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"Il credit default swap tra elementi di atipicità e profili di meritevolezza".

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IL CREDIT DEFAULT SWAP TRA ELEMENTI DI ATIPICITA’ E PROFILI DI

MERITEVOLEZZA

R

ELATORE

CHIAR.MA PROF.SSA ILARIA KUTUFA’

C

ANDIDATA

ADA RIGON

(2)

Indice

Introduzione

6

1.

Strumenti finanziari derivati

paragrafo 1 Introduzione agli strumenti finanziari derivati 8

1.1. Le fonti 10

1.2. Normativa IAS e IRFS 12

paragrafo 2 Gli strumenti finanziari derivati: definizione e tipologie 15

2.1. Le tipologie 17

2.2. Caratteri generali 20

paragrafo 3 Le funzioni degli strumenti derivati 21

3.1. Funzione di copertura e rischi 22

3.2. Funzione speculativa 27

3.3. Eccezione di gioco 27

3.4. Funzione di arbitraggio 30

paragrafo 4 Derivati uniformi e OTC 31

2.

Swap

paragrafo 1 Da genus a species: analisi della tipologia 32

1.1. Interest rate swap 34

1.1.1. Caratteri della fattispecie 37

1.1.2. L’alea nell’interest rate swap 39

(3)

1.2. Currency swap 44

1.3. Domestic swap 46

1.4. Altre tipologie di swap 47

1.4.1. Credit default swap 49

paragrafo 2 Il differenziale nei contratti di swap 50

2.1. Contratto differenziale 51

2.2. Netting 54

2.2.1. Definizione clausola di netting 54

2.2.2. Netting of payments e netting of obligations 55

2.2.3. Netting by novation e close-out netting 56

paragrafo 3 La regolazione contrattualistica 57

3.1. Il modello ISDA 58

3.2. Il modello EMA 61

3.3. Il modello ABI 62

paragrafo 4 Contratto aleatorio o contratto commutativo 64

3.

Credit default swap

paragrafo 1 Introduzione 68

paragrafo 2 Credit default swap 70

2.1. Il credit default swap come strumento derivato 71

2.2. Elementi chiave 74

2.2.1. La natura del sottostante 75

(4)

2.2.3. Modalità di Settlement 78

2.3. Credit default swap semplice 78

2.3.1. Credit default swap complesso 80

2.4. Il Credit default swap come contratto atipico 81

2.4.1. Meritevolezza 85

2.4.2. Illiceità 88

2.5. Requisiti 88

2.5.1. La causa del contratto 88

2.5.2. L’oggetto e la forma 90

2.6. Qualificazione 91

2.6.1. Considerazioni in tema di qualificazione 93

paragrafo 3 Strumenti di gestione del rischio di credito 98

3.1. Credit risk management e Value at Risk 99

3.2. Rating 101

3.3. Bank oriented e Market oriented 103

4.

Ruolo dei Credit default swaps nella crisi

105

paragrafo 1 Introduzione 105

1.1. Quadro regolamentare 105

1.1.2. Le Regole di Basilea 105

paragrafo 2 Il processo di cartolarizzazione 108

2.1. Evoluzione del fenomeno 108

(5)

2.1.3. Il passaggio alla synthetic securitisation 111 2.1.4. Originate to hold e Originate to distribute 114 2.2. L’arbitraggio regolamentare 116

2.2.1. Dopo la crisi: le modifiche alla regolazione 118 paragrafo 3 Nuove prospettive in tema di Credit default swap 121 3.1. La prospettiva del giurista 121

Conclusioni

125

Bibliografia

129

(6)

Introduzione

Il presente lavoro è dedicato al credit default swap. L’elaborato si propone di indagare le peculiarità del contratto di credit default swap sia rispetto agli altri strumenti derivati e contratti di swap che rispetto alle tipologie contrattuali tipiche del nostro ordinamento. La struttura contrattuale è analizzata con riferimento alle diverse finalità che lo strumento consente di perseguire all'intermediario operatore qualificato grazie alle proprie peculiarità tecniche e giuridiche. Nel lavoro si fa riferimento dapprima agli strumenti derivati in generale, prestando particolare attenzione ai contratti di swap, evidenziando i punti di contatto e le divergenze tra questi e il contratto di credit default swap. L’analisi del

credit default swap prosegue con un’indagine in punto di meritevolezza

della fattispecie. Centrale diventa, infatti, comprendere se vi sia e quale sia l’utilità sociale perseguita attraverso il contratto, tale da renderlo meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. L’analisi del contratto di credit default swap si estende poi al ruolo che questo ha rivestito negli ultimi anni, sia in rapporto al normale svolgimento dell’attività bancaria, favorendo il passaggio da un sistema bank oriented ad un sistema market oriented, sia con riferimento alla funzione svolta nella recente crisi finanziaria. Il lavoro si conclude con una breve nota in merito al rapporto del giurista con questa nuova fattispecie, nata dalla prassi dei mercati e priva di organica disciplina.

Quello che nel complesso del lavoro si vuole indagare sono le peculiarità di uno strumento che, nonostante l’ampia diffusione sui mercati mondiali e il massiccio coinvolgimento nel crack finanziario degli

(7)

ultimi anni, rimane a livello generale privo di qualificazione giuridica. Il

credit default swap continua ad essere visto come uno strumento esoterico,

dalla natura mutevole e i tentativi di attribuirgli una disciplina e una qualificazione giuridica sembrano destinati a restare incompiuti. A tal proposito l’accento è posto sul lavoro del giurista, come lavoro comparatistico da effettuare in una prospettiva Europea, per favorire una comune regolamentazione del negozio in questione entro un panorama il più ampio possibile.

(8)

Capitolo 1

Strumenti finanziari derivati

Paragrafo 1

Introduzione sugli strumenti finanziari

Gli strumenti finanziari derivati nascono, si dice, da una certa finanza creativa spinta a tali elaborazioni da esigenze contingenti e concrete. In realtà queste tipologie contrattuali hanno origini meno recenti di quanto si possa credere, almeno nella loro struttura elementare. Esempi se ne rinvengono già nella Bibbia, dove Giacobbe per aver la possibilità di sposare Rachele deve in cambio lavorare sette anni gratis , ma anche in 1

Aristotele nel racconto su Talete da Mileto sarebbero rintracciabili gli elementi tipici del future quali la vendita futura, il pagamento di una caparra, nonché le previsioni e l’aspettativa riguardo il verificarsi di situazioni favorevoli per la remunerazione dell’investimento . Anche in 2

epoca romana si commercializza tramite derivati su merci, alcuni ravvisano i progenitori dei future nell’emptio spei che è una vendita di cose future, aleatoria e non condizionata , ai sensi della quale il compratore dovrà 3

comunque pagare il prezzo stabilito forfettariamente ed il venditore non potrà esigere di più. La crescita e l’innovazione del commercio in Europa

C. Oldani “I derivati finanziari. Dalla Bibbia alla Enron.” Milano, 2004 pg. 47

1

G.B. Portale Intervento tenutosi il giorno 11 novembre 2010 presso la Borsa Italiana S.p.A.

2

in concomitanza con la presentazione della II edizione del volume “I contratti derivati” di Emilio Girino , raccolto in Quale futuro per i derivati finanziari?, disponibile su http:// www.ghidini- associati.it/testi/Quale_futuro_per_i_derivati_finanziari_Trascrizione_Dibattito.pd f

M.Marrone “Manuale di diritto privato romano” Giuffrè 2004 pg 281

(9)

hanno inizio nel Medio Evo e si sviluppano ampiamente nel Rinascimento, epoca in cui si creano sempre nuovi e sofisticati strumenti finanziari . Per i 4

primi mercati organizzati per lo scambio di derivati bisognerà attendere il sedicesimo e diciassettesimo secolo, ma è solo alla fine del diciottesimo secolo, a seguito della rivoluzione industriale, che si avverte l'esigenza di standardizzare questo tipo di contratti. Ben presto i centri di scambio e di commercio diventano le Americhe e questo sposta il baricentro della finanza. Non a caso le borse americane per lo scambio dei derivati non solo sono oggi le più sviluppate, ma sono anche le più antiche. Tra i principali mercati dei derivati del mondo il progenitore è il Chicago Board of Trade (CBOT) fondato nel 1848 per lo scambio di contratti future sul grano. Dal CBOT nasce, nel 1973, quella che è la prima borsa delle opzioni al mondo, la Chicago Board Option Exchange (CBOE). La diffusione maggiore di questi strumenti ha inizio a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo ed è legata a vari fattori primo dei quali la fine del sistema internazionale di cambi fissi per la caduta degli accordi di Bretton Woods, nel 1971. Infatti alla fine degli anni settanta l'apertura di un mercato libero dell’oro e la decisione del presidente Nixon di sospendere la convertibilità del dollaro in oro (gold exchange standard) misero in crisi il sistema valutario di cambi fissi, che a questa convertibilità era ancorato, concordato a Bretton Woods, con il conseguente emergere del rischio di cambio. Nel marzo 1973 gli accordi di Bretton Woods vennero definitivamente abbandonati e sostituiti da un sistema basato sulla fluttuazione controllata dei cambi da parte delle Banche centrali. In quegli anni seguirono poi gli shock petroliferi del 1973 e del 1979 che comportarono una intensificazione del rischio di mercato in

Per alcuni nasce già una prima bozza di swap del debito pubblico e di un derivato stipulato

4

da un ente locale a Genova nel 1164: C. Oldani pg 48. Consob in educazione finanziaria/ sistema finanziario/sofisticazione della finanza/l’uso dei derivati finanziari

(10)

ragione degli improvvisi forti aumenti del prezzo del petrolio, sia per le ampie oscillazioni dei prezzi, sia per i conseguenti effetti sull’inflazione . 5

1.1 LE FONTI

Quella degli strumenti finanziari è una disciplina multilivello che vede la normativa nazionale affiancarsi a direttive e regolamenti di matrice europea. La disciplina dettata a livello europeo è a volte il portato di norme internazionali, è il caso delle “Regole di Basilea” nate in seno alla BIS e poi recepite nella legislazione dell’Unione.

La legge di riferimento in materia di strumenti finanziari nel nostro ordinamento è il TUF, il Testo Unico della Finanza entrato in vigore nel 1998 in recepimento di direttive e regolamenti comunitari relativi alla omogeneizzazione delle attività di intermediazione finanziaria e del mercato mobiliare. Questa omogeneizzazione si è resa necessaria a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Maastricht del 1992 e dell’evoluzione del Mercato Unico con la creazione dell’Unione Monetaria, ed è stata attuata tenendo conto degli obblighi risultanti dagli accordi di Basilea I del 1988 e successiva revisione del 1996. Il decreto legislativo 58 del 1998, che ha recepito nel nostro paese le direttive 93/6/CEE e 93/22/CEE, ha subito diverse revisioni e rimaneggiamenti a seguito di direttive e regolamenti comunitari: in particolare la direttiva MIFID 2004/39/CE e successivi regolamenti attuativi, il regolamento EMIR e la direttiva MIFID II; mentre a livello internazionale il riferimento è gli accordi di Basilea II, nel 2004 e quelli di Basilea III, nel 2010, questi ultimi hanno efficacia parzialmente differita. La direttiva 2004/39/CE, che ha modificato e abrogato le direttive 93/6/CEE e 93/22/CEE, è stata attuata in Italia con il decreto legislativo

G. Gioia “Il contratto di swap” in Giur. It., 1999, 11

(11)

164/2007 ed ha comportato rilevanti modifiche nel Testo Unico. La definizione di strumenti finanziari che troviamo nel TUF è quindi del tutto conforme a quelle comunitaria ed in particolare a quanto previsto nella sezione C dell’allegato 1 direttiva 2014/65/UE, come indicato dall’articolo 4 della medesima direttiva, cui rimanda anche il recente regolamento 2015/760 del Parlamento Europeo e del Consiglio avente ad oggetto i fondi di investimento europei a lungo termine.

Il riferimento normativo da cui partire nell’analisi della fattispecie sarà quindi il TUF, come risultante all’esito delle intervenute modifiche, ed in particolare l’articolo 1 rubricato appunto “definizioni”. E’ al secondo comma che rinveniamo quella che dovrebbe essere la definizione di “strumenti finanziari”, questo in vero presenta non una vera e propria definizione, onnicomprensiva ed universale della fattispecie in esame, ma un elenco di entità suscettibili di costituire strumenti finanziari. Il legislatore rinuncia, in qualche modo, a fornire una definizione di quello che è “strumento finanziario”. Da questa scelta rileviamo come gli strumenti finanziari di cui al Testo Unico, essendo funzionali all’applicazione della specifica disciplina in esso contenuta, differiscano dagli altri strumenti finanziari, di cui pure troviamo definizioni in altre parti dell’ordinamento . Il catalogo di entità di cui al secondo comma 6

dell’articolo 1 individua quali strumenti finanziari i valori mobiliari, lettera a); gli strumenti del mercato monetario, lettera b); le quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio, lettera c). Queste prime tre categorie di strumenti finanziari costituiscono il gruppo degli strumenti finanziari non derivati che presenta alcuni caratteri comuni: è predominante in questa categoria la figura dell’emittente poiché si tratta di

Art 2346 codice civile strumenti finanziari partecipativi, art 2411 c.c. strumenti finanziari ibridi

(12)

strumenti che provengono da un emittente, acquisendo quello strumento si investe su un’ attività . La seconda caratteristica condivisa è la 7

negoziabilità che è presente in ciascuna tipologia di strumento sebbene declinata in termini diversi. La natura negoziabile dello strumento deve esserci ai fini della qualificazione del titolo come strumento finanziario, non deve integrare il requisito di validità ma quello della finanziarietà. Il riferimento al requisito della finanziarità richiama la lettera u) dello stesso articolo 1 comma primo in cui rinveniamo la definizione di “prodotti finanziari”. Dalla lettera della norma si evince che gli strumenti finanziari sono prodotti finanziari, mentre questi non si esauriscono negli strumenti finanziari, potendo comprendere anche “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”. Data questa inclusione degli strumenti finanziari nel

genus dei prodotti finanziari le due entità risultano condividere un aspetto

che è quello della finanziarietà, pertanto potremmo dire che gli strumenti finanziari sono prodotti finanziari in quanto come questi dotati del requisito della finanziarietà. La natura finanziaria è elemento necessario per l’applicazione della disciplina e deve essere intesa come aspettativa di redditività.

1.2 NORMATIVA IAS E IFRS

Completiamo il quadro normativo cosi delineato con un riferimento alla disciplina contabile internazionale, recepita e applicata anche nel nostro ordinamento. Il riferimento alle norme contabili internazionali si rivela utile per la definizione di “strumenti finanziari” ivi contenuta che ci permette di operare un confronto con quella di cui al Testo Unico Finanziario.

Questo ci permette di introdurre una differenza con gli strumenti derivati, i quali perdono

7

(13)

Il recepimento della direttiva 65/2001/CE è stato, per il nostro 8

ordinamento, il primo intervento di adeguamento al processo di armonizzazione contabile europea. L’articolo 1 della direttiva ne dispone l’applicazione agli strumenti finanziari, compresi i derivati, rimandando tuttavia per la definizione degli stessi alla normativa nazionale. Al contrario i principi contabili internazionali forniscono una definizione di strumenti finanziari necessaria per l’applicazione della relativa disciplina e più pertinente con il tema affrontato. A livello internazionale si intende per strumento finanziario quello costituito da “qualsiasi contratto che dia origine a un'attività finanziaria per un'entità e a una passività finanziaria o a uno strumento di patrimonio netto per un'altra entità” . Questa 9

definizione è più ampia di quella del d. lsg 58/1998 poiché comprende le disponibilità liquide, inclusi crediti e debiti oltre che derivati su crediti . 10

La nozione internazionale presuppone la definizione di attività/passività finanziarie e quella di strumenti rappresentativi del patrimonio netto, rispetto ai quali è necessaria una ulteriore specificazione. Con il primo termine si intende qualsiasi attività che sia rappresentata da un diritto contrattuale di ricevere denaro o altre attività finanziarie da un'altra entità; un diritto contrattuale di scambiare strumenti finanziari con un'altra entità a condizioni potenzialmente favorevoli; una quota di

Operata con d. lgs 30 dicembre 2003 nº 394

8

IAS 32

9

Si applica lo IAS 39 per contabilizzare le partecipazioni in controllate, collegate e joint

10

venture nel caso in cui gli IAS 27, 28 e 31 vi facciano rinvio alle relative regole alcuni soggetti

societari, nello specifico gli IAS 32 e 39 e l’IFRS 7 si applicano a tutte le categorie/portafogli di strumenti finanziari, seppur con alcune eccezioni (ad esempio partecipazioni in controllate, collegate e joint venture, alle quali si applicano rispettivamente gli IAS 27, 28 e 31) da: appunti per le lezioni di reporting e controllo degli intermediari finanziari del Prof. Riccardo Cimini Dottore di ricerca c/o il Dipartimento Studi di Impresa, Governo e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

(14)

patrimonio netto di un'altra entità. Rientrano in questa categoria, ad esempio: crediti, titoli, azioni e partecipazioni sub IAS 39, derivati. Invece passività, o financial liabilities, è qualsiasi passività a cui corrisponde un obbligo contrattuale di consegnare denaro o un'altra attività finanziaria ad un'altra entità; scambiare strumenti finanziari con un'altra entità a condizioni potenzialmente sfavorevoli. Rientrano in questa categoria obbligazioni, c/c passivi, derivati. Infine la definizione di strumento del patrimonio netto (equity instruments) comprende qualsiasi contratto che rappresenti una partecipazione residua nell’attivo di un’entità al netto di tutte le sue passività. La normativa IAS 39 procede poi ad una classificazione degli strumenti finanziari particolareggiata per ognuna delle tipologie analizzate, operando una distinzione in base alle finalità, fra i derivati di copertura e quelli speculativi, poiché diverso è il trattamento contabile loro riservato.

I principi contabili internazionali ci forniscono anche una definizione di “strumenti finanziari derivati” utile ai fini contabili, in virtù della quale i contratti derivati si identificano in seguito alla verifica circa la sussistenza di determinati requisiti. Un primo requisito che deve essere presente, nel contratto o nello strumento affinché questo possa considerarsi derivato, è che il valore di questo si modifichi in relazione a specifiche variabili, a condizione che queste, se finanziarie, non si riferiscano ad una delle parti contraenti del contratto sottostante. Un ulteriore requisito riguarda l’ammontare degli investimenti iniziali che deve essere inferiore rispetto a quello necessario in altri tipi di contratti, l’ultimo attiene alla regolazione in data futura di tali contratti. Sarà quindi la individuazione cumulativa di questi elementi in capo ad uno strumento finanziario che ne permetterà la qualificazione come derivato ai fini contabili, alla luce della normativa

(15)

internazionale . Lo IAS 39 distingue poi gli strumenti finanziari derivati in 11

ragione della loro finalità, a seconda che questi siano detenuti con funzione di trading o di hedging. Siffatta distinzione ha rilievo solo per la categoria delle attività e passività finanziarie, le quali si distinguono in strumenti detenuti a fini speculativi o di negoziazione (held for training) o strumenti detenuti a fini di copertura (held for hedge).

Paragrafo 2

Gli strumenti finanziari derivati: definizione e tipologie

Tra gli strumenti finanziari un ruolo di particolare interesse rivestono gli strumenti derivati. Le caratteristiche e le peculiarità di questi contratti li hanno resi i protagonisti del panorama finanziario internazionale: creati dalla prassi finanziaria e sviluppati sui mercati anglosassoni e statunitensi gli strumenti finanziari derivati hanno impegnato dottrina e giurisprudenza (non solo italiana ça va sans dire) nella ricerca di una qualificazione giuridica e regolatori e legislatori nella elaborazione di una regolamentazione omogenea e vincolante.

Gli strumenti derivati sono così definiti, riprendendo una terminologia anglosassone, perché insistono su un sottostante, il loro valore dipende da una o più variabili, da un’attività di riferimento che può essere un titolo, un indice, un bene reale o un credito debito . 12

G. Corasaniti “Il contratto derivato finanziario tra bilancio e fisco” in Swap tra banche e

11

clienti a cura di D. Maffeis in Banca, borsa, tit. di credito, 2014 Giuffrè

Commissione VI Finanze Indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati

12

Testimonianza del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini ; in questi termini anche Francesco Caputo Nassetti ne “I contratti derivati di credito, i credit default swap” in Dir. comm. internaz., fasc.1, 1997, pag. 103 ed. Giuffrè

(16)

L’articolo 1 comma terzo del TUF contiene la definizione di strumenti derivati ai sensi della quale per strumenti derivati “si intendono gli strumenti finanziari previsti dal comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j), nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d)”. Non una definizione ma, anche in questo caso, un catalogo di entità che comprende una lista di fattispecie disomogenee e descritte utilizzando criteri tra loro diversi.

Data questa prima indicazione ed avendo come riferimento l’oggetto del contratto possiamo raggruppare gli strumenti derivati, di cui al comma secondo articolo 1 TUF, in tre categorie. Una prima comprendente i derivati il cui sottostante sia un’entità tipicamente finanziaria (valuta, tasso di interesse, indici finanziari) o financial derivates, una seconda categoria si ha per i derivati il cui sottostante sia una merce , anche commodities derivates, 13

ed un’ultima categoria racchiude i derivati il cui sottostante sia costituito da entità diverse da attività finanziarie o merci, ad esempio i credit

derivatives . L’inclusione di un determinato negozio all’interno della lista 14

di entità costituenti strumenti finanziari derivati comporta due conseguenze distinte. La prima conseguenza attiene alla natura dell’attività posta in essere dai soggetti legittimati a negoziare in strumenti derivati, la quale è attività riservata e come tale il suo esercizio sarà sottoposto al rilascio di un’autorizzazione, previo controllo circa la sussistenza dei requisiti previsti all’articolo 19 del TUF, in capo ai richiedenti. Questa attività è “riservata alle imprese di investimento e alle

“Qualsiasi bene che possa essere oggetto di scambio: hard commodities, es. materie

13

prime, metalli preziosi, prodotti chimici; soft commodities, es. caffè, cotone, zucchero.”

I credit derivatives trasferiscono il rischio di credito (lett.h); vi sono poi i contratti finanziari

14

differenziali (lett. i); i derivati ‘esotici’,che hanno come sottostante variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione, statistiche economiche ufficiali (lett. j); altri contratti derivati connessi a sottostante diverso da quelli in precedenza elencati.

(17)

banche” e deve essere esercitata in modo “professionale nei confronti del pubblico”, secondo quanto prevede l’articolo 18 del Testo Unico. I requisiti di questa attività attengono ad un esercizio professionale, con ciò intendendo un esercizio abituale e prevalente dell’attività, che esclude dal novero le attività accessorie dallo stesso esercitate . Mentre l’esercizio nei 15

confronti del pubblico vale ad escludere le attività finanziare infragruppo, si fa riferimento con questa locuzione alle sole operazioni finanziarie rivolte ad economie terze, a soggetti che da un punto di vista economico sono autonomi. La seconda conseguenza ha riguardo invece al regime negoziale speciale, previsto per tali strumenti al fine di tutelare l’interesse del cliente e l’integrità del mercato, la cui disciplina specifica è contenuta nel regolamento 16190 della CONSOB.

L’esito che ne discende è che un contratto derivato può rientrare nella definizione di “strumenti finanziari derivati” attraverso più voci , la 16

definizione ha il pregio di risultare a “maglie strette”, riducendo così gli spazi per sottrarre alla riserva di attività alcuni contratti derivati finanziari.

2.1 LE TIPOLOGIE

Le tipologie di strumenti derivati presenti sul mercato sono essenzialmente tre, alle quali corrispondono poi diverse filiazioni e sottoclassi.

Il future rappresenta la forma di contratto derivato più elementare, ha una struttura giuridica assai semplice e una storia risalente. Come abbiamo

La definizione di professionalità derivante dalla MIFID non coincide con quella contenuta

15

nell’articolo 2082 del codice civile relativa all’esercizio dell’attività d’impresa. E’ una definizione che vale ai fini del “microcosmo” mercati finanziari.

Tra i possibili esempi si vedano i domestic currency swap che sono al contempo uno swap

16

(18)

visto infatti c’è chi riconosce dei future già in epoca romana nell’ emptio

spei, ed all’origine della cosiddetta “Bolla dei Tulipani” del 1673 c’è

l’utilizzo di questi strumenti finanziari con finalità speculative . Fu con la 17

creazione del CBOT che nacque il primo mercato per lo scambio di contratti futures su grano, infatti il future è, nelle origini, una compravendita differita o a termine, con la quale una parte si impegna ad acquistare o vendere un certo quantitativo di materie prime, prodotti agricoli o simili beni fungibili ad una data futura preventivamente convenuta . Si avrà un beneficio per il compratore, se al momento della 18

scadenza il prezzo di mercato del bene oggetto della negoziazione dovesse essere maggiore di quello pattuito, il che gli sarà valso un bene ad un prezzo inferiore a quello di mercato. Contrariamente, se il prezzo dovesse essere minore di quello pattuito, il beneficio sarà del venditore che sarà riuscito a vendere un bene ad un prezzo superiore al suo valore di mercato. Da questo archetipo contrattuale nacquero, in epoca più recente, i financial

futures il cui carattere distintivo risiede nell’oggetto contrattuale che non è

più una merce ma un elemento finanziario. La distinzione interna ai

financial futures muove dalla natura dell’oggetto del contratto che potrà

essere costituito da titoli, depositi, indici di borsa e altri, e che consente l’individuazione di diverse tipologie differenti. I futures su titoli obbligazionari o merci possono essere ricondotti allo schema negoziale della compravendita, mentre per quelli che insistono su azioni, indici e in generale tassi di interesse il riferimento è al contratto differenziale semplice. Benché non sia possibile ricondurre il contratto di financial future ad una categoria unitaria questo ha la medesima funzione vista per il future

La bolla dei tulipani su http://www.consob.it/web/investor-education/le-crisi-finanziarie#bolla

17

F. Caputo Nassetti; G. Belli “I contratti aleatori” in Obbl. e Contr., 2012

(19)

semplice, l’utilizzo dello strumento finanziario in parola può avere finalità: di copertura dal rischio di oscillazione di prezzo dell’oggetto della negoziazione oppure finalità speculative.

L’origine dell’option si fa risalire al XVII secolo e specificamente alla bolla speculativa dei tulipani, cui si fa risalire il primo crack finanziario della storia. La commercializzazione dei tulipani attraverso quelle che possono essere considerate delle tipologie embrionali di futures culminò con il crollo del mercato dei tulipani e con l’interruzione delle negoziazioni. Per far fronte a questa situazione di crisi si decretò che i futures sui tulipani fossero tramutati in options, in tal modo gli acquirenti dei futures furono autorizzati a non onorare l’impegno, pagando solo una penalità a fronte del prezzo pattuito nel contratto che in quel momento era largamente superiore al valore di mercato . 19

L’option è un contratto che attribuisce al suo titolare la facoltà, non l’obbligo, di acquistare(call option) o di vendere (put option) l’attività sottostante (underline asset) ad un prezzo stabilito e ad una data scadenza. Rappresenta la possibilità che due parti si scambino, dietro il pagamento di un prezzo definito “premio”, il diritto di acquisire o vendere un certo quantitativo di un’attività reale o finanziaria, ad un prezzo (strike price) prefissato in una data parimenti predefinita. Caratteristica essenziale dei contratti in esame è che, alla scadenza, pur essendo teoricamente possibile che si proceda alla consegna materiale dei beni o dei valori oggetto del contratto raramente si dà luogo a tale eventualità e piuttosto si procede a liquidare in denaro la differenza tra il prezzo a cui il bene sottostante era

su http://www.consob.it/web/investor-education/l-uso-dei-derivati-finanziari

(20)

stato comprato o venduto a termine e quello attuale a pronti, stipulando un contratto di segno contrario . 20

Gli swap sono, tra gli strumenti finanziari derivati, quelli che hanno origine più recente, sono stati creati agli inizi degli anni ottanta. La prima vera operazione di swap è stata conclusa nell’agosto del 1981 tra l’IBM e la 21

Banca Mondiale, a questo contratto si è soliti far risalire la possibilità per le imprese di iniziare a gestire il passivo e l’attivo di bilancio sulla base della propria situazione finanziaria e l’avvio del mercato di swap. In questa prospettiva le operazioni di swap possono essere intese come uno strumento di asset liability management (ALM) , che permettono ad 22

un’impresa di ottimizzare il proprio flusso di cassa modificando il profilo di un’attività o di una passività finanziaria. Per questo motivo e per la sua estrema semplicità e flessibilità lo sviluppo della tecnica finanziaria in esame non ha trovato alcun limite, alla sua diffusione hanno contribuito l’internazionalizzazione dei mercati e la divulgazione delle tecniche finanziarie.

2.2 CARATTERI GENERALI

Nonostante la fattispecie si articoli in tipologie tra loro diverse e dotate di caratteri propri è possibile ravvisare degli elementi comuni al genus degli strumenti finanziari derivati.

”Strumenti e prodotti finanziari” [Annali IV, 2011] di Righini Elisabetta Enc. dir. Giuffrè

20

International Business Machine Inc. fondata nel giugno 1911 da Charles Ranlett Flint

21

“L’asset and liabilities management è un modello che consente di misurare per tutta

22

l’operatività finanziaria delle imprese il livello di rischio di tasso e di esplicitare il potenziale di perdita o di profitti derivante da oscillazioni di tassi di mercato.” su http://www.borsaitaliana.it/ notizie/sotto-la-lente/

(21)

Un primo elemento che può essere identificato come un comune denominatore per tutti gli strumenti derivati è l’orizzonte temporale, che distingue gli strumenti derivati dalle operazioni che manifestano i loro effetti giuridici alla stipula. Quello che accomuna i derivati è il fine anticipatorio rispetto alle fluttuazioni che le grandezze economiche di riferimento possono assumere lungo l’orizzonte temporale, quindi l’incertezza che discende dal divario temporale intercorrente tra la stipula del derivato e la scadenza dello stesso. I contratti derivati, in altri termini, non sono contratti ad esecuzione istantanea , è necessario che esista uno 23

spazio temporale in cui l’elemento variabile possa fluttuare. Abbiamo visto che la distinzione operata, avendo come riferimento l’oggetto del contratto, inteso come il sottostante su cui insiste il derivato, ci permette di raggruppare gli strumenti derivati in tre categorie differenti, mentre la causa del contratto derivato può essere considerato come un ulteriore elemento accomunante le diverse fattispecie. La causa dei contratti derivati è la negoziazione di un rischio: infatti, pur cambiando le modalità di attuazione la conversione in un valore monetario costituisce una costante per ogni strumento derivato. Un ultimo elemento comune è poi la non necessità che il rischio inerisca alla sfera giuridica di uno o dell’altro contraente, negli strumenti derivati si può avere infatti una perfetta scissione tra la negoziazione e la titolarità del rischio, che potrebbe non sussistere in capo a nessuno dei contraenti.

Paragrafo 3

Le funzioni degli strumenti derivati

Agostinelli “Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante” in Banca, borsa e

23

(22)

Avendo invece riguardo alle finalità che sono alla base della stipula di un contratto derivato queste possono essere di copertura, quindi la stipula avviene perché una delle parti contraenti vuole tutelarsi dal verificarsi di rischi che potrebbero danneggiarla economicamente; vi possono essere altresì finalità di speculazione, quindi una stipula effettuata per guadagnare sulle variazioni del mercato a seguito del verificarsi o meno di determinati eventi, ed una finalità di arbitraggio che a volte è definita di rischio calcolato o senza perdite, che va ad operare nei settori lasciati vuoti dalle due precedenti.

3.1 FUNZIONE DI COPERTURA E RISCHI

La funzione di copertura è stata per lungo tempo considerata la finalità prevalente alla base della stipulazione di un contratto derivato. I derivati infatti permettono una diversificazione dei rischi, una migliore allocazione degli stessi e conseguentemente anche una gestione migliore. Tutto questo sarebbe vero se non fosse anche vero che, come già osservato, il rischio è l’elemento centrale dei contratti derivati.

La funzione di copertura è quella che va a trasferire e neutralizzare, per colui che lo trasferisce, il rischio legato ad un evento futuro ed incerto. In questa ipotesi il rischio preesiste nella sfera giuridica del contraente bisognoso di protezione. A ben vedere, attraverso gli strumenti derivati, il rischio non può essere giammai neutralizzato, al più questo, in una logica di sistema, si potrà esternalizzare, con ciò intendendo la circolazione del medesimo finalizzata alla sua allocazione ottimale, ed, in una logica di rapporto, lo si potrà trasferire o scambiare in uno schema di rischio contro rischio in cui dati due rischi di diversa natura le parti contraenti decidano appunto di procedere con uno scambio o un trasferimento che potrà essere anche parziale. O ancora il rischio potrà essere compensato, il che avviene

(23)

allorquando dato un certo rischio le parti assumano posizioni diametralmente opposte, ammettiamo: l’una al ribasso di un titolo e l’altra al rialzo del medesimo, in tal modo si vanno ad attenuare gli effetti di entrambe le possibili ipotesi.

In virtù di quanto detto fin ora in merito alla funzione di copertura che possono assumere gli strumenti derivati, emergono le differenze evidenti che sussistono tra questi e i contratti che tradizionalmente sono a tale scopo dedicati. Anzitutto abbiamo visto che con la conclusione di un derivato il rischio non viene mai trasferito e interamente neutralizzato, caratteristica che è alla base del contratto di assicurazione . Altresì il 24

rischio da cui si ricerca protezione, come abbiamo visto nei contratti derivati, può non sussistere in capo a nessuno dei contraenti, mentre questo risulta essere un elemento essenziale del contratto di assicurazione che addirittura è nullo se al momento della sua conclusione non vi sia alcun rischio in capo all’assicurato. I contratti derivati presentano delle differenze anche rispetto al contratto di fideiussione: nella fideiussione infatti il fideiussore si obbliga a rispondere, in caso di inadempimento del debitore principale, in base allo stesso titolo. La titolarità del rapporto è in capo alle parti originarie, in virtù del nesso di accessorietà il fideiussore potrà opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale , cosa che non è nei contratti derivati. 25

La finalità di copertura ha ragione di esistere e si declina in virtù delle differenti e molteplici tipologie di rischio che si rinvengono sui mercati

Art 1882 codice civile e sgg

24

Art 1944 codice civile e sgg

(24)

finanziari che vanno dal più tipico rischio di mercato al rischio di credito o di controparte passando per i “nuovi” rischi di reputazione e legale.

I rischi nell’attività finanziaria rappresentano la possibilità di perdita che un dato patrimonio può subire in conseguenza di determinati eventi, per assumere un rischio maggiore sarà necessario investire un capitale maggiore.

Il rischio di mercato è quello connesso alla fluttuazione del valore di mercato di una posta di bilancio, sia questa attiva o passiva, si parla a tal proposito anche di rischio di posizione. Consiste, quindi, nel rischio di perdite derivanti dal movimento del mercato in una direzione contraria a quella attesa. Il rischio è rappresentato dal costo che l’operatore dovrà eventualmente sostenere nell’ipotesi di uno smobilizzo anticipato delle attività o passività detenute, a condizioni di mercato meno favorevoli rispetto a quelle originarie. La variazione del prezzo corrente rispetto a quello di acquisizione può derivare da due fattori: uno riguardante la situazione generale di un mercato e per questo definito rischio generico, l’altro attinente a fattori specifici riguardanti strumenti finanziari in sé considerati o la controparte contrattuale, per tale connessione intima con lo strumento in esame questo rischio è detto specifico . Fa parte dei rischi 26

di mercato anche il rischio di (tasso di) interesse, rischio che si verifica allorquando vi è un disallineamento temporale tra le scadenze delle poste attive e delle poste passive da cui deriva una perdita. Rientra tra i rischi di mercato anche il rischio di cambio che rappresenta il rischio di una perdita dovuta alla sfavorevole oscillazione dei tassi di cambio, per operazioni non perfettamente coperte, è un rischio che si ha riguardo ad attività o passività finanziarie denominate in valuta estera e si traduce nell’ottenere, alla

F. Metelli “Il rischio finanziario:origine e strumenti derivati di gestione” IlSole24ore,1995

(25)

scadenza, un flusso monetario in valuta nazionale diverso (in negativo) da quello previsto originariamente. Derivano dalle fluttuazioni sfavorevoli dei prezzi, per operazioni non perfettamente coperte, anche il rischio azionario, il rischio su metalli preziosi e il rischio su merci. Il rischio di credito consiste, invece, nel rischio che il debitore non sia in grado di onorare i propri impegni alla scadenza, risultando non in grado di far fronte al pagamento di interessi e di rimborso del capitale. Questa tipologia di rischio può articolarsi diversamente: si può avere un rischio di inadempimento tout court della controparte, detto anche full credit risk quando la controparte non adempie la propria obbligazione principale per la propria insolvenza; il rischio di consegna, allorquando, avendo le parti reciproche obbligazioni da eseguirsi contemporaneamente, all’adempimento di una parte non corrisponda la consegna o il pagamento da parte dell’altra (detto anche delivery risk o rischio di regolamento) ed il

substitution risk o rischio di controparte, presente nei contratti a

prestazioni corrispettive, che si sostanzia nel maggior costo o nel mancato guadagno che sopporta la parte solvente, a seguito dell’insolvenza della controparte, prima della scadenza pattuita, la quale per procurarsi quanto avrebbe dovuto ricevere dovrà stipulare un nuovo contratto, sostitutivo di quello non adempiuto . Rientra nel rischio di credito il rischio sistemico 27

inteso come “trasmissione a catena delle insolvenze”, ovvero il rischio che l’incapacità, di un soggetto operante su i mercati finanziari, di adempiere le proprie obbligazioni sia causa dell’incapacità di adempiere di altri operatori. Un rischio che si va ad aggiungere al rischio di credito è il rischio paese, consistente nell’eventualità che il debitore si trovi nell’impossibilità

Sul rischio di credito F. Metelli “[…]la comparsa di strumenti finanziari complessi ha reso

27

meno facile percepire il reale contenuto di rischio creditizio: non è più così immediato misurare, in anticipo, qual è l’importo soggetto all’alea di mancato pagamento[…].”

(26)

di corrispondere quanto dovuto per la situazione economico/politica del proprio paese. E’ una possibilità di perdita dovuta in senso lato al paese in cui il debitore è residente e non alla solvenza del debitore stesso, che può trovarsi nell’impossibilità di adempiere per un rischio sovrano, originato da un actum principis oppure per un rischio sociale legato a rivolte o guerre civili o ancora per un rischio naturale da imputarsi ad eventi naturali catastrofici. Si aggiunge ai rischi fin qui menzionati il rischio operativo, di cui manca ad oggi una definizione condivisa, il quale costituisce un nuovo rischio difficile da percepire e misurare. Rappresenta una tipologia di rischio assai ampia, consistente nel rischio di perdite dirette o indirette risultanti da inadeguatezza o disfunzione di sistemi informatici, organizzativi e da situazioni patologiche nei comportamenti umani. Il rischio di liquidità si presenta in due dimensioni, una è il funding liquid risk cui ci si trova di fronte quanto il debitore è solvente ma illiquido, ha quindi sufficienti mezzi per effettuare il pagamento ma l’esecuzione non avviene per una momentanea incapacità di convertire le attività in mezzi liquidi. Un’altra dimensione è quella del market liquid risk che si verifica allorquando diventi impossibile o difficile liquidare una posizione per la mancanza o la scarsità della domanda o dell’offerta di strumenti finanziari. Tra i rischi presi ad oggetto nella nostra analisi vi è il rischio legale. Intimamente connesso all’aspetto formale delle transazioni, consiste nel rischio di perdite dovute all’inadeguatezza della documentazione legale, alla incertezza del quadro normativo vigente nei diversi paesi e alla poca chiarezza circa il regime giuridico applicabile a fattispecie complesse e a nuovi contratti. Ed infine il rischio di reputazione che è il rischio di perdite che si possono subire a seguito di pubblicità negativa, sia anche essa

(27)

infondata, anche in forma di perdita di clientela o di riduzione delle entrate.

3.2 FUNZIONE SPECULATIVA

Oltre alla finalità di copertura un contratto derivato può essere stipulato anche con finalità di speculazione. L’attività di speculazione è propria di soggetti caratterizzati da un’alta propensione al rischio che operano nel mercato al fine di ottenere un profitto sulla base dell’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante. La funzione speculativa presuppone che i contraenti non subiscano già il rischio considerato in contratto e che, perciò, la liberazione da tale rischio non si dia come un’utilità per nessuno di loro e che il riferimento a tale rischio, di conseguenza, operi solo per individuare chi tra i due, al suo esito, si arricchirà a spese dell’altro . Parte 28

della dottrina ritiene che qualsiasi operazione in derivati sia “speculativa” poiché essa si fonda sulla “speculazione” e cioè sulla previsione ipotetica che lo scambio fra il flusso monetario certo e il flusso monetario incerto sia conveniente e possa quindi consentire all’operatore un guadagno, tale funzione in altre parole sarebbe intrinsecamente connotata dalla struttura dell’operazione . 29

3.3 ECCEZIONE DI GIOCO

Si è a volte avanzata l’ipotesi di ricondurre i contratti derivati (con finalità speculative) nell’alveo del gioco e della scommessa. Il legislatore

G. Belli “I contratti in strumenti finanziari derivati: nuove strategie di copertura del rischio o

28

dissennate scommesse?”

Di Raimo “ Dopo la crisi, come prima e più di prima.(Il derivato come oggetto e come

29

operazione economica)”. Swap tra banche e clienti 2014 a cura di D. Maffeis in Banca, borsa, tit. cred.; E. Barcellona “Note su i derivati creditizi: market failure o regulation failure?” in Banca, borsa, tit. di credito 2009

(28)

speciale si preoccupa di stabilire in tal senso che agli strumenti derivati non si applica la disciplina dell’articolo 1933 codice civile . La norma, che 30

nega al creditore l’azione di pagamento del debito di gioco e sancisce l’irripetibilità di quanto spontaneamente pagato dal debitore, si presenta come un’esenzione generica che non presenta alcun riferimento alla funzione di copertura o speculativa degli strumenti in questione. La ratio di questa espressa inapplicabilità dell’eccezione di gioco sarebbe, per alcuni, quella di evitare spostamenti irrazionali di ricchezza, trasferimenti di ricchezza inutili e socialmente neutri, non mediati dal mercato ma determinati dal caso. Il rischio di cui al gioco e alla scommessa è oggetto di una prognosi irrazionale, il rapporto tra la prestazione e l’evento incerto è del tutto arbitrario. Negli strumenti derivati con funzione di copertura, al contrario, il rischio è calcolato razionalmente e l’entità della prestazione dipende strettamente dall’evento incerto dedotto in contratto, parte del contratto è infatti un intermediario finanziario professionale e autorizzato, vi è altresì un mercato dei derivati (in un’accezione ampia che comprende il mercato non regolamentato, OTC) che fa sì che la negoziazione del rischio segua una logica razionale che tenda ad una più efficace allocazione delle risorse . Nella negoziazione di strumenti derivati il rischio è oggetto 31

di una “fisiologica contrattazione di mercato” e non un parametro esterno preso in considerazione per l’attribuzione di una posta arbitrariamente concordata. La prossimità dello strumento derivato con funzione speculativa alla fattispecie del gioco e della scommessa appare altresì

Comma 5 art 23 TUF ai sensi del quale: “Nell'ambito della prestazione dei servizi e attività

30

di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell'articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l'articolo 1933 del codice civile”.

E. Barcellona “ Contratti derivati puramente speculativi: fra il tramonto della causa e il

31

tramonto del mercato” Swap tra banche e clienti a cura di D. Maffeis, in Banca, borsa, tit. di credito 2014; Agostinelli “Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante” in Banca, borsa, tit. di credito 1997.

(29)

evidente allorquando si tenga a mente che questo può essere stipulato del tutto a prescindere dalla sussistenza in capo ad una delle parti del rischio negoziato. Posto, come abbiamo visto sopra, che la protezione dal rischio negoziato a mezzo di derivati speculativi non sia interesse di alcuno dei contraenti, questo, al pari di quanto accade per il gioco e la scommessa, viene artificialmente creato, intendendo con ciò che le parti vanno ad assumere un rischio cui nessuna delle due sarebbe stata esposta se non fosse stato stipulato il contratto . 32

Gli orientamenti dottrinali sul punto non sono univoci, per alcuni autori i derivati speculativi, pur astrattamente equiparabili alle scommesse in via eccezionale, sarebbero sottratti all’applicazione della relativa disciplina, in virtù dell’articolo 23 comma 5 TUF, quando questi siano “stipulati nell’ambito di servizi o di attività di investimento”, lasciando però aperta la questione dell’applicazione dell’articolo 1933 per i contratti derivati OTC . 33

Altra parte della dottrina ritiene invece i contratti derivati puramente speculativi sempre validi e dotati di causa meritevole di tutela, perché, in questi, l’alea ha una giustificazione nella funzione oggettiva dello strumento. Risulta essere assolutamente mancante l’elemento ludico che potrebbe far parlare di scommessa. Inoltre, secondo tale orientamento , i 34

motivi che spingono le parti a contrarre non assumono rilevanza, rimanendo rilegati al foro interiore del soggetto e non risultano sufficienti a qualificare il contratto come scommessa. A prescindere dai motivi che hanno spinto le parti a contrarre l’utilità dei contratti derivati è innegabile

Op. cit. E. Barcellona 2014

32

G. Belli “Le operazioni sui weather derivatives tra finalità di copertura e speculazione” in

33

Contratto e Impr. 2014

Così è anche per il legislatore ex art 1345 c.c.

(30)

e sufficiente a collocarli al di fuori dell’area della scommessa . Un diverso 35

orientamento considera nulli i contratti derivati meramente speculativi, poiché privi di causa, potendo verificarsi in questi una diversificazione tra titolarità del rischio e negoziazione dello stesso, il rischio non è prezzato secondo il meccanismo di mercato, non misura più il sacrificio economico del contraente, al contrario determina una distorsione del prezzo medesimo, risultando pertanto privo di utilità sociale . 36

Peraltro, la distinzione tra derivati di copertura e quelli c.d. speculativi è difficilmente valutabile in concreto, perché come abbiamo visto un fine speculativo sempre c’è anche per quei contratti stipulati con funzione di copertura dei rischi.

3.4. FUNZIONE DI ARBITRAGGIO

La funzione di arbitraggio è quella svolta da soggetti che cercano di realizzare guadagni positivi a fronte di spese nulle, i quali sono solitamente descritti come neutrali al rischio. L'arbitraggio consiste nell’effettuare in contemporanea due operazione di segno opposto sullo stesso strumento in mercati diversi, oppure su uno strumento diverso ma avente le stesse caratteristiche del primo in termini di payout. In questo modo il profitto si ottiene sfruttando le differenze di prezzo che si hanno per lo stesso strumento su mercati diversi, si lucra sulle differenze di prezzo in luogo diversi. Oggi questa attività risulta meno frequente che in passato perché il differenziale di prezzo grazie al quale si ottiene il profitto è determinato da una inefficienza di tipo informativo, ma l’interconnessione dei mercati ha

Agostinelli; F. Caputo Nassetti; E. Girino.

35

E. Barcellona, op. cit.

(31)

limitato drasticamente le asimmetrie informative e, di conseguenza, le possibilità di arbitraggio.

Paragrafo 4

Derivati uniformi e OTC

Un’ulteriore distinzione, emersa dell’analisi precedente, che incide sul contratto e sullo strumento finanziario che ne deriva è quella che sussiste tra i derivati uniformi e i derivati OTC (dall’inglese over the counter: sul banco). I derivati uniformi o standardizzati sono quelli negoziati in mercati regolamentati, obbediscono a precise regole standardizzate e le condizioni di contratto sono prestabilite in maniera uniforme. La volontà delle parte rimane rilegata al decidere se contrarre o meno, non influendo sulla configurazione del negozio. La limitata componente negoziale e la omogeneizzazione contribuiscono a spostare il baricentro di questo strumento dal modello del derivato a quello del titolo . Il rilievo 37

dell’autonomia contrattuale è ridotta rispetto ai derivati OTC i quali sono negoziati in un mercato libero ove la negoziazione è personalizzata ed il contratto crea lo strumento finanziario “fatto su misura”(bespoke).

Il mercato dei derivati OTC è in continua espansione e le negoziazioni in derivati che avvengono su questo mercato sono nettamente prevalenti rispetto alle contrattazione che si registrano sui mercati regolamentati . 38

E. Girino “I contratti derivati” Giuffrè 2010

37

Dalla relazione trimestrale della Banca dei regolamenti internazionali risulta che:”The gross

38

market value of OTC derivatives – that is, the cost of replacing all outstanding contracts at current market prices – rose to $20.7 trillion at end-June 2016 from $14.5 trillion at end-2015. The market value of foreign exchange derivatives involving the yen and pound sterling more than doubled in the first half of 2016 on the back of sharp moves in the respective currencies.“ OTC derivatives statistics at end-June 2016 su https://www.bis.org/publ/otc_hy1611.htm

(32)

Capitolo 2

Swap

paragrafo 1

Da genus a species: analisi della tipologia

Secondo la definizione che offre la Bank for International Settlements, lo swap è un “financial derivative in which two parties agree to exchange

payment streams based on a specified notional amount for a specified period” . 39

L’elemento tipico del contratto di swap è quindi lo scambio di flussi di pagamenti, l’ammontare dei quali è determinato sulla base di parametri di riferimento diversi. La definizione fa riferimento anche ad uno specifico periodo di tempo entro il quale si realizzano i pagamenti reciproci tra le parti contraenti. Dato questo carattere, gli swaps possono essere collocati nel novero dei contratti di durata, proprio per il rilievo che in questi assume il decorso del tempo tra la stipula e la scadenza del contratto: nell’intervallo temporale le fluttuazioni delle grandezze economiche di riferimento modificano i termini patrimoniali delle prestazioni e generano il rischio. Nel contratto di swap la caratteristica comune è la pluralità di pagamenti, distinti e autonomi, che le parti effettuano reciprocamente. Tale elemento è presente in tutte le diverse tipologie in cui il contratto di

swap si presenta nella prassi ed è altresì riscontrabile nelle altre figure

intermedie che da queste possono nascere sui mercati. Per altro verso le due prestazioni intercorrenti tra le parti non trovano ragion d’essere l’una nell’altra: altrimenti detto le due prestazioni non rappresentano l’una il controvalore dell’altra, il loro ammontare è infatti commisurato a

bis.org “Statistical release OTC derivatives statistics at end-June 2016 Monetary

39

(33)

parametri di riferimento diversi . L’espansione che lo strumento derivato 40

in esame ha avuto sui mercati è dovuta alla flessibilità e versatilità della tecnica, elementi che permettono a questo strumento di adattarsi agilmente alle diverse esigenze degli operatori. Abbiamo già avuto modo di dire che le operazioni di swap possono essere intese come strumenti di

asset liability management, permettendo di modificare il profilo dei flussi di

cassa di un’attività o di una passività finanziaria. Attraverso un contratto di

swap le parti possono infatti scambiare tra di loro due diversi flussi

finanziari, i quali possono indifferentemente essere tanto passivi (liability

swap) quanto attivi (asset swap). Attraverso gli asset swap gli operatori si

pongono l’obiettivo di mutare la struttura del rendimento del proprio attivo, aprendo margini di maggior ricavo e pareggiando al contempo la struttura dell’esposizione al rischio. In questa prima ipotesi il sottostante su cui l’asset swap insiste è un titolo obbligazionario detenuto nel portafoglio di una delle due parti . Attraverso i liability swap, per contro, la 41

finalità è quella di intervenire sulla posizione debitoria di una della parti, la struttura è pressoché identica a quella di un asset swap ma attraverso questo si ha modo di ridefinire la struttura dei costi del passivo: questo strumento ha la finalità di “alter the cash flow characteristics of an

institution's liabilities so as to provide a better match with its assets”. Di

In tal senso F. Rossi “(…) il denaro scambiato non fungerebbe da prezzo, ma

40

troverebbe la sua ragione di essere proprio nella disomogeneità finanziaria delle reciproche prestazioni pecuniarie, in ragione della diversità delle valute e/o delle scadenze delle obbligazioni stesse e/o solo della diversità dei parametri applicati.” p. 613 “Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e di divise in Italia” in Banca, borsa, tit. di credito, 1992, vol. II.

“Lo swap di asset riguarda lo scambio di attività (società controllate,

41

partecipazioni azionarie, etc) tra due o più aziende. Si tratta di uno scambio che può essere effettuato in alternativa alla vendita e/o all'acquisto di asset per contanti, talvolta anche per motivazioni di tipo fiscale.” definizione disponibile su http://argomenti.ilsole24ore.com/parolechiave/asset-swap.html

(34)

seguito tratteremo le differenti categorie di swap che si fondano sull’incrocio di pagamenti e, volendo assumere come dato un riferimento concreto alla prassi finanziaria, ci riferiremo ai contratti di swap più comuni nella realtà degli operatori di mercato. Secondo l’indagine triennale che la BIS conduce con le banche centrali degli stati aderenti i contratti di swap maggiormente presenti sui mercati (regolamentati ed

OTC) sono gli interest rate swap e i currency swap . A questi contratti fanno 42

capo poi diverse filiazioni che, solitamente, non modificano le caratteristiche giuridiche del modello ma unicamente l’attività sottostante su cui lo strumento insiste.

1.1 INTEREST RATE SWAP

Il contratto di interest rate swap realizza lo scambio tra due flussi di cassa, esigibili a scadenze periodiche determinate, calcolati applicando due diversi tassi di interesse allo stesso capitale di riferimento, detto nozionale, il quale non sarà oggetto di scambio . Le somme scambiate sono quindi 43

calcolate come fossero interessi sul capitale nozionale, la cui unica funzione sarà consentire questo calcolo. Negli interest rate swap le prestazioni sono denominate nella stessa valuta, a differenza di quanto avviene nei currency swap. Nel contratto di interest rate swap possono operare dei meccanismi di compensazione, nel caso in cui le parti stabiliscano che i pagamenti debbano essere effettuati alla stessa data, in forza dei quali l’esecuzione del pagamento si effettua attraverso la

Dai dati della indagine del dicembre 2016 emerge che ”The increase in OTC

42

market turnover for interest rate derivatives was entirely driven by interest rate swaps. Swap turnover increased 33% from April 2013 to $1.9 trillion in April 2016, bringing the share of swaps in total OTC interest rate derivatives turnover to 69%.”

Gabrielli-Lener p. 1078; S. Pagliantini – L. Vigoriti, I contratti swap, in G. Gitti –

43

M.R. Maugeri – M. Notari, I contratti per l’impresa. Banca, impresa e società, Bologna, 2012, II, p. 187

(35)

liquidazione della sola differenza, positiva o negativa, delle somme dovute. L’operare del meccanismo del netting fa sì che non vi sia l’incrocio di due flussi di cassa permettendo che il

contratto si risolva con un unico pagamento che verrà effettuato su base netta. Attraverso un’operazione di interest rate swap si sfrutta la

diversa capacità di accesso al mercato dei tassi di interesse che ha ciascun soggetto, permettendo in tal modo che le parti possano modificare il profilo del loro indebitamento e del connesso rischio. Questo avviene ad esempio nell’ipotesi in cui l’operazione di swap venga conclusa tra un (soggetto indebitato a) tasso fisso ed un (soggetto indebitato a) tasso variabile. In tal caso l’operazione consente alla parte titolare di un finanziamento a tasso variabile di alterare l’origine della propria obbligazione adattandola al proprio portafoglio. La struttura dell’operazione vede un soggetto (A), titolare di una posizione debitoria a tasso variabile, concludere un fixed-to-floating swap con un intermediario finanziario (B): in base al contratto A, alle scadenze stabilite, si impegna a pagare a B delle somme calcolate applicando un tasso d’interessi fisso al capitale di riferimento, mentre B si impegna a pagare delle somme determinate applicando un tasso di intessi variabile allo stesso capitale di riferimento. Questa tipologia di IRS è anche definita “plain vanilla” swap 44

perché è quella che più comunemente si incontra sul mercato. In questo

Il Plain vanilla swap deve il suo nome alla semplicità della struttura, le

44

caratteristiche principali del tipo sono: “la scadenza dello swap è un numero intero di anni; uno dei due flussi di pagamenti è basato su un tasso di interesse fisso, mentre l’altro è indicizzato a un tasso di interesse variabile;

il capitale nozionale resta costante per tutta la vita del contratto.” su www.consob.com/allegatoo_tecnico

(36)

caso lo scambio si ha tra un flusso di interessi a tasso fisso, il cui pagamento avviene da parte del soggetto definito fixed-rate-payer e un flusso di interessi a tasso variabile che verrà versato dal floating-rate-payer. Il risultato economico che, con la stipula di questo contratto, raggiunge il

fixed-rate-payer è ottenere un flusso di interessi a tasso variabile, richiesto

per l’adempimento dell’obbligazione principale, a fronte del pagamento di un flusso di interessi a tasso fisso . La conclusione di un interest 45

rate swap può essere effettivamente

dettata da finalità di copertura dei rischi, ma può altresì rivestire funzione speculativa rispetto alla variazione dei tassi di interesse.

Una seconda ipotesi di IRS, anche se nella pratica meno frequente della precedente, è quella in cui lo scambio avviene tra diversi tassi variabili, il riferimento è al floating-to-floating IRS anche definito “basis swap”. Allo stesso modo possono aversi dei fixed-to-fixed IRS, ossia swap tra tassi di interessi fissi nei quali lo scambio si dà tra pagamenti di ammontare già determinato.

E’ importante notare che qualsiasi sia la struttura con cui si presenta l’IRS questa non incide sulle condizioni del prestito originario ed in particolare non comporta modifiche nella posizione soggettiva dal lato del debitore: ciascun soggetto rimane parte del proprio rapporto debitorio originario. Altre variabili della tipologia in esame si registrano con riferimento alle tempistiche di liquidazione dei pagamenti, rispetto alle quali gli IRS

Gli schemi sono disponibili su

http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-45

(37)

possono essere distinti in “zero coupon” swaps nei quali uno dei due contraenti effettuerà un solo pagamento all’inizio o alla fine del rapporto senza pagamenti intermedi, e nei“double zero coupon” swaps nei quali entrambe le parti saranno tenute ad effettuare due soli pagamenti, uno iniziale ed uno finale . 46

1.1.1. CARATTERI DELLA FATTISPECIE

Le molteplici direzioni in cui si articolano i contratti di swap non

permettono che si realizzi la creazione di pacchetti contrattuali

intercambiabili e fungibili tra loro . I problemi di qualificazione

47

giuridica del contratto di swap sono dovuti alla eterogeneità con cui

in concreto è possibile che questi si declinino che impedisce “la

formulazione di una teoria ricostruttiva e onnicomprensiva che

possa essere parimenti applicata a tutti i derivati sul mercato” .

48

Posta questa difficoltà di ricondurre ad unità la categoria

contrattuale in esame l’attenzione dei giuristi si è indirizzata verso i

caratteri del contratto e la valutazione di questi. Dalla struttura del

contratto di swap emerge che le parti che concludono l’accordo non

sono due operatori economici, piuttosto solitamente parte del

rapporto saranno un operatore economico ed un istituto bancario,

quindi un intermediario finanziario qualificato. Questo, per la sua

posizione e per l’attività professionale che svolge, dovrebbe risultare

F. Caputo Nassetti p. 58; Pagliantini-Vigoriti p. 188

46

S. Gilotta, “In tema di interest rate swap.”, Giur. comm., fasc.1, 2007, (nt.9).

47

A. Zuccarello “In nota alla recente giurisprudenza in materia di contratti

48

derivati: il concetto di “alea razionale” quale criterio di valutazione della validità della causa“ Rivista di diritto bancario nº3/2014

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