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Modello Computazionale per la Valutazione del SAR negli Esami di Risonanza Magnetica a Campo Ultra-Alto

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(1)

Universit`

a degli Studi di Pisa

DIPARTIMENTO DI FISICA

Scuola di Specializzazione in Fisica Medica

Tesi di Specializzazione

Modello Computazionale per la Valutazione del SAR

negli Esami di Risonanza Magnetica a Campo Ultra-Alto

Relatore:

Prof.ssa Michela Tosetti

Correlatore:

Dott.ssa Laura Biagi

Candidato:

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Indice

1 Normativa vigente 7

1.1 Normativa nazionale per la Risonanza Magnetica . . . 7

1.2 Normativa di sicurezza per i campi elettromagnetici a RF . . . . 10

1.2.1 Effetti dovuti ai campi elettromagnetici . . . 10

1.2.2 Esposizione del paziente: normativa e VLE . . . 12

1.2.3 Esposizione dei lavoratori: normativa e VLE . . . 13

2 Valutazione elettromagnetica su fantoccio 15 2.1 Introduzione . . . 15

2.2 Acquisizioni nel sistema RM . . . 16

2.3 Modellizzazione della bobina e del fantoccio . . . 18

2.4 Simulazioni elettromagnetiche sul fantoccio . . . 21

2.4.1 Mappe simulate dei campi RF . . . 21

2.4.2 Mappe simulate del SAR . . . 22

2.5 Risultati normalizzati per le sequenze considerate . . . 23

2.5.1 Impulsi di una sequenza RM . . . 24

2.5.2 Caratteristiche degli impulsi RF . . . 26

2.5.3 Rinormalizzazione del SAR . . . 28

2.5.4 Sequenze considerate nel calcolo del SAR . . . 29

2.5.5 Risultati riscalati per le sequenze . . . 30

2.6 Confronto dei risultati . . . 31

2.7 Fattore di riscalatura tra B+ 1 simulato e B + 1 acquisito . . . 34

2.8 Conclusioni . . . 36

3 Valutazione termica su fantoccio 38 3.1 Introduzione . . . 38

3.2 Gold standard: misure con sonda termica . . . 38

3.3 Simulazioni di temperatura . . . 40

3.3.1 Risultati delle simulazioni di temperatura . . . 41

3.3.2 Risultati riscalati alle sequenze considerate . . . 42

3.4 Confronto dei risultati . . . 43

3.5 Tecniche di MRT . . . 44

3.5.1 Teoria . . . 46

3.5.2 Immagini di temperatura su fantoccio senza grasso . . . . 46

3.5.3 Immagini di temperatura su fantoccio con grasso . . . 54

(3)

4 Valutazione elettromagnetica con protesi 61

4.1 Introduzione . . . 61

4.2 Acquisizioni nel sistema RM . . . 61

4.3 Simulazioni elettromagnetiche sul fantoccio con protesi . . . 63

4.3.1 Mappe simulate dei campi RF . . . 64

4.3.2 Mappe simulate del SAR . . . 65

4.4 Risultati normalizzati per le sequenze RM . . . 67

4.5 Confronto dei risultati . . . 67

4.5.1 Mappe di B1+ acquisite allo scanner . . . 67

4.5.2 Risultati di simulazione . . . 69

4.6 Fattore di riscalatura tra B1+ simulato e B + 1 acquisito . . . 71

4.7 Conclusioni . . . 73

5 Valutazione del metodo in-vivo 75 5.1 Introduzione . . . 75

5.2 Acquisizioni nel sistema RM in-vivo . . . 75

5.3 Valutazione elettromagnetica del ginocchio . . . 76

5.3.1 Mappe simulate dei campi RF . . . 77

5.3.2 Mappe simulate del SAR . . . 77

5.4 Calcolo del SAR sulle misure in-vivo . . . 78

5.5 Mappe di temperatura nel ginocchio . . . 80

5.5.1 Acquisizioni con sonda . . . 81

5.5.2 Acquisizioni con tecnica MRT . . . 82

(4)

Introduzione

La Risonanza Magnetica (RM) o Magnetic Resonance Imaging (MRI) `e una tecnica di imaging diagnostico non invasiva, basata sull’utilizzo di campi mag-netici statici ed elettromagmag-netici variabili nel tempo. Tramite l’uso di apposite sequenze di impulsi, ossia una precisa applicazione di tali campi, `e possibile ottenere immagini tomografiche della regione in esame. Dato il principio fisico su cui si basa tale tecnica diagnostica, ossia l’interazione tra i campi magnetici e gli spin nucleari presenti nel corpo umano, `e possibile ottenere una grande variet`a di immagini agendo sui diversi parametri di una sequenza, che vanno a modificare la risposta delle varie strutture anatomiche. In presenza di alcune patologie, e a seconda della necessit`a diagnostica di visualizzare determinati dettagli anatomici, queste caratteristiche rendono la RM la tecnica diagnos-tica di elezione rispetto alla Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) o alla radiografia convenzionale.

La RM permette altres`ı l’investigazione della fisiologia di particolari organi, tra cui il cervello, costituendo una tecnica alternativa alla Tomografia ad Emis-sione di Positroni (PET) o alla Tomografia ad EmisEmis-sione di Singolo Fotone (SPECT). La ricerca negli ultimi decenni ha poi portato a tecniche avanzate di acquisizione, quali la functional MRI (fMRI), la Diffusion Weighted Imaging (DWI), la Perfusion Weighted Imaging (PWI), la Magnetic Resonance Spec-troscopy (MRS) e la Quantitative Susceptibility Mapping (QSM), che permet-tono di acquisire numerose e differenti informazioni metastrutturali, metaboliche e funzionali da soggetti in-vivo.

La RM `e una tecnica diagnostica sempre pi`u diffusa nel nostro paese: il rapporto, pubblicato ad Aprile 2017 dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), relativo alla ”Caratterizzazione delle apparecchiature di Risonanza Magnetica installate in Italia”, conta 1278 scanner RM presenti sul suolo nazionale a Dicembre 2015, con un tasso di crescita annuo di circa 100 unit`a. Di tali scanner, poco meno di 800 generano un campo magnetico statico da 1.5 Tesla, mentre circa 50 hanno un campo magnetico da 3 Tesla. La maggior parte di questi scanner sono inseriti nella routine diagnostica degli ospedali di cui fanno parte, e solo alcuni sono utilizzati per la ricerca scientifica.

Le performance di un tomografo, in termini di Signal to Noise Ratio (SNR) e risoluzione spaziale, temporale e spettrale, aumentano quanto pi`u `e intenso il campo magnetico statico, per cui si stanno diffondendo in ambito internazionale i sistemi RM a campo ultra alto (Ultra High Field, UHF), il cui valore di campo statico supera i 4 Tesla, e ad oggi vi sono progetti di ricerca con scanner che generano un campo statico fino a 11.4 Tesla. A livello mondiale sono gi`a presenti circa 70 tomografi UHF per umani, di cui uno operativo in Italia dal 2012. Ad

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oggi i tomografi UHF sono sistemi usati esclusivamente nella sperimentazione clinica e nella ricerca, poich´e privi della certificazione di dispositivo medico, quali la marcatura CE in Europa o l’approvazione della Food and Drug Ad-ministration (FDA) negli Stati Uniti. Tuttavia, negli ultimi due anni, alcuni tomografi a 7 Tesla hanno ottenuto queste certificazioni, diventando dispositivi medici a tutti gli effetti e aprendo la strada ad un futuro impiego degli scanner UHF nella diagnostica clinica.

I tomografi UHF per umani devono soddisfare gli aspetti di sicurezza di un sito RM, riguardanti sia i pazienti che i lavoratori. Tra questi aspetti, l’esposizione del paziente ai campi a radiofrequenza (RF), per tali valori di campo statico, diventa particolarmente importante, ed `e oggetto di studio in diversi gruppi di ricerca nel mondo. All’interno di un’onda elettromagnetica impulsata infatti sono presenti due campi: il campo elettrico, chiamato campo E, e quello magnetico, chiamato campo B1. Tra i due, il primo `e responsabile

del deposito di energia nella regione irradiata, la quale genera calore causando un aumento di temperatura. Tuttavia, poich´e non `e possibile misurare diret-tamente l’aumento di temperatura indotto da un esame RM, `e stato definito un indice che permette di stimarlo in maniera indiretta: lo Specific Absorption Rate (SAR), definito come:

SAR=X

i

σiEi2

ρi

(1)

con l’indice i riferito ai volumi infinitesimali, di densit`a ρi e conducibilit`a

elet-trica σi, ed Ei il campo elettrico RF presente nell’i-esimo volume. Il SAR `e

misurato in potenza assorbita per unit`a di massa corporea (W/kg), e viene a sua volta distinto in due categorie: il SAR globale, definito come la potenza as-sorbita dall’intero distretto in esame, e il SAR locale, definito come la potenza assorbita da un volume di tessuto di massa 10 g. I valori limite di SAR per gli esami RM sono stati indicati, a livello europeo, nel documento Norme di Buona Tecnica CEI EN 60601-2-33-2002 - Part 2-33 e sono espressi come valori mediati su 6 minuti di acquisizione. Tali valori limite di SAR sono stati definiti in modo tale da limitare l’aumento di temperatura, dovuto al SAR locale o globale, in ciascuno dei distretti indicati nel documento.

Il SAR non `e una quantit`a direttamente misurabile in quanto non ci sono metodi per la misura diretta del campo elettrico RF nel volume irraggiato, e gli odierni tomografi forniscono una valutazione empirica del SAR globale, che tiene soltanto conto dei parametri della sequenza da eseguire e del peso ed et`a del paziente, senza per`o considerare la struttura anatomica del soggetto in esame, o i parametri geometrici ed elettromagnetici della bobina a RF che viene impiegata per l’esame stesso. Inoltre, le stime del SAR globale cambiano a seconda della ditta costruttrice del sistema RM e, all’interno della stessa ditta, in base al modello dello scanner, alla versione del software, etc.

Un effetto legato alla valutazione del SAR, che si osserva nei sistemi UHF, `e l’aumento della frequenza del campo RF. A tali frequenze la lunghezza d’onda della RF diventa comparabile con le dimensioni dell’oggetto in esame, compor-tando fenomeni di onda stazionaria e forti disomogeneit`a di campo RF al suo interno (”wavelength effect”). Tale effetto aumenta ulteriormente all’interno del corpo umano, dove la lunghezza d’onda dei campi RF si accorcia proporzional-mente alla costante dielettrica r delle diverse strutture anatomiche. Infine,

(6)

all’interno del corpo umano, vi sono tessuti a contatto tra loro che presentano propriet`a dielettriche molto diverse: questo comporta la presenza di forti discon-tinuit`a in una regione anatomica. Questi fattori comportano delle disomogenit`a nella distribuzione del campo elettrico RF nei tessuti e del SAR, ad esso legato da una relazione quadratica, con conseguenti disomogeneit`a di deposito di en-ergia e possibili formazioni di ”hot spots” locali di SAR, ossia regioni di sovra-riscaldamento. `E quindi necessario, sopratutto nei sistemi UHF, un metodo che permetta di valutare il SAR, globale ma sopratutto locale, per verificare che i suoi valori siano conformi alle linee guida internazionali. Tuttavia, le stime del SAR locale risultano essere ancora pi`u difficoltose del SAR globale, in quanto non vi sono metodi empirici o misure sperimentali che permettano di ottenere la distribuzione del SAR locale nella regione irraggiata.

Scopo della tesi

In questo lavoro di tesi viene presentato un metodo per la previsione della dis-tribuzione del SAR locale durante un esame RM. Questo lavoro `e stato svolto all’interno di un progetto di ricerca in collaborazione con l’INAIL (BRiC INAIL ID 39), dal titolo ”Modello computazionale e predizione quantitativa del SAR indotto dal campo elettromagnetico in Risonanza Magnetica a 7 Tesla in-vivo sull’uomo nello studio del sistema muscolo scheletrico”. Il progetto, iniziato a Giugno del 2017, `e frutto del coinvolgimento di tre Unit`a Operative in un pro-tocollo di sperimentazione clinica per lo studio della cartilagine del ginocchio a campo ultra alto. Le unit`a operative coinvolte sono l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Stella Maris, partner della Fondazione Imago7, dove `e installato l’unico scanner RM a 7 Tesla per umani presente in Italia, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) e la sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). L’obiettivo finale `e quello di definire una procedura che permetta la valutazione del SAR in un esame RM a campo ultra alto. Il progetto `e stato condotto a 7 Tesla, dove `e possibile valutare l’incremento del deposito energetico a campo ultra-alto grazie alla conoscenza puntuale di tutte le componenti legate alla valutazione del SAR, quali i circuiti della bobina trasmittente, le specifiche dell’apparecchiatura RM, gli impulsi RF delle sequenze e i metodi di simulazione elettromagnetica.

Il metodo presentato prevede la combinazione di simulazioni, in cui sono modellizzati la bobina ad RF costruita appositamente per lo studio del ginoc-chio umano, e mappe di campo RF acquisite in-vivo, da cui `e possibile ottenere, conoscendo i parametri delle sequenze che saranno eseguite sul paziente, una previsione della distribuzione del SAR locale specifica del singolo soggetto in esame. In questo modo `e possibile, prima di eseguire l’esame, verificare che i livelli di SAR non eccedano i limiti dei protocolli internazionali di sicurezza. La verifica di tale metodologia `e stata effettuata su fantocci che riproducono le propriet`a dielettriche e termiche dei tessuti umani, e i risultati delle simulazioni elettromagnetiche e termiche sono stati comparati con acquisizioni di temper-atura in-vitro eseguite con una sonda termica, e con mappe di tempertemper-atura del fantoccio ottenute tramite immagini RM. Oltre alla validazione del metodo, esso `e stato implementato per la valutazione di una situazione comune nella prat-ica clinprat-ica, ossia la presenza di protesi metalliche nella regione su cui effettuare l’esame. La presenza di un materiale ad alta conducibilit`a e con caratteristiche

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dielettriche differenti da quelle dei tessuti circostanti pu`o comportare un reale rischio di hot-spot di SAR, con effetti di sovrariscaldamento locale non control-lato non evidenziabili dalle misure di SAR globale anche nei sistemi RM clinici (minori di 4 Tesla).

Sommario della tesi

La seguente tesi `e concettualmente suddivisa in tre parti. Nella prima parte, che comprende il Capitolo 1, viene affrontata la normativa attuale, nazionale e internazionale, in materia di Risonanza Magnetica e in particolare di sicurezza del SAR. Nella seconda parte, comprendente i capitoli 2, 3 e 4, `e riportato lo stu-dio del metodo di valutazione del SAR condotto sui fantocci. Nella terza parte, comprendente il capitolo 5, `e riportata l’applicazione del metodo di previsione del SAR in un caso di studio in-vivo. Di seguito `e riportato dettagliatamente il contenuto dei capitoli.

Nel primo capitolo viene illustrata la normativa nazionale vigente per la Riso-nanza Magnetica, con un approfondimento sulla parte relativa all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza e i relativi Valori Limite di Esposizione (VLE).

Nel secondo capitolo sono mostrate la modellizzazione del fantoccio e della bobina a RF usata in questo lavoro, le relative simulazioni elettromagnetiche e il confronto con i dati delle acquisizioni condotte nello scanner a 7 T.

Nel terzo capitolo sono riportate le acquisizioni, tramite una sonda termica, della variazione di temperatura indotta nel fantoccio da alcune sequenze RM. Successivamente sono riportate le simulazioni termiche del riscaldamento effet-tuato, i grafici dell’aumento di temperatura simulati e confrontati con i dati della sonda, e infine sono presentate delle tecniche RM di acquisizione di mappe della variazione di temperatura tramite apposite sequenze

Nel quarto capitolo sono presentate le protesi utilizzate in questo lavoro, la loro modellizzazione 3D e l’inserimento nel software di simulazione. Sono poi riportate la simulazione delle mappe dei campi RF nel fantoccio in presenza delle protesi e le acquisizioni di tali mappe nello scanner a 7 Tesla. I risultati ottenuti in questo capitolo sono confrontati con gli stessi ottenuti sul fantoccio senza protesi.

Nel quinto capitolo sono riportate simulazioni dei campi RF su un modello virtuale di ginocchio e le acquisizioni in-vivo effettuate su un caso di studio. Il metodo presentato viene applicato per il calcolo del SAR dovuto al protocollo di acquisizione utilizzato, ed le tecniche RM di mappatura della variazione di temperatura indotta dalle sequenze `e stata provata nel soggetto.

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Capitolo 1

Normativa vigente

1.1

Normativa nazionale per la Risonanza

Mag-netica

Lo strumento legislativo di base della normativa italiana sulla Risonanza Mag-netica `e il Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 542 dell’8 Agosto 1994[4], che disciplina il procedimento di installazione e utilizzo di apparecchiature di Risonanza Magnetica ad uso diagnostico. Tale decreto `e stato recentemente aggiornato tramite le modifiche contenute nella Legge 160 del 7 Agosto 2016 [10] all’articolo 21-bis, adeguando cos`ı i contenuti della legislazione vigente all’evoluzione tecnologica degli scanner RM.

Il D.P.R. definisce due concetti chiave, il primo dei quali `e quello di ”stan-dard di sicurezza” (art. 2), e il secondo `e la suddivisione tra apparecchiature di RM ”non soggette ad autorizzazione” e apparecchiature RM ”soggette ad autorizzazione”. Gli standard di sicurezza sono i requisiti minimi da garan-tire all’interno di un sito di Risonanza Magnetica, che sono ”fissati con decreto dal Ministero della Sanit`a” (comma 1) e aggiornati, sempre tramite decreto, seguendo l’evoluzione tecnologica. Tuttavia, all’emanazione del D.P.R. stesso, sono stati definiti come standard di sicurezza quelli riportati nei precedenti De-creti Ministeriali (D.M.) del 2 Agosto 1991 (Allegati 1 e 4) [2] e del 3 Agosto 1993 (Allegati A e B) [3], attualmente abrogati e sostituiti dal D.M. del 10 Agosto 2018, che verr`a presentato nel dettaglio nel proseguo del capitolo.

Le apparecchiature RM ”non soggette ad autorizzazione” (Art. 3) sono in-dicate come apparecchiature dein-dicate agli arti con un campo magnetico statico non superiore ai 0.5 T (comma 2), che possono essere installate in qualunque struttura sanitaria pubblica o privata (comma 3). Il decreto definisce poi le norme minime di sicurezza di tali apparecchiature e il suo responsabile (comma 4). Le apparecchiature RM ”soggette ad autorizzazione” sono a loro volta sud-divise in ”Apparecchiature soggette ad autorizzazione regionale” e ”Apparec-chiature soggette ad autorizzazione ministeriale”, secondo l’intensit`a del campo magnetico. In base alle modifiche della Legge 160/16, le prime sono quelle con campo minore di 4 Tesla (comma 2), mentre le seconde sono quelle con campo maggiore di 4 Tesla (comma 3).

Nello specifico, il D.P.R. afferma che le apparecchiature soggette ad autoriz-zazione regionale possono essere installate, previa verifica della compatibilit`a con

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la programmazione sanitaria regionale, in tutte le strutture sanitarie provviste di unit`a di diagnostica per immagini (art. 4), e le domande di installazione e le procedure amministrative sono soggette ad autorizzazione esclusivamente regionale (art. 5). Invece le apparecchiature soggette ad autorizzazione del Min-istero della Salute, come specificato al comma 3 della Legge 160/16, possono essere installate esclusivamente ”presso grandi complessi di ricerca e studio ad alto livello scientifico (universit`a ed enti di ricerca, policlinici, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico IRCCS), ai fini della validazione clinica di metodolo-gie di RM innovative”, e la domanda di installazione deve essere corredata dalla documentazione del progetto di ricerca in cui `e motivata la necessit`a di campi statici superiori ai 4 Tesla. Va infine specificato, come riportato nel comma 4 della Legge 160/16, che l’installazione, utilizzo e gestione delle apparecchia-ture con campo maggiore di 4 Tesla `e disciplinata, per tutte quelle provviste di marcatura CE (e quindi Dispositivi Medici a tutti gli effetti), secondo la diret-tiva 93/42/CEE [8], ad oggi in parte abrogata e sostituita dal Regolamento UE 2017/745 concernente i Dispositivi Medici [11].

Il secondo strumento legislativo di riferimento `e il D.M. 10/8/19 [1], con oggetto ”Determinazione degli standard di sicurezza e impegno per le apparec-chiature a Risonanza Magnetica”. L’intento di questo decreto `e quello di inte-grare l’articolo 2 del D.P.R. 542/94 sulla definizione degli standard di sicurezza, abrogando di conseguenza i D.M. 29/9/85, 2/8/91 e 3/8/93 (art. 3), ovvero tutta la legislazione in materia di risonanza magnetica precedente al D.P.R. 542/94.

In particolare, nell’Allegato 1 sono riportati nel dettaglio gli ”Standard di sicurezza per l’installazione e l’impiego di apparecchiature a risonanza magnetica per uso clinico con campo statico di induzione magnetica non superiore a 4 Tesla”. Tali standard di sicurezza in realt`a devono essere osservati anche in caso di installazione di apparecchiature con campo statico superiore ai 4 Tesla, cos`ı come indicato nell’articolo 6, comma 2, del DPR 542/94. Nello specifico gli standard definiti sono:

• Zone e locali del sito RM, dove sono descritte le diverse zone che devono obbligatoriamente comporre il sito, di transito libero o ad accesso controllato, e la strumentazione, clinica e di sicurezza, di cui il sito si deve dotare;

• Etichettatura dei dispositivi medici e delle attrezzature, che re-golamenta le etichette da applicare agli strumenti in dotazione al sito nel caso questi non comportino rischi in ambiente RM (MR-safe), o com-portino rischi inaccettabili o sotto determinate condizioni (rispettivamente MR-unsafe e MR-conditional );

• Sicurezza della sala magnete, contente tutte le indicazioni sugli impianti di ventilazione ed espulsione dei gas criogenici, i dispositivi e i pulsanti di allarme e la schermatura del campo a RF (detta Gabbia di Faraday); • Idoneit`a di approntamento delle installazioni mobilidove sono

ri-portate le indicazioni di sicurezza da garantire da parte della struttura ospitante per i dispositivi RM mobili di cui faccia richiesta;

• Controlli di sicurezza, in cui viene descritto il Regolamento di Si-curezza, obbligatorio per ogni sito RM, e i suoi contenuti per la protezione

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e sorveglianza delle persone esposte; il modello organizzativo, di cui ogni sito RM si deve dotare (da riportare anche nel Regolamento di Sicurezza), per l’accesso a personale o pazienti con dispositivi impiantati; i Valori Limite di Esposizione (VLE) per pazienti e personale esposto, rimandati alla normativa nazionale e internazionale, le misure di sicurezza previste per i pazienti e il questionario anamnestico per il paziente da sottoporre ad esame RM;

• Responsabili della sicurezza, individuati dal datore di lavoro prima della fase progettuale, che sono il Medico Radiologo, responsabile della sicurezza clinica e dell’efficacia diagnostica della RM, e l’Esperto Respon-sabile della sicurezza, che si occupa di tutto quello che riguarda la sicurezza del sito, dei pazienti e del personale esposto;

• Verifica della qualit`a e delle condizioni di sicurezza, che regola-menta i controlli di qualit`a da effettuare, previa definizione di un pro-gramma di misure in base ai protocolli nazionali e internazionali, sul sis-tema RM, sulla Gabbia di Faraday e su tutti i dispositivi di sicurezza presenti nel sito;

• Apparecchiature ibride, dove sono contenute le indicazioni da adottare nel caso di apparecchiature combinate, quali PET-MR o RT-MR, che sod-disfino le condizioni di sicurezza relative a tutti gli agenti fisici interessati; • Apparecchiature RM settoriali, dove vengono richiamate e precisate le norme di sicurezza riportate nell’art. 3 del D.P.R. 542/94 riguardo le ”apparecchiature non soggette ad autorizzazione”.

• Comunicazioni, dove sono indicati i termini e i destinatari della docu-mentazione relativa all’avvenuta installazione dell’apparecchiatura RM. Dalla presentazione del quadro normativo attuale emerge chiaramente che il suo aggiornamento in base all’innovazione tecnologica della risonanza magnetica sia stato piuttosto lento: nonostante gli scanner a 3 Tesla abbiano cominciato a diffondersi dai primi anni del 2000, fino alla legge 160/16 essi, secondo la normativa, erano limitati ad uso di ricerca essendo soggetti all’autorizzazione ministeriale. In realt`a, questi sistemi erano comunque autorizzati alla pratica clinica perch`e provvisti del marchio CE, che li rendeva Dispositivi Medici Diag-nostici a tutti gli effetti, secondo la Direttiva 93/42/CEE. Inoltre, gli ”standard di sicurezza”, definiti nell’art. 2 del D.P.R. 542/94, sono stati emanati solo nell’ultimo anno (D.M. 10/8/18) e non ancora completati, essendo definiti solo per le apparecchiature fino a 4 Tesla. Essi, fino a questo decreto, erano an-corati alle disposizioni dei decreti ministeriali degli anni ’90, senza seguire nel frattempo il progresso scientifico di tale tecnica diagnostica.

In aggiunta, va considerato il contraddittorio legislativo che riguarda gli scanner UHF: l’utilizzo dei tomografi UHF `e disciplinato dal Ministero della Salute (art. 4 Legge 160/16) ed `e utilizzabile solo ai fini di ricerca secondo le disposizioni europee in fatto di Dispositivi Medici Diagnostici. Tuttavia secondo le stesse disposizioni, qualora tale apparecchio fosse provvisto di marcatura CE, potrebbe essere usato per attivit`a clinica in quanto Dispositivo Medico Diag-nostico a tutti gli effetti. Inoltre, l’unico tomografo a 7 Tesla presente in Italia, installato presso l’IRCCS Stella Maris di Pisa, non `e provvisto di marcatura

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CE: questo non lo classifica come Dispositivo Medico Diagnostico, rimanendo quindi al di fuori del campo di applicazione della legislazione precedentemente illustrata e cadendo quindi in un vuoto legislativo. Per questo motivo, la sua installazione `e stata richiesta per la sperimentazione clinica nell’ambito di pro-tocolli di studio e di ricerca al Ministero della Salute come Dispositivo Medico non marchiato CE, secondo le disposizioni del Decreto Legislativo (D. Lgs.) n. 46 del 24/2/97[6].

1.2

Normativa di sicurezza per i campi

elettro-magnetici a RF

1.2.1

Effetti dovuti ai campi elettromagnetici

I campi elettromagnetici RF, in quanto radiazioni non ionizzanti, rientrano tra gli agenti fisici potenzialmente dannosi per il soggetto esposto, poich`e il loro assorbimento all’interno del tessuto umano induce un riscaldamento del tes-suto stesso. Questo riscaldamento a campi ultra-alti `e ulteriormente accentuato dall’incremento della frequenza dei campi RF, che determina dal cosiddetto wavelength effect: la lunghezza della d’onda del campo RF diventa comparabile con le dimensioni dell’oggetto esaminato. Questo comporta fenomeni oscillatori di onda stazionaria e battimenti, con conseguente accumulo locale di campo RF. Inoltre, all’interno del corpo umano, tale effetto `e ulteriormente accentuato dalle sue propriet`a dielettriche. La lunghezza d’onda del campo RF in un dielettrico infatti `e data da:

λ= c γB0

√ r

(1.1)

dove c `e la velocit`a della luce nel mezzo, γ `e il rapporto giromagnetico (42.5 MHz per1H), B

0 `e il campo statico, e r`e la costante dielettrica del mezzo. Quanto

pi`u `e grande la costante dielettrica, tanto pi`u corta sar`a la lunghezza d’onda del mezzo. Questo, unito alle forti discontinuit`a dielettriche tra un tessuto e un altro in una qualunque regione anatomica, porta ad una distribuzione disomogenea dei campi RF e ad un loro possibile accumulo locale (hot-spot), con un conseguente aumento non controllato di temperatura (Figura 1.1).

Per valutare gli effetti dei campi RF sulla parte irraggiata `e stato definito un indice dosimetrico, il Rateo di Assorbimento Specifico o Specific Absorption Rate (SAR), definito come l’energia assorbita dai tessuti nell’unit`a di tempo e nell’unit`a di massa. Considerato il volume infinitesimale di tessuto omogeneo ∆Vi, di densit`a ρie conducibilit`a elettrica σicostanti, `e possibile definire il SAR

locale come: SARi= ∆Wi ρi∆Vi = σiE 2 i ρi (1.2)

con ∆Wila potenza assorbita dal volume ∆Vied Eiil campo elettrico presente

nel volume considerato. Per come `e stato definito, le unit`a di misura del SAR sono Watt/kg. Andando a sommare i contributi di ciascun elemento di vol-ume infinitesimale, si ottiene il SAR globale o SAR medio, ossia la quantit`a di

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(a) 1.5 Tesla (b) 7 Tesla

Figura 1.1: 1.1a: Immagine di un fantoccio uniforme acquisito nello scanner a 1.5 Tesla dell’IRCCS Stella Maris (Pisa). 1.1b: Immagine di un fantoccio uniforme acquisito nello scanner a 7 Tesla della Fondazione Imago7 (Pisa). Si noti come l’intensit`a dell’immagine a 7 Tesla risulti disomogenea, a causa del wavelength effect, rispetto all’immagine acquisita ad 1.5 Tesla, dove l’intensit`a `

e uniforme in tutto il fantoccio.

potenza assorbita dall’intero distretto su cui `e stato svolto l’esame:

SARm= X i ∆Wi ρi∆Vi = Wtot Mtot (1.3)

Il SAR quindi `e legato al campo elettrico RF da una relazione quadratica, per la sua distribuzione nel mezzo sar`a legata a quella di questo campo RF.

A livello dosimetrico il SAR globale, essendo una quantit`a mediata, non tiene conto delle diverse propriet`a delle strutture componenti la zona irraggiata, le quali possono portare, come detto prima, ad una distribuzione disomogenea del campo elettrico, e conseguentemente del SAR, con formazione di hot-spot di deposito di energia. Questo pu`o portare, durante un esame, a superare i limiti di SAR locale quando ancora quelli del SAR globale non sono stati raggiunti [24] [36]. Per tale motivo, nella dosimetria in Risonanza, e sopratutto a campi ultra-alti, si fa riferimento anche al SAR locale, che per definizione `e in grado di fornire queste informazioni.

A livello fisiologico l’aumento della temperatura indotto dall’assorbimento di potenza a RF attiva il sistema di termoregolazione corporeo, che ripristina l’equilibrio termico, tramite meccanismi di conduzione termica e, sopratutto, di convezione forzata da parte del tessuto ematico. Un assorbimento di energia che determini un aumento di temperatura sopra i 42◦C provoca la vasodilatazione

dei vasi sanguigni e l’assestamento della temperatura a valori superiori a quelli fisiologici. Pertanto, i tessuti ben vascolarizzati sono in grado di dissipare rapi-damente l’energia assorbita dai campi ad RF, al contrario dei tessuti poco vas-colarizzati, che sono pi`u sensibili all’aumento di temperatura. Se l’assorbimento di energia ad RF si prolunga nel tempo, il sistema di termoregolazione non `e pi`u in grado di compensare l’aumento di temperatura indotto, causando danni re-versibili in una prima fase, ma che possono diventare irrere-versibili per esposizioni prolungate [30].

(13)

RF di un’apparecchiatura, la normativa nazionale e internazionale ha fissato dei Valori Limite di Esposizione (VLE), ossia i valori di SAR che non possono essere superati durante un esame RM. Di seguito sono riportate le normative per i VLE dei campi elettromagnetici, distinte tra pazienti e lavoratori esposti.

1.2.2

Esposizione del paziente: normativa e VLE

Il D.M. 10/8/18 ha conformato i VLE per i pazienti a quelli europei, abrogando quelli definiti precedentemente dal D.M. 3/8/93, indicati come standard di si-curezza dal D.P.R. 542/94. All’allegato 1 punto D.3 del D.M. 10/8/18 infatti, si stabilisce che i Valori Limite di Esposizione per i pazienti ”sono quelli riportati nelle Norme Tecniche Armonizzate di Settore”: queste sono le norme di buona tecnica internazionali, quali i documenti dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) o della International Electrotechnical Commission (IEC). Il documento generalmente usato come riferimento per la sicurezza dei pazienti `e il documento IEC 60601-2-33 (ultima edizione marzo 2010, successive edizioni e integrazioni nel 2013, 2015 e 2016) [20], che indica le misure di sicurezza per i pazienti, i lavoratori esposti e la popolazione in generale. Questa norma definisce il concetto di ”modi di funzionamento” di un sistema RM, selezionabili nel sistema in base al livello di SAR che si vuole raggiungere, ed in particolare ne individua tre:

• Normale: corrisponde all’uso di un sistema RM dove nessun parametro raggiunge valori in grado di indurre stress fisiologico al paziente;

• Primo livello: corrisponde all’uso di un sistema RM dove uno o pi`u parametri raggiungono valori in grado di indurre stress fisiologico al paziente; • Secondo livello: corrisponde all’uso di un sistema RM dove uno o pi`u

parametri raggiungono valori in grado di provocare rischi significativi al paziente.

Il documento IEC, per ciascuno di questi modi di funzionamento, indica i limiti sull’aumento di temperatura che si possono raggiungere in diversi distretti corporei, riportati in Tabella 1.1. A partire da tali limiti, la normativa IEC, per ogni modo di funzionamento, fissa per i pazienti i VLE del SAR, differenziati in SAR locale e SAR globale, mediati su 6 minuti di acquisizione in condizioni ambientali standard, quali temperatura T 6 24◦Ce umidit`a relativa RH = 60%

(Tabella 1.2). Le indicazioni contenute in questo documento si applicano quindi per tutti gli scanner RM, sia quelli clinici che quelli sperimentali ad UHF.

Modo di funzionamento Massima T corporea Massima T locale Massimo ∆T corporeo Normale 39◦C 39C 0.5C 1◦Livello 40◦C 40◦C 1◦C 2◦Livello >40C >40C 1C

Tabella 1.1: Limiti di massima temperatura temperatura locale, corporale e di massima variazione della temperatura corporale, per ciascuno dei modi di fun-zionamento di un sistema RM, secondo le linee guida europee (CEI 60601-2-33)

(14)

Quantit`a Distretto Normale 1◦ livello 2livello SAR globale (W/kg) Corpo intero 2 4 >4 Parte Corpo 2-10 4-10 >4-10 Testa 3.2 3.2 >3.2 SAR locale (10g) (W/kg) Testa 10 10 >10 Tronco 10 20 >20 Arti 20 40 >40

Tabella 1.2: Valori Limite di Esposizione del SAR per i pazienti secondo le linee guida europee (CEI 60601-2-33). I valori di SAR sono mediati su un periodo di 6 minuti in condizioni ambientali standard (T 6 24◦C, RH= 60%).

In particolare, per quanto riguarda il limite del SAR globale in una generica parte del corpo, esso viene calcolato, per ogni modo di funzionamento, tramite l’equazione:

SARm= 10 −

6Mesposto

Mtotale

(1.4)

dove Mesposto rappresenta la massa della parte del corpo irraggiata e Mtotale

rappresenta la massa totale del paziente. I valori di SAR possono quindi andare da 4 W/kg (Mesposto= Mtotale) a 10 W/kg (Mesposto<< Mtotale).

1.2.3

Esposizione dei lavoratori: normativa e VLE

Il D.M. 10/8/18 afferma, nell’allegato 1 punto D.3, che ”i limiti di esposizione per i lavoratori sono stabiliti dal D.Lgs. 159/2016” [5], il quale applica la di-rettiva 2013/35/UE ”sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettro-magnetici)” [7]. Il D.Lgs. 159/2016 riguarda in generale la salute e la sicurezza di tutti quei lavoratori esposti a campi elettromagnetici, e copre un intervallo di frequenze molto pi`u ampio (da 0 Hz a 300 GHz) delle frequenze relative alle apparecchiature RM (da qualche decina di MHz per campi da 0.5 Tesla alle centinaia di MHz per campi da 7 Tesla).

All’interno del decreto, i VLE del SAR per i lavoratori esposti sono indi-cati nell’allegato 1, parte III (Effetti termici), per campi elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 6 GHz, i quali sono riportati in Tabella 1.3. Tuttavia, le disposizioni del D.Lgs. 159/2016 risultano essere poco significative nell’ambito delle apparecchiature RM, poich´e i lavoratori, durante un esame, si

Tipo di SAR Distretto VLE (W/kg) SAR globale Corpo intero 0.4

SAR locale Testa/tronco 20

Arti 20

Tabella 1.3: Valori Limite di Esposizione del SAR per i lavoratori esposti sec-ondo la normativa nazionale vigente (D.Lgs. 159/2016). I valori di SAR sono mediati su un periodo di 6 minuti e sono riferiti per campi elettromagnetici con frequenze da 100 kHz a 6 GHz.

(15)

trovano sempre all’esterno della sala magnete. I VLE di questo decreto vanno quindi considerati solo per quella piccola parte di lavoratori presenti occasion-almente all’interno della sala magnete durante un esame RM, quali anestesisti, chirurghi, infermieri, etc. Per essi si deve comunque considerare che i campi RF sono estremamente focalizzati all’interno della bobina a RF sulla zona da esaminare, per cui la loro esposizione risulta sempre trascurabile.

(16)

Capitolo 2

Valutazione

elettromagnetica su

fantoccio

2.1

Introduzione

Nel precedente capitolo sono stati illustrati i Valori Limite di Esposizione ai campi RF fissati dalla normativa vigente. Tuttavia l’indice dosimetrico definito per la valutazione degli effetti dell’esposizione ai campi a RF, il SAR, non `e una quantit`a direttamente misurabile. Per ovviare a questo limite, gli attuali scanner permettono una stima del SAR globale sia a livello hardware che a livello software. A livello hardware, la stima del SAR globale viene fatta tramite una misura della potenza assorbita, calcolata come la differenza tra la potenza inviata nella bobina a RF e la potenza riflessa che ritorna al generatore, e rapportata con la massa del corpo irraggiata, calcolata come una frazione del peso totale del paziente (parametro da inserire obbligatoriamente in un esame RM). Tutte le apparecchiature RM prevedono un interlock di sicurezza per il paziente, che blocca la scansione qualora il limite del SAR globale dovesse essere superato. Una stima precedente alla scansione viene effettuata off-line dalla macchina RM a livello software: ciascuna sequenza da erogare viene prima simulata dalla macchina, che valuta tutti gli impulsi a RF della sequenza e calcola la potenza totale da inviare alla bobina, rapportata alla massa della zona da irraggiare. Nel caso il SAR globale valutato fosse superiore ai limiti, la sequenza non viene erogata.

Nonostante le case produttrici di apparecchiature RM abbiano sviluppato questi controlli di sicurezza per il SAR globale, per quanto empirici e poco ac-curati, poco o niente pu`o essere fatto per il SAR locale, che non `e misurabile direttamente in quanto non `e possibile misurare il campo elettrico RF nel corpo umano. In aggiunta, come precedentemente accennato, il SAR locale `e l’indice dosimetrico pi`u significativo dal punto di vista protezionistico, in quanto `e legato sia alla distribuzione dei campi elettromagnetici nella regione di interesse che, sopratutto a campi ultra alti, presentano fenomeni di onda stazionaria con con-seguenti disomogeneit`a, sia alle propriet`a dielettriche dell’anatomia del paziente,

(17)

che condiziona ulteriormente la loro distribuzione nella zona irraggiata. A causa di questo, possono crearsi accumuli locali di campo elettrico (hot-spot), dove il superamento dei limiti del SAR locale pu`o avvenire quando il SAR globale `e ancora a livelli accettabili.

Negli ultimi anni si `e sempre pi`u sviluppata la ricerca sulla valutazione del SAR, vista la diffusione delle apparecchiature UHF [14] [19] [35] [36]. Le tecniche pi`u recenti prevedono la soluzione delle equazioni di Maxwell nel corpo umano tramite software di simulazione basati su metodi numerici, per calcolare la dis-tribuzione dei campi elettromagnetici nel volume di interesse e di conseguenza la distribuzione del SAR. Una completa revisione di questo lavoro a livello globale `e riportata in [17]. Gli studi si avvalgono della simulazione di bobine a RF al cui interno sono inseriti modelli pi`u o meno semplificati di corpo umano: in questo modo la soluzione delle equazioni permette un calcolo puntuale a priori della distribuzione dei campi RF, ma rimane il problema che le simulazioni utilizzano modelli umani generici, mentre la distribuzione del SAR locale dipende forte-mente dalla specifica anatomia sotto esame. In questo capitolo sar`a presentato un metodo per la valutazione del SAR in maniera soggetto-specifica, che tiene conto delle caratteristiche del singolo soggetto sotto esame. Il metodo prevede la simulazione dei campi RF, elettrico e magnetico, presenti nel fantoccio, e dal campo elettrico viene `e ottenuta la distribuzione del SAR. La validazione dei risultati, non essendo possibile misurare sperimentalmente il campo elettrico nel fantoccio, viene fatta attraverso il confronto delle mappe del campo B1simulate

e acquisite a 7 Tesla, che inferir`a quindi la correttezza della mappa del campo elettrico simulato, e quindi del SAR. Infine verr`a mostrato come l’informazione del campo B1acquisita nello scanner sar`a utile per normalizzare i risultati della

simulazione, in modo tale che essi tengano conto delle specifiche caratteristiche del soggetto sotto esame.

2.2

Acquisizioni nel sistema RM

La bobina RF utilizzata in questo lavoro `e una bobina birdcage (letteralmente ”a gabbia di uccello”), costituita da due end ring circolari di rame, uno superiore e uno inferiore, connessi elettricamente tramite un numero variabile di leg, in questo caso 8. Questa birdcage `e stata progettata splittabile, cio`e composta da due met`a cilindriche unite elettricamente, in conformazione passabanda, poich´e i condensatori di tuning della bobina (che determinano la frequenza di risonanza della stessa) si trovano sia su entrambi gli end ring, tra una leg e l’altra, sia sulle leg stesse, come mostrato in Figura 2.1a. La sua peculiarit`a principale `e quella di essere degenere, cio`e i valori dei condensatori di tuning sono stati studiati per far collassare tutti i modi di risonanza di una normale birdcage passabanda in un unico modo. Essa `e dotata di 8 porte di connessione per il segnale RF, ed `e sia trasmittente che ricevente, ovvero `e in grado, tramite un’opportuna elettronica di controllo, di ricevere il segnale RF per eccitare il campione e di raccogliere il segnale di risonanza dal campione per mandarlo all’elettronica di lettura. Infine, `e dotata di uno scudo a RF a lamine di rame, che agisce come una Gabbia di Faraday, per schermarla da segnali esterni. Le sue dimensioni e la sua geometria sono state progettate per lo studio degli arti inferiori, in particolare del ginocchio. La sua progettazione e realizzazione `e stata oggetto di un lavoro di dottorato di Fisica dell’Universit`a di Pisa, in collaborazione con

(18)

(a) Birdcage passa banda (b) Bobina RF presso la Fondazione Imago7

Figura 2.1: 2.1a: Schema di una bobina passa banda. I due end ring sono connessi tramite le leg, e i condensatori di tuning sono posizionati sia sulle leg che su entrambi gli end ring, negli spazi tra le leg. 2.1b: Birdicage costruita presso la Fondazione Imago7. Si possono osservare le leg in rame, l’end ring superiore, i condensatori di tuning, i cavi connessi alle relative porte e lo scudo RF dietro i cavi [31].

la Fondazione Imago7 e la sezione INFN di Pisa (Figura 2.1b) [31] [32]. Il fantoccio utilizzato nelle acquisizioni `e stato costruito dissolvendo una miscela di agar (7 g/L), NaCl (10 g/L) e CuSO4 (1 g/L) in acqua calda e

suc-cessivamente lasciata raffreddare e solidificare in un contenitore cilindrico. Una volta solidificata, la miscela di agar ha assunto la forma cilindrica del conteni-tore, con raggio diametro 11 cm e altezza 10 cm (Figura 2.2a). Il fantoccio `e stato posizionato all’interno della bobina a RF (Figura 2.2b), con l’asse del cilin-dro parallelo all’asse della bobina, ed entrambi sono stati inseriti nello scanner a 7 Tesla del centro di ricerca Imago7 (7T Discovery MR950 MRI system, GE Healthcare, Milwaukee, WI, USA).

Successivamente sono state acquisite le mappe assiale e sagittali del campo

(a) Fantoccio di agar (b) Bobina a RF

Figura 2.2: 2.2a Fantoccio di plastica cilindrico contenente il gel di agar. 2.2b: Bobina a radiofrequenza. La bobina `e connessa ai circuiti di controllo contenuti nelle scatole sovrapposte, i quali a loro volta vengono connessi allo scanner.

(19)

(a) B1+ piano assiale (b) B1+ piano sagittale

Figura 2.3: Mappe del campo B+1 espresse in µT , acquisite sul piano assiale

(2.3a) e sagittale (2.3b) passanti per il centro del fantoccio. Come nel caso delle mappe simulate, anche qui sono visibili le disomogenit`a del campo a RF.

B+1 nel fantoccio. Questo campo indica il campo RF B1 polarizzato

circolar-mente che viene generato da una birdcage, ed `e definito, in notazione complessa, come B1+= B1e−iωt, ossia un vettore che ruota in senso orario con frequenza ω.

Tale campo, come sar`a spiegato pi`u avanti nel corso del capitolo, `e quello che induce una rotazione della magnetizzazione dell’oggetto in esame, permettendo la formazione del segnale RM. Nell’acquisizione sono state selezionate le slice passanti per il centro del fantoccio, tramite la sequenza Bloch-Siegert (BS) [29]. I parametri di acquisizione di tale sequenza sono: Tempo di Ripetizione (TR) 100 ms, Tempo di Eco (TE) 15 ms, spessore slice 3.5 mm, Field Of View (FOV) 16×16 cm, matrice dell’immagine 64×64 pixel, tempo di acquisizione 15 s. La mappa di campo ottenuta da questa sequenza viene successivamente elaborata da uno script MATLAB, in modo da ottenere una mappa del campo magnetico B+1 corrispondente all’impulso di eccitazione della Bloch-Siegert (sinc a tre lobi, durata 3.2 ms), ma per un FA di 90◦ (si ricorda che in questa sequenza il FA

dell’impulso di eccitazione `e impostato su 30◦). Le mappe del campo B+ 1

ot-tenute tramite sequenza Bloch-Siegert sono riportate in Figura 2.3, sia sul piano assiale (Figura 2.3a) che sul piano sagittale (Figura 2.3b).

2.3

Modellizzazione della bobina e del fantoccio

Il software di simulazione utilizzato in questo lavoro `e CST MW Suite (CST-Computer Simulation Technology AG, Darmstadt, Germany), che utilizza la Tecnica ad Integrazione Finita (Finite Integration Technique, FIT). Come tutte le diverse tecniche di soluzione numerica, la FIT si basa sulla discretizzazione dello spazio 3D in forme geometriche ben definite (normalmente gli esaedri), chiamata mesh. Le equazioni di Maxwell nella loro forma integrale vengono dis-cretizzate nelle cosiddette ”Equazioni della griglia di Maxwell” e risolte, lungo gli spigoli e sulle facce di ogni elemento della mesh, nelle loro componenti elet-triche e magnetiche, andando a calcolare in ogni punto spaziale e temporale il valore del campo elettrico e magnetico (Figura 2.4a) [37]. Chiaramente, quanto pi`u i volumi della mesh saranno piccoli, tanto pi`u i risultati della simulazione saranno accurati, ma questo richieder`a un costo computazionale non sempre sostenibile. Al contrario, una discretizzazione pi`u grossolana dello spazio

(20)

com-(a) Tecnica ad Integrazione Finita

(b) Mesh di simulazione

Figura 2.4: 2.4a: Griglia di Maxwell utilizzata per nella Tecnica ad Integrazione Finita. Le soluzioni dei campi elettrico e magnetico sono ottenute risolvendo le equazioni di Maxwell sulle facce dei singoli elementi, dove sono calcolati i flussi elettrico e magnetico, e sugli spigoli, dove sono calcolati i voltaggi elet-trico e magnetico [34]. 2.4b: Esempio di discretizzazione dello spazio continuo (1) in elementi geometrici. Al diminuire delle dimensioni degli elementi (da 2 a 4), tanto pi`u l’oggetto discretizzato sar`a simile a quello reale, aumentando l’accuratezza della simulazione [9].

porter`a una maggiore velocit`a della simulazione, ma render`a meno accurati i risultati (Figura 2.4b). Una regola utile per evitare errori grossolani `e quella di settare la lunghezza massima dell’elemento della mesh minore di un ventesimo della minima lunghezza d’onda di interesse.

La bobina e il suo scudo sono stati modellizzati in CST rispettando le loro dimensioni geometriche, riportate in Tabella 2.1, senza includere l’elettronica di controllo, non rilevante ai fini delle simulazioni. Sono stati poi aggiunti 56 condensatori (tre per ogni leg e 16 per ogni end ring) negli esatti punti in cui essi sono realmente, ed `e stato impostato il rame come materiale della bobina e dello scudo. Il valore dei condensatori `e stato aggiustato per ottenere una bobina degenere risonante intorno a 300 MHz, con un adattamento in ognuna delle 8 porte minore di -10 dB quando essa `e caricata con un modello di ginocchio umano.

Per questa parte relativa alle simulazioni elettromagnetiche `e stato utilizzato un modello di fantoccio reale, che `e stato definito come un cilindro di diametro 11 cm e altezza 10 cm composto di materiale ”agar”, appositamente creato, con le caratteristiche riportate in Tabella 2.2 [26] corrispondenti a quelle del gel nel fantoccio reale. Il modello di fantoccio `e stato poi posizionato nel centro della bobina, con l’asse parallelo a quello del campo magnetico, identificato come asse z, riproducendo le condizioni sperimentali di acquisizione. Caricata in questo modo l’adattamento ad ogni porta della bobina risulta minore di -7 dB (valore ancora accettabile) e la frequenza di risonanza risulta spostata su 313 MHz (Figura 2.5). La diversa frequenza di risonanza e il minore adattamento, rispetto ai valori relativi al modello di ginocchio umano, sono dovuti al minore carico nella bobina, data la minore massa del fantoccio.

Infine sono state definite le impostazioni della mesh, che hanno permesso di ottenere una discretizzazione dello spazio con poco pi`u di 1.6 × 106 celle,

(21)

Dimensione Misura Diametro interno 196 mm Diametro dello scudo 234 mm Distanza scudo-leg 19 mm

Lunghezza leg 183.2 mm Larghezza leg 27 mm Spessore rame 35 µm

Tabella 2.1: Dimensioni della bobina RF utilizzata in questo lavoro.

Grandezza Fisica Valore Capacit`a termica (c) 4.2 kJ/K/kg Costante dielettrica (r) 77.52

Conducibilit`a elettrica (σ) 1.886 S/m Densit`a (ρ) 1054 kg/m3

Tabella 2.2: Caratteristiche fisiche del fantoccio di agar [26].

(a) Modello della bobina RF con fantoccio

di agar (b) Parametro S della porta 1

Figura 2.5: 2.5a: Modello della bobina a RF utilizzata in questo lavoro caricata con il fantoccio di agar, che `e stato posizionato con il suo asse parallelo a quello della bobina. Sono visibili i condensatori (in blu) e le porte del segnale RF (in rosso) 2.5b: Parametro S della porta 1. Trattandosi di una bobina degenere, il grafico presenta un unico picco alla frequenza di risonanza, centrato a 313 MHz a quasi -8 dB. Questo effetto `e dovuto alle minori dimensioni del fantoccio rispetto ad una gamba umana, che determina un minor carico nella bobina.

la cui dimensione massima risulta essere 2 cm, perfettamente sostenibile dal sistema di calcolo. Inoltre, la dimensione massima della mesh risulta minore di un ventesimo della lunghezza d’onda di interesse.1

1A 298 MHz infatti la lunghezza d’onda della luce nel vuoto `e circa 1 metro, ma in acqua

essa si riduce di un quarto, diventando circa 75 cm, un ventesimo del quale `e poco meno di 4 cm.

(22)

2.4

Simulazioni elettromagnetiche sul fantoccio

Il software CST offre diversi solutori per una grande variet`a di problemi fisici (alte e basse frequenze, problemi termici, meccanici, etc.). La simulazione elet-tromagnetica `e stata impostata tramite il problema fisico ”Alte Frequenze”, che permette di scegliere un solutore nel dominio del tempo o della frequenza. Poich´e solo il solutore nel dominio del tempo permette il calcolo del SAR, `e stato selezionato quest’ultimo. Ciascuna porta `e stata poi eccitata con un im-pulso a RF da 1 Watt, e sono state richieste le soluzioni per i campi elettrico e magnetico e la ”perdita di potenza”, ovvero la potenza assorbita per unit`a di volume, nei modelli 3D della bobina e del fantoccio. Una volta terminata la simulazione i risultati relativi a ciascuna porta sono stati combinati sfasandoli di 45◦ in senso orario partendo dalla porta 1, come accade nello scanner RM.

In questo modo si ottengono i risultati per il campo elettrico e magnetico e la perdita di potenza a porte combinate, che sono i risultati di interesse. Infine, dai risultati combinati si pu`o calcolare la distribuzione spaziale del SAR all’interno del fantoccio.

2.4.1

Mappe simulate dei campi RF

I risultati relativi ai campi RF ottenuti tramite la combinazione in fase delle 8 porte vengono esportati e processati in MATLAB. I campi RF sono campionati ed esportati su un piano assiale (dimensioni x-y 160×160 mm, passo di campi-onamento 0.5 mm) e un piano sagittale (dimensioni y-z 160×150 mm, passo di campionamento 0.5 mm), entrambi passanti per il centro del fantoccio. I campi vengono salvati per ogni punto di campionamento nelle loro componenti x, y e z, e per ciascuna di esse sia in parte Reale che Immaginaria. Il campo elettrico RF viene calcolato punto per punto nelle sue componenti x, y e z tramite la relazione: E= s X j |Ej|2 (2.1)

con l’indice j che indica le tre componenti del campo E. Per quanto riguarda il campo RF B1, come detto prima, `e la sua polarizzazione circolare in senso

orario che eccita il campione. Essa pu`o essere calcolata, utilizzando i valori in coordinate cartesiane, tramite la relazione:

B1+= B1x− iB1y

2 (2.2)

Le mappe del campo E e B+

1, sia assiali che longitudinali, sono riportate in

Figura 2.6. Si pu`o subito osservare la disomogeneit`a della distribuzione spaziale dei campi, sia in assiale (Figura 2.6a e 2.6c) che in sagittale (Figura 2.6b e 2.6d), a causa del wavelenght effect. Il campo B+

1 presenta l’intensit`a massima

nel centro dovuto all’effetto di sovrapposizione dei modi di risonanza, che `e stato chiamato ”effetto di interferenza” [16], mentre il campo elettrico presenta la massima intensit`a sui bordi del fantoccio, in quanto il campo E si distribuisce sempre sulla superficie del mezzo.

(23)

(a) E Piano assiale (b) E Piano sagittale

(c) B1+ Piano assiale (d) B

+

1 Piano sagittale

Figura 2.6: Mappe del campo E, espresso in Volt su metro, e del campo B+ 1,

espresso in µT , sul piano assiale (a sinistra) e sagittale (a destra) passanti per il centro del modello del fantoccio di agar. Le mappe sono riportate, per ciascun campo, a parit`a di scala. Si possono osservare le disomogeneit`a spaziali dei campi RF, dovute al wavelength effect e alle caratteristiche dielettriche del fantoccio, con l’intensit`a massima di campo B1+ localizzata nel centro, e quella del campo E localizzata sui bordi del fantoccio, per entrambi i piani.

2.4.2

Mappe simulate del SAR

Le mappe del SAR locale calcolate sui piani assiale e sagittale definiti per i campi E e B1+ sono state calcolate su CST, mediando su 10 g di tessuto, e

successivamente acquisite in MATLAB. Le mappe simulate su entrambi i piani sono riportate in Figura 2.7 a parit`a di scala, e si pu`o subito notare come le distribuzioni del campo E e del SAR coincidano, a parte un fattore di scala, vista la relazione che lega il SAR al quadrato del campo elettrico. Il massimo valore di SAR locale mediato su 10 g di tessuto `e di 2.8 W/kg, mentre il massimo valore di SAR puntuale (hot spot) corrisponde a 4 W/kg, ed `e localizzato nella slice assiale centrale (Figura 2.7a), alle coordinate x=37 mm sulla sinistra, y=27.5 mm in alto. Il valore di SAR globale simulato invece risulta essere 2 W/kg.

Per una valutazione numerica della disomogeneit`a spaziale, sono riportati in Tabella 2.3 il valore massimo, minimo e medio all’interno del fantoccio sia per i campi RF (E e B1+) che per il SAR, e l’omogeneit`a della distribuzione di

(24)

(a) SAR Piano assiale (b) SAR Piano sagittale

Figura 2.7: Mappe del campo SAR espresso in W/kg sul piano assiale 2.7a e sagittale 2.7b passanti per il centro del fantoccio. Si possono osservare le disomogeneit`a spaziali del SAR, con il minimo valore di SAR localizzato nel centro del fantoccio e il valore massimo in prossimit`a della superficie.

Quantit`a Piano Max Med Min Omogeneit`a E Assiale 68.6 V/m 42.5 V/m 0.8 V/m 2.3% Sagittale 70.6 V/m 42.5 V/m 0.41 V/m 1.1% B+1 Assiale 2.13 µT 1.44 µT 1 µT 66% Sagittale 2.2 µT 1.67 µT 1.21 µT 70.6% SAR Assiale 2.83 W/kg 1.72 W/kg 0.29 W/kg 18.6% Sagittale 2.69 W/kg 1.78 W/kg 0.29 W/kg 19.4%

Tabella 2.3: Valori massimo, medio, minimo, e omogeneit`a relativi al campo E, al campo B1+ e al SAR calcolati nelle simulazioni.

ciascuna grandezza in ciascun piano, calcolata in percentuale come

H(%) = 100 ×  1 −M ax − M in M ax+ M in  (2.3)

dove Max e Min sono i valori massimi e minimi indicati in Tabella 2.3. Come `e possibile osservare, a causa della variazione considerevole tra valori massimi e minimi, l’omogeneit`a delle distribuzioni risulta molto bassa in entrambi i pi-ani considerati, sopratutto per quanto riguarda il campo E e il SAR. Questa disomogeneit`a di distribuzione `e indicativa, per quanto riguarda il SAR, della possibile formazione di hot-spot nel volume considerato.

2.5

Risultati normalizzati per le sequenze

con-siderate

Le mappe di SAR, del campo E e del campo B1+ottenute tramite CST forniscono

una mappatura spaziale di queste quantit`a all’interno del fantoccio, tramite la ricombinazione dei segnali a RF della bobina opportunamente sfasati, cos`ı come avviene nelle acquisizioni reali. Questi risultati sono per`o ottenuti per un impulso RF di 1 Watt di potenza simulato in ogni porta della bobina, mentre

(25)

nella realt`a la potenza che arriva in ogni canale della bobina ha valori di potenza sensibilmente pi`u alti, ed `e generata da diversi impulsi RF che hanno diverse forme d’onda. Gli impulsi ad RF inviati fanno parte di una precisa combinazione dei campi magnetici variabili, che permette la formazione dell’immagine: tale combinazione prende il nome di ”sequenza RM”, per cui `e necessario conoscere nel dettaglio la sequenza stessa per poterne valutare il SAR. In questa sezione saranno brevemente illustrate le caratteristiche di una sequenza RM, e una trattazione pi`u specifica si pu`o trovare in [13].

2.5.1

Impulsi di una sequenza RM

Come detto prima, una sequenza RM `e la ripetizione di una precisa appli-cazione di due tipi di campi magnetici variabili, necessari per la formazione dell’immagine diagnostica: i campi elettromagentici RF e i campi di gradiente. I campi RF, nella loro componente magnetica B+

1, ruotano la magnetizzazione,

che `e l’effetto macroscopico della somma degli spin nucleari allineati lungo la stessa direzione, dalla direzione del campo statico B0(convenzionalmente posta

lungo l’asse z) nel piano trasverso (convenzionalmente il piano xy). La rotazione viene indicata dall’angolo, chiamato flip angle (FA), che si forma tra la magen-tizzazione e la direzione del campo B0. Una volta ruotata (o ”eccitata”), la

magnetizzazione torna ad allinearsi lungo l’asse del campo B0, e questa

vari-azione pu`o essere convertita, tramite un ricevitore posto perpendicolarmente al campo trasverso, in segnale elettrico per la legge di Faraday-Neumann-Lenz (Figura 2.8).

Per ricostruire un’immagine tuttavia `e necessaria una codifica spaziale del segnale, che `e ottenuta dall’applicazione dei campi di gradiente. Questi campi, allineati lungo le direzioni x, y e z, sono campi che variano linearmente la loro intensit`a lungo la loro direzione. Questa variazione comporta una codi-fica spaziale del segnale, la cui acquisizione va a riempire il cosiddetto k-spazio.

Figura 2.8: Generazione del segnale RM con un FA=90◦. Nel sistema di

rifer-imento rotante alla frequenza di Larmor intorno all’asse z’ (la direzione del campo B0), l’applicazione di un campo RF Bef f fa ruotare la magnetizzazione

µ di 90◦ dall’asse z’, portandola sul piano x’y’ (sinistra). Spento il campo RF, il vettore µ, visto nel sistema del laboratorio, tende a riallinearsi lungo l’asse z tramite un percorso a spirale (destra). Un ricevitore posto con il piano perpendi-colare al piano xy pu`o convertire la variazione del vettore µ in segnale elettrico [13].

(26)

Con riferimento alla Figura 2.9, a sinistra `e mostrata una sequenza (in questo caso una GRadient Echo, GRE), ossia l’applicazione temporale dei diversi im-pulsi, relativa ad un Tempo di Ripetizione (TR), mentre a destra `e mostrata la corrispettiva mappatura del k-spazio.

Il campionamento del k-spazio avviene nel seguente modo: viene applicato un impulso RF di eccitazione, insieme all’applicazione del gradiente Gz che

seleziona la slice da acquisire, e successivamente viene applicato il gradiente Gy. Questa applicazione corrisponde ad uno spostamento dal centro del

k-spazio lungo l’asse verticale (negativo se l’intensit`a di Gy `e negativa, positivo

se l’intensit`a di Gy `e positiva). Successivamente viene applicato il gradiente

Gx, prima negativamente per una durata τ , e poi positivamente per una durata

doppia: nel k-spazio questo corrisponde ad uno spostamento orizzontale, prima

Figura 2.9: Acquisizione di un piano 2D nel k-spazio tramite una sequenza GRa-dient Echo. A sinistra `e riportata la sequenza degli impulsi RF e di gradiente, mentre a destra `e riportata la corrispondente mappatura del k-spazio. La mag-netizzazione viene eccitata da un impulso RF, e contemporaneamente viene ac-ceso il gradiente Gz, che seleziona la slice bidimensionale da acquisire.

Suc-cessivamente sono accesi prima il gradiente Gy, cui corrisponde, nel k-spazio,

uno spostamento verticale proporzionale alla sua intensit`a, e poi il gradiente Gx, prima negativamente per un tempo τ e poi positivamente per un tempo

doppio, cui corrisponde uno spostamento orizzontale nel k-spazio, prima verso sinistra di una certa lunghezza, e poi verso destra di lunghezza doppia. Du-rante l’applicazione positiva di Gx`e acceso l’ADC, che campiona il segnale RM

ad una certa frequenza, e che corrisponde, nel k-spazio, alla suddivisione dello spostamento orizzontale in tanti segmenti∆kx, la cui lunghezza `e inversamente

proporzionale alla frequenza di campionamento. Acquisita una linea, l’intera sequenza viene ripetuta per acquisire una linea diversa del k-spazio, tramite l’applicazione del gradiente Gy ad un’intensit`a diversa dalla precedente (e

in-dicata, nella sequenza, dal box con diversi segmenti), fino alla completa acqui-sizione di tutto il k-spazio. Il tempo tra l’applicazione della sequenza e l’inizio della successiva `e chiamato Tempo di Ripetizione (TR) [13].

(27)

a sinistra, di una certa lunghezza, e poi a destra, di lunghezza doppia. Durante l’applicazione positiva del gradiente Gx, viene acceso l’Analog to Digital

Con-verter (ADC), che campiona il segnale RM: questo nel k-spazio corrisponde alla suddivisione dello spostamento orizzontale in segmenti ∆kx,

corrispon-denti ai punti di campionamento dell’ADC, la cui lunghezza `e inversamente proporzionale alla frequenza di campionamento.

La sequenza, cos`ı come `e stata applicata (eccitazione degli spin con impulso RF, selezione della fetta, spostamento verticale nel k-spazio e acquisizione del segnale lungo lo spostamento orizzontale), viene ripetuta per mappare l’intero k-spazio: il tempo che intercorre tra l’applicazione della sequenza e l’inizio della sua ripetizione `e detto Tempo di Ripetizione (TR), ed `e un altro dei parametri principali delle sequenze RM. La ripetizione della sequenza ad ogni TR non `e per`o esattamente identica alla precedente: tra una ripetizione e la successiva viene variata ogni volta l’intensit`a del gradiente Gy (indicato, nella sequenza,

da un box con pi`u segmenti al suo interno, che indicano le diverse intensit`a di Gy al ripetersi della sequenza). Poich`e ad ogni ripetizione della sequenza si

ac-quisisce una linea orizzontale del k-spazio, per poterlo mappare completamente `e necessario, ad ogni applicazione, acquisire una linea diversa. Questo si ottiene, ad ogni ripetizione, tramite una diversa intensit`a del gradiente Gy, essendo lo

spostamento nel k-spazio lungo l’asse verticale ad essa proporzionale. Ad ogni ripetizione della sequenza quindi, l’intensit`a del gradiente Gy `e aumentata o

diminuita di ∆GP E, che corrisponde nel k-spazio ad uno spostamento, lungo

l’asse verticale, rispettivamente aumentato o diminuito di ∆ky, rispetto allo

spostamento precedente. Una volta mappato tutto il k-spazio, la sua trasfor-mata di Fourier restituisce la distribuzione di densit`a del nucleo di interesse in quella slice, cio`e l’immagine RM relativa alla slice mappata. Completata l’acquisizione di una slice, la sequenza viene ripetuta su un’altra slice, che viene selezionata tramite il gradiente Gz.

Degli impulsi utilizzati da una sequenza RM per la formazione dell’immagine, solo quelli RF contribuiscono al SAR, in quanto generano un’onda elettromag-netica la cui componente magelettromag-netica eccita gli spin, e la componente elettrica induce calore nella regione eccitata. Quindi, il SAR indotto da una sequenza sar`a proporzionale alla somma degli impulsi RF presenti in un TR, e dalla loro ripetizione, ad ogni TR, fino alla mappatura completa del k-spazio per ogni slice, per tutte le slice richieste. Inoltre, il SAR generato va mediato su 6 minuti di acquisizione, per poterlo confrontare con i VLE del protocollo IEC.

Per poter normalizzare i risultati delle simulazioni alle sequenze RM `e neces-sario perci`o conoscere tutte le caratteristiche degli impulsi RF di una sequenza, quali l’intensit`a e la forma d’onda dell’impulso, e il TR della sequenza.

2.5.2

Caratteristiche degli impulsi RF

Gli impulsi RF in una sequenza sono necessari per eccitare gli spin nucleari, ossia ottenere un certo FA per la formazione del segnale RM. Gli impulsi RF in una sequenza quindi dipendono dal FA richiesto, e la relazione tra FA e impulso RF `e data dalla formula:

F A= γ Z τ

0

(28)

dove γ `e il rapporto giromagnetico, τ `e la durata temporale dell’impulso, B+ 1(t)

il campo magnetico RF, che presenta una dipendenza temporale in quanto pu`o avere una forma nel tempo non costante. Esso pu`o essere diviso nel prodotto tra B+1, che rappresenta l’intensit`a media del campo B+

1 applicato costantemente

per il tempo τ , e una funzione f(t), di durata τ e normalizzata ad uno, che descrive la forma temporale dell’impulso RF. L’equazione pu`o essere invertita per trovare l’intensit`a media del campo B+

1, che viene indicata con B + 1: B+1 impulso= F A γRτ 0 f(t)dt (2.5)

per cui l’intensit`a del campo B+

1 dipende dal FA richiesto, dalla durata τ

dell’impulso e dalla forma d’onda temporale dell’impulso. Di seguito `e dis-cussa la dipendenza dell’intensit`a del campo B1+ da ciascuno di questi fattori.

Poich`e in un dielettrico le intensit`a dei campi, magnetico ed elettrico, di un’onda elettromagnetica sono legate dalla relazione lineare:

E =√1

µB (2.6)

la dipendenza di tali fattori per il campo B+

1 si riflette linearmente sul campo E,

e di conseguenza in maniera quadratica sul SAR, data la relazione tra quest’ultimo e il campo E.

FA E un parametro che pu`o essere impostato in ogni sequenza dall’operatore.` Il suo valore varia in un range tra pochi gradi e 180◦. Normalmente nelle

sequenze base GRE, dove si ha un unico impulso RF in un TR, il FA viene im-postato su valori relativamente bassi, quali 15◦, 30o 40, mentre nelle sequenze

di base Spin Echo (SE) vi sono due impulsi RF in un TR, il primo che genera un FA di 90◦ e il secondo che genera un FA di 180. In sequenze pi`u

compli-cate, come le SE di tipo FAST o Multi-Slice, si possono trovare pi`u impulsi RF all’interno di un TR, ciascuno che genera il suo FA. L’intensit`a del campo B1+

dipende linearmente dall’ampiezza del FA richiesto e, a parit`a di forma e durata dell’impulso RF, sar`a tanto maggiore quanto pi`u il FA richiesto sar`a grande.

Durata dell’impulso , ¯

τ E un parametro definito in fase di sviluppo della` sequenza, su cui un operatore non pu`o agire. La durata degli impulsi RF pu`o variare da pochi µs ad alcuni millisecondi e, a parit`a di forma temporale e FA, l’intensit`a del campo B+

1 sar`a maggiore quanto pi`u la durata dell’impulso `e

minore.

Forma temporale dell’impulso Come la durata, la forma d’onda `e definita in fase di sviluppo della sequenza, e non `e un parametro modificabile. Vi sono di-verse forme temporali di impulsi, e alcuni esempi sono riportati in Sezione 2.5.4, ma in generale esse possono essere ricondotte a due tipi di impulsi: rettangolari e a forma di sinc, le quali sono uno la trasformata di Fourier dell’altro. I primi sono detti hard pulse, mentre i secondi possono essere simmetrici o asimmetrici, e presentare uno, tre o pi`u lobi. Gli impulsi sinc sono molto utilizzati perch`e, nel dominio delle frequenze, presentano una forma rettangolare, e quindi una larghezza di banda (bandwidth) ben definita, utile per eccitare il campione in

(29)

un range definito di frequenze. Pi`u lobi l’impulso temporale presenta, pi`u la bandwidth sar`a ben definita. Gli hard pulse sono molto efficienti in quanto generano, a parit`a di FA richiesto e di durata, un campo B+

1 pi`u basso degli

impulsi sinc, e quindi necessitano di minor potenza, ma presentano lo svantaggio di avere una bandwidth molto larga, in quanto nel dominio delle frequenze essi diventano delle sinc.

2.5.3

Rinormalizzazione del SAR

Per poter riferire il SAR alla sequenza di interesse viene utilizzato il seguente metodo [33]: presa una slice di riferimento, il SAR ottenuto tramite simulazione viene rapportato al valor medio del B+

1 simulato elevato al quadrato in quella

slice, data la dipendenza quadratica del SAR con il campo E e quindi con il campo B+

1, ottenendo cos`ı la mappa del SAR equivalente ad un campo B + 1 di valor medio 1 µT: SAR1µT = SARsimulato  B1+ simulato 2 (2.7)

Successivamente, per ogni impulso a RF viene calcolato il campo B+

1impulsomedio

corrispondente tramite l’equazione 2.5. Oltre al B+

1impulso viene calcolato il

rel-ativo duty cicle (DC), definito come il rapporto tra l’integrale sotto la curva dell’impulso a RF e la durata dell’impulso stesso. Poich´e il SAR `e proporzionale al quadrato del campo E, e quindi del campo B+

1, si utilizza il quadrato della

funzione dell’impulso: DCSAR= Rτ 0 (f (t)) 2 dt τ (2.8)

A questo punto vengono considerati il tipo di impulsi a RF e il relativo numero presenti all’interno di TR. Considerando un tipo di impulso tra quelli presenti nella sequenza, il loro numero all’interno di un TR viene moltiplicato per il rapporto tra la durata dell’impulso e il TR stesso (una sorta di ”duty cycle” dell’impulso all’interno del TR), ottenendo un ”numero di impulsi nor-malizzato”:

Npulsesnorm = Npulses

τ

T R (2.9)

con Npulses numero di un certo tipo di impulsi in un TR. Infine, il SAR totale

per una sequenza viene calcolato come:

SARseq= T ipoP ulses X i=1 #P ulses X j=1 (SAR1µT)ij B¯1impulso 2 ij(DCSAR)ij N norm pulses  ij (2.10) dove gli indici i e j indicano, rispettivamente, il numero del tipo di impulsi previsti nella sequenza (eccitazione, inversione, rifocalizzazione) e il numero di impulsi di un certo tipo di impulso in un TR. I fattori SAR1µT, B1+impulso,

DCSARe Npulsesnorm sono quelli definiti nelle equazioni 2.7, 2.5, 2.8 e 2.9,

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