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Resistenza alla salinita di giovani piante in vaso di fico (Ficus carica L.)

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI Corso di laurea magistrale in Produzioni Agroalimentari e Gestione degli

Agroecosistemi

Resistenza alla salinità di giovani piante in vaso di fico

(Ficus carica L.)

Relatore:

Chiar.mo Prof. Riccardo Gucci

Correlatore:

Dott. Giovanni Caruso

Candidato:

Desiré Macheda

Anno Accademico 2015-2016

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A mio padre e a mia madre.

“Per quanto un albero possa diventare alto le sue foglie, cadendo, torneranno sempre alle sue radici.”

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INDICE

ELENCO DELLE FIGURE………I ELENCO DELLE TABELLE………II

1. INTRODUZIONE... 1

1.1 Stress salino ... 1

1.2 Risposte fisiologiche alla salinità in alberi da frutto... 3

1.3 Aspetti botanici e nutrizionali ... 8

1.4 Produzione mondiale e italiana ... 10

2. OBIETTIVI ... 14 3. MATERIALI E METODI ... 15 3.1 Materiale vegetale ... 15 3.2 Salinizzazione ... 16 3.3 Accrescimento ... 16 3.4 Relazioni idriche ... 17

3.5 Misure di clorofilla fogliare ... 18

3.6 Scambi gassosi ... 19

3.7 Ripartizione di sostanza secca ... 19

3.8 Disegno sperimentale e analisi statistica ... 30

4. RISULTATI ... 31

4.1 Accrescimento vegetativo ... 31

4.2 Relazioni idriche ... 32

4.3. Misure di clorofilla fogliare ... 34

4.4. Misure di scambi gassosi e conduttanza stomatica ... 34

4.5 Ripartizione di sostanza secca ... 35

5. DISCUSSIONE ... 46

BIBLIOGRAFIA ... 50

SITOGRAFIA ... 57

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I. ELENCO DELLE FIGURE

Figura 1-Le piante utilizzate per la prova di salinizzazione presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali……….…………21 Figura 2 - Correlazione tra la lunghezza della nervatura centrale al quadrato e l’area fogliare ottenuta mediante l’analisi di immagine con ImageJ in foglie di Ficus carica L. cv. Dottato. y=0.71x, R2= 0.98. Ciascun punto indica un foglia, la linea tratteggiata indica 1:1. ……….……….……….………22 Figura 3- Rilievi di grandezze fogliari, eseguite il 28/6/2016, su campioni di giovani piante di fico (Ficus carica L. cv. Dottato) appartenenti alle tesi: 0 mM (A); 50 mM (B); 100 mM (C); 200 mM (D). Nella figura C è evidenziata la nervatura centrale, la cui misura è necessaria per stimare l’area fogliare…….……….……….……….……….……….………24 Figura 4- Prelievo della linfa su foglia di Ficus carica L. cv. Dottato sottoposta a pressurizzazione tramite camera di Scholander. ……….………..25 Figura 5- Osmometro Wescor 5500 utilizzato per la determinazione della concentrazione dei soluti, ottenuta da porzioni di mesofillo per crescenti tesi saline. ……….……….……….……….……….……….……26 Figura 6- Correlazione tra i valori di SPAD e quelli di clorofilla totale estratta in laboratorio secondo il protocollo di Moran e Porath (1980). y = 0.002x - 0.02, R2=0.83. ……….……….……….……….……….………….…27 Figura 7- Biomassa radicale delle piante controllo (A), salinizzate a 50 mM (B),

salinizzate a 100 mM (C), salinizzate a 200 mM (D) al termine della prova di salinizzazione (26/7/2016). ……….……….……….……….…28 Figura 8- Suddivisione della biomassa radicale in base al diametro trasversale della sezione della radice (< 1 mm, a sinistra, > 1 mm a destra). La suddivisione è stata effettuata al termine della prova in corrispondenza del rilievo

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distruttivo del 25/7/2016, dopo 8 settimane dall’inizio della salinizzazione. ……….……….……….……….……….………29 Figura 9- Campione di radice con diametro superiore a 1 mm. I campioni sono stati prelevati durante la suddivisone della biomassa al termine della prova di irrigazione salina in data 25/7/2016. ……….……….……….……..29 Figura 10- Andamenti temporali di misure di area fogliare, numero di foglie e

lunghezza del germoglio per pianta. I simboli sono medie di 12 piante per tesi. Le frecce indicano le date in cui è iniziata l'irrigazione salina con le differenti concentrazioni mM di NaCl. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di rilievo…….……….……….……….……….……….………..36 Figura 11– Piante rappresentative di ciascuna tesi salina di Ficus carica L. cv. Dottato alla settima settimana dall'inizio della prova di salinizzazione avvenuta il 30/5/2016. La tesi T200 mostra foglie mediane clorotiche con ripiegamento dei margini; T0, T50, T100 appaiono sane e senza sintomi visibili di danno da NaCl……….……….……….……….………37 Figura 12- Sintomi di danno da stress salino su foglie di Ficus carica L. cv. Dottato soggette a diverse concentrazioni di NaCl: A; B; C; D; foglie intere con crescenti livelli di danno salino (E; F; G; H) porzioni necrotiche del tessuto fogliare e accartocciamenti dei margini fogliari ad uno stadio ormai irreversibile………...38 Figura 13- Andamento del potenziale idrico fogliare (A), del potenziale osmotico (B), del potenziale di turgore (C) di giovani piante di Ficus carica L. cv. Dottato. Le barre indicate rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di misurazione su 6 piante per tesi………..40 Figura 14- Andamenti temporali di contenuto idrico relativo di Ficus carica L. cv.

Dottato, allevate in vaso e sottoposte a salinizzazione con differenti concentrazione di NaCl (0 mM; 50 mM; 100 mM; 200 mM). Le frecce indicano le date in cui è iniziata l’irrigazione e l’entrata dei diversi regimi

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salini. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data………41 Figura 15- Andamenti temporali di clorofilla fogliare in piante di Ficus carica L. cv.

Dottato, allevate in vaso e sottoposte a salinizzazione con differenti concentrazione di NaCl (0 mM; 50 mM; 100 mM; 200 mM). Le frecce indicano le date in cui è iniziata l’irrigazione e l’entrata dei diversi regimi salini. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data………..42 Figura 16- Andamenti di conduttanza (gs) e fotosintesi netta (A) di 6 piante per tesi

di Ficus carica L. cv. Dottato. I simboli sono medie di 6 piante per tesi. Le barre indicate rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di misurazione……….43 Figura 17- Piante rappresentative della tesi 100 (A) e della tesi 200 mM NaCl (B) dopo sette settimane dall’inizio della prova di salinizzazione (20/7/2016). Le piante della tesi 100 (A) non mostrano alcun sintomo, a parte lo scarso turgore che porta le foglie basali a ripiegarsi. La tesi T200 ha già abscisso buona parte delle foglie, in particolare quelle basali, le apicali mostrano decolorazioni………..44

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II. ELENCO DELLE TABELLE

Tabella 1- Composizione chimica e valore energetico su 100 g di frutto secco. (Fonte: nut.entecra.it 2014)……….…12 Tabella 2-Produzione di fichi freschi per l'anno 2014 e superficie coltivata (ha) dei

10 maggiori produttori mondiali, dell'Italia e del mondo. (fonte: FAOSTAT, 2014)………..13 Tabella 3- Volumi idrici somministrati alle diverse tesi di NaCl durante la fase

iniziale di incremento della concentrazione salina nell'acqua di irrigazione in giovani piante di fico (Ficus carica L. cv. Dottato). La freccia indica il giorno in cui è stata raggiunta, per ciascuna tesi, la concentrazione finale………23 Tabella 4- Percentuale del numero di foglie con sintomi da stress salino riscontrabile dopo 5 settimane dall'inizio della salinizzazione su 6 piante per tesi. Rilievi effettuati in data 1/7/2016………...39 Tabella 5- Ripartizione di biomassa fresca (PF) e secca (PS) di fusto e foglie di Ficus carica L. cv Dottato nel periodo dal 30/5/2016 al 22/6/201 e nel periodo del 22/6/2016 al 26/7/2016. Peso fresco e peso secco di radici determinati al termine della prova di irrigazione con NaCl in data 26/7/2016. Le biomasse dei periodi sono state identificate con un laccetto il 22/6/2016. Rapporti fusto/radici e foglie/radici sono stati calcolati sui pesi totali di Ficus carica L. cv Dottato. I valori sono medie di 6 piante per tesi. Lettere differenti indicano differenze minime significative (p< 0,05) calcolate dopo l’analisi della varianza (ANOVA)………..45

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1. INTRODUZIONE

1.1 Stress salino

Uno dei problemi più rilevanti per l’agricoltura odierna è la salinità dei terreni irrigui. Si stima, infatti, che oltre il 6% della superficie totale del mondo e circa il 20% delle terre irrigate siano affette da salinità (Munns et al., 2012) e più di 75 paesi in tutto il mondo siano alle prese con problemi di salinità (Alaghmand et al. 2016, Qadir et al. 2007). Pressoché il 23% della superficie agricola mondiale è considerata salina, un altro 37% sodica (Rhoades e Loveday, 1990), con riduzione di valore e produttività di ampie aree nel mondo (Follett et al., 1981). Inoltre, precipitazione basse, irrigazione con acque saline, pratiche colturali non adeguate favoriscono la crescita di zone salinizzate di circa il 10 % annuo. Si stima che oltre il 50% delle terre coltivabili diventeranno salinizzate entro l'anno 2050 (Jamil et al., 2011). Allo stesso tempo la salinizzazione causa danni alle infrastrutture e contaminazione delle falde acquifere, oltre a limitare la crescita di molte specie vegetali (Rengasamy, 2002). La salinizzazione è, inoltre, uno dei principali fenomeni attraverso cui si manifesta il processo di desertificazione dei terreni, che nelle forme più intense riguarda 100 paesi minacciando la sopravvivenza di più di un miliardo di persone e si aggrava nelle zone aride ove circa il 70% delle aree risultano minacciate.

Nell'areale Mediterraneo la disponibilità di acqua nel terreno diminuisce costantemente in tarda primavera e ad inizio autunno a causa del notevole aumento della temperatura e della radiazione solare che possono determinare l’insorgere di salinità e diminuzione delle rese delle colture (Ghrab et al., 2013, Sofo et al., 2004). Inoltre, nei climi temperati-caldi, per via dell’elevata domanda evapotraspirativa e dall’insufficiente dilavamento degli ioni, il sale tende ad accumularsi nel terreno, problema spesso aggravato dall’utilizzo di acque salmastre per l’irrigazione. Queste possono derivare sia dal drenaggio di terreni irrigati che dalla risalita del cuneo salino nelle zone costiere (FAO, 2012). Da stime effettuate dalla Unione Europea risulta che il 27% del territorio italiano è esposto a un elevato rischio di erosione. Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono regioni a rischio di desertificazione, come evidente dal rapporto della conferenza mondiale sulla

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Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD, Roma, 1997). La competizione fra settore urbano e agricolo per l’uso dell’acqua ha creato ristrettezze e animosità, che limitano di molto le scelte disponibili per gli agronomi nella gestione di tale risorsa, incluso l’utilizzo del dilavamento per combattere la salinizzazione (Goyal e Rains, 2003).

Un terreno viene generalmente definito salino quando la concentrazione di sali presenti è tale da condizionare le sue proprietà chimico-fisiche, lo sviluppo della vegetazione e la qualità dell’acqua in esso contenuta. Il contenuto di sali è espresso mediante la conducibilità elettrica (EC), che stima la concentrazione di sali solubili in una soluzione liquida di terreno dalla misura della resistenza del mezzo al passaggio di corrente elettrica. La capacità di una soluzione di condurre corrente elettrica risulta crescente all’aumentare del contenuto di sali, da cui un elevato valore di EC corrisponde ad un valore elevato di salinità. Il limite oltre il quale un terreno è classificato come salino corrisponde ad un valore della conducibilità elettrica dell’estratto dalla pasta satura superiore a 4 dS/m a 25 °C che corrisponde a circa 40 mM NaCl generando una pressione osmotica di circa 0,2 MPa (Aringhieri, 1999; Munns e Tester, 2008). Tuttavia, l'effetto dello stress salino sulle piante dipende dalla concentrazione, dal tempo di esposizione alla salinità, dal genotipo nonché dai fattori ambientali (Maas, 1990). Dato che la popolazione mondiale è in continua crescita, mentre il totale delle terre irrigate sembra stabile, la crescente domanda di cibo viene soddisfatta con l’incremento di produttività per unità di terreno (Pitman e Läuchli, 2002). Le terre irrigue producono il doppio rispetto a quelle non irrigue, coprendo cosi un terzo dell’intera domanda mondiale di cibo, tuttavia l’irrigazione è anche una delle prime cause della salinizzazione (Szabolcs, 1984) e l’acqua dolce è una risorsa sempre più rara, specialmente nelle zone del mondo che soffrono di problemi di siccità, di desertificazione o salinizzazione, con conseguente peggioramento della qualità e diminuzione della quantità dell’acqua disponibile. Pertanto risulta necessario ricorrere all’irrigazione per sfruttare terreni altrimenti aridi e aumentare le rese degli stessi, ma dovendo necessariamente ridimensionare le perdite ed i consumi di acqua potabile, si deve obbligatoriamente puntare a rendere possibile l’utilizzo di acque di cattiva qualità. Anche se gran parte delle attuali conoscenze sulle risposte delle piante alla salinità è stata ottenuta attraverso una caratterizzazione approfondita delle basi molecolari

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dell’adattamento allo stress di piante modello, il trasferimento delle conoscenze acquisite dal piano teorico a quello pratico per migliorare la tolleranza alla salinità delle specie vegetali d’interesse è stata finora insufficiente. Una spiegazione può essere la mancanza di una completa corrispondenza tra i meccanismi di tolleranza in piante modello e quelli che si trovano nelle specie coltivate. Inoltre, lo studio della fisiologia alla tolleranza al sale condotta utilizzando soltanto sistemi modello ha rivelato diverse sfaccettature all’interno di uno scenario complesso che non è sempre controllato dai soli componenti genetici.

Da queste premesse risulta necessario studiare e trovare approcci specifici al problema della salinizzazione che consentano di usare le risorse idriche in maniera efficiente e nello stesso tempo difendere il suolo dalla diminuzione di fertilità. Fondamentale in questa circostanza è la conoscenza sulla fisiologia delle specie, di cultivar e portainnesti che presentano maggiore tolleranza allo stress salino nonché dei meccanismi di azione dello stesso a livello di suolo e pianta, al fine di indirizzare il miglioramento genetico verso la selezione di genotipi dalle cultivar più promettenti.

1.2 Risposte fisiologiche alla salinità in alberi da frutto

Le strategie fisiologiche e morfologiche che le piante possono mettere in atto per far fronte e, possibilmente, resistere allo stress salino sono molto simili e ricorrenti. Un’alta concentrazione salina determina un forte stress osmotico e ionico, sia a livello cellulare che sistemico. Il sale diminuisce la capacità di assorbimento dell’acqua e degli elementi nutritivi con conseguente rallentamento della crescita e modificazioni del metabolismo (Munns, 2005, Gucci e Tattini, 1997). Le piante rispondono allo stress salino in due fasi: a) una rapida, osmotica, che inibisce la crescita dei germogli fogliari; b) una lenta, ionica, che accelera la senescenza nelle foglie mature. Sono invece, distinguibili, tre tipi di adattamento alla salinità: 1) tolleranza osmotica; 2) esclusione di Na+; 3) tolleranza a carico dei tessuti nell’accumulo di ioni Na+ (Munns e Tester, 2008). In gran parte delle specie arboree, la germinazione e l’accrescimento della radice vengono inibite poiché il sale riduce l’assorbimento di acqua e inibisce l’assorbimento di K+, Ca2+ e NO3- da parte delle

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di composti reattivi all’ossigeno (ROS) nella pianta (Melloni et al., 2003) e possono causare: cambiamenti ormonali (Munns, 2002), alterazioni nel metabolismo dei carboidrati (Gao et al., 1998), la riduzione dell'attività di alcuni enzimi (Munns, 1993) e compromettere la fotosintesi (Loreto et al., 2003). Conseguenza di queste modificazione metaboliche è la diminuzione della divisione cellulare e l’accelerazione della morte cellulare (Hasegawa et al., 2000). Lo stress osmotico può determinare modifiche all’espansione dell’apice radicale, alla crescita e all’espansione di nuove foglie, all’apertura degli stomi e di conseguenza agli scambi gassosi e all’attività fotosintetica (Munns e Tester, 2008). La chiusura stomatica rappresenta il meccanismo principale che le specie attuano per difendersi dalla carenza idrica. Le cellule di guardia rispondono ai cambiamenti nello stato idrico della foglia regolando la chiusura degli stomi per ridurre l’evaporazione dalla superficie fogliare. In aggiunta al segnale idraulico è stata rilevata anche una regolazione di tipo chimico responsabile della cosiddetta “comunicazione radice-foglia” che, in particolare, raggiunge le foglie attraverso il flusso di traspirazione determinando la chiusura degli stomi (Vernieri et al., 2006). Questo messaggero chimico è stato identificato con l’acido abscissico (ABA), sintetizzato nelle radici in risposta alla siccità (Davies e Zhang, 1991). Allo stesso tempo, le piante possono operare compensazioni osmotiche concentrando ioni inorganici e organici per richiamare acqua citoplasmatica, per poter mantenere i tessuti idratati ed evitare lesioni dovute alla plasmolisi. I principali sintomi morfologici dovuti a stress salino riguardano alterazioni più o meno evidenti della colorazione delle foglie, e un visibile ispessimento della lamina fogliare. Inoltre, si possono manifestare, sempre sulla foglia, bruciature marginali e necrosi, a livello radicale avviene una inibizione della ramificazione radicale. Altro meccanismo di risposta alla salinità è la regolazione dell’area fogliare, utile per ridurre la superficie traspirante e ridurre la risalita dalle radici di elevate concentrazioni ioniche. Se le condizioni saline perdurano si assiste, infine, alla filloptosi, con conseguente accorciamento del ciclo biologico e produttivo. A tali sintomi si associano, inoltre, alterazioni del metabolismo con un aumento della resistenza stomatica e della resistenza al movimento dell’acqua all’interno dei tessuti.

Oltre alla loro funzione di aggiustamento osmotico, molti soluti compatibili, tra cui il mannitolo, il trialosio, la prolina e la glicinbetaina, hanno dimostrato di avere una

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funzione di eliminazione delle ROS (Shen et al. 1997). In alcune piante, la prolina, si accumula in presenza di suolo salino in grandi quantità (150 moli/ grammo di peso secco) per riequilibrare il bilancio osmotico (Ashraf e Fooland, 2007). La prolina è, quindi, stata identificata come il principale soluto compatibile responsabile nell’osmoprotezione, mentre altri metaboliti si accumulano in quantità molto inferiori per avere un impatto tanto significativo (Munns e Tester, 2008). Il bilanciamento osmotico riduce notevolmente la quota di carboidrati disponibili per l’accrescimento della pianta, la fioritura, l’allegagione e la maturazione del frutto.

Ecco perché la salinità influisce sulle prestazioni produttive delle colture, in particolare su quelle arboree, le quali per via della poliennalità possono anche subire i danni maggiori in ritardo, accumulando cloro e sodio nei tessuti legnosi, fino ad esaurirli.

Normalmente le specie arboree da frutto manifestano una maggiore sensibilità alla salinità rispetto alle colture erbacee, ma vi sono anche specie che hanno una resistenza piuttosto elevata. Sulla base della classificazione proposta dalla FAO l’olivo, il fico, la palma da datteri ed il melograno sono considerate mediamente resistenti alla salinità (Ayers e Westcost, 1976).

L’olivo si adatta a condizioni pedologiche molto varie per cui si è diffuso in areali agricoli siccitosi e calcarei.In confronto con altre colture arboree del Mediterraneo, l’olivo, è più tollerante alla salinità rispetto agli agrumi ma meno tollerante della palma da dattero (Ayers e Westcot, 1976). Secondo Bernstein (1965) la crescita dell’olivo viene ridotta solo del 10% quando la conducibilità elettrica dell'estratto saturo del suolo (ECE) è 4-6 dS / m.È stato dimostrato, inoltre, che la tolleranza alla

salinità dipende dal genotipo (Bader et al, 2015; Bracci et al, 2008; Chartzoulakis, 2005). L’olivo presenta la capacità di trattenere gli ioni Na+ e Cl nella radice

(Chartzoulakis, 2005; Gucci e Tattini, 1997) con conseguente compartimentazione, creando così un gradiente decrescente dalle radici al germoglio. Questo è il meccanismo fondamentale che determina la resistenza dell’olivo (Gucci e Tattini, 1997). Difatti, limitando la traslocazione di sodio nello xilema, si evita l’accumulo di sodio nelle foglie e di conseguenza la tossicità. Un altro meccanismo di tolleranza può essere correlato alla capacità dell’olivo di accumulare il sale nei vacuoli nella foglia (Loreto e Bongi, 1987). Nel momento in cui l’apparato radicale non trattiene

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più gli ioni in eccesso questi vengono indirizzati preferenzialmente verso le foglie adulte, impedendo l’accumulo nei tessuti meristematici apicali e nelle foglie più giovani.

Diverse strategie di adattamento sono presenti in specie di agrumi in risposta alla salinità, come la compartimentazione degli ioni tossici nei germogli, ma anche notevoli differenze significative in termini di assorbimento nutritivo a livello di trasporto nonché nell’assimilazione degli elementi nutritivi (Fernandez-Ballester et al., 2003). Il ruolo del portainnesto è fondamentale per regolare, assorbire e traslocare il Na+ e Cl dalle radici ai germogli (Fernandez-Ballester et al., 2003), la

relativa tolleranza, degli agrumi, deriva dalla capacità del portainnesto di accumulare Cl− nelle foglie (Levy e Syvertsen, 2004). Ad esempio, in alcuni

portainnesti di arancio amaro è considerevole la capacità di esclusione di ioni Cl− e

Na+ a differenza del portainnesto Citrus macrophylla che, invece, risulta essere un

accumulatore di tali ioni (Nieves et al., 1991). In condizioni di stress severo le foglie sovraccariche di soluti divengono clorotiche, necrotizzano e infine vengono abscisse per poter allontanare il sale. È stato precedentemente dimostrato che ABA ed etilene interagiscono per modulare l’abscissione fogliare in piante di agrumi in condizioni di stress (Gómez Cadenas et al., 1996), e infatti, gli agrumi rispondono rapidamente a un deficit idrico o salino aumentando livelli endogeni di ABA (Gómez-Cadenas et al., 1996, 1998).

La vite è stata definita moderatamente sensibile alla salinità (Downton, 1977; Maas, 1990) riportando come valore soglia di elettroconducibilità, senza che si verifichi riduzione di produzione, dell’estratto saturo del suolo 1,5 dS/m. Al di là di tale valore, infatti, si verifica una riduzione di produzione del 10 %. La resistenza indotta dal portainnesto permette alla vite di escludere Cl− (Henderson et al., 2014). Diversi studi hanno evidenziato che nella vite il Na+ non aumenta nella lamina fogliare fino a diversi anni dall’esposizione allo stress salino. La vite risponde rapidamente alla salinità con la riduzione della traspirazione e con conseguente diminuzione di biomassa prodotta (Shani e Ben-Gal, 2005). Una nota risposta allo stress salino è, anche, la produzione di determinati soluti organici (Serraj e Sinclar, 2002). Tali soluti sono comunemente i carboidrati, come gli zuccheri, aminoacidi e proteine che svolgono un ruolo di osmoliti. In alcuni studi è stata evidenziata una correlazione

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positiva tra l’accumulo di tali sostanze e la tolleranza allo stress salino (Yamada et al., 2003). Fozouni et al. (2012) riportano che l’incremento di NaCl nell’acqua di irrigazione sia seguito da un incremento di prolina e zuccheri solubili. La tossicità da Cl− ha un peso maggiore di quella da Na+ in quelle specie, come l’avocado, in cui (l’anione) viene accumulato in grandi quantità (Munns e Tester, 2008). In uno studio ventennale in cui sei diversi trattamenti di salinità sono stati imposti in piante di susino in condizioni di campo e in produzione, le piante con le più alte concentrazioni di NaCl mostravano una riduzione del raccolto pari al 40 % dopo un anno dall’inizio della prova, nonché una significativa diminuzione della pezzatura dei frutti (Hoffman et al., 1989). I più significativi danni fogliari si verificarono a concentrazioni fogliari di Cl− superiori a 200 mmol / kg di peso secco fogliare (0,7%), suggerendo che fosse proprio il Cl− ad arrecare i maggiori danni fogliari. Ciò non significa necessariamente che il Cl− sia metabolicamente più tossico del Na+, ma che le piante siano più efficienti nell’eliminazione di quest’ultimo rispetto al Cl− (Munns e Tester, 2008).

Per quanto riguarda il melograno, altra specie arborea di media tolleranza alla salinità (Allen et al., 1998), sembra che attui un meccanismo di difesa mantenendo il sodio nelle cellule parenchimali dello xilema radicale, bloccandone cosi tra la traslocazione nei germogli (Karimi e Hasanpour, 2014).

Il fico presenta un’innata tolleranza allo stress idrico e salino. La sua capacità di adattarsi a climi caldi, asciutti e ventosi lo rendono adatto a essere coltivato in terreni salsi, sciolti e siccitosi tipici dell’areale Mediterraneo e Medio Orientale, ove difatti è maggiormente coltivato. In questo adattamento, la prolina svolge un ruolo di primaria importanza (Golombek e Lüdders, 1993, Metwali et al., 2014). Notevole è l’effetto di scompenso nutrizionale causato da elevate concentrazione saline, in particolare, il Na+ può entrare in competizione a livello radicale con altri ioni necessari alla sopravvivenza della pianta. È stato dimostrato che, all’aumentare della concentrazione salina nel substrato, diminuiscono nei tessuti quelle di Fe2+, K+, Zn2+ in favore di Na+ in espianti di fico allevati in vitro (Metwali et al., 2014). Valori soglia di elettroconducibilità dell’estratto saturo del suolo ai quali non c’è riduzione di produzione sono stimati per il fico intorno ai 2,7 dS/m (www.dpi.nsw.gov.au). Nonostante l’attuale interesse per la coltura dovuta alla domanda di mercato pochi

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sono i lavori scientifici in letteratura che ne quantifichino la resistenza a un severo stress salino e che consentano di capire come la pianta reagisca fisiologicamente nel lungo periodo.

1.3 Aspetti botanici e nutrizionali

Il fico (Ficus carica L.) è una delle prime specie coltivata dall’uomo (Kislev et al., 2006). È un albero o arbusto appartenente alla famiglia delle Moraceae che può, mediamente, vivere tra i 50 e i 70 anni. Il genere Ficus comprende circa 2000 specie originarie delle regioni tropicali di America, Asia, Africa e Australia, tra cui anche diverse specie sono coltivate come piante da appartamento nelle zone fredde e temperate. I parenti selvatici del Ficus carica L. sono numerosi e rinvenibili in luoghi molto distanti tra loro, per cui si pensa che non vi sia stato un solo centro d’origine il che spiegherebbe la grande variabilità genetica anche all’interno della specie domestica. Generalmente la chioma può raggiungere dai 4 ai 10 m di altezza con portamento tipicamente espanso. La corteccia è liscia, di colore grigio, il legno è chiaro e tenero. L’apparato radicale è molto sviluppato ed espanso, consente una profonda penetrazione ed adattabilità in terreni poveri, aridi e ciottolosi. Le gemme sono a legno, a frutto o miste. Le gemme a legno sono ascellari, piccole; le gemme a frutto sono ascellari, sovrapposte longitudinalmente alle cicatrici fogliari dei primi tre o quattro nodi apicali e talvolta in altri nodi della base. Hanno forma emisferica o quasi sferica, della grandezza di 2-4 mm con perule, isolate oppure collaterali ad altre fruttifere o di diverso tipo. Le gemme miste sono apicali, più raramente sub-apicali, grandi, coniche, allungate, con apice appuntito-incurvato, protette da perule dal colore giallo o rossiccio. Il fico è botanicamente una specie rifiorente (può fornire da una a tre produzioni all’anno) con fiori distinti secondo il sesso e la morfologia in tre tipologie: - fiori maschili (presenti solo sul caprifico), inferiori come presenza rispetto ai fiori femminili, con grosse quantità di polline, sono collocati nelle vicinanze di un’apertura, con brattee squamiformi, detta “ostiolo”; - fiori femminili brevistili (gallicoli o galligeni, poi galle) - fiori longistili (fertili e sterili). I fiori femminili galligeni presenti unicamente nel caprifico, ospitano le larve di un imenottero, la “Blastofaga psenes”, insetto chiave dell’impollinazione, che compie l’intero ciclo vitale (di tre generazioni annue) all’interno dei ricettacoli del fico spontaneo. Produce infiorescenze carnose (ipoantodi) provviste di breve

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peduncolo, di una cavità interna centrale. I numerosissimi fiori tappezzano le pareti interne degli ipoantodi. Dallo sviluppo delle ipoantodi derivano le infruttescenze (siconi), falsi frutti carnosi, piriformi o sferici appiattiti (Godini, 1991). Le foglie sono alterne, ovate e grandi (300-700 cm²), ruvide caratterizzate da un’accentuata eterofillia, presentando la pagina superiore di colore verde scuro intenso, mentre quella inferiore è più chiara. È stata calcolata una densità stomatica pari a 116 stomi/mm2 (Bercu et al., 2014). Il picciolo è variamente lungo (5-15 cm), ruvido, solcato longitudinalmente, esternamente esso è protetto da un singolo strato di epidermide costituito da cellule di forma arrotondata.

Ficus carica è una specie laticifera. Il lattice, bianco e denso, contiene un enzima proteolitico ad azione irritante, la ficina, ed è trasportato da un complesso sistema cellulare che coinvolge la corteccia, le foglie, le infiorescenze e le infruttescenze. Le cellule laticifere sintetizzano e immagazzinano differenti metaboliti secondari quali terpenoidi, alcaloidi, tannini e steroli. Il lattice, inoltre, contiene diversi composti biologicamente attivi come fitosteroli, acidi grassi e aminoacidi, i quali rivestono un ruolo fondamentale nell’interazione tra la pianta, gli insetti, e l’ambiente (Oliveira et al., 2010). Le cellule laticifere, inoltre, sono utilizzate per il deposito di metaboliti secondari o di scarto e possono svolgere un ruolo nella regolazione osmotica (Esau, 1965).

Il frutto fresco non si conserva a lungo, essendo un frutto climaterico e sensibile alla crescita microbica per cui viene destinato prevalentemente all’essicazione. L’essicazione tradizionalmente prevedeva l’esposizione diretta alla luce del sole e il posizionamento del frutto su supporti di canne, ma oggi avviene in serre parzialmente o totalmente chiuse, con copertura in vetro o altro materiale trasparente e aperture regolabili, per un periodo massimo di cinque giorni.

Nutrizionalmente il frutto è un alimento con un elevato contenuto in carboidrati, antiossidanti, ricco di fibra e una discreta presenza in vitamine essenziali quali tiamina e riboflavina (Elleuch et al. 2011; Martínez-García et al., 2013; Solomon et al., 2006). Presenta una ricca composizione in polifenoli, acidi organici e composti volatili, evidenziando quindi non solo un alto contenuto nutrizionale ma anche un rilevante interesse da un punto di vista nutraceutico (Mawa et al, 2013). È, inoltre, privo di sodio, grassi e colesterolo (Crisosto et al., 2010; Michailides, 2003), rappresentando dunque una risorsa energetica salutare (Tabella 1) utile in diete

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vegane e vegetariane e/o all’interno dell’alimentazione di soggetti sensibili a particolari intolleranze. Inoltre può costituire un’ottima risorsa alimentare per quei paesi in via di sviluppo dove può essere inserito all’interno di un regime alimentare poco diversificato. Nutraceuticamente ha grandi potenzialità: foglie, radici e frutti sono state tradizionalmente usate nell’antichità per i benefici medicinali riguardanti problemi cardiovascolari, respiratori, per i suoi effetti antispasmodici ed espettoranti nonché per l’azione su cellule tumorali. Nella medicina tradizionale indiana il succo del frutto, mescolato al miele, veniva utilizzato per le emorragie tanto più in aiuto per il dolore al fegato. I suoi estratti sono stati utilizzati per i loro effetti antibatterici, antivirali e antimicotici. In Italia, la cultivar più diffusa è la Dottato, tipicamente originaria della nostra penisola ed attualmente coltivata in Calabria, Campania, Puglia e in Toscana (nelle zone collinari delle province di Arezzo, Firenze e Prato). È una cultivar antica nota ai tempi dei Romani. Il monaco vallombrosano Vitale Magazzini, nel 1625, in” Coltivazione toscana enumera” molte varietà di fichi per l'essiccazione, tra cui i dottati: "che dovrebbero seccare al sole e non in forno". È un albero vigoroso che presenta fioroni allungati, persistenti, bislunghi, ristretti alla base e alquanto violacei, è una varietà bifera i cui siconi hanno buccia verde-gialla e polpa rosata, carnosa con maturazione tra fine giugno e agosto che ben si presta all’essiccamento. (Bruno e Petrillo, 2006).

1.4 Produzione mondiale e italiana

Nel 2014 la produzione mondiale di fico fresco si aggirava intorno a 1,1 milioni di tonnellate (FaoStat 2014). Leader di tale produzione era la Turchia con una produzione di 0,3 milioni di tonnellate, esattamente il doppio del secondo produttore che era l’Egitto (Tabella 2). La sola Turchia ha prodotto, nel 2013, il 36 % del prodotto secco totale. Altri importanti produttori nel mondo sono l’Egitto con 0,15 milioni di tonnellate seguito da Algeria, Marocco ed Iran (Tabella 2). Per quanto riguarda l’Italia questa specie è coltivata principalmente in Calabria, Puglia e Campania, con una produzione media nel 2014 di 10.788 t (Tabella 2). Non va dimenticato che l’Italia è stata fino alla fine degli anni 1960 il primo produttore mondiale di fichi, con una produzione del prodotto fresco pari a 319.100 tonnellate nel 1961 e una superficie coltivata pari a 9600 ha, passando nel 2014 a una

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superficie coltivata di soli 2.408 ha (Tabella 2). Il calo produttivo italiano può essere spiegato con: un cambiamento delle abitudini alimentari che ha determinato una diminuzione del consumo di questo prodotto ad elevato valore energico, specie se essiccato; la difficoltà di formazione di partite per il fresco consistenti e standardizzate a causa dell’eterogeneità delle specie; la scarsa resistenza delle infruttescenze alle manipolazioni ed ai trasporti a lunga distanza unita alla mancanza di impianti adeguati di prerefrigerazione e conservazione in regime freddo per prolungare la freschezza del prodotto; la laboriosità delle operazioni come la raccolta e l’essiccazione traducibili in cospicui fabbisogni di manodopera e costi elevati. Attualmente l’Italia annovera due denominazioni di origine protetta quali il “Fico Bianco del Cilento” ed i “Fichi di Cosenza”.

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Tabella 1. Composizione chimica e valore energetico su 100 g di frutto secco. (Fonte: nut.entecra.it 2014)

Composizione chimica Valore per 100 g

Acqua (g) Proteine (g) Lipidi (g) Carboidrati (g) Zuccheri solubili (g) Fibra solubile (g) Fibra insolubile (g) Energia (kcal) Sodio (g) Potassio (g) Ferro (g) Calcio (g) Fosforo (g) Tiamina (mg) Riboflavina (mg) 19,4 3,5 2,7 58 58 13 1,94 256 87 1010 3 186 111 0,14 0,1

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Tabella 2. Produzione di fichi freschi per l'anno 2014 e superficie coltivata (ha) dei 10 maggiori produttori mondiali, dell'Italia e del mondo. (fonte: FAOSTAT, 2014)

Posizione Stato Produzione (t) 2014 Superficie coltivata (ha) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Turchia Egitto Algeria Marocco Iran Siria Stati Uniti Spagna Brasile Tunisia 300.282 176.105 128.620 126.554 72.672 35.301 30.300 28.896 28.053 27.000 49.464 28.501 44.395 54.771 25.166 9.433 2.833 12.575 2.808 17.590 16 Italia Mondo 10.788 1.100.000 2.408 366.528

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2. OBIETTIVI

L’ obiettivo della tesi è stato di valutare la resistenza all’eccesso di salinità nel terreno di piante di fico in vaso. In particolare si è cercato di quantificare come la salinità possa influire sulle funzioni fondamentali della pianta. Sono stati determinati gli effetti di differenti concentrazioni di NaCl nell’acqua irrigua sulla crescita, sulle relazioni idriche, sugli scambi gassosi e sulla ripartizione di biomassa delle foglie pienamente espanse di giovani piante in vaso, per un periodo complessivo di salinizzazione di 8 settimane. È stata, quindi, monitorata la risposta durante la fase acuta di stress e la crescita successiva al periodo di salinizzazione.

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3. MATERIALI E METODI

3.1 Materiale vegetale

L’esperimento è stato condotto dal 25 maggio al 31 luglio 2016 presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa su un totale di 48 piante di Ficus carica L., cultivar Dottato, di circa 2 anni di età (Figura 1), mentre dal 1 agosto al 22 settembre le piante sono state irrigate con acqua dolce per valutare il recupero dopo il periodo di salinizzazione. Il 21 aprile le giovani piante, ottenute per micropropagazione, sono state poste in vasi di plastica nera da 5 L con altezza 20 cm e diametro di 20 cm contenenti terreno composto dal 6,35 % di argilla, dal 8,65 % di limo e l’85 % di sabbia, poi ricoperto con torba per evitare la percolazione laterale dell’acqua irrigua.

Il 30 maggio sono stati determinati l’altezza e il diametro del fusto lignificato, il numero di foglie pienamente espanse, il numero di foglie totali per pianta, l’indice di colore, la lunghezza della nervatura centrale. Quindi le 48 piante totali sono state divise in 4 gruppi di 12 piante ciascuno, secondo classi di grandezza in modo da sottoporre gruppi omogenei alla successiva prova di salinizzazione. Tutte le piante presentavano, in corrispondenza della prima misurazione, almeno 6 foglie pienamente espanse. Precedentemente all’inizio della prova, in data 26 maggio è stata misurata la lunghezza della nervatura centrale di 12 foglie ed è stata calcolata la corrispondente area fogliare utilizzando l’analisi di immagine (Image, National Institutes of Health, USA) in modo da poter calcolare lo sviluppo della superficie fogliare con un sistema non distruttivo (Figura 2,3).

La prova è stata condotta all’aperto con 4 livelli di salinità, T0, T50, T100 e T200 (concentrazione mM NaCl nell’acqua irrigua). Sono stati stabiliti i volumi di quantità irrigua giornaliera da somministrare calcolando l’evapotraspirazione nell’arco di 24 ore tramite la misura della variazione del peso di 4 piante il cui terreno era irrigato a saturazione. Sono state costantemente contrassegnate le foglie recise per le misure di potenziale idrico, le foglie sane e le foglie cadute, nonché monitorate quelle che presentavano sintomi quali necrosi, clorosi, accartocciamenti e annerimenti marginali. In data 1 luglio sono state annotate tutte le foglie che presentavano

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porzioni clorotiche della lamina fogliare superiore al 50 % del totale, così come sono state documentate le differenze visibili della chioma nonché le alterazioni fogliare tramite fotografie.

3.2 Salinizzazione

Dal 30 maggio al 25 luglio compresi, le singole tesi sono state sottoposte a un piano di irrigazione con acqua salina. Dosi crescenti di NaCl sono state aggiunte ad acqua distillata fino ad arrivare a concentrazioni finali pari a 0, 50, 100 e 200 mM NaCl (Tabella 3). Per le tesi 100 mM e le tesi 200 mM la concentrazione finale è stata raggiunta gradualmente con incrementi di 50 mM di NaCl per una settimana (Tabella 3). Le piante della tesi 200 mM hanno raggiunto il regime salinizzazione il 10 giugno (Tabella 3). Una volta raggiunta la concentrazione finale le piante sono state mantenute nelle medesime condizioni saline per un periodo di ulteriori 45 giorni. L’ultima irrigazione salina è avvenuta il 24 luglio.

Le piante venivano irrigate con un volume di 400 ml a pianta, tre volte a settimana fino al 28 giugno, poi 6 volte a settimana fino al 24 luglio con un volume di, 700 ml per pianta, per tener conto dell’aumentata domanda evapotraspirativa. Al termine della prova di salinizzazione, il 25 luglio, 6 piante per tesi sono state utilizzate per le analisi distruttive della biomassa di foglie, fusto e radici. Le restanti piante hanno ricevuto acqua dolce per un periodo di circa 3 settimane per valutare la ripresa vegetativa in una fase di recupero dallo stress salino.

3.3 Accrescimento

L’accrescimento vegetativo è stato monitorato misurando il numero totale di foglie per pianta, la lunghezza della nervatura di ogni singola foglia (consentendo così di poter ottenere l’area fogliare per pianta), la lunghezza del fusto lignificato pre-salinizzazione nonché la lunghezza del germoglio (porzione vegetativa non lignificata prodotta dopo l’inizio della prova). Per verificare l’allungamento del germoglio e il numero di foglie espanse nel periodo di irrigazione saline è stato inserito un laccio intorno al fusto. I rilievi sono stati eseguiti con cadenza settimanale, nelle prime ore della giornata, per un totale di 12 settimane, di cui due

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precedenti al periodo di piena salinizzazione e due antecedenti alla fine del periodo di salinizzazione.

3.4 Relazioni idriche

Il potenziale idrico del fusto (SWP) è stato misurato sull’ultima foglia pienamente espansa con cadenza di circa 10 gg. Le 6 piante di ciascuna tesi, il giorno prima, sono state coperte con un sacchetto di plastica nera e mantenute al buio fino al mattino successivo in modo tale da bloccare la traspirazione e mettere il picciolo in equilibrio idraulico con il fusto prima delle misurazioni.

Il mattino seguente, la foglia è stata recisa con taglio netto sul picciolo con un bisturi, pulita dalla naturale fuoriuscita del lattice tramite carta assorbente, misurata la nervatura centrale, pesata, fotografata (Figura 3) e infine posta all’interno di una camera di Scholander (camera a pressione provvista di manometro collegata ad una bombola di un gas liquido inerte) con il picciolo sporgente ed osservata per mezzo di una lente di ingrandimento fino alla fuoriuscita della linfa xilematica. La linfa xilematica è stata prelevata e conservata all’interno di provette Eppendorf per l’analisi degli elementi minerali (Figura 4). Dopo la pressurizzazione le foglie di ogni singola tesi sono state riposte in singole buste e conservate a - 20°C. Lo stato idrico delle piante è stato ogni due settimane su 4 tesi per 4 repliche. Il contenuto idrico relativo (RWC) è stato misurato in data 14 giugno, 28 giugno, 14 luglio ed infine 22 luglio, tramitel’asportazione di una porzione di tessuto fogliare dalle 4 tesi per 4 repliche, per un totale di 64 campioni. Ogni campione è stato immediatamente pesato per determinare il peso fresco (F) quindi immerso in acqua per 24 h e portato a pieno turgore. Dopo le 24 h il campione idratato a pieno turgore, è stato prelevato asciugato superficialmente con carta da filtro e/o tessuto e nuovamente pesato, ricavando così il peso a pieno turgore. Infine i campioni sono stati portati in stufa a 70 °C per 48 h fino a peso costante per determinare il peso secco (DW).

Per il calcolo è stata utilizzata la seguente equazione: RWC (%) = [(F-DW) / (TW-DW)] x 100,

Dove con F si intende il peso fresco del campione; con TW peso del campione turgido e con DW peso del campione secco.

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La determinazione del potenziale osmotico fogliare è stata eseguita con osmometro -5500 Wescor (Figura 5). Il principio di funzionamento si basa sulla diminuzione della pressione di vapore che si verifica quando un soluto viene aggiunto al solvente puro. La quantità, di soluto, necessaria per la misura è di 10 μl. La concentrazione dei soluti viene poi convertita in pressione osmotica tramite la legge di van’t Hoff. Porzione di foglie, precedentemente ottenute, sono state congelate a -20 °C. Una volta scongelate, sono state eliminate le nervature principali tramite l’utilizzo di un bisturi in modo tale da non contaminare l’estratto finale. Il rimanente mesofillo fogliare è stato inserito all’interno di una siringa per estrarne la linfa. I 10 μl di linfa estratti, venivano quindi inseriti nell’osmometro e la concentrazione osmotica determinata una volta raggiunto il punto d’equilibrio. Ogni misura è stata eseguita in triplo su 6 repliche per tesi.

3.5 Misure di clorofilla fogliare

Con cadenza settimanale è stata effettuata la misura del tenore di clorofilla totale nei tessuti vegetali tramite l’utilizzo di uno SPAD-502 (Konica Minolta, Osaka, Japan). Lo strumento consente di ottenere un valore istantaneo ed è una misurazione di tipo non invasiva e non distruttiva in quanto è sufficiente pinzare lo strumento su una porzione di foglia, per ottenere una lettura indicizzata del contenuto di clorofilla, mediante la misura della trasmittanza fogliare a due bande spettrali (lunghezza d’onda) rosso (600-700 nm con picco di emissione a 650 nm) e nell’infrarosso vicino 900-1000 nm con picco a 940 nm. I valori ottenuti con lo SPAD sono stati poi convertiti in concentrazione di clorofilla mediante correlazione con i valori determinati analiticamente (Figura 6), come spiegato successivamente. I rilievi sono stati eseguiti settimanalmente su tutte le foglie pienamente espanse. Singoli rilievi ogni due settimane, invece, sono stati effettuati sull’ultima foglia pienamente espansa, utilizzata per le misure di potenziale idrico. A tale misurazione è stata affiancata il contenuto totale di clorofille sulle 64 foglie totali campionate per le misure di potenziale idrico. I pigmenti fotosintetici, sono stati estratti secondo il protocollo descritto da Moran e Porath (1980). Da ciascun campione sono stati prelevati e pesati circa 100 mg di lamina fogliare, trasferiti poi in provette contenenti 3ml di N, N-dimetilformammide (DMF) e mantenuti in condizioni di buio a +4°C per 72 ore. La determinazione dei pigmenti fotosintetici sugli estratti è stata

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condotta per via spettrofotometrica (Hitachi U-2000, Tokyo, Japan), eseguendo le letture di assorbanza degli estratti alle lunghezze d’onda di 647nm (Abs647) e 664nm (Abs664). Il DMF risulta infatti molto efficace nell’estrarre la protoclorofilla e la clorofilla-a e dunque nell’evidenziare le assorbanze allo spettrofotometro. Per il calcolo della concentrazione di clorofilla-a e -b sono state utilizzate le seguenti equazioni indicate da Lichtentaler e Wellburn (1983):

Clorofilla a (mg/ml estratto) = 11,65 x Abs664 – 2,69 x Abs647; Clorofilla b (mg/ml estratto) = 20.81 x Abs647 – 4.53 x Abs664.

Tali concentrazioni sono state utilizzate sulla base del peso fresco del campione estratto e dell’area fogliare, per il calcolo delle concentrazioni di clorofilla totale (clorofilla a + b) come mg/g e mg/cm2 di superficie fogliare.

3.6 Scambi gassosi

Le misure di scambi gassosi di fotosintesi netta (An, μmol m-2 s-1) e conduttanza stomatica (gs, mmol m-2 s-1) sono state effettuate tramite l’ausilio del CIRAS-1 e una pinza con camera di assimilazione. Le curve di risposta alla luce sono state effettuate su foglie pienamente espanse nella parte apicale delle singole piante, utilizzando 6 piante per ogni tesi. Le piante sono state poste in piena luce almeno un paio d’ore prima della misura in modo tale da consentire l’apertura stomatica. I rilievi sono avvenuti a saturazione fotosintetica per la densità di flusso fotonico (PPDF > 900 m -2 s-1), C0₂ ambientale compresa tra 330 e 390 µL -1

, con una temperatura fogliare

compresa fra un intervallo termico di 25 C° e 35 C°. I rilievi diurni sono stati eseguiti a partire dalle 8 del mattino, con una durata media di circa 90 min. Complessivamente sono stati condotti 13 rilievi totali.

3.7 Ripartizione di sostanza secca

Al termine del periodo di salinizzazione metà delle piante sono state distrutte per la ripartizione di sostanza secca di foglie, fusto e radici (Figura 7).

Le radici sono state accuratamente lavate prima della distruzione al fine di eliminare il substrato in eccesso. Le singole parti della pianta sono state pesate ottenendo così il peso fresco e imbustate separatamente. Inoltre le radici di 16 piante sono state

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ulteriormente calibrate: dopo aver pesato la radice totale, sono stati prelevati 5 campioni casuali (Figura 8,9), i quali sono stati ulteriormente pesati e calibrati in base al ø in > 1 mm (radici con funzione prelevante di trasporto) e < 1 mm (radici assorbenti), (Figura 9). Tutto il materiale, infine, è stato posto in stufa a 65 °C per l’essicazione fino a peso costante. Ciò ha permesso di determinare la biomassa secca e ottenere così un rapporto aereo/radicale in peso fresco e secco.

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Figura 1-Le piante utilizzate per la prova di salinizzazione presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.

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Figura 2 - Correlazione tra la lunghezza della nervatura centrale al quadrato e l’area fogliare ottenuta mediante l’analisi di immagine con ImageJ in foglie di Ficus carica L. cv. Dottato. y=0.71x, R2= 0.98. Ciascun punto indica un foglia,

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Tabella 3. Volumi idrici somministrati alle diverse tesi di NaCl durante la fase iniziale di incremento della concentrazione salina nell'acqua di irrigazione in giovani piante di fico (Ficus carica L. cv. Dottato). La freccia indica il giorno in cui è stata raggiunta, per ciascuna tesi, la concentrazione finale.

Tesi Data Giorno 50 mM 100 mM 200 mM 1 Giugno 1 25 25 25 3 Giugno 3 50 50 50 5 Giugno 5 50 100 100 6 Giugno 6 50 100 150 8 Giugno 8 50 100 150 10 Giugno 10 50 100 200

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Figura 3- Rilievi di grandezze fogliari, eseguite il 28/6/2016, su campioni di giovani piante di fico (Ficus carica L. cv. Dottato) appartenenti alle tesi: 0 mM (A); 50 mM (B); 100 mM (C); 200 mM (D). Nella figura C è evidenziata la nervatura centrale, la cui misura è necessaria per stimare l’area fogliare.

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Figura 4- Prelievo della linfa su foglia di Ficus carica L. cv. Dottato sottoposta a pressurizzazione tramite camera di Scholander.

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Figura 5- Osmometro Wescor 5500 utilizzato per la determinazione della concentrazione dei soluti, ottenuta da porzioni di mesofillo per crescenti tesi saline.

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Figura 6- Correlazione tra i valori di SPAD e quelli di clorofilla totale estratta in laboratorio secondo il protocollo di Moran e Porath (1980). y = 0.002x - 0.02,

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Figura 7- Biomassa radicale delle piante controllo (A), salinizzate a 50 mM (B), salinizzate a 100 mM (C), salinizzate a 200 mM (D) al termine della prova di salinizzazione (26/7/2016).

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Figura 8- Suddivisione della biomassa radicale in base al diametro trasversale della sezione della radice (< 1 mm, a sinistra, > 1 mm a destra). La suddivisione è stata effettuata al termine della prova in corrispondenza del rilievo distruttivo del 25/7/2016, dopo 8 settimane dall’inizio della salinizzazione.

Figura 9- Campione di radice con diametro superiore a 1 mm. I campioni sono stati prelevati durante la suddivisone della biomassa al termine della prova di irrigazione salina in data 25/7/2016.

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30 3.8 Disegno sperimentale e analisi statistica

Per la prova è stato utilizzato un disegno sperimentale completamente randomizzato. Le piante sono state disposte all’aperto, divise in 4 tesi da 12 piante ciascuna, selezionate all’inizio della prova in modo da ottenere gruppi omogenei in dimensione. Le medie dei singoli dati sono state separate mediante LSD (p=0.05) dopo analisi della varianza (ANOVA), quando possibile sui dati è stata applicata l’analisi della regressione utilizzando Costat (CoHort Software, Monterey, USA).

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4. RISULTATI

4.1 Accrescimento vegetativo

L’area fogliare ha risentito notevolmente dello stress salino. Gli andamenti dell’area fogliare per pianta si sono mostrati simili per tutte le tesi fino al 6 giugno. Successivamente gli andamenti delle diverse tesi hanno iniziato a separarsi (Figura 10). In particolare, le piante del controllo hanno incrementato l’area fogliare fino al 4 luglio (32 giorni dall’inizio della salinizzazione) mentre le piante del 50 mM fino al 27 giugno (26 giorni dall’inizio della salinizzazione), stabilizzandosi nella seconda parte della prova. Le piante soggette a 100 mM hanno arrestato l’espansione dell’area fogliare già dal 13 giugno. Una lieve diminuzione dell’area fogliare vi è stata per la tesi 50 mM e 100 mM in corrispondenza della fine della prova (22 luglio) per la perdita delle foglie più vecchie. L’area fogliare della tesi 200 mM è rimasta stabile dal rilievo del 7 giugno al rilievo del 27 giugno per poi decrescere progressivamente fino alla fine della prova a causa della defogliazione delle piante per effetto dell’irrigazione con NaCl (Figura 10). Lo stress salino, in generale, ha anche ridotto sensibilmente il numero di foglie. Il controllo ha raggiunto il massimo numero di foglie con una media di 13 foglie per pianta mentre il valore minimo è stato raggiunto dalla tesi 200 mM con una media di 5 foglie (Figura 10). Al termine della prova, nel rilievo del 22 luglio, il numero medio di foglie per le tesi 50 mM e 100 mM era rispettivamente di 11 e 10, tutte asintomatiche.

Per quanto riguarda la lunghezza del germoglio questa è risultata simile per tutte le tesi fino al quarto rilievo del 20 giugno. Differenze significative sono riscontrabili nel rilievo del 27 giugno (26 giorni dall’inizio della salinizzazione), in tale data le piante del controllo e del 50 mM appartenevano alla stessa classe statistica con una lunghezza compresa fra 18 e 20 cm distaccandosi dalle piante del 100 mM e 200 mM che presentavano una lunghezza del germoglio di soli 16 cm. Le piante del 100 mM e 200 mM si mantennero sensibilmente differenti dalle altre tesi per tutta la seconda parte della prova.

A solo 5 settimane (1 luglio) dall’inizio della prova, alcune piante della tesi maggiormente salinizzata, 200 mM NaCl, manifestavano già evidenti principi di

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necrosi ai margini delle foglie nonché ampie porzioni clorotiche della lamina fogliare (Tabella 4). Nello stesso periodo, le piante della tesi 0 mM e le piante della classe salina 100 mM mostravano solo foglie sane. Al contrario nella tesi 50 mM, erano visibili i tipici ingiallimenti fogliari, nonché vistose perdite di turgore su l’1,5 % delle foglie totali (Tabella 4). Tali sintomi non si aggravarono nelle settimane successive. Differente situazione è stata registrata, invece, per la tesi 200 mM la quale a parità di periodo delle altre classi, aveva il 15 % di foglie sintomatiche (Tabella 4). Durante il periodo di prova, tale situazione divenne critica in quanto l’ingiallimento e la necrosi si aggravarono con conseguente filloptosi, la quale si intensificò fino a portare alla completa defogliazione della quasi totalità delle piante al termine dell’analisi (Figura 12).

Di particolare interesse sono i dati relativi al periodo di recupero dopo la fine della prova. A soli 16 giorni dal termine della prova (8 agosto), nella fase di recupero in cui le piante hanno ricevuto acqua di buona qualità, quelle appartenenti alla tesi 200 mM, arrivate completamente defogliate a fine prova, mostravano un evidente incremento nella chioma ed una media di 3 foglie per pianta. Nel rilievo del 27/09/2016 è stato possibile misurare un ulteriore incremento con una media di 6 foglie per pianta. Dagli stessi rilievi, è emerso inoltre, come nel medesimo periodo di recupero le tesi 100 mM e 200 mM accrescano il germoglio più del doppio del controllo: il riscoppio vegetativo dopo la somministrazione di acqua dolce dal 23/7/2016 è stato vigoroso per una presenza di sale residua nel substrato.

4.2 Relazioni idriche

Le tesi saline hanno mostrato andamenti significativamente differenti di potenziale idrico del fusto durante tutto il periodo di prova (Figura 13A). In particolare in 3 delle 5 date di misura sono emerse differenze significative: nel rilievo del 14 giugno, nel rilievo del 28 giugno ed infine nell’ultimo rilievo del 22 luglio. In tale ultima data i valori di Ψw hanno raggiunto la massima differenza statistica tra le tesi. Le piante appartenenti al controllo hanno avuto un andamento costante mantenendosi nel periodo su un valore di potenziale idrico fogliare pari a -0,35 MPa. Decrescono notevolmente le piante del 50 mM fino al terzo rilievo a soli 27 giorni dall’inizo della prova di salinizzazione, stabilizzandosi su un valore di potenziale idrico pari a -0,6

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MPa (Figura 13A). Il potenziale idrico è diminuito più lentamente per le piante del 100 mM (Figura 13A) raggiungendo a fine prova un valore pari a -1,1 MPa. I valori in assoluto più bassi sono stati misurati nelle piante del 200 mM, riportando nel rilievo del 12 luglio (a 41 giorni dall’inizio della prova) un valore di – 1,4 MPa, quasi il doppio del controllo (187%).

I valori di potenziale osmotico fogliare delle singole piante erano compresi tra -1,3 e – 2,4 MPa; con i valori più alti raggiunti dalle piante del controllo e del 50 mM a soli 27 giorni dall’inizio della salinizzazione (rilievo del 28 giugno) e i valori più bassi raggiunti dalle piante del 100 mM e 200 mM a fine prova (Figura 13B). A partire dal 28 giugno, gli andamenti delle piante 50 mM si distaccarono significativamente dal controllo diminuendo rapidamente contestualmente a uno stress salino elevato. Per le tesi 100 mM e 200 mM non si registrarono differenze significative poiché erano incluse nella stessa classe statistica in tutti i rilievi (Figura 13B).

Per quanto riguarda i valori di potenziale di turgore non si evidenziarono differenze statistiche fino al rilievo del 28 giugno (Figura 13C). Da tale data, il controllo e la tesi 50 mM e la tesi 100 mM mostrarono andamenti simili a differenza della tesi 200 mM che si distaccò significativamente dalle altre arrivando, a soli 27 giorni dall’inizio della prova, a registrare il valore in assoluto più basso di potenziale di turgore pari a 0,8 MPa. Anche nel rilievo del 12 luglio 200 mM si differenziò dalle altre tesi, ma con un valore di 1 MPa. Nell’ultimo rilievo, 22 luglio, si registrò il valore più alto 1,7 MPa, raggiunto dalle piante del 50 mM a 52 giorni dall’inizio della prova. Per quanto riguarda l’andamento del contenuto idrico (RWC), le differenze sono emerse fortemente tra la tesi 200 mM e le altre nel rilievo del 28 giugno e nell’ultimo rilievo del 22 luglio (Figura 14). Nello specifico, nel rilievo del 28 giugno (a 27 giorni dall’inizio della salinizzazione) non vi erano differenze significative tra le piante appartenenti alle tesi 0, 50 mM e 100 mM poiché erano incluse nella stessa classe statistica a differenza delle piante del 200 mM che si distaccarono statisticamente. A fine prova, nel rilievo del 22 luglio, la tesi 50 mM era inclusa nella stessa classe statistica del controllo, riportando un valore di RWC compreso fra 75 e 81% mentre 100 mM e 200 mM, appartenente alla stessa classe statistica, riportarono un valore tra il 64 e il 73 % di RWC.

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34 4.3. Misure di clorofilla fogliare

In merito alle misurazioni di clorofilla fogliare, espresse come mg dm-2 (Figura 15), gli andamenti non mostrano differenze significative ad eccezione del rilievo del 28 giugno (27 giorni dall’inizio della salinizzazione). Nella prima parte della prova, tutte le tesi mostrano un incremento del 13 %. Nel rilievo del 28 giugno per le piante del controllo e del 100 mM non si registrò nessuna differenza significative poiché erano incluse nella stessa classe statistica (Figura 15). Sensibili differenze furono riscontrate tra le piante del 50 mM e le piante del 200 mM, le quali registrarono in tale data rispettivamente un valore di clorofilla fogliare di 5 e 4 mg dm-2.

4.4. Misure di scambi gassosi e conduttanza stomatica

I valori di fotosintesi netta (A) e i valori di conduttanza stomatica (gs) sono fortemente correlati in quanto la fotosintesi netta dipende, anche, dal grado di apertura stomatica. Gli andamenti registrati durante la prova, hanno evidenziato differenze statistiche nei valori registrati dalle varie tesi. Il valore massimo di assimilazione netta (A) è stato raggiunto dalla tesi 200 mM nella seconda data di misurazione (Figura 16), pari a 7 giorni dall’inizio della prova, ed è proprio la stessa tesi 200 mM a registrare il valore in assoluto più basso nella 11 misurazioni a 39 giorni dall’inizio della prova (Figura 16). Esprimendo le medie di tutti i dati come percentuale del controllo, si calcola che, per Pn, nella seconda data statisticamente significativa 50 mM valeva il 104 %, 100 mM 89 % e 200 mM 95 %, nella data di rilievo del 9 luglio l’assimilazione netta del 50 mM valeva il 92% del controllo, 100 mM era il 78 %, 200 mM valeva solo l’11% del controllo. Nei giorni del 6 luglio e del 9 luglio è possibile, inoltre, osservare che i valori siano nettamente più bassi che nelle altre date, questo è dovuto alle condizioni esterne mentre le differenze tra i diversi trattamenti permangono. Per quanto riguarda la conduttanza stomatica (gs), è il controllo che raggiunge il valore massimo, a soli 11 giorni dall’inizio della prova, mentre è la tesi più stressata 200 mM a registrare il valore più basso in assoluto nella misurazione del 6 luglio, a soli 36 giorni dall’inizio della prova. In tale data 50 mM era il 108% del controllo, 100 mM il 110%, 200 mM assumeva il 54% del controllo. Un’ulteriore misurazione statisticamente significativa è quella in data del 17 luglio, a soli 17 giorni dall’inizio della prova di salinizzazione, quando 50 mM era il 74 %, 100 mM il 53 %, per 200 mM il 28 %. Andamenti similari si sono manifestati

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in diverse date per 50 mM e 100 mM con valori appartenenti alla stessa classe statistica.

4.5 Ripartizione di sostanza secca

Prima dell’inizio della prova di salinizzazione, sono state contate il numero di foglie espanse per pianta e la lunghezza del germoglio indicato con un laccetto per verificare l’allungamento e l’espansione fogliare nel corso del tempo di prova, distinguendo cosi due differenti periodi: dal 30 maggio al 22 giugno e il periodo dal 22 giugno al 27 luglio (Tabella 5). Il peso fresco delle foglie è stato significativamente ridotto per la tesi 200 mM in seguito all’abbondante abscissione, valendo solo il 16% del controllo. La tesi 50 mM non ha mostrato variazioni risultano il 97% del controllo, mentre il 100 mM una leggera diminuzione significativa, 79% del controllo. Nel periodo dal 22 giugno al 27 luglio la 50 mM risultava il 52% del controllo, la tesi 100 mM il 51% e la tesi 200 mM solo il 14%. Le piante del 50 mM e le piante del 100 mM sono statisticamente simili anche nel peso fresco del fusto (Tabella 5), anche se la tesi 50 mM ha un valore medio più elevato in entrambi i periodi. Differenze sensibili si riscontrano per le piante del 200 mM, che nel periodo dal 22 giugno al 22 luglio valeva solo il 21% del controllo. Per quanto riguarda la sostanza secca (Tabella 5) la maggiore variabilità si è avuta per le foglie nel periodo dal 22 giugno al 27 luglio. Differenze significative sono riscontrabili nel periodo 30 maggio al 22 giugno tra la tesi 200 mM e le altre (Tabella 5). In tale periodo il peso secco della tesi 50 mM valeva il 114% del controllo, la tesi 100 mM il 107% e la tesi 200 mM il 19%. Per quanto riguarda il peso fresco delle radici le uniche differenze compaiono tra la tesi 200 mM e le altre tesi, mentre per il peso secco sia il 100 mM che il 200 mM erano diverse dal controllo. Il rapporto fusto/radici, sia in peso fresco che secco, rimase invariato tra le tesi (Tabella 5), mentre quello foglie/radici mostrò una diminuzione significativa per la tesi 200 mM.

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Figura 10- Andamenti temporali di misure di area fogliare, numero di foglie e lunghezza del germoglio per pianta. I simboli sono medie di 12 piante per tesi. Le frecce indicano le date in cui è iniziata l'irrigazione salina con le differenti concentrazioni mM di NaCl. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di rilievo.

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Figura 11– Piante rappresentative di ciascuna tesi salina di Ficus carica L. cv. Dottato alla settima settimana dall'inizio della prova di salinizzazione avvenuta il 30/5/2016. La tesi T200 mostra foglie mediane clorotiche con ripiegamento

dei margini; T0, T50, T100 appaiono sane e senza sintomi visibili di danno da

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Figura 12- Sintomi di danno da stress salino su foglie di Ficus carica L. cv. Dottato soggette a diverse concentrazioni di NaCl: A; B; C; D; foglie intere con crescenti livelli di danno salino (E; F; G; H) porzioni necrotiche del tessuto fogliare e accartocciamenti dei margini fogliari ad uno stadio ormai irreversibile.

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Tabella 4. Percentuale del numero di foglie con sintomi da stress salino riscontrabile dopo 5 settimane dall'inizio della salinizzazione su 6 piante per tesi. Rilievi effettuati in data 1/7/2016.

NaCl (mM)

N° foglie per tesi

Foglie con sintomi (% del totale) 0 50 100 200 143 129 115 116 0 1,5 0 14,6

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Figura 13- Andamento del potenziale idrico fogliare (A), del potenziale osmotico (B), del potenziale di turgore (C) di giovani piante di Ficus carica L. cv. Dottato. Le barre indicate rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di misurazione su 6 piante per tesi.

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Figura 14- Andamenti temporali di contenuto idrico relativo di Ficus carica L. cv. Dottato, allevate in vaso e sottoposte a salinizzazione con differenti concentrazione di NaCl (0 mM; 50 mM; 100 mM; 200 mM). Le frecce indicano le date in cui è iniziata l’irrigazione e l’entrata dei diversi regimi salini. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data.

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Figura 15- Andamenti temporali di clorofilla fogliare in piante di Ficus carica L. cv. Dottato, allevate in vaso e sottoposte a salinizzazione con differenti concentrazione di NaCl (0 mM; 50 mM; 100 mM; 200 mM). Le frecce indicano le date in cui è iniziata l’irrigazione e l’entrata dei diversi regimi salini. Le barre in alto rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data.

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Figura 16- Andamenti di conduttanza (gs) e fotosintesi netta (A) di 6 piante per tesi di

Ficus carica L. cv. Dottato. I simboli sono medie di 6 piante per tesi. Le barre indicate rappresentano i valori di LSD (p = 0.05), calcolati separatamente per ogni data di misurazione.

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Figura 17- Piante rappresentative della tesi 100 (A) e della tesi 200 mM NaCl (B) dopo sette settimane dall’inizio della prova di salinizzazione (20/7/2016). Le piante della tesi 100 (A) non mostrano alcun sintomo, a parte lo scarso turgore che porta le foglie basali a ripiegarsi. La tesi T200 ha già abscisso

buona parte delle foglie, in particolare quelle basali, le apicali mostrano decolorazioni.

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