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Le diverse articolazioni degli abusi sessuali 3.1 La pornografia minorile.

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 82-98)

Specificità: dal tema generale degli abusi sessuali alle sue diverse possibili articolazioni: pedopornografia,

3- Le diverse articolazioni degli abusi sessuali 3.1 La pornografia minorile.

Con la Legge n.269/1998 è stato introdotto nel nostro ordinamento la fattispecie della pornografia minorile. Con la commodification (cioè mercificazione) del corpo umano si è sentita la necessità di apportare una tutela a quei minori considerati oggetto di una qualsivoglia forma di sfruttamento.

La Legge ha inserito nel codice penale l’art. 600 ter198 , oggetto di modifiche avvenute con Legge n.38/2006 199 e successivamente con Legge n.172/2012.

198Art. 600 ter << E’ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

1) Utilizzando minori di anni 18, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;

2) Recluta o induce minori di anni 18 a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.

Nei casi previsti dal terzo e quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni 18 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

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Si innesta così una tutela anticipata ed imperniata sulla «logica del pericolo astratto»200, in quanto il bene tutelato si ravvisa nel regolare sviluppo psico-fisico del minore.

Il reato si struttura in varie fattispecie mediante una tecnica c.d. “a scalare”, ordinate tenendo conto del disvalore delle stesse.

Anzitutto, per quanto riguarda la nozione di pornografia minorile, la riforma del 2012 ha inserito l’ultimo comma all’art. 600 ter, abbracciando così la definizione data dalla Convenzione di Lanzarote. Per cui, per pornografia minorile si intende: ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali201.

In origine, la stesura del primo comma condannava «chiunque sfrutta minori di anni diciotto al fine di realizzare esibizioni pornografiche e di produrre materiale pornografico»202, in seguito la L. n.38/2006 ha modificato il suddetto articolo, sostituendo il termine “sfrutta” con il termine “utilizza, ma mantenendo un’identica sanzione. Nel 1998 si riteneva che il reato si consumava con l’atto e al momento dello sfruttamento del minore, sostenuto da un dolo eventuale da più parti ritenuto apparente, ciò perché, a parer della

Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni 18 coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni 18 per scopi sessuali.

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Andando così ad adattarsi alle linee guida enunciate nella decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea 2004/68/GAI.

200

A. Cadoppi; P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014, cit. p.178.

201

A. Cadoppi; P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014, cit. p.181 <<In questo modo il legislatore

sembra aver operato un cumulo tra i due approcci dottrinali avuti in precedenza, accogliendo sia un criterio oggettivo, incentrato sulla tipologia di atto rappresentato (F.Mantovani), sia un criterio di stampo maggiormente soggettivo (Di Giovine) legato all’impatto che la rappresentazione ha su chi viene in contatto con essa. Si apprezza, quanto al criterio oggettivo, l’aver indicato la necessità di “attività sessuali esplicite” così da escludere taluni atti che potrebbero esser considerati “sessuali” ai sensi dell’art. 609 bis ss. c.p. (es. il bacio profondo). 202E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore.

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dottrina maggioritari, si ravvisava quale unico fine in capo al soggetto agente lo scopo di lucro, quindi economico, mentre quello indicato dalla norma serviva a rafforzare la descrizione della condotta203.

Al contrario, la giurisprudenza asseriva posizioni opposte. La Suprema Corte sosteneva che il legislatore aveva utilizzato il termine “sfruttare” non necessariamente in un’accezione di lucro, ma aveva esteso il fine stesso, «sicché sfruttare i minori vuol dire impiegarli come mezzo anziché rispettarli come fine e come valore in sé»204. Stando al dato letterale si sarebbero sanzionate sia le condotte aventi scopo lucrativo, sia quelle prive ex art. 600 ter quarto comma.

Nel 2006, il legislatore, per fare chiarezza, è tornato sull’articolo in oggetto andando a fare luce sulle incertezze che derivavano dal significato, accogliendo così la tesi sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità. Il legislatore ha sostituito il termine “sfruttamento” con il termine “utilizzo” così da superare tutte le controversie inerenti la necessità di uno scopo economico sotteso alla condotta, ponendo l’accento su una forma di svilimento del minore divenuto oggetto di manipolazione205. Inoltre, l’”utilizzo”, non rappresenta più il momento consumativo del reato, ma diviene lo strumento mediante il quale si realizzano esibizioni pornografiche o si produce il relativo materiale. L’illiceità risiede nel fatto che, utilizzando a qualunque titolo i minori, il colpevole realizzi un prodotto turpe, senza che abbia rilievo tanto la destinazione che assumerà, quanto la maggiore o minore o nulla diffusione206.

Però il primo comma potrebbe porre delle problematiche ed incorporare in codesta fattispecie condotte che dovrebbero restare

203

Ibidem, cit.p. 249; A. Satta, Molestie sui minori, pene più severe. Nel mirino

Internet e viaggi organizzati, in Dir. e giust., 2005, p. 96.

204

E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore, p.249. 205E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore. 206

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escluse: è il caso di una coppia di fidanzati, lui maggiorenne e lei minorenne, in cui lui decide, per ravvivare il rapporto, di fotografare la ragazza in pose dal tono pornografico. Stando al dato letterale, anche in questo caso si ravvisa un utilizzo del corpo di un minore per realizzare o produrre materiale pornografico, quindi il fidanzato rischierebbe una pena da sei a dodici anni di reclusione.

E’ ovvio che una tale conclusione non è accettabile, per cui bisognerebbe andare a restringere la previsione normativa per evitare che siano punite condotte penalmente irrilevanti: secondo alcuni bisognerebbe interpretare il verbo “utilizzare” nel senso di “fare uso di”, “servirsi di” cosicché in capo all’agente si denoti un’attività lucrativa; secondo altri oltre al fatto che l’agente si servi del minore, richiedono una condotta in capo allo stesso coercitiva; secondo altri ancora si dovrebbe escludere la previsione qualora si provi che la condotta non ha arrecato alcun pericolo al sano percorso formativo del minore207. Secondo la dottrina scopo della norma è di evitare il verificarsi della lesione del bene tutelato, secondo Satta «nonostante il pericolo di vedere incriminate condotte del tutto inoffensive ed irrilevanti secondo i principi del diritto penale, si è mantenuto il riferimento al concetto di pornografia quale elemento extranormativo della fattispecie suscettibile di essere riempito di contenuto a discrezione del giudice di merito»208.

La giurisprudenza invece è giunta a diverse conclusioni, precisando che il legislatore, fornendo una tutela anticipata e complementare a quella della libertà sessuale, ha voluto reprimere condotte che mercificano il minore e comportano una minaccia al suo sviluppo; precisa che per il perfezionamento della fattispecie la condotta dell’agente deve manifestare un concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico, pericolo che si escluda quando la produzione è destinata a rimanere nella sfera privata dell’autore.

207E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore, p.p. 253-254. 208A. Satta, Molestie sui minori, cit.p. 98.

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In tal senso si è pronunciata la Cassazione penale a Sezioni Unite il 31 maggio 2000. Infatti la Corte, sulla base della riconosciuta natura di reato di pericolo concreto, affermò inoltre che «è compito del giudice accertare di volta in volta la configurabilità del pericolo predetto, facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta quali l’esistenza di una struttura organizzativa anche rudimentale atta a corrispondere alle esigenze del mercato dei pedofili, il collegamento dell’agente con soggetti pedofili potenziali destinatari del materiale pornografico, la disponibilità materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione, idonea a diffondere il suddetto materiale in cerchie più o meno vaste di destinatari, l’utilizzo contemporaneo o differito nel tempo di più minori per la produzione del materiale in esame»209.

A distanza di anni, la Cassazione penale, sentenza 06/03/2018 n.10167, ha rimesso con un’ordinanza alle Sezioni Unite una questione di diritto riguardante la pornografia minorile ex art. 600 ter, sollecitando «importanti interrogativi sulla correttezza e l’interpretazione delle Sezioni Unite su un sistema normativo in tema di pedopornografia mirante ad anticipare la repressione delle condotte già alla produzione del materiale, indipendentemente dall’uso personale o meno, dovendosi mettere in discussione l’accettazione dell’assioma delle Sezioni Unite del 2000 della necessità del pericolo di diffusione»210. Ciò è stato reso possibile grazie all’introduzione, da parte della riforma Orlando, del comma 1 bis all’art. 618 c.p.p. secondo il quale «se una sezione della corte ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza la decisione del ricorso».

209 http://www.legittimazione.it/2018/03/31/sulla-pedopornografia-decideranno-le- sezioni-unite-il-31-maggio-2018/. Consultato in data 19/07/2018.

210

http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/03/07/pornografia-minorile-e- accertamento-del-pericolo-di-diffusione-del-materiale-rimessa-una-questione-alle- sezioni-unite/. Consultato in data 19/07/2018.

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3.1.1-L’ art. 600 ter ed i suoi elementi.

Come anticipato211 il reato di cui all’art. 600 ter c.p. è articolato secondo una tecnica c.d. a scalare.

Il primo comma prevede quale oggetto della condotta la «realizzazione di esibizioni pornografiche» e la «produzione di materiale pornografico». Quanto alle prime consistono in spettacoli, rappresentazioni, performances del minore raffigurante scene pornografiche, sul presupposto dello svolgimento “in diretta”; quanto alle seconde si individuano, solitamente in ogni supporto in grado di instaurare un rapporto visivo tra fruitore ed attività pornografica del minore212. L’elemento psicologico del delitto si individua nel dolo generico, inteso quale coscienza e volontà di realizzare o produrre esibizioni e materiale pornografico mediante l’utilizzo del minore. Il primo comma sanziona anche la condotta di colui che induce il minore a partecipare. Questa fattispecie è stata introdotta con la L. n.38/2006 e nel 2012 è stata inserita una clausola “di chiusura” che estende la punibilità a colui che altrimenti trae profitto dagli spettacoli pornografici213 che coinvolgono minori.

Il secondo comma sanziona colui che commercia materiale pedopornografico, intesa come attività con finalità lucrative, purché, come osservato in dottrina, alla base vi sia una struttura organizzativa.

Il requisito dell’organizzazione consente di distinguere codesta fattispecie da quella prevista al quarto comma del suddetto articolo, consentendo di giustificare una più rigorosa pena. Infatti, il commercio presenta i caratteri dell’abitualità ed economicità e non è riconducibile a saltuari episodi; la cessione od offerta presentano i

211Vedi infra par. 3.1. 212

A. Cadoppi; P. Veneziani, Elementi di diritto penale, parte speciale, Vol.II- I

reati contro la persona, Cedam, 2014, cit. p.182.

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caratteri dell’occasionalità ed episodicità, cosicché da potersi configurare anche come fattispecie a titolo gratuito214.

Il terzo comma sanziona le condotte diffusive, ossia: divulgazione, distribuzione, diffusione e pubblicizzazione di materiale pornografico, nonché la distribuzione o divulgazione di notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o sfruttamento sessuale dei minori. Queste attività possono esser svolte con qualsiasi mezzo. Per quanto riguarda la diffusione, introdotta con la L.n.38/2006, consiste in un’attività volta a portare a conoscenza di terzi un determinato prodotto. Si differenzia dalle altre condotte previste allo stesso comma per il carattere indeterminato dei soggetti ai quali è rivolta, la cui identità non è nota all’agente215. Grazie all’introduzione di questa fattispecie si è riusciti ad estendere l’ambito di punibilità anche a forme di trasmissione telematiche. Si pensi alle chat line dove l’agente si mette in contatto in tempo reale con un gruppo di persone che non può identificare, perché coperti da nickname o codici alfanumerici.

Nel 2006 sono stati introdotti una serie di obblighi a carico dei service-provider, cioè quei soggetti che forniscono i servizi resi attraverso la rete di comunicazione. Costoro dovranno segnalare al Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet quei soggetti e/o imprese che diffondo, distribuiscono, commercializzano materiale pedopornografico.

Il quarto comma sanziona le ipotesi di cessione ed offerta. Entrambe sono considerate ipotesi di minore gravità. La cessione si distingue dal commercia per l’assenza di una struttura organizzata e dalla divulgazione perché rivolta a singoli soggetti determinati e non al pubblico. L’offerta è considerata quale fase antecedente la cessione.

214E. Mengoni, Delitti sessuali e pedofilia, Giuffrè Editore.

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3.2- I “grandi minori”.

La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo di New York del 1989, la quale ha elaborato uno statuto dei diritti dei minori, all’art. 1 chiarisce chi sia il minore «Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile»216.

Quindi, si identifica il minore in quel soggetto che, in base alla legge del proprio ordinamento, pur essendo soggetto di diritti, non ha la facoltà di esercitarli da solo, in quanto non ha raggiunto una determinata età.

Nell’ordinamento italiano l’art. 2 c.c., modificato dalla L. n.39/1975, recita «La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilità un’età diversa». Con la definizione del minore come soggetto incapace si vuole esprimere la protezione diversificata di un particolare soggetto necessariamente “debole”217. Il fondamento della protezione legata all’incapacità legale di agire del minore è l’età del soggetto, costituente, appunto, la sua particolare debolezza218. Infatti, la loro tutela si consuma all’interno della potestà dei genitori, i quali devono assicurare lo svolgimento di quelle prerogative e favorire, per il tramite dell’educazione, la completa maturità della prole219.

Questo rapporto genitori- figli si estrinseca in un dovere- diritto previsto dalla stessa Costituzione all’art. 30, primo comma e all’art. 147 c.c.

216http://www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/Legge%20176%20del%2 01991.htm. Consultato in data 21/07/2018.

217F. Giardina, La condizione giuridica del minore, Jovene Editore, Napoli, 1984, cit.p.102.

218

Ibidem, cit.p. 102.

219P. Stanzione, G. Sciancalepore, Minori e diritti fondamentali, Giuffrè Editore, 2006.

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Prima del code Napoléon, vigeva una concezione ancora romanistica del figlio di famiglia, ancorata all’auctoritas del pater familias, in cui la qualità di filius familias identificava la soggezione dell’individuo stesso al gruppo familiare. Mentre nella concezione napoleonica si ha un cambio di rotta, l’individuo diviene protagonista del traffico giuridico. Cambiano i connotati della patria potestà, in quanto la sua funzione non è più quella di soggezione ma di fornire lo strumento per un' adeguata regolamentazione degli interessi dell’incapace220 .Inizia, quindi, ad affiorare l’idea “liberale” del minore come soggetto incapace bisognoso di protezione e della potestà del genitore come garante della tutela del minore al di fuori del nucleo familiare. La patria potestà diviene puissance paternelle dove nel sistema dell’incapacità di agire del minore è deciso tutto a priori: è noto quando cesserà lo stato di incapacità, chi gode dei beni dell’incapace, chi risponde per il fatto illecito dell’incapace; questo sistema dell’incapacità si completa con la piena libertà ed autonomia del figlio maggiorenne221.

In Italia, il codice civile del 1865 cerca di operare una sorta di mediazione: da un lato la concezione romanistica della famiglia, dall’altro la concezione napoleonica dell’incapacità quale strumento di protezione. Il sistema di tutela degli incapaci si fonda sullo stato naturale della sua incapacità «poiché l’interesse dell’incapace non può essere curato dall’incapace, da interesse di lui viene elevato ad interesse superiore della famiglia ed affidato anzitutto al genitore come chiamato da natura in prima linea a tale compito»222.

Con il codice civile del 1942 l’istituto dell’incapacità legale di agire non è più un istituto legato alla patria potestà, ma assurge a

220

F. Giardina, La condizione giuridica del minore, Jovene Editore, Napoli, 1984. 221F. Giardina, La condizione giuridica del minore, Jovene Editore, Napoli, 1984, cit.p.18-19.

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principio generale in materia di diritto delle persone fisiche. E’ la stessa collocazione sistematica dell’istituto a dare conferma, infatti si colloca nel titolo I in apertura al codice civile, attorno al quale ruota tutto il sistema dei negozi giuridici, secondo il quale, a contrario, la minore età «sembra escludere la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilità un’età diversa»223.

Si assiste quindi ad una strumentalizzazione della patria potestà nei confronti dell’incapacità del minore, nel senso che «finché il figlio non sia in grado per ragioni d’età, di esercitare i propri diritti, è necessario che qualcuno li eserciti in suo nome»224. Il potere di rappresentanza del genitore è funzionale alla generale incapacità del minore «ai vari casi di incapacità d’agire corrispondono altrettanti istituti, i quali (…) hanno la comune funzione di proteggere l’incapace contro se stesso (per impedirgli di nuocere ai propri interessi) e, al tempo stesso, contro la possibilità che il terzo si valga dell’inettitudine di lui alla vita giuridica, per trarne profitto e danneggiarlo»225.

Con l’avvento della Costituzione si capovolge l’esegesi226 del sistema ed il concetto stesso di persona che viene accolta nella sua unitarietà e come tale non conosce partizioni legate allo status, al sesso, all’età227. La stessa Costituzione prevede norme che tutelano la formazione del minore e la sua personalità, consentendo quindi allo stesso di godere di una più ampia tutela, composta da un catalogo di diritti fondamentali inalienabili posti a fondamento della sua crescita.

223F. Giardina, La condizione giuridica del minore, Jovene Editore, Napoli, 1984, cit.p 44.

224

Ibidem, cit.p. 44.

225Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. I, Milano, 1957, cit.p. 235. 226 http://www.comparazionedirittocivile.it/prova/files/stanzione_minore.pdf. Consultato in data 21/07/2018. 227 Ivi, cit.p. 4

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La tutela del minore racchiudi il concetto di interesse dello stesso, interesse di non facile definizione in quanto tendente a mutare con la crescita dello stesso e con le varie situazione che incontra. Infatti, l’art. 2 Cost. incoraggia lo sviluppo armonico della personalità del minore, al fine di inserirlo nelle varie formazioni sociali, cosicché la famiglia non è più l’unica formazione sociale all’interno della quale si forma il minore228 . La giurisprudenza riconosce al minore una certa sfera di autonomia, accordandogli la facoltà di esprimere liberamente i propri sentimenti, oltre che consentendogli di fare scelte le proprie scelte ideologiche, religiose e culturali ammesso che egli abbia «capacità critiche e volitive» tali da «dimostrare di essere particolarmente maturo e consapevole»229. Per quanto riguarda la capacità di agire circoscrive l’attitudine di un soggetto di diritto a svolgere l’attività giuridica relativa alla personale sfera di interessi tramite manifestazioni di volontà in grado di influir sulla propria situazione giuridica, quindi raffigura l’aspetto dinamico della personalità che permette alla soggettività di svilupparsi230. Per cui, è logico che per l’acquisto della capacità d’agire sia richiesto il compimento di un’età minima, cioè il compimento del diciottesimo anno di età che rappresenta una linea di confine tra la precedente condizione di incapacità legale assoluta di agire ed una successiva condizione di piena capacità legale di agire231.

Tale incapacità richiede che in vece dell’incapace vi sia un rappresentate legale, il quale agisce in nome e per conto e

Nel documento Gli abusi sessuali del clero cattolico (pagine 82-98)