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Le Rivoluzioni Colorate in Georgia, Ucraina e Kirghizistan. La strada verso la democrazia.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Scienze Politiche Internazionali e delle

Amministrazioni

In supreme Dignitatis

Corso di laurea in Studi internazionali - classe L M 52

PROVA FINALE

“Le rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e Kirghizistan. La

strada verso la democrazia”

Relatrice: Ch.ma Prof.ssa Elena Dundovich

Laureando: Antonio Donati

matricola: 484813

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LE RIVOLUZIONI COLORATE IN GEORGIA, UCRAINA E KIRGHIZISTAN. LA STRADA VERSO LA DEMOCRAZIA

Indice

INTRODUZIONE……….5

CAPITOLO 1: L'allontanamento da Mosca e l'avvento dei

primi regimi autoritari………...8

1.1 Georgia: brevi cenni storici. Un panorama storico delle terra di Stalin………8

1.2 L'avvento di Shevardnadze………18

1.3 Ucraina: brevi cenni storici. Dalle origini alla caduta dell'Unione Sovietica………...26

1.4 Il periodo di Kuchma……….36

1.5 Il Kirghizistan: brevi cenni storici. Alla scoperta di una nuova identità………..41

1.6 Gli anni del regime Akayev………...45

CAPITOLO 2: Le Rivoluzioni Colorate……….50

2.1 Le Rivoluzioni Colorate. La strategia della non violenza……….50

2.2 La Rivoluzione delle Rose………...59

2.3 La Rivoluzione Arancione……….66

2.4 La Rivoluzione dei Tulipani………..74

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CAPITOLO 3: La strada verso la democrazia………85

3.1 La rosa georgiana appassita………..85

3.2 L’Ucraina un paese senza pace………96

3.3 Il difficile sentiero per la democrazia in Kirghizistan………113

3.4 L’evoluzione democratica e standard di democraticità……….118

CONCLUSIONI………....142

BIBLIOGRAFIA………..….144

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4 Georgia Repubblica del Kirghizistan Ucraina

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5 INTRODUZIONE

In questo lavoro di tesi si prenderanno in esame le cosiddette “rivoluzioni colorate ” che sono scoppiate tra il 2003 e il 2005 in Georgia, Ucraina e Kirghizistan, note rispettivamente come Rivoluzione delle Rose, Rivoluzione Arancione e Rivoluzione dei Tulipani, proponendo uno studio del processo di transizione alla democrazia, avviato in questi paesi proprio all’indomani delle rivoluzioni colorate e tutt’ora in corso. Per potere capire se e come i miglioramenti auspicati nella transizione alla democrazia si siano effettivamente realizzati e se, oggi, sia possibile definire democratici i tre paesi, si analizzerà la storia di ciascuno di essi dall’origine fino ai nostri giorni, dividendo in particolare il periodo pre e post Rivoluzione e articolando il lavoro in tre capitoli, suddivisi ciascuno in paragrafi.

Nel primo capitolo intitolato “L’allontanamento da Mosca e l’avvento dei primi regimi autoritari”, saranno analizzate in sei paragrafi cominciando dalle origini, la storia della Georgia fino al periodo della presidenza di Eduard Shevardnaze, la storia della Ucraina fino al super presidenzialismo di Leonid Kuchma e, infine, quella del Kirghizistan fino al regime di Askar Akayev. Questa ricostruzione a grandi linee della storia di ciascun paese dalle origini, passando attraverso il periodo della dominazione prima russa e poi sovietica e fino al momento della loro indipendenza, servirà a meglio comprendere l’identità etnica, sociale e

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culturale di questi tre attori e a capire come questa abbia giocato un ruolo fondamentale nelle dinamiche delle tre rivoluzioni in oggetto.

Nel secondo capitolo, intitolato “Le Rivoluzioni Colorate” dopo la descrizione, nel paragrafo iniziale, degli elementi caratterizzanti le tre rivoluzioni e una considerazione sulla pratica della resistenza non violenta come possibile metodologia usata per sovvertire un regime, si analizzeranno nei tre paragrafi successivi, le singole rivoluzioni: quella delle Rose, iniziata in Georgia il 22 novembre 2003 per contestare il risultato delle elezioni dalle quali era uscito vincitore il partito di Eduard Shevardnadze, il quale fu costretto dopo settimane di protesta, a dimettersi; quella Arancione, iniziata in Ucraina un anno dopo, nel 2004, quando a Kiev le urne dichiararono la vittoria di Victor Yanukovich il quale, accusato di brogli elettorali, dovette accettare il ripetersi delle elezioni nelle quali fu sconfitto da Victor Yushchenko; e infine la rivoluzione dei Tulipani, iniziata nel 2005 in Kirghizistan, anche questa per contestare il presidente Askar Akayev che lasciò il paese rifugiandosi a Mosca. Nell’ultimo paragrafo del capitolo, si metteranno in luce le analogie e le differenze fra le tre rivoluzioni accomunate dalla presenza di una forte e continuata protesta popolare e, nello stesso tempo, dalla mancanza di un violento ed effettivo cambiamento di sistema: in tutti e tre i paesi, infatti, il regime al potere fu sì rovesciato ma senza che a questo succedesse un governo veramente democratico e privo di legami con il passato.

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Nel terzo capitolo, dal titolo "La strada verso la democrazia”, infine la riflessione si concentrerà sul periodo successivo e su alcuni gravi eventi di crisi, per giungere ai giorni nostri. In particolare, nel primo paragrafo, dedicato alla Georgia ci si soffermerà sulla cosiddetta “Guerra d’Agosto” scoppiata nell’agosto del 2008 tra la Georgia e la Federazione Russa, così come, nel successivo dedicato all’Ucraina, sulle proteste, oggi conosciute come Euromaidan, con cui tra il novembre del 2013 e il febbraio 2014 si chiedevano le dimissioni di Victor Yanukovich e un cambiamento di fronte a una classe dirigente deviata e a un sistema economico che bloccava lo sviluppo del paese e ancora, sulle due successive crisi, entrambe nel 2014, della Crimea che portò alla separazione della penisola dal resto dell’Ucraina e del Donbass o crisi dell’Ucraina Orientale diretta anch’essa alla indipendenza. Nel terzo paragrafo, avente per oggetto il Kirghizistan, l’analisi riguarderà i legami di questo paese con l’Occidente nei cui confronti il dialogo e l’apertura non furono mai considerati primari a causa del suo legame storico con la Russia verso la quale invece non ebbe mai una volontà di allontanamento. Infine nell’ultimo paragrafo, dopo una analisi dello sviluppo democratico dei tre paesi, anche attraverso gli indicatori di democraticità, si giungerà all’affermazione conclusiva che nell’insieme, in tutti e tre i paesi le rivoluzioni colorate non sono riuscite a cogliere in pieno tutte le opportunità per garantire un passaggio a un vero e proprio sistema democratico.

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CAPITOLO 1: L'ALLONTANAMENTO DA MOSCA E L'AVVENTO DEI REGIMI AUTORITARI

1.1. Georgia. Un panorama storico della terra di Stalin

La Georgia, stato dell’Asia sud occidentale nella regione transcaucasica, affacciata a nord sul Mar Nero e confinante con Turchia, Armenia, Azerbaigian e Federazione Russa, nell’antichità era abitata da gruppi di assiri, armeni e cimmeri e in seguito, dal VI sec. a.C, fu soggetta alla sovranità della dinastia reale di origine persiana Achemenide. Le funzioni di comando però venivano esercitate da una moltitudine di piccoli signori locali, distribuiti in due regni, uno occidentale detto Colchide, o Lasica, e l'altro orientale chiamato Iberia. Nel V sec. a.C i greci, in particolare gli abitanti di Mileto, si insediarono nel territorio turco della attuale Trebisonda e da lì costruirono nuovi insediamenti fino a occupare il territorio georgiano1. Durante la spedizione verso la Persia di Alessandro Magno (IV sec. a.C), l'area fu occupata da un generale macedone divenendo sede del regno creato dal georgiano-persiano Farnavazi o Farnabazo. I discendenti di questo, regnarono sino al 93 a. C. , quando i georgiani chiamarono sul trono un armeno della dinastia degli Arsacidi. Nel 63 a. C. i romani si impadronirono della Colchide e anche della parte orientale della Georgia che pur rimanendo indipendente, dovette accettare

1 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti

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la protezione di Roma2. Nel 226 d.C quando salirono al trono persiano i Sassanidi, l'influenza della Persia si fece di nuovo sentire e probabilmente persiano era il re Miriam III, sotto il quale alla fine del III secolo d.C sembra abbia avuto inizio la conversione al cristianesimo del paese,. Il regno di Iberia divenne cristiano nel 337 d. C. e la Georgia fu il secondo Paese cristianizzato dopo l'Armenia (310 d. C.). L'elemento religioso portò a un avvicinamento tra la Georgia e Bisanzio, ma la Persia conservò un certo predominio almeno sino alla metà del sec. V, quando Vachtang Gorgasali I (450-503) approfittò di una crisi politica della Persia per conquistare gran parte dell'attuale Georgia e governare il paese da T'bilisi, che verso la fine del sec. VI divenne ufficialmente la capitale del regno3. Dal sec.VI, persiani e bizantini si affrontarono sul terreno georgiano, mirando alle buone posizioni strategiche del Caucaso, finché tra i due contendenti avanzarono, a partire dal 630, gli Arabi che si impossessarono del paese, pur lasciando ai principi locali una certa libertà di azione. Nel 654 T'bilisi divenne sede di un emirato. Nel sec.VIII iniziò l'ascesa dei Bagraditi, che sotto il regno di Bagrati III (975-1014), unificarono quasi tutta la Georgia, riunendo la parte orientale a quella occidentale 4. Nel sec. XI i Bagratidi lottarono contro Bisanzio, contro i sudditi ribelli e soprattutto contro i turchi Selgiuchidi. Nel 1080 il re Giorgio II Bragation

2 J. Noble, M. Kohl, Georgia, Armenia e Arzebaijan, Torino, EDT srl, Vol.3, 2008, pg.20. 3 M.F Brosset, Historie de la Georgie : depuis l' Antique jusqu' au XIX siecle, disponibile su

https://www.globalgeografia.com/asia/georgia.htm.

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si arrese al sultano turco, ma poco dopo Davide II il Restauratore batté turchi e persiani preparando alla sua dinastia un futuro glorioso 5. Con la regina Tamara (1184-1213) la civiltà georgiana raggiunse il suo apice, per poi decadere rapidamente dopo la sua morte, quando il Paese per molti anni fu soggetto alle invasioni mongole e turche (1220-1413) 6. Alessandro I Bragation (1412-43), noto come Alessandro il Grande, dominò ancora su una Georgia unita, ma dopo di lui il paese, diviso fra i suoi tre figli, non ritrovò più tale unità. I tre regni infatti Imerethi, Kachethi e Khartli, dilaniati spesso da lotte interne, subirono la pressione di persiani e ottomani. Sconfitti dai georgiani e poi dai persiani (1733), gli ottomani si ritirarono per primi mentre, sino alla fine del sec. XVIII, il paese rimase sotto il dominio persiano. A seguito dell’appoggio richiesto presso lo zar, i re georgiani finirono col provocare l'annessione della Georgia alla Russia. Questa per anni tentò di penetrare in Georgia e occupò, nel 1801, la parte orientale della regione di Kacheti e nel 1810, la parte occidentale dell’Imereti, annettendo i territori ed esiliando la famiglia reale 7

. Nel sec. XIX, dunque, la Georgia seguì il processo di russificazione avviato per sostituire l'intero sistema sociale e culturale georgiano con quello russo, garantendo così un forte controllo da parte della Russia che non volle mai

5 Il Sapere, Georgia( Stato del Caucaso), disponibile su

http://www.sapere.it/enciclopedia/Ge%C3%B2rgia+%28Stato+del+Caucaso%29.html

6 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti Edit.

Spa, op.cit.pg. 612.

7 Il Sapere, Georgia (Stato del Caucaso), op.ct disponibile su

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concedere alcuna forma di autonomia: furono emanate nuove leggi, la lingua russa divenne la lingua ufficiale e anche la chiesa ortodossa apostolica georgiana fu sottomessa dalla chiesa russa ortodossa. In questo clima nacquero presto i primi movimenti nazionalisti 8.

Nel 1917 allo scoppio della rivoluzione d’Ottobre, che provocò la guerra civile in Russia, in Georgia, Armenia e Azerbaigan, prese vita la Federazione Transcaucasica, indipendente da Mosca e con un suo governo unitario che tuttavia, a causa dei gravi dissensi presto emersi tra gli esponenti delle tre nazioni, si sciolse. Al suo posto nacque il 26 maggio 1918, la Repubblica Democratica della Georgia Indipendente, con capitale Tbilisi, guidata dal partito socialdemocratico menscevico in contrasto con la dittatura del proletariato instaurata dai bolscevichi in Russia 9. La nuova Repubblica si trovò subito ad affrontare gravi difficoltà derivanti sia dall’interruzione dei rapporti commerciali con la Russia paralizzata dalla guerra civile sia dalle dispute territoriali che, negli stessi anni, cominciarono a manifestarsi nelle regioni dell’Ossezia meridionale e della Abcasia. La Repubblica, dunque, non riuscì a consolidarsi e quando, il 25 febbraio del 1921, l’Armata Rossa entrò a Tbilisi, essa cessò d'esistere. L’anno seguente, la Georgia entrò a far parte dell’Unione Sovietica come Federazione che comprendeva le Repubbliche autonome dell’Abcasia e di

8 L. Magarotto, L'Annessione della Georgia alla Russia (1783-1801), Udine, Campanotto, Vol. 2, 2004,

pg. 23.

9 S. Jones, The Establishment of Soviet Power in Transcaucasia: the case of Georgia, in Soviet Study, n.4,

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Agiaria e la regione autonoma dell’Ossezia Meridionale. Lo Stato federale georgiano a sua volta era parte della Federazione transcaucasica, con Armenia e Azerbaigian, e la situazione rimase inalterata fino al 1936, quando questa Federazione fu sciolta e la Georgia divenne Repubblica Socialista Sovietica, così come l’Armenia e l’Azerbaigian. Con l’ingresso nell’URSS, essa divenne una delle repubbliche economicamente più sviluppate, con imprese impegnate nel siderurgico, nella raffineria del petrolio e nella ricerca chimica, ma anche con un sentimento indipendentista che venne sopito ma non scomparso del tutto 10. In particolare, durante il regime di Iosif Vissarionovič Džugašvili, conosciuto come Stalin, Segretario generale del partito comunista dal 1922 al 1952, e per tutto il periodo della seconda guerra mondiale, le aspirazioni nazionaliste dei georgiani erano rimaste affievolite. Egli era riuscito invocando l’unità nazionale e le atrocità dei nazisti, con discorsi che incitavano i georgiani ad assumere un ruolo sempre di maggiore rilievo all'interno della URSS, a soffocare tali aspirazioni che riemersero, poi, con il suo successore Nikita Chruščëv (1953-1964). Questi, dopo le lunghe lotte per il potere seguite alla morte di Stalin e il breve periodo di Georgij Malenkov, divenuto nel 1954, Primo Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, denunciò pubblicamente i crimini di Stalin e diede

10 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti

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13 avvio alla cosiddetta “destanilizzazione”11

. Entrambe le cose non solo scossero profondamente il mondo comunista, provocando le critiche della ala conservatrice del Partito, ma suscitarono in Georgia, dove Stalin era nato e considerato motivo di orgoglio, una vera e propria ondata di rabbia e indignazione12. Così il 5 marzo 1956, a Tbilisi, quella che doveva essere una semplice commemorazione in occasione del terzo anniversario della morte di Stalin, si trasformò in una vera e propria rivolta nei confronti del potere sovietico, accusato di aver demolito il mito di Stalin, a cui parteciparono studenti, lavoratori di vari settori e via via altri strati della popolazione. Da Tbilisi la protesta si estese ad altre città della Repubblica ma, dopo giorni, la polizia intervenne con l’ordine di reprimere i rivoltosi: decine di persone furono uccise, centinaia ferite, molte arrestate e successivamente condannate a morte. Le modalità con le quali era stata condotta la rivolta hanno suscitato dubbi su quali fossero stati i reali motivi della stessa, se i georgiani, fossero scesi in piazza perché veramente mossi dalla fedeltà a Stalin o se, invece, più che il nazionalismo georgiano, alla base della rivolta, non ci fossero altri motivi, soprattutto politici e interni al Partito Comunista che era spaccato tra la frangia stalinista e il gruppo riformista legato al segretario Chruščëv, e dunque gli scontri tra quest’ultimo, Malenkov, ex primo ministro, e Molotov, ex ministro degli

11 Corriere della Sera, D. Messina, Gli anni di Kruscev e il ritratto che non c'era, 16 Aprile 2016. 12 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti

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Esteri, che i rivoltosi volevano alla guida dell’Unione Sovietica. Il dubbio deriva anche dalla circostanza che, pochi giorni dopo la rivolta, cominciarono a circolare volantini inneggianti alla secessione della Georgia dall’URSS, e quindi si passò dalla difesa di Stalin alla richiesta separatista. Di questa grave crisi all’interno dell’URSS, tenuta segreta dai servizi segreti per molto tempo, si è avuta notizia solo alla fine degli Anni novanta e comunque, le autorità moscovite l’hanno definita, quando se ne ebbe notizia, come un semplice incidente senza prendere una posizione ufficiale sulla natura politica degli scontri13.

Dopo V. P Mzhavanadze, in carica come segretario del Partito Comunista georgiano dal 1966 al 1972, che si dimise dopo essere stato accusato di corruzione dai giornali e dalle televisioni per avere venduto all'asta posti di lavoro ed essersi impossessato di denaro pubblico, a guidare il paese nel 1972 giunse Eduard Shevardnadze che era già, dal 1965, Ministro degli Affari Interni della Repubblica Socialista Sovietica georgiana e che fu dunque nominato Primo Segretario del Partito Comunista georgiano. Egli fu certamente uno dei personaggi politici più importanti nella storia della Georgia, celebre per la sua lotta contro la corruzione condotta contro molti funzionari locali e per avere contribuito, tra il 1972 e il 1985, quando era Primo Segretario, con la sua politica, alla crescita economica del Paese, sia in campo industriale che agricolo, grazie

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ad una riforma che restituiva il potere decisionale a livello dei governi locali14. Nel 1985 Michail Gorbačëv, Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal Comitato Centrale dello stesso partito, lo nominò a sorpresa Ministro degli Affari Esteri dell’URSS, in sostituzione di Andrej Gromyko che era in carica dal 1957, mentre in Georgia al posto di Shevardnadze, subentrò come Primo Ministro del Partito Comunista Georgiano, Jumber Patiashvili (1985-1989).

Eduard Shevardnadze fu uno dei padri di quel processo di cambiamento dell’Unione Sovietica, avviato da Gorbačëv dal 1985 (glasnost' e perestrojka), e dunque di quell’insieme di riforme politico-economiche con le quali si voleva trasformare l’URSS in una economia moderna e in uno Stato di diritto. Egli fu anche uno dei principali artefici della dottrina Sinatra (chiamata così in onore della canzone di Frank Sinatra, ''My Way'') che si basava sulla decisione di non ingerenza dell’URSS nella politica interna dei paesi dell’Est facenti parte del blocco e sulla necessità che ciascuno Stato satellite facesse e compisse da sé il percorso riformatore seguendo le linee tracciate da Mosca; perciò ritirò le truppe sovietiche dall’Afghanistan, contribuì al crollo del muro di Berlino e lavorò al disarmo nucleare15. Si dimise dalla carica di Ministro degli Affari

14 Il Post Mondo, F. Cataluccio, Una vita da Shevardnadze, Il Post/Mondo 7 luglio 2014. 15Rainews, Dalla Perestroika alla Dottrina Sinatra, disponibile su

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Dalla-Perestrojka-alla-dottrina-Sinatra-ecco-chi-era-Eduard-Shevardnadze-7b361181-d2c0-4b5f-ac35-b36676bde002.html?refresh_ce.

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Esteri nel dicembre del 1990, pochi mesi prima del golpe fallito che voleva fare cadere Gorbačëv.

Negli anni della ''perestrojka'', nella varie Repubbliche dell’URSS, la riforma economica non ebbe i risultati sperati in quanto la crescita era assente, le risorse spese per la difesa sempre alte, vi erano forti contrazioni nella produzione industriale e agricola, il prezzo del petrolio diminuiva sempre di più e anche la sua produzione, facendo mancare gli afflussi di moneta estera necessari al sostentamento del sistema. Si richiedevano prestiti internazionali sempre maggiori, si ridusse il reddito della maggioranza della popolazione la cui condizione lavorativa peggiorava, a fronte della comparsa di una nuova categoria di persone arricchitesi con l’imprenditoria privata. Crebbe, dunque, il malumore per le imposizioni da parte degli organi centrali e per il disinteresse di questi ultimi alle esigenze locali. La situazione generale andò sempre più verso un graduale peggioramento e fece sì che si sviluppassero in alcune repubbliche, movimenti di opposizione tra cui si faceva strada l’idea dell’uscita dall’URSS.

Nel frattempo anche la liberalizzazione del sistema politico e l’introduzione del sistema elettorale libero, innescò nella società sovietica dinamiche che fecero perdere a Gorbačëv il controllo degli eventi e acuirono il conflitto politico tra coloro che auspicavano riforme graduali e coloro che, come Boris Eltsin (1992-1999), optavano per cambiamenti

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radicali e per l’instaurazione di un sistema capitalistico in Unione Sovietica. Con l'elezione di quest'ultimo, nel maggio del 1990, a Presidente del Presidium del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e la proclamazione, il mese dopo, della sovranità della Russia, si determinarono due diversi e contrastanti centri di potere: quello russo, con a capo Eltsin, e quello dell'Unione, guidato da Gorbačëv, che però perdeva terreno anche a causa del progressivo sfaldamento della dirigenza riformista. In questo contesto, nel dicembre 1990, la IV sessione del Congresso dei deputati del popolo, prese posizione per la conservazione dell'URSS e la sua riorganizzazione in uno Stato Federale Democratico, mentre il successivo referendum del marzo 1991 vedrà prevalere a larga maggioranza i favorevoli al mantenimento dell'Unione Sovietica 16.

Gli eventi che seguirono, tra cui il tentato golpe nell’agosto del 1991 da parte di alcuni esponenti conservatori del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, accelerarono tuttavia il percorso verso la dissoluzione della Federazione che avvenne a dicembre, dopo la sottoscrizione dell'accordo di Belaveža, noto anche come accordo di Minsk, tra i presidenti Eltsin (RSFS Russa), Kravčuk (RSS Ucraina) e Suškevic (RSS Bielorussa), che sanciva la cessazione dell'esistenza dell'URSS come soggetto di diritto internazionale17. L’Unione Sovietica fu ufficialmente disciolta il 25 dicembre 1991 e Gorbačëv rassegnò le dimissioni. Il giorno dopo l’Unione

16 Repubblica, Archivi Esteri, Russia è morto Boris Eltsin, 23 aprile 2007. 17

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delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cessò di esistere e dalla sua dissoluzione, oltre alla Federazione Russa di cui Eltsin fu il primo presidente, nacquero nuovi Stati indipendenti non solo in Europa e in Asia Centrale, ma anche nel Caucaso18.

1.2 L’Avvento di Shevardnadze dal 1992.

La crisi economica, l’inflazione, la difficoltà nel reperire merci di prima necessità, determinarono, dunque, una instabilità sociale che favorì le tendenze separatiste in alcune Repubbliche dell’URSS tra cui anche la Georgia: nel 1990, il regime si indebolì sempre di più, la popolazione iniziò a volere l’indipendenza dall’Unione Sovietica e si aprì un periodo di forti tensioni, con manifestazioni contrarie al governo comunista. Rimosso il Primo Segretario del Partito comunista georgiano, Jumber Patiashvili, che aveva perso credito dopo che le truppe sovietiche avevano interrotto militarmente una manifestazione pacifica per l’indipendenza, e che fu sostituito dall’ex capo del KGB Givi Gumbaridze, il periodo ininterrotto di governo del Partito Comunista si interruppe. Infatti nelle elezioni multipartitiche dell’ottobre del 1990, nelle quali il Partito Comunista ottenne il 29,6% dei voti e 64 seggi, ci fu la vittoria del blocco “Tavola Rotonda-Georgia Libera” guidata dal poeta Zviad Gamsakhurdia (1990-1992) che ottenne invece il 54% dei voti, raggiungendo la maggioranza assoluta e ottenendo 155 seggi. A distanza di un anno dalle elezioni, nel

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1991, Gamsakhurdia organizzò un referendum sull’indipendenza del paese, che ebbe il favore del 98% della popolazione georgiana. L’indipendenza fu proclamata dal Parlamento il 9 aprile 1991 e Gamsakhurdia fu eletto Presidente nel maggio successivo. Egli fu il primo presidente della Georgia eletto democraticamente, ma l’impronta autoritaria scelta dal suo governo e l’incapacità politica ed economica a dirigere il paese, suscitarono presto un sentimento di avversione, provocando la nascita di gruppi di opposizione che organizzarono il 22 dicembre 1992 un colpo di Stato19. Gamsakhurdia andò in esilio in Cecenia nel gennaio del 1992. Nel marzo del 1992, la giunta militare che nel frattempo aveva preso il potere, invitò Shevardnaze a tornare in Georgia20. Shevardnadze venne nominato Presidente del Parlamento e dopo qualche mese, già nell’agosto dal 1992, dovette affrontare il riaccendersi dei nazionalismi nella Repubblica Autonoma di Abcasia e nell’Ossezia meridionale che lacerarono la Georgia21

. Al momento della dissoluzione dell’URSS gli abcasi e gli osseti, che costituivano una piccola minoranza della popolazione georgiana, rispettivamente il 18% e il 3%, avevano, infatti, avanzato rivendicazioni separatiste dettate, soprattutto, dal forte attaccamento al territorio, alla lingua e alle proprie tradizioni. In Abcasia, che era un territorio ricco di risorse oltre che una rinomata meta turistica per le élites sovietiche, con un

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Osservatorio Balcani e Caucaso, P. Rimble, Le tre sepolture di Gamsakhurdia, 17 Marzo 2007.

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East Journal, M.Zola, L'ascesa di Dudaev,5 Aprile 2015.

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L. Magarotto e G.Shurgai, La Russia, la Georgia e le regioni contese. Un profilo storico, in Studium, vol. 104/5, Venezia, 2008, ARCA Università Ca' Foscari, pg. 6.

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forte legame con la Russia, le tensioni in particolare erano esplose quando Gamsakhurdia, durante la sua breve presidenza, si era rifiutato di aderire alla Comunità degli Stati Dipendenti (CSI), che riuniva molti degli Stati emersi dopo la dissoluzione dell’URSS e aveva portato avanti una politica ostile non solo alla Russia, ma anche alla autonomia delle minoranze etniche, decidendo di togliere all’Abcasia lo status di Repubblica Autonoma. Il parlamento Abcaso reagì proclamando l’indipendenza da Tbilisi ma, dopo alcuni mesi di trattative, la Georgia inviò le sue truppe militari che furono sconfitte dalle forze abcase, appoggiate da militari russi e da gruppi volontari provenienti dal Caucaso del nord. L'Abcasia infatti non godeva di altro appoggio se non quello della Russia che aveva stabilito, grazie all'aiuto degli abcasi stessi, una propria base militare in una città situata a circa 40 km dal Mar Nero. I combattenti abcasi, durante l'insurrezione, rapirono un gruppo di alti funzionari georgiani, portandoli in rifugi situati nell'Abcasia orientale. Shevardnadze vi inviò la guardia nazionale georgiana (il sospetto fu che egli non solo avesse avvisato le autorità abcase dell’arrivo della forze georgiane ma che avesse anche raggiunto un tacito accordo per una operazione militare limitata all'interno dell'Abcasia)22. Le truppe georgiane, guidate dal Ministro della Difesa Tengiz Kitovani, entrarono in Abcasia per soccorrere i funzionari rapiti e avanzarono fino a Sukhumi, sua capitale. La presa di Sukhumi provocò

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l’intervento delle truppe militari russe che appoggiavano le forze della Abcasia. L’esercito georgiano fu sconfitto nel 1993 e una volta riconquistata la città di Sukhumi, centinaia di migliaia di profughi di nazionalità georgiana, furono mandati via dalla regione 23.

Ugualmente violenta fu la guerra osseto-georgiana che provocò anch’essa la fuga di migliaia di profughi osseti di nazionalità georgiana sia verso il resto della Georgia sia verso la Russia. La questione osseta però presentava delle differenze rispetto a quello abcasa soprattutto perché l’Ossezia del Sud non era un territorio ricco di risorse né una meta turistica come l’Abcasia, ma i suoi abitanti si sentivano un tutt’uno con il gruppo etnico-linguistico che viveva nella Repubblica Autonoma dell’Ossezia Settentrionale, parte della Federazione Russa e confinante con la Russia24. Nel 1992 la guerra sfociò negli accordi di Dragomys tra Georgia, Ossezia meridionale e Russia, in base ai quali una forza di garanzia formata da militari delle tre parti avrebbe dovuto impedire aggressioni reciproche. L’esito finale delle due guerre civili dunque fu che separatisti abcasi e osseti meridionali ottennero in effetti il controllo della maggior parte dei territori da loro rivendicati ma, in entrambe le regioni, si creò una situazione di stallo con delle amministrazioni, che pur essendo di fatto indipendenti, non erano riconosciute a livello internazionale e garantite

23 Ivi, pg. 10.

24M. Zanzucchi, Sull'Ampio confine,Storie di cristiani nel Caucaso, Roma, Città Nuova, Vol.1, 2010, pg.

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dalla presenza di truppe russe in veste di peacekeeping. Nel settembre del 1993, Gamsakhurdia tentò di rientrare in Georgia e di organizzare una ribellione contro il governo e quindi un colpo di Stato. Seguì un breve periodo di guerra civile, finché il colpo di stato fu sventato dal governo di Shevardnadze grazie all’aiuto russo. Per ricambiare quest'ultimo, Shevardnadze sottoscrisse allora l’accordo con il quale la Georgia si obbligava ad entrare in quella Comunità degli Stati indipendenti alla quale invece Gamsakhurdia si era rifiutato di aderire 25. Il clima rimase teso: Shevardnadze sfuggì, nel mese di agosto del 1995, ad un attentato dinamitardo del quale ne riteneva promotori alcuni membri dell’esercito e infatti, a seguito di indagini segrete, furono arrestati il generale Jaba Ioseliani e la sua milizia 26.

Gli anni che seguirono videro in politica estera, un distacco della Georgia dalla Russia e un avvicinamento all’Occidente: tali mosse erano ritenute necessarie per fronteggiare la grave situazione economica in cui era precipitato il paese anche alla luce del fatto che gli Stati Uniti, erano intenzionati alla creazione di nuove vie di transito energetico e in questo caso, al progetto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan che, attraverso il territorio georgiano, avrebbe consentito di trasportare il petrolio dell’Azerbaigan in occidente, senza passare per il territorio russo. Con

25

S. Phain, Russian Power Brokering, Peacemaking, and Meddling in the Georgian-Abkhaz Conflict, in LBJ Journal of Public Affairs, vol.18, Austin, 2006, The University of Texas, pag. 4-6.

26

East Journal, E. Cassano, Morto Shevardnadze: L'uomo che accelerò la fine della guerra fredda, 8 luglio 2014.

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23

l’inaugurazione nel 1995 dell’oleodotto che da Baku portava il petrolio a Supsa sul litorale georgiano del Mar Nero, finì l’egemonia russa sull’esportazione del petrolio caspico 27

. Nello stesso anno, inoltre, durante il vertice OSCE a Istanbul, Tbilisi e Mosca firmarono un trattato per la graduale riduzione della presenza militare russa nel paese e quindi nel 1997, la Georgia entrò nella GUAM, l’associazione promossa dagli Stati Uniti per controbilanciare l’egemonia russa nella CSI 28

.

In politica interna, invece il sostegno popolare di Shevardnadze co-minciò a diminuire per la sua incapacità di arrestare la corruzione che im-pediva la ripresa del paese e della quale fu accusato egli stesso con la sua famiglia e la compagine di governo. Nonostante ciò, egli vinse le elezioni presidenziali e nel novembre 1995 diventò Presidente della Repubblica del-la Georgia. Nelle elezioni dell’anno successivo, il suo partito (UCG) prese la maggioranza dei seggi in Parlamento29. I rapporti russo-georgiani già in crisi, peggiorarono ulteriormente negli anni successivi per vari motivi, tra i quali la decisione di Mosca di introdurre un regime di visti obbligatori e l’accusa a Tbilisi di appoggiare i guerriglieri ceceni, dando loro ospitalità nella valle di Pankisi nel Nord della Georgia30. La Georgia, in effetti, aveva sempre dato appoggio alla Cecenia. Questa aveva fatto parte di una

27 A. Ferrari, Georgia e Russia: Un'amicizia senza basi, in Policy Brief, n.4, Milano, 2004, ISPI, pg. 4. 28

Vertice Osce in epoca di cambiamento, disponibile su https://www.osce.org/it/magazine/2010/4?download=true.

29 B. Biancheri, La partita nel Caucaso, Quaderni di relazioni internazionali, n.1, Milano, ISPI, 2000, pg.

36

30 op.cit.

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blica autonoma socialista sovietica, della RSFSR che comprendeva i terri-tori di Cecenia e Inguscezia 31. Nel 1990 si erano formate alcune forze di opposizione al governo sovietico che avevano creato un Comitato, che rag-gruppava appunto l’opposizione, detto Congresso della Nazione Cecena, con a capo Dzokhar Dudaev, che voleva la sovranità delle Cecenia, come Repubblica dell’Unione Sovietica, che cessando quindi di essere una sem-plice repubblica autonoma all’interno della repubblica federata russa. Nell’agosto del 1991, Doku Zavgayev che era il leader della RSSA di Ce-cenia-Inguscezia, aveva manifestato pubblicamente il suo appoggio al falli-to colpo di Stafalli-to contro il Presidente Gorbačëv. Dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, avvantaggiandosi del momento, nel settembre 1991, Dzokhar Dudaev e i suoi sostenitori si erano mossi contro Zavgayev, ir-rompendo durante una seduta del Soviet Supremo locale e prendendo il po-tere. A seguito di un referendum, nell’ottobre 1991, Dudaev fu confermato Presidente della Repubblica di Cecenia e dichiarò l’indipendenza dall’Unione Sovietica.32 Mosca si rifiutò di riconoscere l’indipendenza e dunque la Repubblica di Cecenia-Inguscezia (dalla quale poi gli Ingusci temendo la reazione di Mosca sarebbero usciti) era indipendente solo di fat-to e ottenendo il riconoscimenfat-to diplomatico solo della Georgia di Gamsa-khurdia (che poi quando fu rovesciato alla fine del 1991 ricevette asilo in

31 T. Pack, Chechnya, Georgia, and Theories of Foreign Policy, Utah State University, disponibile su

https://digitalcommons.usu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1010&context=gradreports

32B. Kapferer, B. E. Bertelsen, Crisis of the State: War and Social Upheaval, New York, Berghahn, Vol.11,

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25 Cecenia).

Ma le scelte politiche di Dudaev cominciarono presto a minare l’economia, egli non seppe consolidare l’indipendenza delle regione così che nel 1993 il parlamento ceceno organizzò un referendum sulla fiducia pubblica in Dudaev che per reazione sciolse lo stesso parlamento e altri or-gani di potere33. A partire dal 1994, i gruppi armati dell’opposizione che potevano contare sull’appoggio russo provarono invano a deporre Dudaev proprio per evitare alla Repubblica Cecena una invasione su larga scala fi-no a quando, il 1 dicembre 1994 i russi cominciarofi-no a bombardare l’aeroporto di Groznyj, distrussero l’aviazione cecena e diedero inizio alla prima guerra cecena finita nell’ agosto del 1995 34.

Scaduto il suo primo mandato quindi, benchè l’insoddisfazione po-polare nei confronti di Shevardnadze continuasse a crescere soprattutto per il permanere di una situazione economica più che precaria, nel 2000 venne rieletto Presidente. Le tensioni però intorno al suo governo non cessarono, anche perché era ormai evidente quanto l’apparato statale fosse corrotto. Lo stesso Shevardnadze fu accusato di avere vinto entrambe le elezioni, del 1995 e del 2000, con una manipolazione dei voti e arricchimenti illeciti in favore suo e dei politici della sua coalizione e di controllare il 70% dell’economia nazionale. Molte organizzazioni si schierarono contro il suo governo, offrendo un contributo fondamentale per la riuscita della

33 Ibidem. 34

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26

protesta e della sua delegittimazione, avvenuta, dopo le elezioni del 2003, occasione nella quale egli fu di nuovo accusato di brogli. In qu e-sto quadro, l’opposizione, guidata da Mikheil Saakašvili ebbe buon gioco nello sfruttare il malcontento popolare, scendendo in piazza con la richiesta che il Presidente rassegnasse le dimissioni al fine di evitare lo scoppio dell’ennesima guerra civile, cosa che avvenne in modo paci-fico con la “Rivoluzione delle Rose” che sicuramente inaugurò un pro-cesso di cambiamento proseguito poi in Ucraina, in Kirghizstan e in Moldavia35.

1.3 Ucraina: brevi cenni storici dalle origini alla caduta dell’Unione Sovietica.

L'Ucraina è uno Stato dell’Europa orientale, affacciato sul mar Nero e sul mar Azov, confinante con Bielorussia, Russia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia. Nel sud ovest dell’Ucraina, a partire del V millennio a.C, apparvero le prime comunità neolitiche di provenienza balcanica, appartenenti alla cultura danubiana. Intorno al 5500 a.C la regione fu raggiunta dalla cultura Cucuteni-Tryppilian36 e dal X secolo a.C fino agli inizi del II a.C, fu occupata da due tribù aventi cultura e civiltà diverse: prima i cimmeri, iranici o indoiranici, e più tardi, intorno allo

35J. Wheatley, Georgia from National Awakening to Rose Revolution: Delayed Transition in the Former

Soviet Union, Londra, Routladge, Vol.1, 2017, pg. 252.

36La cultura dei Cucuteni fiorì tra il 5500 a.C e 2750 a.C nella regione del Dnestr-Dnepr della attuale

Romania, Moldavia e Ucraina. La cultura prese il nome inizialmente dalle contee di Cucuteni, in Romania dove furono scoperti i primi reperti. Intorno al 1884 furono scoperti circa 100 insediamenti Trypiliani. Storia dell’Ucraina su www.treccani.it

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VIII-VII secolo a.C, gli sciti iranici che crearono il Regno della Scizia, corrispondente a quella che oggi è la parte orientale della Ucraina affacciata sul Mar Nero. Dal II secolo a.C gli sciti, che lasciarono importanti testimonianze archeologiche tra cui si ricordano i cosiddetti turgani, cioè dei tumuli funebri ricchi di corredi di gioielli d’oro, furono affiancati da altre stirpi di nomadi iranici, gli jazigi e i rossolani, chiamati insieme sarmati. Dal IV secolo a.C furono fondate sulle coste del mar Nero, alcune colonie di Mileto, città costiera della Ionia d’Asia, situata nella regione anticamente detta Caria in Asia Minore (attuale Turchia) la cui fondazione risale al 1077-1044 a.C. Alcune di queste colonie, tra cui Tyras, godettero della protezione dell'Impero Romano che si estese nella regione a partire dal I secolo d.C, stabilendosi proprio a Tyras37. La parte meridionale fu poi invasa dalla popolazione germanica dei goti che vi rimase dal 230 al 370 d.C, quando fu invasa dagli unni che scacciarono i goti e rimasero nella regione per circa un secolo. Nella parte orientale, intorno al 630, i bulgari del Volga stabilirono il Canato dei Proto-bulgari per essere a loro volta, nel 668, espulsi dai cazari, popolazione seminomade turca della steppa dell’Asia Centrale e dai loro alleati magiari di origine ugrica, che vi stabilirono un nuovo Canato. Anche i peceneghi, altra popolazione nomade di ceppo turco, Rus' furono presenti nell’area

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dell’attuale Ucraina per tutto il IX secolo38

. Questi erano organizzati in tribù e quando arrivarono in Ucraina, il popolo magiaro si spostò prima nell’area chiamata Etelkoz (tra il Volga e il Basso Danubio) e poi nella pianura pannonica nell’Europa sud orientale attraversata dal Danubio e dal Tibisco. Dal VI sec. nelle foreste dell’Ucraina settentrionale si stabilirono gli slavi, a cui si sovrapposero i rus scandinavi, appartenenti al gruppo dei variaghi e capitanati da Rjurik capostipite della dinastia Rjiukide 39. Nell’882 un parente di Rjurik, il principe Oleg unificò tutte le terre Rus in una entità monarchica e stabilì la capitale a Kiev allora importante centro commerciale. Venne così creata quella monarchia che nelle fonti medioevali viene chiamata Rus’ di Kiev e che è considerata il più antico Stato organizzato slavo-orientale, estesa su un’area, oggi, occupata in parte da Polonia, Ucraina, Russia occidentale Lettonia ed Estonia orientale. L’unificazione di un territorio così vasto sotto un’unica autorità diede prosperità alle regione di Kiev che divenne un importante snodo per il florido commercio lungo il Dnepr, tra il Baltico e il Mar Nero di vari prodotti di lusso come oro, seta, pellicce, cera (utile per le chiese bizantine) miele, spade e schiavi il cui commercio richiedeva una scorta armata che veniva svolta dagli stessi mercanti. Inoltre i rus-variaghi non solo seppero adattarsi alla cultura e allo stile di vita delle popolazioni slave, finniche,

38 Ivi, p. 65.

39 R. M. Dromundo, State-Building in the Middle of Geopolitical Struggle.The cases of Ukraine,

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baltiche che avevano unificato, ma furono anche capaci di creare truppe militari ben addestrate formando per molto tempo l’élite militare e politica della regione40.

Da sempre in contrasto con Bisanzio, nel 907, il principe Oleg le mosse guerra, con una flotta di duemila navi da fiume e un esercito di ottantamila uomini provenienti sia dalla penisola scandinava, sia dalla Rus con componenti finniche, baltiche e della steppa. Bisanzio che si era appena ripresa dalla devastazione procurata a Tassalonica, seconda città dell’Impero, ad opera degli arabi, si impegnò, con un accordo commerciale firmato nel 911, ad assicurare ai mercanti rus quando fossero venuti a Bisanzio per commerciare i loro prodotti, un trattamento speciale e ottenendo in cambio la fornitura di materiali di qualità per costruire le navi necessarie a preparare la rivincita sui continui attacchi arabi41. Nel 988, quando il nuovo sovrano della Rus' di Kiev, Vladimir sposò la sorella dell'Imperatore Basilio II, su tutto il regno cominciò a farsi sentire una forte influenza bizantina e gran parte della popolazione si convertì alla religione greco-ortodossa divenuta uno strumento di potere in mano al sovrano: in poco tempo furono costruite numerose chiese ed edifici (nel 1018 erano già trecento)42. Ma negli anni successivi, dopo la morte del sovrano Jaroslav I il Saggio, avvenuta nel 1015, il regno di Kiev che aveva

40

C. Attardi, Il racconto dei tempi passati. La nascita di una grande nazione: La Russia. Storia del mondo n.1, 13 maggio 2003su http://www.storiadelmondo.com/9/attardi.russia.pdf

41A. Shevchenko, Altre culture! Ucraina, Milano, Morellini Editore, Vol.2, 2007, pg.18.

42R. M. Dromundo, State-Building in the Middle of Geopolitical Struggle, The cases of Ukraine,

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raggiunto il culmine della sua importanza politica e una estensione che andava dai Carpazi a sud ovest fino alla confluenza della Oka nel Volga a nordest, toccando o nordovest le coste del Mar Baltico, cominciò a disgregarsi e ciò, non solo per la divisione in vari principati, spesso in lotta tra loro, ma anche per le invasioni dei popoli della steppa, i cumani e poi i peceneghi sempre di lingua turca e provenienti dall’Asia centrale, che costrinsero gli slavi a migrare verso le foreste settentrionali, dove viveva un altro gruppo di lingua uralica, quello degli Ugrofinnici. Questi Principati che erano nati dalla spartizione dello Stato, fatta alla morte di Jaroslav, erano il principato di Kiev e Novgorod, assegnato al figlio maggiore, quello di Cernigov al secondo, di Pereslavl al terzo, di Smolensk al quarto e infine di Vladimir-Volynskij all’ultimo figlio Igor. Nel 1224 iniziarono le invasioni dei mongoli-tartari che prima attaccarono i peceneghi presenti a oriente e, tra il 1237 e il 1240, tutti i principati che così furono sottomessi perché i mongoli, senza conquistarli direttamente, li resero comunque vassalli imponendo loro il pagamento di tributi. La loro incursione su Kiev nel 1240, e la sua completa distruzione, segnò la fine della Rus’di Kiev. I mongoli-tartari restarono ancora per circa un secolo nella regione creando uno Stato indipendente, il Canato dell’Orda D’Oro (che nel 1430 prenderà poi il nome di Canato di Crimea) e del quale i principati ucraini rimasero ancora tributari43.

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31

Tra il 1363 e il 1339 i granduchi lituani Algirdas e Vitoldo conqui-starono buona parte dei territori ucraini fino alla coste del Mar Nero, po-nendo fine ai principati eredi della Rus di Kiev. Accettando nel 1386 l’Unione di Krewo, che era un accordo politico-dinastico tra la regina di Polonia e il granduca di Lituania in base al quale fu fondata l’Unione po-lacco-lituana per contrastare le insidie esterne costituite dall’opposizione dei Cavalieri Teutonici e dalla crescente minaccia proveniente dal principa-to di Mosca, la Lituania si univa al regno di Polonia che si era impossessaprincipa-to della Galizia o Piccola Polonia e copriva i territori della Bielorussia e Ucraina. Nel 1500 il territorio ucraino risultava dunque così diviso: la parte sub occidentale sotto il controllo della Confederazione polacco-lituana; la parte orientale sotto la Russia (la cosiddetta Moscovia che poi nel 1547 prese il nome di Regno russo e nel 1721 di Impero russo); la parte meridio-nale sotto il Canato della Crimea che faceva parte dell’Impero ottomano44

. E’ proprio in questa fase che ha inizio quel processo di differenziazione che darà origine alla nascita delle tre etnie slave orientali odierne: gli ucraini, detti anche ruteni nella parte sub occidentale che faceva parte dell’Ungheria e dei domini asburgici, i bielorussi presenti nel Nord Ovest e i russi nel Nord Est. I primi due gruppi ( ucraini e i bielorussi) ebbero nei secoli successivi profondi contatti con i lituani e i polacchi, mentre i russi li

2015.

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ebbero con i mongoli, i tartari e le popolazioni della Siberia45.

Le prime basi di un’identità nazionale ucraina vennero gettate solo nella metà del ‘600 quando, in seguito alla riuscita ribellione contro l’opposizione straniera, i cosacchi Zaporaghi crearono uno Stato autonomo. Questi cosacchi zaporaghi erano stanziati dal 1552 nell’Ucraina meridionale sulle rive del fiume Dnepr e, tra il 1583 e il 1657, si trovarono ad essere assoggettati alla Polonia come parte del Palatinato di Kiev ( uno dei sette palatinati in cui era divisa la parte polacca dell’odierna Ucraina). La Zaporizzja cosacca era una organizzazione territoriale, politica, militare e sociale, guidata da un comandante, il cosiddetto atamano. Nel 1648 l’atamano Bohdan Chmel’nyc’hij guidò la rivolta contro la Confederazione polacco lituana che terminò con la costituzione di uno Stato autonomo cosacco che rimase tuttavia vassallo dei polacchi, anche se poi con il trattato di Perejaslav nel 1654, l’atamano stipulò una alleanza con il Regno russo. Nel 1667 dunque l’Atamanato cosacco si trovò diviso a metà, a seguito del trattato di Andrusove, tra Russia e Confederazione Polacca, lungo il fiume Dnepr: la parte occidentale era vassalla dei polacchi, quella orientale dei russi. Nella parte polacca l’Atamanato fu soppresso tra il 1699 e il 1704, mentre nell’altra parte il controllo russo divenne sempre più stringente, soprattutto quando nel 1708 l’atamano Ivan Mazeppa condusse

45 Forum.Termometropolitico, Il declino e la fine della Conferenza Lituana- Polacca. 1 Novembre 2017,

disponibile su https://forum.termometropolitico.it/741261-il-declino-e-la-fine-della-confederazione-polacco-lituana.html

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una rivolta contro i russi appoggiando gli svedesi che avevano invaso l’Ucraina durante la Grande guerra del Nord. Lo zar Pietro il Grande reagì con repressioni durissime e abolì l’elezione degli atamani che da quel momento vennero designati dal potere centrale. Nel 1764 in seguito all’ultima di queste rivolte, l’Atamanato cosacco fu soppresso da Caterina II di Russia e cessò di esistere con l’annessione al territorio russo 46

.

A partire dal 1586 la Russia con la spedizione di Astrakan aveva tolto al Canato di Crimea, vassallo dell’Impero Ottomano, i territori meridionali. In seguito le guerre russo- turche, tra le quali le Campagne d’Azov di Pietro I il Grande, condotte tra il 1686 e il 1700, riguardarono oltre la sistemazione dei territori ucraini, anche la definizione dei confini nel Caucaso e il destino dei Principati Danubiani della Moldavia e Valacchia. Contemporaneamente furono presi alla Polonia anche i territori occidentali con l’eccezione della Galizia che, a seguito delle successive spartizioni della Polonia stessa, entrò a far parte dell’Impero Absburgico nel 1772. Nel 1795, sotto Caterina II la Grande, grazie alle vittorie militari del generale Suvorov, a parte la piccola regione galiziana intorno alla capitale Leopoli, tutti i territori dell’Ucraina erano entrati a fare parte dell’Impero Russo: nei vasti territori governati dalla Russia, un vero sentimento nazionale ucraino

46R.M. Dromundo, State-Building in the Middle of Geopolitical Struggle. The cases of Ukraine, Moldova

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fu assente anche perchè anche in qui, come in Georgia, ci fu una forte opera di russificazione47.

Tra il 1917 e il 1922 in seguito alla Rivoluzione Russa, vi fu un periodo in Ucraina caratterizzato dall’esistenza di più entità statali: nei territori austroungarici di lingua ucraina, dunque della Galizia Orientale, fu proclamata la Repubblica Nazionale della Ucraina Occidentale che ebbe vita dal 1918 al 1919 e che rivendicava anche le regioni della Bucovina e Rutenia, mentre nell’area appartenuta alla Impero Russo si scontrarono la Repubblica Popolare Ucraina, con capitale Kiev e la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, con capitale Charciv. La Repubblica Popolare di Kiev divenne alleata dell’Impero Germanico con il trattato di Brest Litovsk il 9 febbraio 1918, mentre con la pace di Riga che assegnò la Galizia alla Polonia, il resto del paese fu dato ai sovietici e, nel 1922, l’Ucraina entrò ufficialmente a fare parte dell’URSS come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

Tutto il periodo sovietico è stato segnato dalla netta frattura tra l’ovest dell’Ucraina più orientata verso l’Europa e verso gli Stati Uniti, e l’Est dell’Ucraina, invece rivolta verso Mosca, e nella quale le popolazioni continuavano a parlare il russo e a identificarsi più come russi che come ucraini. I nazionalisti ebbero seguito nella parte occidentale dell’Ucraina e addirittura durante la seconda guerra mondiale molti di essi supportarono i

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nazisti. Molti ucraini inoltre furono spinti ad odiare il regime sovietico dal genocidio dell’Holomodor che devastò l’Ucraina nei primi anni 30 e durante il quale milioni di ucraini morirono di fame a causa della collettivizzazione forzata voluta da Stalin, per trasferire risorse

dall’agricoltura all’industria, provocando una incredibile carestia48

. Ma dopo la seconda guerra mondiale, quando nel 1954 si ebbe il passaggio della Crimea che era una regione totalmente popolata da russi alla Ucraina, deciso dall’URSS (per celebrare i 300 anni di amicizia tra Ucraina e Russia fatti coincidere con la pace di Perejaslav), la minoranza russa presente nella parte orientale aumentò controbilanciando la presenza ad ovest dei nazionalisti e impedendo quelle politiche dirette a rafforzare l’identità nazionale49.

Gli anni ’60 furono un periodo di crescita economica durante i quali aumentarono sia il tasso di occupazione che il livello dei consumi nel paese in cui era presente il 40% delle industrie di acciaio, il 34% delle industrie di carbone, e il 23% del settore agricolo dell'intera economia

dell'Unione Sovietica 50. Era questo un periodo in cui fare parte dell’URSS,

per molti cittadini delle varie repubbliche costituiva motivo di orgoglio, dato che l’Unione Sovietica si stava affermando come una grande potenza in grado di estendere la sua sfera di influenza su una parte considerevole

48

S. Teti, M. Carta, Attacco all’Ucraina, Roma, Feltrinelli, 2015, pg. 9.

49 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti

Editore Spa, pg. 612.

50 R. Dromundo, State-Building in the Middle of Geopolitical Struggle. The cases of Ukraine, Moldova

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del mondo. Ma la divisione ideologica, culturale e politica tra gli ucraini specialmente quelli della parte orientale, si stava sempre più rafforzando assumendo un enorme peso durante gli anni di Kuchma e della

Rivoluzione Arancione 51.

1.4 Il periodo di Kuchma.

Il Parlamento della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina il 16 luglio 1990, adottò la Dichiarazione di sovranità nella quale furono fissati i principi di autodeterminazione della nazione e poi, il 24 agosto 1991, l’Atto di indipendenza con il quale l’Ucraina divenne uno Stato indipendente e democratico52. Nel dicembre del ‘91 si svolsero le elezioni presidenziali nelle quali venne eletto come primo presidente del Paese, Leonid Kravčuk, ex segretario del Comitato Centrale del Partito comunista ucraino. L’elezione di Kravčuk aprì la prima delle tre fasi in cui è possibile dividere il periodo post sovietico in Ucraina: quella del nazionalismo trionfante (presidenza Kravčuk, 1991-1994), la fase del super presidenzialismo ( presidenza Kuchma, 1994-2004) e infine la cosiddetta “stagione arancione”53

.

La presidenza Kravčuk che, ritenuto un nazionalista filo occidentale in quanto nell’agosto del 1991 si era dimesso dal Partito Comunista e aveva

51 Ivi, pg. 190.

52 T.Kuzio, Ukraine : Perestroika to Indipendence, Londra, Palgrave Mcmillan, Ed.2 ,2000, pg 128. 53 M. Cilento, Le èlite ucraine del post rivoluzione arancione: tra rinnovamento e continuità, Roma

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dato il suo sostegno al movimento indipendentista ucraino, vide il susseguirsi di quattro governi, quelli di Vitold Fokin dal 24 agosto 1991 al 1 ottobre 1992, di Leonid Kuchma dal 13 ottobre 1992 al 21 settembre 1993, di Yuhkim Zvyahyilskiy dal 21 settembre 1993 al 15 giugno 1994 e di Vitaliy Masol dal 15 giugno 1994 al 6 marzo 1995. In particolare Fokin apparteneva alla nomenklatura amministrativa di stampo sovietica, Kuchma era esponente della nomenklatura economica del Dnipropetrovsk e Zvyahyilskiy apparteneva alla corrente liberale del clan del Donetsk 54. Bisogna tenere presente infatti che in Ucraina l’élite burocratica di origine sovietica aveva dato vita a due nuove élite: una amministrativa e una economica che era divisa sua volta in tanti clan, quello del clan Donetsk avente come base geografica la regione fortemente industrializzata dell’Ucraina Orientale, e quello del clan Dnipropetrovsk avente come base la regione confinante con quella del Donetsk e che, a sua volta, si divise dal 1997, in due clan Holding di Kyiv e quello del Kharkiv. Le due nomenklature amministrativa e economica non rimasero però nettamente distinte e benchè rivali accadde spesso che appartenenti di una nomenklatura sostenessero l’altra o che una nomenklatura si alleasse con esponenti dell’altra, come appunto nel caso di Kravcuk. Abile mediatore dunque, egli non riuscì però ad essere rieletto nel 1994 soprattutto a causa della grave situazione economica: la nascita di nuove imprese, associazioni

54 C. Corda, Ucraina: il Paese in guerra con la propria storia. La prospettiva del falco sul mondo di oggi.

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e cooperative infatti, conseguente all’approvazione della legge 234/92 sulla privatizzazione dei beni e delle industrie nazionali e la riforma del sistema agrario, anch’essa prevista da una legge del 1992 sulla regolamentazione della proprietà privata, fu accompagnata, come era accaduto anche in Georgia, da dilaganti fenomeni di corruzione e dalla incapacità di creare un sistema finanziario efficiente. Così sia la produzione industriale che quella agricola crollarono e, tra il 1992 il 1994, la situazione economica si aggravò a tal punto che le banche non furono più in grado di concedere prestiti, molte imprese dichiararono bancarotta (come la compagnia di cantieristica navale Mar Nero, una delle più grandi al mondo) e i lavoratori furono licenziati. Così alle elezioni presidenziali del 24 giugno 1994, anche se il più votato al primo turno era stato sempre Kravcuk questi, non avendo raggiunto la maggioranza assoluta, fu superato al secondo turno da Leonid Kuchma che, quale esponente dell’élite economica e leader indiscusso del clan di Dnipropetrovsk fu votato soprattutto dagli ucraini dell’area meridionale ed orientale industrialmente più avanzata. Inoltre, nell’ottobre del 1992, Kuchma era stato già nominato a capo del governo in sostituzione di Vitold Fokin, ritenuto incapace di gestire la crisi economica55. Kuchma così, avendo ottenuto il 53% dei voti ribaltò il risultato del primo turno e divenne il secondo presidente dell’Ucraina56

, dando inizio alla seconda fase

55 T. Kuzio, Ukraine: Perestroika to Indipendence, Second edition, Palgrave mcmillan, Londra, Ed.2,

2000, op.cit.pg 209.

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del periodo post sovietico durante la quale, nell’arco temporale compreso tra giugno 1994 e dicembre 2004, si susseguirono ben sette governi: quelli di Masol dal giugno 1994 al giugno 1995, di Yevhen Marchuk dal giugno 1995 al maggio 1996 (entrambi provenienti dalla vecchia oligarchia amministrativa di stampo sovietico), di Pavlo Lazarenko dal maggio 1996 al luglio 1997 e di Valeriy Pustovoytenko dal luglio 1997 al dicembre 1999 (entrambi affiliati al clan Dinpropetrovsk), di Victor Yushchenco dal dicembre 1999 al maggio 2001, di Anatolij Kinakh dal maggio 2001 al novembre 2002 e, infine, di Victor Yanukovich dal novembre 2002 al dicembre 2004.

Proprio con la nomina a primo ministro di Lazarenko, il presidente Kuchma diede inizio a una vera e propria lotta tra i clan dell’élite economica che si concluse con la vittoria di quello del Dnipropetrovsk su quello del Donetsk, rafforzata dalla successiva nomina a primo ministro di Pustovoytenko il cui esecutivo fu il più longevo dell’era Kuchma. Questo andamento si interruppe quando Kuchma spinse Pustovoytenko a dimettersi nominando al suo posto Victor Yushchenko, favorito dalle regioni occidentali il cui appoggio era necessario per la successiva riconferma alla presidenza del 1999.57 Il governo di Yushchenko fu un governo di centro-destra, formato da membri dell’élite economica estranei

Editore Spa, pg. 612.

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alla lotta tra i clan e da alcuni esponenti della nomenklatura amministrativa, e fu soprattutto il frutto di un accordo politico che doveva tenere unito il paese e conciliare le divisioni sia regionali che delle èlite. Tuttavia le divergenze che sorsero all’interno del governo stesso, tra l’ala centrale della maggioranza che era più filo presidenziale e l’area nazionaldemocratica che era più filo governativa, creò una frattura insanabile di cui approfittarono le sinistre che con l’aiuto dei centristi sfiduciarono Yushchenko. Con Anatoliy Kinakh, che gli subentrò nel maggio 2001 e che era un imprenditore della lega degli industriali, finì la lotta tra le nomenclature economiche che si fusero in una unica potentissima élite, la Holding di Kiev, mentre nel governo di Victor Yanukovych, leader del Partito della Regioni, tanti gruppi di potere erano in accordo tra loro58. Ma, come era già accaduto nella Georgia di Eduard Shevardnadze, anche in Ucraina la violenza e la corruzione divennero i metodi usati per consolidare le posizioni di potere e il presidente Kuchma ricorse ad ogni mezzo per condizionare il voto in vista delle elezioni presidenziali del 200459.

Dalle elezioni parlamentari del 2002 era emersa la figura di Victor Yushchenko e nelle successive elezioni presidenziali del 2004 la sfida fu proprio tra lui e Yanukovich. Yushchenko, che aveva la sua base elettorale

58 M. Cilento, Le èlite ucraine del post- rivoluzione arancione: tra rinnovamento e continuità, Roma,

Edizione Nuova Cultura, 2013, op.cit.pg. 16.

59 La Repubblica, A. Stabile, L'Ucraina nel Regno del Terrore, così Kuchma compra la Politica, 14 marzo

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nell’Ucraina dell’Ovest, era più un abile uomo di affari che un politico e voleva soprattutto guidare il paese verso gli Stati Uniti e l’Unione Europea, migliorare la democrazia e far crescere l’economia attraverso privatizzazioni reali. Yanukovich invece era visto come il continuatore di Kučma, favorevole a un rafforzamento dei rapporti con la Russia e senza alcun interesse per riforme che migliorassero il sistema democratico dell’Ucraina60

.

Tutta la campagna elettorale fu condotta in maniera fraudolenta per dare maggiore visibilità a Yanukovich e mettere in cattiva luce Yushchenko. I brogli continuarono anche durante la seconda campagna, tra il primo e secondo turno, e così quando la Commissione elettorale centrale proclamò Yanukovich vincitore delle Presidenziali con il 49,46% dei voti rispetto al 46,61% di Yushchenko, cominciò la Rivoluzione Arancione con migliaia di persone in piazza per protestare contro il risultato ritenuto falsato61.

1.5 Kirghizistan

: brevi cenni storici. Alla scoperta di una nuova

identità.

Il Kirghizistan, stato dell’Asia centrale confinante con Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Cina, compreso tra il deserto kazako dove sorge la capitale Bishkek e le catene montuose Tien Shan e del Pamir, è una terra che nel corso della storia ha subito la conquista di molti tribù e gruppi

60 M. Cilento, Le èlite ucraine del post- rivoluzione arancione: tra rinnovamento e continuità, Roma,

Edizione Nuova Cultura, 2013, op.cit.pg. 20.

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etnici che, stanziati nell’Asia centrale per secoli, hanno contribuito a costituire l’attuale popolo chirghiso.

Dal VI al V secolo a.C fu abitata dagli sciti, una popolazione nomade indoeuropea e poi, nel IV sec., dalle popolazioni della Sogdiana, regione che faceva parte dell’Impero persiano achemenide. Questa a sua volta fu occupata nel 327 a.C da Alessandro il Grande cadendo quindi sotto l’influenza del Regno di Macedonia e poi, alla morte di questi, della dinastia ellenistica Seleucide (323 a.C- 64 a.C). L’impero Partico (247 a.C- 224 d.C)) e dunque la dinastia scitico-iranica dei Parni successe alla dinastia Seleucide, ponendo fine alla età ellenistica in queste zone. A partire dal IV sec. , quando le tribù turche si espansero nell’Asia centrale tutte queste popolazioni furono assorbite in gruppi etnici più grandi (furono proprio i turchi a chiamare i chirghisi con questo nome ''kyrgyz-rosso'', l’insieme di popoli presenti nella regione dell’attuale Kirghizistan)62

. La popolazione chirghisa rimase sottomessa all’Impero Turco fino all’arrivo dei mongoli oirati, cioè della Mongolia occidentale, da cui discesero i calmucchi, a loro volta divisi in zungari e torguti, e comprendenti anche i buriati e i tungusi. Tutte queste popolazioni furono unificate nel XIII secolo da Gengis Khan nel vastissimo Impero Mongolo che, dopo la sua morte, nel 1227, si frazionò in stati indipendenti e in lotta tra loro. Il territorio dell’odierno Kirghizistan fu lasciato in eredità da Gengis Khan al figlio

62A. Riganti, Enciclopedia Universale Garzanti 1996 , L’Opera che fa il punto sul mondo che cambia,

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Chagata divenendo parte del Canato Chagatai63. Al centro di diversi conflitti che vedevano coinvolti i mongoli dell’Impero di Zungarie, i turchi, i persiani e i cinesi della dinastia Ch’ing (cosidetti manciù) (1644-1912), le popolazioni chirghise furono sottomesse da quest’ultimi intorno al 1758. Nell’800 con l’invasione degli uzbeki, il Kirghizistan divenne parte del Canato di Kokand (1709-1876) e nel 1825 il sovrano uzbeko di Kokand fece costruire sulle rive del fiume Cu un piccola città fortificata, poi chiamata Bishkek la futura capitale.

Quando il Canato fu occupato nel 1876 dall’Impero Russo, iniziò per il Kirghizistan il lungo periodo di egemonia russa. I chirghisi tentarono parecchie insurrezioni che durarono molto tempo e molti, per questo, migrarono in Afghanistan o in Cina64. Il motivo principale delle tensioni era determinato oltre che dalla insofferenza per i russi, dalla questione dell’assegnazione delle terre di proprietà dei chirghisi ai russi. L’attrito politico e sociale proseguì finché si scatenò una forte ribellione nel 1916 a causa della decisione russa di imporre il servizio militare obbligatorio. Allo scoppio della rivoluzione bolscevica del 1917 i chirghisi appoggiarono i controrivoluzionari bianchi. Nel 1918 il Kirghizistan divenne parte della Repubblica Socialista Sovietica del Turkestan. Divenuta una regione autonoma nel 1924 sempre all’interno della Repubblica Socialista Sovietica,

63 Enciclopedia Universale Garzanti, L'opera che fa il punto sul mondo che cambia, Milano, Garzanti

Editore Spa, pg. 612.

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nel 1936 fu trasformata in Repubblica Federale dell’Unione Sovietica con il nome di Khirgizia 65.

L’indipendenza del Kirghizistan dall’Unione Sovietica fu dichiarata il 31 agosto 1991 e riconosciuta il 25 dicembre 199166. Diversi elementi di instabilità presenti lo rendevano un candidato poco probabile alla transizione verso la democrazia. Era necessario riavviare l’economia,67 porre fine ai conflitti etnici tra kirghisi e le altre minoranze abbastanza compatte come i russi che costituivano circa il 20% della popolazione totale presenti nel nord del paese e gli uzbeki che nella parte meridionale ne costituivano il 14%, ricreare una nuova classe dirigenziale fino ad allora costituita soprattutto da russi, creare insomma uno Stato nuovo con una sua identità specifica 68.

65

Ivi, pg. 238.

66K. Collins, Clan Politics and Regime Transition in central Asia, Cambridge, Reissue Edition 2006.

su http://assets.cambridge.org/97805218/39501/frontmatter/9780521839501_frontmatter.pd

67Una volta indipendente, il Kirghizistan dovette affrontare la caduta del settore industriale, che portò con

sé un aumento della disoccupazione, fame ed immigrazione, divenendo così lo Stato più povero dell'Asia Centrale.

A. Santoro, Il buio Chirghiso, 11 Febbraio 2017, disponibile su http://russiaintranslation.com/2017/02/11/buio-kirghizistan/.

68P .J. Luong, Institutional Change and Political Continuity in Post-Soviet Central Asia, Cambridge:

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