie al quale sistemi automatici potranno interagire con l’uomo in maniera evoluta.

1.2 Social Media Marketing Definizione

“Social Media is a group of Internet-based applications that build on the ideological and technological foundations of Web 2.0 [i.e. collaborative platforms], and that allow the creation and exchange of User Generated

Content” (Kaplan & Haenlein, 2010).

(Traduzione: I social media sono un gruppo di applicazioni internet basate sui presupposti ideologici e tecnologici del Web 2.0, che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti).

Il social media marketing può essere considerato quella parte del marketing che si occupa di dare visibilità ad un'azienda sui social media, le comunità digitali e le diverse piattaforme del web 2.0. Il social media marketing o SMM permette alle aziende e ai clienti di relazionarsi in modo dualistico: l'interazione ed i commenti generano il cosiddetto engagement, ciò consente di ottenere feedback, consigli, opinioni, review. È infatti questo l'aspetto di grande innovazione rispetto al

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unidirezionale. Il social media marketing offre al consumatore la possibilità di esprimersi senza intermediari e alle aziende di porsi in ascolto e di soddisfare realmente i bisogni dei clienti, facendoli anche partecipare ai propri progetti, il cosiddetto crowdsourcing.

1.3 Le aree dei Social Media

Per avere un quadro più specifico e caratteristico possiamo suddividere lo spazio dei social media in 4 macro categorie che si fondano tutte sulla relazione.

Figura 2: Le aree dei social media

Fonte: Social media marketing- Tuten, Solomon

Le aree del SM sono:

• Area 1- Social Community (Facebook, Twitter, Linkedin, Google +) • Area 2- Social Publishing (Blog, Tumblr, Youtube, Instagram, Flickr,

Pinterest)

• Area 3- Social Entertainment (Giochi come Second Life, musica, arte) • Area4 – Social Commerce (Facebook, Groupon, Tripadvisor)

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Social Community

Quest’area è quella che è più orientata all’ottica della relazione, le caratteristiche principali sono la comunicazione multidirezionale, la collaborazione, la condivisone di informazioni e esperienze tra gli utenti. I canali di riferimento in questa area sono i siti di social network, le bacheche elettroniche e i forum, i wiki. I siti di social network sono dei servizi informatici on line che permettono la realizzazione di reti virtuali. Si tratta di siti internet che consentono agli utenti di condividere immagini, video e audio e di interagire tra di loro.

I forum sono dei gruppi di utenti che si incontrano in rete per discutere di determinati argomenti. Ogni utente ha un suo profilo e partecipa facendo delle domande, altri utenti rispondono in modo da creare un flusso di discussione. I wiki, invece, sono spazi online che permettono ai membri della comunità di creare, modificare, commentare e condividere risorse utili. L’esempio più rilevante è l’enciclopedia Wikipedia che è un formato di milioni di pagine continuamente aggiornato e accresciuto da altri utenti.

Social Publishing

Quest’area facilita la diffusione dei contenuti al pubblico. Cosa è un contenuto? È una unità di valore in una comunità social, al pari della moneta nell’economia reale. L’utente può quindi imbattersi in vari tipi di contenuti: un messaggio editoriale (reperibile per esempio su un quotidiano online), un messaggio commerciale (per esempio un inserto commerciale di una azienda) o il contenuto generato dall’utente, o meglio detto User Generated Content ovvero ciò che viene pubblicato dalle community di follower come frasi, video o immagini.

Tra i canali del Social Publishing troviamo:

- i blog (Blogger, Tumblr): il termine deriva dalla contrazione web log “diario di

bordo della rete”. Sono pagine internet personali che contengono articoli,

immagini, video aggiornati regolarmente e messi a disposizione degli utenti. Possono essere gestiti da singoli utenti, giornalisti o gestori di media tradizionali.

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espressione individuale, poi è divenuto sempre più un mezzo di circolazione delle idee e di informazione. Il blog quindi è l’espressione massima della partecipazione in quanto da l’opportunità ai lettori di esprimere le proprie opinioni, condividerle e commentare quelle degli altri utenti generando un flusso di discussione continuo. - i siti di microblogging (Twitter): sono simili ai blog ma si differenziano da questi in quanto hanno dei contenuti limitati, si pensi a Twitter che impone un limite di 140 caratteri per i messaggi.

- i siti di media sharing (Youtube, Instagram, Pinterest): sono dei siti web che consentono l’upload di foto, video, audio e documenti. Questi contenuti online possono essere successivamente condivisi con chiunque o con un gruppo di utenti. Il Social Publishing consente agli operatori di marketing di distribuire contenuti branded, questo approccio aiuta a portare i consumatori sui siti della marca. I consumatori utilizzano giornalmente i motori di ricerca per trovare informazioni online; l’utilizzo dell’ottimizzazione per i motori di ricerca, per migliorare il posizionamento negli elenchi dei risultati, rappresenta una importante attività di marketing. Quindi è fondamentale che le aziende facciano particolare attenzione alla SEO (Search Engine Optimization) che è il processo che modifica i contenuti e le caratteristiche del sito, per ottenere posizioni migliori nella classifica dei motori di ricerca.

Social Entertainment

Questa area fa riferimento ad attività quali divertirsi e giocare in mondi paralleli e immaginari, tra cui giochi social e siti di gioco. I giochi social sono dei videogiochi online dove i vari utenti interagiscono tra di loro. I mondi virtuali sono comunità tridimensionali dove le persone si muovono all’interno di un ambiente virtuale, partecipando come avatar. È quanto accade per esempio in Second Life, che riproduce ambienti e situazioni sociali di qualunque tipo consentendo ai vari avatar di incontrarsi, interagire e addirittura effettuare transazioni economiche.

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Social Commerce

Il social commerce nasce come integrazione tra e-commerce e Social media. Quest’ultima area fa riferimento ai social media utilizzati per la vendita e acquisto online di prodotti e servizi.

Figura 3: Definizione social commerce Fonte: Dr Paul Marsden, Syzygy group

Nello specifico Dr Paul Marsden definisce il social commerce come: “a subset of electronic commerce that uses social media, online media that supports social interaction and user contributions, to enanche the online purhcase experince”. (Social Commerce: Monetizing social media- Dr Paul Marsden, pg 4)

Il social commerce fa parte della sfera e-commerce. Utilizza le applicazioni di social media che consentono al venditore di condividere le informazioni attraverso recensioni e feedback da parte degli utenti e quindi da la possibilità di interagire e collaborare durante l’esperienza d’acquisto e d’uso del consumatore.

Con social shopping invece si intende situazioni dove i consumatori interagiscono tra di loro durante l’intero processo d’acquisto con la condivisione di informazioni e la valutazione dell’esperienza derivante non solo dall’uso dei prodotti e servizi, ma anche dei servizi offerti dagli intermediari online. Il social shopping riduce il rischio che associamo alle decisioni di acquisto grazie alla condivisione con gli utenti.

Il social commerce sempre secondo Paul Marsden può essere organizzato in sei dimensioni ognuna delle quali è caratterizzata da un set di strumenti.

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Dimensione 2: Ratings & Reviewsà consente alle persone di scambiarsi feedback dei prodotti e di informare le scelte di ciascuno con opinioni e esperienze. Queste sono visibili da tutti.

Dimensione 3: Reccomendations & Referralsà mentre le reviews sono visibili da tutti, le raccomandazioni sono solitamente sponsorizzazioni personalizzate dai social media per beni e servizi progettate per creare le referenze da mostrare al consumatore.

Dimensione 4 : Forums & Communitiesà i forum sono utili ed efficaci. I forum collegati a piattaforme e-commerce aiutano a scoprire il prodotto, a selezionarlo e a fornire riferimenti specifici.

Dimensione 5: SMO (Social Media Optimization)à è uno strumento che permette di attrarre i visitatori che si recano nell’e-commerce promuovendo e pubblicizzando questi contenuti attraverso i social media. Permettono di far aumentare i volumi di entrata nell’e-commerce attraverso link diretti e miglioramenti nel SEO.

Dimensione 6: Social Ads & Appsà sono i paid media, sono i banner pubblicitari che si trovano nelle piattaforme social come Facebook, Twitter o Youtube.

1.4 Gli obiettivi del Social Media Marketing

Tuten e Solomon presentano gli obiettivi rispetto a “una gamma di attività di marketing che comprendono la promozione e il branding, il servizio alla clientela, la gestione delle relazioni con i clienti, la vendita al dettaglio e il commercio, la ricerca di marketing”.

Con promozione e branding si intendono tutte le tecniche del Social Media per promuovere beni, servizi, luoghi o persone. Dunque l’azienda può trovare spazio sui media grazie a tre tipi fondamentali di media: paid media, earned media, owned

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Figura 4: Le tre tipologie di media Fonte: Titan- SEO

I paid media sono gli spazi pubblicitari a pagamento che vengono utilizzati dall’azienda per ottenere visibilità. Questi comprendono le forme della pubblicità tradizionale, utilizzando canali classici come: pubblicità televisiva, annunci radiofonici, inserti su carta stampata e ancora spot su internet e Search Engine Marketing (SEM). Questi tipi di mezzi permettono di raggiungere i potenziali clienti (gli “strangers”).

Gli owned media sono i media “posseduti” dall’azienda come i siti web

aziendali, i blog, i siti di e-commerce, i canali social network come Facebook, Twitter o Instagram, e infine anche gli advergame e gli ARG (Alternate reality Gaming). I target sono soprattutto clienti attuali e futuri.

Gli earned media sono i media “guadagnati” cioè quei canali di comunicazione dove l’azienda è presente tramite citazioni, recensioni, conversazioni degli utenti. Un esempio sono le recensioni su Tripadvisor, le condivisioni e i like su

Facebook, ma anche la semplice comunicazione via passaparola o WOM (word-of-mouth). Pertanto è di fondamentale importanza che l’azienda avvii operazioni di monitoraggio e di ascolto di questi canali. La presenza degli earned media,

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come suggerisce il nome, non può essere guadagnata. Può però essere incentivata con azioni di digital PR, passaparola, buzz o viral marketing.

In conclusione un buon social media mix dovrà quindi essere capace di equilibrare tutti i tre tipi di media, dai mezzi posseduti dall’azienda (siti web, account social network), i mezzi acquisiti (cioè l’advertising) e i media guadagnati grazie ai blog e alle community dove gli utenti “promuovono” l’azienda in modo spontaneo. La figura 5 descrive le forme di paid, earned e owned media possibili in ciascuna delle 4 aree del social media marketing.

Figura 5: Tipi di media

Fonte: Social Media Marketing, Tuten Solomon

Un ulteriore obiettivo del Social Media Marketing è quello di aumentare l’engagement. E questo è possibile andando a controllare il consumatore durante tutte le fasi del processo d’acquisto. È possibile influenzare il comportamento del consumatore attraverso messaggi promozionali mirati sui canali dei social media. Qui di seguito vi sono elencate le varie fasi del processo di acquisto del consumatore:

1. Aumentare la riconoscibilità e la notorietà del prodotto (Brand Awarness), attraverso pubblicazione dei contenuti nei canali online e offline.

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2. Influenzare il desiderio, grazie ad attività finalizzate a stimolare nel consumatore di desiderare quel prodotto o quel servizio

3. Incoraggiare la prova, tramite il sampling, ovvero la distribuzione di un campione di prova gratuita. Questa strategia serve per trovare potenziali clienti a provare i campioni e viene soprattutto effettuata nelle strade o nei negozi.

4. Facilitare gli acquisti, dove i social media operano come dei veri e propri canali di distribuzioni e luoghi dove poter trovare incentivi all’acquisto come coupon, sconti e offerte.

5. Consolidare la fedeltà al marchio (Brand Loyalty), facendo si che i consumatori diventino fedeli oltre che al prodotto e alla marca, anche al canale social della marca stessa.

Un altro obiettivo del social media marketing oltre alla promozione e branding, è la gestione delle relazioni con la clientela o meglio detta customer relationship

management (CRM). Le pratiche CRM si focalizzano sulla gestione del cliente

dopo l’acquisto del prodotto o servizio. Questa strategia è stata utilizzata sempre più dalle imprese in quanto è molto più difficile e costoso attrarre nuovi clienti piuttosto che mantenere quelli vecchi. Le aziende si appoggiano a dei database in grado di fornire dati su ciò che i clienti comprano, quanto ne comprano e quando. Grazie a questi risultati l’azienda può quindi fornire ai clienti messaggi personalizzati riferitisi a beni e servizi che acquistano.

Nel mondo digital il CRM si converte in Social CRM. Le aziende dispongono di conversazioni non solo tra consumatore e azienda ma anche tra consumatori. Si tratta proprio, come è stato analizzato precedentemente, dell’earned media. La situazione ottimale si ha quando tutte le interazioni sono positive, ma molto spesso non è così. Un cliente insoddisfatto attuerà un passaparola negativo, esporrà la propria esperienza fallimentare in media a 9-10 persone, le quali a loro volta effettueranno ulteriori contatti negativi. Per ogni cliente insoddisfatto si generano pertanto almeno 10 contatti negativi per l'azienda. Questo è uno dei motivi per cui

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un piano di recovery che è l’insieme delle azioni messe in atto da un’impresa per correggere errori e conquistare nuovamente i clienti insoddisfatti. Un insieme di linee guida utilizzato da alcune imprese è il framework LARA, ovvero:

Listen = ascolta le conversazioni dei clienti Analyze = analizza le conversazioni

Relate = collega queste informazioni con quelle possedute dall’azienda Act = agisci in base alle conversazioni dell’azienda

I social media hanno un ruolo centrale nel CRM, in quanto permettono di comunicare in maniera rapida ed efficiente con un numero elevato di clienti, personalizzare i messaggi in base agli individui e anche anticipare le attività di social recovery.

1.5 Le fasi del piano del Social Media Marketing

Per gli operatori di marketing, la pianificazione strategica è il processo che porta a definire gli obiettivi da raggiungere, le strategie, le tattiche e le azioni necessarie a misurarne l’efficienza e l’efficacia. (Social Media Marketing, Tuten, Solomon 2014). Il processo a pianificazione strategica si sviluppa su tre livelli: a livello corporate, a livello di business unit e infine a livello delle singole aree funzionali. Successivamente si attuerà un piano di marketing che programmerà nello specifico le attività, che concretamente si riconducono alle 4P (Price, Product, Placement, Promotion), attraverso le quali si cercherà di raggiungere gli obiettivi di marketing definiti precedentemente.

Le fasi principali per strutturare un piano di marketing sono le seguenti:

1. Analisi del contesto competitivo: In questa prima fase è importante

analizzare sia l’ambiente interno che quello esterno, successivamente da integrare con una analisi SWOT (Strenght, Weakness, Opportunities, Threats) che sarebbe essenzialmente l’analisi dei punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce che incontra l’azienda.

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2. Definizione degli obiettivi: In questa fase gli operatori di marketing

dovranno rispondere alla domanda:” Quali sono i risultati che l’azienda si aspetta di ottenere con un piano di social media marketing?”. Ad esempio, si vuole accrescere il brand awarness, migliorare il posizionamento dell’azienda sui motori di ricerca o migliorare il CRM? L’importante è che gli obiettivi siano SMART ovvero: Specifici, Misurabili, Raggiungibili, Realistici e definiti in termini temporali.

3. Analisi e scelta di uno o più segmenti di social consumer: Nella terza fase

viene definito il target di riferimento, in base alle caratteristiche demografiche e psicografiche. È opportuno analizzare anche come l’utente potenziale si comporta sui social media, il suo livello di partecipazione, i canali utilizzati e le comunità in cui è iscritto.

4. Scelta degli ambiti e dei canali di social media: In questo stadio del piano

di marketing si sceglie quale sarà il social media mix più adatto agli obiettivi da raggiungere. È importante scegliere le attività opportune da poter poi affiancare alle 4 aree social quali, Community, Publishing, Entertainment e Commerce.

5. Creare una strategia esperienziale che coinvolga i diversi ambiti del social media marketing: Con la strategia esperienziale si vuole intendere

l’immagine che l’azienda vuole trasmettere attraverso i social media. Si tratta di un approccio creativo che affiancherà tutta la campagna marketing. Occorre partire innanzitutto dal posizionamento del brand attraverso un brief creativo che verrà condiviso con il cliente, fino a concludersi con l’immagine social che verrà attribuita alla marca.

6. Definizione del piano di azione: In questa fase viene definita la struttura

organizzativa per i social media che può essere centralizzata, distribuita o combinata. Inoltre viene definita la policy, il budget oltre che la tempistica.

7. Gestione e valutazione, misurazione dei risultati: Nell’ultima fase del piano

di social media marketing si analizza se gli obiettivi strategici prefissati sono stati raggiunti. Viene misurata l’efficacia e l’efficienza delle azioni del

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l’azienda avrà utili informazioni per le campagne digital future.

Analizzate le fasi principali per strutturare un piano di marketing, è opportuno esaminare meglio il punto 4 ovvero la scelta dei canali social.

Una delle ultime classificazioni dei social media che è stata realizzata, utilizzando uno schema visuale, è quella di Fred Cavazza con la versione del 2016 del Social Media Landscape.

Figura 5: Social Media Landscape Fonte: FredCavazza.net

La classificazione viene svolta racchiudendo tutti i social network in 6 classi definite dai servizi che vengono offerti agli utenti. Le classi che vengono rappresentate all’interno di un esagono sono: publishing, sharing, messaging, discussing, collaborating e networking. Al centro di questo “ecosistema”, così definito da Fred Cavazza, vi è Twitter, Facebook e Google. Non solo queste tre società possiedono i servizi più popolari, ma creano anche un cerchio virtuoso che va estendendo contenuti e discussioni. Cavazza non prevede un futuro dove al centro rimarrà solo Facebook. Egli crede fortemente che questo oligopolio

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perpetuerà, con tre giocatori dominanti e altri multipli servizi che orbiteranno intorno a loro.

Figura 6: World Map of Social Networks 2017 Fonte: vincos.it

Per quanto riguarda la presenza dei sociali network nel mondo, rispetto al 2016 i dati si sono così evoluti (Figura6):

- Facebook è aumentato dal 93% al 94% nel 2017. - Twitter è sceso dal 76% al 68% nel 2017.

- LinkedIn è in forte aumento dal 67% al 56%.

- Instagram è in forte crescita dal 44% al 54% in solo un anno. - YouTube è calato dal 53% al45%.

Come ci suggerisce “The world map of social networks” del gennaio 2017 (Figura6), il social network più utilizzato in tutto il mondo è Facebook, a seguire Instagram e Twitter. Analizziamoli più nello specifico.

Facebook

Facebook è un social network, ma per meglio dire si può definire IL social network, grazie alla sua grandezza nei numeri rispetto ai propri concorrenti. È un servizio di rete sociale lanciato il 4 Febbraio 2004 da Mark Zuckenberg. Oggi Facebook conta 2 milioni di utenti registrati (newsroom.fb.com). Secondo le statistiche rilevate dal Social Media Marketing Industry Report 2017, il 64% dei

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settimana. È molto importante per le aziende avere una Fanpage dove appunto gli utenti vedono in tempo reale tutti gli aggiornamenti, i messaggi, news, video della pagina stessa. Inoltre il fan può interagire con l’azienda in vari modi tra cui mettere “mi piace”, commentare e condividere con i suoi amici. Tutte queste attività promuovono l’User Generated Content.

Twitter

Twitter è un servizio di microblogging fondato nel 2006, diffuso in Italia nel 2011, si è fatto conoscere in tutto il mondo grazie alla sua semplicità̀ d'uso. Le sue caratteristiche sono riuscite in poco tempo a farlo diventare uno tra i social network più̀ utilizzati a livello mondiale. Twitter, impone un limite di 140 caratteri per i messaggi e tiene legato l’utente medio per circa 1 ora al mese. Inizialmente si è diffuso fra gli early adopter come servizio di messaggistica breve, ma in breve tempo è diventato uno strumento di broadcasting informativo. Grazie alla sua semplicità̀ di utilizzo e alla sua grande popolarità molte aziende hanno scelto di creare un proprio profilo Twitter e utilizzarlo come strumento per il web marketing dalle molteplici possibilità. Twitter, infatti, può essere uno strumento per aumentare le vendite, mantenere un contatto diretto con i clienti. Inoltre, utilizzando al meglio le sue caratteristiche, si può offrire ai clienti un servizio di assistenza molto funzionale. Per concludere possiamo dire che Twitter, risulta essere uno strumento dal potenziale enorme che ogni giorno riesce a offrire nuovi spunti e idee per le proprie campagne di web marketing, per relazionarsi con i propri clienti, e offrirgli dei servizi sempre più personalizzati che vadano incontro alle loro esigenze.

Instagram

Instagram è una piattaforma Social in forte crescita che ha il proprio core sulle immagini. È una applicazione gratuita di photo-sharing che vanta circa 80 milioni di utenti. Da non sottovalutare è l'aspetto emozionale che spinge sempre più persone ad utilizzare questa app per la condivisione delle loro foto con i propri amici. Un utilizzo valido per le aziende, potrebbe essere quello di usare questa app

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per pubblicare il backstage di una campagna pubblicitaria per il lancio di un nuovo prodotto o la pubblicazione di immagine evocative di nuovi. Un altro uso di questa applicazione è quello della condivisione di foto legate ad eventi organizzati dalle aziende o foto che pubblicizzino la location dell'evento, creando magari dei profili della location stessa e cercando di coinvolgere i partecipanti dell'evento (ad es. con un concorso) a fare delle foto postandole con lo stesso hashtag della sede dell'evento.

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CAPITOLO 2. IL FENOMENO INFLUENCER MARKETING 2.1 L’evoluzione del processo decisionale

Nel capitolo precedente si è parlato tanto del nuovo ruolo del consumatore. Oggi il consumatore è sempre più coinvolto nella fase della produzione del prodotto, sempre più collaborativo e partecipativo. Alle classiche 4P del marketing mix è stato dunque opportuno aggiungere un’ulteriore P: quella della Partecipazione. Il cambiamento del ruolo del consumatore ha portato un mutamento del processo decisionale. Nel processo decisionale classico delle persone esistono tre momenti critici: Stimulus, First Moment of Truth (“Shelf”) e Second Moment of Truth (“Experience”).

* Stimulus: il consumatore riceve uno “stimolo” da una campagna pubblicitaria (spot pubblicitari in tv, radio, email marketing, ecc). Questi stimoli fanno emergere un bisogno.

*First Moment of Thruth: il primo momento della verità avviene all’interno del punto vendita quando il consumatore riconosce il prodotto sullo scaffale e decide di comprarlo tra i vari articoli presenti.

*Second Moment of Truth: il secondo momento della verità avviene dopo l’acquisto, con l’esperienza di utilizzo. In questa fase il consumatore valuta la sua soddisfazione dell’acquisto e condivide la sua esperienza.

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Oggi il processo decisionale dei consumatori è cambiato, perché è mutato lo scenario che hanno attorno. I social media hanno contribuito fortemente a questo cambiamento. In un mercato sempre più digital due terzi della popolazione mondiale usa il telefono cellulare per leggere informazioni e descrizione dei prodotti, cercare recensioni e infine comprare prodoti di interesse. La grande novità è la nascita di un nuovo momento che si interpone tra lo stimolo e il FMOT e si chiama “Zero Moment of Thruth”, si presenta quando i consumatori cercano su internet informazioni ed opinioni sul prodotto o servizio.

Figura 8= The new mental model Fonte: winning zmoth Jim Lecinski

Gli utenti una volta ricevuto lo stimolo, prima di recarsi al negozio, si informano leggendo le recensioni, i commenti e i giudizi di altri utenti; e lo possono fare chiedendo agli amici oppure consultando i siti web o i social network. In pratica i soggetti adesso si informano e decidono se acquistare o meno nel “momento zero della verità”.

Già nell'aprile del 2011, Google aveva commissionato a Shopper Sciences un’indagine per capire quali fonti influenzassero maggiormente le decisioni di acquisto del consumatore. Dallo studio è emerso che la percentuale di fonti

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consultate prima di un acquisto era cresciuta di circa il 50 %. Nel 2011 i consumatori consultavano 10,4 fonti, nell’anno precedente 5,3.

Inoltre per l'84% degli intervistati il momento Zero è stato fondamentale per il passaggio da "indeciso" a "deciso" e per il 76% è stato addirittura più importante dello stimolo iniziale. Nella figura 9 sono rappresentati i dati di cui precedentemente.

Figura 9: Fonti di informazione che aiutano il consumatore a prendere una decisione in termini di acquisto

Fonte: Google/Shopper Sciences, Zero Moment of Truth Macro Study Industry Studies, U.S., April 2011

Figura 10: Fonti consultate nel 2010 e nel 2011

Fonte: Google/Shopper Sciences, Zero Moment of Truth Macro Study Industry Studies, U.S., April 2011

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Le caratteristiche principali dello ZMOT sono:

- avviene online ed inizia con una ricerca sui motori come Google, Yahoo,Youtube ecc.

- avviene in tempo reale, in ogni momento della giornata. Il consumatore preferisce andare a cercare le informazioni quando desidera (pull), piuttosto che riceverla dagli altri (push)

- si fonda sulle conversazioni e coinvolge più persone, anche sconosciuti.

Farsi trovare nello Zero Moment of Truth è di fondamentale importanza per le aziende, perché è qui che si decide se il potenziale acquirente diventerà un acquirente reale. L’azienda dovrebbe essere presente in tutti quei canali che gli utenti usano per cercare informazioni come, motori di ricerca, social network, forum.

Un altro aspetto da sottolineare è che nello ZMOT sono presenti tutte le recensioni e le esperienze che hanno avuto gli altri utenti. Questi possono trasferire informazioni sia face to face sia tramite piattaforme online: questi sono i concetti di word of mouth e di word of mouse (o electronic word of mouth).

Gli utenti che condividono le loro opinioni generano un earned media per l’azienda. Sono messaggi che vengono distribuiti senza costi diretti per l’azienda e con metodi che vanno oltre il suo controllo. La comunicazione via passaparola, o WOM, nell’ambito social si definisce anche influence impresssion. Queste impression si rilevano nelle conversazioni sulle comunità social, nei commenti ai post sul blog, nei like, nei follower e nelle condivisioni tra amici. Chiunque sia attivo sui social può creare un influence impression, ma questa influenza è particolarmente potente quando questa persona ha anche molte connessioni, ovvero quando il soggetto è un Influencer.

Si suppone che gli Influencers si trovano nello ZMOT e grazie al loro seguito e alla loro affidabilità e fiducia riescono ad influenzare maggiormente i consumatori. Tutti questi aspetti citati precedentemente verranno analizzati nei capitoli successivi.

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2.2 Word of Mouth: il passaparola

Per secoli le persone hanno compiuto scelte e sviluppato le proprie preferenze utilizzando uno strumento banale quanto efficace: il passaparola.

Questo strumento fin dall’antichità è stato riconosciuto come un mezzo capace di influenzare gli individui e le sue scelte di acquisto.

Passaparola, in inglese Word of Mouth, d’ora in poi si utilizzerà la sigla WOM, non è un nuovo concetto, ma per decenni è stato studiato e considerato un fattore importante nelle scelte di acquisto del consumatore. La prima definizione del WOM è stata elaborata dal ricercatore Arndt nel 1967. Definisce il WOM come:

“an oral, person-to-person communication between a receiver and a communicator whom the receiver perceives as non-commercial, regarding a brand, product or service” (Arndt, 1967).

Quaranta anni dopo l’American Word of Mouth Marketing Association (WOMMA), fondata nel 2005, definisce il word of mouth come “the act of

consumers providing information to other consumers” (WOMMA, 2008).

Entrambe le definizioni elaborano il WOM come una comunicazione naturale (“non commercial”), interpersonale su prodotti o servizi.

Il WOM fa parte della categoria degli earned media, ovvero dei messaggi che vengono distribuiti senza costi diretti per l’azienda. Se la pubblicità tradizionale fa parte dei paid media, in questo caso ci troviamo di fronte a una comunicazione “guadagnata” (earned media) grazie alle citazioni, recensioni, conversazioni degli utenti sui prodotti o servizi dell’azienda.

Figura 10: Gli attori del WOM Fonte:(Bansal e Voyer, 2000)

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Come mostrato in figura 10 si evince che vi sono due attori in questo processo: il mittente e il ricevitore. Il comportamento del mittente ha un ruolo critico nel WOM, in quanto questo ha una maggiore influenza se è riconosciuto credibile dalla comunità e se il ricevente è davvero disposto ad ascoltare le informazioni al fine di ridurre il rischio legato all’acquisto.

Il WOM può influenzare le decisioni sia positivamente che negativamente. Da qui deriva la classificazione in WOM positivo (PWOM) e WOM negativo (NWOM). PWOM può semplicemente essere definito come "informazioni relative al prodotto trasmesse da clienti soddisfatti" (Holmes e Lett, 1977). Blodgett nel 1994 ha descritto NWOM come “tutte quelle comunicazioni e informazioni riguardanti le esperienze insoddisfacenti che hanno avuto i soggetti con prodotti o servizi”. Si suppone che WOM negativo abbia un maggiore impatto rispetto a quello positivo. Technical Assistance Research Program (1986), per esempio, afferma che un consumatore insoddisfatto riporta la sua esperienza negativa ad almeno 9 persone, mentre un consumatore soddisfatto solamente a meno della metà. NWOM può avere una grave e negativa influenza sulla reputazione, sull’immagine, sulle vendite e persino sulla quota di mercato di un'azienda.

Secondo un’indagine Nielsen “Trust in Advertising” del 2015 a livello europeo, il 78% e il 60% degli intervistati considera rispettivamente le raccomandazioni di familiari e amici e i commenti online come molto affidabili. Dunque il passaparola risulta essere lo strumento promozionale più credibile. Al secondo posto della scala della fiducia si trovano i siti internet delle aziende, circa il 54% degli intervistati li ritiene attendibili. La pubblicità in TV risulta credibile per il 45% dopo la carta stampata. Tuttavia gli spot in televisione continuano ad avere un ruolo centrale nella fiducia dei consumatori. Dopo la televisione, con valori compresi tra il 41% e il 44%, si trovano gli altri mezzi classici, come l’email-markting, e le sponsorizzazioni.

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Figura11: Trust in Advertising Fonte: Indagine Nielsen 2015 Vantaggi e svantaggi del WOM

La credibilità e l'affidabilità delle fonti sono i punti cardine del passaparola. Il messaggio è interattivo, bidirezionale tra i consumatori, non unidirezionale come nella pubblicità tradizionale. Soprattutto il passaparola può aiutare i consumatori a ridurre il rischio di provare un nuovo prodotto grazie a queste informazioni (Derbaix e Vanhamme 2003; Hogan, Lemon e Libai 2004). Il consumatore si sente anche più vicino ad un soggetto che comunica un'esperienza personale, a causa della sensazione del "people like me" (Allsop et al., 2007). Essendo una “persona come me” si ritiene che le informazioni siano più credibili.

Vantaggi:

- Il WOM è credibile grazie alle informazioni create dai consumatori invece che dalle aziende. I consumatori preferiscono ottenere indicazioni da fonti più personali come membri della famiglia, amici o conoscenti.

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- Vantaggio per aziende: i messaggi possono essere trasmessi attraverso i consumatori senza nessun costo. È come se loro, condividendo le esperienze positive con i consumatori, facessero pubblicità per l’azienda, ma a costo zero. Svantaggi:

- Il WOM può essere dannoso per le aziende quando i commenti negativi sono condivisi tra consumatori insoddisfatti. Questo, a sua volta, potrebbe portare le persone a evitare i prodotti, i servizi, i marchi delle aziende di cui si parla in accezione negativa. Il WOM negativo influenza maggiormente i consumatori rispetto a quello positivo.

- Il WOM non può essere completamente controllato a causa della sua struttura. Infatti il passaparola si presenta nelle conversazioni quotidiane dei consumatori e tutto ciò può creare svantaggi per le aziende.

- È molto difficile da misurare

2.3 Electronic Word of Mouth o Word of Mouse

L’avvento di internet e del web 2.0 ha cambiato sicuramente il modo di comunicare. Questo mezzo offre ai consumatori l’opportunità di ottenere moltissime informazioni in poco tempo. Internet e la rivoluzione tecnologica hanno cambiato le dinamiche del WOM che adesso è generato online. I consumatori non solo parlano faccia a faccia con i loro amici, ma scrivono le recensioni online, forniscono commenti e raccomandazioni riguardo ai prodotti o ai servizi. Internet da ai consumatori nuovi modi per connettersi tra loro come email, forum online, blog, wiki, siti di raccomandazioni, siti di social network e community online. Internet ha attivato l’e-WOM: Electronic Word of Mouth.

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Electronic Word of Mouth, o anche Word Of Mouse, si definisce come:

‘‘any positive or negative statement made by potential, actual, or former customers about a product or company, which is made available to a multitude of people and institutions via the Internet’’ (Hennig-Thurau et al. 2004, p. 39).

L’eWOM è definito quindi come la comunicazione elettronica consumer-to-consumer per un marchio o un prodotto.

Il word of mouse facilita i consumatori non solo a raccogliere le informazioni dalle persone che già conoscono, ma anche dalle persone che non conoscono e che sono geograficamente disperse in tutto il mondo. L’ eWOM è molto simile al WOM classico, ad eccezione della diffusione su larga scala e la potenza virale permessa grazie a internet. Nella comunicazione tradizionale i consumatori hanno facilmente la possibilità di esaminare visivamente e tangibilmente i prodotti, mentre nel contesto online possono avvalersi solo della funzione visiva.

L’eWOM esiste in varie forme come le email, messaggi istantanei, social networks, blog online e siti di review. È un classico oramai che i consumatori prima di compare un prodotto cercano le review e le recensioni di altri utenti online.

Vantaggi e svantaggi dell’Electronic Word of Mouth Vantaggi:

- Internet ha aumentato il volume di WOM. Le persone adesso sono in grado di accedere a milioni di informazioni riguardo a prodotti e servizi in pochissimo tempo.

- Costi bassi.

- Comunicazione bidirezionale tra azienda e consumatori/utenti. I consumatori possono contattare le aziende in qualsiasi momento attraverso i social media, lo stesso possono fare le aziende. Questo può essere vantaggioso sia per i consumatori che per i marketers; per esempio, i consumatori possono dichiarare le

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loro richieste e le loro preferenze e i marketers possono ricevere opinioni dai consumatori sui loro nuovi prodotti prima di essere immessi sul mercato.

- È in grado di raggiungere un grande pubblico. Un messaggio può essere trasmesso a centinaia, migliaia o addirittura milioni di utenti attraverso Internet. - Aumenta la brand awarness: un buon programma di promozione tramite l’eWOM può generare una migliore consapevolezza del marchio.

Svantaggi:

- Un eWOM negativo ha conseguenze tragiche che possono essere dannose per l'immagine aziendale. I commenti negativi si diffondono rapidamente tra un numero enorme di consumatori.

- Gli effetti di eWOM sono ancora difficili da controllare, come nel caso della WOM tradizionale.

- I consumatori possono trovare difficile valutare e determinare la credibilità dell’eWOM, a causa della crescente popolarità dei messaggi elettronici influenzati e manipolati dalle agenzie di marketing.

- L’eWOM tramite email può essere scambiato per spam, messaggi commerciali inappropriati

Nel complesso, l’eWOM ha alcuni aspetti negativi oltre che quelli positivi. Tuttavia, continua ad essere considerato un potente strumento di marketing.

2.4 Differenze tra Word of Mouth ed Electronic Word of Mouth

È stato dimostrato che il WOM e l’eWOM hanno vantaggi e svantaggi, tuttavia in termini comparativi alcune funzionalità del WOM lo rendono più vantaggioso del eWOM, e viceversa.

Il fatto che internet renda estremamente più rapida la diffusione delle informazioni è la differenza più importante tra il WOM e l’eWOM. In secondo luogo, l’eWOM

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di prodotti o servizi, possono utilizzare contenuti multimediali, ad esempio immagini o video, per sostenere le proprie opinioni ed esperienze. Nel caso offline, le comunicazioni verbali non consentono alle persone di visualizzare le informazioni trasmesse. Inoltre, il WOM e l’eWOM non sono neanche simili in termini di monitoraggio della loro influenza. A causa della loro struttura intrinseca, il monitoraggio della WOM è considerato molto difficile (Nyilasy, 2006). Internet, invece, fornisce alcuni servizi in grado di monitorare le conversazioni dei clienti. Ad esempio, siti web per i social media e siti web di revisione sono piattaforme utili per monitorare le conversazioni online. Monitorare i giudizi dei clienti e dei potenziali clienti è molto importante per i marketers in quanto possono modellare le proprie strategie nel modo più appropriato. Inoltre, come si può vedere nella figura 12, Yildirim (2011) richiama anche l'attenzione sulle differenze tra WOM ed eWOM in termini di accessibilità. Le conversazioni del WOM si verificano tra persone e non è possibile che altri individui accedano a queste informazioni; al contrario, le conversazioni online sono person-to-people e offrono la possibilità di accesso da parte di altre persone.

Figura 12: Differenze tra WOM ed eWOM Fonte: Yildirim (2011)

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Allo stesso modo, le conversazioni online offrono la possibilità di interazioni senza tempo e vincoli di posizione, mentre le conversazioni offline sono dipendenti dall'ora e dal luogo. Contrariamente a WOM, l’eWOM mette insieme gli individui su Internet indipendentemente dalle loro posizioni geografiche (Goldsmith e Horowitz, 2006; Hennig-Thurau et al., 2004).

In questo nuovo scenario i marketers hanno capito l’importanza dell’eWOM e di chi lo alimenta. Chi da opinioni e recensioni online su prodotti e servizi influenza indirettamente le decisioni di acquisto degli utenti diventando il tramite tra azienda e consumatori. Questi sono gli Influencer e il marketing a loro associato è detto Influencer marketing. Nel paragrafo successivo si analizzeranno meglio questi concetti.

2.5 Chi sono gli Influencers

Gli utenti sono sempre più informati e proattivi, propensi a cercare pareri attendibili prima di acquistare prodotti o servizi (lo zero moment of truth). Non basta più la comunicazione tradizionale proposta dal brand, il consumatore diventa parte attiva del processo informativo cercando, condividendo informazioni. Allo stesso tempo il consumatore diventa anche utente e a sua volta influenza gli altri. Ognuno di noi nel suo piccolo è un Influencer.

Questo aspetto diventa un punto di svolta se si collega con i social media. Perché è proprio grazie ai social che il termine Influencer acquisisce un valore concreto. Alla fine un Influencer, grazie al suo seguito sui social network alla sua credibilità e alla fiducia che i seguaci ritengono in lui, riesce a influenzare le azioni, i comportamenti e le opinioni dei consumatori attraverso i blog o canali social. La figura dell’ Influencer comunque non è una novità degli ultimi anni. Già negli anni ’40 erano presenti alcuni individui in grado di diffondere le informazioni meglio di altri. Venivano definiti come opinion leader, erano in grado di veicolare

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il contenuto dei messaggi a un certo target, modificandone al contempo scelte e decisioni.

Malcom Gladwell (The Tipping Poinh How Little Things Can Make a Big Difference-2001) ha elaborato una classificazione dei soggetti capaci di condizionare i consumatori. Per Gladwell esistono tre tipi di persone:

Mavensà I cosiddetti esperti. Non sono semplici propagatori ma hanno la predisposizione a raccontare alla gente quello che sanno. (La parola maven in yiddish significa “colui che accumula conoscenza”.)

Connectorsà Hanno la funzione di collegamento tra network differenti. Sono dei connettori sociali che favoriscono la diffusione delle informazioni.

Persuadersà Hanno la funzione di persuadere le persone in presenza di dubbi sulla veridicità del messaggio.

Anche Seth Godin nel testo “Unleashing The Ideavirus” (sethgodin.com/ideavirus), affronta il tema degli Influencer. Egli propone la figura dello sneezer, letteralmente, “starnutatore”, una persona in grado di contagiare, proprio come una malattia, le altre persone con le proprie idee. Sono gli early adopter delle idee, quelli che sperimentano per primi prodotti o servizi, diventando poi potenti veicoli di trasmissione. Seth Godin li classifica in due categorie: promiscuous sneezer e powerful sneezer. I primi sono incentivati dal denaro, diventano in pratica come degli sponsor per l’azienda, piuttosto che opinion leader. I secondi sono talmente potenti da generare l’imitazione. Questa categoria di sneezer non può essere acquistata o comprata.

Con lo sviluppo del Web 2.0 gli sneezer sono diventati gli Influencers e le aziende mano a mano li hanno trasformati in testimonial dei propri prodotti o servizi. Gli i Influencers sono così definiti:

«Individuals who have the power to affect purchase decisions of others because of

their (real or perceived) authority, knowledge, position, or relationship».

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Gli aspetti essenziali in questa definizione sono:

* Affect: La capacità di stimolare e indirizzare le decisioni altrui.

* Authority: L’autorevolezza, la qualità di essere riconosciuti affidabili in un determinato tema.

* Knowledge: La conoscenza, quella che contraddistingue l’influencer e che conferma la sua autorevolezza e fiducia.

* Position: Non è possibile influenzare senza una rete di persone. Per questo non c’è influencer senza un network di utenti.

* Relationship: Le relazioni che nascono tra le persone generano la capacità d’influenzare certi individui e permettono la diffusione di un’idea o un messaggio. Quali sono le caratteristiche di un Influencer?

Un Influencer non è colui che ha molti followers, seguaci, ma è molto di più. Il fattore quantitativo non può bastare a definirlo, ma è necessario aggiungere anche il fattore qualitativo.

Secondo il noto marketer Brian Solis nel suo scritto “Rise of Digital Influence”, sono tre i pilastri che determinano l’influenza di una persona.

Il primo pilastro è la Reach (copertura), in grado di definire quanto un’informazione può diffondersi. La reach è composta da tre sottopilastri:

Popolarità: l’essere apprezzato o supportato da molte persone. Prossimità: la posizione del soggetto

Gratitudine: la capacità di relazionarsi correttamente nella comunità aumenta il gradimento e la probabilità di collaborazione.

Il secondo pilastro è invece la Relevance (pertinenza), ciò che tiene uniti gruppi e communities. Anche la relevance ha tre sottopilastri:

Autorità: è la competenza o specializzazione di una persona in un determinato tema.

Fiducia: è su questa che si instaurano le relazioni più significative. La fiducia è uno degli elementi più complessi da misurare.

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Il terzo pilastro infine è la Resonance (Risonanza), ovvero la misura del livello di engagement di un argomento. A influenzare la resonance vi sono:

Frequenza: la percentuale con cui un argomento o persona appare nelle prime pagine dei social network. Per esempio in Facebook questa è condizionata da un algoritmo, l’EdgeRank.

Periodo: il periodo di tempo in cui resta visibile un contenuto. Ampiezza: il tasso di engagement in rete.

Se Reach e Resonance sono elementi comuni alla comunicazione più tradizionale, la Relevance, invece, rappresenta un elemento rivoluzionario. Essere ritenuti rilevanti significa avere delle competenze che sono in grado di influenzare maggiormente gli utenti.

Le categorie d’Influencer

È possibile rappresentare le categorie di Influencer in una piramide. Mano a mano che si raggiunge il vertice, diminuisce il numero degli Influencer ma aumenta conseguentemente l’audience ed il potenziale reach. Questo non accade per la capacità di coinvolgere ed influenzare, in quanto più alto non significa per forza meglio. Ogni categoria infatti ha caratteristiche proprie e peculiarità differenti.

Fugura 13: La piramide degli influencers Fonte: Interpretazione di Matteo Pogliani

VIP

GURU ESPERTI CONSUMATORI

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CONSUMATORI

Il primo e più popolato gradino della piramide. Sono consumatori connessi ed altamente informati, ormai parte integrante del processo informativo. Da semplici consumatori a consumatori-professionisti, questi individui sono pronti a dare la propria opinione su brand, prodotti, servizi (es: le recensioni su Tripadvisor o Amazon). Hanno un’audience e una reach limitata ma possono esercitare una micro influenza, grazie alla maggiore affinità con le loro reti sociali. Il consumatore svolge il ruolo d’ Influencer in modo inconsapevole. Sono la figura più spontanea d’Influencer, una figura che nell’ultimo periodo si sta dimostrando sempre più credibile e utile ai brand.

ESPERTI

Sono persone che per passione, per esperienze, per lavoro sono diventate fortemente competenti su tematiche particolari. Pur non godendo di grande notorietà o di audience, hanno comunque un circoscritto ma fedele seguito, su cui riescono ad avere una riconosciuta influenza grazie alle loro competenze. Insieme ai canali social, il blog diventa il loro principale strumento con cui comunicano. GURU

Ci sono casi in cui l’esperto acquisisce un seguito talmente ampio da diventare un guru. Col tempo alcuni sono diventati delle vere e proprie celebrità grazie ai social e ai blog, basta pensare a Chiara Ferragni. Sono conosciuti a livello nazionale ed internazionale e sono ricercatissimi dalle aziende, che li contendono per ottenere da loro contenuti. Grazie al loro enorme seguito riescono a creare delle masse critiche a sostegno di determinate idee, prodotti o brand. Sono influencer professionisti. Il loro capitale principale sono loro stessi, la reputazione che si sono costruiti nel tempo è la loro chiave principale. Quando si parla di guru non si deve pensare esclusivamente a dei professionisti. Possono rientrare in questa categoria figure diverse come fotografi, esperti del settore food o magari di cosmesi, un esempio sono Clio Make Up o Chiara Maci.

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VIP

Sono gli influencer più conosciuti, delle vere e proprie celebrità. Godono di una enorme visibilità ed hanno un’influenza trasversale, capace di andare oltre il proprio ambito di appartenenza. Sono un vero amplificatore di messaggi e i loro contenuti riescono spesso a raggiunge risultati simili a quelli delle forme pubblicitarie tradizionali. Reach ed engagement con i vip sono assicurati, molto meno lo è la qualità dei contenuti. L’assenza di autorevolezza e la loro posizione lontana e spesso agli antipodi rispetto all’utente medio, ne ridimensionano però la capacità d’influenza. Nel loro caso non si parla di influenza ma molto spesso di emulazione. Sono capaci di lanciare e veicolare mode e novità, di essere quindi esempio per fan e ammiratori. Proprio per questo il loro impatto risulta molto più consistente in alcuni settori come moda e life style.

Un esempio classico di Influencer è sicuramente Chiara Ferragni. Studentessa di giurisprudenza, apre il suo blog nel 2009 con il nome The Blond Salad, una piattaforma dove esprime sé stessa ed il suo stile a 360 gradi. Mano a mano Chiara Ferragni inizia a collaborare con le case di moda più importanti, come Gucci e Tod’s, e diventa protagonista di editoriali e delle copertine delle riviste più famose.

Ha sempre voluto lanciare una propria linea di moda, così ha iniziato con le scarpe, e la sua estetica è riconoscibile: sneakers, mocassini con un segno inconfondibile, un occhio emoji. È direttrice creativa della sua omonima linea di scarpe che è interamente Made in Italy ed è riconosciuta dal Business of Fashion.

I suoi articoli sono disponibili in 350 negozi, tra cui quelli di punta a Milano e Shanghai. Il mercato asiatico è una priorità per la fashion blogger e il suo team, tanto che hanno in programma 20 negozi in apertura in Cina per il prossimo anno. Nel 2015 ha fatturato più di 10 milioni di dollari. Sempre nel 2015 è stata oggetto di un caso di studio della Harvard Business Scholl, proclamandola definitivamente la fashion blogger più importante degli ultimi tempi.

Nel complesso Chiara Ferragni ha 11 milioni di followers su Instagram e nel 2017 viene nominata dalla rivista Forbes “L' Influencer di moda più importante al mondo”.

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Un altro esempio di Influencer, ma molto diverso da quello analizzato precedentemente di Chiara Ferragni, è Clio Zammatteo, alias ClioMakeup.

Clio Zammatteo, nata a Belluno il 15 novembre 1982, è una makeup artist, beauty blogger italiana. Nel 2007 si trasferisce a New York per seguire una scuola di trucco, l’anno successivo apre il canale YouTube ClioMakeup, con l'intento di condividere le conoscenze acquisite con la sua esperienza e di condividere alcuni tutorial di trucco. Il canale cresce e diventa sempre più popolare fino ad arrivare ad oltre 1 milione di iscritti e più di 200 milioni di visualizzazioni totali. Oggi risulta essere fra quelli maggiormente seguiti su YouTube Italia. Nell’aprile del 2017 lancia il suo brand con una prima collezione di 11 rossetti che a solo un giorno dal lancio può vantare un sold out. Nel dicembre 2017 apre il primo popup store a Milano. Cliomakeup ha più di 1 milione di iscritti su YouTube, 2,3 milioni di follower su Facebook e 1,6 milioni su Instagram.

Cliomakeup è una Influencer a tutti gli effetti anche se lei prende le distanze da questa definizione. Molti la paragonano a Chiara Ferragni nel settore del makeup-bellezza. Del resto hanno iniziato negli stessi anni e sono state le prime in Italia nei rispettivi campi. La cosa che le differenzia, che Clio sempre sottolinea, è che Chiara Ferragni condivide foto in cui indossa vestiti ma non dice mai se le piacciono o se le stanno bene. A differenza, Clio nei suoi video lo fa. Prova sempre i prodotti, li recensisce e da consigli su cose che lei veramente testa sulla propria pelle. È autentica e trasparente al 100%, non pubblicizzerebbe mai qualcosa che non ritiene valida e che non le piace. Queste sono le caratteristiche che la definiscono e la rendono unica.

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2.6 L’Influencer Marketing e la necessità di una regolamentazione delle partnership commerciali

Influencer marketing e trasparenza sono due aspetti che oggi creano attrito e fanno discutere.

Negli USA la US Federal Trade Commission, associazione finalizzata a regolamentare le pratiche commerciali, ha sollevato più di un problema sull’uso degli Influencer. Uno degli esempi più conosciuti in tema è rappresentato dal brand di moda Lord & Taylor, che ha lanciato la sua nuova collezione attraverso l’attività degli Influencer; 50 Influencer che pubblicizzano il prodotto con post su Instagram, indossando tutti lo stesso abito. Una casualità non passata inosservata alla FTC che dopo attente indagini ha costretto il brand ad ammettere che gli utenti coinvolti erano retribuiti. Da quel momento la FTC ha annunciato che gli Influencer devono essere pagati dalle aziende per promuovere prodotti o servizi, devono utilizzare sempre l’hashtag #ad o #sponsored così da renderli evidenti rispetto a quelli “organici”.

Da luglio 2017 è stato creato un nuovo tool su Instagram che permette di aggiungere ai post e alle stories il tag “Paid Partnership with”, “Sponsorizzato da”. Il nuovo tool garantirà una maggiore trasparenza per la community di Instagram, e permetterà agli Influencer di taggare con facilità le aziende con le quali stanno collaborando. Quando viene utilizzato questo tag, inoltre, le aziende avranno accesso a una serie di insight riguardanti l’engagement creato da quel determinato post.

Come già stabilito in altri Paesi, anche per l’Italia l’Antitrust da luglio 2017, ha obbligato gli Influencer a utilizzare l’hashtag per i contenuti pubblicitari, come #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising o #ad. L’Autorità ha quindi sollecitato tutti gli Influencer a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, fornendo sempre indicazioni adeguate all’individuazione della natura commerciale dei post.

Tutto ciò ha portato una vera e propria rivoluzione per gli Influencer che da sempre sono stati fortemente contrari a palesare le collaborazioni pay con le aziende.

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Certamente prima difendevano la loro reputation e il loro senso, solo apparente, di indipendenza. Anche Seth Godin in Unleash the Ideavirus affermava che, un Influencer più si “mischia” con un brand più perde appeal sul suo seguito, vedendo diminuire spontaneità e, conseguentemente, credibilità. I motivi di questa negazione da parte degli Influencer erano però anche commerciali, permettendo rendicontazioni economiche non sempre chiare e una maggior possibilità di collaborare con i brand.

2.7 I Micro Influencer

Fino ad adesso sono stati analizzati gli Influencers, chi sono e quali sono le loro caratteristiche. La maggior parte dei marketers sostiene che maggiore è il numero di follower maggiore sarà l’influenza del soggetto, attribuendogli il ruolo di leader. Tuttavia questo non è sempre vero in quanto sempre più le aziende si affidano ai microinfluencer.

I microinfluencers sono delle persone “normali”, i cosiddetti peers: il vicino di casa, l’amico, il collega. Sono persone semplici, consumatori soddisfatti ed entusiasti, che sono facilmente raggiungibili e contattabili. Una delle piattaforme dove i Microinfluencer sono più visibili è Instagram.

Secondo Mediakix: “i microinfluencer sono qualsiasi Youtuber, Instagrammer, o blogger con una follower base relativamente piccola, meno di 100.000, ma con utenti altamente attivi e attenti”. (Mediakix, 2016. Fonte:

http://mediakix.com/2016/06/micro-influencers-definition-marketing/#gs.ZSSJkqE) I vantaggi dei Microinfluencers

Sebbene la reach di una campagna pubblicitaria con un microinfluencer sia di dimensioni più inferiori in termini di audience, sono molti i vantaggi che ne

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- I microinfluencer costano meno. Un microinfluencer non chiederà cifre alte, o almeno non quanto quelle delle celebrità. Questo non è certo simbolo di minor qualità o efficacia. È piuttosto un’opportunità per chi non ha grandi budget di beneficiare dell’Influencer Marketing.

- I microinfluencer hanno un engagement rate più alto. La fiducia è importantissima. Con un’audience meno vasta, un microinfluencer può mantenere rapporti più diretti e raggiungere un pubblico magari anche maggiormente interessato. Come riporta la ricerca di Markerly un account con 1000 follower ha un Like Rate dell’8% contro l’1,6% di un account da 10M, oltre a generare 13 volte più Comment Rate.

Figura 15: Instagram like rateVS followership Instagram Comment rate VS followership

Fonte: http://markerly.com/blog/instagram-marketing-does-influencer-size-matter/

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Di seguito sono riportati i tre metodi per trovare un microinfluencer: * Cerca tra i fan

I brand lover sono degli Influencer fantastici. Chi ama il tuo prodotto o servizio sarà più che contento di fare da ambassador, con un costo davvero contenuto. È fondamentale guardare quindi tra chi già è follower sui social.

* Influencer marketing platform

Piattaforme come Buzzoole sono ottime per trovare un microinfluencer. Il marketplace è un’ottima risorsa se affiancato da una ricerca più puntuale. Una volta trovati gli Influencer d’interesse, prima di iniziare la campagna è di fondamentale importanza guardare i loro social e i loro contenuti.

* Ricerca per hashtag

L’utilizzo di hashtag precisi fa capo agli interessi degli Influencers, anche per essere trovati da un seguito interessato a quel determinato argomento.

L’azienda può ricercare un microinfluencer tramite gli hashtag del settore su piattaforme come Instagram e Twitter, scovando profili interessanti per le campagne.

2.8 L’Influencer marketing

L’Influencer Marketing è in continua evoluzione ed è diventato una potente forma di pubblicità, è un modo per connettersi con i consumatori utilizzando la voce e la creatività di qualcuno. Si basa sull’uso di soggetti, gli Influencer, che influenzano, condizionano, le scelte d’acquisto dei consumatori per promuovere un prodotto o servizio. È possibile definire l’Influencer Marketing come una disciplina di marketing che si focalizza su degli individui chiave, ovvero gli Influencer. La connessione tra Influencer e consumatori avviene tramite diverse piattaforme social, ad esempio social network e blog. Attualmente il social network Instagram ospita gran parte di questi soggetti capaci di attirare l’attenzione di una massa di utenti, soprattutto quelli delle generazioni del nuovo millennio, Millenials o Generazione Y.

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