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Gli abusi sessuali del clero cattolico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

Gli abusi sessuali del clero cattolico

Il Candidato

Il Relatore

Claudia Loria

Chiar.mo Prof.

Pierluigi Consorti

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Ai miei genitori, per avermi regalato gli anni più belli della mia vita con il sudore dei loro dei loro sacrifici e per essere sempre stati presenti in ogni momento e in ogni mia scelta. A mia sorella, per ogni singolo passo fatto al mio fianco. Ad Antonio, che ha sempre trovato il modo per farmi sorridere il cuore.

A mio nipote Lorenzo, che rende il mondo più luminoso.

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Indice

Introduzione...pag. 1 CAPITOLO 1

La riforma del sistema penale dello Stato della Città del Vaticano: dal Crimen sollicitationis al Motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutelae.

1. Il Crimen sollicitationis...pag. 5 1.1. Verso una nuova codificazione in campo penale...pag. 8 1.2. Le novità dal 1983 al 2001...pag. 10 2. Il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutelae del 2001...pag. 14

2.1. Le modifiche al Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutelae...pag. 16 3. Riforma necessaria: Normae de gravioribus delictis del 2010 e l’azione di papa Benedetto XVI...pag. 18 3.1. La spinta verso il cambiamento...pag. 21 3.2. Le norme sostanziali...pag. 22 3.3. La procedura...pag. 24 3.4. La cooperazione tra autorità ecclesiastica e autorità statale………...pag. 27 4. La responsabilità ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi da chierici...pag. 31 4.1. Gli orientamenti della giurisprudenza statunitense...pag. 36 5. La Pontifica Commissione per la tutela dei minori: «se un membro

soffre, tutte le membra soffrono

insieme»...pag. 37 CAPITOLO 2

Specificità: dal tema generale degli abusi sessuali alle sue diverse possibili articolazioni: pedopornografia, “grandi minori”, diversamente abili.

1. Il delitto di violenza sessuale nel Codice Rocco del 1930....pag. 43 1.1 La legge di riforma n. 66/99, innovazioni ed aspetti

critici...pag. 46 1.2 La violenza sessuale ex art. 609 bis...pag. 51 1.3 La nozione di atti sessuali...pag. 56 2. La pedofilia: aspetti storici...pag. 58 2.1 Il concetto di pedofilia...pag. 61 2.2 La fattispecie degli atti sessuali con minorenni ex art. 609 quater...pag. 65 2.3 La Legge n. 269/98...pag. 69 2.4 La tutela internazionale del minore: da oggetto di tutela a

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soggetto di diritti...pag. 74 3. Le diverse articolazioni degli abusi sessuali

3.1 La pornografia minorile...pag. 77 3.1.1 L’ art. 600 ter ed i suoi elementi...pag. 83 3.2 I “grandi minori”...pag. 84 3.3 La violenza contro i disabili...pag. 89 CAPITOLO 3

La risposta sociale della Chiesa.

1. Le linee guida della Congregazione della Dottrina della

Fede...pag. 94 2. L’associazione Meter...pag. 100 2.1. Intervista a Don Fortunato Di Noto...pag. 103

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Introduzione

«Per conoscere alcuni aspetti del futuro, non c’è bisogno di proiezioni da parte di supercomputer. Gran parte del prossimo millennio può essere già visto attraverso il modo in cui oggi ci prendiamo cura dei nostri bambini. Il mondo di domani potrà essere influenzato dalla scienza e dalla tecnologia, ma più di ogni altra cosa, sta già prendendo forma nei corpi e nelle menti dei nostri bambini»1.

É facile condividere una simile constatazione, non agevole è invece comprendere il carico di responsabilità che essa genera per gli adulti.

Ci riferiamo all'infanzia pieni di sentimenti, con un approccio tenero, risultato di un'epoca che, faticosamente, è riuscita ad abbattere il silenzio sul fenomeno degli abusi sessuali, non sempre stato abbinato alla categoria della criminalità. Ed è proprio il suo inquadramento “dinamico” che rappresenta la spia più significativa del grado di sensibilità collettiva alla realtà dei minori: ignorata, in origine, tollerata e infine tutelata. Il bambino diventa titolare di diritti da salvaguardare con lo strumento della sanzione penale. In questo modo è l'adulto a doversi innalzare fino a raggiungere l'altezza dei sentimenti dei bambini.

Quando si parla di violenza, di abuso su un minore, si opera su un terreno che va oltre i numeri e i dati. Un bambino che ha subito violenza, sopporta una perdita, uno strappo che porta via una parte del processo di crescita che non potrà recuperare. Il trauma a cui viene sottoposto si riverbera anche nel momento dell'intervento dopo l'abuso. Se poi l'abuso è perpetrato ad opera di una figura di riferimento, un educatore, una “persona di famiglia” il senso di smarrimento è ancora più accentuato.

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2

La presente trattazione vuole però soffermarsi sull'inquadramento e l'evoluzione di un particolare aspetto della materia: l'abuso sessuale su minori ad opera di chierici.

Nella prima parte ripercorro la strada battuta dalla Chiesa cattolica che, dal tacere sugli abusi sessuali avvenuti nel corso di oltre settant'anni, è giunta, nella persona del papa, a rivolgere una lettera a tutti i cattolici del mondo sul tema, sollevando una questione sentita e da anni al centro si numerosi scandali.

Come è ovvio, i preti non detengono certo il monopolio dell'abuso sessuale: «Ho conosciuto vittime di abusi perpetrati da familiari, insegnanti, allenatori, capi scout, baby-sitter, vicini e medici, per non citare gli esponenti del clero non cattolico. Tuttavia, gli abusi commessi dai preti hanno implicazioni particolari per le loro vittime»2. Ma ciò che vorrei sottolineare è che la violenza compiuta da esponenti del clero viene vista come compiuta da un soggetto parte della famiglia del parrocchiano.

Il primo passo compiuto dalla Chiesa è stato proprio la riforma del sistema penale che dall'individuare il Crimen di Sollicitatio ad turpia, concernente l'abuso della santità e della dignità del sacramento della penitenza da parte di un prete cattolico e punito seguendo un modello terapeutico, imperniato sulla guarigione del reo, passa alla formulazione di dieci principi che saranno inglobati nel nuovo Codice del 1983. Successivamente l'intervento che ha maggior rilievo nella normativa è la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutelae in cui si definiscono i delitti riservati alla Congregazione della dottrina della fede. L'ultima importante novità, resa nota con una lettera rivolta ai Vescovi della Chiesa cattolica, è l'emanazione delle Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis seu Normae de delictis

2 Frawley-O’Dea M. G., Goldner, Atti Impuri. La piaga dell’abuso sessuale nella Chiesa cattolica, Raffaello Cortina, 2009, V., p. 102.

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contra fidem nec non de gravioribus delictis. A questo punto sono chiare le norme sostanziali e procedurali funzionali al trattamento dei casi di abuso sessuale di minori da parte dei chierici che non si configurano solo come delitto canonico ma anche come crimine perseguibile dall'autorità civile.

Nella seconda parte della trattazione passo ad analizzare il delitto di violenza sessuale. L'iter di trattazione prende le mosse dal Codice Rocco, passa per la legge di riforma n. 66/99 e approda al codice penale che dettaglia la fattispecie del delitto di violenza sessuale.

Dedico poi una parte del lavoro allo sviluppo del concetto di “pedofilia” che va di pari passo con quello di stato di soggezione della vittima.

Per avere un punto di vista interno, ho voluto riportare integralmente l'intervista che ho personalmente fatto a Don Fortunato di Noto il quale, attraverso l'Associazione Meter, porta avanti un progetto ambizioso e importante per tutti quei soggetti deboli e le loro famiglie che si trovano a dover affrontare il dramma dell'abuso.

Quello che emerge è una presa di coscienza dei pericoli che il silenzio ha generato, ma non solo. Si evince una spiccata sensibilità volta a prevenire o tutelare anche le situazioni di abuso derivanti dai nuovi pericoli della rete.

All'interno della Chiesa si vive come in una famiglia: c'è sempre incredulità nel momento in cui si individua un soggetto che è “uscito dal seminato”. Le stesse difficoltà vengono affrontate dai sacerdoti, dai Vescovi e dal Papa: cercano di proteggere, spesso però non reagendo adeguatamente alle criticità che si trasformano in scandalo.

Il leitmotiv dell'intervista resta sempre l'apertura alla tutela delle vittime: i bambini devono essere protetti e accompagnati nella crescita e nella formazione, se questa subisce una battuta d'arresto,

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uno strappo, allora la rete sociale all'interno della quale vivono deve essere in grado di restituire la spensieratezza rubata e dividere il senso di colpa che spesso impedisce la guarigione della vittima.

«Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell'incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c'è, qualche cosa che ci può tenere un po' in difficoltà... Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza. E poi, tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino»3.

3 Papa Giovanni XXIII in piazza San Pietro, la sera dell'11 ottobre 1962, al termine della fiaccolata che conclude la giornata di apertura del Concilio ecumenico Vaticano II.

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CAPITOLO 1

La riforma del sistema penale dello Stato della Città del

Vaticano: dal Crimen sollicitationis al motu proprio

Sacramentorum Sanctitatis Tutela

Sommario: 1. Il Crimen sollicitationis. - 1.1. Verso una nuova codificazione in campo penale. - 1.2. Le novità dal 1983 al 2001. - 2. Il Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutelae del 2001. - 2.1. Le modifiche al Motu proprio Sacramentorum sanctitatis

tutelae. - 3. Riforma necessaria: Normae de gravioribus delictis del 2010 e l’azione di papa Benedetto XVI. - 3.1. La spinta verso il cambiamento. - 3.2. Le norme sostanziali. - 3.3. La procedura. - 3.4. La cooperazione tra autorità ecclesiastica e autorità statale. - 4. La responsabilità ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi da chierici. - 4.1. Gli orientamenti della giurisprudenza statunitense. - 5. La Pontifica Commissione per la tutela dei minori: << se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme>>.

1. Il Crimen sollicitationis.

Il Codice di diritto canonico promulgato da Papa Benedetto XV nel 1917 riconosceva l’esistenza di un certo numero di reati canonici o “delitti” riservati alla competenza esclusiva della Sacra congregazione del Sant’Uffizio che, in quanto tribunale, era governata da una legge propria4. A distanza di pochi anni nel 1922 il

4 Introduzione storica a cura della Congregazione per la dottrina della Fede in www.vatican.va/resources_introd-storica_it.html.

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Sant’Uffizio promulgò un documento riservato che prevedeva il crimine di sollicitatio ad turpia: l’Istruzione Crimen sollicitationis5. Il delitto in questione concerneva l’abuso della santità e della dignità del sacramento della penitenza da parte di un prete cattolico che sollecitasse il penitente a peccare contro il VI comandamento, con il confessore o con una terza persona.

La normativa del 1922 aveva lo scopo di fornire istruzioni alle diocesi ed ai tribunali circa le procedure da impiegare in caso di delitto di sollecitazione6 e di rielaborare i contenuti della costituzione apostolica Sacramentorum poenitentiae emanata da papa Benedetto XIV nel 17417.

La fattispecie riguardava una speciale procedura che si basava su un metodo indiretto, ossia bisognava indagare sia sulla credibilità dell’accusante sia sulla vita e sul comportamento dell’accusato. Infatti, essendo questo un gravissimo addebito, bisognava assicurarsi che non si trattasse di calunnia o falsità e quindi la procedura stessa era riservata fino a definitiva decisione del tribunale. Accanto a questo delitto, si prevedeva il crimen pessimum, concernente la condotta omosessuale di un chierico, le cui norme si estendevano anche al crimine dell’abuso sessuale di bambini prepuberi ed alla bestialità. Anche a tali fattispecie venivano applicate le procedure speciali previste per il delitto di sollecitazione. L’Istruzione Crimen sollicitationis pertanto non ha mai inteso rappresentare l’intera policy della Chiesa cattolica circa condotte sessuali improprie da parte del clero, ma solo istituire una procedura che permettesse di rispondere a

5 Il documento, redatto dal Cardinal Alfredo Ottaviani e approvato da Papa Giovanni XXIII, venne emesso nel 1962 dal Sant'Uffizio ma la prima edizione, voluta da Pio XI risale al 1922. Cfr Avvenire, 14 marzo 2010, archiviato il 21 ottobre 2016 in Internet Archive.

6 Si veda Delicta Graviora, Santa Sede, Il Regno-Documenti 15/2010, p.457. 7 Cfr ca. 904: «[...]debet poenitens sacerdotem, reum delicti sollicitationis in

confessione, intra mensem denuntiare loci Ordinario, vel Sacrae Congregationi S. Officii; et confessarius debet, graviter onerata eius conscientia, de hoc onere poenitentem monere.»

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quella situazione del tutto particolare e singolare che è la confessione8 e il sacramento della penitenza.

Le pene disposte variavano a seconda della gravità del delitto: fino alla sospensione a divinis e alla dimissione dallo stato clericale nei casi più rilevanti.

Il 16 marzo 1962 papa Giovanni XXIII ordinò una ristampa dell’Istruzione del 1922 con un supplemento breve sulle procedure amministrative in caso di coinvolgimenti di chierici. Alcune copie furono inviate ai Vescovi ma la maggior parte di esse non venne mai distribuita9. Inoltre, l’Istruzione del 1962 prevedeva la scomunica nei confronti di coloro che rivelavano dettagli sulla procedura stessa.

La normativa faceva riferimento al segreto processuale che permetteva l’accertamento della verità e la tutela dei più deboli. Tale segreto mirava a tutelare eventuali testimoni, i quali potevano liberamente farsi avanti perché le loro deposizioni sarebbero state meramente confidenziali e non di pubblico dominio. Il documento invocava segretezza sia per i casi trattati che per il documento stesso. Impone la segretezza persino sulle vittime degli abusi. L’interpretazione di questo punto è controversa, in quanto il documento secondo la spiegazione della Chiesa, chiedeva segretezza per la tutela delle parti e non solo della sentenza definitiva10. Secondo altre, invece, è conseguenza di una lunga catena di abusi e scandali verificatisi negli Stati Uniti, non gestiti in maniera accorta dai rappresentanti della Chiesa, che non hanno denunciato alle autorità civili i casi di presunto o consumato abuso, gestendo le

8 Introduzione storica a cura della Congregazione per la dottrina della Fede in www.vatican.va/resources/resources_introd-storica_it.html

9

Delicta graviora, nuove norme della Congregazione per la dottrina della fede.

Documenti 15/2010 in www.dehoniane.it

10 Cfr. Andrea Galli, Ai danni della Chiesa e di Ratzinger. Infame calunnia via

Internet, in l'Avvenire, 19 maggio 2007: «…Insomma, un insieme di norme rigorose, che nulla aveva a che fare con la volontà di insabbiare potenziali scandali. E che il testo Crimen Sollicitationis non fosse pensato per tale fine lo dimostrava un paragrafo, il quindicesimo, che obbligava chiunque fosse a conoscenza di un uso del confessionale per abusi sessuali a denunciare il tutto, pena la scomunica».

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situazioni secondo le regole del diritto canonico, comprese quelle contenute nel crimen sollicitationis che imponevano segretezza11.

Nei confronti delle condotte inappropriate, si preferiva un atteggiamento “pastorale” e, per alcuni casi prevaleva il “modello terapeutico”, secondo il quale i Vescovi perseguivano la via della guarigione piuttosto che della punizione.

Il Crimen sollicitationis fu menzionato per la prima volta in una lettera del 2001 scritta dal cardinale Ratzinger ai vescovi del mondo, riguardante le nuove procedure disposte per fronteggiare le accuse sugli abusi sessuali minorili da parte di preti cattolici.

L’Istruzione Crimen sollicitationis venne utilizzata fino al motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutelae del 2001.12

1.1. Verso una nuova codificazione in campo penale

Durante il Concilio Vaticano si aprì un dibattito generale sull’opportunità di cambiare il sistema penale canonico. Le dure e pungenti critiche portarono all’idea di una soppressione del diritto penale nella Chiesa perché incompatibile con la sua essenza. Data la sua peculiare natura religiosa, il diritto penale della Chiesa «potrebbe

11 I legali coinvolti nei casi contro la Chiesa negli Stati Uniti hanno sostenuto che il documento è prova di obstruction of justice. In riposta, i difensori della condotta della Chiesa hanno sostenuto che la pratica della segretezza riguardava solo le leggi canoniche e che ciò non impediva ad un vescovo di riferire alle autorità civili su casi di pedofilia interna. Essi hanno inoltre sostenuto che, poichè il documento imponeva segretezza, sarebbe stato improbabile poter influenzare le azioni dei funzionari della Chiesa, tranne quelle di cui si era a conoscenza.

12 Nella lettera inviata dalla Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di

tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e gerarchi interessati, circa i delitti più gravi riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001 si legge: «Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare "i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti", per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere "a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche", poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici».

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9

sembrare in contrasto con quell’atteggiamento cristiano di misericordia e comprensione»13.

Il dibattito portò alla formulazione di dieci principi direttivi che la revisione del Codice avrebbe dovuto seguire14. In base ad essi, l'impianto codicistico avrebbe dovuto respingere l’idea di abolire il diritto penale canonico, garantendo l'indole giuridica del codice, così come postulato dalla stessa natura sociale della Chiesa15. Inoltre, assicurare uno stretto coordinamento, proprio come sancito nel secondo principio 16 , tra il foro esterno e il foro interno, migliorandone la relazione ed evitando qualsiasi conflitto tra i due; sottolineare il carattere pastorale del diritto della Chiesa; conferire, in via ordinaria ai vescovi diocesani delle facoltà di dispensa dalle leggi generali, affidando alla Chiesa universale e alle autorità superiori solo le cause per cui è necessaria un'eccezione al principio della concessione; applicare il principio di sussidiarietà anche nella Chiesa; migliorare la definizione e la tutela dei diritti della persona, non dimenticando l'uguaglianza di tutti i fedeli; distinguere le funzioni – legislativa, amministrativa, giudiziale – della potestà ecclesiastica; rivedere il principio della territorialità per coniugarla meglio con l'apostolato moderno; mantenere il diritto penale, in quanto la Chiesa, società perfetta, non può sopprimere le pene ecclesiastiche17 perché «finché esiste il peccato con la violazione delle norme che riguardano la convivenza ecclesiale, è necessario che la Chiesa, proprio per essere idonea alla missione che il Fondatore le

13 P. Moneta, Introduzione al diritto canonico, Giappichelli, Torino, 2007, p.90. 14 Principia quae Codicis Iuris Canonici recognitionem dirigant, A Pontificia Commissione proposta et primis generalis coetus «Synodi Episcoporum» examini subiecta (sub secreto),in Communicationes, 1 (1969) pp. 77-133 Roma, 1967. 15 De indole iuridica codicis, Ibidem, p. 77.

16 De fori externi et interni positione in iure canonico, Principia quae Codicis Iuris Canonici recognitionem dirigant, op. Cit., p.78.

17 De recosnoscendo iure poenali, Principia quae Codicis Iuris Canonici recognitionem dirigant, op. cit., p.85

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ha affidato, abbia anche il mezzo della coazione»18. L'ultimo dei Principia manifesta l'esigenza di un raccordo tra la struttura del nuovo Codex e i suoi contenuti.

I principi direttivi della revisione del codice canonico fanno emergere due esigenze: tradurre nel diritto positivo, nel modo più fedele possibile, l'ecclesiologia del concilio Vaticano e rispondere adeguatamente alle nuove esigenze del mondo contemporaneo. Ad un'attenta analisi il nuovo codice, promulgato il 25 gennaio 1983 da Papa Giovanni Paolo II ed entrato in vigore il 27 novembre del 1983, si presenta in linea con le intenzioni esplicitate.

1.2. Le novità dal 1983 al 2001.

Il sistema penale del Codex possiede un impianto sostanzialmente nuovo rispetto al precedente, una differenza non solo formale, nella struttura, ma anche sostanziale, nei contenuti normativi. Lo stesso papa Giovanni Paolo II, nel corso della cerimonia ufficiale di presentazione del nuovo Codice, affermava che «i postulati conciliari, come le direttive pratiche tracciate al ministero della Chiesa, trovano nel nuovo codice esatti e puntuali riscontri, a volte persino verbali».19

Le due esigenze, puntualizzate nel paragrafo precedente, appaiono evidenti nelle indicazioni relative ai criteri di sussidiarietà e alle modalità di determinazione dell'ambito di esercizio del governo ecclesiastico. In entrambi i casi, i principi direttivi della revisione puntavano alla valorizzazione delle Chiese particolari e come realtà il

18 V. De Paolis, Le sanzioni nella Chiesa, in AA. VV., Il diritto nel mistero della

Chiesa, III, Pontificia Università Lateranense, Roma, 1992, p.445.

19

Consultabile su: http://w2.vatican.va/content/john-paul-

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cui buon governo contribuisce al bene di tutta la Chiesa20. Viene introdotta una diversa relazione tra criterio territoriale e personale della determinazione dell'ambito e dei limiti della potestà ecclesiastica. Si evidenzia la particolare attenzione riservata all'iniziativa dei singoli vescovi che «reggono le Chiese particolari a loro affidate come vicari e legati di Cristo»21 considerando il territorio come «una porzione del popolo di Dio».22

Sul piano giuridico, definendo la Chiesa come popolo di Dio, la territorialità diviene lo strumento ordinario e derogabile per l'individuazione della comunità che costituisce una Chiesa particolare e, di conseguenza, l'ambito di relativa giurisdizione. L'ecclesiologia del Concilio Vaticano II non ha rimosso lo ius coactivum della Chiesa ma lo ha inglobato nella cornice della carità cristiana che esprime una carità impegnata non semplicemente a perdonare ma attenta ad appigliarsi alla medicinalis severitas. Le recenti interpretazioni dei criteri della carità pastorale hanno invitato ad un uso moderato della potestà coattiva; la sanzione canonica si è configurata come extrema ratio solo quando tutti gli altri mezzi abbiano fallito nella riconciliazione.

Dal punto di vista sostanziale, vengono stabiliti i delitti che possono causare la perdita dello stato clericale23, tra questi il Codex rinnova il can. 1395, §2, il quale recita che «il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dello stato clericale, se il caso lo comporti»24. La stessa previsione si rinviene al can. 695 §1, prevedendo che un

20 AA.VV., I principi per la revisione del codice di diritto canonico, La ricerca giuridica del Concilio Vaticano II, a cura di J. Canosa, Giuffrè, Milano, 2000. 21 Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 27, 1964.

22 Tale definizione è stata data dal decreto Christus Dominus, n. 11. 23 Cfr. cann. 1364, 1367, 1370, 1387, 1394 e 1395.

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religioso deve esser dimesso dall’istituto per i delitti di cui ai cann. 1397 (omicidio, rapimento, mutilazione o ferimento di persona) 1398 (aborto procurato) e 1395 (concubinato del chierico, situazione scandalosa del chierico, altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo) a meno che, per i delitti di cui al can. 1395 §2 (delitti contro il sesto precetto del Decalogo, in particolare abuso su minore), il superiore non ritenga che la dimissione non sia affatto necessaria e che si possa sufficientemente provvedere in altro modo alla correzione del religioso come pure alla reintegrazione della giustizia e alla riparazione dello scandalo25.

Nel 1988, la promulgazione della Costituzione apostolica Pastor Bonus di Giovanni Paolo II modificò l’assetto della curia romana, indicando l’autorità competente per trattare i delitti più gravi, ossia la Congregazione per la Dottrina della Fede.

I pilastri su cui poggiano le fondamenta della Curia Romana odierna, si rintracciano nella relatio fornita già dalla Commissione incaricata di procedere alla revisione della Cost. Ap. Regimini Ecclesiae universae. 26 Nella sua relazione schematizza: «Le Congregazioni e i Tribunali partecipano della potestas regiminis, rispettivamente amministrativa e giudiziale; mentre i Consigli hanno prevalentemente compito di studio, di promozione, di animazione pastorale e non esercitano ordinariamente potestà di governo»27. Questa articolazione viene recepita anche dalla Cost. ap. Pastor

25

Ibidem.

26 La Costituzione apostolica Regemini Ecclesiae universae, datata 15 agosto 1967, è stata promulgata da Papa Paolo VI, con il preciso scopo di riformare la Curia Romana. Cfr. Decreto sulla missione temporale dei vescovi nella Chiesa Christus

Dominus, 9, in cui si legge: «I Padri del santo Concilio esprimono il desiderio che

questi dicasteri, i quali hanno finora reso senza dubbio un prezioso aiuto al romano Pontefice ed ai pastori della Chiesa, vengano riorganizzati in modo nuovo e conforme alle necessità dei tempi, dei paesi e dei riti, specialmente per quanto riguarda il loro numero, il loro nome, le loro competenze, i loro metodi di lavoro ed il coordinamento delle loro attività».

27 Schema Legis peculiaris de Curia Romana, Typis Polyglottis Vaticanis, 1985, p. 5.

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Bonus e lo si evince a partire dall’ art. 5228, che elenca le competenze di ordine giudiziario e assegna la giurisdizione penale esclusiva alla Congregazione per la dottrina della Fede, non solo nei riguardi dei delitti contro la fede o celebrazione dei Sacramenti, ma anche nei riguardi dei delitti più gravi contro la morale e, all’occorrenza, le riconosce la possibilità di procedere all’inflizione di sanzioni canoniche. Sul piano operativo, però, la norma si presentava ancora lacunosa per via, da un lato, della necessità di identificare i delitti più gravi affidati alla Congregazione per la Dottrina della Fede e sottratti agli Ordinari, dall’altro, dalla necessità di quantificare i tempi della prescrizione dell’azione penale.

Durante gli anni Novanta si riscontrarono numerosi interventi e progetti atti ad apportare migliorie e produrre cambiamenti. Nel 1994 la Santa Sede concesse un indulto ai Vescovi degli Stati Uniti, poi esteso anche all’Irlanda nel 1996, il quale elevava a diciotto anni l’età per il crimine canonico di abuso sessuale di un minore e precisava ai Vescovi di svolgere i processi nelle diocesi29. Inoltre, per questi casi, il tempo per la prescrizione fu esteso ad un periodo di dieci anni calcolato a partire dal compimento del diciottesimo anno di età della vittima30.

L’esperienza che continuava ad emergere confermava la necessità di individuare altre soluzioni, sia per risolvere un problema d’operatività del sistema penale, sia per assicurare un trattamento uniforme in tutta la Chiesa.

28 Cfr. Giovanni Paolo II, Litterae apostolicae motu proprio datae

“Sacramentorum sanctitatis tutela” quibus Normae de gravioribus delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis promugantur, 30 aprile 2001, in

A.A.S., XCIII (2001), pp. 737-739.

29 Delicta graviora consultabile su

www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/02/20101 5457.pdf. Consultato in data 01/03/2018

30Le Normae del Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela”. Introduzione

storica a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede consultabile su

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14

Infatti, nell’ultimo periodo degli anni Novanta, si iniziarono a preparare le norme sui c.d. delicta graviora che hanno dato effettività all’art. 52 della Cost. ap. Pastor Bonus, indicando quali delitti fossero da ritenere particolarmente gravi e quindi di esclusiva giurisdizione della Congregazione della Dottrina della Fede31. Dal canto suo, la Congregazione dovette preparare le corrispondenti norme interne di procedura e riorganizzare il Dicastero per garantire la coerenza tra quest’attività giudicante e le regole processuali del Codice32.

2. Il motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutelae del 2001. Dopo il Codice del 1983, l’intervento più rilevante in ambito penale si raggiunse il 30 aprile 2001 con la Lettera Apostolica Sacramentorum sanctitatis tutelae, emanata da papa Giovanni Paolo II. In questa lettera sono definiti, in modo dettagliato, i delicta graviova riservati alla Congregazione della Dottrina della Fede33 e le relative norme processuali speciali, entrate in vigore il giorno stesso della loro promulgazione.

Il 18 maggio dello stesso anno, con la lettera Ad exsequendam, firmata dal cardinale Joseph Ratzinger e dall’arcivescovo Tarcisio Bertone, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione della Dottrina della Fede, vennero informati i vescovi di tutta la Chiesa cattolica, gli ordinari ed i gerarchi.

Inizialmente, tali documenti pubblicati in A.A.S. non rendevano noti i nuovi provvedimenti, divenuti pubblici solo in

31L’influsso del Cardinal Ratzinger nella revisione del sistema penale canonico,

Mons. J.I. Arrieta consultabile su

http://www.vatican.va/resouces/resources_arrieta-20101204_it.html. 32Ibidem.

33 C.d. Normae de gravioribus delictis Congregationi pro Doctrina Fidei

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seguito, ma puntualizzavano la distinzione in due parti delle norme: la prima contente le norme sostanziali e la seconda contenente le norme processuali. Questa nuova disciplina dei delicta graviora offriva una risposta soddisfacente ed esplicita sulle questioni precedentemente sollevate.

Il clima in cui venne elaborato il Sacramentorum santitatis tutelae era contrassegnato da un accentuato squilibrio antigiuridico, particolarmente palese nei confronti del diritto penale, in cui erano emerse gravissime condotte per orribili delitti di natura pedofiliaca perpetrati con grande scandalo da numerisi chierici34.

Il delitto contro la morale, ascritto alla competenza della Congregazione, fa riferimento al delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei diciotto anni di età ed è contenuto al can. 1395 §2 CIC. La novità più importante riguarda l’innalzamento dell’età, in quanto prima figurava il crimine commesso «con un minore al di sotto dei 16 anni d’età». Questo per far fronte in modo più severo ed intransigente alla piaga della pedofilia ed altri abusi sessuali su minori.

In base a quanto disposto dal motu proprio, per quanto riguarda il delitto contra sextum cum minore, veniva prevista un’altra rilevante novità circa i termini di prescrizione, stabilendo un tempo di dieci anni per tutti i delicta graviora, con decorrenza, per il delitto contra mores, dal compimento del diciottesimo anno di età della vittima.

Sul piano processuale il Motu proprio ebbe maggiore rilevanza. Le norme da seguire in questi casi prevedevano che l’ordinario o il gerarca, nel momento in cui avesse avuto notizia della commissione di un delitto riservato e dopo aver svolto un’indagine preliminare, ne desse informazione alla Congregazione della Dottrina

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della Fede, la quale avrebbe precisato le modalità con cui procedere. Inoltre, si richiede che, nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i gerarchi, i giudici, il promotore di giustizia, i notai, i cancellieri, gli avvocati ed i procuratori siano sacerdoti.

Lo stesso Card. Tarcisio Bertone afferma che nel Motu proprio «per i delitti più gravi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti si è avanzato con particolare cautela; si è voluto in questo ambito fare una legislazione che rispetti la giustizia nella carità, mettendo in pratica l’equità canonica anche nell’elaborazione delle norme e non solo nella loro successiva applicazione durante i processi, per giungere alla formulazione più saggia ed adeguata all’odierna temperie della Santa Chiesa di Dio»35.

2.1. Le modifiche al Motu proprio Sacramentorum sanctitatis

tutelae

Nel 2002 e nel 2003 sono state apportate modifiche alle norme del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutelae. Alla Congregazione della Dottrina della Fede fu concessa la possibilità di derogare al limite decennale della prescrizione36, a tal punto da farla diventare imprescrittibile, qualora i singoli Vescovi ne avessero fatto richiesta motivata. Ciò avrebbe comportato un’elusione del criterio nel caso di reato di abuso sessuale su minori, qualora fosse stato perseguito un delitto già prescritto o un fatto non considerato delittuoso al momento della sua commissione, avvenuto anteriormente al 30 aprile 2001.

L’esigenza di tali modifiche si è sentita, soprattutto, per il delitto di abuso sessuale su minori e la stessa struttura del documento

35 Cfr. T. Bertone in Diritto penale canonico, T. Bertone, pag. 81, Marcianum Press, 2008.

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del 2001 ne è stata condizionata. Nel febbraio 2003, su proposta del Card. Joseph Ratzinger, Papa Giovanni Paolo II approvò alcune aggiunte e/o modifiche, tra cui l’inserimento nei delitti riservati alla Congregazione della Dottrina della Fede sia la violazione indiretta del sigillo sacramentale, previsto al can. 1388 §1 CIC, sia il delitto consistente nel registrare e diffondere quanto detto nel confessionale dal confessore di fronte a false accuse di peccati in settori morali predeterminati;

1) la Congregazione della Dottrina della Fede ha la facoltà di dispensare dal requisito del sacerdozio o della laurea in diritto canonico gli operatori dei tribunali citati negli artt.8-12 delle Normae e assumere un fedele laico per la funzione giudicante;

2) viene concessa alla Congregazione della Dottrina della Fede la facoltà di dispensare dall’art. 17. Pertanto i delicta graviora sono perseguibili anche in via amministrativa, ma solo «nei casi gravi e chiari che a giudizio del Congresso Particolare della Congregazione della Dottrina della Fede: a) possono essere portati direttamente al Santo Padre per la dimissione ex officio; ovvero b) possono esser trattati con il rito abbreviato di cui al can. 1720 dall’ordinario che, nel caso sia del parere di procedere alla dimissione del reo, dovrà chiedere alla Congregazione della Dottrina della Fede la comminazione di detta pena per decreto»37.

3. Riforma necessaria: Normae de graviorius delictis del 2010 e l’azione di Papa Benedetto XVI.

A distanza di nove anni dalla promulgazione della lettera apostolica in forma di Motu proprio Sacramentorum sanctitatis

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tutelae, la Congregazione della Dottrina della Fede sottopose al Pontefice delle modifiche alle norme precedenti, le quali furono approvate il 21 maggio 2010.

In particolare facevano riferimento alle Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis seu Normae de delictis contra fidem nec non de gravioribus delictis. Le novità furono rese note con una lettera rivolta ai Vescovi della Chiesa cattolica e agli altri gerarchi ed ordinari interessati alla quale venne allegata una Relazione per facilitare l'individuazione degli emendamenti apportati in modo da renderli facilmente individuabili. Le modifiche riguardavano: il diritto, previo mandato del Romano Pontefice, di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi e altre persone fisiche di cui ai cann. 1405 § 3 CIC e 1061 CCEO; l'ampliamento del termine di prescrizione a venti anni, salvo il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fee di derogarvi; la facoltà di concedere la dispensa dal requisito del sacerdozio e da quello della laurea di diritto canonico a personale del Tribunale e agli Avvocati e Procuratori; la facoltà di sanare gli atti in caso di violazione delle sole leggi processuali da parte dei Tribunali inferiori; la facoltà di procedere per decretum extra iudicium; la facoltà di presentare il caso al Santo Padre per la dimissio e statu clericali o per la depositio, una cum dispensatione a lege caelibatus; la facoltà di ricorrere al grado di giudizio della Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede in caso di ricorsi contro provvedimenti amministrativi, emanati o approvati dai gradi inferiori della medesima Congregazione concernenti i casi di delitti riservati.

Altra importante novità, che possiamo considerare quale mutamento rivoluzionario, considerando che la Chiesa si è sempre contraddistinta per la sua riservatezza, fu la pubblicazione della nuova normativa. Ciò si evince dal fatto che la stessa notizia era stata

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divulgata dalla stampa e sulla homepage del sito della Santa Sede era stata creata un’apposita sezione dedicata al tema degli abusi sessuali sui minori comprendenti le linee guida che la Chiesa avrebbe seguito qualora si prospettassero tali situazioni gravi. Le stesse modifiche furono rese pubbliche non solo in lingua italiana, ma anche in altre lingue che rendevano più agevole la comprensione del testo stesso anche a coloro che non erano specialisti. La spinta di questa mutazione comunicativa fu proprio l’orrendo delitto di abuso sessuale sui minori perpetrato da chierici che, come sostiene padre Lombardi, proprio per «la vasta risonanza pubblica avuta negli anni recenti da quest’ultimo tipo di delitto ha attirato grande attenzione e sviluppato un intenso dibattito sulle norme e procedure applicate dalla Chiesa per il giudizio e la punizione di essi. E’ giusto quindi che vi sia piena chiarezza sulla normativa oggi in vigore in questo campo e che questa stessa normativa si presenti in modo organico, così da facilitare l’orientamento di chiunque debba occuparsi di queste materie»38.

Le modifiche hanno interessato non solo le norme sostanziali e processuali, ma anche lo stesso rapporto tra Chiesa e comunità politica, improntandolo su un modello collaborativo e cooperativo, in grado di dare una piena ed esaustiva giustizia.

Lo stesso Cardinale Angelo Bagnasco, in un’intervista al quotidiano Il sole24ore, dell’11 aprile 2010 affermò che «Benedetto XVI, […], ha intrapreso, non da oggi, una severa azione di autoesame che conduca la Chiesa a purificare se stessa da singoli membri che ne hanno dolorosamente offuscato l’immagine e la credibilità. Ma questa vigorosa opera di pulizia – che comprende ovviamente una leale e corretta cooperazione con la magistratura – non può cancellare la sofferenza e il disincanto delle vittime: bambini

38P.F. Lombardi, Il significato della pubblicazione delle nuove Norme sui delitti più

gravi, in www.vatican.va/resources/resources_lomabrdi-nota-norma_it.html,

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e giovani che sono stati traditi nel loro spontaneo affidarsi. Verso ciascuna delle persone violate, verso le loro famiglie, provo vergogna e rimorso, specie in quei casi in cui non sono state ascoltate da chi avrebbe dovuto tempestivamente intervenire. I casi acclarati di non governo e di sottovalutazione dei fatti, quando non addirittura di copertura, dovranno essere rigorosamente perseguiti dentro e fuori la Chiesa e, come già accaduto in alcuni casi, dovranno avere come effetto l’allontanamento e il dimissionamento delle persone coinvolte»39.

Questo spirito di collaborazione si ritrovava anche nella Lettera circolare per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare le linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, emanata dalla Congregazione della Dottrina della Fede il 3 maggio 2011, con la quale venivano forniti agli Episcopati nazionali indicazioni per l’applicazione della legge universale. Tra le indicazioni emergeva l’invito ad avere speciale riguardo per la questione del “deferimento dei crimini alle autorità preposte”, senza pregiudizio però per il foro interno sacramentale (parte I, lett. E)40; inoltre precisava che la collaborazione con le autorità civili doveva interessare anche gli abusi posti in essere dal personale che lavora presso le strutture ecclesiastiche.

3.1. La spinta verso il cambiamento.

L’impulso di questa nuova riforma si deve a Papa Benedetto XVI che rese la normativa più efficace nel perseguire i vari delitti, in

39 Il testo è reperibile all’indirizzo:

www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2010/04/intervista-bagnasco-riotta.shtml.

40 D. Milani, Delicta reservatas eu delicta graviora: la disciplina dei crimini

rimessi alla competenza della Congregazione della Dottrina della Fede in Stato,

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particolare l’abuso di minori perpetrato da chierici. Infatti, Papa Benedetto XVI intraprese un’azione non solo spirituale e pastorale, ma anche giuridica, offrendo criteri volti ad orientare l’azione dei Pastori. E’ proprio dal c.d. Rapporto Murphy, pubblicato in Irlanda nel 2009, che si apre uno scenario doloroso e raccapricciante di abusi su minori perpetrati nel tempo e che ha fatto prendere coscienza del problema diffuso in tutto il mondo41 .

Già con il Rapporto Ryan42del maggio 2009 si delineò un panorama pieno di orrori e sevizie cui erano sottoposti i bambini degli istituti religiosi, costretti a vivere in un costante clima di terrore. A sei mesi di distanza, arrivò il Rapporto della commissione Murphy, istituita nel 2006 per verificare come la Chiesa e le autorità statali avessero gestito le denunce di abusi sessuali sui minori commessi dagli ecclesiastici nella sola diocesi di Dublino. Settecento pagine di testimonianze raccapriccianti, 320 vittime, una sequenza di racconti dell’orrore che coinvolgono un campione di 46 sacerdoti dal 1975 al 200443.

Nella Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda, del 19 marzo 2010, Papa Benedetto XVI ha utilizzato parole concise e rigorose per richiamare i doveri di tutti i fedeli e dei religiosi, prevenendo e condannando tale delitto44. Le parole di Benedetto XVI fanno

41D. Cito, Le nuove norme sui Delicta graviora, pag.122

42 Il Rapporto Ryan è frutto di 9 anni di lavoro della Commissione d'inchiesta sulle violenze sui bambini e dell'audizione di più di 1000 testimoni. Fu reso noto il 20 maggio 2009. Nell'incipit si legge: «Violenze corporali e psicologiche e incuria erano tratti consueti degli istituti» nelle quali hanno vissuto la maggior parte dei bambini irlandesi più poveri o svantaggiati. Si tratta delle scuole che sono state caratterizzate da una vera e propria «violenza sistemica». Le questioni sollevate dal Rapporto sono essenzialmente tre: la tenuta di un sistema che in Irlanda ha continuato a prosperare, mentre altrove si stata via via procedendo al suo smantellamento; un controllo statale inefficace; la tolleranza, da parte delle congregazioni religiose, delle violazioni gravissime delle proprie regole.

43 Consultato su http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-rapporto-murphy-e-gli-orrori-della-pretofilia. Consultato in data 20/11/2017.

44 Le stesse severe parole si ritrovano nel Vangelo di Luca (17, 1-2-) « Disse ancora ai suoi discepoli: “E’ inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. E’ meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e

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comprendere come sia doveroso adottare una procedura che assicuri sia la difesa per dette persone sia il diritto delle vittime, affinché tali soggetti siano messi in condizione di non arrecare alcuna offesa e, se responsabili, siano condannati ad una esemplare condanna. Rivolgendosi «come pastore, preoccupato per il bene di tutti i figli di Dio» alle vittime di abuso e alle loro famiglie chiede con umiltà «di non perdere la speranza» e di «affidarsi a potere risanatore dell'amore sacrificale di Cristo che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio». Si rivolge poi ai sacerdoti e ai religiosi che hanno «tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori» abusando dei ragazzi. «La giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla». Non dimentica di rivolgersi anche a tutti i sacerdoti e religiosi d'Irlanda, nonché ai fedeli, invitandoli a riaffermare la fede in Cristo per dimostrare «che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia». Nella Lettera non si nega che furono commessi errori nel trattare le accuse, commettendo gravi errori di giudizio e mancanze di governo che hanno minato la credibilità e l'efficacia della Chiesa. «Soltanto un'azione decisa portata avanti con piena onestà e trasparenza potrà ripristinare il rispetto e il benvolere […] verso la Chiesa [...]».

3.2. Le norme sostanziali.

Il nuovo testo delle Normae de gravioribus delictis presenta numerose modifiche concernenti anche le norme sostanziali.

Sono stati introdotti i delicta graviora contro la fede all’art.1 §1 e all’art. 2, per i quali è prevista la competenza dell'Ordinario, ad normam iuris, a procedere giudizialmente o extra iudicium in prima istanza, salvo il diritto di appellare o ricorrere innanzi alla Congregazione della Dottrina della Fede. Riguardano fattispecie

venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli”», utilizzate anche dal papa Benedetto XVI.

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delittuose quali: l’apostasia, l'eresia e lo scisma. Il delitto di apostasia si manifesta con un atto formale di rifiuto intenzionale della fede e nell’abbandono della Chiesa. Può essere provocato «dall'adesione ad un'altra religione o ad ideologie che professano l'ateismo, l'agnosticismo o altre dottrine non compatibili con la fede cattolica»45. Il delitto di eresia consiste nella negazione di un dogma di fede, come ad esempio «i dogmi trinitari, cristologici o mariologici, definii dal Magistero universale della Chiesa, o nel perseverare nel dubbio consapevole e ostinato su tali verità»46. Il delitto di scisma consiste nel rifiuto di assoggettamento al Sommo Pontefice o alla comunione ecclesiale. La pena prevista è la scomunica latae sententiae 47, disciplinata al can. 1364. Invece, agli artt. 3, 4 e 5 troviamo i delicta graviora contro la celebrazione dei sacramenti come l’attentata assoluzione sacramentale o l’ascolto vietato della confessione; la simulazione dell’assoluzione sacramentale; il delitto per tentata ordinazione di una donna48. Per questi casi la pena prevista è proporzionata alla gravità del delitto, ed è una pena ferendae sententiae49

.

Le modifiche avvenute nel 2010 hanno invece esteso la fattispecie dei delicta graviora contra mores, regolati all’art. 6 delle norme del 201050, ed hanno ampliato il can. 1395 §2 CIC51.

L’art. 6 §1 n. 1 equipara al minore la persona maggiorenne che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione. L’infermità fa riferimento sia ad un’infermità psichica, sia ad un’infermità dovuta

45 P. Fantelli, Il diritto penale canonico: tra potere coercitivo e carità pastorale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, rivista telematica (www.statoechiese,it), n.3/2013, p. 14.

46 Ibidem.

47 Si applicano immediatamente al reo per il solo fatto di aver commesso un delitto. 48 «Nei delitti contro l'Eucarestia, le fattispecie delittuose dell'attentato liturgicae eucharistici Sacrificii actionis […] non sono più considerati unitariamente sotto lo stesso numero, bensì son apprezzate separatamente».

49Si applicano dopo esser state determinate dal giudice o dall’ordinario. 50La versione precedente si ritrovava all’art.4.

51Già il motu propiu del 2001 aveva esteso la fattispecie ai casi di efebolia, cioè preferenza sessuale verso adolescenti già puberi, infatti era stata innalzata l’età dell’abusato da 16 a 18 anni.

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all’uso abituale di sostanze alcoliche o stupefacenti. Importante è l’introduzione di un nuovo delitto, ossia il delitto di pedopornografia, previsto all’art. 6 § 1 n. 2. Tale delitto si manifesta quando un chierico, con qualsiasi mezzo o strumento, acquisisce, detiene o divulga immagini pedopornografiche aventi ad oggetto minori di quattordici anni.

I delitti contro la morale richiedono l’elemento del dolo. Per quanto riguarda la sanzione, il chierico che incorre in tali delitti è punito secondo la gravità del crimine e non è esclusa la dimissione o la deposizione.

3.3. La procedura.

La modifica avvenuta nel 2010 ha coinvolto soprattutto le norme procedurali, fornendo alla Chiesa l'occasione «per puntualizzare nel documenti anche alcuni aspetti relativi al compito più alto della protezione della fede52, ribadendo “la sua identità” e “la sua missione di salvezza”» 53. I casi di abusi sessuali su minori non possono esser ignorati, in quanto tali azioni sono da considerare contrarie al Vangelo, al valore della vita consacrata e alla missione stessa della Chiesa. Alla base c’è un dovere morale che riguarda tutti ed ogni azioni od intervento deve esser intrapreso nel rispetto delle vittime.

Al can. 1717 §1 si stabilisce che «Ogniqualvolta l’ordinario abbia notizia, almeno verosimile, di un delitto, deve indagare con prudenza sui fatti, sulle circostanze e sull’imputabilità, a meno che quest’investigazione non sembri assolutamente superflua»54 . Il

52 D. Cito, Delicta graviora contro la fede e sacramenti, in AA.VV., Questioni attuali di diritto penale cannico, Città dell Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, pp. 31-53.

53 Op. cit. , p. 33.

54 L’indagine svolta dal superiore maggiore è contemplata sia nel codice ai cann. 1717 e 695 §2, sia nella legislazione speciale sui delicta graviora.

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superiore maggiore, una volta attuata l’indagine, deve valutare le accuse ed i sospetti di abuso sessuale di cui ha avuto notizia. In ogni caso, si tiene conto del principio secondo cui ogni persona si presume innocente e non può esser considerata colpevole prima della condanna definitiva.

Dopo un attento giudizio e valutazione del religioso, è possibile vagliare diverse alternative che vanno dal sottoporre lo stesso religioso ad una visita psichiatrica, evitando che abbia un contatto diretto con il minore, alla sospensione dall’apostolato, fino a ricorrere, qualora sia necessario, a sanzioni disciplinari come la dimissione dall’istituto e la perdita dello stato clericale.

L’indagine svolta dal superiore maggiore consente di verificare il fumus delicti. Durante tale indagine possono esser esibite prove di qualunque tipo, purché lecite ed utili per esaminare il caso. Sarà lo stesso superiore a decidere sulla conclusione dell’indagine preliminare e sui provvedimenti di espulsione immediata del chierico che potrà avvenire solo in situazioni particolari, cioè in caso di grave scandalo esterno o di un gravissimo imminente danno che minaccia l’istituto a causa della presenza del religioso. Gli atti che fanno riferimento all’indagine preliminare dovranno esser conservati nell’archivio segreto. Chiusa l’indagine preliminare, il superiore maggiore trasmette gli atti al moderatore supremo ed inizia una nuova fase che vede protagonista la Congregazione della Dottrina della Fede.

Le norme di riferimento in questa nuova fase sono le Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis. Quindi, una volta che la Congregazione ha ricevuto gli atti dal moderatore supremo può, alternativamente e dopo un’attenta valutazione sulla gravità del delitto, ordinare al moderatore supremo di procedere con

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ulteriori accertamenti o l’inflizione della pena, mentre nei casi più gravi chiedere al Santo Padre le dimissioni ex officio55

.

Il tribunale competente per il processo di primo grado è formato dalla Congregazione della Dottrina della Fede. Di regola, tutti i membri del tribunale devono essere sacerdoti, ma, come abbiamo visto, con la modifica introdotta all’ art. 15, la Congregazione della Dottrina della Fede ha la facoltà di concedere al personale del tribunale (avvocati e procuratori) la dispensa dal requisito del sacerdozio e da quello della laurea in diritto canonico. Se contro la sentenza non viene proposto appello, questa diventa esecutiva; in caso contrario, il giudizio di seconda istanza è riservato al Supremo tribunale della Congregazione della Dottrina della Fede. La Congregazione della Dottrina della Fede può decidere che si proceda per via amministrativa. Di fatti, secondo quanto riformato dall’art. 21 §2 n. 1, ha facoltà di dispensare dalla via processuale giudiziale e, valutata la singola fattispecie, decidere ex officio o su istanza dell’ordinario o gerarca, quando autorizzare il ricorso alla via extragiudiziale. Per l’irrogazione delle pene espiatorie perpetue, in ogni caso, occorre il mandato della Congregazione della Dottrina della Fede.

La pena della dimissione dallo stato clericale è decisa ed inflitta simultaneamente alla conferma del decreto di dimissione dall’istituto. Contro il decreto è possibile proporre ricorso, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica. Inoltre, l’art. 21 §2 n. 2 prevede la facoltà per la Congregazione della Dottrina della Fede di presentare direttamente il caso al Santo Padre per la dimissio e statu clericali o per la depositio, una cum dispensatione a lege caelibatus,

55 Art. 16 delle Normae “Ogni volta che l’ordinario o il gerarca ha notizia almeno verosimile di un delitto più grave, svolta l’indagine previa, la renda nota alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale, se non avoca a sé la causa per circostanze particolari, ordina all’ordinario o al gerarca di procedere ulteriormente, fermo restando tuttavia, se del caso, il diritto di appello contro la sentenza di primo grado soltanto al Supremo tribunale della medesima congregazione”.

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in questi casi il delitto deve avere il duplice requisito di essere gravissimo e che la sua commissione appaia in modo manifesto.

3.4. La cooperazione tra autorità ecclesiastica ed autorità statale. Il crescente fenomeno degli abusi sessuali su minori perpetrati da chierici e gli scandali che ne sono derivati, hanno fatto sì che la Chiesa e le autorità religiose non perseguissero più segretamente tali delitti, ma che vi fosse un crescente impegno tra autorità ecclesiastica ed autorità statale di cooperazione, per prevenire, reprimere e sanzionare tali crimini atroci.

Il Crimen Sollicitationis del 1922, nei casi in cui un chierico fosse stato accusato di abuso sessuale su minore, invitava gli ordinari a risolvere internamente la questione. Ma, con il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutelae del 2001 e le successive modifiche, si delinea un quadro di cambiamenti.

Nella Lettera circolare per aiutare le Conferenze Episcopali, nel preparare le linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, compare la cooperazione con le autorità civili e si stabilisce che «l’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile. Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscono nei diversi paesi tuttavia è importante cooperare con esse nell’ambito delle rispettive competenze. In particolare va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale. Naturalmente, questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi da chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale

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religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche»56. Nel maggio 2012 sono state emanate Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti dei minori da parte di chierici, elaborate dalla Conferenza episcopale italiana. Nella presente guida, oltre ad esser indicati i profili canonistici e penalistici, vi rientrano anche quelli relativi al rapporto tra Chiesa e autorità civile, incoraggiando, così, alla collaborazione, ma senza obbligo alcuno57.

Occorre chiarire due aspetti problematici: l’obbligo di denuncia e l’obbligo di testimonianza. Il primo fa riferimento al caso in cui il religioso sia al corrente della commissione di un fatto oggetto di reato e se, in capo allo stesso, vi sia un obbligo di denuncia presso l’autorità giudiziaria civile. Bisogna precisare che, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, vige la regola secondo cui non sussiste in capo ai privati cittadini un obbligo di denuncia, si tratta bensì di una mera facoltà. I religiosi, così come i privati cittadini, hanno un obbligo di denuncia limitato alle ipotesi di cui all’art. 364 c.p.58 e dalle diverse disposizioni contenute in leggi speciali59.

Il procedimento canonico ed il procedimento civile sono due sfere autonome. Infatti, è opportuno sottolineare che “nell’ordinamento italiano il Vescovo, non rivestendo la qualifica di

56 Consultabile su

www.vatican.va/roman_curia/congregationis/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc: 20110503_abuso-minori_it.html.

57 Consultabile su www.ilsecoloxix.it/p/italia/2012705/22/APWFDSZC-denuncia_obbligo_vescovi.shtml consultato in data 01/03/2018.

58Art. 364 c.p. “il cittadino che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce [la pena di morte o] l’ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all’Autorità indicata nell’art. 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro”.

59Legge 15 marzo 1991, n. 82 “Chiunque, essendo a conoscenza di atti o fatti concernenti il delitto, anche tentato, di sequestro di persona a scopo di estorsione o di circostanze relative alla richiesta o pagamento del prezzo della liberazione della persona sequestrata, ovvero di altre circostanze utili per l’individuazione o la cattura dei colpevoli o la liberazione del sequestro, omette o ritarda di riferire all’autorità di cui all’art. 361 del codice penale, è punito con la reclusione fino a tre anni”.

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pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico - salvo il dovere morale di contribuire al bene comune - di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti Linee guida”, andando, ciò, a sottolineare il principio dell’autonomia e della distinzione degli ordinamenti che è garanzia, per tutti, di libertà; inoltre si prevede che “la competente Autorità ecclesiastica, nel rispetto della vigente normativa canonica e civile, provvederà a fornire al denunciante tutto l’aiuto spirituale e psicologico necessario, con ogni premura verso le vittime”60.

Il secondo, invece, fa riferimento all’obbligo di testimonianza e al rilascio di dichiarazioni circa le informazioni richieste ai religiosi dalle autorità inquirenti e giudiziarie, nel corso di procedimenti penali a carico di terzi. In tal caso, le informazioni richieste, nel corso delle indagini preliminari dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero, non devono esser fornite qualora ricadano nella sfera del segreto, perché acquisite in ragione del ministero; in caso contrario, su richiesta del giudice, accertata l’infondatezza del segreto, i religiosi devono deporre [la testimonianza].

Qualora vi sia un procedimento penale a carico di un sacerdote, secondo l’Accordo di revisione del concordato lateranense del 1984 e dell’art. 129, comma 2, delle norme di attuazione del codice di procedura penale, l’autorità ecclesiastica deve essere informata.

Alla luce delle novità introdotte, qualora si configuri una responsabilità in capo al chierico in caso di abuso sessuale perpetrato su minori, sarà direttamente perseguito penalmente dall’autorità statale e contestualmente sarà tenuto a risarcire la vittima, secondo le

60Consultato su www. https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/28/pedofilia-cei-vescovo-non-e-pubblico-ufficiale-non-ha-lobbligo-di-denuncia/929913. Consultato in data 01/03/2018.

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regole valide per la generalità dei cittadini61 . Anche per la ricostruzione della posizione dell’autore dell’illecito potrà essere necessario accertare l’eventuale connessione del fatto con l’attività specificatamente ministeriale, ma solo al fine di commisurare in concreto la sanzione penale, in particolare in ragione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p.62, il quale prevede «l’aver commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di culto».

In merito a ciò, i giudici di legittimità evidenziano che, in tema di aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di culto, non è necessario che il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma è sufficiente che a facilitarlo siano serviti l’autorità ed il prestigio che la qualità sacerdotale di per sé conferisce e che vi sia stata violazione dei doveri anche generici nascenti da tale qualità63.

Ancora, in merito alla circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 9 c.p., la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1949 del 17 gennaio 201764 ha affermato il seguente principio di diritto: «Nei reati sessuali, è configurabile l’aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro del culto cattolico, non solo quando il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma anche quando la qualità sacerdotale abbia facilitato il reato stesso,

61A. Licastro, Danno e responsabilità da esercizio del ministero pastorale in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2010.

62

Ibidem.

63 Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 27 marzo 2014, n.14545, Pres. Brusco – est. Iannello. «Riteneva pertanto che, in tale condizione, la violazione dei doveri sacerdotali da parte dell'imputato ha qualificato la condotta in termini di maggiore pericolosità, come tale meritevole d aggravamento delle pena».

64 Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza del 17 gennaio 2017, n.1949, Pres. Fiale – est. Rosi. Si veda anche Sez 2, n. 9334 del 26 febbraio1988, Raspini, Rv. 179204; nell'ambito dei reati sessuali, per lo stesso principio, Sez 3, n. 37068 del 24 giugno 2009, A., Rv. 244963.

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essendo il ministero sacerdotale non limitato alle funzioni strettamente connesse alla realtà parrocchiale, ma comprensivo di tutti quei compiti riconducibili al mandato evangelico costitutivo dell’ordine sacerdotale; tale mandato comprendendo le attività svolte a servizio della comunità e, senza carattere esaustivo, quelle ricreative, di assistenza, di missione, di aiuto psicologico ai fedeli ed a chiunque ne abbia bisogno, ivi comprese le relazioni interpersonali che il sacerdote intraprenda in occasione dello svolgimento di tali attività»65.

4. La responsabilità ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi da chierici.

La risposta offerta dal diritto dello Stato e dal diritto della Chiesa, esprime un modello retrospettivo e punitivo di responsabilità, che guarda al passato e focalizza l’attenzione sul responsabile66. Infatti, nella sua accezione retrospettiva, la responsabilità corrisponde ad un giudizio che accerta la violazione delle norme e dispone la sanzione; mentre, nella sua accezione prospettica, la responsabilità può esser definita come quell’insieme di doveri derivanti dall’esercizio di un ruolo sociale, che nel caso del ministro di culto presenta un’ulteriore complessità, derivante dal sistema normativo dell’organizzazione ecclesiastica67.

Entrambe le forme di responsabilità si offrono come modelli che derivano dalla struttura complessa della Chiesa, basata su

65 Secondo il giudice « l'imputato coscientemente approfittava della funzione esercitata per attuare i suoi scopi erotici ai danni dei giovani, che vedano in lui una sicura ed affidabile guida spirituale», p. 64 della sentenza.

66M.A. Foddai, Prevenire, punire, riparare: la responsabilità personale tra diritto

dello Stato e diritto della Chiesa in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 16

novembre 2015. 67 Ibidem

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