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DOVE GLI ESTREMI SI INCONTRANO: HUGH MACDIARMID E OSIP MANDEL'ŠTAM A CONFRONTO

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Academic year: 2021

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D

IPARTIMENTO DI

F

ILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

C

ORSO DI

L

AUREA

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AGISTRALEIN

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INGUISTICA E

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ANDEL’ŠTAM

A CONFRONTO

L

AUREANDA

R

ELATORE

Elena Dardano

Prof. Stefano Garzonio

C

ORRELATORE

Prof. Fausto Ciompi

(3)
(4)

Over a large table, smooth, he leaned in ecstasies, In a dream. He had been to the woods, and talked and walked with trees.

Had left the world And brought back round globes and stone images,

Of gems, colours, hard and definite. With these he played, in a dream,

On the smooth table.

The Poet – T.E. Hulme

We are so easily baffled by appearances And do not realize that these stones are one with the stars.

On a Raised Beach – H. MacDiarmid

Иних богов не надо славить: Они как равные с тобой! О. Мандельштам

(5)

INDICE

_____________________________________________

INTRODUZIONE 5

1. IL MODERNISMO E LE SUE DECLINAZIONI: IMAGISMO E

ACMEISMO A CONFRONTO 10

1.1 Una panoramica generale sul modernismo 10

1.1.1 Il contesto

11

1.1.2 Il simbolismo

16

1.2 “Piccole cose aride” e “una bellissima chiarezza”:

imagismo e acmeismo a confronto 20

1.2.1 I predecessori: Hulme e Kuzmin

20

1.2.2 La nascita di imagismo e acmeismo

24

1.2.3 Imagismo e acmeismo

29

1.2.4 Henry Bergson e la tradizione haiku

34

2. DOVE GLI ESTREMI SI INCONTRANO:

HUGH MACDIARMID E OSIP MANDEL’ŠTAM A CONFRONTO 39

2.1 Hugh MacDiarmid: l’unione della Caledonian Antisyzygy 40

2.2 Osip Mandel’štam: un equilibrio vivente 49

2.3 L’organicismo 56

(6)

Indice

2.5 Kamen’ 64

2.6 Whalsay e l’Armenia:

“una piccola pietra” e “una pienezza vitale” 69

3. LE POESIE 74

3.1 The Watergaw – Твоя весёлая нежность 76

3.2 Country Life – Летают Валькирии 85

3.3 The Eemis Stane – Сегодня дурной день 91

3.4 Morning – Звук осторожный и глухой 97

3.5 The Bonnie Broukit Bairn – Слух чуткий парус напрягает 101

3.6 Empty Vessel – Дано мне тело 105

3.7 The Long Black Night– Нет, не луна 110

3.8 Poesie degli anni ’30 114

3.8.1 MacDiarmid nelle Shetland

114

3.8.2 Mandel’štam in Armenia

117

CONCLUSIONI 122

APPENDICE 124

RINGRAZIAMENTI 135

BIBLIOGRAFIA 137

(7)

5

INTRODUZIONE

_________________________________________

ugh MacDiarmid e Osip Mandel'štam. Non potevano essere più lontani questi due poeti: scozzese il primo, figura centrale della vita culturale e politica del Paese tanto che, al suo funerale accorse gente da tutta la Scozia; russo il secondo, emarginato e perseguitato in vita tanto che, morto in un lager nei pressi di Vladivostok, un suo funerale non lo ebbe mai. Da cosa sono quindi accomunati, e come è possibile instaurare un confronto?

Questa domanda nasce nel marzo 2017 durante il mio Erasmus presso l’Università di Edimburgo. Da sempre interessata alla letteratura comparata intesa soprattutto come ricerca di motivi simili all’interno di corpus letterari dissimili, cercavo un argomento che potesse collegare le due letterature, russa e scozzese, sulle quali, durante gli studi in Linguistica e Traduzione, mi ero concentrata. C’erano diversi spunti e diversi interessi. Il modernismo e Mandel'štam erano tra questi e quando durante una lezione di Scottish Literature il prof. Thomson illustrò la poetica imagista del moderno bardo scozzese Hugh MacDiarmid, fatta di immagini diverse accostate senza che la loro relazione fosse esplicitamente spiegata, mi balenarono in mente le lezioni pisane di letteratura russa dove, parlando di Osip Mandel'štam, ci si era soffermati sulla sua poetica acmeista di associazione e tensione estrema tra immagini discordanti.

Questo lavoro parte da qui, e si propone di instaurare una comparazione tipologica tra i due poeti, inquadrandoli nella più ampia cornice della letteratura comparata, nell’accezione con cui il critico russo A. N. Veselovskij la intendeva: per lui comprendere significava confrontare, vedere l’analogo nell’estraneo,

H

(8)

Introduzione

6

trovare un rapporto inaspettato, ma fondato, tra trame e motivi diversi. Fu lui il primo a introdurre il concetto di “motivo”, definendolo come

la più semplice unità narrativa che, sotto forma di immagine, rispondeva alle svariate richieste dell’intelletto primitivo e dell’osservazione quotidiana. Data la somiglianza o addirittura l’uguaglianza delle forme di vita e dei processi psicologici ai primi stadi dell’evoluzione sociale, motivi di tal genere potevano formarsi autonomamente e, allo stesso tempo, presentare tratti simili.1

Allo stesso modo, poiché i motivi letterari rispondono alla cosiddetta “richiesta letteraria” o podskazyvanie in russo, essi possono nascere e avere forme uguali in luoghi o in tempi diversi se uguali sono le condizioni storiche e sociali a cui rispondono. Le teorie veselovskijane furono anticipatrici di diversi indirizzi di ricerca (le teorie di Propp o quelle della scuola mitologico-ritualista di Cambridge) e della stessa nozione di archetipo, legittimando per la prima volta una comparazione non basata su prestiti e influenze dirette, ma fondata sull’uguaglianza di schemi narrativi e patterns tematici presenti in materiali lontani cronologicamente e spazialmente.

Ecco quindi che una comparazione tra MacDiarmid e Mandel'štam non sembra poi così azzardata se si comprende il contesto sociale e culturale a cui entrambi appartengono. Il primo capitolo cercherà di delinearlo, partendo innanzitutto dalla concezione di modernismo. Nato agli inizi del ’900, il modernismo si proponeva di innovare radicalmente la tradizione immediatamente precedente a favore di una nuova poetica che potesse rispondere alla realtà, frammentata e dissociata, in cui l’uomo si trovava a vivere in quel periodo. L’imagismo e l’acmeismo, entrambi forme di modernismo, sorgono in questo momento e il loro primo atto fu la ribellione nei confronti del simbolismo, corrente che aveva dominato il panorama letterario di fine ’800 e che, con le sue immagini nebulose e vaghe e il suo proiettarsi in un mondo-altro, astratto e mistico, non poteva più dare delle risposte a un uomo che, in un Dio o

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Introduzione

7

in un mondo ultraterreno, non credeva più. Al contrario imagismo e acmeismo predicavano il ritorno a una poetica di concretezza fatta di immagini dai contorni chiari e precisi. Una prima comparazione verrà quindi fatta tra due movimenti che, come Eleaine Rusinko sottolinea, “assorbirono ciò che aleggiava nell’aria poetica internazionale e reagirono in modo indipendente sulla stessa scia”.2

Nel secondo capitolo ci si concentrerà su Hugh MacDiarmid e Osip Mandel'štam, riflettendo su come il primo risenta dell’influenza dell’imagismo, il secondo risponda ai canoni dell’acmeismo. Innanzitutto, si cercherà di capire da dove entrambi provengono, da quali idee la loro poetica è influenzata e con quali tradizioni si confrontano o scontrano. Qualunque tipo di forma d’arte infatti si sviluppa inevitabilmente all’interno di una tradizione che Veselovskij chiama “culla” di “formule specifiche” e di “motivi costanti che una generazione ha ricevuto dalla precedente”.3 Al contempo si cercherà di capire l’elemento di

novità apportato dai due poeti, ricordando che alla tradizione si aggiunge sempre la creatività personale, definita da Veselovskij come “nuova concezione di vita che di fatto costituisce il suo progresso rispetto al passato”.4 In questo

modo si andrà a creare una rete di associazioni, connessioni e paragoni tra i due poeti, la loro poetica e le loro idee.

Nel terzo e ultimo capitolo si cercherà un riscontro a quanto ipotizzato tramite l’analisi e la traduzione di alcune poesie di Hugh MacDiarmid e Osip Mandel'štam. Sono state selezionate innanzitutto poesie tratte dalle prime raccolte: Sangschaw e Penny Wheep di MacDiarmid, pubblicate a un anno di distanza e da considerare come un unico blocco poetico, e Kamen’ di Mandel’štam. Qui, somiglianze nei motivi, nei temi e nel procedimento poetico testimoniano come una poetica imagista e acmeista arrivino a uno stesso

2 E. RUSINKO, “Russian Acmeism and Anglo American Imagism”, in Ulbandus Review, V. 1, N. 2,

1978, pp. 37-49. La maggior parte delle fonti consultate sono in lingua originale (inglese o russa). Se le citazioni in inglese potrebbero essere comprese dal lettore senza particolare difficoltà, non è così scontato per quelle in russo. Pertanto, si è scelto di tradurre tutte le citazioni, in modo tale da garantire sia una maggiore scorrevolezza nella lettura, sia l’omogeneità del testo complessivo.

3 A. N. VESELOVSKIJ, La poetica storica, cit., p. 66. 4 Ibidem.

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Introduzione

8

risultato. In secondo luogo, sono state selezionate poesie risalenti al periodo di crisi poetica che sia MacDiarmid che Mandel’štam sperimentano negli anni ‘30 e che affrontano soggiornando il primo presso le remote isole scozzesi delle Shetland, il secondo presso l’arida e solitaria Armenia. Il ritorno a una vita semplice, concreta, quotidiana che era stato punto di partenza per la poesie iniziali diventa ora il punto di rinascita per una nuova fase artistica e letteraria.

In questo lavoro si è dato quindi più importanza a quelle che sono le poesie epigrammatiche, minute, concise che ben rappresentano la poetica modernista e di precisione a cui MacDiarmid e Mandel'štam facevano riferimento. Come Painter ha fatto notare, liriche così brevi rispondevano al desiderio imagista e acmeista di “concisione e presentazione senza commento”.5 Al contempo, esse

non ebbero vita lunga, in quanto l’estetica dominante le riteneva di poca importanza. È probabilmente per questo che i due poeti si rivolsero a forme più epiche: MacDiarmid con A Drunk Man Looks at the Thistle (Edinburgh, Blackwood, 1926) e Mandel'štam con Egipetskaja Marka (Leningrad, Priboj, 1928). Entrambi sono testi ibridi di poesia e prosa, entrambi sono costruiti tramite una serie di associazioni e rimandi culturali in orizzontale (ovvero contemporanei) e in profondità (ovvero classici). Questo ulteriore raffronto potrà essere oggetto di future ricerche. Intanto, questo lavoro è un primo passo verso una comparazione tra due poeti ancora poco conosciuti e verso l’esplorazione di uno spazio “whaur/Extremes meet”,6 “dove gli estremi si

incontrano”. Estremi sono Hugh MacDiarmid e Osip Mandel’štam, estrema è la poetica di concretezza che creano, estreme saranno le immagini di pietra e di stelle di cui scriveranno, eppure nel loro estremismo sono comparabili. Questo perché, potremmo dire insieme a Mandel'štam, “… la questione è rivelata alla nostra coscienza soltanto attraverso la metafora, perché non c’è alcuna esistenza

5 K. B. PAINTER, Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian

American and German Post-Symbolism poetry, New York, Colombia University, 2000, p. 119.

6 “…aye be whaur/Extremes meet “. H. MACDIARMID, A Drunk Man Looks at the Thistle,

(11)

Introduzione

9

all’infuori del paragone, perché l’esistenza stessa è il paragone”.7 Associazioni,

paragoni, confronti. È quello di cui la letteratura vive, e di cui vivrà anche questo lavoro.

7 O. MANDEL’ŠTAM, Conversazione su Dante, cit. in P. STANUTI, “Nota biografica” in O.

(12)

10

1

IL MODERNISMO E LE SUE DECLINAZIONI:

IMAGISMO E ACMEISMO A CONFRONTO

_________________________________________

1.1

Una panoramica generale sul modernismo

Se si apre una pagina Google Chrome e si cerca grossolanamente l’espressione modernismo letterario si incontrano diverse, e spesso discordanti, definizioni. Per Wikipedia, il modernismo letterario è “un movimento tipico dei paesi inglesi”; per altri siti è da considerare modernismo soltanto il movimento sviluppatosi nei paesi americani di lingua spagnola; l’Enciclopedia Treccani sembra essere più precisa quando dice che il modernismo è il “nome di movimenti religiosi, artistici e letterari sviluppatisi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo”, salvo poi identificarlo, più sotto, con “il movimento letterario ispano-americano”. Tale ambiguità rivela quanto, in generale, sia difficile definire una tendenza letteraria e quanto questa difficoltà divenga ancora più grande se tale tendenza, all’inizio circoscritta in un singolo paese, diventa espressione di un movimento planetario. È il caso del modernismo appunto, termine per la prima volta usato da Rubén Darío come definizione del movimento latinoamericano e usato poi per designare un movimento di rinnovamento religioso in Italia o il movimento letterario guidato da Pessoa a

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Primo capitolo

11

Lisbona. Non ci si può però “arrendersi alle divergenze”8 ma, al contrario,

bisogna capire come nel periodo tra le due guerre mondiali circolarono testi, questioni, problematiche e motivi non affatto incoerenti o dispersi tra di loro. Oggi si dà l’enfasi alla “pluralità di modernismi, le cui individualità emergono davvero solo quando se ne sia costruita l’interrelazione”.9 È quindi consolidato

l’uso di definire modernismi delle correnti che, a prescindere dal luogo di appartenenza, siano nate indicativamente agli inizi del XX secolo e si siano sviluppate fino agli anni ’30 del Novecento, condividendo delle significative caratteristiche comuni a dispetto delle evidenti diversità di contesto.

1.1.1 Il contesto

È infatti dal contesto sociale che si deve partire, e la cultura a cui il modernismo si ispira è, come afferma Romano Luperini nell’articolo “Modernismo, avanguardie, antimodernismo”,10 sostanzialmente unitaria.

Tante sono le rivoluzioni che sconvolgono il mondo a cavallo del XX secolo:

 una rivoluzione industriale che si sviluppa tra il 1895 e il 1913 e che

vede la nascita delle macchine, dell’aereo, del cinema, del telefono, una conseguente velocizzazione di comunicazione e un cambiamento dei rapporti interpersonali, la diffusione dell’elettricità, delle fabbriche, un’urbanizzazione crescente, una massificazione della cultura. La diffusione di questi nuovi mezzi rende irrilevanti i luoghi in cui si svolgono gli eventi: le storie si giustappongono, a prescindere dal tempo o dallo spazio, e gli accadimenti si susseguono in simultaneità;11

8 R. DONNARUMMA, S. GRAZZINI, “Modernismo plurale: riviste e canone fra scambi e chiusure”,

in R. DONNARUMMA, S. GRAZZINI (a cura di), La rete dei modernismi europei. Riviste letterarie e

canone (1918-1940), Perugia, Morlacchi Editore, 2016, pp. 14-15.

9 Ibidem.

10 R. LUPERINI, “Modernismo, avanguardie e antimodernismo”, in letteraturaenoi, 09/06/2014.

http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/interpretazione-e-noi/271-modernismo,-avanguardie,-antimodernismo.html

11 J. PICCHIONE, “Il modernismo e il tempo: rivolgimenti concettuali identitari e formali”, in

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Primo capitolo

12

 una rivoluzione epistemologica, frutto della messa in discussione

dei postulati scientifici che avevano regnato fino a quel momento. Le teorie di Freud, Nietzsche e Bergson evocarono “scenari apocalittici ed esplosioni di un linguaggio dell’io scisso e atomizzato”:12 Freud pose l’accento sulle disfunzioni memoriali e

rimozioni del self, che frantumano il corso sequenziale degli eventi dell’uomo;13 Nietzsche creò “una filosofia della storia in cui le realtà

umane sono inserite nel flusso di un costante divenire che nega la possibilità di accedere a verità universali”14 e in cui le parole sono

semplicemente metafore oltre le quali non si può andare;15 Bergson

per primo parlò di tempo coscienziale, discontinuo e sconnesso rappresentabile solo dalla letteratura e dalle arti, e non dalla scienza, poiché legato alla complessità e instabilità dell’esperienza umana;16

 infine la prima guerra mondiale, ovvero lo scossone che minò il sistema di valori su cui l’uomo ottocentesco era fin’ora vissuto, immergendolo in una realtà in cui il soprannaturale e il divino non trovavano più posto e in cui l’uomo viveva in solitudine.

L’insieme di queste rivoluzioni porta alla caduta della centralità dell’io e, con esso, della compattezza che lo caratterizzava. Ciò che ne deriva è un

fragmentary self senza punti di riferimento, consapevole della propria finitezza

e immerso in una realtà caleidoscopica. Non sorprende che modernismo sia sinonimo anche di cosmopolitismo e che i suoi maggiori rappresentanti appartengano a più identità geografiche e culturali. Infatti,

12 C. PAGETTI, “Letteratura e nuove scienze: da Darwin a Freud”, in G. CIANCI (a cura di),

Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia storica agli anni trenta e oltre, Milano,

Principato, 1991, p. 52.

13 J. PICCHIONE, “Il modernismo e il tempo: rivolgimenti concettuali identitari e formali”, cit., p.

244.

14 Ivi, p. 17.

15 L. WINKIEL, Modernism. The Basics, London and New York, Routledge, 2017, p. 72.

16 J. PICCHIONE, “Il modernismo e il tempo: rivolgimenti concettuali identitari e formali”, cit., p.

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Primo capitolo

13

il modernismo vive tutti i mutamenti apportati dalla scienza, dalla tecnologia, dall’urbanizzazione, dall’organizzazione del lavoro con la coscienza di un tempo accelerato. Esso ha inoltre una visione entropica del tempo, nella misura in cui non è più percepito come una lunga e lineare progressione di eventi, ma come un fluire discontinuo, sconnesso, disordinato.17

Tale senso di frattura e di opposizione che il Novecento porta con sé e che coinvolge sia la coscienza dell’uomo sia la società, sarà la base su cui si costruiranno le maggiori poetiche moderniste.

Dal punto di vista letterario, frattura significa, inevitabilmente, una scissione tra il prima e il dopo e, conseguentemente, un’opera di distruzione nei confronti dei vecchi principi e dei vecchi stilemi a favore di nuovi linguaggi, nuove forme e nuovi contenuti. Quello che si attua è una negazione delle convenzioni logore o obsolete senza la quale non ci può essere l’edificazione del nuovo.

Nuovo che investe innanzitutto la forma: scompare la narrazione lineare compattata da un narratore onnisciente e subentra una narrazione senza una consequenzialità logica, frammentata, specchio delle impressioni soggettive che la realtà suscita. Il narratore presenta le impressioni senza darne un commento morale, anche perché una scala di valori non esiste più. Quello che si ottiene è quindi un insieme di impressioni che scivolano l’una nell’altra, andando a riflettere la nuova visione bergsoniana della realtà come “caotico flusso sensoriale della coscienza”;18 da qui derivano le scomposizioni e composizioni

del linguaggio utili a dare vita a una narrazione che, scorrendo in un tempo fittizio, si spezzetta in miriadi di esperienze simultanee.

L’importanza che i modernisti danno alla costruzione del significato non può prescindere dall’enfasi posta sul medium linguistico. Al centro del dibattito modernista si trova una sperimentazione finalizzata a creare una poesia che possa restituire un’immagine non stereotipata del mondo. La poesia è quindi

17 Ivi, p. 20.

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Primo capitolo

14

l’unico modo per dire la verità “dell’esperienza umana, dopo che la religione non può farlo e la cultura di massa lo fa in modo distorto”.19 La nuova

sperimentazione poetica si basa sul turn di questo periodo secondo il quale il linguaggio non descrive più il mondo, ma lo forma. Se gli studi linguistici del XIX secolo si preoccupavano soprattutto dell’origine e dello sviluppo delle lingue, nel 1916 il Corso di Linguistica Generale di Ferdinand de Saussurre enfatizza per la prima volta una dimensione sincronica, riflettendo sull’arbitrarietà del rapporto tra segno linguistico e referente esterno. Di nuovo, una disciplina metteva l’accento sulla mancanza di una verità assoluta e sulla soggettività delle relazioni tra le cose, connesse non dalla realtà, ma dalla psiche. Ne deriva che

universo della materia e universo della psiche, universo scientifico e universo narrativo tendono a intrecciarsi in una danza cosmica e in una rete immensa di metafore e relazioni immaginative.20

Intrecciarsi: in effetti, se da un lato il modernismo non sarebbe potuto mai nascere dalle fratture e dalle opposizioni, dall’altro ciò che accomuna le correnti, tra cui imagismo e acmeismo, e che accomunerà la poetica di MacDiarmid e di Mandel’štam, è il tendere e allungare gli estremi delle fratture e opposizioni, in modo tale da farli incontrare. Succede, appunto, con l’ “universo della materia e l’universo della psiche” e succede anche con il nuovo e il vecchio, ovvero la tradizione e la novità poetica a cui, i modernisti, aspiravano.

Il rapporto con la tradizione è, infatti, complesso. Se da un lato lo scrittore modernista si propone di allontanarsi dalla tradizione che lo ha preceduto e che percepisce ormai come inadeguata a codificare la sua esperienza del reale, dall’altro comprende che una totale tabula rasa comporterebbe la cancellazione della sua memoria culturale e letteraria; al contrario, è necessario riconoscere la modernità delle tradizioni più lontane, prima fra tutte quella classica. Questo

19 S. BRUGNOLO, “La rivista letteraria come forma di pensiero e azione tra modernismo,

avanguardie e industria culturale” in R. DONNARUMMA, S. GRAZZINI (a cura di), La rete dei

modernismi europei. Riviste letterarie e canone (1918-1940), cit., p. 39.

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Primo capitolo

15

prova come le rivoluzioni artistiche siano “quasi sempre delle rivoluzioni contro il passato recente in cerca di tradizioni perdute”.21 Ecco spiegate le miriadi di

allusioni intertestuali che costellano i testi modernisti e che, paradossalmente, ne rappresentano proprio l’aspetto innovativo. Il modernismo infatti non ha mai interrotto un dialogo con il patrimonio della tradizione, ritenuta ordine nel caos, puntello contro il crollo di ogni certezza.

Nel modernismo, quindi, coabitano sia l’interrogazione del passato, sia la tensione verso il futuro, in un’oscillazione tra tradizione e creatività personale che Veselovskij postulava all’origine dello sviluppo letterario e che è tema di uno dei più famosi saggi del poeta modernista T. S. Eliot, “Tradition and the Individual Talent”, in cui l’autore riconosce che “il valore individuale si costituisce in virtù del suo collocarsi armonicamente fin dall’inizio in un tutto che richiede il tributo di ciascuno ma che a ciascuno, esso solo può conferire validità”.22

Questa ricerca di tradizioni perdute porta inoltre l’autore modernista a rivolgersi verso il primitivo, i riti, le culture antiche, il primordiale, atteggiamento che, come vedremo, sarà condiviso sia da imagismo sia da acmeismo e che rappresenterà, per loro, un ritorno alla concretezza e una risposta a quello che era stato il collasso dell’idealismo, della metafisica e, in particolare, del simbolismo.

Se quindi da un lato, come dice Frye in Anatomia della critica, “l’originalità ritorna alle origini della letteratura”,23 dall’altro essa è acquisita a

scapito delle avanguardie più vicine nel tempo, ovvero naturalismo e simbolismo e della loro ricerca del vero nella realtà empirica e visibile il primo, in quella metafisica e invisibile il secondo. È importante far notare come i modernisti, però, considerano

21 J. KORG, Language in Modern Literature: Innovation and Experiment, cit. in F. GOZZI, “La

rottura dei codici: il linguaggio protagonista” in Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia

storica agli anni trenta e oltre, cit., p. 293.

22 A. TAGLIAFERRI, “Tradizioni rivisitate: Pound, Eliot, Joyce”, in Modernismo/Modernismi.

Dall’avanguardia storica agli anni trenta e oltre, cit., p. 277.

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Primo capitolo

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il visibile e l’invisibile non tanto come termini in opposizione, quanto come ordini complementari del reale che lo scrittore dovrebbe cercare di integrare nel testo al fine di pervenire ad una rappresentazione totalmente inclusiva del vero. Per giungere a tale risultato essi si troveranno a dover mettere d’accordo non solo il visibile con l’invisibile, ma anche, di conseguenza, la trasparenza e l’opacità di scrittura, l’aspirazione alla pura referenzialità dei naturalisti e quella alla totale allusività del simbolisti.24

Vecchio/nuovo, materia/psiche, tradizione/innovazione,

primitivo/metafisico, visibile/invisibile, trasparenza/opacità sono solo alcune delle fratture e opposizioni con cui gli autori modernisti si confrontano. Una delle più importanti resta però la frattura tra le nuove poetiche e il simbolismo, tradizione che ora andremo a comprendere meglio.

1.1.2 Il simbolismo

“È essenziale dimostrare che la bellezza si può trovare nelle piccole cose aride. Il fine ultimo è la descrizione accurata, esatta e definita”.25 È così che

Thomas Ernest Hulme affermava intorno al 1911 in Romanticism and

Classicism. Un anno prima, nell’articolo “O prekrasnoj jasnosti” (“Sulla

bellissima chiarezza”), Mikhail Kuzmin incitava a essere “economici nei mezzi e avari nelle parole, precisi e logici” in modo da “svelare il segreto delle cose meravigliose e di una bellissima chiarezza”.26 Hulme e Kuzmin,

indipendentemente l’uno dall’altro e nello stesso momento, sentono l’esigenza di una nuova poesia che faccia di definizione, precisione, accuratezza ed economia espressiva le sue coordinate. Inaugurano così una forma di pensiero che influenzerà e contribuirà a far nascere due movimenti fondamentali nella storia della poesia: imagismo e acmeismo. Ma da cosa si allontanavano, e perché proprio ora?

24 Ivi, p. 294.

25 T. E. HULME, “Romanticism and Classicism”, in P. MCGUINNES (ed.), T. E. Hulme: Selected

Writings, USA, Carcanet/Routledge, 2004.

https://www.poetryfoundation.org/articles/69477/romanticism-and-classicism

26 M. KUZMIN, “O prekrasnoj jasnosti”, in Apollon, N. 4, 1910.

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Primo capitolo

17

L’esigenza sentita da Hulme e Kuzmin nasceva dalla consapevolezza che la tradizione che aveva regnato in Europa per tutta la fine del XIX secolo, il simbolismo, non fosse più adeguata a rappresentare le esperienze che il poeta si trovava a vivere in quel momento. La nuova realtà fisica ed epistemologica con cui l’uomo era chiamato ora a confrontarsi negava ogni possibilità di un mondo mistico, altro, religioso e, di conseguenza, di una poetica simbolista.

Cosa sia una poesia simbolista non è facile definirlo: la sua fenomenologia presenta connotati diversi e a volte contraddittori tra di loro. Tuttavia si possono individuare dei fili sotterranei che unificano le varie poetiche simboliste e che possono essere definiti come le caratteristiche principali:27

 un idealismo mistico e ultraterreno, che porta il poeta

simbolista a fuggire dalla realtà concreta e quotidiana alla ricerca di una realtà astratta in cui trovare il senso della propria esistenza; ne deriva un conseguente rifiuto per la descrizione del mondo fisico e naturale e un preponderante uso di simboli che alludano alla realtà a cui il poeta aspira;

 una forte soggettività, secondo la quale il mondo interiore del

poeta è più importante di quella esteriore, e la sostituisce. Questo implica un’elevazione del poeta stesso il quale si considera profeta, mistico, esteta, in generale l’unico in grado di comprendere la verità con una facoltà più penetrante del semplice raziocinio;

 una forma e una poesia dai contorni vaghi e indefiniti, che

ricerchi la musicalità in modo tale da catturare sia l’essenza del mondo astratto a cui i poeti simbolisti aspirano, sia le profondità della loro anima. Infatti, i primi due mondi (ideale mistico e soggettività), spesso si intersecano e la lingua viene usata per sfumare i contorni che li separano.

27 Si segue qui lo schema proposto da K. B. PAINTER in Flint on a Bright Stone: The Sharp

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Primo capitolo

18

Il simbolismo nasce in Francia con esponenti come Verlaine e Rimbaud e presto si estende per tutta Europa.

È probabilmente in Russia che trova il campo più fertile: introdotto da Zinaida Vengerova in un articolo del 1892, il movimento è inaugurato da Annenskij, Bal’mont e Briusov che costituiscono, come il critico formalista russo Žirmunskij fa notare,28 la prima generazione di poeti simbolisti: influenzati

profondamente dalla tradizione francese e da Poe, imitavano motivi erotici e baudelairiani decadenti, sperimentando con la forza musicale delle parole. Ciò che cercavano era un abbandonarsi alla vita, un liberarsi dalla morale e un ricercare la purezza di un’estetica a cui aggiungevano il profondo e ricco contenuto dell’anima umana e del poeta, l’unico che potesse veramente godere della bellezza artistica.

La seconda generazione dei simbolisti apparve insieme al nuovo secolo: Ivanov guida le redini: è il suo appartamento, “La Torre”, a diventare punto di riferimento per la nuova cerchia di poeti tra i quali spiccano Blok e Belji. I nuovi simbolisti considerano un mistero divino quella che per la prima generazione era semplicemente puro estetismo. I poeti della seconda generazione, ci dice Žirmunskij, sono dei mistici: influenzati, o meglio come Ivanov affermava, “battezzati”29 dal filosofo Solov’ëv che aveva previsto un’imminente apocalisse,

credevano che il mondo fosse investito dall’infinito e dovesse essere considerato simbolo di Dio. La poesia assume inevitabilmente un carattere religioso e il poeta diventa un profeta. Non stupisce che, al posto di una comprensione semplice della vita, quest’ultima si riveli una tragedia profonda e difficile, dove ogni passo dell’uomo va verso la sua condanna.30

Se in Russia il simbolismo si andò a costituire come un vero e proprio movimento (forse, come gli stessi acmeisti riconoscevano, il movimento più importante della letteratura russa), la versione simbolista inglese era

28 V. М. ŽIRMUNSKIJ, Poezia Aleksandra Bloka. Preodolevšie simvolizm, Moskva, Avtograf,

1998, p. 25.

29 K. B. PAINTER in Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian

American and German Post-Symbolism poetry, cit., p. 62.

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caratterizzata da una mancanza di vero e proprio programma o di un vero e proprio gruppo di poeti che si raccoglievano intorno a questa scuola. Tecnicamente, come Painter sottolinea, l’Inghilterra non ebbe un movimento simbolista nel senso preciso del termine, ma piuttosto delle “tendenze simboliste”31 in era vittoriana, espresse da gruppi che si definivano in modo

diverso: il preraffaellismo, l’estetismo e il decadentismo sono quelle più importanti e rappresentano “la versione inglese di questo fenomeno internazionale”.32

Algernon Swinburne, Walter Pater e i poeti preraffaelliti, tra cui Dante Gabriel Rossetti, possono essere considerati i padri del simbolismo inglese: sentono la forte influenza dei poeti francesi e spesso costruiscono le loro poesie su immagini baudelairiane. L’estrema introspezione, la musicalità e vaghezza dello stile, la descrizione di mondi invisibili sono tutti temi che condividono con il simbolismo. Swinburne si ispirò esplicitamente a Baudelaire, andando a enfatizzare le qualità decadenti della sua poesia.

Nel 1890, una nuova generazione di poeti raccolse il lascito di Swinburne, di Pater e dei poeti preraffaelliti, andando a costituire la vera tradizione simbolista inglese ovvero l’estetismo o decadentismo. Se i poeti simbolisti russi si riunivano intorno alla Torre di Ivanov, i poeti simbolisti inglesi lo facevano nel Rhymer’s Club, gruppo di poeti fondato intorno al 1891 e ispirato dall’idea di William Butler Yeats di una generazione tragica destinata al fallimento o alla morte. Tra i membri di spicco c’erano Ernest Dowson, Oscar Wilde, Arthur Symons, quest’ultimo il primo a scrivere un libro in inglese sul simbolismo francese.

Se quindi il simbolismo russo appare ordinatamente diviso tra una prima generazione di poeti esteti e una seconda di poeti mistici, nel simbolismo inglese queste due tendenze sono strettamente intrecciate l’una all’altra: i poeti decadenti, ritenendo che il loro genio fosse l’unico che potesse comprendere la verità, aspiravano alla ricerca del puro godimento estetico e, nel farlo,

31 Ivi, p. 60. 32 Ivi, p. 62.

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abbandonavano il mondo reale per rifugiarsi in un mondo ideale. Si può quindi concludere con Painter che:

nonostante le loro differenze, in ognuna di queste tradizioni si possono trovare le caratteristiche principali del simbolismo francese. Predomina la percezione soggettiva del poeta e quella di un’intensa interiorità. La poesia diventa una vaga, indefinita allusione; il soggetto e l’oggetto sono fusi in modo indistinto e suggestivo. Il poeta usa le immagini non per rispecchiare il mondo oggettivo, ma per creare degli stati sognanti simili a trance, o per suggerire una connessione con un mondo idealizzato e “più reale” che giace oltre.33

1.2 “

Piccole cose aride” e “una bellissima chiarezza”: imagismo e

acmeismo a confronto

1.2.1 I predecessori: Hulme e Kuzmin

Di fronte al contesto storico e sociale descritto a inizio di questo capitolo e dopo aver delineato i caratteri generali della tradizione poetica fino ad allora preponderante, emerge tutta l’inattualità di un movimento che, per dirlo con le parole usate da Blok in una lettera del 6 giugno 1911 indirizzata a Belij, era “ormai finito”.34 Era inevitabile quindi un cambiamento di rotta, le cui

coordinate saranno date a un solo anno di distanza da T. E. Hulme e M. Kuzmin, i cui appelli a una poetica fatta di “piccole cose aride” e di “una bellissima chiarezza” si possono ora comprendere meglio.

Interessato alla filosofia, Hulme inizia a tradurre i lavori di Bergson e ne viene profondamente influenzato. Secondo Bergson, la realtà non aveva caratteristiche intrinseche ma, al contrario, suscitava delle percezioni sul

33 Ivi, p. 66.

34 R. E. PETERSON, A History of Russian Symbolism, cit. in K. B. PAINTER, Flint on a Bright

Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian American and German Post-Symbolism poetry, cit., p. 10.

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soggetto con cui entrava in relazione. La stessa conoscenza era quindi soggettiva. L’applicazione di tali teorie alla questione della creazione poetica e del linguaggio porta Hulme a teorizzare che, se la lingua è discontinua come ogni altro mezzo di conoscenza, di conseguenza soltanto ricorrendo all’immagine e alla metafora si può fermare e sospendere l’incessante movimento delle cose descrivendo, in un preciso istante, la percezione che l’oggetto ha suscitato e ristabilendo il rapporto tra il flusso del mondo esterno e la comprensione dell’uomo.35 Questo si può fare con due atteggiamenti mentali

diversi: da un lato, uno slancio vitalistico che Hulme identifica nell’arte romantica; dall’altro uno slancio geometrico, che Hulme riconosce nell’arte classica. È quest’ultimo che l’autore promuove. Infatti l’arte classica può risponde alla caoticità e apertura della realtà novecentesca con una forma severa e geometrica “da opporre al disordine di quella vita che è diventata fango e cenere”.36 L’arte a cui ora il poeta deve aspirare è “dry “ e “hard” “secca” e

“dura”,

programmaticamente e consapevolmente relazionale, miscuglio inseparabile e dichiarato di soggettività e oggettività, rapporto sempre unico (ma sempre concreto e irripetibile) con un mondo che è soltanto esperienza dei fenomeni. È in questo senso che la riflessione hulmiana finisce per aprirsi a prospettive squisitamente moderne: l’esperienza del mondo non può che essere un’esperienza fratturata, giocata su “ceneri”: ogni ambizione sistematizzante è vana; l’artista può solo produrre frammenti che presentino rapporti e non realtà oggettive.37

L’arte classica si affida al concetto di astrazione con il quale il soggetto cercava di ricomporre la realtà tramite la disciplina e un procedimento simile al

labor limae classico. È indispensabile quindi tornare all’eliminazione del

superfluo, a un ripudio dell’ornamento e in generale dell’arte romantica che,

35 L. VILLA, “Hulme e il cassical revival”, in Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia storica

agli anni trenta e oltre, cit., p. 143.

36 Ivi, p. 145.

37 R. BIANCHI, “Imagismo”, in Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia storica agli anni

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nella sua illusione costantemente frustrata di abbracciare l’universo intero e di scoprire la realtà delle cose, si perde nella confusione e nell’indeterminatezza.

Da un lato il poeta cosmico e romantico enuncia, nel momento stesso in cui mostra di voler dire, la propria incapacità o impotenza di dire, ricorrendo pertanto a vocaboli astratti per enunciare l’inesprimibilità sostanziale del mondo. Dall’altro, il poeta classico e geometrico, consapevole di potersi rapportare soltanto con il frammento […] cerca con la massima accuratezza le parole esatte e precise, producendo una sorta di microscrittura massimamente concreta che presenta una propria particolare relazione percettiva, emotiva e mentale con uno squarcio minimo di realtà.38

Diventa facile, dopo questa descrizione, identificare la prima arte con la poesia simbolista in cui il poeta, nella sua convinzione di potersi avvicinare alla verità, finisce per rappresentarla in modo ancora più astratto e vago, la seconda con il “periodo di un verso asciutto, duro e classico” che Hulme profetizza in

Romanticism and Classicism39 e che si baserà su:

 una “descrizione precisa, accurata e definita” che si opponga al

non-finito romantico;

 un tecnica che consenta di cogliere “la curva esatta di quello che si

vede”;

 l’uso di “immagini in versi”, non come “mera decorazione”, ma

come “la vera essenza e linguaggio”;

 una poesia organica, fatta di relazioni, dove ogni parte modifichi il

tutto.

In sintesi, una poesia umile che non aspiri a comprendere l’incomprensibile ma che sappia di potersi relazionare solo al mondo che la circonda.

38 Ivi, p. 120.

39 T. E. HULME “Romanticism and Classicism”, in P. MCGUINNES (ed.), T. E. Hulme: Selected

Writings, USA, Carcanet/Routledge, 2004.

https://www.poetryfoundation.org/articles/69477/romanticism-and-classicism Per tutte le citazioni che seguono si rimanda a questa fonte.

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L’esigenza del ritorno a una poesia classica è sentita, in campo acmeista, da Kuzmin che Žirmunskij, nel suo saggio Preodolevšie simvolizm (“Il superamento del simbolismo”) aveva identificato come rappresentante della terza generazione della poesia simbolista ma, al contempo, come colui che per primo inizia a distaccarsene. Frequentatore della Torre di Ivanov, Kuzmin crea una poesia che presenta i caratteri mistici del simbolismo russo, ma le sue emozioni non sono ugualmente caotiche o confuse. Per Kuzmin, la vita ha un significato divino, ma intorno a esso le cose si dispongono in modo ordinato, classico, geometrico. In breve, gli oggetti si relazionano alla divinità, e le parti della poesia al tutto, in modo armonico. All’elemento dionisiaco e distruttore del simbolismo Kuzmin preferisce la chiarezza apollinea e razionale: il suo è un mondo in cui i confini tra le cose non sono più sfumati ma, al contrario, definiti e marcati; la sua è la ricerca di una poesia consapevole. In questo, dice Žirmunskij, c’è già la via per il superamento del simbolismo.

Tali principi vengono espressi nell’articolo “O prekrasnoj jasnosti” (“Sulla bellissima chiarezza”)40 pubblicato nel 1910 su Apollon, rivista che diventerà

punto di riferimento per i manifesti acmeisti. In esso, Kuzmin attacca il simbolismo sul piano letterario41 e lo fa promuovendo la stessa limpidezza che

caratterizza il suo stile.

L’articolo si apre con una descrizione della separazione della terra dal Caos. Il mondo, su cui veglia lo spirito di Dio e che si rivela essere “complesso e meraviglioso”, è quello stesso mondo che i poeti cercano da sempre di comprendere e conoscere. I primi momenti di consapevolezza dell’uomo sono quelli in cui entra in relazione con l’oggetto: la sedia, il gatto, la palla per il bambino, il mondo intero per l’adulto. Il modo con cui l’uomo, o meglio, il poeta si approccia a questo oggetto sono due: per Kuzmin il migliore è avvicinarsi alla chiarezza e assoggettare le proprie opere alla legge della “limpida armonia e architettura”. Infatti le forme vaghe e nebulose, “la disgregazione dello spirito”,

40 M. KUZMIN, “O prekrasnoj jasnosti”, in Apollon, N. 4, 1910.

http://dugward.ru/library/kuzmin/kuzmin_o_prekrasnoy_yasnosti.html Per tutte le citazioni che seguono si rimanda a questa fonte.

41 G. KRAISKI, Le poetiche russe del Novecento: dal simbolismo alla poesia proletaria, Bari,

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“il misticismo”, la “sintassi acrobatica” che camuffano la relazione tra soggetto e oggetto e nascondono il suo significato al lettore sono “bezvkusie”, insapori.

Lasciate pure che la vostra anima sia intera o divisa; lasciate pure che la vostra visione del mondo sia mistica, realistica, stoica o perfino idealista (se non avete trovato altro); lasciate pure che i vostri mezzi artistici siano impressionisti, realisti o naturalisti e che il contenuto sia lirico o favolistico, o che sia uno stato d’animo, un’impressione, quello che volete, ma vi prego, per favore, siate logici. Sì, perdonatemi questo grido nel cuore, ma siate logici nel progetto, nella costruzione dell’opera, nella sintassi!42

È questo l’urlo di Kuzmin. Egli invita a essere come gli architetti che con “occhio acuto”, “mano sicura” e un’attenzione nei confronti della prospettiva e dell’eleganza, si assicurano che l’edificio costruito non crolli. E conclude Kuzmin: “siate economici nei mezzi e avari nelle parole, precisi e autentici e troverete il segreto delle cose meravigliose, di una bellissima chiarezza che io chiamerei ‘chiarismo’”.

1.2.2 La nascita di imagismo e acmeismo

La teoria di Hulme, la fondazione, nel 1907, della sua School of Images e il manifesto di Kuzmin danno la spinta per la nascita dell’imagismo e dell’acmeismo.

Nel 1908, il giovane Ezra Pound si sposta a Londra. Aveva mosso i suoi primi passi nel simbolismo e aveva deciso di incontrare Yeats. L’incontro però con Hulme e l’inizio delle frequentazioni, nell’aprile del 1909, della sua scuola lo porta, nel 1912, a formare un nuovo gruppo di poeti, che lui chiamava “discendenti della scuola dimenticata di Hulme”,43 di cui facevano parte anche

Hilda Doolittle, in seguito H.D. e Richard Aldington. I tre iniziarono a pubblicare le prime poesie nel Chicago Journal Poetry. Intanto, in Russia,

42 M. KUZMIN, “O prekrasnoj jasnosti”, in Apollon, N. 4, 1910.

http://dugward.ru/library/kuzmin/kuzmin_o_prekrasnoy_yasnosti.html

43 K. B. PAINTER, Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian

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Nikolaj Gumilëv partecipava agli incontri che Ivanov teneva nella Torre; sentiva però sempre più forte l’esigenza di ribellarsi contro il simbolismo. Questo lo porta a fondare nell’ottobre del 1911 la sua “Gilda dei poeti” e poi a presentare, nel febbraio 1912 presso il caffè Brodjačaja sobaka insieme a Gorodetskij e Achmatova, un nuovo movimento: l’acmeismo (dal greco akmè, “culmine”).

È il 1913 l’anno definitivo: in breve tempo, imagisti e acmeisti mettono a punto la loro poetica pubblicando, con solo due mesi di distanza, nel numero di gennaio della rivista Apollon gli acmeisti, nel numero di marzo della rivista

Poetry gli imagisti, i loro manifesti programmatici.

Il primo a mettere in chiaro le linee teoriche a cui gli imagisti si ispirano è F. S. Flint nel suo articolo “Imagisme”.44 In primo luogo gli imagisti, chiarisce

Flint, non hanno nulla in comune con il futurismo e il post-impressionismo: non sono una scuola rivoluzionaria, si rifanno alla grande tradizione classica di Catullo, Saffo, Villon e non accettano una poesia che, al contrario, rifiuta tale tradizione. L’autore passa poi a elencare le poche regole degli imagisti, regole stilate “solo e soltanto per il loro piacere”:

 un entrare in relazione, in modo diretto, con la “cosa”, che sia essa

soggettiva o oggettiva;

 un eliminare tutte quelle parole che non contribuiscono alla

“presentazione”;

 un comporre secondo una sequenza musicale, e quindi irregolare, e non secondo la sequenza regolare di un metronomo.

La poesia imagista è pervasa, secondo Flint, da “earnestness”, “serietà” o “franchezza”; gli imagisti credono che l’arte sia scienza, religione, filosofia e metafisica insieme e vogliono che il loro movimento sia dinamico ed energico.

Al sintetico ma pregnante manifesto di Flint segue il famoso “A Few Dont’s by an Imagiste”45 poundiano in cui il padre del movimento imagista elaborerà in

44 F. S. FLINT, “Imagisme”, in Poetry, Vol. 1, No. 6, 1913.

https://www.jstor.org/stable/20569729

Per tutte le citazioni che seguono si rimanda a questa fonte.

45 E. POUND, “A Few Dont’s by an Imagiste”, in Poetry, Vol. 1, No. 6, 1913.

https://www.poetryfoundation.org/poetrymagazine/articles/58900/a-few-donts-by-an-imagiste. Per tutte le citazioni che seguono si rimanda a questa fonte.

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maniera più esplicita e compiuta i capisaldi del movimento, ma soprattutto in cui Pound dà per la prima volta la definizione di immagine: “un’immagine presenta un complesso intellettuale ed emotivo in un istante di tempo”. La presentazione, in modo istantaneo, di tale “complesso” di sensazioni porta alla libertà dalle restrizioni spaziali e temporali e a una crescita che si può avere soltanto in presenza di una grande forma d’arte. Partendo da questo concetto, Pound delinea “a few dont’s”, una serie di avvertenze su cosa non fare da due punti di vista: quello del linguaggio e quello del ritmo. Per quanto riguarda il linguaggio, Pound esorta innanzitutto a non usare aggettivi o termini astratti che manchino di concretezza e, soprattutto, che non rivelino qualcosa. Bisogna tenere a mente che l’oggetto naturale è il “simbolo migliore” e, come tale, non ha bisogno di astrattezza o descrizione. Per raggiungere questa competenza, il poeta deve allenarsi, in quanto la buona poesia necessita di tante ore di studio e pratica, le stesse che un insegnante dedica allo studio del pianoforte. Inoltre, il poeta può e deve farsi influenzare da quanti più artisti possibili senza però nasconderlo e soprattutto non limitandosi a un’influenza superficiale. Dal punto di vista del ritmo, Pound pone l’accento soprattutto sulla musicalità e armonia del verso: la prima può essere raggiunta lasciandosi ispirare da lingue straniere così che il lettore possa concentrarsi sulla sonorità delle parole più che sul loro significato, facendo attenzione alle assonanze e alle allitterazioni; la seconda può essere raggiunta andando ad armonizzare le varie parti di una poesia, non spezzando i versi ma riallacciandoli tra di loro con richiami e allusioni.

Il tutto tenendo in mente non di descrivere, ma di presentare, con accuratezza, la percezione che si ha, andando a cercare il termine esatto e non il termine più facile. La fluidità delle emozioni e percezioni viene quindi solidificata dalla concretezza di immagini. Già due anni prima Pound affermava che “la poesia è una sorta di matematica ispirata, che ci dà le equazioni non per le figure astratte, i triangoli, le sfere e simili, ma per le emozioni umane”46. E

ancora, nel 1914 Pound scrive: “da quando la brutta scrittura è iniziata, gli scrittori hanno usato le immagini come ornamenti. Il punto dell’imagismo è che

____________________________________________________________________

46 E. POUND, Spirit of Romance, cit. in M. BACIGALUPO, “Le poetiche dell’impersonalità: Pound,

Eliot, Joyce e Lewis” in Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia storica agli anni trenta e

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esso non lo fa. L’immagine stessa è il contenuto. L’immagine è il mondo oltre la lingua formulata”.47 Questo porta a concludere, con N. A. Nillson,48 che, al

contrario dei simbolisti secondo i quali l’immagine era un mezzo epistemologico per esplorare l’altrove, gli imagisti la considerano come modo efficace per esplorare la realtà così come la conosciamo.

Leggendo i due manifesti che, due mesi prima, Nikolaj Gumilëv e Sergej Gorodetskij avevano pubblicato sulla rivista Apollon, colpisce come le avvertenze e le esigenze dichiarate dai due poeti siano simili a quelle imagiste.

“Nasledie simvolizma i akmeizm” (“L’eredità del simbolismo e l’acmeismo”)49 di Gumilëv rappresenta la continuazione filosofica della critica

letteraria di Kuzmin al simbolismo. Il poeta si preoccupa innanzitutto di dichiarare che il simbolismo ha ormai concluso la sua parabola e che un nuovo movimento ha preso il suo posto: l’acmeismo, anche chiamato adamismo (da Adamo, primo uomo a denominare il mondo). Opponendosi al simbolismo francese e tedesco, gli acmeisti ricercano un nuovo e sincero rapporto tra il soggetto e l’oggetto, ma soprattutto, si pongono in modo diverso rispetto alla realtà che li circonda: per gli acmeisti la realtà esiste, e la gerarchia tra i fenomeni del mondo dipende dal “peso specifico” di ognuno di loro e, al contempo, scompare di fronte al non essere. Così, tutti i fenomeni del mondo sono sullo stesso piano. Gumilëv ha nei confronti dell’inconoscibile un sentimento di rispetto,50 ma nonostante ciò postula “il valore autonomo di ogni

fenomeno, niente affatto bisognoso di una qualsiasi giustificazione esterna”. Gli stessi acmeisti si sentono un “fenomeno in mezzo ad altri fenomeni” e ritengono sciocco cercare di andare a rompere un muro, ovvero scoprire cosa ci sia nell’altrove, quando si ha una porta aperta, ovvero la possibilità di comprendere il mondo in cui si vive. Ecco che l’etica si trasforma in estetica, l’individualismo

47 E. POUND, Literary Essays, cit. in N. A. NILLSON, The Russian Imaginists, Stockholm,

Universitetet, Almqvist & Wiksell, 1970, pp. 66-67.

48 N.A. NILLSON, The Russian Imaginists, cit., p. 38.

49 N. GUMILËV, “Nasledie simvolizma i akmeizm” in Apollon, N. 1, 1913.

https://gumilev.ru/clauses/2/

Per tutte le citazioni che seguono si rimanda a questa fonte.

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in comunità, dio in dio vivente. Parlando del simbolismo russo, Gumilëv lamenta di come esso abbia indirizzato le sue forze verso l’ignoto, fraternizzando con il misticismo, la teosofia, l’occultismo. Invece, bisogna ricordare che “tutta la bellezza, tutto il significato sacro delle stelle risiede nel fatto che loro sono infinitamente lontane dalla terra e, nonostante gli sforzi dell’aviazione, non diverranno a noi vicine”: è inutile cercare di comprenderle, ma solo cercando di cogliere l’immanenza di questo mondo e abbracciando la realtà, la nostra ignoranza potrà diventare “terribilmente dolce e fanciullescamente saggia”. Il principio dell’acmeismo quindi sarà

ricordare sempre che esiste l’inconoscibile, ma non offendere il proprio pensiero con congetture più o meno probabili. Questo non significa che l’acmeismo rinunci al diritto di descrivere l’anima nei momenti in cui essa freme, avvicinandosi all’inconoscibile, ma in quei momenti, essa non può far altro che fremere.51

Tali principi sono ribaditi e ampliati da Sergej Gorodetskij in “Nekotorye tečenija v sovremmennoj russkoj poezii” (“Alcune correnti della poesia russa contemporanea”).52 Il poeta, dopo aver nuovamente ribadito gli errori e

l’inattualità del movimento simbolista, passa a delineare la lotta tra acmeismo e simbolismo, “lotta per questo nostro mondo di suoni e di colori, dotato di forme precise, di un peso e di un tempo, lotta per l’intera nostra terra”. Secondo Gorodetskij, il simbolismo aveva “riempito il mondo di corrispondenze” e lo aveva trasformato in fantasma. Per gli acmeisti, la rosa torna a essere bella di nuovo per se stessa, per i suoi petali, per il colore, e non per una supposta somiglianza con l’amore mistico o qualcos’altro. Il nuovo secolo quindi porta una nuova relazione con la vita e l’arte.

I nuovi poeti non sono parnassiani, perché non amano l’eternità astratta. Non sono impressionisti, perché l’attimo fuggente non è per loro un fine artistico a

51 N. GUMILËV, “Nasledie simvolizma i akmeizm” in Apollon, N. 1, 1913.

https://gumilev.ru/clauses/2/

52 S. GORODETSKIJ, “Nekotorye tečenija v sovremmennoj russkoj poezii” in Apollon, N.1, 1913.

https://gumilev.ru/acmeism/5/

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sé stante. Non sono simbolisti perché non cercano in ogni attimo uno spiraglio verso l’eternità. Sono acmeisti, perché portano nell’arte attimi che possono essere eterni.53

Come, soprattutto in quest’ultima frase, non vedere una diretta corrispondenza con le teorie e prassi del poeta imagista, il quale, con un’immagine, voleva fissare “un complesso intellettuale ed emotivo in un istante di tempo”? In cosa la poetica degli imagisti e degli acmeisti si avvicina sarà quindi l’oggetto del prossimo paragrafo.

1.2.3 Imagismo e acmeismo

Prima, però, c’è bisogno di fare una precisazione. Come Flint puntualizza nel suo “Imagisme”, nonostante gli imagisti siano contemporanei dei futuristi, non hanno nulla in comune con questa scuola: gli imagisti non sono una scuola rivoluzionaria, afferma Flint. Né, possiamo aggiungere, erano rivoluzionari gli acmeisti. Entrambe queste scuole percepiscono l’aria di cambiamento che dal 1910 attraversava tutta l’Europa. Diversi movimenti, ribellandosi contro il simbolismo, proclamavano un “ritorno alla terra” e una rivoluzione linguistica, ma il modo in cui questo fu raggiunto “prese strade diverse”.54 Da un lato, poeti

come i futuristi fecero della distruzione e della frammentazione il mezzo per costituire una nuova poesia. Dall’altro, un diverso movimento, meno prorompente e pertanto più difficile da notare, si muoveva verso la novità senza per questo rigettare la tradizione.

Questi “modernisti alternativi” abbandonarono allo stesso modo ciò che di stantio c’era nel XIX secolo ma, invece di usare la frammentazione e la distruzione, usarono la precisione e la moderazione nell’esprimere l’io poetico, la raffigurazione delle cose concrete e la costruzione attenta della lingua.55

53 S. GORODETSKIJ, “Nekotorye tečenija v sovremmennoj russkoj poezii”, in Apollon, N.1, 1913.

https://gumilev.ru/acmeism/5/

54 K. B. PAINTER, Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian

American and German Post-Symbolism poetry, cit., p. 1.

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A differenza di quanto fecero i futuristi però, i “modernisti alternativi”, non essendo a conoscenza gli uni degli altri, non poterono costituirsi in un movimento internazionale e il loro silenzioso proporsi al pubblico con manifesti meno declamatori e come gruppi più che movimenti, portò a considerarli non come espressione di un trend sotterraneo ma come casi isolati. Per questa ragione, la critica ha stentato a riconoscere i “modernisti alternativi” come un fenomeno internazionale e questo è stato peggiorato se si considera la breve durata della loro produzione. Sia l’acmeismo che l’imagismo durarono pochi anni e i poeti che ne facevano parte presero strade diverse. Le poesie risalenti a questo periodo, spesso brevi e concise, vengono considerate solo come precorritrici di lavori più tardi, più complessi e più degni di nota.

Infine, come Painter fa notare, nonostante le similitudini tra acmeismo e imagismo sono ammesse da diversi studiosi, nessuno le ha mai affrontate apertamente, o ne ha studiato le relazioni. Questo è dovuto anche al fatto che lo stesso acmeismo “raramente viene collegato al contesto internazionale e la sua importanza viene spesso sottovalutata”.56 Se si pensa che il primo testo critico

sull’acmeismo è stato pubblicato nel 1995, si capisce il perché sono stati fatti ancora pochi studi che inseriscano questo movimento in un panorama più ampio dei semplici confini nazionali.

In effetti, gli acmeisti furono ancor più “silenziosi” degli imagisti. Questo perché, nonostante le similitudini e i punti di contatto tra i due movimenti, essi si trovavano in posizioni di partenza diverse: se in Inghilterra gli elementi stilistici innovativi quali la modernizzazione della dizione poetica o la sperimentazione con la rima e con il metro furono introdotti per la prima volta proprio dagli imagisti i quali, oltre alla tradizione simbolista, dovevano anche confrontarsi con una poesia ancora attardata su modelli tardottocenteschi, al contrario, in Russia tali innovazioni moderniste erano state già introdotte dai simbolisti e pertanto, gli esperimenti acmeisti si limitarono solamente all’uso del dol’nik,57 che consentiva loro di “promuovere un approccio libero alla

56 Ivi, p.4.

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prosodia senza staccarsi completamente dal passato”.58 Se si paragonano i

manifesti di Flint e Pound da un lato e di Gumilëv e Gorodetskij dall’altro si può notare, infatti, un approccio differente: i primi si soffermano sulla necessità della sperimentazione dal punto di vista del linguaggio, del metro e del ritmo. I secondi, pur accennandovi, si soffermano maggiormente sulla necessità di un nuovo sguardo sul mondo che, investito ora di dignità, diventa oggetto di poesia. Questo non significa che il linguaggio non sia centrale nella poetica acmeista o, viceversa, che il ritorno al concreto non sia fondamentale in quello imagista. Al contrario in campo acmeista Kuzmin aveva espresso riguardo alla nascita di un nuovo linguaggio le stesse esigenze di Flint e Pound, mentre ciò che Gumilëv e Gorodetskij avevano affermato lo si trova, in campo imagista, nella poetica hulmiana. Ecco quindi che le triadi Hulme-Flint-Pound e Kuzmin-Gumilëv-Gorodetskij risultano speculari e complete in tutte le parti. L’esito delle due poetiche è lo stesso: acmeisti e imagisti approdano ai medesimi risultati, che ora verranno analizzati in modo più sistematico.

Il ritorno alla terra è il punto di partenza e al contempo di arrivo di questi poeti “alternativi” o di “precisione”.59 Abbandono dei voli pindarici fatti dai

simbolisti e ritorno al mondo terreno, concreto, vero, reale, l’unico che l’uomo può davvero investigare. Questo non significa disconoscere l’importanza dell’altrove, ma soltanto riconoscere l’impossibilità di comprenderlo. Da un lato, per Hulme, il poeta non deve mai dimenticare che l’uomo è “mescolato con la terra”, che la poesia deve essere “secca e dura” e che “la bellezza può essere nelle piccole cose aride”. Allo stesso modo, Gorodetskij apprezza la rosa per la sua vera essenza. Il poeta, quindi, non aspira più ad ascendere a una realtà superiore ma, al contrario, vuole radicarsi sulla terra. A essere enfatizzata non è più la leggerezza e vaghezza delle cose, ma la loro “gravità specifica”, per dirlo sia con le parole che Gumilëv usa nel suo manifesto, sia con quelle di Pound, che

58 K. B. PAINTER, Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self in Russian

American and German Post-Symbolism poetry, cit., p. 146.

59 Così li definisce K. B. PAINTER in Flint on a Bright Stone: The Sharp Image & Suppressed Self

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afferma: “la poesia si preoccupa della pesantezza specifica delle cose”.60 Questo

cambio di rotta e l’insistenza sul peso degli oggetti porta a diverse conseguenze. La prima avviene a livello contenutistico: la poesia perde ogni contenuto mistico, religioso, nebuloso, e diventa specchio del mondo reale. La quotidianità è investita di importanza e il più piccolo elemento della terra trova posto nella poesia perché tutti i fenomeni, come Gumilëv sottolineava, sono sullo stesso piano. Da qui si comprende perché Pound scriva una quartina su un evento apparentemente insignificante, ovvero la massa di gente presente in una stazione della metro o perché, come vedremo, Mandel’štam trasformerà in poesia il cinema o un carretto di gelati. Questi poeti volevano essere “più semplici, più autentici, più terreni nelle loro esistenze. […] Il mondo delle cose stava di fronte […] variegato, interessante e chiaro”.61

La realtà, quindi, si affaccia in poesia “a livello di frammento, di scheggia o di squarcio improvviso”,62 e da questo affacciarsi deriva un'altra caratteristica:

l’uso dell’immagine, chiara e dai contorni definiti, che racchiude in un istante di tempo la percezione che nasce nel poeta dall’incontro tra la realtà esterna e la sua realtà interna. Gli elementi, infatti, sono colti “in chiave sensoriale più che concettuale, registrati a livello percettivo e soggettivo, ma non interpretati”.63 È

quello che viene definita presentazione, che comporta

l’eliminazione di un ragionamento inevitabilmente descrittivo e tendenzialmente moralistico, didascalico e comunque ideologico a favore di una scelta di tipo fenomenologico, oggetto della poesia potendo essere soltanto ciò che la percezione consente al poeta e l’emozione che in lui in tal modo si determina. […] Il poeta non può che isolare in parole un proprio rapporto (unico e soggettivo) con ciò che percepisce. La componente soggettiva non è più distinguibile dal dato oggettivo, mentre la risposta mentale è inseparabile dalla reazione emotiva. Il tutto simultaneamente, in un istante di tempo.64

60 E. POUND, Poetry Review, 1912, cit. in E. RUSINKO, “Russian Acmeism and Anglo American

Imagism”, cit., p. 41.

61 V. М. ŽIRMUNSKIJ, Poezia Aleksandra Bloka. Preodolevšie simvolizm, cit., p. 29.

62C. PAGETTI, L. VILLA, R. BIANCHI, G. CIANCI, M. BACIGALUPO, R. S. CRIVELLI, “La metropoli

modernista” in Modernismo/Modernismi. Dall’avanguardia storica agli anni trenta e oltre, cit., p. 488.

63 Ivi, p. 491.

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