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La risposta sociale della Chiesa.

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 98-136)

Sommario: 1.- Le linee guida della Congregazione della Dottrina della Fede. 2.- L’associazione Meter. 2.1.- Intervista a Don Fortunato Di Noto.

1.- Le linee guida della Congregazione della Dottrina della Fede. A questo punto della trattazione è necessario soffermarsi sul silenzio che ha avvolto l’attività curiale sul tema degli abusi, giustificato dall’applicazione della normativa canonica. Si è già visto come l’ordinamento della Chiesa si fonda su criteri di giudizio che preferiscono il perdono alla punizione; per questo motivo l’apparato penale presente nel Codex rispecchia «la consapevolezza che il ricorso alla pena deve costituire un rimedio assolutamente eccezionale».243

Il triste e grave fenomeno degli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di chierici sollecita un rinnovato impegno da parte della comunità ecclesiale, in quanto il principio del favor rei in questa occasione si è letto come un’eccessiva tutela nei confronti del colpevole.

Non si deve dimenticare che nel diritto canonico penale il «carattere medicinale della pena prevale su tutto. La pena è chiamata ad agire sulla coscienza del singolo prima ancora che sul tessuto sociale244», il reo è punito ma la conoscenza di questa pena non è

243P. Moneta, La giustizia nella Chiesa, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 175.

244P. Consorti, La reazione del diritto canonico agli abusi sessuali sui minori. Dal silenzio assordante alle «Linee guida» in Daimon, Annuario di diritto comparato delle religioni. 11. 2012, http://hdl.handle.net/11568/208027

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pubblica e vanifica l’esigenza di tutela del bene comune, facendo prevalere la necessità di salvezza dell’anima del reo e la prevenzione dello scandalo245.

Bisogna inquadrare un’ultima ripartizione, utile ai fini del trattamento dell’argomento: tra delitti e peccati non sempre vi è una corrispondenza. Possiamo individuare i delitti che ledono esclusivamente la legge della Chiesa, quelli che ledono solo le leggi civili e quelli che invece le ledono entrambe. I primi restano riservati all’autorità ecclesiastica, eccetto che non si chieda espressamente l’ausilio dell’ordinamento civile; gli altri restano ad esclusiva giurisdizione civile; gli ultimi, in cui rientrano gli abusi sessuali commessi dai chierici, possono essere puniti da entrambe le potestà246. Nonostante la chiarezza con cui sono stati definiti e inquadrati simili atti, le vicende che ne sono derivate sono avvolte in una cortina di fumo.

Nel momento in cui le notizie documentate rendevano possibile comprendere la dimensione reale del fenomeno, la Chiesa si è dovuta difendere dall’accusa di aver mantenuto il riserbo e coperto i casi di cui era a conoscenza. Una tale linea di condotta potrebbe essere giustificata, in parte, dall’Istruzione Crimen Sollecitationis, la quale suggeriva di prendere provvedimenti senza dar scandalo per tutelare la salvezza dell’anima del reo e non turbare la comunità ecclesiale. Ma ad un lettore attento non può sfuggire che l’Istruzione citata non si estendeva a tutti i delitti ma riguardava la sola sollecitazione ad turpia. Possiamo a questo punto attribuire il silenzio istituzionale a fattori culturali che condizionano

245Così si giustificano le pene latae sententiae, comminate automaticamente senza accertare la verità dei fatti con un processo. Cfr. R. Mazzola, La pena latae

sententiae nel diritto canonico. Profili comparati di teoria generale, Padova,

Cedam, 2002.

246La questione degli abusi sessuali era espressamente contemplata nel can. 2358, che prevedeva e puniva i delitti contro il sesto comandamento commessi dai chierici, con riguardo speciale a quelli commessi contro i minori di anni 16. La norma è stata ripresa nel can. 1395 del Codice vigente.

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l’atteggiamento dell’istituzione ecclesiastica in materia di morale sessuale247.

A partire dal 2002, le inchieste giornalistiche portano alla luce casi che ormai hanno portata mondiale.248 In particolare quello della Conferenza episcopale statunitense che si trovò ad elaborare la Charter for the Protection of Children and Young People, approvata nel 2005 che ottenne la recognitio da parte della Santa Sede nel 2006, diventando fonte di diritto canonico particolare.

Con questo atto si assiste ad un primo cambiamento, frutto di una volontà di ricostruire un ambiente sano e sicuro. Volontà manifestata non solo dall’episcopato americano ma anche dalla Chiesa Irlandese, travolta da un’analoga vicenda. Il fenomeno comincia ad essere conosciuto pubblicamente e contrastato anche se non rimane circoscritto ai soli casi citati.

A questo punto la materia deve essere regolata e il 3 Maggio 2011 la Congregazione della dottrina della Fede emana una lettera circolare «per aiutare le Conferenze episcopali nel preparare linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti dei minori da parte dei chierici»249.

Queste linee guida diventano così strumento per le Chiese locali. Anche quella italiana si è adeguata e il 22 Maggio 2012, in occasione della 64ª Assemblea Generale, la CEI ha reso note le sue Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici. Con esse la Chiesa si prefigge di elaborare un testo volto a facilitare l’applicazione della normativa canonica e a favorire

247Cfr. P. Consorti, op. cit., p. 157.

248Il primo riferimento è del 2002, anno in cui vengono alla luce, nella sola diocesi di Boston, 89 casi di accusa di pedofilia di sacerdoti, 50 dei quali rimossi dall’incarico. La Conferenza episcopale statutinense, dopo una riunione di due giorni a Dallas, elaborò la Charter for the Protection of Children and Young

People.

249 https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2017/08/11/Linee- Guida-abusi-sessuali-2014.pdf

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un corretto inquadramento del problema in relazione con l’ordinamento statale.

«L’analisi delle disposizioni regolanti la materia dimostra meglio di ogni altra considerazione lo spirito di rigore e trasparenza che ha animato il legislatore universale in questi anni sia sul piano sostanziale sia su quello procedurale»250. Per garantire uno schema comune la Conferenza della dottrina della fede con Lettera circolare del 3 maggio 2011 ha fornito una traccia alla quale conformarsi sottolineando la necessità di prevenire e reprimere gli abusi, ripristinando la sicurezza degli ambienti parrocchiali ed educativi.

Esaminando le prescrizioni più strettamente giuridiche, il primo dato che emerge riguarda la responsabilità nel trattare i delitti di abuso sessuale di minori da parte di chierici. Essa appartiene al Vescovo diocesano e, anche laddove esistano appositi organi, questi non possono sostituirsi nell’esercizio delle loro funzioni al discernimento e alla potestas regiminis dei singoli vescovi251. Segue la previsione delle cautele da adottarsi a favore sia a favore delle vittime, al fine di garantire il rispetto di chi denuncia e di prevenire ulteriori abusi, sia dell’accusato, per assicurare riservatezza e diritto alla difesa, e ricevere un sostentamento in ogni fase della procedura.

Per quel che riguarda i rapporti tra l’ordinamento canonico e quello civile del Paese di riferimento dobbiamo considerare che la nozione di abuso sessuale su minori deve essere coincidente con quella offerta dal legislatore universale e che l’eventuale obbligo di avvisare le autorità civili deriva dalla legislazione del Paese della Conferenza.

In ultima analisi dobbiamo stabilire come le Linee guida della CEI assolvono gli obiettivi indicati dalla Conferenza della dottrina della fede. Possiamo suddividere lo studio individuando i profili

250 D. Milani, «Delicta contra mores»: le linee guida della Conferenza episcopale italiana per i casi di abuso sessuale commessi da chierici su minori in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica no. 2 (agosto 2012), 443-462

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canonistici e quelli civilistici. Iniziamo dai primi. Nella prima parte delle Linee guida si realizza una ricognizione delle norme che il vescovo deve applicare nel momento in cui gli giunge notizia o denuncia di un abuso sessuale su minore. Si dettaglia la procedura in tre fasi: 1. notizie di condotte illecite e giudizio di verosimiglianza; 2. indagine previa; 3. procedura a seguito dell’indagine previa.

Il dato rilevante è l’invito rivolto ai vescovi ad istituire tribunali diocesani formati da un collegio di tre giudici, nonché dal promotore di giustizia e dal notaio252.

A seguire troviamo le disposizioni a favore delle vittime. A queste appartengono le misure cautelari adottabili dal vescovo fin dalla fase del giudizio di verosimiglianza, ferma restando la presunzione di innocenza dell’accusato fino a prova contraria. Se poi i fatti non sono notori, si auspica l’adozione delle cautele necessarie a non ledere la buona fama del chierico. In ogni caso ci si augura che le cautele vengano concordate con il chierico interessato.

Per quanto riguarda le disposizioni dettate a favore dell’accusato, accanto ai richiami per tutelare la buona fama, abbiamo le norme volte a garantire il diritto di difesa a partire dal giudizio di verosimiglianza, quando si rimette espressamente al vescovo la decisione di informare o meno il chierico delle accuse a lui rivolte.

Infine la CEI ricorda che le sanzioni da applicare ad un chierico riconosciuto colpevole sono di due tipi, quelli rivolti a restringere il ministero pubblico «in modo completo o almeno escludendo i contatti con minori» e pene ecclesiastiche. Nel primo caso le pene possono essere accompagnate da un precetto penale, nel secondo la pena massima applicabile è la dimissione dallo stato clericale.

252CEI, Linee guida, Parte I, n. 3. Salvo dispensa della Congregazione della dottrina della Fede ai sensi dell’art. 15 delle Norme de gravioribus delicti, tutti i soggetti indicati devono avere il dottorato in diritto canonico.

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Passiamo ai rapporti con l’autorità civile e quindi al raccordo che si tenta di realizzare con l’invito a muoversi nel confine delle legislazioni nazionali, avendo riguardo per l’obbligo, previsto dalla legge civile, di avvisare le autorità dello Stato. Dall’applicazione del principio di indipendenza tra Stato e Chiesa in Italia derivano, da un lato, l’obbligo per il vescovo di non esimersi dalla valutazione di sua competenza sul presupposto delle acquisizioni raggiunte nel procedimento civile, dall’altro, l’impegno avviare la procedura di sua competenza alla notizia di un ipotetico abuso, indipendentemente dalla possibilità che risulti o meno un procedimento penale statuale attivo.

Viene affermata l’importanza della cooperazione tra i due ordinamenti anche se poi smorzata da due limiti oggettivi: l’obbligo di osservare le rispettive sfere di competenza e le norme di diritto concordatario e civile.

Se è vero che nel codice di procedura penale non esiste una disposizione che sancisce l’obbligo di denunciare la notizia di un abuso appreso dall’autorità ecclesiastica nell’esercizio delle sue funzioni, è vero anche che lo stesso codice riconosce ai privati la facoltà di denunciare i reati perseguibili d’ufficio, tra cui si annoverano gli abusi sessuali.

Il richiamo alla garanzia del segreto, che trova ulteriore protezione nel diritto pattizio, deve essere circoscritto in funzione dell’oggetto effettivo della tutela. Sembra più corretto affermare che la protezione offerta al segreto ministeriale vada ristretta all’ipotesi di informazioni apprese a causa o nell’esercizio di una particolare componente dell’attività professionale svolta dal ministro di culto253. Nello specifico ci si riferisce alle parole affidate dal fedele al ministro di culto per ricevere prestazioni spirituali essenziali all’esercizio della libertà religiosa del singolo individuo.

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Se da una parte sembra evidenziarsi l’istinto di autoconservazione, il rinvio alla sfera di immunità garantita dal segreto dei ministri di culto, lo restringe notevolmente. Per una maggiore garanzia delle vittime ma anche dei fedeli che compongono le comunità, non sempre la competenza del solo Vescovo del luogo in cui si consuma l’abuso è sufficiente. Nonostante sia chiaro che delle accuse risponde l’autore materiale dell’abuso, rimane aperta la questione sulla responsabilità del vescovo in relazione al suo dovere di essere garante dell’osservanza delle leggi ecclesiastiche254.

Il punto da monitorare è se le innovazioni introdotte per combattere questo fenomeno riusciranno a ribaltare la prassi del passato.

2.- L’associazione Meter.

Nello scenario che vede i minori soggetti deboli da tutelare nella lotta alla pedofilia e pedopornografia, prevale l'associazione Meter, nata ad Avola per volontà di Don Fortunato.255 Già il nome, dal greco “madre” e per estensione “grembo”, “accogliere”, evoca il senso di protezione e accoglienza, raffigurato anche nel logo dell'associazione stessa, al cui centro campeggia il globo e un bambino stilizzato, simbolo dell'umanità che deve essere sempre più accogliente e schierata dalla parte dei bambini. É chiara quindi

254Tale responsabilità non è limitata alla procedibilità delle notizie di abuso ricevute ma anche all’iter di selezione e formazione dei candidati al ministero ordinato da realizzarsi in conformità alle linee della Conferenza della dottrina della fede, nonché alle istruzioni emanate in materia dai dicasteri competenti della Santa Sede. «L’obiettivo di tali auspici è infatti che le indicazioni espresse nei documenti acquistino una crescente importanza in vista di un corretto discernimento

vocazionale e di una sua formazione umana e spirituale dei candidati, con particolare attenzione agli aspetti concernenti il dovere di castità, l’obbligo del celibato e le responsabilità della paternità spirituale alla quale tutti i chierici sono chiamati».

255 Nata nel 1989, si costituisce ufficialmente nel 2002 all’interno della Parrocchia Madonna del Carmine di Avola, in una zona di periferia.

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l'esigenza e la volontà di promuovere la cultura dell'infanzia sia nelle realtà ecclesiali che laiche.

L'associazione, nata per contrastare la pedofilia, si è fatta promotrice a tutto tondo dello sviluppo sano del bambino, intervenendo in situazioni a rischio, quali disagi familiari, maltrattamenti, bullismo, ampliando gli obiettivi iniziali. In tal modo l'associazione è cresciuta ricevendo riconoscimento per il suo operato e i valori morali portati avanti, per 'impegno affinché il dritto a vivere sereni non sia una condizione per pochi privilegiati.

L'impegno quotidiano e il farsi carico dei pericoli nuovi che minacciano l'infanzia, ha portato a siglare una Convenzione con la Polizia postale e delle comunicazioni e alla creazione dell'Osservatorio Mondiale contro la Pedofilia (OS.MO.CO.P.).

Una struttura così articolata si è tradotta in un centro polifunzionale che accoglie tutti i servizi rivolti ai bambini e alle famiglie, includendo anche gli uffici della sede nazionale.

Inoltre, l'associazione si è sviluppata in altre due direzioni: da un lato ha istituito il centro Affidi e Adozioni Internazionale, destinati alle coppie che vogliono accogliere bambini in difficoltà o che desiderano creare una famiglia, dall'altro il Centro Network Polifunzionale, programma di intervento educativo e tecnologico per l’avvio di un percorso di conoscenza e di educazione all’uso della rete Internet.

La forza dell'associazione è proprio aver creato una rete capillare di collaborazioni con enti pubblici e privati che hanno dato credito alla professionalità di Meter e all'impegno costante e competente alla tutela dell'infanzia.

Attraverso le iniziative e gli interventi messi in atti, l'associazione mira a perseguire i fini individuati nello Statuto che hanno come scopi principali quelli di:

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• migliorare la qualità della vita dei bambini, degli adolescenti e delle loro famiglie;

• promuovere e sostenere iniziative che agevolino proposte educative della famiglia rivolte alla tutela dei bambini, attraverso un percorso di formazione nel rispetto della loro identità culturale, politica, sociale e religiosa;

• gestire servizi di consulenza e di assistenza sociale, psicologica e giuridica rivolte a minori e famiglie in condizioni di disagio e maltrattamento;

• promuovere e gestire attività di sostegno e valorizzazione della famiglia;

• favorire il mutuo aiuto nelle attività di cura familiare;

• sostenere e realizzare progetti di legge volti a migliorare la normativa esistente a tutela dei diritti inviolabili della persona umana e, conseguentemente, del fanciullo;

• stimolare lo studio e l’indagine conoscitiva della sfera psico- sociale e giuridica della realtà minorile, per il miglioramento della qualità di vita dei bambini e degli adolescenti e per difenderne la sana crescita morale, psicologica e spirituale;

• favorire la diffusione delle informazioni, attraverso l’utilizzo dei mass-media, editoriali telematici, riguardanti ogni aspetto della vita dell’individuo, e quindi del minore, per consentire una completa e adeguata conoscenza della stessa;

• promuovere iniziative volte a stimolare il confronto tra realtà diverse (siano esse politiche, economiche, culturali e religiose) al fine di offrire un punto di osservazione oggettivo;

• fornire un equilibrato inserimento del minore nella collettività di appartenenza contrastando ogni attività o sentimento che esalti o stimoli la violenza;

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• stimolare azioni contro lo sfruttamento sessuale sui minori e contro ogni altra forma di aggressione fisica, culturale, psicologica e spirituale perpetrata sugli stessi;

• effettuare un costante monitoraggio dei mezzi di comunicazione (Internet, tv, telefonia, ecc.), per garantirne un uso corretto e per contribuire a farne inibire le forme distorte e dannose per i minori;

• creare una rete capillare di persone competenti, motivate, ed animatori della società in cui vivono, per alzare la vigilanza, il sostegno e la protezione dell’infanzia.

L’Associazione Meter ha infine attuato numerosi progetti rivolti alle scuole, alle parrocchie, ai club service, alle agenzie

educative, agli enti pubblici e privati.

Le tematiche affrontate riguardano l’educazione all’affettività, all’uso corretto della rete, alle relazioni interpersonali, oltre che la prevenzione e la sensibilizzazione verso tutte le forme di abuso all’infanzia, al fine di promuovere i diritti dell'infanzia sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e

dell’Adolescenza del 20 novembre 1989. 256

256Tra i tanti, cito i progetti:

• Finalmente posso chiedere aiuto, progetto che sottolinea la necessità di un intervento volto a migliorare le competenze parentali, le risorse sociali, educative e le abilità individuali nell’affrontare eventi sfavorevoli o situazioni di svantaggio. • Dietro il silenzio, progetto che mira a creare una rete di protezione in grado di intervenire con adeguatezza quando si manifestino situazioni di abuso, attraverso il coordinamento degli interventi che metta in connessione operatori sociali e sanitari con gli educatori (genitori, insegnanti, istruttori) che ogni giorno incontrano i bambini.

• Vincere la paura, progetto che ha lo scopo di creare un’attività di monitoraggio e di potenziamento dell’osservatorio provinciale per le segnalazioni e per le richieste anche come pronto intervento, inoltre, mira a realizzare azioni di sensibilizzazione e di formazione, assistenza e confronto con le figure educative che si occupano di infanzia.

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2.1.- Intervista a Don Fortunato Di Noto.

R: Cosa L’ha spinta a creare questa associazione?

I: Quando uno inizia ad agire, a fare un servizio per un’associazione o per un tema sociale, particolarmente per la questione legata all’infanzia, ai bambini, non è che si mette a tavolino. Cioè non è che io mi sono messo a tavolino ragionando, pensando, no, sono i fatti della vita che ti portano poi a scegliere una strada e gradualmente a costruire, anche con la collaborazione degli altri, una realtà associativa come Meter, in questo caso.

Nasce tutto anche da una storia personale, da una sensibilità nei confronti dell’infanzia. Ricordo che da adolescente trascorrevo più tempo negli orfanotrofi di quel tempo. Poi è successo che questa sensibilità si è sempre sviluppata, quindi tante questioni, tante domande e poi nel 1989 ho avuto la possibilità di avere un collegamento internet. Tieni conto che, se è vero o non è vero, nel 1985 diventa internet pubblico, quindi diffuso nel mondo, io sono stato uno dei pochissimi ad avere internet. Ecco, avendo internet - mi trovavo a Roma - ho visto le prime immagini pedopornografiche.

Quindi avere visto, avere questa sensibilità nei confronti dei bambini abusati, dimenticati, lasciati soli nell’orfanotrofio, mi ha portato a sviluppare un’attenzione particolare, perché non era qui il problema, di aver trovato immagini di bambini con gli occhi sgranati, tanto i bambini erano già stati abusati, le foto ed i video sono di bambini abusati perché diffuse etc. Però la domanda che mi posi è che era un conto sfruttare i bambini, allora tu ti poni la domanda ma è vero, non è vero, le immagini non puoi dire che non sono vere.

Allora da lì parte un impegno, ritenni a quel tempo che internet era veramente lo spazio della mia missione e pensai immediatamente che internet diventava un terreno proprio da dove

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agire ecco in queste famose “periferie digitali”. Io sono stato il primo al mondo a coniare questa definizione e cioè che in era digitale si può naufragare in tante maniere ed in tanti modi.

Ecco da lì iniziai questa attività, però tieni conto che nell’89- ’90, parlo dell’Italia, ma anche a livello mondiale, non esisteva nessuna norma. Allora immagina che grande dramma per colui che doveva denunciare, come doveva denunciare? Via fax a procure che non avevano neanche il computer, neanche un collegamento internet.

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 98-136)